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Allegato B
Seduta n. 82 del 5/12/2006
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AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta orale:
DE ZULUETA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 16 novembre 2006 è andata in onda su Rai News 24 un'inchiesta di Elisa Maricola e Maurizio Torrealta, dal titolo «Nubi somale», dalla quale emerge la violazione dell'embargo sulla fornitura di armamenti alla Somalia da parte dell'Italia;
nel servizio si afferma che le indagini portate avanti dal Gruppo di monitoraggio, incaricato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di vigilare sul rispetto dell'embargo della fornitura delle anni alla Somalia, hanno evidenziato che il numero delle armi in possesso sia dei seguaci delle corti islamiche che del Governo federale transitorio sono aumentate in maniera esponenziale, nonostante l'embargo sancito nel 1993 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;
le violazioni accertate sono centinaia e coinvolgono i governi dell'area, Eritrea ed Etiopia, ma anche Gibuti, Arabia Saudita e Yemen;
il rapporto dell'ONU, presentato nel maggio scorso, accusa direttamente anche l'Italia e parla di due invii di materiale militare proveniente dal nostro paese e destinati ai miliziani del Governo federale transitorio;
le violazioni dell'Italia vengono descritte dal coordinatore degli ispettori ONU, Bruno Schiemsky, secondo il quale almeno 18 camion militari provenienti dal territorio italiano sono arrivati nell'ottobre 2005 al porto di El Ma \`an, vicino a Mogadiscio, e poi si sono diretti a Johar, dove sono stati utilizzati per trasportare truppe e per montare armi antiaereo;
il secondo episodio che coinvolge il nostro paese riguarda alcuni voli organizzati dall'Italia e atterrati all'aeroporto di Johar, dove hanno scaricato materiale proveniente dal ministero della Difesa, in parte anch'esso finito nelle mani del Presidente Abdullahi Yusuf;
alla dettagliata richiesta ufficiale di chiarimenti, il Governo italiano ha risposto con una lettera ufficiale, attraverso la propria rappresentanza diplomatica presso l'ONU di New York, con la quale l'Italia si dichiara estranea alla spedizione dei camion, mentre afferma che gli invii per aereo, sei in tutto, fanno parte di aiuti della Cooperazione italiana;
Mario Raffaelli, inviato speciale dell'Italia per la Somalia, dalla sede di Nairobi, si è limitato a confermare la risposta ufficiale del Governo;
secondo Schiemsky, la risposta del Governo italiano ha aperto interrogativi più che dare risposte infatti le autorità italiane hanno detto che è possibile che un privato abbia esportato camion militari in Somalia, ma purtroppo il Governo italiano non ha fornito il nome di questa persona, né ha fatto sapere se questi avesse comprato i camion dall'esercito italiano, non ha consegnato nessuna documentazione sulla dismissione di materiale militare, né
sull'esportazione di questi camion o sulla linea marittima che li ha trasportati fino in Somalia;
secondo l'inviato del Corriere della Sera in Africa, Massimo Alberizzi, che ha potuto verificare sul posto le accuse, i camion rilevati da un uomo d'affari sono stati spediti a Dubai, negli Emirati Arabi, uno dei porti più utilizzati per le triangolazioni di materiale sospetto. Per quanto riguarda le spedizioni curate dalla Cooperazione, parte sono effettivamente andate ai miliziani del Governo federale transitorio, parte, è il caso di alcuni generatori, sono finite sul mercato;
Alberizzi racconta anche di un episodio riguardante una spedizione di camion inviati in Eritrea come aiuti e subito targati militari;
la giornalista ha intervistato Oreste Mazzi un italiano che si reca spesso in Somalia, dove ha affittato un terreno in riva al mare, proprio a fianco del porto di El Maan. Mazzi è stato testimone oculare dello sbarco dei camion in un primo tempo presentati dalle autorità portuali come un dono dell'Italia e successivamente attribuiti allo Yemen;
Mazzi, che ha anche ripreso con la sua telecamera i mezzi, ha tentato di avvicinarsi alla colonna, ma è stato subito allontanato dalla scorta di miliziani che controllavano strettamente gli automezzi ed il loro carico, subito partiti per Johar;
secondo gli ispettori dell'ONU, gli automezzi sono sbarcati a El Ma \`an dalla nave mercantile Mariam Queen, nota localmente come Abu Maruyama;
l'autrice del servizio con una rapida ricerca su internet e alle Capitanerie dei porti italiani, ha scoperto che la Mariam Queen non è mai arrivata in Italia, e che il cargo di piccola stazza varato nel 1974 è una carretta del mare addetta ai trasporti tra Corno d'Africa e penisola araba, come dimostra una traccia dei suoi passaggi nel porto saudita di Damman, uno dei tanti scali usati per le triangolazioni di merce con l'Europa;
secondo un recente rapporto dell'ONU, l'Eritrea, che ha fornito alle Corti islamiche aerei da guerra smontati e spediti ufficialmente come pezzi di ricambio, nel 2005 ha acquistato dall'Italiana Aermacchi componenti per i caccia MB339, come registra la relazione annuale sul commercio di armamenti presentata dal Governo;
la vendita per un valore di 1.138.000 euro, ha avuto regolarmente l'autorizzazione all'esportazione, secondo quanto stabilito dalla legge n. 185 del 1990 sul commercio delle armi, malgrado la stessa vieti forniture militari verso paesi destinatari di aiuti alla cooperazione italiana -:
se non ritengano doveroso collaborare seriamente con le Nazioni Unite per far piena luce su questi traffici di armi in nodo da poter anche perseguire le responsabilità;
se non ritengano necessario un maggior controllo sull'applicazione della legge n. 185 del 1990 affinché non si ripetano situazioni come quella denunciata dal servizio giornalistico.
(3-00450)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:
RANIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la drammatica morte dell'ex colonnello dei servizi segreti russi (Fsb) Alexander Litvinenko, avvenuta per avvelenamento con sostanze radioattive, ha colpito tutta l'opinione pubblica in Europa -:
quali siano le valutazioni in merito all'assassinio di Alexander Litvinenko e se il Governo ritenga di promuovere, in ambito comunitario e internazionale, ogni iniziativa utile a chiarire le responsabilità dell'omicidio.
(5-00475)
SINISCALCHI, MANTOVANI, KHALIL e FRIAS. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 27 ottobre 2006 la Commissione territoriale di Siracusa rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato politico presentata da Kibrome Mekonen, decidendo di riconoscergli una forma di protezione marginale, la protezione umanitaria, della validità di un anno. La domanda di asilo politico di Kibrome Mekonen è invece fondata e conforme alla definizione di rifugiato politico stabilita dalla Covenzione di Ginevra del 1951;
ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, si intende come rifugiato colui che chiede protezione a un paese terzo perché ha «fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religiose, nazionalità o appartenenza a un determinato gruppo sociale»;
Kibrome Mekonen appartiene a un gruppo sociale, vale a dire i giovani eritrei in età militare, al quale il governo nega i diritti e le libertà fondamentali. La persecuzione dei giovani in età militare è sistematica. La legge del 23 ottobre 1995 rende obbligatorio il servizio di leva militare per tutti i cittadini eritrei maschi dai 18 ai 40 anni e per le donne dai 18 ai 27 anni, per un periodo di 2 anni. Il diritto all'obiezione di coscienza non è riconosciuto dalle autorità. Ma dal 1998 il servizio di leva continua a essere esteso a tempo indeterminato, con il pretesto del fallimento del processo di negoziazione del confine territoriale con l'Etiopia e del conseguente timore di un nuovo conflitto armato;
la mobilitazione militare attuata dal governo eritreo ha assunto dimensioni e modalità contrarie ai diritti dell'uomo, come documentato nei rapporti di Amnesty International, Human Right Watch, e come recepito dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo nella sentenza «Said vs Netherlands» del 2001. L'arruolamento forzato dei minorenni attraverso le retate davanti alle scuole, la militarizzazione del sistema educativo con lo spostamento dell'ultimo anno delle scuole superiori presso il campo militare di Sawa, la chiusura dell'Università e la sua sostituzione con college paramilitari, il condizionamento totale della vita a tempo indeterminato e l'impossibilità di programmare il proprio futuro hanno spinto migliaia di giovani a disertare l'esercito o a fuggire prima di prestare il servizio militare;
Kibrome Mekonen è disertore, e, se dovesse ritornare il Eritrea, la sua vita sarebbe a rischio, come testimoniato anche nel rapporto a cura di Amnesty International, You have no right to ask, in cui è documentato l'uso ordinario della tortura verso i disertori e i renitenti alla leva; oltre alla tortura, sono ampiamente documentare le pratiche di detenzione in container o in campi di lavoro forzato nelle zone più isolare e dal clima più invivibile del paese; i tentativi di fuga sono puniti con la morte; i carcerieri, infatti, hanno ampia facoltà, se non l'ordine, di sparare per fermare i fuggitivi;
la commissione territoriale di Siracusa nega lo status di rifugiato a Kibrome Mekonen ed agli altri richiedenti asilo protagonisti dell'inchiesta giornalistica sugli abusi subiti nel CPT di Pian del Lago di Caltanissetta, nonostante essi si siano esposti al riconoscimento da parte del governo Eritreo e dell'Ambasciata Eritrea in Italia in seguito ai servizi della stampa e tv locali e nazionali, che ne hanno resi pubblici i volti e le generalità. Questo fatto aggrava la loro esposizione e quella dei familiari in Eritrea alla persecuzione;
è nota la persecuzione non solo dei disertori, ma anche delle loro famiglie, detenute fino alla consegna dei figli fuggitivi o al pagamento di un'ingente somma di denaro, ed il trattamento che il governo eritreo riserva ai cittadini che hanno richiesto asilo politico in altri paesi;
anche la Corte Europea per i diritti umani, nella seduta del 17 settembre 2002, ha riconosciuto fondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato presentata da un disertore eritreo al governo olandese;
la Procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta sul naufragio. In data 30 ottobre 2006 Kibrome Mekonen è stato citato come persona informata dei fatti a comparire davanti al Pubblico Ministero dottor Santo Fornasier, il PM incaricato dell'inchiesta (Proc. n. 3559/06 R.G. notizie di reato); la sua comparizione l'ha reso ancor più vulnerabile e ha messo a rischio i suoi famigliari rimasti in Eritrea-:
quali forme e modalità il Governo intenda utilizzare per garantire protezione a Kibrome Mekonen, titolare di protezione umanitaria, ai giovani eritrei richiedenti asilo politico in genere, ai sopravvissuti al naufragio del 20 agosto 2006 al largo di Lampedusa denuncianti i fatti accaduti nel CPT di Pian del Lago di Caltanisetta, in particolare, quali vie intenda percorrere perché venga riconosciuto ai giovani eritrei il diritto al rifugio politico, quali misure intenda mettere in atto per salvaguardare la sicurezza delle famiglie rimaste in Eritrea dei richiedenti asilo, agendo anche a livello diplomatico, e quali misure intenda adottare nei suoi rapporti con il governo eritreo, in modo da porre con forza il problema rispetto dei diritti umani, diritti che, ormai è ampiamente risaputo, vengono violati platealmente sia nei confronti dei cittadini eritrei che degli stranieri a vario titolo risiedenti in Eritrea.
(5-00476)