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TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ANTONIO RUSCONI SUL DISEGNO DI LEGGE A.C. 1496.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in coerenza con la richiesta dell'urgenza della delega al Governo richiesta e ottenuta in questa Assemblea lo scorso 21 settembre, sono, a nome del gruppo dell'Ulivo, a dichiarare un voto positivo su un provvedimento che segna un primo risultato importante nella direzione di restituire una credibilità effettiva al calcio italiano, sicuramente lo sport più popolare e di maggior impatto sociale nel Paese, ma che, nell'anno del Pag. 121trionfo della Nazionale e del successo di due azzurri, Cannavaro e Buffon, ai primi due posti in classifica del «Pallone d'oro», ha visto la più grave malattia della sua storia, una crisi di sistema.
Non è stato casuale, anzi è stato un fattore di estrema utilità, che il percorso di questo provvedimento sia stato accompagnato dalle audizioni della Commissione di indagine sul calcio professionistico.
Vi è stata infatti in quelle occasioni una unanimità di pareri per la vendita centralizzata dei diritti, aspetto che peraltro ripeteva le conclusioni della precedente commissione di indagini, denominata «Adornato-Lolli», che nel luglio del 2004 aveva evidenziato con grande lungimiranza e chiarezza le anomalie della GEA, la discutibilità delle società di calcio quotate in Borsa, lo status dei calciatori come lavoratori subordinati, i bilanci delle società forzati con plusvalenze diffuse e fidejussioni «facili».
Quel documento fu approvato all'unanimità, ottenne l'adesione in un solenne convegno nella Sala della Lupa dei vertici di FIGC e Lega professionisti e sottolineava che «l'attuale 'sistema di mutualità' non è stato in grado di produrre un effettivo riequilibrio tra il ristretto gruppo delle 'grandi' e il resto delle società professionistiche italiane». Allo stesso tempo, esso non ha neanche evitato che le società beneficiarie conoscessero gravi episodi di crisi finanziaria.
Il problema non è quello (o non è solo quello) della quantità di risorse che vengono trasferite. Il nodo sembra essere piuttosto quello della loro utilizzazione da parte dei beneficiari, che appare non corrispondere pienamente alle finalità che dovrebbero essere sottese agli interventi in mutualità.
Occorre pertanto una riflessione sulla natura stessa e sulle finalità del sistema mutualistico.
Da questo punto di vista, la proposta più diffusamente sostenuta è quella di un ritorno alla cessione collettiva dei diritti televisivi criptati.
La responsabilità della politica del Governo di allora fu di non rispondere. La responsabilità del mondo del calcio, con un impegno preciso del presidente della FIGC, Carraro, fu di non fare nulla; anzi, il presidente della Lega calcio, il dottor Galliani, intervenne in Commissione per dire che avrebbe prestato attenzione particolare a questa proposta, tranne poi firmare in esclusiva un contratto ancora in vigore come amministratore delegato del Milan insieme all'Inter e alla Juventus.
Così fu calpestato il ruolo del Parlamento. Successivamente, vi fu l'iniziativa lodevole del deputato Ronchi di Alleanza Nazionale, sostenuta in un giorno da tutti i capigruppo dell'opposizione, da tutta la maggioranza, ma fermata platealmente dal maggior partito di Governo, ovvero da Forza Italia.
Ha fatto bene il collega Bono a ricordare nella discussione generale come la proposta Ronchi andasse nella stessa direzione del provvedimento oggi in approvazione, ma avrebbe dovuto ricordare come in quell'occasione fu il Governo a bloccare un'iniziativa che trovava consenso nel Paese prima che in quest'aula.
Allora, la legge delega del Governo riprende i concetti del disegno di legge Ronchi, riproposto anche in questa legislatura. La vendita centralizzata dei diritti sul modello inglese non vuole mettere sullo stesso piano con un falso egualitarismo, il Chievo o il Milan, ma vuole dare al Chievo e al Messina la possibilità che anche i loro diritti abbiano un mercato.
Vi deve essere dunque un obiettivo condiviso nel merito, l'obiettivo che il campionato di calcio italiano, che è lo sport nazionale, ha anche un grande valore sociale. Per questo c'è il problema di salvaguardare tutto il sistema, con i proventi che, ad esempio, negli anni Novanta il Totocalcio salvaguardava, dai dilettanti, ai vivai, alla serie C. Molti in quest'aula hanno rimarcato l'importanza che alcuni di questi fondi giungano a realtà come quella dei vivai.
Come si fa a esaltare l'impegno di migliaia di dirigenti delle società dilettantistiche, il loro ruolo di autentico volontariato, ma se non si discute, rispettando anzitutto l'autonomia prioritaria del Pag. 122mondo del calcio, anche sulla redistribuzione delle risorse del sistema, come si fa a dare queste risposte? Perché non si dice che questo tema dei diritti televisivi è violato e che sono necessarie norme transitorie e urgenti per i diritti già in vigore, con opzioni che superano il 2010 riproponendo in modo evidente il dato del conflitto di interesse e di sistemi di monopolio di fatto?
E pure il quadro europeo, che spesso in politica si invoca secondo la convenienza, ci ricorda la vendita congiunta dei diritti della «UEFA Champions League» e nella decisione della Commissione Europea del 23 luglio 2003 si riconosce che «i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un'agenzia di vendita congiunta».
D'altra parte in Germania la vendita dei diritti della Bundesliga è centralizzata in mano alla Lega, come in Francia, mentre in Inghilterra la vendita centralizzata porta a una divisione per il 50% in parti uguali.
L'unica eccezione, seppure a regime transitorio, tra i paesi leaders nel mondo del calcio è la Spagna e su questo aspetto il vicepresidente del Milan, Dr. Galliani, è intervenuto in modo autorevole spiegando come minori risorse derivanti dai diritti televisivi di fatto porterebbe i migliori club italiani a un ruolo marginale in Europa.
Indubbiamente la questione pone una riflessione, ma un'analisi completa dovrebbe indurre a verificare il fatto che in Inghilterra ad esempio gli stadi sono pieni sempre nonostante la trasmissione televisiva in diretta di tutte le più importanti partite, perché vi sono stadi moderni, sicuri anche sul tema della violenza, in genere di proprietà delle società, che nella stessa Spagna, pur disponendo di risorse enormi, Barcellona e Real Madrid faticano ad emergere nel proprio campionato su Siviglia e Valencia che dispongono di budget molto più ridotti, che basterebbe riflettere sul famoso documento Arnaut che lo stesso politico portoghese ci ha illustrato in Commissione.
Su posizioni analoghe, in una recente intervista, il ministro inglese Richard Carbon ha dichiarato che «è decisamente sbagliato che il futuro del calcio si giochi nelle aule di tribunale e non all'Old Trafford, a San Siro o al Bernabeu. Sono convinto che il calcio sia giunto ad un bivio: da una parte c'è uno sport inclusivo, trasparente e responsabile; dall'altra, uno sport esclusivo ed elitario, strangolato dall'eccessiva commercializzazione, che passa da una crisi all'altra. Per i politici come me questo è importante, perché lo sport non è solo un business. Il suo ruolo nella società abbraccia la sanità, l'istruzione e l'inclusione sociale. Questo ruolo speciale è stato riconosciuto dai Capi di Governo ed è per questo che qualche mese fa, durante la Presidenza britannica della Ue, ho avviato i lavori per un Rapporto indipendente dello Sport Europeo. Esso formula una serie di raccomandazioni su come dovrebbe essere gestito il calcio in Europa. Il suo principio centrale è che gli organismi sportivi, come Fifa, Uefa e autorità nazionali del calcio sono i più adeguati per gestire il gioco e, nei casi opportuni e legittimi, la Ue e i governi nazionali dovrebbero lasciarli agire senza indebite interferenze.
Fra le proposte del Rapporto ci sono nuove regole sui giocatori di origine nazionale, migliori controlli sugli agenti, una maggiore trasparenza finanziaria e delle regole per una migliore stabilità finanziaria. Spero si riconosca che le questioni che esso solleva ed il suo orientamento saranno centrali per un Libro Bianco europeo sullo sport. Se ciò accadrà, disporremo di un chiaro percorso da seguire per garantire un futuro migliore al calcio europeo.
Qualcuno cercherà di spacciare questo come un'interferenza di Bruxelles nel calcio. Non c'è niente di più lontano dalla realtà. Si tratta di dare alle autorità sportive un mandato chiaro ed una certezza giuridica per regolare il proprio sport. Il calcio si fondava sull'attrazione delle masse e la partecipazione di massa. È radicato nelle comunità e nei tifosi da cui sono sorti i club. La sua storia e la gioia Pag. 123che questo sport regala a così tante persone devono essere difese ad ogni costo».
Questo è uno dei motivi per cui, dopo le audizioni, il Governo e la maggioranza, raccogliendo sollecitazioni pervenute da alcuni colleghi dei vari schieramenti hanno deciso di accettare in Commissione emendamenti che rafforzano, anche in questo campo, l'autonomia del mondo dello sport, che non è un simulacro da sbandierare secondo le convenienze, ma pone ai vertici del calcio italiano la responsabilità di una redistribuzione più equa (non vi è libertà senza giustizia) delle risorse dei diritti televisivi, di una tutela dei diritti di cronaca delle TV locali sulle serie minori, dove non vi è business ma dovuta informazione, di una gestione più seria dei bilanci dei club professionistici, eliminando gradualmente la vergogna dei mancati versamenti fiscali.
Vi è infine un auspicio, diremmo con le parole autorevoli del Commissario straordinario Figc, Luca Pancalli, «un unico obiettivo, riportare serenità per ridare al mondo del calcio dignità e democrazia. La serenità passa attraverso la capacità di dialogare con tutte le componenti. Il calcio non è tutto malato, ci sono centinaia di migliaia di persone che fanno parte di un mondo pulito. Dobbiamo dare ottimismo a tutti i tifosi e a tutti gli appassionati italiani».
E infine la conclusione: questa maggioranza è spesso stata accusata durante il dibattito su questo provvedimento di invadere l'autonomia del mondo del calcio.
Vorremmo sommessamente ricordare agli amici e ai colleghi quali furono gli interessi della politica per «boicottare» i risultati della Commissione di indagine del 2004 e riaffermare che compito della politica è quello di comprendere, assecondare e guidare i processi, non di forzarli o piegarli a schemi studiati a tavolino; e quando ciò accade, la realtà, per una sorta di eterogenesi dei fini, si ribella e produce effetti non voluti e opposti, convinti che la democrazia sia un compito e un impegno perenne, più che un dato definitivo.
Per questo riteniamo che dopo l'elezione autonoma e autorevole dei nuovi presidenti della Lega Professionisti e dell'AIA, l'approvazione unanime del nuovo Statuto della Figc, questo provvedimento riporti giustizia, serenità e coerenza con il quadro europeo del mondo del calcio, che merita in tutto il suo sistema la dignità e l'orgoglio di essere campioni del mondo.