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Si riprende la discussione (ore 12,40).
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1750)
PRESIDENTE. Riprendiamo gli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare il deputato Reina. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, anche se mi appresto a pronunciare in quest'aula il mio intervento sul decreto-legge collegato al disegno di legge finanziaria, per la verità mi auguro che i colleghi avvertano che il timbro della mia voce è lontano almeno quanto lo sono le colonie di questo nostro moderno paese, ovvero i territori della Sicilia e della Calabria!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 12,42)
GIUSEPPE MARIA REINA. Ciò perché esiste un elemento che, comunque vadano le cose, caratterizzerà, nel futuro, il ricordo e la memoria delle popolazioni meridionali, segnatamente siciliane e calabresi, in ordine al decreto-legge in esame. Si tratta del ricordo della vergogna che si è consumata con l'articolo 14 di tale provvedimento.
Si tratta del modo in cui questo Governo, che ha voluto prendere le distanze, in occasione del dibattito su quanto era avvenuto a proposito di Telecom, da un modo dirigista di intervenire rispetto alle vicende economiche del paese, si accanisce invece, ogni giorno di più, a dimostrare esattamente il contrario, ovvero che le critiche di dirigismo sono vere, compiute, definite e puntuali.
Penso alla vicenda del ponte sullo Stretto, che qualcuno frettolosamente, in quest'aula, ha ritenuto di cancellare attraverso l'approvazione di un documento avvenuta semplicemente con una maggioranza aritmetica (perché credo che molti che hanno votato quel documento, dietro le quinte, abbiano fatto il mea culpa); questo Parlamento ha ritenuto di cancellare, a maggioranza, ma non solo nella maggioranza, quel tema che noi abbiamo posto nel paese, nelle strade, nella comunità e nel popolo meridionale.
Se qualcuno ha pensato che questo tema potesse essere cancellato semplicemente con lo stratagemma di quegli ordini del giorno, si sbaglia, perché noi non solo non arretriamo, ma non ci incaponiamo più di tanto rispetto a ciò che è avvenuto, perché sappiamo che, comunque, nella coscienza del nostro popolo sono vivi l'attenzione, l'anelito e la speranza che questa opera si realizzi.
Il ponte sullo Stretto di Messina, oltre a fungere da leva per una strategia capace di «allungare» l'Italia nel Mediterraneo, fa della Sicilia meridionale e, in particolare, della fascia ionica, una grande piattaforma logistica, capace di dare al nostro paese un ruolo significativo per la linea di frontiera che collega l'Europa al continente africano settentrionale. Lo abbiamo evidenziato anche in altre circostanze, in occasione dello svolgimento delle interrogazioni che durante il question time abbiamo rivolto al Governo.
Chi guarda al ponte sullo Stretto con la lente di ingrandimento, come fanno i più e come, purtroppo, ha ritenuto una certa parte di questo Parlamento, commette un errore imperdonabile, perché dimostra di avere una miope visione del sistema economico mondiale dei prossimi anni. Quando si sarà esaurita la spinta della Cina e dell'India, per una reale necessità di soddisfare innanzitutto i bisogni interni, l'area di produzione e di consumo e,Pag. 33soprattutto, di libero scambio commerciale sarà inevitabilmente il continente africano. Nei prossimi anni, se diamo corso alla realizzazione del ponte, avremo dato alle future generazioni siciliane la leva per capovolgere realmente questo paese.
Ebbene, rispetto a tale questione, mi rivolgo soprattutto ai tanti parlamentari che occupano quest'aula e che provengono proprio dalla Sicilia e dalla Calabria, chiedendo loro se non si rendano conto, al di là dello schieramento al quale appartengono, che ancora una volta, l'ennesima, è stato perpetrato ai danni del nostro popolo un orrendo crimine.
Qualcuno, rispetto al DPEF, ha tenuto a precisare e ad evidenziare come questo Governo, rispetto al Governo Berlusconi, voglia invertire la rotta. Il Governo stesso, infatti, ha denunciato che oltre l'80 per cento degli interventi infrastrutturali del Governo Berlusconi era rivolto al centro-nord. Cosa fa questo Governo per ripagare il meridione? Ci deruba di una delle poche cose concrete che avevamo ottenuto, ovvero lo stanziamento di somme, che non erano esaustive, ma sicuramente importanti, che potevano essere ben utilizzate per avviare i lavori del ponte sullo Stretto. Non ci dà le risorse aggiuntive distraendole da altri parti del territorio nazionale che sono ricche e sulle quali si è appuntata la logica del precedente Governo: no, ci toglie quei soldi che già avevamo e formalmente li redistribuisce ai siciliani. In questa direzione va anche un emendamento approvato dalle Commissioni, relativo al decreto-legge collegato. Vi rendete conto che si tratta di una testimonianza di una gravità assoluta, di una gravità unica? Colonia siamo e colonia dobbiamo restare!
I siciliani ogni giorno di più hanno questa consapevolezza; non ce l'hanno solo quando ci vengono a scaricare i rifiuti o quando continua a perpetuarsi la politica di distruzione delle nostre coste, quella del malessere, della distruzione ambientale, come a Siracusa, a Gela e a Milazzo, nelle cui zone pure non odo le voci dei Verdi, mentre altrove in questo paese sollevano clamore rispetto a vicende simili.
Rispetto a tutto questo, ci rendiamo conto che il decreto-legge fiscale vuole rappresentare una pietra tombale relativamente alle aspirazioni legittime, lontane, annose del popolo siciliano per le quali vi sono, certo, responsabilità dei passati governi nazionali e regionali, ma rispetto alle quali non possiamo sempre cullarci richiamando solo tali responsabilità senza invece avere il senso pieno della nostra attuale responsabilità circa l'evento che si deve determinare.
Per questo motivo, e soprattutto per questo, noi vogliamo, anzi dobbiamo votare contro il provvedimento fiscale in esame, perché, al di là di tutto ciò che porta o non porta, ha perpetrato questo danno enorme nei confronti del nostro popolo, e noi non abbiamo il diritto di tradire i siciliani, assommando il nostro voto a quello di tutti coloro che, dimenticando di rappresentare la volontà popolare, si apprestano invece a rappresentare la volontà delle segreterie e degli «inciuci» che in questo Parlamento purtroppo insistono, dalla maggioranza fino all'opposizione, e rispetto ad una determinata opposizione.
Se qualcuno, quindi, crede di avere definitivamente chiuso tale materia - lo ribadisco - si sbaglia: noi combatteremo la nostra battaglia, anche più in là, attraverso ulteriori elementi. Se oggi diciamo «no» al decreto-legge fiscale, se le condizioni ci porteranno a discuterne in quest'aula, se il Governo non assumerà provvedimenti e iniziative estreme, anche in ordine al disegno di legge finanziaria dimostreremo, attraverso la presentazione di una serie di emendamenti precisi e mirati, come si difendono veramente gli interessi del meridione, dei siciliani, dei territori del sud, che per tanto tempo sono stati vessati e che comunque continuano ad esserlo, qualunque sia la logica formale a cui si richiamano i governi in carica che via via si succedono.
Signor Presidente, in queste motivazioni ho riassunto quale sia la posizione del Movimento per l'autonomia. Sappiamo che non è una posizione comoda. Qualcuno ci deride, qualcun altro, che conoscePag. 34bene la realtà del nostro territorio, invece nell'ombra si preoccupa, perché sa che in avvenire verrà il momento in cui le nostre posizioni dovranno confrontarsi con il consenso popolare. In quel momento saremo tutti chiamati a rendere conto del nostro operato svolto in quest'aula e saremo chiamati dal nostro popolo che vorrà capire se abbiamo tentato di difendere i suoi interessi o se ci siamo invece legati agli interessi codini delle segreterie dei partiti o di chissà quali anguste e oscure strategie, che ancora devono percorrere i meandri di questa legislatura e di questo Parlamento.
Per questo, al di là dell'esito della nostra denuncia, della speranza che ci possa essere un sano e opportuno ravvedimento, non solo nell'interesse dei siciliani, per le cose che ho detto nell'interesse dell'intero paese, del sistema Italia, speriamo che questo ravvedimento vi sia. Se ciò non dovesse avvenire, sappiamo che il nostro compito consisterà nel combattere la nostra battaglia fino in fondo, anche con altre iniziative.
Voglio sorpassare, a piè pari, le tante, diverse ragioni che ci spingerebbero a dire di no a tanti passaggi di questo decreto collegato. Non intendo togliere nulla alla denuncia pubblica che ho fatto in questa sede, oggi, a proposito di quanto perpetrato all'articolo 14, perché voglio che rimanga nella memoria di tutti che questa è la ragione per cui noi bolliamo il decreto fiscale collegato alla finanziaria: chi ha da vedere, vedrà nei prossimi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Misto Movimento per l'Autonomia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che stiamo discutendo, e al quale sono stati apportati numerosi emendamenti, si collega al progetto di finanziaria che questo Governo ha presentato. A dire la verità, parlare di emendamenti ad un progetto che, in qualche modo, non trova padri, è difficile perché se è vero che il centro destra ha contestato, fin dalle origini, tutta la filosofia che ha generato la manovra del Governo, è altrettanto vero - mi pare - che dalla stessa maggioranza emerge la volontà di staccarsi dal contenuto essenziale dell'intera manovra. Certamente, ci troviamo di fronte ad un decreto-legge e, quindi, dovremmo attenerci scrupolosamente al contenuto in esso previsto. Tuttavia, se non guardiamo quest'ultimo nel contesto generale commetteremmo un errore essenziale nel giudicare i primi passi, importanti, che il Governo Prodi compie in quest'aula. Parlo di primi passi importanti perché la prima manovra finanziaria di questa legislatura dovrebbe rappresentare, in qualche modo, una svolta, certificare la cultura del cambiamento che il Governo Prodi ha immaginato durante la campagna elettorale, ha programmato abbondantemente nella prima fase della legislatura e, poi, partorito con il primo decreto Visco-Bersani: oggi, con questo decreto, domani con la manovra finanziaria nel suo complesso.
Devo dire subito che il progetto è deludente, non tanto perché in sé la manovra non abbia significato. Conosciamo perfettamente e profondamente lo stato del paese. Conosciamo anche le difficoltà che qualsiasi maggioranza ha nel proporre al Parlamento e, quindi, all'intero paese, una finanziaria che sia compatibile, purtroppo, con il grave debito che abbiamo.
Tuttavia, questa non è una finanziaria compatibile con una stagione di grande rinnovamento. Questo decreto non tiene conto dell'eccezionalità che dobbiamo affrontare. Signor sottosegretario, mi sembrava che il problema da affrontare fosse ben delineato nel DPEF ed abbiamo esaminato con grande attenzione quanto era lì previsto.
Nel DPEF il Governo aveva individuato le quattro aree entro le quali giocare la partita dei tagli, nel tentativo di rivoluzionare un sistema che era stato burocraticamente gestito in questi anni con una tradizionale, legittima logica tesa a verificare quanto ogni comparto spendeva e che cosa quindi si poteva assegnargli, piuttosto che razionalizzando dall'interno l'interaPag. 35manovra di spesa. Sapevamo che questo era il sistema delle pensioni, il sistema degli enti locali, il sistema della pubblica amministrazione e il sistema della pubblica istruzione. Entro questi ambiti, avrebbe dovuto canalizzarsi, in qualche modo, una iniziativa del Governo che fosse, però, una iniziativa di riforma del sistema. Tuttavia, una riforma del sistema non può non partire dal primo disegno di legge finanziaria che il Governo propone al Parlamento nella legislatura. In essa, infatti, si incardina tutto il progetto, il programma, il percorso che, in qualche modo, deve andare a compimento nell'arco di tempo assegnato al Governo per realizzare fino in fondo una vera trasformazione. Non c'è alcunché di tutto questo, signor sottosegretario. Il progetto che, anche con questo decreto-legge, ci è stato oggi presentato dimostra, invece, una inversione sostanziale di tendenza. Si tratta di un prelievo piuttosto che di un taglio, si tratta di una contabilizzazione normale di poste in bilancio piuttosto che di una effettiva razionalizzazione della spesa. Anziché tagliare i centri di spesa, signor sottosegretario, si diminuisce l'apporto di denaro ad essi. Oggi, possiamo farlo ma domani, di fronte alla protesta o, peggio ancora, di fronte all'eventualità di nuove elezioni, rimpingueremo immediatamente le poste in bilancio, ritornando, quindi, a quella mediocre logica di cui siamo stati protagonisti, da destra o da sinistra, in questo paese. Mi riferisco alla logica secondo la quale negli ultimi due anni della legislatura si riaprono i cordoni della borsa per realizzare manovre di carattere soprattutto elettoralistico. Allora, avendo la sensazione che questo decreto-legge non abbia padri e che ci sia una fuga dalle responsabilità vere da parte di chi l'ha confezionato, probabilmente c'è la necessità, oggi, di domandarsi su quali emendamenti effettivamente puntare, su quali realtà cercare di concentrare l'attenzione perché qualcosa che pare inemendabile risulti il meno disastroso possibile per la nostra economia.
Questo decreto-legge intende sollecitare la fantasia piuttosto che l'attenzione su un tema che era a caro al ministro Padoa Schioppa, quando parlava del progetto del disegno di legge finanziaria. Anche il provvedimento che stiamo esaminando, infatti, mi pare che dovrebbe inquadrarsi con quelle tre parole d'ordine: equità, sviluppo e risanamento. Ebbene, mi sembra che di sviluppo ne contenga ben poco. Allora, potrebbe essere collegato ai principi dell'equità e del risanamento. Parto dal primo presupposto, quello dell'equità. Signor sottosegretario, se l'equità consiste nel chiedere ad un'impresa, a regime, un prelievo di risorse pari al 60 per cento del prodotto realizzato, le chiedo se non si tratti, piuttosto, di un attentato allo sviluppo. Nel corso di un precedente intervento, affermavo che coniugare equità e sviluppo è molto difficile.
Vi è la necessità di stare molto attenti perché tali ambizioni rischiano di far emergere una contraddizione in termini che, alla fine, bloccano l'uno e peggiorano l'altro. Ho la sensazione che, sotto il profilo del contrasto di interessi - che in questa manovra per la parte essenzialmente fiscale manca - il prelievo, così com'è stato spalmato dal centro alla periferia, si traduca in un disastro per l'economia del nostro paese. Il principio dell'equità è quello di togliere a chi più ha: da questo punto di vista non siamo assolutamente indifferenti, anzi siamo potenzialmente d'accordo. Tuttavia, sviluppato in quel modo porta ad una tassazione differita anche a regime locale e colpisce tutte le persone di ceto medio e le aziende di media consistenza, che sono il nerbo essenziale della nostra economia. Dunque, pare che accentuando il principio di equità fiscale sia stato realizzato un grande attentato allo sviluppo del nostro paese.
Signor sottosegretario, rammento quando dai banchi dell'opposizione con molta oculatezza ci ricordava che questo paese ha difficoltà a crescere ed è ad uno degli ultimi posti nella crescita del PIL. Noi non le abbiamo mai dato torto perché guardavamo i dati con preoccupazione tanto quanto lei. Tuttavia, proprio perché lei ha sempre guardato i dati senza strumentalizzarli,Pag. 36dovrebbe anche ammettere che oggi - essendo ancora in quella situazione e sapendo che strutturalmente abbiamo gli stessi problemi non della precedente legislatura, ma degli ultimi 10-15 anni - un'operazione di questo genere, invece che incentivare la rincorsa allo sviluppo, lo frena e lo deprime: questo è il nocciolo essenziale del problema.
Signor sottosegretario, vi sono problemi che riguardano complessivamente alcuni aspetti attinenti agli emendamenti. Ad esempio, vorrei riferirmi alla tassa di successione, e non sto a guardare se questa si reintroduce. Il Vicepresidente del Consiglio non si era nemmeno accorto che era stata reintrodotta, poi ha dovuto constatare che era stata posta e che viene emendata. Capiamo perfettamente che si tratta di un labirinto di ideologismi, piuttosto che di vera qualità di prodotto. Il collega Capezzone, presidente della Commissione attività produttive, dice che mettere insieme il centro di raccolta del denaro della tassa di successione costa più di quanto si raccoglie. Probabilmente ha ragione, e ricordo che il Governo Berlusconi, quando l'ha tolta, non l'ha fatto con la logica di essere salvifico nei confronti di alcuni ceti o dell'intero sistema. L'ha fatto proprio perché sapeva perfettamente che introitare la tassa di successione per alcuni ceti - perché gli altri sanno perfettamente come farlo - costava più di quanta fosse la resa. Dunque, reintrodurre tale tassa mi dà tanto la sensazione che bisogna riprendersi quanto di buono aveva fatto il precedente Governo. Ciò è estremamente negativo, perché un Governo che vuole cambiare a tutti i costi le riforme del Governo precedente, rischia di far rimanere fermo al palo un paese. Infatti, se ad ogni maggioranza che subentra non si risconosce valore alla legislazione precedentemente approvata, è chiaro che il paese rimane fermo. Dobbiamo toglierci dalla testa questa voglia di rivincita postuma. Dobbiamo mettere in moto un principio molto più sereno per guardare ai problemi del paese e non volere rivincite di poco conto. Quando, poi, con riferimento ai patti territoriali, si legge che questo Governo revocherà gli incentivi, mi chiedo cosa significhi tutto ciò. Peraltro, un articolo del disegno di legge finanziaria stabilisce che, a far tempo dall'entrata in vigore della legge finanziaria, vengono annullati tutti i consigli di amministrazione delle società partecipate, statali ed anche periferiche. Allora, mi domando: è un altro spoils system generato attraverso un provvedimento legislativo così brutale?
È questo che cos'è? Togliamo i soldi che sono già stati stanziati in corso d'opera, facendo uno spoils system anche degli aiuti e degli incentivi? È una domanda che, a questo punto, necessita di una risposta da parte del Governo.
Infine, si afferma che in questo decreto-legge è prevista una riforma del turismo, ma accade qualcosa di molto strano: vi è una riforma di governance del turismo, fatto salvo che, poi, nel disegno di legge finanziaria si impone la tassa di soggiorno. Ciò non ha senso, ancora una volta: bene la governance, male la tassa di soggiorno!
Se è vero che quella che lascia tutti scontenti è una buona legge finanziaria, signor sottosegretario, tuttavia devo constatare che questo malcontento riguarda anche coloro che siedono al banco del Governo. Allora, vi chiedo una cortesia: non so chi possa difenderla. Certamente, con pochi emendamenti, peraltro difficilmente recepibili da parte vostra, è difficile riuscire a modificarla. Dovete compiere un atto di coraggio, facendo qualcosa di più e meglio nelle prossime ore (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il DPEF, il decreto-legge Visco-Bersani, il decreto-legge in esame, nonché il disegno di legge finanziaria certificano la volontà punitiva da parte di questo Governo e delle sinistre nei confronti dei ceti produttivi, dei lavoratori, degli artigiani, dei commercianti e deiPag. 37liberi professionisti. Tutti saranno costretti a subire i vostri soprusi e saranno costretti a cedere un altro pezzo della loro libertà.
Qui vi sono due visioni del mondo e della società, vi sono due visioni dell'economia che si radicalizzano in posizioni che vedono profondamente diverse le strutture sociali su cui fondano le proprie economie.
In un insolito momento di sincerità il ministro Padoa Schioppa, in Commissione, nel corso delle audizioni, ha avuto modo di confessare che la legge finanziaria predisposta dal ministro Tremonti, in particolar modo l'ultima legge finanziaria, è un'ottima base di partenza su cui costruire il progetto di risanamento del paese. Purtroppo, nei fatti, questa intenzione viene smentita.
C'è un altro dato che vorrei consegnare a testimonianza di questo dibattito, ossia il fatto che il ministro e gli atti ufficiali del Governo testimoniano che il Governo del centrodestra, negli ultimi cinque anni, ha aumentato la spesa sociale dal 22 al 23,7 per cento, la spesa sanitaria, dal 5,8 al 6,7 per cento del prodotto interno lordo, e che il modello cui fare riferimento è quello di gestione della Lombardia e del Veneto, con buona pace dei colleghi che in quelle regioni contrastano in ogni modo la nostra azione riformatrice.
La spesa per l'istruzione e per l'università è nella media europea. Anche questo è un dato molto importante su cui riflettere, come del resto bisogna riflettere che non è la quantità ma la qualità della spesa a fare la differenza, e il nostro sistema scolastico, purtroppo, paga il fatto di essere antiquato, inadeguato a rispondere alle esigenze della modernità e, quindi, necessita di riforme. Non si capisce, allora, la presa di posizione delle sinistre verso la riforma Moratti, che è stata sospesa.
Nel comparto della sicurezza abbiamo un rapporto addetti cittadini più alto d'Europa. Gli investimenti al sud sono aumentati negli ultimi cinque anni, come sono aumentati gli investimenti nella ricerca.
Tutti i punti su cui si concentrava l'obiezione dell'allora opposizione di centrosinistra alle nostre manovre sono stati smentiti dalle dichiarazioni del ministro Padoa Schioppa e dai dati ufficiali consegnati alla nostra attenzione.
Da questa analisi si evidenzia il fatto che siamo di fronte ad una vera e propria lotta di classe, che, ormai cancellata dalla storia, viene forzosamente portata all'interno di queste aule e reintrodotta per mezzo di leggi. State pagando pegno (è evidente) verso coloro che hanno sostenuto la vostra campagna elettorale, le cooperative, i poteri forti, gli appartenenti alla grande finanza che traggono il maggior profitto dalle vostre operazioni fiscali, imprenditori che non sanno intraprendere. Ne cito uno fra tutti, Luca Cordero di Montezemolo, che più che imprenditore è un abile politico ed un sapiente utilizzatore delle risorse dello Stato.
Ricordo che il nostro Governo non ha aperto, in cinque anni, il portafoglio per sovvenzionare la FIAT, cosa che voi vi siete affrettati a fare con la prima misura utile, dando oltre un milione di euro in quattro anni a coloro che, come sempre, sono disposti a suddividere le perdite, ma mai gli utili con i cittadini.
In questa manovra finanziaria, vi è la traccia del vostro DNA, della vostra componente massimalista, che vi induce a prendere decisioni economiche fuori dal tempo. Aumentate di due punti la pressione fiscale, quando il vostro intento era di intervenire solo sui ceti produttivi (professionisti, artigiani e commercianti). Avete fatto una manovra - anche queste sono dichiarazioni ed atti alla nostra attenzione - che colpisce il 90 per cento dei lavoratori e dei ceti produttivi. State allestendo uno spettacolo tragicomico, inscenando «dilettanti allo sbaraglio». Questo è ciò che siete e che testimoniano gli atti portati alla nostra attenzione, un «balletto» di cifre caotico e controverso che sta insinuando nei cittadini un senso di insicurezza e d'improvvisazione. Altro che serietà al Governo, come avete sbandierato sui manifesti in campagna elettorale.Pag. 38
Non intervenite con i tagli necessari, i tagli agli sprechi di uno Stato che resta centralista e che voi rafforzate nella sua inefficienza, nel suo peso elefantiaco, nella sua burocratizzazione. E mai potreste farlo; è nella vostra natura, nel vostro DNA, nel vostro modo di concepire il mondo e l'economia, è nella vostra necessità di mantenere lo status quo, di garantire il «vecchio» che vi ha portato al Governo. Non c'è rilancio; non c'è crescita; non ci sono i tagli, ma solo centralizzazione.
Vorrei porre l'attenzione su un dato che trovo inquietante: i tagli che avete preparato per gli enti locali, regioni, province e comuni. Parliamo di circa 4,2 miliardi per il 2007, 4,9 miliardi per il 2008 e 5,6 miliardi per il 2009. Ai cittadini che chiederanno alle loro amministrazioni l'acqua potabile, i servizi per i loro figli, le scuole aperte e riscaldate, l'assistenza sociale, i sindaci dovranno dare risposte, che saranno inevitabilmente costituite da nuove imposte. Noi abbiamo fatto un patto di stabilità, in cui era insito il contenimento della spesa pubblica e il taglio degli sprechi, voi avete fatto ben altro, avete dato la possibilità agli enti locali di istituire nuove imposte. Creerete una dinamica per cui gli enti locali si vedranno costretti ad aumentare le imposte avvalendosi della possibilità di aumentare l'imposta di registro e gli estimi catastali. Conseguentemente, aumenteranno le imposte sulla casa, l'ICI, la tassa sui rifiuti, l'IRPEF ed altri balzelli, tra cui quello medievale della tassa di soggiorno.
Quanto costerà questa manovra ai cittadini? L'avete certificato e scritto voi perché, dando la possibilità agli enti locali di istituire nuove imposte, automaticamente potremmo prevedere per i prossimi tre anni un incremento di 13 milioni di miliardi di euro. Inoltre, penalizzate - questo è un fatto molto grave e anche dal punto vista culturale tradisce le vostre origini - le amministrazioni che hanno investito, soprattutto in opere pubbliche. Insomma, le nuove tasse che avete introdotto in questa manovra sono sessantasette. Tutti hanno motivo di essere scontenti, tranne il sindaco di Roma, Walter Veltroni, che ancora una volta è stato beneficiato perché gli avete dato 1,2 miliardi di euro in tre anni. Mentre il sindaco del mio paese non saprà dove trovare le risorse per pagare l'assistenza domiciliare agli anziani, Walter Veltroni con i soldi delle nostre tasse potrà tranquillamente finanziare il nuovo palazzo dello sport e il museo del XXI secolo - di cui, sinceramente, non ne sentivamo proprio bisogno -, le solite operazioni elettoralistiche che, ovviamente, servono a dare lustro a quella che per voi è l'amministrazione fiore all'occhiello da mostrare agli italiani.
Dopo aver criticato per anni la nostra legge sulle grandi opere, il piano Marshall dell'infrastrutturazione del paese - finalmente eravamo riusciti a far ripartire, laddove molti altri Governi avevano fallito, il sistema di infrastrutturazione nel nostro paese -, avete accettato l'impianto che avevamo costruito, però non l'avete finanziato: quindi, ci troveremo con la cronica mancanza di infrastrutture. Abbiamo visto il pietoso spettacolo che i due ministri Bianchi e Di Pietro hanno dato in aula e, a distanza di qualche mese, non abbiamo ancora capito chi si occupa di cosa, in questo proliferare di poltrone ministeriali e di posti di sottosegretariato. Comunque sia, chiunque abbia vinto, il fatto è che hanno perso i cittadini.
Il dato che consegniamo è che è stato sospeso, di fatto, l'iter di realizzazione del corridoio n. 5; corridoio di collegamento est-ovest, che riporterebbe la Padania e il nord del nostro paese nella Mitteleuropa (luogo che gli spetta di diritto) e non, come voi cercate di fare, a nord dell'Africa.
Secondo i presupposti della vostra visione, il nostro paese dovrebbe spostare il proprio baricentro verso il Mediterraneo anziché dove, invece, dovrebbe posizionarsi. Il mio intervento su questo provvedimento, del resto, non può prescindere dalle valutazioni negative del rating che, di questa visione, fa una critica molto profonda: l'Italia è oggi al livello della Grecia. E noi ve l'avevamo detto, già dieci anni fa, quando Romano Prodi svendette la nostraPag. 39economia per entrare in Europa. Quando svendette il nostro sistema produttivo, noi vi avevamo avvisati sottolineando che si dovevano fare le riforme strutturali, si doveva cambiare il paese, riformarlo prima di una qualsiasi prospettiva di ingresso alla pari con gli altri competitor europei.
Così non avete voluto fare; è stata una scelta politica, dettata da ragioni politiche e non economiche. Oggi, i nodi vengono al pettine e noi siamo allo stesso livello della Grecia che, allora, invece, optò per una strada completamente diversa. Noi, in Padania, continuiamo a pagare il peso dell'inefficienza, continuiamo a pagare l'assistenzialismo ...
PRESIDENTE. Deve concludere...
DAVIDE CAPARINI. Mi avvio alla conclusione, Presidente. Continuiamo ogni anno ad essere costretti a pagare le pensioni non coperte dai versamenti; continuiamo a pagare le vostre politiche di privatizzazioni senza libero mercato che ci hanno consegnato tariffe inefficienti; continuiamo a pagare un carico fiscale di uno Stato onnipresente che deve mantenere la sua burocrazia. È affrontando tali questioni che avreste dovuto iniziare a riformare il paese, ma è proprio da tutto ciò che voi non sarete mai in grado di iniziare perché non volete intervenire, non è nella vostra natura, non è nelle vostre intenzioni. Ed è per questo che la storia vi vedrà sconfitti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, può essere superfluo parlare di questa manovra finanziaria - probabilmente, la peggiore che la storia repubblicana ricordi - dichiarando che è illiberale e fa giochi di prestigio; giochi che, certe volte, come lei, Presidente, ricorda bene, le sono stati in qualche modo affibbiati con l'espressione «finanza creativa», ma anziché di finanza creativa si trattava di tutt'altro, visti i risultati del bilancio di cassa dello Stato negli ultimi mesi, i quali hanno evidenziato un notevole incremento delle entrate anche in funzione di quella scelta coraggiosa che il Governo Berlusconi fece nell'utilizzare i condoni, ma costringendo per tale via all'emersione dal nero tantissime situazioni irregolari. Si tratta di situazioni che adesso fruttano continuamente - quindi in maniera strutturale - maggiori entrate per le casse dello Stato. Ebbene, parlare di questa finanziaria dicendone tutto il peggio possibile sembra quasi superfluo, tant'è che al nostro grido di allarme sulla pericolosità di queste scelte finanziarie e fiscali si sono poi associati tutta una serie di economisti, di autorevoli quotidiani economici e finanziari, non solo italiani ma internazionali. Mi riferisco al Financial Times di oggi e di ieri e al Wall Street Journal e a tutta una serie di analisi che hanno portato, poi, di fatto, per forza di cose, all'abbassamento del rating. Certo, si vuole in qualche modo far passare tale declassamento in maniera silenziosa ma, in realtà, esso evidenzia un problema strutturale di questa finanziaria: non vi sono interventi concreti per quanto concerne il taglio della spesa pubblica, il che non significa, caro sottosegretario, taglio alla spesa previdenziale o alle spese correnti dei comuni che erogano servizi fondamentali ai cittadini. Vuol dire, infatti, tagliare tutte le prebende che non vanno assolutamente a vantaggio dei cittadini, ma riferibili a alcune logiche clientelari di cui siete pesantemente schiavi, come dimostrate con provvedimenti quali il decreto-legge in oggetto, collegato alla legge finanziaria, il decreto Bersani e il DPEF. Io - ma non sono il solo, ascoltando la gente comune per strada - ritengo che il decreto-legge collegato alla legge finanziaria, la finanziaria stessa e tutti gli altri provvedimenti di natura economica che abbiamo avuto la sfortuna di dover discutere nel corso della nuova legislatura del Governo Prodi, contengano un mix pericolosissimo di demagogia e dilettantismo.
Vi è demagogia perché si parla di redistribuzione del reddito e di aiuti concretiPag. 40alle famiglie e allo sviluppo economico, ma si ci si ritrova con tagli pesantissimi ai danni dei comuni, ovvero di chi eroga di fatto servizi fondamentali come quelli sociali ai cittadini e alle famiglie. Allo stesso tempo, si dice di aver fatto aggiustamenti sull'IRPEF che però sono ridicoli perché si tratta di 40 euro in più all'anno su uno stipendio medio di 18-22 mila euro. Dovete scusarmi se non cito le cifre esatte, ma questa finanziaria ha anche un'altra pecca grave perché siamo costretti continuamente a parlare di qualcosa di così fluido da modificare le cifre, passate da 30 a 33 e poi a 40 miliardi di euro, sperando che non si vada oltre. Date la sensazione di incompetenza ed è ciò che state dimostrando al paese, ovvero incompetenza nel gestire problemi strutturali come lo sviluppo economico e il sostegno per le famiglie.
Ripeto che si tratta di anche di demagogia perché si parla di taglio del cuneo fiscale per poi rapinare letteralmente sei miliardi di euro dalle casse delle aziende, dicendo che il TFR verrà gestito dall'INPS. Tuttavia, dalla relazione si legge chiaramente che il TFR non sarà gestito dall'INPS, ma solo erogato in futuro perché finirà nelle casse dello Stato tramite il Tesoro. Allora è demagogia perché non state aiutando le aziende, bensì le affossate.
Non so se ve ne siate resi conto dall'alto della vostra scienza, ma cosa faranno le aziende con 53, 60 o 70 dipendenti immediatamente dopo che sarà stato varato il provvedimento che prevede il tetto delle 50 unità? Li divideranno a metà o addirittura licenzieranno i dipendenti in esubero rispetto al numero di 50. È questo il grande risultato che siete riusciti ad ottenere: non garantire più il trattamento di fine rapporto per i lavori dipendenti e creare una tale confusione all'interno delle aziende che esse non sanno più, al momento, se proseguire con un minimo di investimenti per essere competitive. Vi siete infatti completamente dimenticati della competitività. Vogliamo ricordare inoltre il dilettantismo, contenuto nel decreto-legge collegato, riguardo all'evasione fiscale? Esiste una regola molto semplice che il Presidente potrebbe spiegare meglio di me, essendo un noto economista. La pressione fiscale è direttamente proporzionale all'evasione fiscale, quindi più aumentate le tasse, come state facendo, e più costringerete la gente, che per poter campare dovrà arrabattarsi, a pagare il meno possibile. In questo momento le aziende, con tutte le vessazioni che avete posto in essere, non ce la fanno più a competere non solo sul piano internazionale, ma anche su quella nazionale. Infatti, esiste la concorrenza sleale dei paesi emergenti dove non vi sono garanzie per il lavoro, con buona pace della maggioranza di centrosinistra e, in particolare, della sinistra radicale. Essa difende i lavoratori solo a parole, ma non si muove quando devono essere messi in campo provvedimenti urgenti a tutela del made in Italy.
In maniera timida, anche perché il problema era piuttosto semplice da risolvere, avete messo mano al problema delle frodi intracomunitarie sull'IVA nelle transazioni delle autovetture.
Non avete capito, però, che si tratta di un palliativo, perché in quel meccanismo vizioso che si instaura negli scambi intracomunitari e nelle frodi «a carosello» si troverà un sistema per aggirarlo. Non avete avuto, invece, il coraggio di seguire la strada intrapresa dalla Gran Bretagna, che due settimane fa ha approvato una legge che mette in capo al business to business, cioè agli scambi commerciali all'ingrosso, l'esenzione totale dell'IVA. In questa maniera avreste eliminato veramente le frodi «a carosello», non facendo - permettetemi di dirlo - figure da dilettanti. La Gran Bretagna si è adeguata ad una sentenza della Corte di giustizia europea e ha compreso qual è il meccanismo per evitare frodi che costano miliardi di euro allo Stato.
Visto che si sta intervenendo sul complesso degli emendamenti, voglio ricordare al sottosegretario che ho predisposto un emendamento volto ad introdurre un altro meccanismo che potrebbe tranquillamente evitare frodi all'interno del sistema paese: quello dei depositi IVA. Concedere l'utilizzoPag. 41del deposito IVA a chiunque, anche ad un'azienda neonata, visti anche i labili controlli da parte della Guardia di finanza - 140 mila dipendenti in grado di controllare di fatto soltanto l'1 per cento dei contribuenti - senza fare in modo che le aziende che utilizzano tali depositi esistano veramente, siano in regola con i versamenti F24, dimostrino di essere veramente operative sul territorio, provocherà buchi di bilancio enormi. Nelle more del caos causato dalla sentenza europea sull'IVA nei confronti dell'Italia, molte aziende cartiere si stanno adoperando per utilizzare i depositi IVA in questa maniera. Invito pertanto il Governo a valutare attentamente perlomeno questo emendamento, visto che non mi pare vi sia stata attenzione nei riguardi degli emendamenti di merito dell'opposizione. Attenzione, questo emendamento potrebbe determinare un gettito stimato, calcolato sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'economia, di circa 300 milioni di euro. Non vogliamo, però, che questa somma venga destinata a favore di cooperative o simili. Visto che si parla di sviluppo, noi abbiamo già indicato chiaramente che questo gettito dovrà essere impiegato per sviluppare la banda larga nelle zone montane. Parliamo di 7 milioni di cittadini, di 77 mila aziende e 3 mila comuni montani, che ancora nel 2006 non sono serviti da una rete Internet decente e viaggiano ancora con il doppino telefonico.
Come vede, signor sottosegretario, noi siamo anche capaci di dialogare su questioni di merito, adesso sta a voi dimostrare se volete realizzare veramente lo sviluppo o se volete fare della semplice demagogia. Questa è la questione di fondo. Purtroppo, a noi sembra che sulla stragrande maggioranza del provvedimento vi sia solo un tentativo di fare della demagogia, non di risolvere strutturalmente i problemi del paese.
Dicevo prima che sostanzialmente non avete introdotto tagli alla spesa pubblica. Le cito un esempio: 100 e passa milioni di euro spesi per studi di ricostruzione dei Balcani, quando la guerra è finita da almeno dieci anni! Magari questi soldi andassero in qualche modo alle imprese italiane che mirano a prendere delle commesse per costruire ospedali o quant'altro! Questi soldi vanno ai soliti noti: parlo di ICE, di SIMEST e di tutti gli enti dello Stato che non fanno altro che spartirsi in maniera clientelare dei fondi. Di questi esempi ce ne sarebbero altri centomila. Nel momento in cui avrete il coraggio di metter mano a questo tipo di spesa, allora probabilmente il rating di questo paese potrà anche essere rialzato, ma voi siete schiavi ideologicamente e state pagando delle cambiali alla sinistra ideologica. Parlo dell'estrema sinistra che vuole far pagare in qualche modo, pesantemente, alle piccole e medie imprese, ai liberi professionisti e quindi alla Padania e al Nord lo scotto di essersi fatto scippare le elezioni con dei brogli che stiamo sistematicamente provando. Non vedo quale sia la possibilità per questo Governo di progredire.
Forse non vi state rendendo conto che il paese reale, quello che sta fuori di quest'aula - non si tratta soltanto delle 25 o 30 mila persone che erano a Vicenza l'altro giorno, ma di milioni di persone veramente arrabbiate (non voglio usare altri termini per rispetto del decoro di quest'aula) -, vi seppellirà dopo che sarà stato approvato il disegno di legge finanziaria. I primi provvedimenti che avete adottato vanno a disintegrare totalmente il tessuto economico e produttivo, il motore economico del paese, il nord, la Padania! Vi criticano gli stessi vostri sindaci: Cacciari, tanto per citarne uno, anche oggi spara a zero sul disegno di legge finanziaria dalle colonne di un quotidiano nazionale (e Cacciari non è l'unico).
Concludo, signor Presidente, invitando il Governo a ragionare anche su un altro problema fondamentale, che riguarda, in parte, la finanza, ma che sta a cuore alle aziende che ancora hanno il coraggio di essere produttive e di cercare la competizione anche sui mercati internazionali. Non avete previsto nulla per il contrasto alla concorrenza sleale dei mercati cinese, indiano, vietnamita, e via dicendo. Forse, signor sottosegretario, lei non sa (ma miPag. 42auguro lo sappia) che, al momento, riusciamo a controllare meno dell'1 per cento della merce in ingresso nei nostri porti. Riusciamo a controllare 42 mila container sui 4,8 milioni in transito: questo riusciamo a fare; tutto il resto, non si sa. Facciamo tutto su base documentale e poi ci lamentiamo che arriva la concorrenza sleale! Ebbene, per recuperare competitività, vanno realizzati interventi strutturali anche in questo campo.
Signor sottosegretario, la invito a leggere un articolo (forse, l'ha già fatto) pubblicato da Il Sole 24 Ore di oggi: in esso si parla di un signore che ha messo in piedi una struttura tale da riuscire sistematicamente, anche corrompendo alcuni funzionari (lo afferma tranquillamente, e spero che la magistratura indaghi al riguardo), a fare entrare merce contraffatta in Italia; questo signore parla del porto di Napoli come del porto migliore per farlo. Cominciate a guardare a questi problemi reali del paese, non pensate sempre e soltanto alle cooperative (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, vengo da una terra che ha il grandissimo onore di essere citata espressamente nel disegno di legge finanziaria: nel testo che il Governo ha intenzione di varare vi è, infatti, un richiamo alla provincia di Monza e della Brianza, istituita nella passata legislatura, con legge dello Stato, insieme alle province di Fermo e Barletta. Abbiamo il grande onore di essere citati nel disegno di legge finanziaria perché è vostra ferma intenzione, al di là delle alchimie che state mettendo in campo nel territorio, di far scomparire la provincia.
Innanzitutto, va fatta un'osservazione di carattere procedurale. La provincia di Monza e della Brianza è nata a seguito dell'azione di diversi comitati che, già dieci anni fa, hanno lavorato per creare una certa sensibilità ai fini della sua istituzione. Dopo che, all'inizio degli anni Novanta, Umberto Bossi, per primo, ha depositato un progetto di legge per l'istituzione della provincia di Monza e della Brianza, si sono espressi tutti i consigli comunali, che hanno votato il più delle volte all'unanimità per aderire alla provincia, si sono espressi la regione Lombardia ed il consiglio regionale, il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati. Infine, la provincia è stata istituita, tanto che nella provincia di Milano vi è un assessorato apposito per la provincia di Monza e della Brianza.
Ebbene, nel disegno di legge finanziaria, così, d'amblais, la fate scomparire! Vi siete accorti, probabilmente, che in Brianza non vi votano neanche più i vostri tesserati e, allora, che cosa avete fatto? Avete cercato di camuffare, di modificare in fretta e furia la scomparsa di queste nuove province, stabilendo che sarà istituito un comitato che dovrà aggregare le costituende province, prendendo in considerazione, però, soltanto quelle sotto i duecentomila abitanti.
La provincia di Monza e della Brianza è la ventiduesima provincia del paese per numero di abitanti e, quindi, sicuramente non si annovera tra le predette, ma leggendo tra le righe del disegno di legge finanziaria ci si accorge che anche qualora foste così magnanimi da lasciarci la nostra provincia, essa sarebbe comunque una provincia «a metà», nel senso che non avete previsto, nella terza città della Lombardia, il comando provinciale dei carabinieri, il comando provinciale dei vigili del fuoco, la questura. È, quindi - come detto - una provincia sostanzialmente «a metà». Tanto per essere chiari, a Monza, terza città della Lombardia per numero di abitanti, i vigili del fuoco hanno un'autopompa con scala di 15 metri; ciò significa che quando brucia una palazzina alta 16 metri, devono telefonare a Milano e chiedere un'autopompa che abbia una scala alta più di 15 metri. Questa è la situazione di una città che paga - solo Monza, non il resto della provincia, di cui non dispongo i dati - 2 mila miliardi di vecchie lire allo Stato centrale: non ha neanchePag. 43una scala per i vigili del fuoco superiore a 15 metri, e voi pensate bene di togliere il comando provinciale!
Tra l'altro, mi viene in mente che nel vostro provvedimento e nel vostro disegno di legge finanziaria non vi è traccia di infrastrutture, di grandi opere, e nemmeno di piccole opere, nel senso che, ad esempio, iniziando a spaziare oltre il mio ambito territoriale, vi è un viale a Monza che si chiama viale Lombardia ed è famoso, perché è la strada che collega Monza a Milano, ossia collega la terza alla prima città della Lombardia per numero di abitanti. Ebbene, nonostante vi siano progetti definitivi, sono undici anni che la città di Monza, che - da sola - paga i 2 mila miliardi di cui parlavo in precedenza, aspetta l'interramento di viale Lombardia. Dunque, vorremmo vedere fatti concreti, una volta tanto, ma vorremmo vederli per quanto concerne tutto il sistema delle infrastrutture che, nel disegno di legge finanziaria, viene invece assolutamente dimenticato. Infatti, a parte i soldi stanziati per la Salerno-Reggio Calabria, a me delle paroline che usate per dire che vi è l'impegno per realizzare la Pedemontana interessa fino ad certo punto. Noi, in Brianza - e, più in generale, in Lombardia - vorremmo vedere fatti concreti per la viabilità, per le opere e per le infrastrutture. Confindustria - quindi, non il sottoscritto - continua a ripetere che in Lombardia - è la regione, consentitemi, che contribuisce maggiormente al PIL del paese e tiene in piedi tutta la baracca, compresi i nostri stipendi - le merci viaggiano a 24 chilometri orari, e nonostante ciò non vi è traccia di investimenti nelle grandi opere nel disegno di legge finanziaria. Della Brescia-Bergamo-Milano non si sa nulla. Per la Pedemontana vi è un impegno, ma diteci quanti soldi avete intenzione di stanziare! Diteci se volete realizzarla tagliando a metà le città - così come avete intenzione - o se volete fare un'opera decente, che passa sottoterra, con - finalmente - quegli investimenti cospicui che un territorio dinamico e produttivo come il nostro meriterebbe!
Di tutte le altre opere, nel resto del nord non ve n'è proprio traccia. Infatti, al di là di 150 milioni di euro stanziati per il MOSE, cifra che lei, signor rappresentante del Governo, sa bene essere piuttosto ridicola, non vi è traccia, ad esempio, della Asti-Cuneo o della Cremona-Mantova. Sulla TAV credo abbiate anche alcuni piccoli problemi di carattere politico al vostro interno. La sostanza è che non solo la vostra finanziaria, come hanno detto molti altri colleghi, aumenta la tassazione, ma soprattutto non ha alcuna progettualità per migliorare il sistema paese e per svilupparlo.
Passando ad una visione più globale del provvedimento e del disegno di legge finanziaria, si può dire che essi hanno condotto al declassamento dei conti pubblici, qualche giorno fa, portando così il paese allo stesso livello della Grecia. Per me, ciò è abbastanza triste e strano, soprattutto perché noi veniamo dalla cosiddetta Padania, che è economicamente «un piccolo Giappone, a sud della Germania», come diceva il professor Miglio. La Padania è una delle regioni più produttive d'Europa ed ha al proprio interno una tra le quattro aree europee maggiormente produttive per PIL, quindi, con la più alta ricchezza prodotta; le altre tre aree sono la Ruhr, l'Ile de France e Londra. Nonostante ciò, la Padania, che da sempre è un po' il cuore dell'Europa, ora si trova, secondo alcune agenzie internazionali di rating, allo stesso livello del Botswana! Restiamo, quantomeno, attoniti perché non riusciamo a capirne le motivazioni, anche se leggendo il vostro provvedimento ed il vostro disegno di legge finanziaria le motivazioni effettivamente ci sono tutte. L'effetto sicuro e scontato di questi provvedimenti è - e non sarà - l'incremento dei tassi di interesse. Tale incremento porta sostanzialmente a tre conseguenze: la prima riguarda il settore produttivo che subisce, inevitabilmente, una riduzione degli investimenti a causa del maggior costo per l'accesso al credito. La seconda concerne il settore della spesa pubblica, che registrerà, a causa dei tassi di interessi più elevati, l'incremento del costo del debitoPag. 44pubblico. La terza - e sarà un dato di fatto - è che vi saranno interessi bancari più onerosi e più costosi per chi ha un mutuo a tasso variabile o per chi ne aprirà uno nuovo.
I mutui vengono accollati da chi magari vuole comprarsi la casa o l'automobile per andare a lavorare, dai cosiddetti «più poveri» che tanto si dichiara di voler difendere. Qualcuno dovrebbe dire ai «più poveri» che adesso, quando andranno a chiedere un mutuo, magari per comprarsi la casa o per andare a lavorare, dovranno pagare più interessi per colpa di questa manovra finanziaria e di questo decreto. L'effetto congiunto dell'incremento dei tassi di interesse e della tassazione è il contenimento dei consumi e, quindi, la conseguente riduzione del PIL e della ricchezza del sistema paese. Come al solito, vi è una componente politica che ama così tanto i poveri che fa di tutto - e probabilmente non dorme neanche la notte - per pensare come riuscire a crearne di nuovi.
Tutti i provvedimenti adottati dal Governo, prima con la Visco-Bersani, poi con il decreto-legge n. 262 del 2006 e infine con la legge finanziaria, non contengono nulla di nulla - assolutamente niente di niente -, per favorire gli investimenti nel settore produttivo o per limitare l'incremento della tassazione.
Si propone di rubare il TFR alle aziende. Ebbene, esso verrebbe rubato alle aziende ma anche ai lavoratori! Non so se vi è la piena consapevolezza che, in questo paese, il 90 per cento delle imprese hanno meno di 10 dipendenti. Togliere il TFR significa sostanzialmente privare queste aziende di liquidità a buon mercato, perché pagherebbero una rivalutazione del 3 per cento. Infatti, queste imprese dovrebbero andare in banca, chiedere un prestito e quindi pagherebbero degli interessi sicuramente superiori. Non devo poi essere io ad insegnare che, oltre agli interessi, vi sono in questo caso anche le spese bancarie che, il più delle volte, incidono non poco anche rispetto agli interessi. In più, non è ben chiaro chi pagherà la rivalutazione del 3 per cento. Infatti, questo TFR andrà alle casse dell'INPS, ma questo istituto pagherà tale rivalutazione? Non sappiamo neanche se il capitale tornerà mai! Pertanto, vorremmo sperare di avere qualche garanzia in più.
Non sono un ragioniere ma, nonostante questo, so bene che se prendo a prestito dei soldi che non sono miei, a bilancio, devo mettere non un incasso, ma un debito. Non si capisce perché, nonostante vi siate accaniti così tanto in passato sul falso in bilancio pur con tante ragioni, oggi vi sia un falso in bilancio nella legge finanziaria.
Infatti, il TFR che voi andrete ad incassare non è denaro fresco per lo Stato, ma è un debito, a meno che non vogliate dirci che non vi è alcuna intenzione di rendere poi questi soldi al lavoratore. Un piccolo imprenditore, una piccola e media impresa che rappresenta il 90 per cento della produttività del sistema paese, se non possiede un capannone da ipotecare non ottiene i soldi dalle banche. La scorsa settimana si sono svolte le audizioni con i rappresentanti delle banche che hanno confermato ciò che vi stiamo dicendo: non vi è nessuna strategia per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, qualora venga rubato loro il TFR, così come ai lavoratori.
I piccoli e piccolissimi imprenditori, artigiani o commercianti, arrivano addirittura ad ipotecare la propria casa per poter accedere al credito bancario e poter continuare a fare una cosa che in questi palazzi è così strana: lavorare!
Qualcuno di questi la casa rischia persino di perderla, per colpa di queste manovre finanziarie e del decreto-legge in esame! Se sottraiamo il TFR alle piccole imprese, togliamo loro il fiato e la linfa vitale, ed esse non possono continuare, evidentemente, a lavorare!
Vi sono componenti minoritarie di questa maggioranza che, comunque, bisogna riconoscere essere dotate di buonsenso, poiché hanno espresso alcuni dubbi ed hanno sottolineato questi timori; magari hanno usato toni diversi dai nostri, maPag. 45hanno manifestato, sostanzialmente, le stesse opinioni, e di ciò va dato loro atto.
Desidero sottolineare, quindi, la buona fede e le buone intenzioni di una parte della maggioranza, ma il problema è che questo «scippo» del trattamento di fine rapporto, che avete o avevate in mente di compiere nei confronti anche delle piccole e medie imprese, rappresenta comunque un errore di fondo. Infatti, ciò ha lanciato segnali negativi che purtroppo restano, a prescindere dall'esito definitivo della manovra finanziaria. Adesso, infatti, la gente porta i soldi all'estero e non investe più, perché è diventato troppo rischioso! Con questi segnali, voi invogliate la fuga degli imprenditori! Non è lanciando tali messaggi, infatti, che si può creare un clima favorevole agli investimenti e tentare di garantire maggior lavoro per i giovani.
A proposito, in quanto giovane voglio aprire una piccola parentesi, visto che avete innalzato anche i contributi sociali per gli apprendisti: bel modo per aiutare i giovani! Anche su tale aspetto farete sicuramente marcia indietro, poiché state indietreggiando su tutto, ed allora vorremmo capire quale sarà la versione finale della manovra finanziaria!
Vi è, inoltre, la questione della riduzione del cuneo fiscale. Si tratta di una bandiera che è stata tanto sventolata...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
PAOLO GRIMOLDI. Concludo, signor Presidente. Vorrei formulare un'unica osservazione di fondo sul cosiddetto cuneo fiscale.
Tale misura è stata sbandierata da una parte della maggioranza e, soprattutto, da alcuni giornali che, guarda caso, sono di proprietà delle stesse grandi imprese che otterranno i benefici maggiori. Vorrei osservare che destinando i due terzi della riduzione del cuneo fiscale alle aziende, ne trarranno giovamento soltanto quelle settecento - ribadisco: settecento, sette volte cento! - imprese che occupano un numero cospicuo di dipendenti. Al lavoratore (che avrà 20 euro in più in busta paga) o alle piccole aziende (che potranno risparmiare 100 o 150 euro), invece, tale intervento non gioverà sicuramente per nulla, a fronte delle sessantasette imposte che introducete con questa manovra finanziaria!
Duole constatare che anche quel poco che state tentando di fare per contrastare l'evasione fiscale sarà concentrato esclusivamente su chi le tasse, comunque, già le paga, vale a dire la gente del nord. Infatti, non serve la tracciabilità bancaria per chi non possiede neanche un conto corrente, poiché vive nel sommerso più totale, come fanno giù al sud! Purtroppo, per tali situazioni non avete assolutamente previsto alcun provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.