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Allegato B
Seduta n. 82 del 5/12/2006
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GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
BUEMI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da tempo il ministero della giustizia disattende al pagamento di prestazioni e beni forniti e ciò rappresenta un punto di non più attendibilità dei contratti di fornitura stipulati, che hanno come committente il ministero stesso;
da anni, infatti, tale ministero si dibatte tra tagli di bilancio e stanziamenti inadeguati;
tali situazioni hanno trovato tragica ed esplicita conferma quando nelle settimane scorse a Torino, in pieno giorno, davanti al tribunale un uomo si è ucciso con un colpo di revolver 38 alla tempia, chiuso nell'abitacolo di un'Alfa 166 grigio scuro, parcheggiata con cura proprio davanti all'ingresso principale di palazzo di giustizia, come da articolo pubblicato in data 24 ottobre 2006 sul quotidiano La Stampa, nella pagina di cronaca torinese;
l'uomo di cui trattasi, Agostino Rocco, 57 anni, non era un inquisito, bensì il titolare di uno dei più grandi autodepositi del Nord-Ovest e, nella sua qualità di custode giudiziario, era uno dei tanti creditori del ministero della giustizia;
nel suo deposito custodiva oltre 5 mila veicoli di ogni tipo, sotto sequestro per le più svariate ragioni: dalla bicicletta al motorino, dall'auto al tir, senza essere pagato mai, o quasi mai, da oltre ventiquattro anni;
il suicidio così esibito, pubblico, non solo rimane un atto di una tragicità assoluta, ma rappresenta un estremo atto di denuncia contro la burocrazia, lo Stato e le sue inadempienze, così come denunciato in una lettera che Agostino Rocco ha lasciato, trovata immersa nel sangue e in altri scritti, destinati ai figli e ai collaboratori della sua ditta, la Sps, che inizia così: «Caro Stato italiano, sono un custode giudiziario di auto e veicoli dal 1982 ...» e poi prosegue puntigliosamente, ricordando che: «Lo Stato paga un euro al giorno. Vanto crediti dagli anni '80. Più o meno 40, 50 milioni di euro» ed ancora: «Sì, basta fare i conti con la calcolatrice. Ora pensate che lo Stato, in teoria, offre la stessa tariffa per una bicicletta o un tir che occupa tantissimo spazio. È ovvio che mi accontenterei di molto meno, ma questi soldi mi spettano. Io dico: se non paghi una multa, lo Stato provvede a pignorarti i beni. Nel caso contrario, vieni preso in giro. Ogni tanto faccio un giro in tribunale. Sa cosa mi dicono? Che il tizio è in ferie, che l'altro è trasferito, che sono cambiate le norme, che c'è una legge nuova, di ripassare. Quando? Domani, dopodomani, magari martedì»;
di situazioni dello stesso tipo non sfocianti in gesti estremi come questo ve ne sono diverse -:
quali misure il Ministro interrogato intenda intraprendere per porre rimedio a questa situazione particolarmente grave, che sta mettendo in crisi la stabilità di imprese piccole e medie fornitrici del ministero della giustizia e che talvolta sfocia, come sopra premesso, in tragedie senza ritorno.
(3-00451)
CATONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
degli idonei al concorso a 443 posti, indetto con decreto ministeriale dell'8 novembre 2002, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 13 dicembre 2002, n. 98, circa 450 idonei sono ancora da assumere;
al momento gli uffici giudiziari sono privi di organico e la giustizia in generale attraversa una fase di grave crisi, evidenziata anche nelle linee programmatiche
del ministero della giustizia dal Ministro interpellato illustrate nelle Commissioni giustizia del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
i problemi veri sono determinati senza dubbio dalla grave paralisi della giustizia che sta caratterizzando la nostra società, nonché dalla presenza di dati allarmanti di carenza di personale, non solo negli unep (uffici notifiche, esecuzioni, protesti), ma nelle cancellerie e in tutti gli uffici giudiziari;
con tali grave carenze di organico non si può assicurare né la gestione, né il buon andamento dell'amministrazione, utilizzando il solo personale operante all'interno degli uffici amministrativi, sovraccaricandoli di funzioni spesso incompatibili tra loro;
in una situazione così grave, con la giustizia al collasso, risulta un'enorme contraddizione quella di selezionare, attraverso i concorsi pubblici, del personale per poi non assumerlo, nonostante le carenze siano paurose e la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo condanni di continuo l'Italia per la lentezza della giustizia;
realtà distrettuali importanti, come Napoli, Salerno, Catanzaro, Reggio Calabria, L'Aquila e tante altre, evidenziano carenze preoccupanti;
la grave contraddizione è stata eccepita anche dal programma della giustizia in cui si legge espressamente: «Bisogna riconoscere che l'organizzazione della giustizia poggia in larga misura sull'attività del personale amministrativo: una ricchezza fondamentale, necessariamente da valorizzare perché l'efficienza degli uffici giudiziari dipende dall'opera di questo personale che oggi risulta mortificato»;
come risulta evidente, i problemi della giustizia sono determinati in larga parte dalla mancanza di assunzione di personale. Il tutto mentre ci sono professionisti qualificati che hanno superato un regolare concorso con esiti più che positivi, stanti le difficili prove concorsuali (due scritti e una prova orale comprensiva di 9 materie) che attendono ancora di essere assunti -:
se non ritenga necessario ed indispensabile l'utilizzo del personale già idoneo, in modo che la giustizia investa in mezzi e personale per il buon funzionamento della stessa, con la copertura integrale delle gravi carenze di organico esistenti presso gli unep e presso le cancellerie risultanti dall'ampliamento delle piante organiche attingendo dalla graduatoria degli idonei al concorso di ufficiali giudiziari suddetto, essendo la stessa a scadenza nell'anno 2007, o se l'atteggiamento manifestato nei fatti sino da oggi, sottintende, come a noi sembra evidente, il perseguimento di una destrutturazione degli uffici giudiziari per affidare ad altri o esternalizzare le funzioni della giustizia.
(3-00452)
CESA, CAPITANIO SANTOLINI, VOLONTÈ, FORMISANO, MAZZONI, RONCONI, D'AGRÒ, DRAGO, PERETTI, COMPAGNON, LUCCHESE e MEREU. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 31 dicembre 2006 gli istituti di accoglienza per i minori dovranno essere chiusi definitivamente;
attualmente sarebbero circa 20 mila i ragazzi ospitati tra comunità di pronta accoglienza, comunità di tipo familiare, comunità educative ed istituti;
inoltre, si stima che, su 2633 bambini ospitati in strutture, il 7 per cento ha disabilità fisiche, mentre il 71 per cento fa i conti con disabilità psichiche;
la legge n. 149 del 2001 stabilisce che il ricovero in istituto deve essere superato «mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia»;
il rischio per i minori è quello di ritrovarsi, dopo l'uscita dagli istituti, in strutture che hanno poco a che fare con un ambiente familiare;
è, infatti, sorto, da più parti, il dubbio che molte strutture abbiano solo effettuato operazioni di facciata, dividendo gli ambienti originari in piccole camere per avvicinarsi ad un improbabile modello di casa famiglia -:
se non ritenga di effettuare un'indagine sugli istituti autorizzati ad accogliere i minori che vi saranno inseriti dopo il 31 dicembre 2006, in modo da verificarne la conformità e l'osservanza delle caratteristiche richieste dalla legge, e se non ritenga, altresì, opportuno avviare una campagna di sensibilizzazione sull'affido familiare di questi minori, che rappresenta l'unica opzione valida per assicurare ai ragazzi il diritto ad una famiglia.
(3-00453)
LEONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è di pochi giorni fa la notizia che la Corte di cassazione ha ritenuto incompetenti per territorio i giudici di Milano nel caso Sme, che ha visto coinvolti, tra gli altri, l'onorevole Cesare Previti e il magistrato Renato Squillante, perché, come è previsto dal codice di procedura penale, la competenza, essendosi i fatti svoltisi prevalentemente a Roma ed essendo indagato un magistrato del distretto di Roma, era evidentemente degli uffici giudiziari di Perugia;
la VI sezione della Cassazione ha così annullato la sentenza che condannava l'onorevole Cesare Previti e il magistrato Renato Squillante, restituendo gli atti ai giudici di Perugia, che dovranno iniziare daccapo tutto il processo;
l'atteggiamento dei giudici di Milano è, secondo l'interrogante, da stigmatizzare, perché contrario alla normativa sulla competenza e, in particolare, all'articolo 11 del codice di procedura penale, che riguarda la competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati e costituisce, sempre ad avviso dell'interrogante, quindi, una «forzatura» del nostro sistema processuale, dovuta, con ogni probabilità, ad un intento persecutorio nei confronti dell'onorevole Previti;
autorevoli giuristi, fra cui l'ex presidente della Corte di cassazione Marvulli, hanno pesantemente criticato l'atteggiamento dei magistrati di Milano, che hanno, nonostante i ricorsi della difesa per dichiarare l'incompatibilità territoriale del processo, perseguito nel loro intento, dissipando, secondo gli interroganti, ingenti risorse economiche e ponendosi in contrasto con l'articolo 25, primo comma, della Costituzione, secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, e con l'articolo 111 della Costituzione, secondo cui la legge assicura la ragionevole durata del processo;
ad avviso dell'interrogante, il lungo processo ha, quindi, causato gravi danni al prestigio dell'amministrazione della giustizia ed ha comportato uno spreco di risorse umane e finanziarie che potevano essere più opportunamente impiegate nell'interesse dei cittadini -:
se non ravvisi la necessità di attivare le procedure previste dalla legge al fine di verificare eventuali comportamenti che hanno leso la credibilità delle istituzioni.
(3-00454)