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Allegato B
Seduta n. 214 del 1/10/2007
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
tre delegati della Rappresentanza militare dei carabinieri, il maresciallo Gianpietro Serra e gli appuntati Piero Antonio Cau e Cesarino Ranzuglia sono stati sottoposti a procedimento disciplinare di rigore per aver - nell'ambito delle prerogative del mandato ricevuto - inviato al comandante della regione carabinieri Lazio una denuncia/diffida a svolgere azione di vigilanza e di controllo sulle attività di missione dei delegati militari in ambito nazionale e regionale con oneri a carico dello stato;
i medesimi tre delegati militari sono stati poi sottoposti ad ulteriore procedimento disciplinare per il solo fatto di essersi avvalsi di un legale nella formulazione delle previste memorie difensive;
tale ultima circostanza denota uno svilimento dei diritti garantiti dalla carta Costituzionale e adombra, nella sostanza, un sorta di persecuzione nei confronti di militari impegnati a risolvere le problematiche del personale militare e a perseguire il benessere del personale ed il miglioramento dell'Istituzione;
i tre militari delegati sono componenti dell'Organismo di rappresentanza militare ed esercitano la propria funzione in ragione del mandato ricevuto;
tali contestazioni sembrerebbero tese a distrarre l'attenzione dalle problematiche sollevate dai delegati militari;
l'articolo 20 della legge 11 luglio 1978, n. 382, stabilisce che «Sono vietati gli atti diretti comunque a condizionare o
limitare l'esercizio del mandato dei componenti degli organi della rappresentanza militare» -:
quali concrete misure il Governo e, in particolare, il Ministro della difesa intenda adottare per la tutela del diritto ad esercitare le funzioni di delegato militare in ragione del mandato ricevuto;
se e quali soluzioni il Governo ed il Ministro della difesa intendano adottare per ovviare a quelli che agli interpellanti appaiono veri e propri descritti abusi posti in essere dall'amministrazione militare nei confronti dei tre delegati, e se vi sia la volontà di accertarne la responsabilità.
(2-00762) «Carta, Brugger».
Interrogazione a risposta scritta:
TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Italia, gli edifici di culto appartengono in parte agli enti della Chiesa cattolica ed in parte allo Stato italiano. Questi ultimi sono stati acquisiti dallo Stato con le leggi eversive dell'asse ecclesiastico del 1848-1873. Nel 1929, l'allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini, in occasione del trattato e del concordato con la Santa Sede, compose definitivamente la "questione romana" anche a proposito dei beni incamerati a suo tempo dallo Stato liberale. Un'apposita clausola, superflua dal punto di vista giuridico, accordò al nascente Stato Città del Vaticano un lauto risarcimento per i beni già appartenenti agli enti ecclesiastici, che rimanevano in proprietà dello Stato italiano (all'interno de il Fondo per il culto e il Fondo speciale di beneficenza e religione per la città di Roma);
l'articolo 29, lettera a), del Concordato ha previsto, inoltre, che possa essere riconosciuta la personalità giuridica delle chiese pubbliche già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi. Poiché il riconoscimento di un ente-chiesa comporta la creazione di una fondazione al fine di curare l'officiatura e la manutenzione del tempio, la norma concordataria prevede che il patrimonio di tali nuove fondazioni sia, in qualche misura, assicurato dallo Stato, assegnando all'ente di nuova formazione la rendita che il Fondo per il culto destinava alla chiesa per assicurarne il funzionamento;
tuttavia, nel dare applicazione alla norma citata, gli articoli 6 e 7 della legge 27 maggio 1929, n. 848, richiamando esplicitamente l'articolo 29, lettera a), del Concordato lateranense sono andati oltre quanto sopra detto, prevedendo che le chiese già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi sarebbero state «consegnate all'autorità ecclesiastica» tutte le volte in cui, in riferimento all'edificio, fosse stata riconosciuta la personalità giuridica di un ente-chiesa destinato ad occuparsi, come già detto, della manutenzione e dell'officiatura del tempio;
il termine «consegna» ha dato luogo ad un serio problema interpretativo. Il trasferimento della proprietà del bene non è desumibile né dall'articolo 29, lettera a), del Concordato lateranense, né dagli articoli 6 e 7 della legge n. 848 del 1929, né tanto meno dall'articolo 12 del regolamento di cui al regio decreto 2 dicembre 1929, n. 2262. Ai fini del trasferimento della proprietà sarebbe stata rilevante la trascrizione del riconoscimento dell'ente sui registri immobiliari e non la prevista registrazione su atti coperti dal segreto d'ufficio;
la giurisprudenza (Cfr. Cass., 3 marzo 1950, n. 516; Cons. Stato, sez. III, 12 maggio 1959 parere) ha superato il silenzio della legge affermando che l'ente chiesa, per effetto del riconoscimento della personalità giuridica, acquisterebbe ipso facto la proprietà dell'edificio di culto e delle sue pertinenze, con il connesso diritto alla «consegna» del bene;
la dottrina, in modo pressoché unanime, ha dichiarato illegittimo il trasferimento automatico del bene, dato che tale pronunciamento ha letteralmente creato
dal nulla un nuovo modo originario di acquisto della proprietà oltre a quelli previsti dalla legge;
la situazione di incertezza giuridica si è aggravata con la revisione delle norme concordatarie effettuata con la legge 20 maggio 1985, n. 222. Tale riforma ha istituito il Fondo Edifici di Culto, nel quale sono confluiti i fondi precedenti, e ha aumentato considerevolmente il numero degli enti a cui può essere riconosciuta la personalità giuridica, estendendo tale diritto ad ogni singola parrocchia e diocesi. L'articolo 73 della legge n. 222 del 1985 ha altresì mantenuto transitoriamente in vigore gli articoli 6 e 7 della legge n. 848 del 1929;
il consiglio di stato sezione I, nel parere del 18 ottobre 1989 n. 1263, alla luce delle innovazioni normative occorse, si è sostanzialmente allineato alla precedente giurisprudenza;
nella prassi, quindi, lo Stato trasferisce la proprietà di propri beni di inestimabile valore senza che alcuna norma stabilisca tale trasferimento, e lo fa a favore di soggetti (diocesi e parrocchie) verso i quali non aveva assunto alcun obbligo di «consegna» nel 1929;
ancora una volta la dottrina si è dimostrata estremamente critica verso tale orientamento, che appare inconciliabile con la volontà del legislatore. Pare altamente dubbio inoltre che la dismissione dei beni corrisponda a un'oculata tutela del patrimonio storico artistico della nazione italiana, a norma dell'articolo 9 della Costituzione;
vi è da considerare, inoltre, che prescindendo da valutazioni storico-artistiche o giuridiche e volendosi avventurare in considerazioni economiche, l'autorità ecclesiastica, nella prassi, ha richiesto il riconoscimento della personalità giuridica soltanto per quei beni di culto giudicati rilevanti, avendo carattere storico-artistico, anche per il reddito che possonoprodurre come beni di tale natura, evitando invece di farlo per i beni dei quali l'onere di manutenzione eccede il guadagno realizzabile -:
quanti e quali siano gli immobili trasferiti in proprietà all'autorità ecclesiastica, in seguito alla discutibile interpretazione che la magistratura amministrativa ha dato alle norme giuridiche richiamata in premessa.
(4-05037)