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Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Dichiarazioni del ministro dell'interno sui pericoli sanitari collegati all'immigrazione - n. 2-00190)
PRESIDENTE. L'onorevole Bucchino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00190 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
GINO BUCCHINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, non è la prima volta, purtroppo, che gli immigrati presenti nel nostro paese vengono identificati come «un pericolo sanitario». Solo qualche mese or sono, l'allora ministro della salute Francesco Storace avanzava addirittura la proposta di screening sanitari obbligatori per tutti gli immigrati al momento del loro arrivo in Italia. Sappiamo, invece, che le condizioni degli immigrati sono abbastanza buone e tendono a sovrapporsi quasi perfettamente alle patologie della popolazione italiana. L'immigrato che arriva in Italia gode di buona salute; non è vero che arrivano i «derelitti»; non emigra infatti mai la parte malata della popolazione ma la parte che, nell'intraprendere questo lungo viaggio, ha più possibilità di riuscita. Non solo: ad emigrare è anche la parte che ha studiato di più.
Le proposte concernenti le visite mediche agli immigrati che arrivano in Italia non avevano e non hanno alcun senso e la proposta dell'ex ministro Storace non solo non stava in piedi ma rivelava anche, purtroppo, una radicata e diffusa forma di preconcetto e stigma. Gli immigrati - lo ribadisco - arrivano in Italia generalmente sani; semmai, si ammalano dopo sei mesi o un anno per le condizioni di vita disagiate, perché non hanno un posto dove dormire, perché si alimentano in maniera non adeguata.
Bene, l'era Storace è finalmente passata, ma non dobbiamo tenere abbassata la guardia perché, a conferma dei diffusi preconcetti - che forse appartengono anche al nostro DNA, e che continuerebbero, se non eliminati, ad alimentare la mala pianta della xenofobia -, anche questo Governo, purtroppo, è inciampato in un piccolo incidente. Un incidente che deve però essere chiarito ora con forza e senza lasciare dubbi, per eliminare sul nascere pericolosi allarmismi e per confermare lo spirito di tolleranza e di solidarietà, come pure la profonda convinzione che gli immigrati danno e possono dare colore e calore alla nostra Italia e che i loro figli rappresentano una risorsa ed un arricchimento che ci fa sperare bene per il futuro della nostra nazione.
Secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes, alla fine del 2005 gli immigrati con regolare permesso di soggiorno erano 3 milioni 35 mila, ai quali si deve aggiungere un numero di immigrati, cosiddettiPag. 57irregolari, compreso tra i 300 ed i 600 mila. Una strana coincidenza, ma che ci fa anche sorridere e riflettere - e che io non potevo, come parlamentare eletto all'estero, non sottolineare -, si ravvisa nella circostanza che il numero degli immigrati regolari in Italia ha quasi raggiunto quello degli emigrati italiani nel mondo. E, al pari degli italiani emigrati, che hanno fatto grande l'Italia ed i paesi che li hanno accolti, sono sicuro che anche gli immigrati in Italia - dei quali un milione 200 mila hanno già maturato cinque anni di soggiorno, e sono quindi pronti per godere anch'essi dell'acquisita maturità politica partecipativa - faranno grande con la loro presenza il nostro paese.
Specificando meglio le perplessità che ci hanno indotto a presentare questa interpellanza per stimolare una precisazione da parte del Governo, facciamo riferimento all'intervento del signor ministro dell'interno il quale, riferendo dinanzi alla Commissione affari costituzionali del Senato in merito alla riforma della legge cosiddetta Bossi-Fini, ha dichiarato: «Non è possibile eliminare i CPT» - centri di permanenza temporanea - «e lasciare per la strada chi sbarca, anche perché c'è un'emergenza sanitaria con casi di lebbra, tbc e scabbia». La dichiarazione è stata riportata dal Corriere della Sera del 28 settembre 2006, mentre l'edizione dello stesso giorno de La Stampa riporta la ulteriore dichiarazione secondo la quale gli immigrati «sono un pericolo sanitario» e quindi «serve una verifica».
I pregiudizi di cui parlo, che vedono gli stranieri come inevitabili portatori di rischi per la salute della collettività, sono tali e tanto rilevanti da essere stati riassunti nella definizione di «sindrome di Salgari», coniata dalla Caritas di Roma più di venti anni or sono per riferirsi all'immaginario riguardo alle patologie che presentano gli immigrati e che non corrispondono ad una verifica reale.
Vale la pena ricordare che Emilio Salgari è autore di romanzi che hanno come protagonisti personaggi ambientati in mondi esotici, descritti in maniera particolareggiata e affascinante. Si tratta di personaggi e luoghi entrati nelle case degli italiani attraverso la versione televisiva e che, all'epoca, hanno contribuito a sviluppare il loro immaginario sui luoghi esotici. Di fatto, però, Salgari non ha mai visitato quei paesi, e le sue descrizioni sono frutto solo delle cose che aveva letto, amalgamate alla sua fervida fantasia.
I pregiudizi riguardo al «pericolo sanitario» sono, purtroppo, fortemente radicati, nonostante svariati studi epidemiologici sottolineino, da tempo, che il rischio di importazione di malattie infettive ricollegabile all'immigrazione è trascurabile. Gli esperti parlano, addirittura, di «effetto migrante sano», vale a dire di una forma di selezione naturale all'origine, per cui decide di emigrare, come dicevamo, solo chi è in buone condizioni di salute.
Una volta in Italia, gli immigrati vedono progressivamente depauperare il loro patrimonio di salute, a causa della continua esposizione ai fattori di rischio della povertà - come la precarietà alloggiativa, il sovraffollamento, la scarsa tutela sul lavoro ed una alimentazione carente -, ai quali si aggiungono sia il disagio psicologico legato allo sradicamento culturale, sia le difficoltà di accesso ai servizi sociosanitari.
Gli studi epidemiologici di cui sto parlando sono confermati anche dall'analisi dei ricoveri, che evidenzia un basso impatto del fenomeno migratorio sui servizi ospedalieri per motivi essenzialmente riconducibili ad eventi fisiologici, come il parto, o accidentali, come i traumi.
In questi ultimi anni, il livello di sviluppo raggiunto dai sistemi informativi sanitari ha portato ad un crescente impiego dei dati amministrativi nelle valutazioni epidemiologiche; in particolare, la banca dati delle schede di dimissione ospedaliera è quella che, a tutt'oggi, offre maggiori garanzie in termini di completezza e disponibilità di variabili per la identificazione degli stranieri provenienti da paesi a forte pressione migratoria.
Nel 2003, i ricoveri di cittadini stranieri avvenuti in Italia presso strutture ospedaliere pubbliche e private sono stati 365.729, pari al 3 per cento della ospedalizzazionePag. 58complessiva del nostro paese. La quasi totalità delle dimissioni è stata effettuata da reparti per casi acuti.
La causa più frequente di accesso al ricovero ordinario tra gli uomini è rappresentata da traumatismi; nelle donne, invece, la causa più frequente di ricovero ordinario è costituita dalla gravidanza e dal parto, con una percentuale pari al 55 per cento.
Nonostante l'aumento degli stranieri, sia per immigrazione, sia per nascita, i risultati dell'analisi di tali schede confermano un impatto relativamente modesto della presenza straniera sull'assistenza ospedaliera, che è di poco inferiore al 3 per cento. Si delinea, quindi, il profilo di una popolazione che, rispetto a quella residente, accede alle strutture ospedaliere soprattutto, come dicevamo, per motivi legati ad eventi fisiologici, come il parto, o accidentali, come i traumi.
È vero che emergono alcune aree critiche per la salute degli immigrati, come, ad esempio, la tubercolosi e l'AIDS. Nel primo caso, la criticità è legata non tanto ai rischi di propagazione in forma epidemica alla popolazione ospitante, quanto, piuttosto, alle difficoltà di gestione dei casi in termini di adesione alle cure e di possibilità di seguire i pazienti nel tempo. Per quanto riguarda l'AIDS, un recente studio dell'Istituto superiore di sanità e dell'Agenzia di sanità pubblica del Lazio ha segnalato come la diffusione della malattia in Italia tra la popolazione straniera non sia allarmante; anzi, negli ultimi anni i casi sono addirittura in diminuzione.
I veri motivi che determinano la criticità dell'AIDS, e che potrebbero contribuire a causare un aumento del rischio di contrarre l'infezione da HIV, sono soprattutto, se non esclusivamente, legati alla difficoltà di accesso ai servizi sanitari per la diagnosi ed il trattamento della malattia, ai differenti modelli socio-culturali e linguistici, alla limitata protezione sociale e legale, al timore di essere rimpatriati (perché non in regola) ed alla difficoltà di accesso alle informazioni sulla prevenzione.
Tra il 1992 e il 2003 sono stati diagnosticati in Italia circa 40 mila casi di AIDS tra i maggiorenni, di cui poco più di 2.800 hanno riguardato stranieri; esattamente, quindi, l'1 per cento, come gli italiani.
Peculiarità della popolazione immigrata è che questa si trova spesso di fronte ad ostacoli di natura linguistica, culturale, socio-economica, che nel caso particolare dell'HIV impediscono l'applicazione di valide misure di prevenzione e cura dell'AIDS, e rendono quindi questa popolazione altamente vulnerabile al contagio e alle complicanze connesse con l'esordio della malattia.
Di conseguenza, è importantissimo compiere sforzi per garantire agli immigrati l'accesso ai servizi socio-sanitari, al fine di offrire terapie adeguate, in un'ottica di promozione della diagnosi precoce e di strategie di prevenzione.
L'idea, quindi, che i CPT (centri di permanenza temporanea) possano rappresentare una risposta all'emergenza sanitaria degli immigrati, trasformandosi in luoghi impropri di degenza o di cura, non appare assolutamente sostenibile; ciò, anche in considerazione del fatto che da più parti vengono segnalate situazioni di estremo degrado all'interno dei centri, in grado di determinare, o comunque di aggravare, le condizioni di salute delle persone ivi dimoranti.
In base alle considerazioni esposte, chiediamo se il ministro sia in possesso di informazioni differenti, rispetto a quelle che emergono dalla letteratura scientifica, in merito a eventuali pericoli sanitari collegati all'immigrazione. Inoltre, chiediamo: quali sono i motivi che hanno indotto il ministro ad usare toni così allarmistici? Quali sono le azioni e le iniziative che il ministro interpellato intende adottare per promuovere l'accoglienza, l'inserimento sociale e la garanzia di diritti primari, primo fra tutti quello della vita e della salute degli immigrati?
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
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MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Bucchino per l'illustrazione della sua interpellanza urgente.
Riguardo alla conclusione della sua introduzione voglio solo dire che il Governo ed il ministro dell'interno intendono riorganizzare e proporre al paese una disciplina sull'immigrazione in grado di accompagnare la richiesta di regolarità proveniente dall'immigrato, riconoscendo a quest'ultimo anche opportunità e diritti, oltre che doveri.
Le dico questo avendo riguardo alle ampie riflessioni che lo stesso ministro Amato ha condiviso nelle aule parlamentari - e non solo -, grazie alle quali risulta evidente lo spirito con il quale egli, in modo responsabile e godendo di ampia fiducia e condivisione, sta gestendo i fenomeni migratori.
Le sue riflessioni, onorevole Bucchino, prendono spunto da dichiarazioni che il ministro Amato svolse in ordine ai possibili riflessi di natura sanitaria connessi al fenomeno migratorio.
Per ciò che concerne la tutela dei diritti primari vorrei dirle, al riguardo, che le considerazioni del ministro dell'interno sono state estrapolate da un contesto di riflessione ben più articolato, e consueto, sul tema della gestione dei flussi migratori, dal quale risulta evidente il loro effettivo significato. In particolare, quelle dichiarazioni si inserivano nell'ambito di una valutazione sulla gestione dei centri di permanenza temporanea. Lei saprà che il ministro, al riguardo, ha nominato una commissione che sta concludendo in questo mese di dicembre la sua attività di elaborazione di un'analisi, di una proposta in merito ai centri. Si è fatto questo per approfondire ulteriormente il tema delle condizioni nelle quali gli immigrati sono ospitati in questi centri, ma anche per avviare una riflessione, che s'intende condividere con il Parlamento, sull'esistenza, sull'organizzazione, sul senso di questi centri.
L'obiettivo del ministro è quello di riuscire ad istituire delle strutture di accoglienza vere e proprie che siano finalizzate ad assicurare agli immigrati l'assistenza necessaria e le pratiche sanitarie indispensabili a garantire la loro salvaguardia e la loro salute.
La tutela della salute psicofisica degli ospiti dei centri di permanenza temporanea e di assistenza, questo vale per tutte le altre tipologie di centri per gli immigrati, è un principio essenziale costituzionalmente protetto a cui si adeguano rigorosamente le cosiddette linee guida per la gestione dei centri che furono emanate con decreto del ministro dell'interno in data 8 gennaio 2003.
In quel decreto si prevede che nel testo di ogni convenzione stipulata per la gestione dei centri sia prevista, tra le prestazioni di assistenza alla persona, l'assistenza sanitaria espletata in apposito ambulatorio attrezzato, inserito all'interno del centro, con presidio medico e infermieristico costituito da pronto soccorso, con attrezzato dispensario di medicinali, servizi ambulatoriali, smaltimento dei rifiuti speciali, presenza di ambulanza nelle ventiquattr'ore all'occorrenza, nel caso di presenze che superino le 500 unità.
Il rapporto tra il numero di operatori e il numero di ospiti è proporzionale al numero delle presenze quotidianamente registrate; deve essere garantito dall'ente gestore, altrimenti gli viene applicata una penale. A titolo di esempio si va da un minimo di un ambulatorio con infermieri professionali e presidio medico di 6 ore al giorno per centri fino a 50 ospiti fino ad arrivare alla presenza di un'ambulanza e di un presidio medico nell'arco delle ventiquattr'ore nei casi dei centri con maggiori presenze. Nell'ottica di promuovere la difesa della salute degli ospiti extracomunitari, nonché indirettamente degli stessi operatori, è previsto che, ad ogni nuovo ingresso nei CPTA sia seguita una visita medica accurata al fine di verificare l'eventuale presenza di patologie pregresse in atto e fornire, se del caso, opportuno soccorso sanitario.
A tal fine, il paziente, qualora se ne palesi l'esigenza, viene sottoposto a visitePag. 60specialistiche presso strutture ospedaliere esterne e poliambulatori dell'ASL territorialmente competenti.
Inoltre, all'atto della prima visita di ingresso nel centro viene redatta apposita scheda sanitaria individuale che sarà conservata negli uffici dell'ente gestore con le dovute accortezze in materia di custodia previste dalla legge sulla privacy.
Nell'eventualità di situazioni emergenziali dal punto di vista sanitario, il personale medico infermieristico dell'ente gestore può essere validamente integrato da quello appartenente alla Polizia di Stato.
A testimonianza delle iniziative assunte per assicurare un elevato livello qualitativo del servizio di assistenza sanitaria offerto agli immigrati irregolari, ospiti delle strutture di accoglienza o di trattenimento, citerei anche il caso del centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa (non più centro di permanenza temporanea, ma centro di accoglienza).
In tale struttura, che viene quasi giornalmente utilizzata, sia pure per breve tempo, da centinaia di persone, opera un'equipe socio-sanitaria di elevata professionalità, con specifica competenza nel settore della medicina dell'emigrazione.
L'attuale convenzione per la gestione del centro di Lampedusa prevede il dimensionamento del presidio medico infermieristico quotidianamente assicurato che, nel caso di 500 ospiti, impone la presenza per le ventiquattr'ore di un medico del servizio ambulatoriale con infermieri professionali ed ambulanza.
Inoltre, la prefettura di Agrigento ha stipulato fin dal 2004 un'apposita convenzione con l'associazione Medici senza frontiere che autorizza quest'ultima ad effettuare un primo triage sanitario all'atto dello sbarco dei migranti.
Tale assistenza, se del caso, prosegue con l'ausilio del personale medico e paramedico dell'ente gestore anche all'interno della struttura. Nel caso in cui gli operatori, il personale medico e paramedico accertino particolari patologie diagnostiche non curabili presso il centro, verranno avviati immediati contatti con il poliambulatorio di Lampedusa, l'unico presidio sanitario pubblico dell'isola cui è demandata l'ulteriore decisione di carattere sanitario di profilassi igienico-infettivologica che, nello scorso mese di maggio, è stato, tra l'altro, potenziato con l'apertura di un servizio di pronto soccorso, dotato di personale specializzato per l'emergenza e di attrezzature idonee.
Lo stesso direttore generale dell'ASL 6 di Palermo ha evidenziato che il relativo presidio sanitario è dotato di laboratorio di analisi cliniche in grado di eseguire gli esami ematochimici di routine e repertarli in 24 ore e che sono stati richiesti kit per la diagnosi rapida di eventuali sospetti casi di malattie infettive riguardanti gli immigrati irregolari che giungono a Lampedusa.
Per quanto riguarda il problema squisitamente di ordine sanitario, vorrei premettere che nel caso degli immigrati clandestini l'attenzione verso determinate patologie piuttosto che altre è correlata a considerazioni di carattere statistico ed epidemiologico, che attengono principalmente al maggiore o minor grado di esposizione al contagio nei paesi di origine ed al rischio di prolungata esposizione durante il viaggio e nel paese di arrivo a condizioni di disagio, stress e degrado igienico in grado di favorire lo sviluppo della morbosità.
Per quanto riguarda la tubercolosi, nel nostro paese il tasso grezzo annuale di incidenza della malattia riferito all'anno 2004 è pari a 7 casi ogni 100 mila abitanti, al di sotto del limite che definisce la classificazione di paesi a bassa prevalenza. Dal sistema di notifiche delle malattie infettive del Ministero della salute si rileva, sempre nello stesso anno di riferimento, che la percentuale di casi notificati in cittadini non italiani è stata del 30 per cento.
È necessario, per una lettura corretta dei dati, considerare il grado di endemia della tubercolosi nel paese di provenienza, considerare anche il periodo di tempo trascorso dalla data di distacco dal paese di origine: il rischio maggiore di sviluppare la tubercolosi si verifica durante i primi due anni dalla data di immigrazione.Pag. 61
Come per la popolazione in generale, anche per gli immigrati l'intervento più efficace è rappresentato dalla diagnosi tempestiva, dal trattamento efficace e dalla ricerca dei casi di contatto.
Sottolineo l'importanza degli interventi di prevenzione descritti nelle linee guida nazionali per il controllo della tubercolosi ed anche l'opportunità di predisporre programmi che consentano di migliorare l'offerta delle azioni di controllo, utilizzando tutte le occasioni di contatto con le strutture sanitarie quali, ad esempio, l'accesso alle strutture ambulatoriali, il ricovero ospedaliero ed il rilascio di certificazioni sanitarie.
Gli interventi preventivi, svolti in collaborazione con le associazioni di volontariato e con i rappresentanti delle comunità, devono essere rivolti particolarmente a quei gruppi di immigrati, che, a seguito del disagio sociale, in cui si vengono a trovare nel paese di arrivo, permangono in condizioni di alto rischio di contrarre l'infezione tubercolare e, quindi, di sviluppare la malattia stessa.
Tra le azioni prioritarie individuate dal centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie del Ministero della salute sono previste la promozione di iniziative per supportare l'attenzione al problema della TBC nei gruppi a rischio, la prevenzione ed il controllo della tubercolosi nelle persone immigrate da paese ad alta endemia ed in altri gruppi di popolazione ad elevato rischio di sviluppare la malattia, ad esempio persone con infezione HIV.
Per quanto concerne la prevenzione e il controllo dell'infezione da HIV-AIDS che, come noto, presenta attualmente tassi di incidenza notevolmente più alti in alcuni paesi dell'Africa subsahariana, il nostro paese ha condiviso il programma di azione per la lotta all'AIDS, da intraprendere in Europa, stabilito dalle dichiarazioni di Dublino e di Vilnius, in occasione delle rispettive conferenze ministeriali del 23-24 febbraio 2004 e del 16-18 settembre 2004.
Tale programma ha individuato, tra l'altro, i gruppi vulnerabili e alcune strategie chiave per il contenimento dell'epidemia, tra cui educazione sanitaria, informazione, offerta attiva del test HIV volontario, l'adeguato trattamento, nonché la necessaria collaborazione fra istituzioni e la cooperazione internazionale.
Dai dati forniti dal centro operativo AIDS (COA), dell'Istituto superiore di sanità, relativi alla distribuzione percentuale dei casi cumulativi di AIDS per nazionalità anagrafica, nel periodo 1994-2005, si rileva che il 6 per cento sono casi registratisi in cittadini stranieri; inoltre, nel periodo 2000-2005, si evidenziano tassi di variazione percentuale, che, pur continuando ad assumere valori positivi, registrano una sensibile riduzione rispetto al periodo immediatamente precedente.
Credo che sia possibile procedere nel senso di una ulteriore riduzione, continuando a garantire l'assistenza e la cura alle persone migranti e sviluppando le indicazioni del nuovo piano sanitario nazionale, quali: il potenziamento dell'attività di prevenzione per gli adolescenti e i giovani adulti; la promozione delle capacità professionali degli operatori sanitari nelle aree geografiche a più alto afflusso di immigrati; la conoscenza e il superamento dei nodi critici che, all'interno del sistema sanitario nazionale, possano ridurre l'accesso degli immigrati ai percorsi di prevenzione, diagnosi e cura delle infezioni da HIV-AIDS e delle malattie sessualmente trasmesse.
È prioritario affrontare fattivamente le problematiche connesse alla prevenzione, attraverso un approccio transculturale ed interattivo, che consenta di raggiungere e dialogare efficacemente con le comunità migranti, anche utilizzando canali come i mediatori culturali e le associazioni maggiormente rappresentative.
PRESIDENTE. L'onorevole Bucchino ha facoltà di replicare, per dieci minuti.
GINO BUCCHINO. Signor Presidente, la ringrazio...
PRESIDENTE. Anche per un tempo minore, s'intende...
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GINO BUCCHINO. Signor Presidente, parlerò per molto meno di dieci minuti! La ringrazio, signor sottosegretario, per la puntuale e cortese risposta, che mi trova decisamente soddisfatto, soprattutto per le sue parole di attenzione forte al problema, perché ha usato anche il nuovo termine «centri di accoglienza», non più di centri di permanenza temporanea, che ci evocano anche tristi ricordi.
Certamente, un conto è la tutela sanitaria degli immigrati che bussano alle nostre porte, altro conto è diffondere nel paese grida di allarme, cosa che mi sembra chiaramente, dalle sue parole precise, non essere avvenuta, perché le parole del ministro sono state estrapolate da un certo contesto. Certamente, è molto importante lavorare in maniera estremamente seria e con molta attenzione per sradicare la mala pianta della xenofobia che ancora esiste in Italia. Ribadisco pertanto che la mia non era certo un'intenzione di attaccare il Governo, ma voglio dire che l'incidente nel quale è incorso, anche attraverso l'interpretazione estrapolata delle parole pronunciate, è servito a stimolare questa precisazione positiva e non poteva essere diversamente, considerata l'attenzione che è propria del nostro DNA, fatta tutta di solidarietà nei confronti degli immigrati, ai quali, è nostra convinzione, deve essere offerta la garanzia di percorsi di integrazione pieni e dignitosi.
Desidero solo rilevare, ancora una volta, che gli immigrati, soprattutto in condizioni di irregolarità, invece di essere rischio di diffusione di malattie, sono essi stessi ad essere esposti a quelle che la stessa Organizzazione mondiale della sanità definisce come diseguaglianze evitabili dello stato di salute, che li rendono quindi vulnerabili ed a maggior rischio di ammalarsi. Su tali diseguaglianze si può, e si deve, intervenire ed esse riguardano, come tutti sappiamo, le situazioni di povertà, di emarginazione sociale e di degrado ambientale in cui gli immigrati spesso si trovano a vivere. Gli sforzi del nostro paese e del nostro Governo devono essere, dunque, mirati a migliorare la politica - come lei stessa ha detto, signor sottosegretario, e la ringrazio - dell'accoglienza, a favorire l'integrazione, per garantire a tutti, regolari e non, l'accessibilità e la fruibilità dei servizi sanitari.
È vero: come abbiamo già detto, gli immigrati teoricamente godono degli stessi diritti sanitari degli italiani e la nostra legge, e di ciò ce ne facciamo vanto, da questo punto di vista è certamente tra le più avanzate del mondo, poiché equipara l'immigrato con regolare permesso di soggiorno al cittadino italiano. Nella realtà, tuttavia, esiste una diseguaglianza nell'accesso ai servizi, perché spesso vi è mancanza di conoscenze da parte dell'immigrato ed una grave carenza anche da parte dell'operatore nell'agire in un contesto interculturale o multiculturale che, quindi, deve giustamente essere filtrato da mediatori culturali. Manca, quindi, nella realtà, una seria politica dell'integrazione e persiste una forte precarietà per l'immigrato, come testimonia anche un'area critica importante, ossia quella della tutela del lavoro. L'attuale normativa, che prevede un legame troppo stretto tra il contratto di lavoro e il permesso di soggiorno, pone i lavoratori stranieri in una condizione di ricattabilità, a volte estrema: lo testimonia purtroppo, anche in questi giorni, l'alto numero delle vittime di incidenti sul lavoro che riguarda proprio la popolazione immigrata.
Anche a ciò, dunque, oltre al concentrarsi degli immigrati nelle lavorazioni più pericolose, è dovuto il rischio molto maggiore di incidenti sul lavoro. Tale dato costituisce un'assoluta emergenza per la salute della popolazione ospite. È necessaria, dunque, oltre ad una seria campagna di educazione per sradicare definitivamente i diffusi preconcetti sui timori di malattie di importazione, una seria politica di attenzione socio-sanitaria, ai fini della protezione della salute di questi nuovi compagni di strada, che hanno scelto di portare le loro energie e le loro competenze nel nostro Paese per aiutarci a costruire l'Italia del futuro. La tutela della salute dei cittadini stranieri necessita di politiche attive che promuovano dunque l'accoglienza, come lei stessa diceva.Pag. 63
Anche per questo motivo è stato raccomandato ed accolto dal Governo - nella fattispecie dal ministro della salute Livia Turco, al cui nome, insieme quello del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è legata la migliore legge nei confronti degli immigrati - il suggerimento che venga istituita presso il Ministero della salute una commissione tecnica, in realtà già esistente, ma che era stata accantonata durante gli anni sterili del Governo Berlusconi. Tale commissione è finalizzata al monitoraggio dell'applicazione delle normative nazionali, specie per quanto riguarda l'accessibilità ai servizi e la fruibilità delle prestazioni. Essa è stata già costituita e si riunirà il prossimo 12 dicembre.
È necessario tornare, in conclusione, a parlare di sanità dell'immigrazione, con l'attenzione e la competenza che merita un processo su cui il nostro paese gioca una buona parte del suo futuro.
(Presunte violazioni di legge all'interno del Centro di permanenza temporanea di Pian del Lago - Caltanissetta - n. 2-00207)
PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00207 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, il 21 ottobre dalle pagine del quotidiano la Repubblica abbiamo appreso la denuncia di un gruppo di immigrati - undici in totale - trattenuti nel centro di permanenza temporanea di Caltanissetta, in merito ad una fuga di immigrati da quel centro. Non era quello l'unico elemento importante contenuto nella denuncia che ha destato scandalo, ma anche una serie di dichiarazioni in merito a situazioni molto gravi, a loro avviso, avvenute all'interno di questo centro.
Intanto, secondo i denuncianti, la fuga sarebbe avvenuta a pagamento, con alcuni connazionali collocati all'esterno che aspettavano i fuggitivi per aiutarli a scappare nella totale indifferenza da parte delle forze dell'ordine. Gli immigrati hanno anche parlato delle difficoltà e del malfunzionamento del centro per quanto riguarda alcuni diritti elementari. In particolare, hanno denunciato vessazioni e discriminazioni da parte degli operatori avvenute sulla base della tonalità della pelle tra gruppi di immigrati africani differenti, oltre alla maggiorazione nei prezzi dei generi di consumo, al pagamento dei farmaci e a difficoltà di accesso alle cure mediche.
Pertanto, intendiamo rivolgere al sottosegretario le seguenti domande. Perché esiste la coesistenza fra gli spazi destinati ai richiedenti asilo e quelli adibiti a CPT? Quali sono le convenzioni vigenti tra il ministero e le associazioni di gestione dei centri, in particolare di quello in oggetto? Quali sono le modalità con cui vengono assunti i mediatori linguistici e culturali, ovvero gli interpreti, che a giudizio dei denuncianti hanno aiutato gli immigrati a fuggire? Perché i denuncianti sono stati fermati arbitrariamente dalla polizia ed interrogati in luoghi a ciò non preposti?
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, vorrei subito dire all'onorevole Frias che la sollecitudine con cui ha raccolto la denuncia dei fatti emersa sul quotidiano è la stessa con cui il Ministero dell'interno ha reagito di fronte alle stesse informazioni.
Infatti, a seguito degli avvenimenti rappresentati, il Ministero dell'interno ha disposto un'inchiesta amministrativa sulla gestione di quel centro.
Dalle testimonianze riportate nell'articolo di giornale da cui ha preso le mosse la vicenda, sembrano emergere, soprattutto, discriminazioni ai danni di immigrati centroafricani da parte di immigrati di altri paesi e, in taluni casi, degli stessi operatori del centro, soprattutto mediatori culturali e traduttori. Debbo dire, però, che già ad una prima verifica, l'associazione di volontariato, la cooperativa AlbatrosPag. 641973, che gestisce il centro di Caltanissetta, ha respinto con fermezza come false le accuse.
Il prefetto di Caltanissetta, con decreto del 23 ottobre scorso, ha istituito un'apposita commissione ispettiva per effettuare una verifica straordinaria sulla cooperativa Albatros 1973, anche per la gestione dei campi di accoglienza ubicati nella contrada denominata Pian del Lago. La predetta commissione ha già iniziato i propri lavori di verifica amministrativo-contabile relativi alla predetta gestione, con particolare riferimento a quanto lamentato dagli ex ospiti del centro di accoglienza.
Il centro di accoglienza di Caltanissetta è stato istituito ai sensi della legge n. 563 del 1995, la cosiddetta legge Puglia, ed ha come finalità istituzionale quella di fornire un primo soccorso allo straniero irregolare, rinvenuto e/o sbarcato clandestinamente sul territorio nazionale, per un arco temporale limitato all'adozione del provvedimento, che ne legittimi la permanenza sul territorio nazionale ovvero ne disponga l'allontanamento. Per tale ragione, gli ospiti dei centri di accoglienza possono allontanarsi dalla struttura, previa autorizzazione delle forze dell'ordine, e sono quindi sottoposti, logicamente, ad un regime di trattenimento diverso da quello di chi è ospite nei centri di permanenza temporanea e di assistenza che, essendo destinatario di provvedimento di espulsione, non può lasciare spontaneamente la struttura e deve essere obbligatoriamente rintracciato dalla polizia.
Aggiungo che il centro è stato inserito nel programma di visite, che ricordavo prima, programmato dalla commissione presieduta dall'ambasciatore De Mistura, che ha visitato tutte le strutture di accoglienza localizzate in Sicilia e, successivamente ai fatti raccontati dal quotidiano, si è recato con la commissione anche a Caltanissetta. Siamo in attesa di conoscere la relazione sui risultati di quanto complessivamente riscontrato, anche ai fini (è questo l'obiettivo che ci eravamo dati) dell'elaborazione di possibili strategie future riguardanti il sistema complessivo dei centri per gli immigrati.
L'organizzazione di tutta la struttura di accoglienza insiste su un'area di 70 mila metri quadrati nella zona periferica di Caltanissetta, ove è in funzione, dal 10 agosto 2000, il centro di permanenza temporanea e di assistenza, con novantasei posti, e, dal 2 dicembre 2003, il centro di accoglienza, inizialmente di centocinquanta posti e, dall'ottobre 2005, di trecentodieci posti.
In applicazione di quanto disposto dal decreto del ministro dell'interno del 9 aprile 2006, vengono utilizzate, dal 21 giugno 2006, le strutture del centro di accoglienza come centro di identificazione, in attesa del completamento dei lavori di realizzazione di un apposito centro di identificazione e nella considerazione che tale ubicazione consente di realizzare la massima sinergia, anche in relazione all'interesse dell'immigrato stesso.
La presenza di locali adibiti a centro di identificazione per richiedenti asilo nello spazio della struttura destinata a centro di accoglienza è specificamente prevista dal comma 3 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2004. L'accesso ai centri avviene da una strada provinciale. All'interno, le aree dedicate al CDA e quelle del CPTA sono separate, anche grazie ad una recinzione oscurata, con autonomi servizi di vigilanza e di assistenza.
Preciso che i richiedenti asilo sono ospitati, inizialmente, nel centro di accoglienza, fino alla formalizzazione dell'istanza di asilo e, successivamente, trattenuti nel centro di identificazione. Gli stessi, durante il trattenimento nel centro di identificazione, hanno la possibilità, come dicevo, di allontanarsi.
Il funzionamento di ciascuna delle due autonome strutture è regolato dalle rispettive convenzioni, stipulate in conformità ed in attuazione delle direttive del Ministero dell'interno. Ho già avuto modo di dire, rispondendo ad un'interrogazione, sempre a firma dell'onorevole Frias, che, ove la Presidenza della Camera richiedessePag. 65al Ministero dell'interno il testo delle convenzioni, siamo pronti a metterlo a disposizione.
Come già detto, il centro è attualmente gestito dalla cooperativa sociale Albatros 1973 (con sede in Caltanissetta e con contratto fino al 31 dicembre 2006), alle cui dipendenze prestano servizio mediatori culturali ed interpreti messi a disposizione dallo stesso ente gestore.
Tale attività è attuata sulla base di quanto previsto nelle apposite linee guida per la gestione dei centri, che sanciscono l'obbligo di rispettare i diritti inalienabili delle persone ospitate, a qualunque etnia, cultura o confessione esse appartengano. La selezione degli operatori è curata direttamente da due dirigenti della medesima cooperativa e da uno psicologo, che valuta le caratteristiche del candidato in relazione alle attitudini umane e relazionali ed alla capacità di risoluzione dei problemi. I mediatori devono essere di madrelingua, con preferenza per coloro che hanno effettuato un corso di mediazione culturale, mentre, per gli interpreti, è requisito essenziale il possesso della laurea nella lingua richiesta. In entrambi casi, è comunque richiesta la conoscenza di almeno due lingue parlate.
In ordine alle circostanze relative agli interrogatori di cittadini extracomunitari riportati dalla stampa, sono tuttora in corso indagini di polizia giudiziaria, delegate dalla procura della Repubblica presso il locale tribunale e coperte da segreto istruttorio. Non risulta effettuato alcun fermo da parte del personale della squadra mobile della questura di Caltanissetta nei confronti dei medesimi cittadini, che sono stati rintracciati, invece, al fine di essere ascoltati per informazioni nell'ambito delle indagini. L'escussione dei medesimi, secondo quanto dichiarato dagli ufficiali di polizia giudiziaria, è avvenuta in un clima di assoluta serenità. In ogni caso, la procura della Repubblica di Caltanissetta non ha individuato ipotesi di reato nei confronti della cooperativa Albatros 1973.
Del gruppo dei dieci superstiti del naufragio avvenuto nel canale di Sicilia nella giornata del 19 agosto scorso, ospitati, a partire dal 5 ottobre scorso, presso la struttura di accoglienza gestita dall'associazione Acuarinto, due persone di nazionalità somala hanno presentato istanza di asilo, mentre i rimanenti otto, tutti di nazionalità eritrea, sono titolari di permesso di soggiorno per protezione umanitaria. L'associazione che li ha in carico gestisce l'accoglienza di 55 tra richiedenti asilo, rifugiati o soggetti titolari di protezione umanitaria attraverso due distinti progetti finanziati dal fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo e con il cofinanziamento del comune di Agrigento, soggetto promotore.
Nell'espletamento di tale attività, l'associazione, che dispone di locali messi a disposizione gratuitamente dall'azienda sanitaria locale di Agrigento n. 1 e di quattro appartamenti in città, destinati a gruppi familiari e ad altre categorie particolari di utenti, nell'ultimo triennio, ha assistito 197 persone nel 2004, 231 nel 2005 e 158 alla data del 26 ottobre 2006. Il progetto prevede l'alfabetizzazione nella lingua italiana e l'orientamento socio-assistenziale, che fornisce una prima consulenza su aspetti giuridico-legali, atti amministrativi, orientamento e supporto per l'inserimento lavorativo e per la ricerca di opportunità alloggiative. Sono previste anche l'assistenza e l'informazione sulla normativa italiana ed europea in materia di asilo.
Comunico che, dopo i colloqui sostenuti con gli operatori addetti, è emersa la volontà di tutti i dieci ospiti di essere trasferiti in una località lontana dal mare, la cui vista genera loro, verosimilmente in quanto scampati ad un naufragio, ricordi e sensazioni sgraditi per via della tragedia sofferta. In accoglimento di tale istanza, gli ospiti sono stati avviati verso altri centri. Ribadisco - l'ho detto anche prima - che al Governo sta a cuore la tutela dell'integrità ed anche della salute psicofisica degli ospiti dei centri, secondo i dettami della nostra Costituzione: ed è ferma intenzione verificare il pieno rispetto di essi all'interno di ogni struttura.
PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di replicare.
MERCEDES LOURDES FRIAS. Vorrei ringraziare la sottosegretaria Lucidi per la sua risposta così esaustiva. Penso che la vicenda di cui si è fatto portavoce il giornale la Repubblica ci dia l'occasione per riflettere sulla natura stessa di questa risposta alle difficoltà di ingresso regolari in Italia: l'esistenza dei CPT, che sono i terminali della politica migratoria, quei non-luoghi in cui non vi è uno status giuridico per le persone che vi finiscono, che hanno una contraddizione nella stessa denominazione «permanenza temporanea». Se non sbaglio il termine «permanenza» indica una stabilità, mentre «temporaneo» indica una condizione di sospensione, come sono sospesi il diritto e la vita delle persone che finiscono in questi luoghi. Parlo di risposte sbagliate perché, come diceva bene la sottosegretaria Lucidi, delle undici persone che hanno fatto questa denuncia dieci erano superstiti di un naufragio (una di quelle stragi consumatesi nel Mediterraneo a cui abbiamo assistito questa estate) e hanno avuto il riconoscimento dello status di rifugiati e la protezione umanitaria. Ciò vuol dire che si trattava di persone che fuggivano da situazioni di persecuzione, e per loro fortuna sono state tra i pochi ad avere la possibilità di vedersi riconoscere quello status, forse proprio a causa della tragedia che si portavano dietro.
Ci sono tanti altri che non subiscono per loro fortuna la stessa sorte, nel senso che non devono assistere alla morte di mogli, figli, parenti, amici, persone con le quali hanno viaggiato e vissuto per anni. Che fine fanno queste persone? Finiscono in questi luoghi di trattenimento, di limitazione della libertà, tanto per usare un eufemismo. Non so in che rapporto stia con la coscienza di un paese civile il fatto che esistano questi luoghi dove le persone finiscono per quello che sono e non per quello che fanno. La presenza in territorio italiano senza titolo di soggiorno è una violazione amministrativa e non un reato, ma allora perché si deve venire privati della propria libertà per questo motivo? Penso che la risposta cerchi di andare incontro a quella che si ritiene la percezione dei cittadini, magari per rispondere agli istinti forcaioli di una parte della popolazione alla ricerca di capri espiatori, istinti che partono dallo sciovinismo del benessere per cui «quello che arriva» è qualcuno che mi porta via qualcosa. La responsabilità delle istituzioni, del Governo e del Parlamento è quella di rispondere ad istinti di quel livello? Io penso che noi siamo chiamati a fare altro, per questo la risposta deve essere un'altra. Credo che nessuno si sogni di chiedere porte aperte per tutti, però, dal momento che decidiamo delle regole queste devono essere rispettate.
Il problema è che in Italia non si entra regolarmente, questa è la realtà. Le leggi di fatto impediscono l'ingresso regolare. L'unico strumento disponibile è quel retaggio ipocrita che ci portiamo dietro dal 1990 con la legge Martelli, il decreto flussi, che come tutti sappiamo serve a sanare situazioni di persone che sono già nel territorio. Affrontiamo invece le cose per come sono in realtà, cercando di dare giustizia anche nella situazione attuale. Abbiamo una legge basata su rigore e integrazione, come affermano coloro che l'hanno approvata. L'integrazione è sempre più precaria, come abbiamo sentito anche nello svolgimento dell'interpellanza dell'onorevole Bucchino, per una serie di difficoltà che si presentano sempre di fronte a persone che comunque contribuiscono alla ricchezza di questo paese attraverso una serie di atti che bisogna sempre ricordare, perché sembra che gli immigrati siano soltanto dei consumatori. Siamo anche produttori. Come ha ricordato il presidente Violante qualche tempo fa, noi immigrati produciamo l'8 per cento del PIL di questo paese. Non si hanno le risposte corrispondenti a questa piena integrazione economica, però la parte repressiva della legge è stata florida e molto attiva e ci sono sistematicamente altre proposte per proseguire in tal senso.
C'è un aspetto della sua risposta, sottosegretaria, cui vorrei replicare sottoPag. 67tono, perché non vorrei essere fraintesa. La questione che le discriminazioni avvengono tra immigrati, tra immigrati ed interpreti, che, comunque, sono immigrati, pone altre problematiche, perché si pensa che, in definitiva, si tratti di un loro problema. Questa è la risposta che sistematicamente le istituzioni forniscono: è un loro problema.
Ma che potere ha un immigrato di discriminare un altro, se si trovano nella stessa condizione o se c'è qualcuno che fa l'operatore? In base a cosa può discriminare un altro? Credo che questa risposta non soddisfi il problema che abbiamo posto e che è alla base di tutto questo.
Il problema rimane l'esistenza stessa di questi centri come risposta alla presenza irregolare o clandestina sul territorio, che è un prodotto dell'assenza di normativa in questo senso e che è molto funzionale a tutta un'economia sommersa della quale si è doppiamente vittima, perché si è in condizione di clandestinità e perché si è ulteriormente sfruttati ed allontanati dalla possibilità di utilizzare i servizi degli organi sociali, predisposti per tutti.
Vorrei concludere il mio intervento leggendo la dichiarazione di un ispettore di polizia riportata in un libro intitolato Lager italiani di Marco Rovelli, che raccoglie le testimonianze di chi è passato attraverso un CPT. Vorrei che tutti noi ascoltassimo le parole di questo ispettore di polizia: «Nessuno sapeva di aver vinto un concorso per fare il guardiano ad un lager. Facciamo i guardiani di povera gente».
(Revoca del finanziamento per interventi di teleriscaldamento a favore della regione Lombardia - n. 2-00183)
PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00183 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, nell'interpellanza chiediamo al Governo di rispondere in maniera chiara e precisa rispetto ad un fatto che è giunto all'attenzione non solo degli interpellanti, ma anche dell'intera Commissione ambiente.
La regione Lombardia (non si può dubitare di questo), negli ultimi anni, ha realizzato una politica di interventi mirati a rafforzare l'uso razionale dell'energia, che ha consentito un rilevante incremento delle iniziative di teleriscaldamento, con sensibili benefici per l'ambiente e, pertanto, non si rilevano motivi per un'azione che appare ingiustamente punitiva nei confronti di una regione virtuosa.
Con comunicazione del 6 ottobre 2006, il ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio ha rappresentato l'intenzione di revocare il finanziamento di dieci milioni di euro per rifinanziare interventi di teleriscaldamento a favore della regione Lombardia, con l'intenzione di destinare suddette risorse ad altre finalità.
Dopo apposita verifica presso la regione, l'attuazione dell'accordo di programma quadro non risulta assolutamente in grave ritardo e la regione Lombardia non è mai stata informata del rifinanziamento pari a 10 milioni di euro, come da articoli 18 e 20 dell'atto integrativo.
Gli interpellanti vogliono sapere con chiarezza se e quali iniziative intenda assumere il ministero interpellato per mantenere l'impegno relativo all'attuazione dell'accordo quadro sottoscritto e se tale zelante intervento - credo che mai si sia visto un intervento così rapido di controllo o quant'altro verso la regione - abbia invece quale ragione, quella di penalizzare, tra virgolette, una regione che, purtroppo per il ministro Pecoraro Scanio, non è gestita dall'attuale maggioranza, ma dal presidente Formigoni del centrodestra.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. In merito a quanto indicato testé dall'onorevole Lupi, nella sua interpellanza urgente concernente il finanziamento alla regionePag. 68Lombardia per le iniziative del teleriscaldamento, devo fare la cronistoria, purtroppo, per giungere alla conclusione che non vi è da parte del Governo né, tantomeno, da parte del ministro competente volontà vessatoria e/o di penalizzare la regione Lombardia, che merita e che ha tutta l'attenzione di questo Esecutivo.
Devo fare l'excursus storico del quadro dei rapporti fra regione Lombardia e Governo. Il 2 febbraio 2001 fu sottoscritto un accordo di programma-quadro tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e la regione Lombardia, in materia di ambiente e di energia, per la realizzazione di un complesso di interventi e di programmi per il risanamento e la salvaguardia ambientale del territorio lombardo.
L'accordo prevedeva per lo Stato un onere complessivo pari a 159 miliardi di lire. In data 5 settembre 2002 è stato sottoscritto un atto integrativo dell'accordo di programma-quadro, che prevede un ulteriore onere a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, pari a 210 milioni di euro, di cui soltanto 17 milioni di euro subito impegnati dal Ministero stesso.
L'impegno delle ulteriori risorse, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, del citato atto integrativo, è vincolato alla stipula di ulteriori atti integrativi sulla base di verifiche dello stato di avanzamento dei lavori.
Con provvedimento del 10 aprile 2006, firmato dall'allora ministro Matteoli, venivano assegnati 10 milioni di euro per rifinanziare interventi di teleriscaldamento e per l'impiego di metano negli impianti di riscaldamento nell'ambito dell'attuazione dell'atto integrativo suddetto.
Considerata la delicata situazione della finanza pubblica e vista, peraltro, l'urgenza di avviare rapidamente azioni per rispondere alla ormai imminente partenza del Protocollo di Kyoto, nonché per ridurre le emissioni inquinanti nei centri urbani, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha ritenuto di procedere, prima di assegnare ulteriori risorse alla regione Lombardia, ad una verifica dello stato di attuazione dei progetti e alla distribuzione degli impegni di spesa su tutte le regioni italiane.
Tale azione è stata svolta in linea con le direttive politiche dettate proprio dall'allora ministro Matteoli per l'anno 2006, che prevedevano, appunto, di monitorare l'utilizzo dei finanziamenti, procedendo a verifiche e ad eventuale riallocazione delle risorse, onde garantirne il più efficace utilizzo.
Una prima analisi è stata, dunque, svolta sull'entità delle risorse già impegnate a valere sui fondi di diretta competenza del Ministero dell'ambiente nell'ambito dei programmi o accordi per i settori energia e ambiente. I risultati di tale analisi, riportati nella tabella che è a disposizione dell'onorevole Lupi, sottolineano l'evidente sproporzione dei contributi assegnati a favore della regione Lombardia rispetto alle altre regioni italiane. Infatti, il Ministero dell'ambiente ha impegnato risorse per la regione Lombardia pari a circa 120,9 milioni di euro, contro, ad esempio, i 9,3 milioni di euro del Lazio e i 6,9 milioni di euro della Campania o, nel migliore dei casi, i 19 milioni di euro dell'Emilia-Romagna.
La seconda analisi svolta ha riguardato specificamente lo stato della spesa delle risorse impegnate proprio per il finanziamento dei progetti di teleriscaldamento, oltre che per quelli di impiego di metano nella regione Lombardia. Da tale analisi emerge che, per il finanziamento di progetti di teleriscaldamento, oggetto della richiesta dell'onorevole Lupi, oltreché di impianti di cogenerazione alimentati da biomasse (articoli 5 e 6 dell'accordo di programma-quadro), il ministro dell'ambiente sta trasferendo, a partire dal 2001 e continuerà a farlo fino all'anno 2021, ratei annui di importo pari a 3.047.095 euro, per un ammontare complessivo di euro 61.941.900 euro.
Inoltre, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha impegnato risorse pari a un milione di euro per l'incentivazione dell'impiego del metano negli impianti di riscaldamento, secondo l'articolo 20 dell'atto integrativo.Pag. 69
Dall'analisi dello stato di attuazione di detti progetti sono stati evidenziati ritardi nella realizzazione degli interventi.
In particolare, alla luce dell'ultima verifica straordinaria effettuata dalla regione Lombardia e pervenuta al Ministero in data 18 agosto scorso, risultano conclusi 6 interventi di biomassa e teleriscaldamento sui 21 attualmente attivi, e per 2 interventi è stata richiesta un'ulteriore proroga per il completamento dei lavori.
Va anche precisato che la competente commissione nominata dalla regione per la verifica della congruità degli interventi realizzati con gli obiettivi originariamente proposti, ad oggi, risulta convocata solo una volta, per il sopralluogo su un singolo impianto.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha più volte sollecitato una rapida attuazione degli interventi, in seguito alle documentate richieste di proroga più volte fatte pervenire dalla regione Lombardia. Il Ministero dell'ambiente ha provveduto, secondo le modalità prescritte, al trasferimento dei primi sei ratei del finanziamento, per un importo complessivo pari a 18.282.570 euro.
Per quanto concerne, invece, i progetti di impiego del metano negli impianti di riscaldamento, ad oggi non è stato possibile procedere al trasferimento delle sopracitate risorse, in quanto la regione Lombardia non ha dato attuazione agli adempimenti previsti nell'articolo medesimo.
Inoltre, la verifica sullo stato di avanzamento dei lavori relativi agli altri interventi previsti dal citato accordo mette in evidenza che, a causa della mancata attuazione degli adempimenti previsti da parte della regione Lombardia, ad oggi non è stato possibile trasferire risorse finanziarie già impegnate, pari a circa 12 milioni di euro, per programmi relativi alla sperimentazione di nuovi combustibili, la diffusione di veicoli ecologici, la diffusione di combustibili a basso impatto ambientale, la diffusione di impianti a energia solare e piani di azione sull'idrogeno.
Stante tale analisi si è, dunque, ritenuto che non sussistano le condizioni per concedere ulteriori finanziamenti per la realizzazione di interventi di teleriscaldamento e per l'impiego di metano negli impianti di riscaldamento nell'ambito dell'atto integrativo all'accordo di programma-quadro con la regione, e si è, quindi, proceduto alla variazione delle finalità di assegnazione di 10 milioni di euro, in accordo con quanto previsto proprio dall'articolo 3, comma 6, del succitato atto integrativo sottoscritto, a suo tempo, dalla regione Lombardia e dal Ministero dell'ambiente, che prevede la possibilità di un ulteriore finanziamento degli interventi ivi previsti soltanto a seguito di «ulteriori atti integrativi sulla base di verifiche dello stato di avanzamento lavori».
Quindi, al quesito posto dagli interroganti in merito alle iniziative che il Ministero intende assumere per il futuro nel rapporto con la regione Lombardia, si precisa che è intenzione del Ministero dell'ambiente tenere prioritariamente conto della necessità di mantenere un equilibrio nella ripartizione delle risorse sull'intero territorio nazionale.
Compatibilmente con le nuove risorse assegnate al Ministero e solo in seguito ad una verifica puntuale dello stato di avanzamento dei lavori, si potrà procedere in futuro ad eventuali ulteriori finanziamenti per la regione Lombardia, alla quale questo Governo comunque riserva una grande attenzione.
La tabella di ripartizione dei fondi è a disposizione del Parlamento e da essa risulta che c'è una evidente sproporzione nella ripartizione.
PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di replicare.
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, purtroppo mi sarebbe piaciuto dichiararmi soddisfatto; ma la risposta del Governo non solo non soddisfa gli interpellanti e il sottoscritto, ma aumenta le grandi preoccupazioni che avevamo paventato nella nostra interpellanza. Cercherò di spiegare il motivo e chiedo al Governo di tenerne conto.
Seppure, con il lodevole sforzo del nostro sottosegretario, si è cercato di dimostrare,Pag. 70a parole, che non vi è alcun pregiudizio o quant'altro nei confronti della regione Lombardia, dalla nota letta e da alcuni passaggi che sottolineerò credo che, invece, purtroppo, vi sia una conferma di ciò.
Non mi ritengo soddisfatto per ragioni sia di merito sia di metodo. Innanzitutto agli interpellanti risulta, anche a seguito delle verifiche operate, attraverso documenti che sono giunti agli interpellanti, quindi con fatti e non con intenzioni - chiedo al Governo di prendere atto di questo e di svolgere ulteriori verifiche con gli uffici, e sono certo che il sottosegretario si farà latore di questa nostra preoccupazione e richiesta di verifica di quanto affermato, riguardo allo stato di avanzamento degli interventi -, che gli interventi previsti sono quasi tutti conclusi e che i costi sono realizzati, nel senso che gli interventi sono finalizzati e finanziati per un ammontare che lei ha sottolineato. Dato il 100 per cento di questi interventi e del loro costo, l'80 per cento dei costi è stato realizzato e la quota di finanziamento regionale è stata integralmente impiegata; rimane quindi un 20 per cento dei costi. Poi eventualmente possono anche essere - forse qui sta l'equivoco, ma credo che noi dobbiamo guardare alla sostanza e non alla forma o ai numeri - 6 interventi su 12, ma il problema è che se i 6 interventi che sono stati realizzati rappresentano l'80 per cento dei costi investiti e quindi l'80 per cento dei progetti, forse dobbiamo guardare alla sostanza e non al numero degli interventi realizzati; diversamente torniamo all'uso strumentale dei numeri, per raggiungere un obiettivo che non credo sia di questo Ministero e non posso accettare che possa essere di un ministro della Repubblica italiana.
Dunque il primo dato è che l'80 per cento dei costi è stato integralmente impegnato e realizzato. Rimane da concludere il 20 per cento degli interventi dell'intero progetto. Tutti i finanziamenti posti dalla regione Lombardia sono stati impiegati, come previsto dall'accordo.
Quanto alla questione di merito, sono molto preoccupato delle intenzioni che oggi qui sento per la prima volta esposte dal rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, cioè che le risorse messe a disposizione per il miglioramento degli interventi ambientali non sono finalizzate alla qualità degli interventi, alla capacità di attuarli e alla capacità innovativa di proposte che vengono dal territorio, ma devono essere finalizzate, e quindi distribuite, su una base equa, indipendentemente dalla capacità o meno di intervenire per migliorare la qualità ambientale. L'esempio citato mi preoccupa, perché quando si dice che alla regione Lombardia sono stati assegnati 120 milioni di euro e alla regione Campania solo 6 milioni di euro, io dico che dobbiamo riflettere sulle ragioni per cui solo 6 milioni di euro sono stati destinati alla regione Campania e 120 milioni di euro alla regione Lombardia! Chiedo al ministro Pecoraro Scanio di andare a vedere quanti progetti, volti al miglioramento ambientale, al teleriscaldamento, all'innovazione in termini di carburante e in termini di ricerca scientifica riguardo a tutto ciò che può essere alternativo nell'energia, sono stati proposti - non dico chiesti, ma almeno proposti - dalla regione Campania e quanti invece sono stati proposti ed attuati dalla regione Lombardia.
Mi sembra che abbiamo appena finito di discutere in quest'aula di un problema che riguarda la regione Campania, il problema dell'emergenza rifiuti, che da anni, se non da decenni, rimane paralizzato in quella regione, mentre in altre regioni, non solo in Lombardia, mi sembra sia stato affrontato.
Allora questo Stato, questo Ministero deve distribuire a pioggia interventi, perché così siamo tutti tranquilli e abbiamo la coscienza a posto, oppure gli interventi sono finalizzati effettivamente alla capacità di impiego di queste risorse e di una loro effettiva utilizzazione per migliorare la qualità ambientale? Questa è la prima preoccupazione che mi deriva dall'aver ascoltato la risposta del rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.Pag. 71
Inoltre, lo stesso ministro Pecoraro Scanio, anche se non proviene dalla regione Lombardia - ma la conosce -, sa bene che il problema non è solo quello di un rapporto equilibrato tra numero delle regioni (20) e risorse messe a disposizione; sa che c'è una proporzione, che deve essere comunque rispettata, a fronte del peso di ogni singola regione, rispetto al contributo che ognuna dà al PIL complessivo e rispetto alle tasse che ognuna paga.
Mi sembra che, in termini di numero di abitanti, di prodotto interno lordo, di capacità di spinta verso l'innovazione e di incremento della produzione di questo paese, la Lombardia non sia uguale alle altre regioni, non perché essa sia migliore ma perché, oggettivamente, ha un peso diverso dalle altre realtà del paese. Vi abitano 9 milioni di persone, mentre nelle altre regioni risiedono circa 1, 2 o 3 milioni di abitanti, se non 800 mila.
Poi, al di là di tale circostanza, bisogna capire se questo Governo intenda valorizzare le eccellenze presenti nel paese perche diventino un modello per le altre regioni, oppure se voglia indiscriminatamente appiattire tutto pur di mettersi a posto la coscienza. Non si tratta di un conflitto tra nord e sud, tra la Lombardia e le altre regioni; si deve, semmai, comprendere se, in particolare in termini di innovazione - stiamo, infatti, discutendo di innovazione, di capacità di ricerca scientifica, di miglioramento della qualità ambientale -, il Governo italiano voglia premiare, indipendentemente da chi concretamente governi, le eccellenze presenti sul territorio in modo che possano diventare un esempio anche per le altre regioni. Ciò dimostrerebbe che in Italia si possono costituire realtà positive e che il nostro paese, anche in materia ambientale, non è l'ultimo, la Cenerentola tra tutti.
Ma se vogliamo così operare, il ministro Pecoraro Scanio deve spiegare per quale motivo, a fronte di una tale ricostruzione - che ancora non mi è stata confutata -, la sua intenzione programmatica sia di ripartire a pioggia le risorse. Ma dove siamo, in quale paese viviamo?
È recente l'approvazione di una legge, in Lombardia, che interviene sull'inquinamento ambientale prevedendo che dal giugno 2007 non possano più circolare nella regione i mezzi altamente inquinanti vale a dire quei mezzi, che non hanno ancora la marmitta catalitica. È una iniziativa che la regione Lombardia ha assunto e che, peraltro, ha visto maggioranza ed opposizione collaborare. Non mi risulta che altre regioni abbiano assunto iniziative analoghe. Tale circostanza non significa che la Lombardia sia migliore o peggiore di altre regioni, ma indica che in Italia è possibile attuare una politica ambientale e che, noi dobbiamo premiare le regioni che meglio procedono in questa direzione, incentivando così le altre ad agire sul loro esempio per ricevere i finanziamenti necessari. Non dobbiamo invece dare finanziamenti a pioggia per progetti che poi non si attueranno mai.
Questa è la questione di merito. Purtroppo, però, devo constatare l'adozione di questo provvedimento, che pure è di modesta entità; stiamo parlando di 10 milioni di euro, non di grandi cifre. È simbolico ma, dietro questo provvedimento, non vi è un'intenzione di efficienza, sibbene il proposito di penalizzare una regione che probabilmente, per il modo in cui è governata, per il presidente che la rappresenta, per la maggioranza che la amministra, dà fastidio a questo Governo.
Mi permetta di concludere su una questione di metodo, perché in ogni caso in questa sede la discussione è tra istituzioni del paese, tra un Governo centrale e le regioni, i governi decentrati. Vi è una riforma costituzionale, tra l'altro introdotta dall'allora Governo di centrosinistra, che prevede il decentramento amministrativo con poteri delegati alle diverse regioni; mi riferisco al Titolo V della Costituzione. Vi è una disposizione precisa, prevista dagli accordi che lei ha citato; si tratta del principio di leale collaborazione. In ogni caso, non è accettabile - e ciò costituisce un precedente grave per tutte le regioni e per questo Parlamento - che avvenga una revoca unilaterale di risorse (peraltro, osservo che la decisione è debolmente motivata)Pag. 72da parte del Ministero nei confronti delle regioni. Osservo anche che esiste un luogo istituzionale dove porre tali problemi; di fronte alle questioni, il ministro doveva convocare i luoghi istituzionali previsti dalle intese di programma e dagli accordi-quadro e fare presente le inefficienze. Se vi erano inefficienze - ed ho dimostrato che non vi erano - doveva farle presenti ed in quel quadro revocare eventualmente un finanziamento.
Posso essere d'accordo sulla revoca se sussistono inefficienze, ma presenterò a questo punto un'altra interpellanza per verificare - e concludo - se tali provvedimenti così efficienti ed innovativi del ministro dell'ambiente siano stati adottati nei confronti delle altre regioni e quante e quali risorse, a fronte di tutti i finanziamenti erogati alle altre regioni, siano state revocate in considerazione degli effettivi impieghi per miglioramenti ambientali. Sono certo che questa è la prima ed unica iniziativa che il Ministero dell'ambiente ha assunto; di ciò mi dispiaccio ma credo se ne debba dispiacere tutto il Parlamento.
(Misure a favore delle popolazioni del Molise e della Puglia colpite dal sisma dell'ottobre 2002 - n. 2-00248)
PRESIDENTE. L'onorevole Astore ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00248 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
GIUSEPPE ASTORE. Mi dispiace per l'ora tarda, onorevole Presidente e caro sottosegretario, ma devo assolutamente tornare su questo argomento. Ricordo che in questa Assemblea abbiamo già parlato del terremoto e dell'alluvione che hanno colpito il Molise. Credo di sedere in quest'aula anche in qualità di rappresentante di un territorio, nonché per difendere i diritti di alcune comunità che, per lo più, sono state colpite da catastrofi naturali.
Non intendo fare nuovamente leva sulle emozioni, poiché sapete tutti che il terremoto di cui sto parlando ha provocato la morte di 27 bambini e di una maestra. Io vivo in quel paese e questa sera tornerò tra quelle macerie: credetemi, le conseguenze di tale evento si avvertono tutti i giorni! Come già ricordato, il nostro Presidente della Repubblica ha dato la colpa all'intera classe politica, al di là delle responsabilità di ordine penale. Il Presidente della Repubblica, infatti, ha detto che non abbiamo saputo proteggere questi bambini.
È questo il motivo per cui abbiamo ricevuto la solidarietà dello Stato e di tutto il popolo italiano. Non ho potuto essere presente nel mio paese quando, proprio questa mattina, la mia comunità ha conferito la cittadinanza onoraria a Bertolaso. Si tratta di un uomo (di cui si è parlato molto oggi) che ha esercitato, almeno nel Molise, un ruolo decisionale forte, manifestando nel contempo anche risvolti umani. A mio avviso, egli deve essere apprezzato: è questo il motivo per cui ritengo che un dirigente dello Stato non debba avere partiti di appartenenza.
Vi è tuttavia una certa amarezza, signor sottosegretario, per l'atteggiamento tenuto dal mio Governo, al quale riconfermo il mio sostegno e la mia adesione culturale e politica. Credo comunque che trattare il Molise, nell'ambito del disegno di legge finanziaria, in maniera diversa dalle altre regioni - forse perché non ha settanta, sessanta o quaranta rappresentanti in Parlamento, come altre aree - non rappresenti un buon esempio. Lo Stato, infatti, deve aiutare soprattutto i deboli e deve essere solidale in particolar modo con chi ha poche persone in grado di poter difendere i propri diritti.
Vengo subito al punto, signor Presidente. Ricordo che, nell'ambito dell'esame del disegno di legge finanziaria presso la Camera dei deputati, il Governo ha accettato il mio ordine del giorno n. 9/1746-bis/136. Spero, che nel corso della trattazione da parte del Senato, l'insufficiente dotazione finanziaria possa essere colmata. Noi, infatti, dobbiamo assolutamente intervenire in quella regione, poiché lo stato della ricostruzione è penoso! Nel mio paese, San Giuliano di Puglia, il luogo simbolo del terremoto, la ricostruzione èPag. 73appena iniziata, mentre negli altri paesi non è cominciata affatto! Ciò perché qualcuno ha pensato di preparare la vittoria elettorale allargando l'area del cratere; anzi, ritengo opportuno controllare anche se un commissario delegato aveva il potere di allargare a tutta la provincia di Campobasso l'area del cratere sismico.
Credo che occorra intervenire immediatamente, anche perché i danni accertati dalla Protezione civile ammontano a circa 10 mila miliardi di vecchie lire; in più, si è verificata anche l'alluvione nel basso Molise. Penso che non possiamo e non dobbiamo fare la fine di altri territori: infatti, vogliamo restituire subito la casa ai nostri cittadini, ma senza «appendici» e senza trascinamenti di finanziamenti, poiché ciò ci farebbe ripercorrere cattivi esempi.
Ritengo importante procedere in pochi anni alla ricostruzione generale, poiché - come le dicevo l'altra volta, caro sottosegretario - bisogna ricostituire la comunità. Infatti, quando le comunità sono divise, dal momento che abitano in aree diverse, dobbiamo intervenire affinché tali paesi ritornino ad essere delle comunità come lo erano in precedenza. Credetemi: non lo sono più, a causa delle disgrazie che dividono (soprattutto quando vi sono dei morti), a causa dell'odio strisciante, dell'invidia e delle discussioni!
Ritengo, quindi, che uno Stato moderno e solidale debba riportare i cittadini nella propria casa. Infatti, come già detto, penso che non solo per noi che abitiamo in piccoli comuni, ma anche per l'intero popolo italiano la casa sia uno dei beni fondamentali della famiglia!
Credo che debba essere data priorità assoluta a tali interventi. Il Governo probabilmente presenterà un maxiemendamento al disegno di legge finanziaria, attualmente all'esame del Senato, ma vorrei che tenesse in considerazione anche questo problema. Non è possibile, infatti, che chi gestisce la ricostruzione in loco debba ripartire i fondi in maniera frammentaria.
Penso, pertanto, che debbano essere seriamente fissate alcune priorità, partendo dal comune simbolo di questi eventi ed intervenendo successivamente sul cosiddetto cratere e sulle altre parti del territorio colpito.
Questo non significa, nella maniera più assoluta, limitare l'autonomia locale. Si tratta, invece, della sensibilità che lo Stato deve dimostrare riguardo alle popolazioni più danneggiate dal terremoto; vi è, infatti, chi non ha casa e chi, invece, la deve riparare.
Signor sottosegretario, l'oggetto della mia interpellanza urgente è però rappresentato dai tributi e dai contributi. Il disegno di legge finanziaria l'ho approvato anch'io per dovere d'appartenenza e perché sono convinto che esso contenga elementi positivi. In ogni caso, registro delle assolute disparità, delle indicazioni di figli e figliastri nel momento in cui si sono approvate misure diverse, a seconda della regione interessata. Dimenticarsi del Molise solo perché questa regione registra una scarsa popolazione - e, di conseguenza, una rappresentanza esigua - non è stato corretto.
Le ordinanze del centrodestra sono state contraddittorie e vi sono stati ritardi nell'emanazione di quelle che prevedevano la sospensione dei tributi e dei contributi. Tra l'altro, l'INPS di Campobasso ne ha dato una strana interpretazione, per non parlare dei datori di lavoro privati che vi rientrano, contrariamente ai dipendenti pubblici.
Questa materia deve essere regolamentata in maniera uguale per tutti; non è possibile che la mia gente abbia iniziato a restituire i tributi e i contributi. Al contrario, poteva essere decisa un'ulteriore sospensione e l'abbattimento previsto per tutti gli altri: noi, infatti, non chiediamo nulla di diverso. Queste semplici misure potevano rappresentare un forte incentivo economico alla ripresa di quell'area così povera e costituita per il 60 per cento da anziani.
Il Governo può rimboccarsi le maniche e riparare agli errori commessi dal precedente esecutivo. Si deve regolamentare la restituzione dei tributi e dei contributi - magari attraverso un altro anno diPag. 74sospensione - e procedere all'abbattimento previsto anche per gli altri. Solo in questo modo si avrà certezza delle norme e si potrà permettere agli uffici periferici dello Stato di non divenire nemici della popolazione.
Signor Presidente, pensi che si è pretesa la restituzione dei mutui ipotecari, attraverso i quali dei poveri cittadini si erano costruiti la casa qualche mese prima del terremoto. Lo Stato ha preteso che questi fondi fossero riportati in banca: è il colmo!
Attraverso un comitato tecnico o una commissione composta dai rappresentanti dello Stato e degli enti locali credo si possa trovare una soluzione per accontentare tutti. Per «tutti» intendo non solo i quattordici comuni del Molise - che rappresentano il cuore della regione -, ma anche i dieci della Daunia; infatti, di questi ultimi si parla poco poiché situati nella periferia di una grande regione come la Puglia.
Spero che il Governo intenda assumere questi provvedimenti. Inoltre desidererei sapere se sia stata già elaborata una proposta da inserire nel testo del disegno di legge finanziaria che verrà esaminato al Senato.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, provengo da una regione che ha subito molti terremoti, non solo nei secoli scorsi, ma anche negli ultimi trent'anni (parlo dei terremoti del 1980, del 1990 e del 1991) e, pertanto, conosco bene le amarezze, i drammi che si sono verificati nei nostri paesi con la disgregazione anche delle comunità cui lei faceva riferimento.
In ordine ai quesiti posti nell'atto di sindacato ispettivo, si afferma che sarebbero stati adottati provvedimenti per le popolazioni colpite dalle calamità naturali con interventi non omogenei. Gli interroganti chiedono, pertanto, che siano assunte iniziative non discriminatorie nei confronti, in particolare, dei soggetti residenti nei comuni del Molise e della Puglia interessati dal sisma del 31 ottobre 2002.
Al riguardo, per quanto di competenza dell'amministrazione finanziaria (sono dati che abbiamo acquisito dall'amministrazione fiscale), si fa presente che, a seguito dell'evento sismico in argomento, sono stati adottati alcuni provvedimenti agevolativi a favore dei soggetti colpiti dagli eventi sismici.
Ricordo anche il dibattito svolto nella passata legislatura, quando si verificò l'evento sismico. In particolare, con i decreti del ministro dell'economia e delle finanze del 15 novembre 2002 e del 9 gennaio 2003 sono stati sospesi a favore dei soggetti residenti in alcuni comuni della provincia di Campobasso e di Foggia i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari che scadevano nel periodo dal 31 ottobre 2002 al 31 marzo 2003.
Con successivi provvedimenti, tali termini sono stati ulteriormente prorogati. Da ultimo, l'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3507 del 5 aprile 2006, ha stabilito, relativamente alla regione Molise, che i versamenti non eseguiti per effetto della sospensione, i cui termini sono scaduti nel periodo dal 31 ottobre 2002 fino alla data del 31 dicembre 2006, saranno effettuati da parte dei soggetti interessati, senza aggravio di sanzioni ed interessi a decorrere dal 1o gennaio 2007, mediante rateizzazione mensile pari al massimo ad otto volte il periodo di sospensione oppure in unica soluzione entro il 31 gennaio 2007.
Per quanto riguarda i comuni della regione Puglia colpiti dagli eventi sismici del 2002, l'articolo 1, comma 2, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3496 del 17 febbraio 2006, ha previsto che i versamenti non eseguiti per effetto della sospensione, i cui termini sono scaduti nel periodo dal 31 ottobre 2002 fino alla data del 31 dicembre 2005, sono effettuati in un'unica soluzione entro il 28 febbraio 2006 ovvero senza aggravioPag. 75di sanzioni ed interessi, a decorrere dallo stesso mese, mediante rateizzazione mensile pari al massimo ad otto volte il periodo di sospensione.
Inoltre, il comma 3 della citata ordinanza ha previsto che i versamenti non eseguiti per effetto del differimento, i cui termini scadono nel periodo dal 1o gennaio 2006 al 31 dicembre 2006, sono effettuati in un'unica soluzione entro il 31 gennaio 2007 ovvero senza aggravio di sanzioni e di interessi, a decorrere dallo stesso mese, al massimo in 12 rate mensili.
Per i comuni del Molise è stata, quindi, concessa una dilazione estremamente ampia (il termine «estremamente» utilizzato dall'amministrazione non viene fatto proprio dal Governo) che comporta non solo oneri finanziari, ma anche notevoli difficoltà ed oneri gestionali.
In riferimento alle attività di accertamento ed a studi di settore, l'Agenzia delle entrate ritiene che il sisma costituisca un evento straordinario che i propri uffici locali devono opportunamente valutare nella fase di contraddittorio con il contribuente ai fini dell'eventuale giustificazione della non congruità al ricavo puntuale di riferimento.
Qui voglio subito dire, nella mia qualità di delegato agli studi di settore, che daremo disposizione agli Uffici delle entrate del Molise affinché tengano conto della particolare condizione economica in cui si sono venuti a trovare ed eventualmente si trovano ancora i ceti medi, gli artigiani, i commercianti, che in quella realtà hanno avuto sicuramente effetti negativi per le loro attività. Pertanto, i criteri di congruità e di coerenza vanno valutati con una certa elasticità da parte degli uffici, a cui sarà data una specifica direttiva in questo senso. L'Agenzia delle entrate sensibilizzerà ulteriormente i propri uffici, poiché noi ci rivolgeremo alla direzione centrale perché intervengano sulla sede periferica. Ma io credo che il direttore del Molise - se non ricordo male è un dirigente anche di grande livello - questo lo stia già facendo; se non lo farà, provvederemo in merito.
In ordine alla lamentata disparità di trattamento con i soggetti interessati da altri eventi calamitosi, si ricorda che l'articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha disposto, a favore dei soggetti colpiti dagli eventi sismici del 13 e 16 dicembre 1990, residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, la possibilità di definire la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991, 1992, versando l'intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale diminuito del 10 per cento. Quindi, non c'è una grande agevolazione, purtroppo, nei confronti dei residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa e questa lamentata disomogeneità a volte può sembrare eccessiva.
Il beneficio della riduzione del 10 per cento vedeva in quel caso come destinatari i soli sostituti di imposta, atteso che la sospensione disposta dalla normativa di riferimento riguardava solo il versamento delle ritenute. Le riduzioni invocate per i soggetti colpiti dagli eventi sismici verificatisi nelle regioni Molise e Puglia dovrebbero avere invece una diversa e più ampia portata, posto che la sospensione è stata disposta in via generalizzata per tutti i contribuenti. Quindi, vi è una differenza tra le agevolazioni concesse ai sostituti di imposta che stanno nelle province della regione Sicilia e i benefici concessi ai contribuenti in generale. Una riduzione delle imposte sul valore aggiunto o di altri tributi che concorrono al bilancio dell'Unione europea può costituire violazione delle disposizioni comunitarie. Purtroppo, devo dire che noi siamo vincolati alle disposizioni europee, che da un lato sono sicuramente un bene, perché ci costringono ad avere conti in ordine e ad adottare provvedimenti efficaci, ma dall'altro, anche quando vorremo dare qualche agevolazione più incisiva, non ci consentono di concederla. Lei conosce meglio di me tutta la vicenda del credito di imposta, per il quale abbiamo dovuto chiedere alla Comunità europea una specifica autorizzazione.
Ricordo, inoltre, che ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato dellaPag. 76Comunità europea una misura agevolativa in tal senso può ben essere definita come aiuto di Stato. Gli aiuti di Stato possono assumere qualunque forma giuridica e non devono necessariamente concretizzarsi in esborsi finanziari da parte dello Stato. Noi siamo stati sottoposti a procedure di infrazione per violazione di questa norma a volte per aiuti concessi non dallo Stato centrale, ma dalle regioni, e lei sa quante procedure sono a nostro carico (stiamo tentando di porvi rimedio invitando anche le regioni ad adeguare la loro legislazione a questa normativa europea).
Da ciò consegue che anche le agevolazioni fiscali e la parziale rinuncia alla riscossione di tributi sospesi possono costituire aiuti di Stato equivalenti nei loro effetti a sovvenzioni e contributi pubblici.
Per quanto attiene ai rilievi rappresentati dagli onorevoli interpellanti circa i dubbi interpretativi delle disposizioni in ordine alla sospensione contributiva, l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha fatto presente che, in via preliminare, l'Istituto stesso recepisce nelle proprie circolari le disposizioni dettate dalle ordinanze del Presidente del Consiglio, ossia dalla Protezione civile, emesse con il parere concorde del presidente della regione interessata. Ecco, è questo il punto significativo, onorevole Astore, perché l'ordinanza della Protezione civile, del dottor Bertolaso, è stata emessa con il parere concorde del presidente della regione e del commissario delegato dal Governo - che, nella fattispecie, è lo stesso presidente della regione Molise - in merito al sisma del 2002. Inoltre, lo stesso INPS ha osservato che le ordinanze di proroga sono emesse entro lo scadere della precedente, per cui non interviene vacatio legislativa. Dunque, le ordinanze sono emanate prima che scada quella emessa in precedenza. La normativa emergenziale è sempre stata chiara nell'individuare i soggetti beneficiari delle agevolazioni previste dalle ordinanze stesse. Infatti, l'articolo 7 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 2002 individua espressamente nei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa alla data degli eventi sismici iniziati il 31 ottobre 2002, i beneficiari della sospensione contributiva; quindi, devono essere residenti effettivi.
Inoltre, in nessuna disposizione sono previsti aiuti a soggetti futuri; non si comprende pertanto, dal testo letterale della norma, quale dubbio interpretativo si possa ingenerare. Tra l'altro, ai numerosi quesiti inoltrati in merito ai soggetti beneficiari l'Istituto ha sempre chiarito, ai cittadini che hanno posto i quesiti stessi, che non è prevista la possibilità di includere soggetti futuri, considerata la chiarezza della norma, anche perché ciò contrasterebbe con il quadro di crisi rappresentato dalla negativa contingenza economica complessiva. Il settore pubblico è stato già da tempo escluso dai benefici, perché non si ravvedevano crisi per l'amministrazione dello Stato e perché vi era coincidenza tra soggetto attivo e passivo, ossia sempre lo Stato. Quindi, venivano escluse da tali benefici le pubbliche amministrazioni statali. Considerato che il periodo di recupero è stabilito in 400 rate per il fisco e 304 per i contribuenti previdenziali, per 30 e 25 anni, e che nessuna emergenza, seppure di dimensioni più vaste e distruttive, ha mai avuto disposizioni così favorevoli, non si ravvisa una discriminazione in tal senso. Infatti, oggettivamente, 400 rate - e 304 per i contributi previdenziali - sono un numero abbastanza congruo.
Per quanto attiene il sesto punto dei quesiti posti dagli onorevoli interpellanti, va rilevato che i benefici disposti dall'ordinanza non sono obbligatori, ma fruibili ad istanza dell'interessato. Se la cassa edile non ha ritenuto di avvalersi della sospensione è una sua legittima facoltà. Ciò, tuttalpiù, può essere un atto di disattenzione, di pigrizia o di libera scelta da parte della cassa edile specifica sul territorio del Molise.
Per quanto riguarda il settimo punto, ossia il sisma che ha colpito le regioni Marche ed Umbria, la sospensione è stata concessa, dal 26 settembre 1997 al 31 marzo 1998, ai soggetti residenti o aventi sede operativa nei comuni disastrati, e dal 26 settembre 1997 al 30 giugno 1999, aiPag. 77soggetti residenti o aventi sede operativa nei comuni danneggiati, con ordinanza sindacale di sgombero. Il relativo recupero è stato stabilito rispettivamente in 56 e 176 rate mensili. Pertanto, per un sisma di maggiori dimensioni, le agevolazioni sono state decisamente inferiori a quelle concesse per la regione Molise, ma è antipatico fare confronti tra chi ha subito danni di tale natura. Ho voluto leggere questi dati semplicemente per tentare di convincere gli onorevoli interpellanti a prendere atto che non vi è stata la presunta disomogeneità di trattamento.
Per la Sicilia forse è bene che io risparmi ulteriori esempi per dimostrare che, sostanzialmente, non vi è stata volontà né del legislatore né del Governo - quello attuale e, in tutta franchezza, anche quello precedente - di fare discriminazioni nei confronti dei cittadini, degli amministratori e degli operatori economici colpiti dal terremoto del 2002.
Non prendo impegni, ma il problema della ricostruzione - che purtroppo riguarda molte regioni del nostro territorio - forse merita una valutazione più puntuale e complessiva da parte della stessa Conferenza unificata Stato-regioni. In questo senso mi attiverò (e così facciano anche gli onorevoli interroganti) affinché il ministro per gli affari regionali e le regioni pongano tale questione all'ordine del giorno della Conferenza unificata.
PRESIDENTE. L'onorevole Astore ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE ASTORE. Signor Presidente, soddisfazione o meno, mi dichiaro un po' sorpreso. Noi che viviamo in quelle zone conosciamo meglio dei funzionari del suo Ministero, sottosegretario Lettieri, come stanno le cose. Non è vero che siano state emesse le ordinanze dall'onorevole Tremonti con molta precisione. Vorrei raccontare un episodio.
Le prime ordinanze hanno tardato cinque mesi, mentre gli uffici periferici chiedevano ai poveri contribuenti il pagamento con atti coattivi. Questo è avvenuto in Molise. Non vi è stato il rispetto delle annualità. Di ciò spesso si è dimenticato il Governo passato, e non vorrei che lo stesso accadesse con il mio Governo. Tenterò di convincerla che non è così perché stiamo parlando di un'area povera, composta da 14 comuni. Sta a lei accertare perché essi siano diventati 84. Durante la mia illustrazione ho già detto che non vorremmo fare strade di altri terremoti, soprattutto del sud. Vorremmo subito uscire, e bene, dal terremoto che ci ha colpito, ricostruendo le case.
Ho parlato di abbattimento. Faccio presente che Umbria e Marche ancora non hanno iniziato a restituire, mentre il Molise ha già cominciato a farlo. Si tratta di dati antipatici che non avremmo mai dovuto citare. Per Catania, nella legge finanziaria ora all'esame del Senato, è presente un abbattimento del 50 per cento. Per quanto riguarda Siracusa, la finanziaria del 2003 ha previsto un abbattimento del 90 per cento. Per quanto riguarda il Piemonte e la Lombardia e la relativa alluvione del 1994, è stato previsto l'abbattimento del 90 per cento. Sono questi i dati reali, veri, di cui un cittadino - che si vede richiedere l'intero importo della sospensione - chiede conto al Governo per essere trattato alla pari degli altri.
Con estrema lealtà dico che l'attuale legge finanziaria deve servire anche ad omogeneizzare il trattamento per tutti e dare dignità soprattutto alle aree povere. L'Umbria non ha ancora restituito, anche se queste disgrazie non dovrebbero essere mai paragonate tra di loro. Lo Stato deve essere un padre che comprende bene le vere situazioni del Molise o dell'alta Puglia, molto diverse da quelle del Piemonte o di altre regioni. Infatti, si tratta di zone dove non c'è reddito e con la presenza di soli anziani. Quindi, l'abbattimento richiesto potrebbe essere un incentivo per la ripresa di quelle aree poverissime che soprattutto hanno bisogno di servizi.
Lo Stato si dimentica dei comuni che non possono riscuotere l'ICI e che stanno dichiarando fallimento. Mi dispiace che si sia allontanato il sottosegretario per l'interno. A causa delle abitazioni crollate i comuni non possono più riscuotere e ciòPag. 78provoca un enorme disavanzo di bilancio. Lo Stato dovrebbe preoccuparsi di questo. L'ho già detto al Governo, il quale si è preoccupato, stanziando nella legge finanziaria un milione di euro.
Vorrei che si chiudesse anche questa situazione. Non possiamo rincorrere lo Stato, né gli uffici, ma vorremmo che attraverso un tavolo tecnico, non politico, si giungesse all'emanazione di ulteriori ordinanze, dato che - come lei sa meglio di me - la legge n. 225 del 1992, con cui fu istituita la Protezione civile, fornisce al Presidente del Consiglio, in deroga a tutto, la possibilità di normare questo settore della pubblica amministrazione.