Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato B
Seduta n. 230 del 24/10/2007
...
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XIII Commissione:
MARINELLO e MISURACA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 2 luglio 2007, presso l'Area Generale di Coordinamento della Giunta regionale della Campania, si è tenuta una riunione per definire le osservazioni da formulare da parte delle Regioni di convergenza a proposito del Piano Operativo relativo alla Programmazione FEP (Fondo europeo per la pesca) 2007-2013;
nel corso della riunione, alla quale ha partecipato un funzionario del Dipartimento Pesca, si è ritenuto necessario riaffrontare la questione, non ancora definita, relativa alla ripartizione dei fondi FEP, apprendendo con rammarico che da parte delle altre quattro Regioni di convergenza: Campania, Basilicata, Calabria e Puglia, l'argomento si riteneva concluso in considerazione di un accordo politico, siglato soltanto qualche giorno prima della suddetta data a Lamezia Terme, in occasione di un incontro tra gli Assessori all'agricoltura delle Regioni di convergenza e in assenza del rappresentante istituzionale della Regione Sicilia;
appare intollerabile il comportamento tenuto successivamente dalle altre Regioni di convergenza nel definire metodi ed indicatori di calcolo, artatamente individuati per ridurre la quota di assegnazione spettante alla Regione siciliana;
è stato infatti ricondotto il calcolo della ripartizione assegnando un indice numerico agli assi del FEP assolutamente scompensato, equiparando misure rivolte al sostegno dell'acquacoltura e della commercializzazione, con altre più importanti riconducibili alla flotta e quindi alla formulazione dei previsti piani di gestione;
appare inoltre evidente, un diffuso atteggiamento di repulsione nei confronti dei pani di gestione, in quanto colpevoli della riaffermazione di un centralismo gestionale riferito al Ministero interpellato e più precisamente alla Direzione generale della Pesca marittima;
in considerazione di quanto suesposto, emerge con evidenza il tentativo di isolare le legittime aspettative della Regione Sicilia, mortificandola attraverso scelte discutibili e penalizzanti facendo posto ad altre realtà che per tradizione, per multispecificità di sistemi, numero di addetti, lunghezza delle coste, nonché per il numero di flotte di pescherecci, non possono certamente competere con la Sicilia -:
se non ritenga opportuno ed urgente, prevedere un tavolo di confronto con tutte le Regioni interessate dal FEP, al fine di definire in maniera univoca, i criteri cui tutte le Regioni devono uniformarsi per addivenire ad un'unica metodologia di riparto e se non ritenga altresì necessario riaffermare il ruolo di coordinamento della Direzione generale della Pesca, nonché chiarire ulteriormente come e quando ricorrere ai Piani di gestione nazionali e locali per consentire l'accesso ai finanziamenti relativi soprattutto all'Asse 1 del FEP.
(5-01661)
RUVOLO e DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in diverse occasione il Ministro delle politiche agricole aveva assicurato gli agrumicoltori siciliani sull'applicazione degli aiuti in regime di disaccoppiamento totale, lineare ed uguale per tutti;
il decreto di attuazione della riforma da parte del Ministero, tuttavia, sembrerebbe prevedere, diversamente da quanto annunciato dal Ministro De Castro, non più la ripartizione lineare degli aiuti al reddito sulla base delle superfici coltivate ma un diverso meccanismo di calcolo, basato, in continuità con quanto avveniva in passato, sulla quantità di prodotto conferito all'industria di trasformazione;
un simile meccanismo rischia non solo di confermare una situazione di svantaggio per i produttori di agrumi in Sicilia, da sempre orientati alla produzione per il mercato fresco ma anche di perdere la possibilità di realizzare un sistema di aiuti al reddito uguale per tutti gli agrumicoltori italiani -:
se non ritenga, nelle more della pubblicazione del decreto, modificare il meccanismo citato, ripristinando condizioni di equanimità per tutti gli agrumicoltori italiani, così come confermato più volte alle organizzazioni agricole, evitando in tal modo una evidente distorsione del mercato e condizioni di svantaggio per gli agrumicoltori siciliani.
(5-01662)
FUNDARÒ. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione competente del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nel predisporre la risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione del 26 luglio 2007, di cui all'Atto di sindacato ispettivo n. 5-01354 Fundarò: Produzione dell'aceto balsamico di Modena, dichiara, tra l'altro: «Quanto infine al decreto ministeriale del 2004 che ha introdotto la protezione transitoria per un prodotto che deve realizzarsi solo con mosti provenienti da uve della regione Emilia-Romagna, si precisa che dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Comunitaria della richiesta di riconoscimento della Igp, il predetto decreto ha perso qualsiasi efficacia»;
ai sensi dell'articolo 4 del decreto direttoriale 18 novembre 2004, concernente «Protezione transitoria accordata a livello nazionale alla denominazione "Aceto Balsamico di Modena", per la quale è stata inviata istanza alla Commissione europea per la registrazione come indicazione geografica protetta, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 7 dicembre 2004, n. 287, è disposto che: «La protezione transitoria di cui all'articolo 1 cesserà di esistere a decorrere dalla data in cui sarà adottata una decisione sulla domanda stessa da parte dell'organismo comunitario»;
in Italia esiste e non è mai stato revocato o abrogato il decreto 18 novembre 2004, nella versione da ultimo pubblicata ai sensi del decreto 3 agosto 2006. Tale decreto reca in allegato un disciplinare differente da quello riportato nella «Pubblicazione di una domanda a norma dell'articolo 6, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari, come pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 6 luglio 2007, entrambi però riferiti alla Indicazione Geografica Aceto balsamico di Modena;
se i disciplinari sono differenti è anche esplicito che il prodotto riferito al disciplinare apparso nella Pubblicazione della domanda di registrazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 6 luglio 2007, non ha la storicità pluriennale che le disposizioni emanate dal ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali allo scopo prescrivono, anzi, si evince che tale prodotto non poteva e non può attualmente essere fabbricato, stante la protezione nazionale disposta dal decreto del 18 novembre 2004 che tutela il prodotto ottenuto ai sensi dell'ultimo disciplinare allegato al decreto 3 agosto 2006;
inoltre, viste le limitate varietà di uve che si possono utilizzare per l'ottenimento dei mosti necessari all'elaborazione del prodotto e considerato che deve esistere un registro di tali vigneti, appare dubbio che vi siano certificazioni che dimostrino come e dove sia stata prodotta, sempre che sia stata prodotta, la rilevante quantità di mosti appartenenti ai sette vitigni che è servita alla fabbricazione del prodotto almeno nei 5 anni passati;
il disciplinare riportato nella citata pubblicazione comunitaria del 6 luglio 2007 è sconosciuto al pubblico non essendo stato reso pubblico come anche prescrive l'articolo 5, comma 5, del Regolamento (CE) n. 510/2006, secondo cui «lo Stato membro assicura che la versione del disciplinare oggetto della propria decisione favorevole sia pubblicata e assicura l'accesso per via elettronica al disciplinare»;
ne consegue che, non essendo stata adottata alcuna decisione sulla registrazione da parte dell'organismo comunitario sulla domanda stessa, che ai sensi del Regolamento (CE) n. 510/2006 può essere adottata o in maniera favorevole o in maniera contraria ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 7, comma 4, o dell'articolo 5, terzo paragrafo, e ad ogni modo in maniera che la decisione sia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, ma essendo solo stata comunicata l'avvenuta istanza nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, la protezione nazionale transitoria è efficacemente vigente, anzi, solo un atto amministrativo di pari rango potrebbe renderla inefficace e nel caso vi fosse una decisione da parte dell'organismo comunitario, la caducazione implicita della protezione transitoria potrebbe avvenire solo se tale decisione fosse contraria alla registrazione della denominazione geografica, infatti, nel caso opposto vi sarebbe una protezione più ampia, di livello comunitario, che non vanificherebbe quella nazionale, ma l'estenderebbe senza creare profili problematici tali da farla espungere dall'ordinamento italiano -:
se sia compatibile il disciplinare di produzione riferito alla Pubblicazione di una domanda a norma dell'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari, come pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 6 luglio 2007, con la protezione transitoria recata dall'articolo 4 del decreto 18 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 dicembre 2004, n. 287 e se non sia evidente che tale protezione transitoria sia ostativa
alla produzione del prodotto descritto nel disciplinare sopra indicato ed in tal senso capace di rendere sanzionabili, ai sensi del decreto legislativo n. 297 del 2004, quei produttori che hanno richiesto tale registrazione.
(5-01663)
DOZZO, ALESSANDRI, FUGATTI e PINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il sistema agroalimentare italiano è noto nel mondo per la tipicità e la qualità di alcuni suoi prodotti che, pur costituendo un innegabile traino per l'intero settore, forniscono, tuttavia, solo una parziale rappresentazione della realtà produttiva nazionale che, nel suo complesso, è fortemente interessata dalla presenza di prodotti di base, non caratterizzati dalla presenza di marchi riconosciuti a livello comunitario;
tra i prodotti agroalimentari di base l'Italia riveste un ruolo di primissimo piano nel settore delle carni avicole, nel quale i nostri produttori si distinguono a livello mondiale per gli elevati livelli di professionalità ed imprenditorialità che sono riusciti a raggiungere;
nonostante gli sforzi realizzati e gli importanti risultati raggiunti, gli allevatori avicoli si trovano sempre più schiacciati dai settori a monte ed a valle che, per dimensione economica e per conseguente maggior potere contrattuale, sono in grado di imporre agli allevatori, sia i prezzi dei fattori produttivi, sia i prezzi di vendita dei loro prodotti;
il settore avicolo è caratterizzato, da tempo, dalla presenza di gruppi oligopolistici che detengono, sia l'offerta dei fattori produttivi, sia la domanda dei prodotti agricoli e che, in tal modo, hanno trasformato, gli allevatori da lavoratori autonomi (quali erano) in lavoratori in conto terzi, ossia in soggetti destinati, inevitabilmente, a patire gli effetti, sia dei margini degli altri operatori della filiera, sia dei rischi di impresa che, di fatto, finiscono per gravare pressoché interamente sugli stessi allevatori;
la debolezza degli allevatori nell'ambito della filiera è accentuata dalla pratica, oramai generalizzata, di regolamentare l'attività produttiva in base a contratti di soccida che, oltre ad essere condizionati dal forte squilibrio - sotto il profilo del potere contrattuale - in favore del soccidante vedono, anche l'impossibilità, per il soccidario, di farsi rappresentare dalle associazioni di categoria nella stipula dei contratti stessi -:
se non si ritenga di prevedere specifiche iniziative volte a favorire il riequilibrio dei rapporti contrattuali tra i soggetti operanti nell'ambito della filiere avicola e, in particolare, se non si ritenga di prevedere la possibilità, per i soccidari, di farsi rappresentare dalle associazioni di categoria nella stipula dei contratti di soccida.
(5-01664)
Interrogazione a risposta scritta:
RAMPELLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha appreso che è intenzione dell'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (U.N.I.R.E.) conferire un incarico di consulenza al signor Maurizio Mattii, già oggetto di indagini penali per gravi reati che erano stati ipotizzati nell'ambito di un precedente rapporto di consulenza tra il Mattii e l'U.N.I.R.E.;
dalla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Fermo si desume che tali indagini, pur se conclusesi con un archiviazione, hanno potuto accertare la sussistenza di comportamenti deplorabili;
nel provvedimento si legge testualmente: quanto al reato di cui agli articoli 480 e 493 del codice penale, relativo alla presunta falsità di due «dichiarazioni scritte» che il Mattii - agendo quale
incaricato U.N.I.R.E. presso l'ippodromo di Montegiorgio e dunque quale incaricato di pubblico servizio - aveva redatto in ordine alla attività lavorativa espletata da due suoi collaboratori (F.A. e C.S.), il fatto non è punibile; l'articolo 493 del codice penale, infatti, punisce l'incaricato di pubblico servizio a condizione che egli sia un «pubblico impiegato», circostanza questa che non ricorre nel caso di specie;
non è perseguibile penalmente la falsità della dichiarazione scritta del Mattii in relazione alla persona del F.A., che risulta non aver lavorato per l'U.N.I.R.E. nei mesi di settembre-ottobre 2002, contrariamente a quanto attestato dal Mattii;
sempre secondo il magistrato, il reato di cui all'articolo 640 del codice penale appare parimenti da escludere, con riferimento alle dazioni di somme versate dall'U.N.I.R.E. a F.R. e a B.P. e quindi «girate» in parte da costoro al Mattii; F.R. e il B.P. risultano infatti aver effettivamente lavorato come collaboratori U.N.I.R.E. (pertanto l'Ente ha versato loro le retribuzioni dovute). Il fatto che i due abbiano poi passato al Mattii - che aveva segnalato il loro nome all'U.N.I.R.E. - una parte della retribuzione non è un fatto che integra gli estremi della truffa;
il reato di cui all'articolo 318, commi 1 e 2, del codice penale (corruzione impropria susseguente) ipotizzato a carico di Mattii Maurizio, F.R. e B.P. è da escludere: dagli atti risulta che il Mattii - agendo quale incaricato UNIRE presso l'ippodromo di Montegiorgio e dunque quale incaricato di pubblico servizio - abbia ricevuto dazioni di denaro dalla F.R. e dal B.P., quale «retribuzione» per averli indicati all'UNIRE e fatti nominare suoi collaboratori;
in definitiva, si evince dagli atti che il Mattii si sia accordato con la F.R. e il B.P., facendosi consegnare una parte del loro stipendio quale corrispettivo della segnalazione dei loro nomi all'UNIRE per ottenere l'incarico di collaboratore;
è da ritenere, tuttavia che trovi applicazione quanto disposto dall'articolo 320 del codice penale, benché il Mattii sia qualificabile come un incaricato di pubblico servizio, egli tuttavia non è un pubblico impiegato e dunque per tale ragione non è punibile in relazione alla «corruzione impropria susseguente» che si rileva dalla lettura degli atti;
analoghe considerazioni valgono per i «corruttori» F.R. e B. P.: l'articolo 321 del codice penale limita l'applicazione della pena ai soli casi previsti dal 1o comma dell'articolo 318 del codice penale (mentre, nel caso che ci occupa, il fatto appare riconducibile al 2o comma); in ogni caso, come già rilevato, l'articolo 320 del codice penale esclude la punibilità per i fatti di corruzione impropria in cui l'accipiens sia un incaricato di pubblico servizio che non riveste la qualità di pubblico impiegato;
i fatti sopra esposti anche se non costituiscono illecito penale per motivi puramente formali, sono certamente molto gravi dal punto di vista etico e morale -:
se il Ministro vigilante sull'U.N.I.R.E. non ritenga che le condotte accertate dalle indagini sopraindicate pur se irrilevanti penalmente, siano incompatibili con il conferimento di nuovi incarichi retribuiti al soggetto che le ha messe in atto, specie in un momento di gravissima crisi economica dell'U.N.I.R.E.
(4-05371)