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Allegato B
Seduta n. 101 del 31/1/2007
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LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere - premesso che:
la multinazionale Schering S.p.a. a partire dal 2005 ha iniziato una serie di azioni che hanno portato a rivedere la struttura organizzativa della linea «PC line» in termini di aree e distribuzione delle risorse, con decorrenza 1o settembre 2005;
il 23 dicembre 2005 si è susseguita una nuova organizzazione comunicativa via e-mail a tutta la linea esterna con la seguente struttura: BUG&A e BU Primary Care, con decorrenza dal 1o gennaio 2006;
alcuni informatori della linea ginecologica sono stati trasferiti nella BU Primary Care, mentre altri dalla Primary Care sono stati trasferiti nella BUG&A con target Urologia, il tutto - consta all'interpellante - senza interpellare gli informatori e senza motivare i criteri di scelta;
alla fine di ottobre 2006 è stata quindi convocata un'assemblea straordinaria per la BUG&A dove gli AM (area manager) hanno comunicato ai propri collaboratori che da quel momento si sarebbero sovrapposti sul target ginecologia, essendo il target urologia ridotto causa ritiro del farmaco «Mittoval 10» da parte della Sanofi, il tutto senza un comunicato scritto da parte dell'azienda;
il 6 dicembre 2006 viene comunicata la struttura organizzativa di Bayer Schering Pharma in Italia;
il 15 gennaio 2007 nasce la Women's Healthcare Business Unit (strutturate in sette aree), in sostituzione della BUG&A e affiancando la BU Primary Care;
la linea Urologia e quella Andrologia (precedentemente parte della BUG&A) confluiranno nella BU Primary care di Schering S.p.a., con una redistribuzione di informatori tra le linee, senza criteri di scelte motivati, e lasciandone alcuni senza area manager;
il 18 gennaio 2007 con un comunicato stampa si annunciano 116 licenziamenti alla Bayer Schering -:
se il Ministro interpellato abbia già previsto una convocazione delle parti per dare una risposta rassicurante ai lavoratori coinvolti e come intenda intervenire a tutela dei livelli occupazionali.
(2-00342) «Picano».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:
ROSSI GASPARRINI e MORRONE. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
da pochi anni si è sempre più focalizzata l'attenzione sul fenomeno del lavoro
precario, un fenomeno relativamente nuovo, tipico delle trasformazioni profonde che hanno caratterizzato e caratterizzano il mondo del lavoro;
la partizione classica a cui per generazioni siamo stati abituati e che per anni ha sottointeso l'organizzazione del mondo del lavoro quella cioè tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, è ormai decisamente superata da una nuova e complessa realtà;
questo cambiamento profondo è avvenuto rapidamente cogliendo impreparate le istituzioni e chi le rappresenta, ed anche lo stesso legislatore;
siamo in evidente ritardo rispetto ad una realtà che invece procede a velocità enorme, basti pensare che lo statuto dei lavoratori data 1970, non esisteva il telecomando, era un mondo diverso, per tanti aspetti un altro mondo, e se quello strumento risultato di un'enorme conquista civile è stato utile per difendere i diritti dei lavoratori di ieri, ma forse, da solo, appare inappropriato per promuovere quelli dei lavoratori di oggi, di fronte ai quali emerge la necessità di pensare responsabilmente ad un aggiornamento degli strumenti che abbiamo a disposizione, ad esempio all'opportunità di uno statuto dei lavori;
un lavoro sicuro, o meglio una prospettiva concreta di lavoro resta la molla principale fondamentale ed ineludibile per lo sviluppo, oggi questa prospettiva è sempre più labile, contemporaneamente abbiamo perso potere d'acquisto ed il senso di precarietà travalicando la realtà lavorativa coinvolge l'intera realtà sociale specie dei più giovani;
non è con scelte ideologiche che si può affrontare i cambiamenti che abbiamo di fronte, ma al contrario, attraverso una concreta politica di riforme, tenendo presente che queste comportano inevitabilmente dei costi;
è necessario, inoltre, tenere presente che la cosiddetta precarietà, non è una caratteristica esclusiva dei più giovani lavoratori;
in Italia sono circa 700 mila i lavoratori che superati i quarant'anni, perso il posto di lavoro, non riescono più a ricollocarsi, non è un problema da sottovalutare, parliamo di intere famiglie che finiscono per trovarsi allo sbando;
è un fenomeno già riscontrato in diversi Paesi europei e delineatosi anche nitidamente negli stessi Stati Uniti, e lungi dall'essere un fenomeno marginale è destinato ad assumere i connotati di un vero e proprio allarme sociale;
è una realtà complessa, se mai si potesse stilare una triste classifica, forse addirittura peggiore per diversi aspetti della precarietà giovanile, coinvolge anche professionisti affermati ed inevitabilmente le loro famiglie, i loro figli, una realtà tanto complessa che può diventare drammatica provocando esclusione sociale e mettendo a rischio la tenuta delle intere famiglie coinvolte;
è un fenomeno che coinvolge tutta Europa, ma che in Italia è ancora più preoccupante visto che il tasso di occupazione tra i lavoratori «anziani» (50-64 anni) è già a livelli minimi: poco più del 38 per cento contro il 72 per cento della Svezia o il 65 per cento della Danimarca;
nell'Agenda di Lisbona, l'Unione europea si è data come target quello di portare l'occupazione tra gli ultra 55enni al 50 per cento nel 2010;
spesso le aziende preferiscono liberarsi dei lavoratori più costosi per assumerne di più giovani meno renumerati e con forme contrattuali più leggere, è un trend che se non interrotto provocherà l'affermazione di una vita lavorativa breve e precaria, che produce altresì perdita di professionalità e dunque di competitività e di qualità del prodotto a scapito dei consumatori, un meccanismo perverso che è necessario interrompere;
il legislatore non può rimanere inerme rispetto a tale fenomeno;
nell'ultima legge finanziaria il governo ha adottato misure specifiche per contenere la precarizzazione del mondo del lavoro -:
quali siano le intenzioni del Governo rispetto allo specifico problema dei nuovi precari, con particolare riferimento agli strumenti ed ai tempi che si pensa di poter mettere in campo per combattere il fenomeno di quelli che vengono definiti la nuova frontiera dei precari, quelli più anziani.
(5-00639)
PAGLIARINI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'imprenditore egiziano Naguib Sawiris ha acquistato dalla principale impresa di fornitura energetica pubblica italiana, ENEL, la quota residua del 26 per cento nella Weather investment, che controlla al 100 per cento Wind Telecomunicazioni SPA e ha recentemente esposto le linee-guida sul futuro dell'azienda riguardanti le risorse da reperire dal collocamento in Borsa, le strategie sulla telefonia mobile e fissa, la necessità di regole e il ruolo dell'Authority;
attraverso la «rete» transitano servizi di comunicazione nevralgici inerenti sia alla pubblica sicurezza sia ai sistemi di telecontrollo della trasmissione elettrica;
in seguito all'incontro di giugno 2006 con l'amministratore delegato di Wind Telecomunicazioni SPA, le organizzazioni sindacali hanno dapprima espresso la necessità di definire e confermare i «perimetri» operativi finora garantiti a Network e a IT (Information Technology), la stabilità dell'area customer ed una maggior certezza complessiva e negli assetti territoriali, e poi auspicato sessioni di confronto tra le parti sul rispetto dei diritti sindacali;
l'azienda Wind ha presentato il 12 gennaio 2007 il piano industriale alle organizzazioni sindacali. L'Azienda nei primi 9 mesi del 2006 ha dichiarato il premio utile positivo pari a 56 milioni di euro, con un ARPU (ricavo medio per utente) mantenuto stabile a 19 euro e con un EBITDA (multiplo per valutare la convenienza relativa di un investimento) in forte crescita per il 2007 e ha comunicato un piano di investimenti pari a 800/900 milioni di euro legati a GSM-UMTS-HDSPA in 32 città, lo sviluppo dell'IPTV e interesse per WI-MAX;
pur trattandosi di un'azienda in crescita negli Asset Customer-Operation-Rete e IT la stessa azienda ha rilevato la necessità di un diverso modello organizzativo nell'ambito di Customer-Operation che prevede la riduzione da 5 a 4 call center e la conseguente terziarizzazione del call center di Sesto San Giovanni costituito da 275 lavoratori;
questa decisione è frutto dell'obiettivo dell'Azienda di ottenere maggiore focalizzazione e governance del custumer care. L'Azienda ha deciso di riorientare il modello di servizio interno per la clientela corporate, concentrandosi sulla fascia alta, lasciando la clientela medio-bassa ad un partner esterno più specializzato che può garantire le necessarie economie di scala. Il call center di Sesto San Giovanni, essendo prevalentemente centrato sulla clientela corporate medio-bassa, rientra pertanto in questo processo di riorganizzazione;
il call center di Sesto San Giovanni, fin dal 1999, ha contribuito alla crescita dell'azienda dalla fase di start up al consolidamento e al raggiungimento dei grandi risultati presentati il 12 gennaio 2007 dai vertici dell'azienda stessa. Le lavoratrici e i lavoratori si sono sempre distinti per la loro alta professionalità, per la capacità di gestire tutti i clienti: sia le grandi e medie aziende, sia le pubbliche amministrazioni, sia i singoli utenti privati. Il call center di Sesto San Giovanni è l'unico in Wind dove la maggior parte del personale (i 2/3 sono giovani donne) è impiegato con un contratto a tempo indeterminato -:
se il governo intenda attivarsi nei confronti di Wind Telecomunicazioni SPA
per ottenere un tavolo di confronto utile a conoscere i dettagli sui patti di vendita, al fine di garantire gli attuali livelli occupazionali,consideratii progettidi esternalizzazione prospettati dalla stessa azienda, nonché per verificare la fattibilità di ricollocare i dipendenti Wind di Sesto San Giovanni all'interno dell'Azienda stessa.
(5-00640)
DELBONO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in data 5 ottobre 2006 sono state ratificate dalla Conferenza Stato Regioni ai sensi del decreto legislativo n. 281 del 1997 delle linee interpretative relative alla Formazione e alla Formazione a distanza (FAD) nello specifico;
tali linee interpretative contraddicono l'Accordo Stato Regioni stipulato il 26 gennaio 2006 in attuazione dell'articolo 8-bis del decreto legislativo n. 626 del 1994;
tali linee interpretative, in contrasto con gli orientamenti della Comunità Europea, introducono divieti al ricorso di modalità di formazione a distanza (FAD) per la formazione degli RSPP;
tali linee interpretative sono in netto contrasto con gli accordi europei di Lisbona che addirittura fanno riferimento all'uso della FAD anche nella pubblica amministrazione e per l'Istruzione Universitaria;
appaiono risibili, preoccupanti o non fondate le motivazioni che vengono addotte dalle linee interpretative per non rendere utilizzata a pieno la FAD («...è da escludersi il ricorso alla FAD in quanto si tratta di una metodologia di complessa progettazione, gestione e verifica/certificazione...»);
tali motivazioni evidenziano un grave ritardo di qualità della nostra amministrazione pubblica nella capacità di verifica, controllo e progettazione di metodologie avanzate dal punto di vista formativo;
tali ritardi non possono essere pagati dal sistema-Paese, dagli utenti/cittadini, dalle più avanzate società di formazione del Paese -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per rimuovere tali ingiustificati orientamenti della Conferenza Stato Regioni e quale rapida posizione il Governo intenda assumere in tale consesso nel prossimo futuro.
(5-00641)
BODEGA e GARAVAGLIA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
tra i dipendenti dell'ex-Novaceta, ora BembergCell, aleggia un alone di pesante incertezza data dalla crisi aziendale che il 30 ottobre ultimo scorso è sfociata nella messa in liquidazione dell'azienda;
la società tessile Novaceta di Magenta, attiva dal 1954 e leader nella produzione di fili continui di acetato di cellulosa, si ricorda apparteneva al 50 per cento al gruppo Acordis, il più grande produttore di fibre al mondo, e per il restante 50 per cento all'italiana Snia, proprietaria di diversi business nel settore dei fili tessili specialistici;
tra il 2003 ed il 2004 la società ha terminato la sua storia con la costituzione del nuovo gruppo industriale Bemberg, che ha conglobato tre stabilimenti, ognuno produttore di una diversa fibra cellulosica: la Novaceta, l'acetato, l'impianto di Gozzano il copro e quello di Rieti la viscosa;
dalle affermazioni dell'allora amministratore delegato del nuovo Polo, Enrico Berardi, sembrava che il destino dello stabilimento di Magenta fosse quello di diventare la sede strategica per il rilancio del settore tessile a livello internazionale, un importante punto di riferimento per l'economia del territorio. «Ho preso in gestione tre giocattoli rotti, per realizzare un giocattolo nuovo che funziona, capace di produrre profitto» erano state le sue
dichiarazioni rassicuranti in risposta all'allarme occupazionale lanciato dai sindacati;
la Novaceta di Magenta, infatti, al momento della cessione contava 400 dipendenti, di cui 315 operai e 80 impiegati, così distribuiti: l'80 per cento di Magenta e dintorni, il 20 per cento di Vercelli e il 10 per cento di Cerano. Il timore dei sindacati era che la costituzione del nuovo Polo si risolvesse in una semplice operazione finanziaria magari con la progressiva chiusura degli stabilimenti ed il relativo trasferimento di personale e servizi nello stabilimento di Gozzano, che si trova in provincia di Novara, o addirittura quello di Rieti, per utilizzare le aree per fini immobiliari;
il sospetto sindacale sul futuro occupazionale dell'azienda di Magenta non era del tutto infondato: pare che dalla sera alla mattina, per esempio, i lavoratori siano spostati da un reparto all'altro, senza tenere conto delle competenze specifiche e delle esigenze personali; che tutte le proposte migliorative, soprattutto dal punto di vista organizzativo, restino prive di risposte. In oltre un anno circa 60 dipendenti hanno lasciato lo stabilimento, gran parte per aver raggiunto l'età pensionabile, altri per cambiare lavoro e nello stabilimento si contano ora 280 lavoratori;
dall'agosto 2006 la sede magentina opera ad 1/3 della sua potenzialità lavorativa con conseguenti perdite ingenti. Ai dipendenti sono stati congelati gli stipendi di ottobre e per ora si accontentano degli anticipi di salario dei mesi successivi. A molti è già stato applicato l'accompagnamento alla pensione, ma il loro futuro rimane incerto. Ad oggi il curatore ha ipotizzato l'aumento della capacità produttiva da 22 a 42 filatoi per poter ricavare margini di guadagno, tuttavia il nodo della questione è trovare soggetti interessati all'attività tessile;
nonostante, dunque, il potenziale della sede di Magenta per continuare a produrre - in quanto ha commesse da tutto il mondo, un mercato consolidato e manodopera specializzata - il modo in cui la BembergCell ha gestito il gruppo ha fatto sì che si creasse una mancanza di liquidità e di conseguenza un accumulo di debiti, che ha portato alla liquidazione;
la vicenda oramai ha assunto anche carattere politico; risulta infatti che un «tempestivo» intervento delle istituzioni abbia salvaguardato lo stabilimento di Rieti -:
se e quali misure il Governo intenda adottare per scongiurare il fallimento di quello che costituiva il fiore all'occhiello dell'industria tessile magentina nonché la conseguente crisi occupazionale ed economica per ben 280 dipendenti e relative famiglie.
(5-00642)
ROCCHI, LOCATELLI, ZIPPONI e FRANCO RUSSO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
una serie di articoli pubblicati nei mesi scorsi dai quotidiani locali delle province di Brescia e Bergamo hanno messo in evidenza come sui cantieri edili gli ispettori del lavoro e i carabinieri hanno riscontrato numerose violazioni delle misure di tutela della sicurezza;
in tali cantieri si trovano spesso lavoratori, immigrati e non, privi del cartellino di riconoscimento e non figuranti sul registro di cantiere;
i carabinieri di piccole stazioni, come è il caso della stazione bresciana di Rudiano (il cui territorio di competenza ha una popolazione inferiore ai 20 mila abitanti) hanno «fermato» nel solo 2006 oltre 30 «caporali» che controllavano un centinaio di lavoratori immigrati privi di permesso di soggiorno;
gli stessi carabinieri di Tremano hanno scoperto, sempre con riferimento al 2006, sette laboratori clandestini dove vivevano in condizioni simili a quelle di lager decine di immigrati cinesi molti dei quali senza permesso di soggiorno;
analoghe situazioni si sono verificate anche nel comune di Rovati e Chiari;
tra le irregolarità commesse particolare rilevanza assume la pratica della «falsificazione dei cartellini» messa in atto dai datori di lavoro al fine di utilizzare illegalmente manodopera;
tali forme di sfruttamento sono incompatibili con i principi sanciti nella nostra Costituzione e non dovrebbero trovare cittadinanza in nessuno Stato che si ritenga portatore di valori di civiltà -:
se sia in corso il potenziamento degli ispettorati del lavoro previsto dal comma 544 della legge n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007) al fine di realizzare il superamento definitivo di queste forme di sfruttamento e «nuovo caporalato».
(5-00643)
Interrogazioni a risposta scritta:
TOMASELLI e CARBONELLA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
uno dei punti cardine del Programma del Governo è quello della lotta all'illegalità diffusa sia per ciò che riguarda lo sfruttamento dei lavoratori, sia con riferimento al mondo del lavoro ed al rispetto delle leggi in materia di sicurezza sul lavoro, anche attraverso il potenziamento dei servizi ispettivi e una adeguata politica di prevenzione;
l'azienda Avio S.p.A. ha uno stabilimento produttivo sito nel comune di Brindisi e che svolge, tra l'altro, attività di manutenzione delle componenti motoristiche delle unità navali della Marina Militare presso gli Arsenali Militari di Taranto e La Spezia;
l'area demaniale marittima di Taranto su cui insiste l'arsenale militare è stata sottoposta a differenti ispezioni da diversi organi di vigilanza sino alle più eclatanti tra cui quella del 15 marzo 2006 ad opera della Capitaneria di Porto che è stata propedeutica a quella del 5 maggio 2006 ad opera del Nucleo ispettorato del lavoro dell'Arma dei Carabinieri che ha portato al decreto di sequestro n. 9395/05/21 del 27 aprile 2006 emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto per i reati previsti dagli articoli 40/39/37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956 e successive modifiche, dal decreto-legge n. 626 del 1994 e dal decreto-legge n. 242 del 1996;
la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto vietava l'uso degli spazi per attività logistiche site nelle aree sottoposte a sequestro;
consta agli interroganti che personale della azienda Avio avrebbe continuato ininterrottamente a prestare servizio presso il sito dell'arsenale militare di Taranto per effettuare manutenzioni alle unità navali della Marina Militare senza le condizioni di sicurezza che la stessa Procura della Repubblica aveva evidenziato;
risulta, altresì, che la Marina militare fosse a conoscenza delle misure precauzionali adottate dalla Procura della Repubblica e che la ditta Avio avrebbe continuato a prestare i propri servizi disattendendo le norme di sicurezza sopra richiamate -:
se quanto sopra esposto sia a conoscenza degli enti ispettivi dei Ministeri di pertinenza, quali eventuali iniziative si intendano intraprendere da codesti Ministeri per verificare quanto esposto e quali conseguenze prevedano per i soggetti fornitori le norme dei contratti sottoscritti da Enti pubblici in presenza di violazione delle suddette norme sulla sicurezza sui posti di lavoro.
(4-02393)
FEDI e BUCCHINO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il comma 7 dell'articolo 70 della legge n. 338 del 23 dicembre 2000 (la legge finanziaria per il 2001) ha previsto a partire dal 2001, a favore dei soggetti i
quali siano titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della stessa, il cui importo complessivo annuo, al netto dei trattamenti di famiglia, non superi l'importo del trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, il pagamento di un importo aggiuntivo pari a lire 300.000 annue (154,94 euro);
a tale importo aggiuntivo sono interessate anche le pensioni in convenzione internazionale erogate ai residenti all'estero;
tale importo è corrisposto dall'Inps in sede di erogazione della tredicesima e spetta a condizione che il soggetto:
a) non possieda un reddito complessivo individuale assoggettabile all'Irpef relativo all'anno stesso superiore a una volta e mezza il trattamento minimo italiano;
b) non possieda, se coniugato, un reddito complessivo individuale assoggettabile all'Irpef relativo all'anno stesso superiore a una volta e mezza il predetto trattamento minimo, né redditi, cumulati con quelli del coniuge, per un importo superiore a tre volte il medesimo trattamento minimo (l'Inps non procede al cumulo dei redditi con quelli del coniuge legalmente ed effettivamente separato);
la stessa legge (al comma 8 dell'articolo citato) prevede che nei confronti dei soggetti che soddisfano le condizioni reddituali e per i quali l'importo complessivo annuo dei trattamenti pensionistici risulti superiore al trattamento minimo e inferiore al limite costituito dal medesimo trattamento minimo incrementato di 300.000 lire annue (154,94 euro), l'importo aggiuntivo viene corrisposto fino a concorrenza del predetto limite;
è previsto che anche gli altri enti erogatori, oltre all'Inps, provvedano negli stessi termini e con le stesse modalità al pagamento dell'importo aggiuntivo;
la concessione dell'importo aggiuntivo è subordinata alle seguenti due condizioni:
a) Prima condizione: l'importo pensionistico.
Per il 2006:
se l'importo della pensione per l'anno 2006 (comprensivo delle maggiorazioni sociali e dell'aumento a 516 euro) è risultato maggiore di 5.713,48 euro, nulla spetta al pensionato;
se l'importo della pensione per l'anno 2006 è risultato minore o uguale a 5.558,54 euro, il pensionato ha diritto, se risultano soddisfatte le condizioni reddituali sue e del coniuge, all'intero importo aggiuntivo;
se l'importo della pensione per l'anno 2006 è risultato compreso tra euro 5.558,54 e 5.713,48 al pensionato spetta la differenza tra 5.713,48 e l'importo della pensione, sempre che risultino soddisfatte le condizioni reddituali proprie e del coniuge;
per i residenti all'estero l'importo della pensione preso in considerazione oltre al pro-rata italiano include anche l'eventuale pensione estera;
b) Seconda condizione: i limiti reddituali.
Il diritto all'importo aggiuntivo per il 2006 di 154,94 euro, o ad una parte dello stesso, è attribuito se il reddito personale non supera l'importo di 8.337,81 euro. Qualora il pensionato è coniugato, il limite di reddito cumulato previsto è di 16.675,62 euro;
si tratta quindi di un beneficio circoscritto ad una limitata platea di aventi diritto i quali devono essere titolari di pensioni e di redditi bassi;
da questa già limitata platea di beneficiari, l'INPS ha deciso, secondo gli interroganti senza una fondata e plausibile motivazione, di escludere i residenti all'estero titolari di una pensione (pro-rata) italiana detassata alla fonte (e quindi dall'Inps stesso in qualità di sostituto di
imposta) in seguito all'applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali -:
se non si ritenga che l'esclusione di migliaia di nostri connazionali residenti all'estero dalla attribuzione di un modesto beneficio previdenziale, che viene invece concesso a tutti i titolari di pensione residenti in Italia, rappresenti una manifesta ingiustizia che non trova alcuna giustificazione o fondamento tecnico-giuridico, atteso che la legge istitutiva dell'importo aggiuntivo non prevede alcuna specifica esclusione soggettiva ma solo il soddisfacimento di specifici requisiti reddituali;
se il Ministero del lavoro intenda verificare i motivi dell'esclusione dei residenti all'estero titolari di pensione italiana detassata alla fonte dall'attribuzione dell'importo aggiuntivo alla tredicesima mensilità pensionistica istituito dalla legge n. 388 del 2000, articolo 70 comma 7, e, nel caso in cui tale esclusione sia considerata ingiustificata, se intenda impartire istruzioni all'Inps affinché l'istituto previdenziale eroghi la prestazione in oggetto anche ai soggetti finora esclusi.
(4-02396)