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Allegato B
Seduta n. 147 del 19/4/2007
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ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
in data 5 ottobre 2006, il sottoscritto interpellava il Governo per chiedere informazioni sulla società Aquitania di Bologna posseduta al 50 per cento da Flavia Franzoni e per il 50 per cento da Simbuleia Spa;
dai bilanci dell'Aquitania appariva che la società è in perdita mentre la sua partner Simbuleia, che ha un capitale di 1,8 milioni di euro ha dichiarato un utile di esercizio nel 2005, di 848.000 euro;
non sono noti i nomi dei soci della Simbuleia;
il Sottosegretario di Stato onorevole Paolo Naccarato nella sua risposta in aula affermava testualmente: «la professoressa signora Flavia Franzoni, moglie del professor Romano Prodi, possiede il 50 per cento di Aquitania Srl, una società costituita in data 8 luglio 1994, con atto del notaio Carlo Vico di Bologna, repertorio 68540, fascicolo 10983, con capitale sociale di 20 milioni di vecchie lire»;
il 17 aprile 2007, è stato pubblicato il bollettino delle dichiarazioni patrimoniali dei deputati;
il professor Romano Prodi nella dichiarazione relativa al coniuge Flavia Franzoni ha sottoscritto, in data 27 luglio 2006, che la moglie non possiede alcuna partecipazione societaria -:
a cosa sia dovuta la discordanza tra quanto dichiarato dal sottosegretario Naccarato in Aula alla Camera in data 5 ottobre 2006 e la situazione patrimoniale presentata sempre alla Camera, dall'onorevole Romano Prodi nel luglio dello stesso anno, da cui non risulta la partecipazione societaria attribuita alla signora Franzoni dallo stesso Naccarato.
(2-00477) «Giovanardi».
Interrogazione a risposta orale:
BUONTEMPO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con licenza di costruzione n. 862 del 5 maggio 2006, prot. 56440 il Comune di Roma autorizza nell'area del Porto turistico di Ostia Ponente la realizzazione di locali commerciali, direzionali, residenziali;
lo stesso porto turistico di Ostia insiste alla foce del Tevere e i terreni sui quali sono già in corso di realizzazione le costruzioni sono terreni alluvionali, sotto il livello del mare, frutto di un'opera di bonifica quindi esposti oltre misura a fenomeni di inondazione soprattutto se tali opere costituiranno ostacolo al libero movimento delle acque;
l'area in oggetto è considerata dal piano straordinario (PSP) area «a rischio molto elevato per fenomeni di inondazioni», e tale classificazione nasce da studi specialistici che hanno ricostruito il quadro degli squilibri del bacino idrografico del Tevere;
tale situazione di pericolo è stata confermata dal «progetto di piano di assetto idrogeologico del bacino del Tevere» (PAI);
l'autorità di bacino ha redatto un piano di protezione civile prescrivendo alla società A.T.I. Spa la realizzazione di opere di difesa per finalizzare l'ottenimento del parere favorevole alla realizzazione del «completamento della volumetria per gli edifici riguardanti attrezzature portuali del porto turistico di Ostia Ponente»;
tali prescrizioni pur avendo la società A.T.I. assunto l'impegno non sono state realizzate;
il parere favorevole dell'autorità di bacino per la realizzazione di nuove volumetrie è stato rilasciato condizionandolo alla realizzazione di precise opere di prevenzione e protezione dell'area che anche se realizzate, cosa per ora non avvenuta, autorizzano il completamento della volumetria di edifici riguardanti attrezzature portuali del porto stesso, e non già come previsto dal permesso 862 del 5 maggio 2006, prot. 56440 la realizzazione di locali commerciali direzionali e residenziali;
risulta inoltre per finire del tutto disattesa la legge dello Stato cosiddetta «Sarno» che inibisce la realizzazione di
edilizia residenziale in aree considerate a rischio elevato -:
quale parere abbiano rilasciato le competenti autorità governative sul progetto preliminare e sul progetto definitivo del porto turistico di Ostia, anche in sede di conferenza dei servizi;
se i citati pareri, ove positivi, contengano delle prescrizioni volte a migliorare gli aspetti di sicurezza che devono essere a fondamento di ogni iniziativa e, in caso affermativo, se gli stessi intendano verificare il loro rispetto da parte dei concessionari;
come intenda intervenire l'Autorità di bacino del fiume Tevere al fine di garantire il pieno rispetto delle normative previste dal piano di assetto idrogeologico.
(3-00831)
Interrogazioni a risposta scritta:
BURGIO e CACCIARI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 23 febbraio il Ministro delle attività produttive, di concerto con quello per l'ambiente e su istanza di una società privata, ha concesso per decreto l'autorizzazione a realizzare un impianto industriale offshore galleggiante di rigassificazione di GNL, permanentemente ancorato al fondo marino e collegato tramite gasdotto alla rete di distribuzione in terraferma, localizzato in un «sito» al largo della costa toscana, tra Livorno e Pisa, al confine delle acque territoriali italiane;
tale impianto è stato autorizzato con la procedura semplificata dell'articolo 8 della legge n. 340 del 2000, e pertanto sul presupposto che il sito individuato per la sua installazione fosse classificato come «industriale»;
tale impianto è stato autorizzato dietro la semplice richiesta di una società privata e in assenza della formale concessione demaniale in uso del sito marino destinato ad ospitare l'impianto;
tale impianto, per motivi di sicurezza, precluderebbe definitivamente ad altri usi, compresa la pesca e la navigazione, un'area di mare di 43 chilometri quadrati all'interno della Riserva naturale marina della Meloria;
il nuovo impianto di rigassificazione sorgerebbe in uno specchio marino conosciuto internazionalmente come il «Santuario dei cetacei», in una posizione prospiciente il Parco naturale di San Rossore Migliarino Massaciuccoli;
la tecnologia usata per la rigassificazione del gas naturale prevede l'uso di ingenti quantità di acqua marina, che verrebbe trattata con additivi chimici allo scopo di raffreddare gli impianti;
più precisamente, l'impianto di rigassificazione userebbe nei circuiti di riscaldamento enormi quantità di acqua addizionata con sostanze inibenti la vegetazione (cloro) e restituita al mare ad una temperatura inferiore di oltre 6 gradi sul normale marino, con effetti non facilmente prevedibili sulla flora e la fauna;
per lo stoccaggio del gas liquefatto dovrebbero compiersi operazioni di allibo (ossia di travaso del gas congelato a - 160 gradi centigradi da nave a nave) in alto mare, vietate dal decreto ministeriale 3 maggio 1984;
le molecole di metano presentano una fortissima instabilità chimica e la loro concentrazione tramite liquefazione aumenta i rischi di esplosione; gli effetti di una esplosione su una superficie marina sono stati studiati e documentati dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente del Governo degli Stati Uniti, concludendo che la collocazione a mare di tali impianti appare come la più rischiosa;
la conduttura del gas dalla piattaforma galleggiante all'innesto della tubatura SNAM percorre un tracciato in parte marino ed in parte terrestre, la quale attraversa un'area - tra il porto di Livorno e l'interporto di Guasticce in prossimità della raffineria Stanic - già considerata area industriale a rischio;
l'impianto è stato autorizzato senza alcuna previa ufficiale consultazione delle popolazioni interessate, nonostante l'esplicita richiesta in tale senso di un comitato spontaneo di cittadini e il dettato della Convenzione europea «sull'accesso all'informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull'accesso alla giustizia in materia ambientale» (stipulata ad Aarhus, in Danimarca, il 25 giugno 1998 e ratificata dalla legislazione italiana con decreto legislativo n. 108 del 25 giugno 2001;
il ministero dell'Ambiente, con una circolare del 3 marzo 2007, ha formalmente invitato il ministero dello Sviluppo Economico - quale Amministrazione che nel 2001 adottò, con decreto n. 17032 del 21 gennaio 2003, il provvedimento di autorizzazione del terminale di rigassificazione di Brindisi - a predisporre il decreto di annullamento di tale autorizzazione;
segnatamente, il direttore generale per la Salvaguardia Ambientale, ingegnere Bruno Agricola, ha sostenuto, nella lettera con cui il Ministero dell'Ambiente chiede al Ministero dello Sviluppo Economico di dare corso alla decisione di annullare il decreto n. 17032 del 21 gennaio 2003, che l'illegittimità di tale decreto deriva in primo luogo dalla «non corretta applicazione della direttiva 96/82/CE (Seveso), sotto il profilo della consultazione della popolazione, in quanto tale adempimento doveva essere espletato prima della conclusione dell'iter autorizzativo»;
il 7 febbraio 2007 la Commissione per l'Ambiente, la Sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo ha presentato una risoluzione con cui «sollecita l'Unione Europea a dimostrare la propria volontà di affrontare i cambiamenti climatici con misure quantificabili riducendo le proprie emissioni di gas serra (GHG)» e che sottolinea come «al fine di raggiungere un accordo a livello internazionale in merito ad una riduzione del 30 per cento delle emissioni di GHG in tutti i paesi industrializzati, l'Unione europea debba concentrarsi (...) anche sulla politica estera e degli scambi internazionali nonché sulla possibilità di modificare la richiesta di energie e delle altre risorse naturali»;
l'invito della Commissione per l'Ambiente, la Sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo sottende, quindi, quello di diversificare le fonti di produzione di energia, dando la preferenza a fonti di energia rinnovabile con una conseguente riduzione del consumo di combustibili di origine fossile;
il 9 marzo 2007, anche sulla base di questa risoluzione, i Capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri dell'Unione europea hanno concluso un accordo in base al quale i contraenti si impegnano ad aumentare al 20 per cento (contro il 7 per cento attuale) la quota dei consumi europei da fonti alternative sul totale consumato -:
se il Governo intenda considerare l'ipotesi, acclarata la particolare fragilità e delicatezza ambientale del sito in questione e l'assoluta novità della soluzione tecnologica adottata, di sottoporre il progetto ad una valutazione di impatto ambientale particolare e speciale;
se il Governo intenda revocare, in ragione delle argomentazioni sopraesposte e viste le iniziative giurisdizionali che sono state assunte da parte di alcuni cittadini livornesi e pisani nonché del comune di Pisa, l'autorizzazione dell'impianto in parola;
se il Governo intenda provvedere alla definizione di un piano energetico nazionale che sia sostenibile dal punto di vista sanitario, ambientale ed economico e cioè che, in primo luogo, assuma l'urgenza, stabilita anche dall'Unione europea, di ridurre sensibilmente il consumo di combustibili di origine fossile;
se il Governo intenda promuovere, in questa direzione, una moratoria nazionale sulla localizzazione o messa in attività degli impianti energetici a combustibili fossili.
(4-03351)
BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Messina, con documento dell'11 aprile 2006, affronta il problema del Nodo Ferroviario e della Nuova Stazione di Messina e, in particolare, l'inserimento del progetto preliminare nel Contratto di Programma RFI 2001-2011 rilevando che «la Città di Messina continuerà a pagare un pesante tributo in termini urbanistici, ambientali e socio-economici se non verrà affrontata in modo sistematico l'emergenza principale del territorio che oggi viene ricondotta alla Vertenza sui Trasporti nell'Area dello Stretto» e che «non può e non deve ricondursi solo a rivendicazione di stabilizzazione occupazionale, che tra l'altro riteniamo di doversi risolvere nell'interesse non solo dei lavoratori coinvolti ma di tutti gli utenti del servizio di collegamento tra le sponde dello Stretto, ma è vertenza infrastrutturale»;
il documento si conclude affermando che la «vertenza trasporti nello Stretto e la richiesta di potenziamento del sistema infrastrutturale strategico necessario per Messina rappresentano due facce della stessa medaglia»;
in proposito, l'Ordine critica la muraglia del silenzio, della cosciente e persistente assenza di interesse verso un'area strategica non solo per le regioni Sicilia e Calabria, ma che con un attento programma di infrastrutturazione potrebbe diventare punto di riferimento per l'intero bacino del Mediterraneo;
inoltre, appare importante sapere perché, in tema di infrastrutturazione ferroviaria, i nodi di Catania e Palermo riescano ancora ad essere inseriti tra gli interventi finanziati e ritenuti prioritari nelle reti di trasporto Transnazionali Europei del corridoio 1 «Berlino-Palermo», nonostante il Ponte non sia più un'opera prioritaria, e per Messina invece, la perdita di priorità del Ponte stia rappresentando una causa scatenante e devastante, di disinteresse politico, finanziario ed economico che condiziona la programmazione delle infrastrutture di trasporto dell'Area messinese sia a livello nazionale che regionale;
appare, inoltre, condivisibile che per recuperare competitività rispetto agli altri capoluoghi regionali ed anche rispetto alle altre città del Sud Italia, diventa prioritario ribadire un'azione in cui le problematiche del sistema urbano di Messina e della più vasta area dello Stretto trovino riconoscimento, trattamento privilegiato e risoluzione attraverso previsioni ed interventi di vasto respiro;
in questo contesto, il tema di un nuovo modello infrastrutturale, più volte invocato non solo dall'Ordine ma anche dalle forze politiche, dall'Università, dalle Organizzazioni Sindacali ed Imprenditoriali, rappresenta il nodo principale per avviare a soluzioni le principali problematiche sia urbane che di sviluppo socio-economico del territorio messinese -:
se il Ministero delle Infrastrutture e la RFI intendano dare corso all'avvio immediato della rielaborazione (di esclusiva competenza RFI) del Progetto preliminare delle opere connesse alla nuova sistemazione ferroviaria, presentato al CIPE nel novembre 2005, secondo lo schema progettuale predisposto dalla stessa RFI e condiviso col Comune di Messina e il Ministero delle infrastrutture (la previsione di spesa tra l'altro risulta essere inferiore rispetto a quella del settembre 2005) posto che appare evidente che se non sarà conclusa l'elaborazione del progetto preliminare non ci sarà alcuna possibilità di poter richiedere e quindi reperire idonee risorse finanziarie per la realizzazione della nuova stazione ferroviaria;
se siano a conoscenza del fatto che nel rapporto del Censis su «Scenari e progetti per governare la crescita», presentato dalla Confindustria di Messina lo scorso 23 marzo, il progetto della nuova Stazione di Messina viene individuato come prima opera infrastrutturale strategica in tutti e tre gli scenari in cui è
articolato il percorso di sviluppo «che permette di captare e valorizzare le risorse e le abilità locali»;
se intendano valutare la proposta dell'Ordine che, accanto alla richiesta di complemento dell'iter progettuale del nuovo Nodo ferroviario, venga aperto il confronto con RFI per la costituzione di una Società Mista tra le stesse Ferrovie e l'Amministrazione Locale per il riutilizzo delle aree ferroviarie dismesse e da dismmettere che costituisca una joint venture simile a quella già attiva a Milano, città in cui questa operazione porterà a riqualificare oltre un milione di mq di aree e di scali ferroviari inattivi e/o sottoutilizzati. La Società mista potrebbe anche essere aperta a soci privati proprio per attirare altre risorse con l'obiettivo non solo di recuperare e valorizzare gli scali e le aree ferroviarie non più utilizzate, liberando il water-front cittadino della «servitù di ferro» e restituendo alla fruizione pubblica siti di importanza strategica, ma anche con l'obiettivo di potenziare la mobilità urbana ed extraurbana attraverso lo sviluppo e l'integrazione logistico-funzionale del trasporto pubblico e privato dentro e fuori il centro urbano;
se il Governo intenda procedere affinché l'opera «Nodo ferroviario per Messina» munita di progetto preliminare, venga inserita nel Contratto di Programma RFI 2007-2011 che verrà approvato dal CIPE nei prossimi mesi;
se il Governo non ritenga che senza sostanziali innovazioni, l'attuale sistema urbano di Messina non sia in grado di assicurare il corretto svolgimento di funzioni che sono proprie ad una grande area metropolitana con potenzialità spiccatamente mediterranee, e che la realizzazione del Nodo ferroviario, con la previsione della nuova Stazione di Messina, rappresenta una straordinaria opportunità che può innescare un importante processo sinergico per dare finalmente in un'ottica regionale e nazionale, una risposta ai nuovi bisogni dal lavoro, alle esigenze delle imprese, ed agli interessi legati alla qualità del vivere e dell'abitare nell'Area dello Stretto.
(4-03352)
PORETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 689 del 1981 prevede all'articolo 19, comma 3, quanto seguente: «Quando l'opposizione al sequestro è stata rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro»;
in data 29 novembre 2006 l'articolo 213, comma 2-sexies è stato modificato dalla legge n. 286 del 2006, che ha abolito la sanzione della confisca per la gran parte delle infrazioni che hanno portato al sequestro di cui sopra. Pertanto, il provvedimento di confisca non può più essere emanato secondo una corretta applicazione dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 689 del 1981 che dispone: «Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati»;
secondo l'Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori), sono decine di migliaia i ciclomotori sequestrati da oltre sei mesi ai sensi dell'articolo 213, comma 2-sexies del Codice della Strada all'epoca in vigore (introdotto dalla legge n. 168 del 2005) su cui non è stata ancora disposta la confisca;
sempre secondo quanto riporta l'Aduc, le Prefetture e gli organi di polizia detentori (Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Municipale) si rifiutano di restituire i mezzi o documenti sequestrati da oltre sei mesi nelle more del provvedimento di confisca, le motivazioni addotte dalle autorità detentrici sono le seguenti: a) il Codice della Strada (lex specialis), non
prevede alcun limite di tempo per l'emissione della confisca; b) il Prefetto ha cinque anni di tempo per emanare la confisca; c) senza direttive dal prefetto non possono essere restituiti i mezzi;
il provvedimento di confisca può essere sì emanato dopo i sei mesi dal giorno del sequestro, ma nel frattempo la legge prevede la restituzione del mezzo. Se così non fosse, il sequestro sarebbe equivalente alla confisca, ovvero un provvedimento a tempo indeterminato (ed anche definitivo, visto che la norma che prevedeva la confisca è stata modificata, e quindi non più applicabile);
il comportamento del detentore è a detta dell'interrogante illegittimo e penalmente perseguibile poiché concreta la violazione dell'articolo 328 del codice penale (Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione), 314 del codice penale (Peculato), e 646 del codice penale (Appropriazione indebita);
l'Aduc sta invitando i cittadini, in attesa di un provvedimento del Governo in materia, a ricorrere alle vie legali, sia in sede civile (per danni) sia in sede penale (attraverso la querela del detentore) -:
cosa intendano fare i ministri interrogati al fine di richiamare urgentemente al rispetto della legge le autorità loro sottoposte al fine di evitare ulteriori e gravi violazioni dei diritti dei cittadini.
(4-03357)
MARIO RICCI, LOCATELLI e OLIVIERI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei trasporti, al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'inopportuna nomina del dottor Luciano Vannozzi nel consiglio di amministrazione di Alitalia (atto Camera 4-02853 ancora in attesa di risposta) e la concomitante permanenza nel consiglio di amministrazione dell'Enav inizia ad evidenziare in maniera eclatante i suoi limiti;
il bilancio 2006 dell'Enav è stato approvato nella riunione del consiglio di amministrazione del 19 marzo scorso;
subito dopo l'approvazione del bilancio, il 22 marzo, è avvenuta l'assunzione in Enav del signor Luca Colman, sembra già collaboratore della Società Deloitte incaricata di certificare il bilancio Enav, al quale è stata affidata «la responsabilità della funzione Pianificazione e Controllo», precedentemente diretta da Claudio Salvati licenziato da Guido Pugliesi, amministratore delegato dell'Enav (atto Camera 4-03154), proprio alla vigilia dell'approvazione del bilancio 2006 -:
se non ritenga che l'assenza del rappresentante dell'azionista in sede di approvazione del bilancio di esercizio 2006 dell'Enav rappresenti una «presa di distanza» del Ministero dalla attuale gestione della società e se sia corretto che, proprio nella riunione di consiglio di amministrazione nella quale si compendia un intero periodo di gestione, sia assente il rappresentante formale dell'azionista;
se l'assenza della proprietà nella fase di approvazione del bilancio di esercizio 2006 dell'Enav sia propedeutica ed una inchiesta della stessa sui conti di questa società pubblica;
se il licenziamento di Claudio Salvati sia stato causato da contrasti con l'amministratore sulla stesura dei bilanci e dei conti dell'Enav, ed infine se, considerato il ruolo e la funzione, di tale licenziamento sia stato preventivamente informato il consiglio di amministrazione;
se il signor Colman sia stato assunto con la qualifica di quadro con uno stipendio maggiorato rispetto alle previsioni della contrattazione collettiva dell'Enav, e se sia prevista una promozione a dirigente considerata la responsabilità gerarchico-funzionale attribuitagli;
le motivazioni per le quali, in una posizione di sicuro rilievo per la gestione dell'Enav, sia stato scelto un collaboratore del soggetto certificatore e se tale scelta sia stata preceduta da una selezione
di capacità e qualificazioni prima interne e poi esterne per la copertura di tale posizione, anche in conformità al costante indirizzo giurisprudenziale della Corte dei Conti.
(4-03373)