Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato A
Seduta n. 121 del 7/3/2007
...
(A.C. 2193 - Sezione 5)
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il mandato assegnato alle truppe UNIFIL, in accordo con la risoluzione ONU n. 1701 del 2006, capoverso n. 3 del dispositivo, prevede che tali truppe collaborino con l'esercito libanese per il disarmo di Hezbollah;
tale disarmo era previsto sia dagli accordi di Taif del 1989 sia da una disposizione del Governo libanese del 27 luglio 2006;
il gruppo di Hezbollah, rimanendo armato, vanifica la volontà internazionale che vuole, anche attraverso la scomparsa di contro-poteri locali, il mantenimento di un sistema democratico e di un autonomo ed indipendente Governo libanese, così come specificato al punto n. 3 del capoverso n. 8;
il conflitto della scorsa estate con l'invasione da parte di truppe israeliane del territorio libanese è stato causato sia
dal rapimento di due soldati israeliani, di cui ancora oggi non si hanno notizie, sia dal lancio di missili, a breve e a lunga gittata, verso Israele in partenza da zone sotto controllo di Hezbollah;
come si apprende da fonti di agenzia, risulta che vi siano nuovi insediamenti da parte di Hezbollah nei territori di Sraireh, Qotrani e di Ahmadiyeh finanziati da un uomo d'affari sciita, commerciante in diamanti, tale Ali Tajiddine, che avrebbe acquistato terreni ed edifici nei suddetti luoghi;
come riportato dal quotidiano britannico The Times, su segnalazione di un non identificato «Ufficiale dell'UNIFIL», sulla sponda settentrionale del fiume Litani, Hezbollah sta preparando un nuovo sistema di fortificazioni e sta ampliando le vecchie postazioni anche creando nuovi depositi di armamenti. Ciò sarebbe inoltre confermato da un'anomala intensificazione del traffico di camion nella zona;
anche se questa zona non è di stretta pertinenza dell'azione di UNIFIL, è evidente che la ridotta distanza dal territorio israeliano rende possibile l'utilizzo di quelle aree per il lancio di missili contro città israeliane, così come accaduto nel luglio scorso;
la presenza di aree, in territorio libanese, controllate da uomini armati non appartenenti all'esercito, né dallo stesso dipendenti, vanifica sia l'auspicata sovranità del Governo democraticamente eletto sia lo spirito della risoluzione ONU n. 1701;
la presenza di fortificazioni, armamenti e gruppi armati organizzati che potrebbero compiere atti ostili contro Israele, nonostante la presenza di truppe UNIFIL, a mo' di cuscinetto tra i due, smentisce, nei fatti, il ruolo attribuito al contingente ONU, mette a rischio la sicurezza di coloro che potrebbero trovarsi tra due fuochi e, inoltre, lede l'immagine ed il prestigio delle truppe internazionali, ivi dislocate, tra cui quelle italiane,
impegna il Governo:
a riferire immediatamente al Parlamento sulle condizioni di sicurezza dei militari italiani di fronte alla minaccia che si profila, e sui passi che lo stesso Governo intenda compiere per decidere, d'accordo con gli alleati e con il Governo libanese, quale azione intraprendere davanti all'evidenza del riarmo dei guerriglieri di Hezbollah;
ad adottare le opportune iniziative volte a dotare immediatamente le truppe italiane di armamenti di difesa e di offesa idonei a proteggerne l'incolumità in caso di prossimo e di improvviso inasprimento della crisi in loco;
nel caso non sia possibile dotare le truppe italiane di armamenti idonei a proteggerne l'incolumità o nell'impossibilità di concordare una linea comune più attiva e di reale adempimento degli impegni assunti con la risoluzione ONU n. 1701, a valutare l'opportunità di dichiarare il fallimento della missione e di ordinare l'immediato ritiro di tutto il contingente italiano, affinché i militari italiani non corrano alcun rischio derivante da una presenza, divenuta ormai palesemente inutile.
9/2193/1. Rivolta, Cossiga, Paoletti Tangheroni, Boniver, Picchi.
La Camera,
premesso che:
la protezione dei diritti umani in Afghanistan dovrebbe essere uno degli obiettivi principali della missione ISAF;
il lavoro della Commissione indipendente Afghanistan Indipendent Human Rights Commission rischia di essere pesantemente ridimensionato per mancanza di fondi;
deve essere dedicata una particolare attenzione al rispetto dei diritti umani nel corso di operazioni militari, tenendo presente che la salvaguardia della vita e della dignità delle persone deve essere
l'obiettivo primario di tali missioni; chi commette violazioni di tali diritti dovrebbe essere perseguito, mentre a chi subisce danni o abusi dovrebbe essere garantito un adeguato risarcimento;
impegna il Governo:
ad adottare le opportune iniziative volte a finanziare, anche mediante l'utilizzo dei fondi destinati al settore della giustizia, l'attività dell'Afghanistan Indipendent Human Rights Commission;
a coinvolgere nella partecipazione alla conferenza di Roma sulla giustizia in Afghanistan anche l'Afghanistan Indipendent Human Rights Commission;
ad avviare un dibattito nelle competenti istanze politiche della Nato volto all'istituzione di un difensore civico al quale possa rivolgersi chiunque abbia subito danni o violazioni dei diritti umani da parte della coalizione, al fine di ottenere un adeguato risarcimento, e con il compito di intervenire sull'autore di tali violazioni.
9/2193/2.(Testo modificato nel corso della seduta) De Zulueta, Bonelli, Francescato, Siniscalchi, Rotondo.
La Camera,
premesso che:
il Governo, come si apprende dalla relazione tecnica che accompagna il decreto-legge in esame, a seguito del ritiro del contingente militare italiano dall'Iraq, per garantire la sicurezza e l'incolumità del personale civile presente presso l'Unità di Sostegno alla Ricostruzione (USR), ha la necessità di stipulare un contratto con una società di sicurezza privata, che già sia operante in Iraq con personale locale, per il quale è prevista una spesa di 3.498.000 euro;
in Italia la delicata materia delle società di sicurezza privata non dispone di una normativa specifica con regole certe, trasparenza, controlli e sanzioni, come accade, ad esempio, negli Stati Uniti (dove da poco anche gli operatori privati di sicurezza militare, con contratti del Ministero della difesa U.S.A., saranno sottoposti alla giurisdizione della corte marziale, in caso di reati compiuti su teatro bellico);
impegna il Governo:
a riferire quanto prima in Parlamento per esplicitare i criteri di scelta di tale società, i termini del contratto, le regole al quale sono sottoposti gli operatori della sicurezza e che tipo di controllo si farà sul loro operato;
ad adottare le opportune iniziative normative, anche urgenti, volte a regolamentare la materia nel suo complesso.
9/2193/3. Bonelli, De Zulueta.
La Camera,
premesso che:
condizione per la stabilizzazione dell'Afghanistan è il raggiungimento di adeguati livelli di sicurezza per la popolazione attraverso il controllo del territorio e un livello di sufficiente sviluppo economico e di promozione sociale tale da migliorare sensibilmente le condizioni di vita delle popolazioni;
per ottenere tali risultati - come peraltro previsto dalle risoluzioni delle Nazioni Unite in materia - assume rilevanza la definizione di un'efficace strategia di contrasto e riconversione delle coltivazioni illegali di oppio, aumentate in quest'ultimo anno, che alimentano una condizione di ricattabilità dei contadini afgani da parte dei mercanti di droga e dei cosiddetti «signori della guerra» che utilizzano i rilevanti proventi del traffico illegale per i propri fini,
impegna il Governo
a sostenere nelle sedi internazionali competenti, in attuazione della mozione n. 1/00014 approvata dalla Camera il 19 luglio 2006, ogni iniziativa tesa ad individuare un'efficace strategia di contrasto alla
coltivazione e al commercio illegali di oppio, anche attraverso eventuali programmi di riconversione delle colture illecite di oppio in Afghanistan in colture legali, ai fini dell'utilizzazione dell'oppio medesimo per le terapie del dolore.
9/2193/4. Sereni, D'Elia, Venier, Mantovani, Donadi, Mattarella, Brugger, Villetti, Bonelli, Fabris, Giuditta.
La Camera,
premesso che:
è necessario che l'Italia continui a garantire il massimo supporto alle operazioni della NATO in Afghanistan nel quadro della missione ISAF,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative volte ad assicurare il più efficace impiego degli assetti aerei dislocati in Afghanistan nel quadro delle operazioni NATO, con particolare riferimento agli elicotteri ed alla evacuazione medica.
9/2193/5. Gregorio Fontana.
La Camera,
valutate positivamente le dichiarazioni del Ministro della difesa in relazione alla possibile e preventivata prosecuzione della missione ISAF della NATO in Afghanistan sino al 2011,
impegna il Governo
a proseguire nella sua azione di pieno contributo e supporto alle operazioni NATO in Afghanistan.
9/2193/6. Cossiga.
La Camera,
preso atto delle informazioni fornite dal Governo in relazione alla situazione militare in Afghanistan;
considerati con apprensione gli sviluppi delle operazioni in quel territorio, con particolare riferimento al rafforzamento in alcune zone delle milizie talebane e dei terroristi di Al Qaida;
ritenuto prioritario, nel quadro della partecipazione italiana alla missione di pace in Afghanistan, assicurare la sicurezza e l'incolumità del personale italiano colà impegnato,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche mediante il rafforzamento in termini qualitativi o quantitativi del contingente militare italiano impegnato in Afghanistan, volte ad assicurare al personale militare e civile nazionale e ai cooperanti italiani impegnati in Afghanistan, l'incolumità fisica e la possibilità di espletare in sicurezza i propri compiti.
9/2193/7. Cicu.
La Camera,
premesso che:
secondo l'UNDCP, l'agenzia delle Nazioni Unite che da anni conduce la lotta ai trafficanti di droga, nel 2006 sono stati coltivati in Afghanistan 370.650 acri di piantagioni di papaveri da oppio. L'anno scorso nel Paese è stato prodotto oppio a sufficienza per 450 tonnellate di eroina, pari al 90 per cento dell'offerta mondiale;
sempre più contadini afgani abbandonano le coltivazioni tradizionali per passare all'oppio e alla cannabis, anche a causa del sistema feudale «ushur» vigente nelle campagne afgane, che arricchisce i signori locali e impoverisce sempre più i contadini che, dovendo versare questa tassa in natura, alla fine, pur di sopravvivere, si vedono costretti a coltivare l'oppio, molto più redditizio;
il programma avviato dal Governo di Kabul con l'aiuto delle nazioni impegnate nella missione ISAF, per ottenere lo sradicamento delle colture di papavero da
oppio, non ha ottenuto i risultati sperati nonostante le decine di milioni di dollari investite;
nel corso della Conferenza sullo sviluppo del Paese del 2006 il Presidente Karzai ha parlato di un processo di sradicamento delle coltivazioni che durerà almeno dieci o quindici anni, un periodo non sostenibile per i danni che ne conseguirebbero per le giovani generazioni;
l'acquisto di oppio per scopi legali, in particolare per la produzione di farmaci antidolorifici, sottoponendo le coltivazioni a procedure di controllo con l'obiettivo di contrastare il narcotraffico, oltre che moralmente inaccettabile non servirebbe a nulla, in quanto le maggiori quotazioni del mercato illegale indurrebbero i coltivatori di oppio a soddisfare quel tipo di domanda;
nel confermare il pieno appoggio all'operazione ISAF,
impegna il Governo:
ad evitare di intraprendere iniziative che prevedano il sostegno dei coltivatori afgani attraverso l'acquisto dell'oppio, ancorché per scopi legali e farmaceutici;
a sostenere il Governo afgano nell'eliminazione del sistema feudale vigente nelle campagne afgane che, attraverso il versamento di decime ai potentati locali, induce i contadini a coltivare l'oppio per l'evidente vantaggio economico che ne consegue;
a valutare l'opportunità di condizionare l'erogazione di finanziamenti al Governo afgano al conseguimento di maggiori risultati nella lotta alla corruzione e ai narcotrafficanti;
a sostenere, presso il comando militare interforze dell'operazione ISAF, un maggior impegno nella distruzione delle piantagioni oppiacee (soprattutto attraverso l'uso di funghi patogeni, e quindi ecologici) e la puntuale verifica della loro riconversione in produzioni biologiche.
9/2193/8. Volonté.
La Camera,
premesso che:
nel quadro della lotta internazionale al terrorismo, nel marzo 2003, una coalizione guidata dagli USA aveva intrapreso l'Operazione Iraqi Freedom in Iraq, per il rovesciamento del regime di Saddam Hussein;
a seguito della sconfitta della capacità militare irachena, il 1o maggio 2003 iniziava la fase «post conflitto» (quarta fase dell'operazione Iraqi Freedom), che si poneva, come obiettivo, la creazione delle condizioni indispensabili allo sviluppo politico, sociale ed economico dell'Iraq;
nell'ambito dell'intervento complessivo italiano in Iraq, nel contesto dell'Operazione denominata Antica Babilonia (nel quadro più generale della quarta fase dell'Operazione Iraqi Freedom), era stata prevista una componente militare a garanzia della irrinunciabile cornice di sicurezza all'opera di ricostruzione del Paese;
il Governo italiano di allora, presieduto dall'on. Silvio Berlusconi, decideva di finanziare la CRI, ente neutrale ed indipendente, al fine di impiantare un ospedale da campo prima e, successivamente, provvedere alla gestione di alcuni reparti del Medical City Hospital;
in particolare, la CRI, nel 2003, aprì, grazie a tali finanziamenti, un proprio reparto per i grandi ustionati, presso il Medical City Hospital della capitale irachena, curando ben oltre 200.000 persone;
con la conclusione della missione italiana in Iraq, il Governo di centro-sinistra, guidato dall'on. Romano Prodi, non ha provveduto a rifinanziare il Medical City Hospital a Baghdad, privando di cure migliaia di persone e del posto di lavoro oltre cento famiglie di medici, infermieri e tecnici iracheni;
il Presidente del Consiglio ed il Ministro degli affari esteri ritengono che le missioni civili debbano essere aumentate e rafforzate rispetto a quelle militari. Tuttavia,
l'attuale Governo ha deciso, di fatto, la chiusura del reparto finanziato dall'Italia presso l'ospedale di Baghdad,
impegna il Governo
a chiarire quali siano i suoi intendimenti rispetto alla decisione di non rifinanziare il Medical City Hospital di Baghdad, al fine di conciliare tale decisione con la volontà di incrementare e rafforzare le missioni civili internazionali.
9/2193/9. Germontani.
La Camera,
premesso che:
nella seduta svoltasi, lo scorso 22 febbraio, presso le Commissioni riunite esteri e difesa, la maggioranza ha approvato un emendamento, sul quale avevano espresso parere favorevole sia il rappresentante del Governo, sia il relatore del provvedimento, volto ad inserire la possibilità, nel quadro degli interventi «finalizzati alla realizzazione di iniziative destinate, tra l'altro, al sostegno dello sviluppo socio-sanitario in favore delle fasce più deboli della popolazione», di formulare una « proposta alle competenti Agenzie delle Nazioni Unite di una iniziativa sperimentale per l'acquisizione parziale della produzione afgana di oppio a fini terapeutici da parte dell'industria farmaceutica internazionale»;
l'inserimento, nel testo del decreto-legge, di questa previsione ha, tuttavia, suscitato la contrarietà della Commissione affari sociali che, nell'espressione del parere sul provvedimento, ha rilevato che «tale previsione, infatti, non sarebbe in linea con le posizioni assunte a livello internazionale nei confronti delle coltivazioni afgane di oppio, secondo cui sono da favorire interventi per l'eradicazione di tali coltivazioni o al massimo per la loro riconversione, ma non invece quelli volti all'acquisizione dei prodotti delle medesime», e ha chiesto che la relativa norma fosse soppressa;
nonostante gli sforzi del Governo presieduto dal Presidente Karzai, finalizzati a bandire la coltivazione, il traffico, nonché il consumo del papavero da oppio, un terzo dell'economia afgana continua a basarsi sulla produzione di oppio e, al riguardo, la settimana scorsa, il Comitato internazionale per il controllo dei narcotici (INBC) ha dichiarato di essere «seriamente preoccupato perché la situazione del controllo della droga in Afghanistan è sempre più precaria e non vi sono stati grandi miglioramenti, in particolare per quanto riguarda l'eliminazione della coltivazione illecita di papavero da oppio e della relativa produzione»;
nel 2006, la produzione dell'oppio ha addirittura registrato un considerevole aumento, con un raccolto di 6.100 tonnellate e una crescita del 59 per cento rispetto alla produzione degli anni precedenti, a dimostrazione che la medesima continua ad essere la principale risorsa economica del Paese;
la provincia di Helmand, denominata il «granaio dell'oppio» e situata nel Sud del Paese, costituisce, da sola, circa la metà del prodotto interno lordo, con una produzione di oppio che, nella sua forma trattata, l'eroina, copre circa il 90 per cento della domanda mondiale;
secondo il Comitato per il controllo dei narcotici, la lotta contro la coltivazione illecita di papavero da oppio in Afghanistan è ostacolata dalla corruzione e dai vertiginosi guadagni che ne derivano traggono beneficio sia i signori della guerra che, attraverso di essi, aumentano il proprio potere nelle regioni, sia i talebani che, non a caso, stanno riorganizzandosi proprio nelle regioni del sud, le quali sono le maggiori coltivatrici di sostanze oppiacee;
fino ad oggi, sia la politica portata avanti dall'Italia, sia la strategia auspicata ed adottata nelle sedi internazionali, sia le misure prese dal Governo afgano, sono sempre state rivolte alla lotta alla droga, attraverso la distruzione o la riconversione delle colture oppiacee, e a combattere, nel
modo più efficace possibile, il narcotraffico e la diffusa corruzione che ne agevola l'esportazione oltre i confini nazionali;
in quest'ottica va ricordato, innanzitutto, che la legge 26 febbraio 1987, n. 49, che disciplina la cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo, all'articolo 2, comma 3, precisa che «nell'attività di cooperazione rientrano l'adozione di programmi di riconversione agricola per ostacolare la produzione della droga nei Paesi in via di sviluppo»;
in secondo luogo, va ribadito che la relazione illustrativa dello stesso decreto-legge in esame evidenzia che lo stanziamento previsto per l'Afghanistan è destinato in prevalenza a contribuire ai due principali fondi fiduciari attivati da Agenzie dell'ONU, uno dei quali è il CNTF (Counter Narcotics Trust Fund) al quale l'Italia ha già erogato, nell'anno 2006, un milione di euro, la cui finalità è quella di mobilitare risorse addizionali per l'implementazione della strategia nazionale afgana di lotta alla droga, al fine di combattere la coltivazione, la produzione ed il traffico di droga;
in terzo luogo, infine, va rilevato che anche nell'ambito dei nuovi aiuti finanziari - pari a 600 milioni di euro in quattro anni - annunciati lo scorso 29 gennaio dall'Unione europea, il Commissario per le relazioni esterne e la politica europea di vicinato, Benita Ferrero-Waldner, ha sottolineato come, tra gli obiettivi di questo nuovo stanziamento, vi sia lo sviluppo di colture alternative per contrastare l'industria dell'oppio,
impegna il Governo:
a mantenere, con riferimento all'importante problema della massiccia coltivazione di droga in Afghanistan, una linea di continuità e di equilibrio con tutte le iniziative assunte sinora da parte del Governo e in sede internazionale, volte a combattere la produzione delle sostanze attraverso l'eradicazione delle piantagioni o la loro riconversione, nonché a smantellare le raffinerie di eroina e a distruggere l'investimento dei terroristi e dei signori della guerra nell'economia dell'oppio, permettendo così all'economia legittima e al processo costituzionale di avanzare;
a sostenere, in ogni modo, il Governo afgano nella lotta contro la droga, anche aiutando il Governo di Kabul ad agire in maniera opportuna ai fini di assicurare l'effettivo funzionamento del nuovo Comitato per il controllo della droga, conformemente alle disposizioni dei trattati internazionali sul monitoraggio del narcotraffico.
9/2193/10. Gasparri, Bocchino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame autorizza la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione in Afghanistan;
l'operazione delle Nazioni Unite in Afghanistan, dopo l'abbattimento del regime talebano, non ha ancora prodotto gli effetti sperati giacché tale terra continua ad essere teatro di criminosi atti terroristici posti in essere dai nemici della democrazia;
il contingente militare italiano opera in questa situazione di evidente criticità caratterizzata dalla difficoltà di portare a compimento il processo di stabilizzazione e di rafforzamento delle istituzioni democraticamente elette, dal momento che persistono aree ancora controllate dai talebani e da altri gruppi armati;
ai soldati italiani, per la loro professionalità e l'altissimo senso del dovere, come dimostra il supremo sacrificio compiuto da alcuni di loro, l'intero Parlamento non deve mai far mancare il proprio sostegno, poiché è a loro che si deve tributare un doveroso omaggio ed il più convinto apprezzamento per l'opera svolta,
impegna il Governo
a valutare, con la massima attenzione, tutti i fattori di rischio collegati alla complessa e drammatica situazione che si sta sviluppando in Afghanistan, dove, per la prossima primavera, si preannuncia una nuova offensiva talebana, e a rivedere le modalità di impiego degli uomini e dei mezzi, prevedendo maggiori dotazioni di protezione individuale e di difesa dei mezzi impiegati.
9/2193/11. Ronchi, Zacchera.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 8, del decreto-legge in esame dispone lo stanziamento di 300.000 euro per la cessione a titolo gratuito alle Forze armate libanesi di rilevatori di ordigni esplosivi, in linea con la risoluzione dell'ONU n. 1701 (2006);
tale disposizione si inquadra nell'ambito dei contributi alla ricostruzione e allo sviluppo del Libano, richiesti dalle Nazioni Unite alla comunità internazionale e, in particolare, nel programma delle attività intese a corrispondere alla richiesta, avanzata dal Governo libanese, di assistenza nelle operazioni di bonifica del territorio da mine e ordigni esplosivi;
analogamente, in merito alla travagliata situazione in cui versa il Sudan, l'articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del Regolamento (CE) n.131/2004, così come modificato dal Regolamento (CE) n. 838/2005 del Consiglio, relativo a talune misure restrittive nei confronti del Sudan, prevede la possibilità per gli Stati membri, tra cui anche l'Italia, di autorizzare il finanziamento e la presentazione di assistenza finanziaria e tecnica pertinenti alle attrezzature e al materiale impiegati per le operazioni di sminamento;
il conflitto nella regione del Darfur ha causato, tra le forze regolari, le milizie filogovernative e i ribelli, almeno 400.000 morti e oltre due milioni e mezzo di profughi e sfollati nel corso degli ultimi tre anni, sebbene il 5 maggio 2006 sia stato firmato ad Abuja, in Nigeria, un accordo di pace per il Darfur (DPA);
l'11 gennaio 2007 il Governo del Sudan e i gruppi ribelli hanno concordato un cessate il fuoco di sessanta giorni, ma gli attacchi indiscriminati contro i civili e gli operatori umanitari proseguono senza sosta e hanno raggiunto un livello di violenza senza precedenti in Darfur, secondo quanto descritto dalle agenzie umanitarie;
il conflitto del Darfur - e l'impunità dinanzi alla giustizia - incide sempre più sulla stabilità della regione centrafricana e costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali;
le risoluzioni delle Nazioni Unite concernenti la «responsabilità di proteggere» prevedono che, quando le autorità nazionali sono manifestamente incapaci di proteggere le proprie popolazioni da atti di genocidio, crimini di guerra, operazioni di pulizia etnica e crimini contro l'umanità, la responsabilità di fornire la protezione necessaria incombe ad altri,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative volte a garantire l'individuazione delle risorse economico-finanziarie necessarie per incrementare le improcrastinabili operazioni di sminamento, ripartendo i fondi in maniera equa, al fine di destinarli anche al Sudan e al completamento della bonifica delle aree minate in Darfur, mantenendo l'impegno preso, a suo tempo, in sede europea.
9/2193/12. Menia, Angeli.
La Camera,
premesso che:
con riferimento alla politica internazionale, il Governo, presieduto dall'onorevole Romano Prodi, continua a versare in uno stato di profonda crisi, sia sotto il
profilo della politica estera, sia sotto quello della politica di difesa, il che è dovuto al fatto che, dietro un pacifismo di bandiera, la sinistra più radicale nasconde una irresponsabile posizione antistatunitense e di avversione nei confronti del sistema tradizionale di alleanze euro-atlantiche;
una settimana fa, uno dei quotidiani più autorevoli degli Stati Uniti d'America, il Wall Street Journal, ha affermato che la rinuncia, da parte dell'Italia e di altri Paesi, ad inviare rinforzi in vista dell'annunciata offensiva talebana di primavera, farà sì che le truppe americane e britanniche impegnate in Afghanistan pagheranno un elevato tributo in termini di vite umane;
l'incapacità, da parte del Governo di centrosinistra, di porre in essere una politica estera coerente e credibile mette in crisi il rapporto dell'Italia con gli altri Paesi impegnati nelle missioni internazionali nei diversi teatri di conflitto e sta mettendo a dura prova il rapporto di fiducia che l'Italia intrattiene da sempre con il Governo degli Stati Uniti;
un Paese come l'Italia deve avere una politica estera all'insegna di una tradizionale continuità sulla base di tre grandi valori quali l'occidentalismo e, con esso, l'atlantismo, l'europeismo e il multilateralismo;
l'interesse ed il prestigio dell'Italia, nonché il consolidamento della pace e della democrazia nel mondo, debbono essere considerati da tutti come valori di riferimento irrinunciabili, posti al di sopra di tattiche politiche e di interessi di parte,
impegna il Governo
ad assicurare una politica internazionale improntata alla continuità e al rispetto degli impegni assunti, garantendo l'autorevolezza della posizione dell'Italia nel mondo.
9/2193/13. La Russa, Gamba.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame reca il differimento del termine della partecipazione italiana alle missioni internazionali delle Forze armate e delle Forze di polizia, nonché le rispettive autorizzazioni di spesa;
il decreto-legge in esame non dispone autorizzazioni di spesa per il differimento della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione dell'Unione europea «EUBAM Moldova e Ucraina», prevista dalla legge 4 agosto 2006, n. 247, con il compito di svolgere assistenza alla gestione delle frontiere e dei controlli doganali al confine dei due Paesi;
la Transnistria ha proclamato la propria indipendenza nel 1992, dopo un conflitto armato con il sostegno militare russo, destabilizzando l'intero Paese;
la missione «EUBAM Moldova e Ucraina», che vedeva impegnato anche il personale della nostra Polizia di Stato, risulta essere tuttora in pieno svolgimento;
l'attività di assistenza e gestione delle frontiere e dei controlli doganali tra la Moldova e l'Ucraina è un indiscusso contributo, internazionalmente riconosciuto, per giungere ad una soluzione sostenibile del conflitto nella regione transnistriana;
in particolare, tale attività di controllo trasfrontaliero contribuisce ad ampliare gli sforzi per la ricerca di una soluzione praticabile e sostenibile al conflitto, in quanto il miglioramento dei controlli alle frontiere è elemento fondamentale per porre fine allo scontro, anche limitando il traffico di armi;
il Parlamento europeo ha più volte riconosciuto le aspirazioni europee della Moldova e l'importanza di questo Paese per i suoi profondi legami storici, culturali ed economici con gli Stati membri;
nel quadro della politica europea di prossimità, è stato adottato un piano d'azione che comprende proposte volte a promuovere quelle riforme politiche ed istituzionali atte a consentire alla Moldova di integrarsi gradualmente nelle politiche e nei programmi dell'Unione europea;
l'Unione europea, in particolare, ha compiuto passi importanti per accrescere il proprio impegno nei confronti della Repubblica di Moldova e per trovare una soluzione al conflitto nella Transnistria, designando una delegazione permanente della Commissione a Chisinau, nominando un rappresentante speciale dell'UE (EUSR) per la Moldova ed istituendo, nella fattispecie, una missione dell'UE di assistenza alle frontiere (EUBAM) per Moldova e Ucraina, recepita anche dall'Italia con la citata legge n. 247 del 2006;
il 30 dicembre 2005 è stata data attuazione alla dichiarazione congiunta in materia doganale rilasciata dai Primi ministri dell'Ucraina e della Moldova, grazie alla quale si prevedeva, per gli operatori economici della regione transnistriana della Moldova, un'apposita procedura di registrazione presso le competenti autorità di Chisinau, affinché il flusso di merci attraverso la frontiera potesse avvenire senza ostacoli. Le autoproclamatesi autorità transnistriane hanno ostacolato tale registrazione;
i timori esistenti, soprattutto per quanto riguarda la Transnistria, relativi all'alto livello di criminalità, alla corruzione, all'esistenza di un'economia sommersa profondamente radicata e al mancato rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani, risultano essere fondati per tutta la comunità europea, compresa l'Italia, che condanna risolutamente larepressione, le vessazioni e le intimidazioni da parte del regime della Transnistria,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a ripristinare la partecipazione del personale della Polizia di Stato alla missione dell'Unione europea «EUBAM Moldova e Ucraina».
9/2193/14. Ascierto, Lamorte.
La Camera,
premesso che:
la situazione della sicurezza in Afghanistan richiede il massimo livello di allerta, soprattutto nella parte meridionale del Paese e nelle zone al confine con il Pakistan, ove si assiste ad una ripresa d'influenza degli stessi talebani;
da alcune intercettazioni in possesso dei Comandi militari, emergerebbe, infatti, che Osama Bin Laden ed il suo vice avrebbero riorganizzato le fila del fondamentalismo combattente, creando una sorta di quartier generale in una provincia montuosa del Pakistan;
nelle ultime settimane gli stessi talebani hanno dichiarato, a più riprese, di preparare, per la prossima primavera, un'offensiva finalizzata a respingere le truppe NATO dall'Afghanistan, in relazione alla quale il Presidente Bush sta chiedendo, a tutti i suoi alleati, di togliere le restrizioni relative all'impiego delle loro forze;
alla luce degli sviluppi della situazione afgana, lo scorso 31 luglio la NATO ha deciso di cominciare ad estendere l'azione dell'International Security Assistance Force (ISAF) anche ai territori meridionali del Paese;
fino ad oggi, il ripetersi di episodi sovversivi posti in essere da talebani, ex talebani e terroristi - ostili al processo di democratizzazione del Paese ed interessati, al contrario, a destabilizzare il Paese - ha causato già molte vittime tra i civili afgani, nonché tra le forze militari straniere impegnate nelle missioni internazionali;
anche il contingente militare italiano, chiamato a svolgere un ruolo essenziale nella realizzazione del processo di
pace in questa tormentata area geopolitica, ha subito diverse perdite in termini di vite umane;
un rapporto d'intelligence, presentato dai nostri servizi segreti nel settembre 2006,ha evidenziato il crescere dei rischi per i contingenti stranieri in Afghanistan, incluso quello italiano, soprattutto per l'intensificarsi del ricorso ad attacchi suicidi e ad ordigni azionati a distanza da parte dei terroristi;
la ristrettezza delle regole d'ingaggio dei nostri militari impegnati in Afghanistan e la corrispondente scarsezza di mezzi e forniture militari espongono i nostri soldati a rischi ancora più elevati rispetto a quelli a cui soggiacciono i contingenti degli altri Paesi e, di conseguenza, sarà sempre più difficile, per il contingente italiano, agire sulla base delle sole attuali regole;
la realizzazione del processo di pace in Afghanistan passa attraverso la lotta indefessa al terrorismo che, quindi, rappresenta una imprescindibile priorità nell'azione delle forze militari straniere impegnate in quel Paese,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di promuovere presso le Organizzazioni internazionali la revisione delle regole d'ingaggio del contingente militare italiano in Afghanistan, al fine di garantire la sicurezza dei soldati e la possibilità, per gli stessi, di agire degnamente al fianco dei militari degli altri Paesi impegnati, nell'ambito della missione ISAF, nella lotta costante al terrorismo e per l'affermazione della democrazia.
9/2193/15. Migliori, Proietti Cosimi.
La Camera,
preso atto dell'evolversi della situazione in Afghanistan e del concreto rischio che le Forze armate - pur riconfermando la loro missione di pace - si trovino coinvolte in scontri a fuoco o in situazioni di particolare difficoltà,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative volte a continuare a dotare i soldati italiani di tutte quelle armi difensive, materiali, veicoli, mezzi aerei e terrestri che possano loro permettere di svolgere al meglio la propria missione, nonché ad assicurare un'adeguata protezione al contingente italiano, nell'ottica di offrire la massima sicurezza possibile al personale impegnato.
9/2193/16.(Testo modificato nel corso della seduta) Zacchera.
La Camera,
premesso che:
l'intricata questione del Kosovo rimane uno degli ultimi interrogativi da risolvere nell'ex blocco balcanico dopo la caduta del comunismo;
il contingente italiano della brigata Pinerolo ha la leadership della Multinational Task Force West costituita il 15 maggio 2006, a seguito della riarticolazione della Multinational Brigade South-West in due Multinational Task Forces South e West;
la missione, che vede impegnati i contingenti italiani, è volta a concorrere, nell'ambito delle operazioni a guida NATO in corso di svolgimento nella Joint Operation Area (JOA), allo svolgimento di un'azione di presenza e deterrenza che mantenga un ambiente sicuro ed impedisca il ricorso alla violenza, contribuendo, nel contempo, al consolidamento della pace ed al processo di crescita civile;
i delicati compiti assegnati alla suddetta missione vertono sulle attività di ordine pubblico, controllo del territorio, sequestro di armi e munizionamento, nonché sullo spegnimento di incendi, sulla vigilanza ai luoghi di culto ed alle aree sedi di minoranze etniche;
l'articolo 1 del decreto-legge in esame, attinente al finanziamento degli interventi di cooperazione allo sviluppo, nulla dice in merito all'erogazione di fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo in Kosovo,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte ad integrare le risorse economico-finanziarie destinate alle attività indicate in premessa, anche per la missione di cooperazione allo sviluppo in Kosovo.
9/2193/17. Frassinetti, Castellani.
La Camera,
premesso che:
qualsiasi iniziativa volta a consentire la possibilità di acquistare l'oppio prodotto nelle coltivazioni dell'Afghanistan al fine di impiegarlo nella terapia del dolore contrasterebbe con le misure finora assunte finalizzate allo sradicamento e alla riconversione delle colture, incentivando, invece, l'attività di coltivazione e produzione della droga;
è noto che gran parte dei proventi derivanti dal narcotraffico afgano serve a finanziare i terroristi di Al Qaeda e una iniziativa, come quella precedentemernte citata, si tradurrebbe di fatto in un finanziamento a quegli stessi terroristi;
appare evidente come la strada da percorrere contro la piaga dell'oppio nel Paese afgano sia quella di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per combattere efficacemente la diffusione della droga, attraverso, ad esempio, la riconversione delle colture, una strategia di lungo termine che ha iniziato a dare, in questi ultimi anni, i primi risultati,
impegna il Governo
a perseguire in sede internazionale ogni sforzo volto a combattere efficacemente il problema delle coltivazioni oppiacee in questa delicata area dei mondo e ad adoperarsi presso i Governi stranieri affinché questi ultimi adottino inziative volte a combattere efficacemente la diffusione della droga, vero motore della tragica escalation nei consumi e, quindi, nella produzione della droga medesima.
9/2193/18. Pedrizzi.
La Camera,
premesso che:
nonostante i progressi compiuti in Afghanistan nel processo di ricostruzione civile ed istituzionale, visibili, tra l'altro, proprio nella rinnovata partecipazione femminile alla vita sociale e politica, la condizione in cui versano le donne in Afghanistan è ancora molto lontana dal raggiungimento del rispetto di quasi tutti i più elementari diritti umani;
le donne in Afghanistan rappresentano la parte della popolazione che più soffre a causa del mancato consolidarsi dell'ordinamento democratico: il loro tasso di analfabetismo è fermo all'85 per cento e si registrano continui attacchi alle scuole femminili; ben il 95 per cento subisce in modo continuato violenze domestiche; l'età minima richiesta per contrarre matrimonio sarebbe di sedici anni, ma spesso bambine di soli otto o nove anni sono vendute come spose e le cronache ospedaliere riportano storie di ferite brutali ad esse inferte dai mariti durante le prime notti di nozze che, in località lontane da ospedali, spesso si rivelano fatali alle loro giovani vite; la sharia (legge islamica) è ancora in vigore e una delle sue conseguenze è che ogni donna che sia trovata fuori di casa è considerata automaticamente colpevole di adulterio; le donne che tentano di fuggire, se catturate, vengono chiuse in prigione o restituite a mariti o fratelli che, per lavare l'onta della fuga, possono anche ucciderle;
il tasso dei suicidi di donne nel Paese è altissimo, tanto che nella sola
provincia occidentale di Herat nel 2003 si sono tolte la vita centonovanta donne e nelle regioni meridionali, nelle quali, anche in seguito al ritorno dei talebani, le condizioni di vita femminili sono, se possibile, ancora peggiori che nel resto del Paese, le stime parlano dì cifre ancora più alte;
nel 2003 l'Afghanistan ha ratificato la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione verso le donne (CEDAW) e il Governo formato da Hamid Karzai nel 2004 ha approvato la nuova Costituzione, che prevede, tra l'altro, la parità dei diritti tra uomini e donne, ma due recenti rapporti di Human Rights Watch e di Amnesty International affermano che in Afghanistan si sta tornando indietro e che discriminazione e violenza nei confronti delle donne sono ancora diffuse;
la situazione delle donne in Afghanistan rappresenta, probabilmente, l'abuso contro i diritti delle donne più severo ed estremo al mondo, ma il sistema di giustizia penale è assolutamente incapace di affrontare i problemi di violenza contro le donne e troppo carente per garantire una concreta protezione del loro diritto alla vita ed alla sicurezza fisica;
il forte coinvolgimento femminile nelle scorse elezioni presidenziali, a cui le donne hanno partecipato non solo come elettrici, ma anche lavorando nei seggi e come educatrici civiche, ha fatto sì che le donne politicamente impegnate fossero particolarmente prese di mira, soprattutto nelle regioni ove vi sono ancora i talebani e si teme che la partecipazione femminile al prossimo voto per il rinnovo del Parlamento, in qualità di elettrici e di candidate, sia seriamente a rischio, a causa deilclima di minacce e di impunità che ancora regna nel Paese;
nell'ambito dello stanziamento previsto per l'Afghanistan dal decreto-legge in esame, sono previsti contributi agli organismi internazionali nei settori dei minori, del sostegno alle donne e nel settore della giustizia, nel quale l'Italia è stata Paese cosiddetto «Lead» fino alla Conferenza di Londra del gennaio/febbraio 2006 e nel quale mantiene un ruolo preminente di coordinamento tra i donatori internazionali;
tra le finalità dell'attività di cooperazione allo sviluppo posta in essere dall'Italia un ruolo di particolare rilievo è attribuito al miglioramento della condizione femminile e dell'infanzia ed al sostegno della promozione della donna e a alla promzione dello sviluppo culturale e sociale della donna con la sua diretta partecipazione;
l'Afghanistan, purtroppo, non è l'unico Paese tra quelli che formano oggetto degli interventi del decreto-legge in esame nel quale le donne vivono in condizioni di povertà, arretratezza ed emarginazione sociale e subiscono continue, inaudite violenze; nel Sudan, ad esempio, per citarne un altro, un rapporto stilato nel 2004 da Amnesty International denunciava che lo stupro è considerato come una qualsiasi arma di guerra, e che è stato ampiamente utilizzato dall'esercito governativo e dalle milizie sue alleate come parte della «strategia della terra bruciata» usata da Khartoum non solo in Darfur, ma anche in tutte le altre guerre sudanesi e, al riguardo, l'ultimo allarme è stato lanciato nell'agosto del 2006 dall'International Rescue Committee, secondo cui nelle settimane precedenti il numero di stupri all'interno dei campi profughi era in drastico aumento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare, nell'ambito delle risorse stanziate dal decreto-legge in esame, una parte dei fondi all'attuazione di programmi e progetti volti ad assistere e tutelare le donne, socialmente e legalmente, nell'ambito di una incisiva azione in favore del miglioramento della condizione femminile, elemento essenziale di una forte e compiuta democratizzazione.
9/2193/19. Garnero Santanché, Santelli, Capitanio Santolini, Lussana.
La Camera,
ritenendo che il piano elaborato dal rappresentante speciale delle Nazioni Unite per il Kosovo, Martti Ahtisaari, in quanto riconosce una forma di sovranità nazionale sotto la supervisione dell'Onu, prefigura comunque un sentiero destinato a sfociare nell'unilaterale proclamazione dell'indipendenza da parte delle autorità di Pristina;
osservando che rispetto ad una soluzione del genere non sembra sussistere il consenso della Serbia né, tanto meno, quello della Russia, la quale è indisponibile ad accettare un Kosovo indipendente senza che il diritto all'autodeterminazione venga contestualmente riconosciuto alla Transnistria, all'Abkhazia ed all'Ossezia del Sud, dove si sono oltretutto tenuti dei referendum di autodeterminazione conclusisi con nette affermazioni degli indipendentisti;
rilevando come non sia da escludere l'eventualità che un Kosovo indipendente alimenti l'irredentismo albanese in Macedonia, innescando tensioni suscettibili di dar forza a chi persegue il disegno geopolitico della «Grande Albania»;
sottolineando altresì come il rischio di provocare con decisioni affrettate una nuova fase di instabilità nei Balcani sia elevato;
invita il Governo
ad adoperarsi in sede ONU per una soluzione sul dibattito del Kosovo pacifica e condivisa da tutte le parti.
9/2193/20.(Testo modificato nel corso della seduta) Garavaglia, Giorgetti, Bricolo.
La Camera,
osservando con preoccupazione come il terrorismo ed i combattimenti in Afghanistan interessino ormai anche zone nelle quali sono presenti i militari italiani;
rilevando come le unità italiane dipendenti gerarchicamente dal RAC-West, il comando regionale occidentale dell'ISAF in Afghanistan, siano già state impiegate nel contesto di operazioni antiguerriglia nel settembre del 2006 e, più recentemente, tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, nel distretto di Farah, nell'intento di contrastare le infiltrazioni neotalebane;
ritenendo conseguentemente superata la fittizia distinzione operata finora dal Governo italiano tra le regioni settentrionali ed occidentali afgane, relativamente pacificate e tranquille, e quelle meridionali ed orientali, dove invece sarebbe in atto l'insurrezione;
rilevando altresì come, nella nuova situazione che si va delineando, sia suscettibile di gravi rischi specialmente per la parte del nostro contingente di stanza ad Herat non poter disporre di mezzi protetti ed in grado di reagire alle eventuali offese;
invita il Governo
ad adeguare, aumentandoli, sia il numero dei militari che gli equipaggiamenti del nostro contingente di stanza in Afghanistan al più elevato livello della minaccia prevedibile nonché a concorrere alla modifica delle regole di ingaggio per renderle più adeguate alle criticità attuali.
9/2193/21. (Nuova formulazione) Bricolo.
La Camera,
considerato che il contingente militare italiano, impegnato in Afghanistan, nel quadro della missione ISAF della NATO e sotto mandato ONU, opera in un contesto multinazionale nel quale la piena integrazione e la chiarezza delle linee di comando sono garanzia non solo dell'efficacia dell'azione ma anche della sicurezza dei nostri soldati;
impegna il Governo:
a provvedere affinché:
sia assicurata la massima integrazione delle unità nazionali nel dispositivo militare NATO impegnato in Afghanistan, anche in relazione alle regole di ingaggio adottate;
il comando militare italiano in teatro, sulla base della propria valutazione della situazione locale, possa trasmettere prontamente ai comandi NATO o direttamente a quelli di unità militari alleate o comunque operanti nel medesimo contesto operativo ogni informazione di carattere politico e militare rilevante per la sicurezza e l'efficacia delle operazioni, anche senza preventiva autorizzazione formale da parte dello Stato maggiore della difesa;
il comando militare italiano in teatro, in caso di richiesta di aiuto da parte di altro contingente alleato che si trovi attaccato o in difficoltà, dopo aver provveduto ad informare tempestivamente il Capo di Stato maggiore della difesa, cui compete la responsabilità di informare il Governo in merito alla richiesta, e trascorse le 72 ore indicate in sede NATO dal Governo italiano come tempo massimo di ritardo nel deliberare su tali richieste, provveda senza ulteriore indugio ad intervenire in soccorso dell'alleato;
le unità militari italiane ovunque dislocate, anche impiegate in attività umanitarie e di assistenza alla ricostruzione, siano equipaggiate ed armate in maniera adeguata alla possibilità di rispondere ad attacchi da parte di milizie ostili, a tutela della sicurezza dei militari impegnati;
le unità militari siano autorizzate, ove richiesto dalla situazione e sulla base delle valutazioni del comando locale, all'uso delle armi di reparto, anche in casi diversi dalla autodifesa propria, del proprio materiale o delle proprie installazioni e infrastrutture o delle rappresentanze ufficiali italiane, del personale civile italiano inviato dal Governo e dalle organizzazioni non governative italiane, e sia loro assicurato il diritto di inseguimento, quando questo sia considerato necessario al fine di annullare o ridurre la minaccia o il rischio di nuovi atti ostili.
9/2193/22. Fallica, Rivolta, Cossiga, Cicu.
La Camera,
premesso che:
nel corso della discussione è prevalso l'unanime orientamento di utilizzare per la fase realizzativa delle iniziative di cooperazione allo sviluppo personale locale;
è stato altresì convenuto unanimemente che il personale italiano e di altri paesi potrà essere utilizzato solo se sia assolutamente rilevato che non esistono le professionalità richieste in ambito locale;
nel decreto-legge 28 agosto 2006, n. 253, convertito con modificazioni dalla legge 20 ottobre 2006, n. 270, tale orientamento è stato già recepito e trasformato in legge;
constatato che:
nella relazione tecnica allegata alla proposta di decreto 2193 presentata dal Governo appare evidente che le disposizioni riguardanti l'utilizzo di personale locale sono state da più parti disattese
impegna il Governo
e in particolare al Ministero degli affari esteri affinché l'utilizzo del personale locale avvenga solo dopo che sulla base delle informazioni fornite dalle ambasciate italiane competenti sia stata esclusa l'esistenza in loco delle professionalità richieste per la realizzazione delle iniziative di cooperazione previste dal presente decreto.
9/2193/23.(Testo modificato nel corso della seduta) Paoletti Tangheroni.
La Camera,
considerato il significativo contributo dato alla stabilizzazione ed alla democraticizzazione della società irachena del dopo Saddam da parte dei militari italiani impegnati a Nassiryia sino alla fine del 2006,
impegna il Governo
ad operare nelle sedi internazionali per favorire il successo della conferenza di pace organizzata dal Governo iracheno ed assicurare il riconoscimento del ruolo e del contributo italiano.
9/2193/24. Lazzari.
La Camera,
esprimendo preoccupazione per le sempre più frequenti voci relative al riarmo di Hezbollah che si sta realizzando specialmente nella zona a nord del fiume Litani, e che lascia intuire l'intenzione di riaprire le ostilità nei confronti di Israele;
rilevando l'inerzia della comunità internazionale e della stessa Unifil plus nell'ostacolare questo processo di riarmo;
stigmatizzando altresì la linea tenuta fino al gennaio scorso dal comando francese delle forze multinazionali che è giunto a minacciare l'impiego della forza contro gli aerei israeliani incaricati di monitorare il riarmo di Hezbollah;
ammettendo che i nostri soldati in Libano, per equipaggiamento e per mandato, non sono nelle condizioni né di effettuare il compito per cui sono stati inviati, disarmare cioè Hezbollah, né di difendere la propria incolumità in caso di azioni violente;
invita il Governo
ad esercitare la massima vigilanza sugli sviluppi in atto nel Libano del sud, a considerare l'opportunità di garantire equipaggiamenti più adeguati alle truppe italiane e a predisporre immediatamente il ritiro del contingente qualora dovessero riprendere le ostilità tra Hezbollah e lo stato di Israele.
9/2193/25.Brigandì, Fava, Allasia, Bricolo.
La Camera,
tenendo conto che le missioni militari debbono essere considerate missioni di pace e non di guerra e che quindi devono essere di ausilio alla ricostruzione e alla democratizzazione di questi paesi;
ritenuto altresì che la democratizzazione non può non passare attraverso il criterio di eguaglianza fra gli uomini e quindi fra uomo e donna;
invita il Governo
ad adottare iniziative normative volte a riservare una quota consistente di finanziamenti all'educazione e alla scolarizzazione delle donne, intendendo la scolarizzazione quale strumento fondamentale dell'emancipazione della donna stessa.
9/2193/26.Goisis.
La Camera,
premesso che:
il Comitato Everest-K2-CNR e le attività da esso svolte, in particolare i progetti Karakorum trust Partnership internazionale e SHARE, possono contribuire a rafforzare la presenza italiana nelle aree in cui da sempre intervengono;
tale presenza si qualifica come cooperazione scientifica e contributo allo sviluppo sostenibile delle aree interessate, affiancandosi alla presenza militare, ove prevista, o sostituendola in corso di disimpegno;
il partenariato con enti e aziende private locali, oltre a consolidare un rapporto e un clima di collaborazione e di
pacificazione nelle suddette aree, potrà tradursi in un'occasione di partnership commerciale e imprenditoriale;
poiché Everest-K2-CNR è una realtà che opera da vent'anni per la ricerca scientifica e tecnologica, nonché per la cooperazione allo sviluppo nelle regioni dell'Himalaya e del Karakorum, la cui più nota realizzazione riguarda la stazione Piramide per l'Himalaya e il Karakorum, entrata a far parte delle principali reti di monitoraggio climatico e ambientale che fanno capo a UNEP e altre agenzie internazionali;
dato che il progetto Karakorum trust ha dato vita ad accordi bilaterali con organizzazioni quali Aga Khan Foundation, Alpine Club of Pakistan, Karokorum International University di Gilgit, ONG, quali Mountain and Glaciers Protection Organisation, WWF Pakistan, nonché organizzazioni internazionali di rilievo quali IUCN e UNEP;
i progetti Karakorum trust e SHARE Asia godono del sostegno e del riconoscimento del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'università e della ricerca e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e vi sono impegnati 35 dipendenti di cui 9 nepalesi e 1 pakistano;
anche in previsione del prossimo side-event di New York presso le Nazioni Unite che rilancerà i temi già oggetto di grande richiamo internazionale nel corso dell'Anno internazionale delle montagne del 2002, di cui ricorre il quinto anniversario, tra i quali la pace nei territori montani quale condizione fondamentale per avviare politiche di sviluppo di importanti aree geopolitiche, in particolare quelle che insistono in territorio asiatico e himalayano,
impegna il Governo
a sostenere con le opportune iniziative l'azione del Comitato Everest-K2-CNR e i progetti dello stesso (Karakorum trust e SHARE Asia) anche al fine di valorizzare il ruolo di attori di pace in zone critiche del pianeta e del continente asiatico.
9/2193/27.Quartiani.
La Camera,
considerato che:
l'Afghanistan è il paese cui è legata la quasi totalità della produzione mondiale di oppio, principale causa di tossicodipendenza al mondo e certamente la più grave e irreversibile, con il suo derivato dalle tecniche di acetilazione, l'eroina;
negli ultimi anni, nonostante la presenza di un Governo legittimo, il problema si è ulteriormente aggravato, con risultati devastanti per l'Europa e per il mondo letteralmente invasi dalla droga, con il suo retaggio di morte e devastazione sociale, soprattutto tra i giovani;
appare sempre più indilazionabile l'avvio di un piano complessivo, insieme di controllo militare e di interventi sociali, tali da offrire sbocchi economici diversi alla produzione agricola afgana;
impegna il Governo
ad avanzare una sua propria iniziativa da coordinare nell'ambito della forza multinazionale e dell'ONU, volta a limitare progressivamente la produzione di oppio e ad avviare l'economia agricola afgana sul terreno della integrazione produttiva e commerciale con l'Europa e il resto del mondo.
9/2193/28.Fasolino, Ceroni, Cesaro.
La Camera,
preso atto del riarmo delle truppe Hezbollah in Libano
impegna il Governo
affinché il contingente italiano adempia compiutamente alle disposizioni della risoluzione
ONU in particolar modo per quanto riguarda il disarmo delle truppe Hezbollah subordinando a tale concreta e attiva azione la permanenza del nostro contingente militare.
9/2193/29.Guido Dussin, Giorgetti, Bricolo.
La Camera,
considerato che:
l'articolo 1, comma 4, e l'articolo 2, comma 6, del presente provvedimento, tra l'altro, prevedono l'applicazione, per quanto non diversamente previsto, dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165, convertito con modificazioni dalla legge 1o agosto 2003, n. 219;
il citato comma 1, dell'articolo 3, del decreto-legge n. 165 del 2003 dispone l'applicazione della legge 26 febbraio 1987, n. 49;
quest'ultima all'articolo 28 definisce i requisiti per la selezione delle organizzazioni non governative incaricate della realizzazione di interventi umanitari;
impegna il Governo
ad attenersi, nella selezione delle organizzazioni non governative nazionali a cui sono affidati gli interventi umanitari previsti dal presente provvedimento, alla rigorosa applicazione dei criteri fissati dall'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49.
9/2193/30.Pinotti.
La Camera,
premesso che,
tra le modifiche apportate al testo del decreto-legge al nostro esame, si rileva l'autorizzazione di una spesa di 50.000 euro per l'organizzazione a Roma di una Conferenza per le pari opportunità a difesa dei diritti umani delle donne e dei bambini dei territori in cui si svolgono le missioni all'estero, in occasione dell'Anno europeo per le pari opportunità;
valutando positivamente nel merito tale novella al testo, non si comprende in base a quale criteri sia stata valutata tale spesa che appare non adeguata all'evento che si intende organizzare, a meno che non si sia voluto soltanto elargire una somma simbolica;
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere in tempi brevi un incremento della somma attualmente stanziata che risulta non congrua ai fini del buon esito della lodevole iniziativa.
9/2193/31.Lucchese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge di proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali prevede l'organizzazione della Conferenza di Roma sulla giustizia in Afghanistan;
tuttavia, se è vero che oggi l'Afghanistan rappresenta il più preoccupante tra i teatri di crisi e necessita pertanto di una riflessione a sé stante, è di fondamentale importanza che il Governo si attivi per una riflessione che abbia l'obiettivo di una definizione complessiva di tutti gli attuali teatri di crisi in cui il nostro Paese è impegnato;
diventa perciò fondamentale offrire un concreto sostegno ai territori in questione perché raggiungano al più presto una situazione di stabilità, condizione indispensabile per la sicurezza e lo sviluppo, in quanto senza stabilità e sicurezza nessun Paese può ragionevolmente aspirare ad un sostenuto sviluppo economico;
in questo senso, il Governo deve seriamente attivarsi nella promozione di una simile iniziativa, in ossequio anche
all'articolo 11 della nostra Costituzione, che impegna la Repubblica a promuovere e favorire la pace e la giustizia fra le Nazioni;
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di organizzare un ulteriore seminario, oltre a quello specificamente rivolto all'Afghanistan di cui al presente decreto, per una riflessione e approfondimento, a livello internazionale, di tutte le problematiche relative ai processi di pacificazione in corso nei territori su cui l'Italia é, a vario titolo, impegnata in missioni internazionali.
9/2193/32.Giuditta, Cioffi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge di proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali contiene una serie di disposizioni in favore della cooperazione allo sviluppo nei principali teatri di crisi;
in Afghanistan, in particolare, lo sviluppo economico è condizione essenziale perché il processo di democratizzazione da poco avviato in questo Paese, sia sotto il profilo istituzionale che culturale, trovi un terreno fertile e attecchisca;
è quindi necessario intervenire al più presto per garantire un forte sostegno all'imprenditoria afgana, in considerazione del forte ritardo dello sviluppo economico di questo Paese;
d'altra parte, è soprattutto la piccola imprenditoria che deve essere sostenuta, perché è l'unica in grado di innescare un processo virtuoso di reale modernizzazione del tessuto sociale afgano;
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di utilizzare i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo in Afghanistan anche allo specifico fine di un finanziamento del microcredito in favore dell'imprenditoria afgana.
9/2193/33.Affronti, Cioffi, Giuditta.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1 e 2 del decreto-legge di proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali prevedono la possibilità, per il Ministero degli affari esteri, di stipulare contratti con personale estraneo alla pubblica amministrazione;
è necessario favorire l'inserimento delle donne nel mercato del lavoro, non solo in Italia ma anche nei Paesi in cui svolgono le missioni Italiane, promuovendo competenze e talenti femminili;
da qui la necessità di garantire il rispetto delle pari opportunità nella stipulazione di tutti i contratti, ivi compresi quelli stipulati con persone di nazionalità locale;
impegna il Governo
a garantire che, nella stipulazione dei contratti, sia rispettato il principio delle pari opportunità tra uomo e donna.
9/2193/34.Cioffi, Giuditta.
La Camera,
premesso che,
il 12 luglio 2006 le milizie sciite libanesi di Hezbollah, nei territori al confine tra Libano, Siria ed Israele, dopo avere bombardato alcune postazioni militari di Israele, hanno sequestrato due giovani militari israeliani, con l'intento di chiedere uno «scambio di prigionieri», cioè la liberazione di terroristi di Hezbollah detenuti nelle carceri israeliane; i due sono andati ad aggiungersi al commilitone già sequestrato a Gaza il 25 giugno;
tutte le istituzioni internazionali, compresi l'ONU, la Presidenza dell'UE e la Commissione Europea, hanno immediatamente condannato il rapimento e lanciato appelli per l'immediata liberazione dei due ostaggi, e per la tutela della loro assoluta incolumità;
il ministro D'Alema e il presidente Prodi lo stesso 12 luglio hanno a loro volta condannato pubblicamente il rapimento, prima di rimodulare le loro dichiarazioni ponendo l'accento sulla non proporzionalità della reazione israeliana;
ricordando inoltre i violenti scontri che sono seguiti e che hanno infiammato il Libano del sud la scorsa estate l'intervento dell'ONU con la Risoluzione 1701 dell'11 agosto 2006 che ha determinato l'invio in Libano di un contingente internazionale;
considerando che da allora non si hanno notizie chiare sulla sorte dei due soldati, che molto probabilmente potrebbero essere stati feriti durante il rapimento, un leader Hezbollah, Sheikn Hassan Ezzedine ha infatti dichiarato che: «Non daremo più informazioni sui soldati rapiti. Sono in un luogo sicuro e il nemico sionista non sarà in guado di trovarli». Riguardo al rapimento, Ezzedine è stato altrettanto esplicito: «È un diritto legittimo, morale e nazionale ricercare la liberazione dei nostri prigionieri detenuti in Israele».
Constatando che né la forza internazionale né il Governo libanese sono stati ad oggi in grado di porre in essere azioni efficaci per liberare i tre soldati israeliani;
impegna il Governo
ad adoperarsi presso le istituzioni internazionali e utilizzare tutti i possibili canali negoziali e diplomatici per ottenere che le famiglie dei rapiti possano avere notizie e rassicurazioni sulla sorte dei propri cari.
9/2193/35.Giorgetti.