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Si riprende la discussione.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3395-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3395 sezione 6). Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, il Governo formula un invito al ritiro sull'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1 (nuova formulazione), mentre accetta gli ordini del giorno Ranieri n. 9/3395/2, Picano n. 9/3395/3, Cioffi n. 9/3395/4 e Giuditta n. 9/3395/5.
PRESIDENTE. Secondo la prassi, ove i presentatori non insistano, gli ordini del giorno accettati dal Governo non saranno posti in votazione.Pag. 11
Onorevole Giorgetti, accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/3395/1
(nuova formulazione)?
GIANCARLO GIORGETTI. No, signor presidente, non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, non accetto l'invito al ritiro del mio ordine del giorno e intendo intervenire, prima ancora che per una questione di merito, per una questione di metodo. Vorrei dire ai colleghi dell'Aula che quest'ordine del giorno tratta la questione del Kosovo e del riconoscimento da parte del Governo italiano della sua indipendenza. Esso chiede semplicemente come testimonianza - perché sappiamo che in questo momento il Consiglio dei ministri sta deliberando in questo senso - che sia il Parlamento, in una situazione come quella attuale, ossia con un Governo dimissionario che dovrebbe limitare la propria attività all'ordinaria amministrazione, a prendere decisioni impegnative e irrimediabili, come questa di cui si è discusso molto negli ambienti politici internazionali e sui media e poco o niente nel Parlamento italiano.
Perché si è discusso poco o niente? Infatti, quando la Lega Nord ha chiesto, negli spazi consentiti dal Regolamento, che questo punto venisse portato in Parlamento - avvenne nello scorso dicembre - purtroppo la discussione, svoltasi in un'Aula stanca e proiettata più che altro verso il periodo feriale, non poté procedere al dovuto approfondimento.
Con la mozione da noi presentata, chiedemmo - e il Parlamento votò in questo senso - che, prima di prendere una decisione, si sarebbe dovuta svolgere una discussione approfondita in Parlamento. Signor Presidente, questa discussione non è si è svolta. Il Ministro D'Alema è venuto in Parlamento, prima in Commissione al Senato qualche settimana fa e ieri davanti alle Commissioni esteri riunite di Camera e Senato, però a noi sembra di poter affermare che un argomento così importante avrebbe meritato e merita una discussione approfondita nelle Assemblee della Camera dei deputati e del Senato.
Non possiamo accettare che una questione così delicata che crea un precedente o meno - ciò è discutibile e sarebbe da discutere - non possa trovare spazio nella nostra Aula. Per questo motivo, abbiamo sfruttato l'occasione del decreto-legge sulle missioni militari, tra cui anche quella della NATO nel Kosovo, per portare questo argomento all'attenzione dell'Assemblea.
Signor Presidente, so perfettamente quanto sia, sotto un certo aspetto, ridicolo che il Parlamento oggi richieda un impegno a un Governo dimissionario, che in quanto tale non potrà attuarlo, però, prima ancora di discutere se sia giusto o meno riconoscere l'indipendenza del Kosovo - noi della Lega abbiamo espresso in ogni sede parlamentare la nostra posizione in merito - è giusto che su questo punto l'Aula si pronunci ed esprima un voto di testimonianza, perché noi vogliamo che una traccia nella storia - dato che si sta scrivendo nel piccolo una pagina di storia - venga lasciata. Noi della Lega Nord una traccia intendiamo lasciarla (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, la collega Deiana, sia in fase di discussione sulle linee generali sia nella fase degli interventi sul complesso degli emendamenti, ha già chiarito la nostra posizione a proposito della questione del riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, proclamata unilateralmente. Non intendo tornare su quegli argomenti. Siamo comunque - questo è il senso del mio intervento - favorevoli all'ordine del giorno, qui presentato, a prima firma del collega Giancarlo Giorgetti.
Infatti, in realtà, sappiamo anche che già siamo di fronte a un atto votato dal Parlamento italiano, votato dalla CameraPag. 12dei deputati all'unanimità - lo ricordo - nel quale era chiaramente affermato che il Governo italiano si doveva mostrare contrario a qualunque decisione unilaterale adottata in violazione del diritto internazionale: in quella mozione era chiaramente espresso che, prima di qualsiasi riconoscimento, avrebbe dovuto essere nuovamente coinvolto il Parlamento.
Non riteniamo sufficiente, data la delicatezza del problema che è sottoposto alla nostra attenzione, la discussione che si è svolta sull'argomento, senza peraltro presentare alcuna risoluzione, all'interno delle Commissioni di Camera e Senato.
Quindi, sostenere che il problema del riconoscimento del Kosovo e della sua proclamazione unilaterale dell'indipendenza sia oggetto di un ampio e approfondito dibattito da parte del Parlamento, e che quindi spetti al nuovo Parlamento e al nuovo Governo affrontare tale argomento, a me sembra assolutamente necessario.
Siamo convinti che vi debba essere un approfondito dibattito e questa fretta, con la quale il Governo italiano e il Ministro degli affari esteri italiano si apprestano, per così dire, a rovesciare completamente l'impostazione assunta dal Parlamento, a me sembra che non possa essere accettata né condivisa.
Per tali ragioni il nostro gruppo voterà a favore dell'ordine del giorno in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martino. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, l'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione) offre l'opportunità di ricordare un anniversario che è molto opportuno richiamare alla memoria: esattamente un anno fa, il 21 febbraio 2007, non avendo ottenuto il voto favorevole del Senato proprio sulla politica estera, Prodi fu costretto alle dimissioni.
L'episodio di allora e quanto stiamo discutendo oggi sono molto significativi, perché a me sembra assolutamente impensabile che si possa aspirare a governare l'Italia senza avere una politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Questo Governo non ha mai avuto una politica estera: ne ha avute almeno due, e contrapposte!
È questa sfiducia nella capacità dell'attuale Governo a rappresentare il nostro Paese che ispira l'onorevole Giorgetti ed è una sfiducia che è condivisa da tutte le persone sensate di questa Assemblea, siano esse di destra, di centro o di sinistra.
Il fatto è che il contenuto del dibattere, cioè il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, mi vede su posizioni diverse da quelle del collega Giorgetti, come lui sa, e quindi, condividendo la sua ispirazione ma non il contenuto dell'ordine del giorno in esame, il gruppo di Forza Italia si asterrà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, credo che una dichiarazione autonoma di secessione, che è stata decisa dal Presidente del Kosovo, sia di per sé un fatto oggettivamente grave e che, indubbiamente, ci troviamo di fronte ad un vulnus, una ferita inferta al diritto internazionale: di ciò non si può non tener conto.
Credo che il Governo italiano abbia dimostrato comunque una notevole prudenza nel tentativo anzi di riuscire ad ottenere, anche da parte della Serbia, un accordo su tale problema.
La questione adesso si pone in termini diversi: ci troviamo di fronte ad una presa di posizione che, innegabilmente, mette i Paesi occidentali in grande difficoltà.
Tuttavia, la richiesta che viene avanzata dall'ordine del giorno in esame mi pare del tutto ragionevole: si tratta di chiedere che il Parlamento, ancora una volta, si pronunci su tale tema, di mostrare grande cautela, di cercare anche di mantenere aperto un dialogo con la Serbia, per trattare con delicatezza un problema che loroPag. 13avvertono come incidente, in un certo senso, sulla stessa identità del Paese (infatti di questi aspetti storici, aspetti che attengono alla dignità e alla realtà anche identitaria di un Paese, non si può non tener conto nelle decisioni che stiamo per assumere).
Si tratta di questioni che con molta misura e intelligenza il presidente della III Commissione, Ranieri, ha sollevato in un articolo nel quale chiedeva al Governo di usare prudenza.
Per tali motivi, credo che su questo tema sarebbe opportuno che il Governo accogliesse non come raccomandazione, ma accettasse l'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione) e che le decisioni successive vengano prese in concomitanza anche con decisioni assunte unitariamente a livello internazionale. Ci vuole molta prudenza; l'Italia deve giocare un ruolo di raccordo e non di riconoscimento passivo di decisioni assunte in maniera assolutamente impropria e precipitosa. Di tutto ciò non si può non tener conto (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, come non dire che l'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione) pone questioni di metodo francamente ineccepibili. Sono d'accordo con quanto testé affermato dall'onorevole Gerardo Bianco ovvero che l'autoproclamazione del Kosovo, fuori da ogni pronunciamento degli organismi internazionali, lascia perplessi. Tutti sanno quanto il nostro Paese sia impegnato anche militarmente per garantire la pace e proteggere le minoranze serbe in Kosovo, ma certo, su tale questione, il Governo italiano ha mancato di prendere una posizione in tempo utile.
Mai in questa Aula - e qui ha ragione il collega Giorgetti - si è discusso di questo problema, né mai le istituzioni italiane hanno avuto modo di elaborare una posizione o di svolgere un ruolo su tale questione. Certamente il tentativo di oggi, mentre altrove si decide in maniera definitiva, risulta tardivo. Tuttavia un impegno del Governo, magari sancito da un voto parlamentare che impegni anche il prossimo Parlamento a monitorare una situazione ai confini del nostro Paese così complessa, difficile ed esplosiva, credo che sia un atto doveroso.
Riterremmo opportuno, quindi, che il rappresentante del Governo, insieme al gruppo che ha presentato questo ordine del giorno, volesse concordare una pausa dei lavori per trovare una formula che risulti accettabile. Ove ciò non si verifichi, è chiaro che su questo ordine del giorno non potremmo che astenerci per manifestare la delusione nei confronti di come il Governo ha affrontato un tema così scottante e importante per il nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, prima di intervenire nel merito dell'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione), vorrei sollevare un problema formale alla Presidenza della Camera. Con questo ordine del giorno si chiede al Governo di sottoporre al Parlamento una decisione prima che venisse presa. Se per caso il Governo, tuttavia, avesse già preso una decisone - sappiamo che è riunito - forse la Presidenza della Camera potrebbe non considerare ammissibile un ordine del giorno riguardante il passato. Può darsi, quindi, che questo ordine giorno sia superato - per così dire - dalle circostanze e, pertanto, pregherei la Presidenza di svolgere un accertamento.
Nel merito della questione, onorevole colleghi, nessuno può sottovalutare la delicatezza e anche la pericolosità della decisione che i Governi degli Stati Uniti, della Germania, della Francia, dell'Italia, dell'Inghilterra e di altri Paesi, prendono nel riconoscere l'indipendenza del Kosovo.
Sappiamo che il problema dei Balcani è di una difficoltà enorme e che anche inPag. 14altri momenti, quando alcuni Paesi dell'Unione europea decisero per il riconoscimento della Croazia, era evidente che ciò avrebbe potuto provocare conseguenze molto gravi sia nell'area dei Balcani sia più in generale. Tuttavia bisogna dare atto al Governo, onorevoli colleghi, e al Ministero degli affari esteri di essersi occupati di questa materia con il massimo della prudenza possibile, ma anche in rapporto con i nostri alleati, e di avere cercato in tutti i modi possibili di rinviare questa decisione di proclamazione unilaterale d'indipendenza. Tuttavia, giunti a questo punto, ritengo che la decisione del Governo italiano (che secondo me l'Esecutivo italiano ha già preso) sia inevitabile, con tutti i pericoli. Quindi se questo ordine del giorno prevedesse l'impegno del Governo a informare tempestivamente e continuativamente il Parlamento io sarei d'accordo. Se invece stabilisse (come effettivamente prevede) di rinviare un eventuale decisione del Governo in tal caso io non sarei d'accordo e voterei contro. Pertanto, se la Presidenza dichiara ammissibile e votabile l'ordine del giorno in esame il mio voto sarà contrario.
PRESIDENTE. La informo, onorevole La Malfa, che l'ordine del giorno in esame è ammissibile anche sulla base di precedenti. Come lei sa, vi è stata una possibilità, esaminata dalla Conferenza dei presidenti di gruppo nei giorni scorsi, di audire il Governo in Assemblea, ma perché questa possibilità potesse realizzarsi occorreva (considerato che ci troviamo in una situazione di scioglimento delle Camere) il parere conforme, e espresso all'unanimità, della Conferenza dei presidenti di gruppo. Questo parere non è stato espresso perché un gruppo ha ritenuto di non poter aderire a queste istanze, quindi non è stato possibile audire il Governo in Assemblea.
Tuttavia, ieri si è tenuta l'audizione presso le Commissioni riunite affari esteri della Camera e del Senato, e si è ritenuto che comunque questo fosse un modo per informare il Parlamento e quindi l'informativa (il carattere è stato, infatti, quello dell'informativa) è già stata resa al Parlamento attraverso tale riunione congiunta. L'ordine del giorno peraltro, come le ho già detto, è ammissibile anche sulla base di precedenti assolutamente analoghi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, siamo di fronte ad una questione grave, seria e molto delicata, dall'analisi della quale sarebbe bene che rimanessero fuori questioni elettorali, argomentazioni elettoralistiche, e polemiche che hanno il sapore di carattere elettorale. L'argomento è troppo grave per consentire che si commetta questo errore.
Esprimo la sorpresa per l'astensione annunziata nei confronti dell'ordine del giorno in esame da parte di alcuni gruppi che ieri, durante la seduta congiunta delle Commissioni affari esteri della Camera e del Senato, hanno approvato l'intendimento del Governo di procedere al riconoscimento del Kosovo. La questione è impegnativa in quanto si tratta di una soluzione non cercata e non scelta, ma obbligata. Il nostro Governo è stato il più attivo nell'Unione europea per cercare un'intesa tra la Serbia e la realtà kosovara, e ha agito in constante contatto, raccordo e unione di attività e di intendimenti con gli altri tre Paesi presenti fortemente in Kosovo: la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, i Paesi del gruppo di contatto, i Paesi che di più hanno - insieme al nostro - la responsabilità della presenza militare in Kosovo. Il nostro Governo è stato il più attivo, insieme a questi altri tre, per cercare un'intesa tra le parti, che si è arenata su una questione di principio più che sulla realtà delle cose. L'indipendenza che il Kosovo ha dichiarato in maniera unilaterale è un'indipendenza in realtà dimezzata perché di fatto è sotto l'egida e sotto l'amministrazione, prima dell'ONU, da oggi in avanti dell'Unione europea, ma questa è l'unica condizione che possa consentire, non riuscendo a pervenire ad un'intesa tra le parti - non oggi, ma speriamo non troppo lontano nelPag. 15tempo - una ripresa del dialogo tra le parti e una ripresa del confronto costruttivo tra Serbia e kosovari che tenga conto anche delle radici e dei legami culturali e storici della Serbia con quel territorio.
Questa è l'unica soluzione possibile. Non è pensabile che il Governo soprassieda, lasciandola al prossimo Governo, perché si tratta di una questione di squisito e rilevante interesse nazionale. Il nostro Paese ha in Kosovo un contingente di oltre 2.500 militari. È il Paese con la più forte presenza (insieme a Gran Bretagna, Francia e Germania) e che ha la responsabilità maggiore della sicurezza e del contrasto alle violenze - da qualunque parte vengano - in quella regione. Esso sta inviando, insieme ad altri Paesi dell'Unione europea, duecento funzionari civili per garantire l'amministrazione del Kosovo. Sarebbe irresponsabile, in questa condizione, che l'Italia, a differenza degli altri tre Paesi, non procedesse ora al riconoscimento.
Non si tratta - lo ripeto - di una soluzione scelta e ricercata; sarebbe stata necessaria un'altra soluzione d'intesa. Tuttavia, si tratta di una soluzione obbligata, di cui non si può non prendere atto, per senso di responsabilità verso il nostro contingente militare e verso i nostri funzionari. Non possiamo, infatti, mandarli in quel luogo, senza avere previamente riconosciuto l'indipendenza che quei funzionari andranno a gestire. Sarebbe contraddittorio e - lo ripeto - irresponsabile, pur con tutte le insoddisfazioni che la condizione e la soluzione cui si arriva presentano.
La politica è assunzione di responsabilità e mi sorprende che alcuni gruppi non lo intendano in quest'Aula. Sarebbe - lo ripeto - irresponsabile per i nostri militari e per i nostri funzionari affidargli la sicurezza e l'amministrazione del Kosovo, senza riconoscere l'indipendenza che dovranno gestire. Sarebbe un ostacolo alla ripresa del dialogo possibile. L'unica prospettiva - quella che il nostro Governo ha attivamente ricercato insieme agli altri governi dell'Unione europea - è di intensificare il rapporto di Serbia e Kosovo con l'Unione europea. Il nostro Paese è stato il più attivo nel chiedere che la Serbia divenga candidato alla partecipazione all'Unione europea. L'avvicinamento e l'intensificazione del rapporto con l'Unione europea immediatamente e - quando il tempo lo consentirà - l'ingresso nell'Unione sono le uniche prospettive che potranno consentire la ripresa del dialogo e, in futuro, il superamento delle divisioni che vi sono.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SERGIO MATTARELLA. Ma oggi, l'interesse nazionale e la collaborazione nei Balcani richiedono questa decisione che - lo ripeto - non è scelta, ma necessaria. La decisione che il Governo assume oggi ha carattere di urgenza ed è doverosa.
Per questo motivo, voteremo contro l'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione) (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti italiani approfitta e ringrazia della presentazione dell'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione) per esprimere, con il voto favorevole, la propria radicale contrarietà all'atto gravissimo che sta per compiere il Governo nel riconoscere la proclamazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo. Si tratta di un fatto gravissimo nell'immediato, ma forse anche di un errore storico, che porta l'Italia a contraddire i pilastri fondamentali della propria politica internazionale, relativi alla legalità internazionale e al quadro dell'unità europea. Stiamo per realizzare un riconoscimento che ha molte parentele con le decisioni che sono state prese alla base della guerra in Iraq. Come in Iraq, gli Stati Uniti chiesero ai volenterosi di partecipare a quella guerra, oggi sono gli stessi Stati Uniti che, per bocca del presidente Bush, hanno legittimato e chiesto la proclamazionePag. 16unilaterale di indipendenza e chiedono ai volenterosi - non alle Nazioni Unite né all'Europa - di seguirli in un'avventura che mina le basi fondamentali della stabilità mondiale.
Infatti, dal secondo dopoguerra in poi, la questione dei confini - ossia, il riconoscimento del fatto che i confini dei Paesi potevano essere modificati solo attraverso le decisioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - è stato l'elemento che ha consentito che non scoppiasse una guerra mondiale. Vogliamo richiamare l'attenzione dell'Aula - e ancora una volta ringraziamo per l'opportunità che ci è stata data - sul fatto che non stiamo parlando solo delle divisioni all'interno dell'Europa, come la possibilità di una secessione basca o la ripresa del conflitto in Irlanda del nord; non stiamo parlando solo del Caucaso, dove è già pronta la proclamazione unilaterale di indipendenza, probabilmente sulla base di un precedente che nessuna pseudo-giustificazione da parte dell'Unione europea può bloccare, ma addirittura stiamo parlando (e qui vorremmo lasciare un segno di riflessione a futura memoria) del problema di Formosa (Taiwan), che è stata tra le prime a dichiararsi felice della proclamazione unilaterale di indipendenza e che potrebbe rappresentare, nel centro dell'Asia, un problema di carattere globale con pericoli oggi inimmaginabili.
Per questo motivo, siamo completamente delusi della conclusione della politica estera di questo Governo, che aveva cominciato con atti coraggiosi e con atti - anche di discontinuità - importanti, volti a ricollocare l'Italia tra i grandi della politica internazionale, e si conclude con un atto che ci consegna di nuovo ad un ruolo di ruota del carro degli Stati Uniti d'America, delle loro avventure e del loro processo e programma di stabilità mondiale. Per questo motivo, voteremo a favore dell'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione), così come riprendiamo e rilanciamo una ferma e durissima critica, nonché un allarme su quella che potrà essere la politica estera del nostro Paese, quando questa coalizione - che non esiste più - potrà essere sostituita da un Governo sicuramente più arretrato e meno propenso a politiche di pace e di rispetto della legalità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, innanzitutto vorrei sottolineare il fatto che, da parte nostra, non vi è alcuna strumentalità dal punto di vista elettorale, né politico. Vi è, casomai, una continuità di attenzione e di impegno rispetto alla questione kosovara. Ricordo che, prima della fine dell'anno scorso, noi Verdi organizzammo un incontro, un'iniziativa proprio su questo tema, ossia sulle conseguenze che avrebbe potuto avere - e in questo caso avrà - la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Tuttavia, ricordo anche a tutti noi che, qualche settimana fa, vi è stato un voto - praticamente all'unanimità - di una risoluzione sulla questione, dove si metteva in evidenza la necessità di portare a compimento quanto previsto dalla risoluzione n. 1244 votata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite alla conclusione delle trattative con la sigla della pace di Kumanovo.
In quella risoluzione, facemmo riferimento alla necessità del raggiungimento degli standard e della salvaguardia delle minoranze serbe (e non solo serbe) che sappiamo essere state - proprio nel corso del protettorato internazionale - oggetto di veri e propri pogrom. Sappiamo, infatti, che centinaia di monasteri e di luoghi sacri della cultura religiosa e spirituale serbo-ortodossa sono stati violati e incendiati; migliaia di persone risultano sparite; centinaia di migliaia sono coloro costretti ad essere profughi in terra straniera, e non riescono a tornare; tutte queste erano condizioni presenti nel trattato di pace e nella risoluzione.
Di fronte a decisioni che vedono l'Europa profondamente disunita non mi si dica che i nostri militari sono costretti adPag. 17avere questo tipo di copertura per continuare la tutela, egregia, soprattutto delle minoranze, che hanno finora portato avanti e che va loro riconosciuta perché la Spagna, come sappiamo, non riconosce l'indipendenza, questa strana indipendenza, statuita dall'autorità kosovara, eppure ha un contingente in quel territorio del quale non mi pare sia stato dichiarato il ritiro. Ritengo pertanto che anzitutto sia necessaria quantomeno una nuova risoluzione, perché comunque il contingente europeo rimarrebbe, se non vado errata, sotto il controllo della NATO e comunque rimangono presenze forti. Ricordo la città militare di Bondsteel, la più grande base americana in Europa sita in quel territorio e ricordo anche la nostra grandissima presenza sullo stesso sito organizzata con una base, il famoso Villaggio Italia. Quindi sappiamo che quella è una regione che di fatto non si avvia ad essere libera. Ricordo anche che i kosovari hanno avuto una profonda delusione rispetto al protettorato che ivi ha condotto abbastanza malamente gli affari, a fronte di interventi e finanziamenti formidabili. Ricordo che il Governo attualmente in carica è stato votato soltanto dal 45 per cento della popolazione, con un riconoscimento di poco più del 30 per cento della popolazione e l'astensione dei serbi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUANA ZANELLA. Concludendo, non è con leggerezza che chiediamo un dibattito al Parlamento, non è con leggerezza che chiediamo al Governo, se possibile, di soprassedere. Ho ascoltato questa mattina con quale passione l'ambasciatrice ha annunciato attraverso la nostra radio, il programma di Rai3, la sua dipartita dal nostro territorio perché sa che il nostro popolo, oltre che il nostro Governo, è amico. Non possiamo sottrarci a questa responsabilità, lasciando la Serbia sotto ricatto e inaugurare una possibile nuova stagione di instabilità nei Balcani.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho l'impressione che il dibattito su questo ordine del giorno si stia avventurando su una strada diversa rispetto al suo oggetto precipuo, che non è quello riferito alla conclusione se l'Italia debba o meno riconoscere l'indipendenza del Kosovo, autoproclamata nei giorni scorsi, ma un ordine del giorno molto più limitato nella sua portata, che si riferisce alla metodologia da seguire per arrivare alla definizione di una posizione molto delicata riguardo a un problema delicatissimo come quello di cui stiamo parlando. Lo stesso dibattito che ha coinvolto diversi colleghi, specialmente negli ultimi interventi, ha viceversa incentrato la propria attenzione su motivazioni spesso abbastanza fuorvianti. Ho sentito alcuni colleghi sostenere posizioni diverse - guarda caso, si tratta di colleghi attualmente appartenenti, o che dovrebbero appartenere, alla stessa maggioranza - e che certamente non possono altro che confermare quanto diceva, in maniera molto chiara, l'onorevole Martino riguardo alla mancanza di una reale linea di politica estera da parte di questa maggioranza, fin dal suo insediamento. Abbiamo appena sentito esponenti dell'attuale maggioranza schierarsi in maniera radicale su posizioni diametralmente opposte e questa è, se ce ne fosse stato ancora bisogno, la dimostrazione palmare di quanto non vi fossero indicazioni congiunte di politica estera da parte di questa maggioranza e di questo Governo.
D'altra parte, è anche la condizione assolutamente particolare del Governo dimissionato che suscita effettivamente molte perplessità riguardo al fatto che, fra gli affari correnti di cui il Governo dovrebbe occuparsi e di cui è incaricato di seguire le vicende, possa rientrare un atto così importante come il riconoscimento di uno Stato autoproclamatosi indipendente. Ciò anche perché si tratta di un contesto così delicato come quello dei Balcani, con dei coinvolgimenti diretti anche da partePag. 18del nostro Paese in ordine alla presenza dei nostri militari e, quindi, di più di una missione militare in quel contesto.
D'altronde, però, come dicevo, è assolutamente fuorviante inseguire le proposizioni dell'onorevole Mattarella che sostiene la necessità di un riconoscimento del Paese autoproclamatosi indipendente, sostenendo che questo o il mancato riconoscimento da parte dell'Italia potrebbe arrecare dei problemi per quanto riguarda i nostri militari. Sembra quasi che sino ad ora, in assenza, invece, dell'indipendenza del Kosovo, in assenza di un'autoproclamazione, in assenza di uno Stato autonomo, ciò si fosse verificato. Certamente non è così, considerato che i nostri militari sono presenti in quel contesto, con il nostro pieno appoggio che si tradurrà, evidentemente, ancora una volta in un voto favorevole - il nostro voto inteso come gruppo di Alleanza Nazionale - sul rifinanziamento delle missioni, ma è stato così fino ad ora, fino a quando, cioè, il Kosovo non si è autoproclamato indipendente.
La funzione principale dei nostri militari, così come di quelli del resto del contingente internazionale, è proprio quella di evitare, di scongiurare qualsiasi tipo di involuzione violenta che segua le tristi esperienze del passato in quello scenario.
A questo punto, d'altra parte, dobbiamo riconoscere che nell'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione) si compie una censura alla metodologia seguita, che ha visto il Governo attuale limitarsi a comunicazioni molto contenute che non possono certo sostituire quello che avrebbe dovuto essere il percorso per un atto di così grande rilevanza.
Riteniamo che, al di là delle posizioni sul riconoscimento del Kosovo e quindi di una posizione di politica estera molto delicata, in ogni caso, a maggior ragione, si sarebbe dovuta seguire la strada maestra di un più ampio dibattito parlamentare. Rileviamo, però, anche che questo ordine del giorno, pure incentrato sulla questione metodologica, è in buona parte superato, sia per le considerazioni svolte dal collega La Malfa - visto che comunque il Governo sta assumendo decisioni, in questo senso, negli stessi momenti in cui la Camera è riunita - sia specialmente perché conclude in maniera francamente già di per sé irrealistica.
Tale ordine del giorno chiede, infatti, al Governo di attendere le decisioni delle Nazioni Unite e dell'Unione europea nel suo insieme, quando sappiamo benissimo che, perlomeno l'Unione europea, è assolutamente divisa al suo interno riguardo al riconoscimento del Kosovo. Alcuni paesi, infatti, hanno già proceduto al riconoscimento dello Stato indipendente, mentre altri hanno dichiarato la loro totale contrarietà. Francamente, quindi, la conclusione cui l'ordine del giorno impegnerebbe il Governo, è in qualche modo impossibile da realizzare.
Proprio per questo e per tutte le ragioni che abbiamo illustrato, senza scendere nell'argomentazione cui alcuni sono arrivati, cioè al dibattito effettivo sull'opportunità o meno del riconoscimento dello Stato autoproclamatosi indipendente, il gruppo di Alleanza Nazionale, in conformità con quanto affermato già da altri colleghi del centrodestra, si asterrà dalla votazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, se non mi meraviglia il voto favorevole dei colleghi della Sinistra Arcobaleno sull'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/3395/1
(nuova formulazione) mi stupisce molto, invece, l'astensione dell'opposizione sul medesimo ordine del giorno.
Onorevoli colleghi, credo che l'atto che il Governo italiano si appresta a compiere nei prossimi giorni, cioè il riconoscimento del Kosovo, è tale che sarebbe stato posto in essere anche da questa opposizione, se fosse stata al Governo, o dalla maggioranza che magari domani forse si costituirà in Italia con il nuovo Governo: avrebbero fatto esattamente ciò che il Governo italiano sta compiendo in queste ore.Pag. 19
Il riconoscimento del Kosovo è un atto non soltanto opportuno oggi, nella situazione che si è determinata dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza, ma, badate bene colleghi, anche dopo il fallimento del piano Ahtisaari che era condiviso innanzitutto dai kosovari e dalla comunità internazionale, eccetto la Russia e la Cina che in Consiglio di sicurezza hanno posto un veto. Pertanto, si tratta di un atto dovuto, non soltanto opportuno.
La stragrande maggioranza dei Paesi membri dell'Unione europea, a partire da quelli più importanti, il giorno dopo la dichiarazione di indipendenza, hanno preannunziato e provveduto al riconoscimento del Kosovo. Pertanto, l'Italia avrebbe rischiato l'isolamento all'interno della Comunità europea, ma, ancora peggio, avremmo rischiato di isolare il Kosovo, ossia l'unico attore in questa vicenda che aveva aderito ai principi, ai paletti e alle condizioni poste dal piano Ahtisaari e quindi avremmo punito il Kosovo per colpe che non aveva commesso, perché il piano Ahtisaari è fallito - lo ripeto - per il veto posto in Consiglio di sicurezza dalla Russia e dalla Cina.
Credo che sull'ordine del giorno in esame bisognerebbe esprimere parere contrario ed invito i colleghi dell'opposizione a rivedere la loro astensione, perché contraddittorio con quanto loro avrebbero fatto al posto del Governo italiano oggi o faranno un domani se saranno al Governo.
Ciò che è fallito nella sede propria, cioè nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ossia il piano Ahtisaari, ha trovato una diversa soluzione. Forse, i colleghi non ne sono a conoscenza, ma la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, approvata dal Parlamento di Pristina, più che di indipendenza è una dichiarazione di interdipendenza dalla comunità internazionale. Infatti, hanno stabilito di introdurre nella propria Costituzione esattamente quei principi, quei paletti e quelle garanzie che il piano Ahtisaari indicava e che sono state, in qualche modo, già recepiti come volontà politica mentre ora è in corso un processo costituzionale. Tale circostanza rappresenta già una garanzia rispetto alla quale il riconoscimento che il Governo italiano annuncia e che compirà nei prossimi giorni è un riconoscimento alla bontà, alle garanzie e alle tutele che il piano Ahtisaari poneva in ordine alla soluzione della questione relativa allo status del Kosovo.
Credo, però, che sia necessaria un'altra garanzia che solo l'Unione europea può offrire, cioè un'accelerazione per evitare la catena di fatti negativi, di pericoli e di rischi che si possono determinare nei Balcani a seguito della dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Alcuni prodromi già vi sono e alcune manifestazioni, anche violente, sono già avvenute. Tuttavia, l'unica garanzia per impedire la catena di effetti - non credo domino, ma comunque pericolosi - in quell'area è che l'Europa acceleri il processo di integrazione nella Comunità europea innanzitutto della Serbia, ma direi anche di tutti i Paesi dei Balcani a partire dallo stesso Kosovo, dall'Albania, dalla Macedonia, dal Montenegro. Si tratta di un processo che deve compiersi rapidamente proprio per evitare che ciò che è accaduto in passato nei Balcani si riproponga e per fare in modo che ciò che è stato diviso in passato nei Balcani possa domani ritrovarsi unito in Europa.
Questo è il processo che dobbiamo favorire. A me non piacciono gli allargamenti a dismisura dell'Unione europea, ma laddove l'allargamento della stessa possa servire come antidoto rispetto al pericolo, al rischio di guerre e di conflitti fratricidi, lo ritengo condivisibile. Bisogna accelerare il processo di integrazione europea. Per queste ragioni, il gruppo Socialisti e Radicali - la Rosa nel pugno voterà contro l'ordine del giorno in esame. Se può valere...
PRESIDENTE. Onorevole D'Elia, concluda.
SERGIO D'ELIA. Concludo, signor Presidente, poiché non è stato svolto un dibattito in Aula sulle decisioni del Governo riguardo al riconoscimento del Kosovo, possiamo considerare l'odiernaPag. 20discussione e il voto contrario sull'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti come un voto invece favorevole a quanto opportunamente e doverosamente il Governo ha deciso di fare e che formalizzerà nei prossimi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, colleghi, siamo di fronte ad un ordine del giorno presentato (e molto argomentato) dai colleghi della Lega Nord. La prima considerazione che viene da fare è che la grande compattezza e convergenza del centrodestra e del partito del Popolo della Libertà, che si presenta come la futura maggioranza, non la vediamo. Oggi è probabilmente l'ultimo giorno in cui ci troviamo in Aula in questa legislatura. Bisogna dire che la futura maggioranza, quella che si sente tanto sicura dei sondaggi, si presenta spaccata già alla prima occasione. È bene che l'opinione pubblica lo sappia e che tutti ne prendano nota.
Per quanto riguarda il merito del problema già l'onorevole Intini, a nome del Governo, ha espresso argomentazioni soddisfacenti. Personalmente mi sono trovato, nei giorni scorsi, a scrivere ad uno studioso dell'università di Oxford che si occupa di questi problemi. Egli mi dato una risposta che mi permetto di fare mia e di esprimere oggi in Aula: il riconoscimento della indipendenza del Kosovo è una pessima soluzione, ma tutte le altre sono ancora peggiori. Purtroppo è così, onorevoli colleghi; questa è solo una tappa della vicenda che ci aspetta e non significa certo la stabilizzazione di quell'area.
Vorrei anche dire che il vero motivo che mi convince, con riferimento alla posizione assunta dal Governo, è il fatto di mantenere una capacità di influenza, seguendo la Germania, la Gran Bretagna e la Francia. Onestamente, non mi sentirei di sposare invece l'altra argomentazione sic et simpliciter della presenza delle truppe, perché anche la Spagna ha truppe, eppure prende un'altra posizione, seppure dovuta probabilmente a fattori geopolitici.
Il vero problema che abbiamo è mantenere una posizione di influenza. Voglio citare un'altra fonte insospettabile. Il Capo della Nato ai tempi dell'intervento nel Kosovo, generale Wesley Clark, diceva che sarebbe stato necessario che all'azione di riconoscimento del Kosovo corrispondesse almeno un altro segnale e cioè l'accelerazione della conclusione del patto di associazione della Serbia all'Unione europea.
Abbiamo due preoccupazioni relative al momento successivo di questa vicenda e la prima riguarda cosa succederà nel rapporto tra le due comunità, quella minoritaria serba nel Kosovo e quella maggioritaria albanese. Il problema è di ordine pubblico, di prevenzione, di capacità dei nostri militari e delle altre truppe di poter assicurare la sicurezza nella comunità serba. Tuttavia, dal punto di vista politico, ci troviamo oggi di fronte ad una necessità imperativa: in Serbia, nelle ultime elezioni, ha vinto il partito «pro-Europa» ed è stato sconfitto il partito nazionalista. È evidente che vicende di questo genere possono mettere in crisi un equilibrio tanto delicato.
È quindi necessaria un'immediata iniziativa politica - del resto già intrapresa dal Governo italiano che intende ulteriormente svilupparla - ma, dobbiamo dirlo, nel momento in cui teniamo il contatto con la Germania, la Gran Bretagna e la Francia, dovremmo chiedere anche a questi Paesi di sviluppare, all'interno dell'Unione europea, un'iniziativa immediata per avvicinare i termini della conclusione del patto di associazione della Serbia all'Unione europea. Questo sarebbe un elemento politico che potrebbe effettivamente creare un effetto equilibrante ed importante.
Con questa indicazione pratica e concreta, anche per non dilungarmi - parlo, infatti, a nome dei Socialisti ma a nome del gruppo ha già parlato un altro collega - voteremo contro l'ordine del giorno in esame. Siccome il Governo è in ordinaria amministrazione e vi sono le elezioni anticipate penso che sull'indicazione verso laPag. 21Serbia vi dovrebbe essere un largo concorso bipartisan di espressioni e di indicazione nel nostro Parlamento.
Ed è con questi sentimenti e con questo significato che esprimiamo con la nostra dichiarazione di voto una posizione contraria all'ordine del giorno della Lega Nord, che naturalmente ha il significato di un indicazione al Governo italiano di andare avanti in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Alleanza Nazionale in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo aveva dato il proprio assenso sia alla discussione in Commissione sia alla discussione in Aula, ritenendo comunque esaustiva ciascuna delle due opzioni; poi si è deciso che il Governo riferisse in Commissione. Ciò per noi significa che il Parlamento è stato consultato, il Parlamento non è solo l'Aula.
Peraltro, abbiamo notizia - ce lo dirà Intini - che probabilmente stiamo parlando di qualcosa che è già superato nei fatti. Pertanto, mi permetto di rivolgere un invito agli amici della Lega Nord - questo è il senso del mio intervento - per superare, in questa fase di Camere sciolte, tale diversità, non dico tra di noi del centrodestra, non ci sarebbe niente di male (si tratta di posizioni così simili), ma all'interno del Parlamento, su un tema così delicato.
Di fatto, il Parlamento è stato ascoltato, di fatto la fase è quasi superata. Inviterei a ritirare questo ordine del giorno per evitare un voto di diversità, considerato che l'obiettivo che il Parlamento avesse direttamente delle notizie è stato per noi raggiunto con le comunicazioni alle Commissioni. In tal modo, soprattutto se arrivasse la notizia che l'onorevole Intini ci sta per dare, saremmo più felici di non dover esprimere un voto contrario all'ordine del giorno.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, in effetti il Governo si è mosso con prudenza su questa vicenda ed in stretta consultazione con gli alleati. Tuttavia, il riconoscimento del Kosovo era necessario, non era rinviabile e infatti è avvenuto questa mattina da parte del Consiglio dei Ministri. Voglio comunicarlo all'Aula, anche perché ciò probabilmente consentirà alla Presidenza di esprimere una valutazione diversa circa l'ammissibilità dell'ordine del giorno in esame.
Apprezzo che si sia svolto un dibattito in Aula, teso ed approfondito, la Lega Nord chiedeva da tempo che si svolgesse. Se il dibattito con le comunicazioni rese dal Ministro D'Alema si è tenuto ieri nelle Commissioni Affari esteri riunite della Camera e del Senato ciò non lo si deve ad una mancanza di sensibilità o di disponibilità da parte del Governo, il quale avrebbe tranquillamente e volentieri riferito in Aula, affrontando il dibattito, così come aveva chiesto la Lega Nord. Sarebbe stato senz'altro utile farlo, lo si poteva fare ieri. Tuttavia, occorreva per questo l'unanimità dei gruppi che non c'è stata, perché, com'è noto, Forza Italia non era d'accordo.
Pertanto, vi è stato un contrasto nella forma tra la Lega Nord e Forza Italia, mi sembra, su un argomento delicato e importante. C'è stato un contrasto anche nella sostanza, perché, nella sostanza, vediamo che la Lega Nord è contraria al riconoscimento del Kosovo, Forza Italia e Alleanza Nazionale ieri hanno detto di «sì» nelle Commissioni Affari esteri riunite. Oggi si astengono, dicono forse «ni», ma su questa vicenda non si possono dire cose ambigue: si deve dire «si» o «no». Questo del Kosovo è un tema delicato e drammatico; è la crisi più vicina ai nostri confini...
IGNAZIO LA RUSSA. Abbiamo detto che votiamo contro, non che ci asteniamo.
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UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Forza Italia ha detto che si astiene; abbiamo sentito l'onorevole Martino, e anche l'onorevole Gamba si è espresso diversamente.
Comunque vorrei notare che nel centrosinistra certo vi è una divisione su questo tema, ma una divisione tra chi sostiene due candidati diversi, da una parte Bertinotti e dall'altra Veltroni. Nel centrodestra invece c'è una divisione tra chi sostiene lo stesso candidato, e cioè Berlusconi. Di ciò bisogna prendere atto e mi pare che anche questo sia stato un utile chiarimento.
GIANCARLO GIORGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCARLO GIORGETTI. Francamente, Viceministro Intini, l'ultima sua frase poteva risparmiarla. Ho ascoltato con attenzione e rispetto tutti i colleghi che sono intervenuti, specialmente l'onorevole Mattarella, che stimo in particolare. Egli ci ha invitato a non utilizzare questo argomento per fare campagna elettorale: è evidente che la Lega non usa questo argomento per fare campagna elettorale; lei lo ha fatto, nella chiusura del suo intervento.
Detto questo, vorrei rapidamente argomentare in merito alla decisione di ritirare l'ordine del giorno n. 9/3395/1
(nuova formulazione), in primo luogo dicendo all'onorevole Mattarella che la responsabilità che lui invoca, in particolare la necessità del riconoscimento per giustificare e legittimare la presenza dei nostri soldati, non risiede nel riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, bensì nella risoluzione n. 1244 delle Nazioni Unite, che è disattesa proprio dall'indipendenza del Kosovo. I nostri soldati italiani della NATO, quindi, sono lì in virtù di una risoluzione dell'ONU, la n. 1244, che prevede esplicitamente l'autonomia, ma non l'indipendenza del Kosovo. Questo con sobrietà, ma anche con senso di responsabilità, dovevo rispondere all'onorevole Mattarella.
Per il resto, la Lega Nord ha fatto la sua battaglia: l'ha fatta nei mesi scorsi, in ogni sede, per portare tale questione all'attenzione del Parlamento, perché ci sembrava giusto che questo avvenisse. Ci siamo riusciti anche oggi, perché se la Camera dei deputati ha potuto discutere di questa vicenda così importante di politica internazionale lo si deve a questo misero ordine del giorno, se vogliamo provocatorio, in cui tutti hanno potuto esprimere quello che pensavano su questo argomento, e lo hanno potuto fare, onorevole La Russa, nella sede a ciò deputata, che non poteva essere semplicemente quella delle Commissioni parlamentari.
Per questo motivo, signor Presidente, ritiriamo l'ordine del giorno e non vogliamo creare imbarazzi a nessuno, tanto meno alla Presidenza. Ritiriamo l'ordine del giorno, se mi permettete, con una battuta: l'operazione è riuscita, ma il paziente è morto.
Siamo riusciti a portare alla discussione del Parlamento la questione del Kosovo; non siamo riusciti a convincervi delle nostre buone ragioni, che siamo convinti essere le ragioni della verità e della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Giorgetti.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.