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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 83 di mercoledì 6 dicembre 2006
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FAUSTO BERTINOTTI
La seduta comincia alle 9,10.
MAURO DEL BUE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Belisario, Brugger, Donadi, Holzmann, Marcenaro, Oliva, Leoluca Orlando, Picchi, Realacci, Franco Russo, Sgobio, Stucchi, Tremaglia, Venier ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Informativa urgente del Governo sui tragici incidenti sul lavoro verificatisi recentemente e sulle iniziative che il Governo intende assumere per contrastare tale fenomeno (ore 9,12).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui tragici incidenti sul lavoro verificatisi recentemente e sulle iniziative che il Governo intende assumere per contrastare tale fenomeno.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
(Intervento del rappresentante del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Michele Montagnino.
ANTONIO MICHELE MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, onorevoli deputati, gli infortuni sul lavoro che hanno avuto larga e triste eco nella cronaca di questi mesi, funestati da numerosi incidenti mortali, sono diventati una vera e propria emergenza, che richiama il nostro impegno e la nostra responsabilità, come più volte sottolineato anche dal Presidente della Repubblica e dalle altre più alte cariche dello Stato.
La sicurezza nei luoghi di lavoro è un tema fondamentale che certifica il grado di avanzamento civile, sociale, economico e morale di un paese. La battaglia sulla sicurezza è quindi una battaglia di civiltà, perché tutelare la vita, la salute e l'integrità fisica del lavoratore significa rispettare la dignità della persona. È sicuramente una priorità nell'azione del Governo e del dicastero che rappresento.
Siamo consapevoli che non si tratta di un'impresa semplice, siamo coscienti delle difficoltà, ma siamo impegnati nell'intraprendere tutte le iniziative necessarie per Pag. 2vincere questa battaglia, perché è davvero inaccettabile che in un paese civile si continui a morire di lavoro.
I dati forniti dall'INAIL, secondo i quali nel primo semestre del 2006 gli incidenti sono calati seppure di poco rispetto al periodo analogo del 2005, con una diminuzione nel secondo trimestre che ha compensato l'incremento infortunistico del primo trimestre, rappresentano sicuramente un elemento di positività, ma non sono certamente confortanti, perché la realtà inaccettabile è che nel nostro paese muoiono ancora nel lavoro mediamente tre persone al giorno - un vero e proprio bollettino di guerra - e troppe persone subiscono infortuni anche con conseguenti gravi menomazioni.
Nonostante la segnalata tendenza alla riduzione statistica, l'esame dei dati sugli infortuni nei luoghi di lavoro evidenzia un quadro ancora critico; in particolare, in alcuni comparti, come ad esempio l'agricoltura e l'edilizia. Per tale ragione è stata istituita al Senato una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riferimento alle «morti bianche», che tra i suoi obiettivi ha, tra l'altro, quello di definire le dimensioni del fenomeno infortunistico, individuarne le cause, verificare il livello di applicazione delle leggi antinfortunistiche e l'efficacia della legislazione vigente e delle attività di vigilanza. Tale Commissione si colloca in ideale continuità con i lavori della precedente Commissione avente analoghe finalità.
Il Governo, perfettamente consapevole della gravità della situazione, ha individuato fin dal suo insediamento, già nel DPEF 2007-2011, tra le linee programmatiche degli interventi in materia di lavoro e di occupazione, l'intensificazione del contrasto al lavoro nero e irregolare e il miglioramento della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Sono tre i fronti sui quali abbiamo reputato fondamentale intervenire: lotta al sommerso, potenziamento del servizio ispettivo, riorganizzazione della normativa in materia di salute e sicurezza. È in tale ottica che è stato predisposto un primo pacchetto di interventi, introdotto con la legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, che stabilisce importanti misure di contrasto al sommerso e di potenziamento dell'attività ispettiva, che ha già prodotto effetti positivi.
A questi primi interventi seguono le norme inserite nella legge finanziaria in discussione, che prevedono altresì una serie di misure che forniscono ulteriore concretezza all'indirizzo politico. Mi riferisco: al miglioramento della sicurezza degli edifici scolastici, agli interventi per la sicurezza dei trasporti, alla comunicazione di dati e di informazioni utili al contrasto del lavoro sommerso e dell'evasione contributiva, alla promozione della regolarità contributiva, alla possibilità per le aziende di usufruire di benefici normativi e contributivi soltanto ove in regola con il documento unico di regolarità contributiva, all'adeguamento delle sanzioni in materia di lavoro e documentazione obbligatoria, al potenziamento dell'attività ispettiva anche attraverso l'immissione in servizio di ulteriori 100 ispettori e l'incremento dell'organico del Comando dei carabinieri di 60 unità, all'obbligo di comunicare l'instaurazione del rapporto di lavoro il giorno antecedente al suo inizio, alla previsione di indici di congruità del rapporto tra qualità dei beni e servizi offerti e ore di lavoro necessarie, alla riduzione dei premi INAIL per le aziende virtuose.
Nel frattempo, il Ministero del lavoro ha comunque intrapreso iniziative volte a migliorare le azioni di vigilanza sul territorio, attraverso la promozione di protocolli di intesa con le ASL. Le direzioni regionali del lavoro sono state invitate a coordinarsi nei comitati regionali di coordinamento operanti nella materia della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro, di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 626 del 1994, al fine di definire protocolli di intesa idonei a fornire linee guida, particolarmente modellate sulle specifiche realtà territoriali, per Pag. 3i successivi accordi operativi tra le direzioni provinciali e le ASL territorialmente competenti.
Attribuiamo particolare importanza al riordino della legislazione in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Stiamo pertanto procedendo alla rivisitazione dell'impianto normativo vigente mediante l'adozione di un testo unico che permetta una razionalizzazione e una più agevole applicabilità della norma in materia. Operazione da realizzare nel pieno rispetto dei livelli di tutela raggiunti e attraverso la piena condivisione delle linee strategiche di intervento con le regioni e le parti sociali.
In particolare, si dovrà tener conto che il corpo normativo vigente è il risultato di una progressiva stratificazione di fonti assai diverse ed eterogenee tra loro, in quanto costituito da una serie di interventi legislativi succedutisi nel corso di oltre cinquant'anni. Pertanto, l'intervento sarà rivolto ad armonizzare e rivisitate norme vigenti, al fine di renderle maggiormente effettive ed efficaci nonché aderenti alla mutata realtà produttiva italiana. In particolare, è in fase di avanzata redazione, attraverso l'azione congiunta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e del Ministero della salute, una prima bozza di legge delega che è già stata e sarà ulteriormente sottoposta a regioni e parti sociali per la definizione di un testo il più possibile condiviso.
Risulta pertanto chiaro che la tecnica legislativa che il Governo intende utilizzare sarà quella dell'emanazione di una legge delega, seguita dalla predisposizione di uno o più decreti legislativi di attuazione.
Quanto alle caratteristiche generali del futuro testo unico che in questi giorni si iniziano a delineare, si può fin da ora affermare con certezza che esso non avrà solo natura compilativa, ma che anzi aspira a modificare il quadro normativo esistente, al fine di aggiornarlo e renderlo più efficace.
Fra le novità più rilevanti, si segnala innanzitutto l'ampliamento del campo di applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e a tutti i settori di attività. Si tratta di un sostanziale recepimento del principio, ormai consolidato, che impone di considerare nel novero dei destinatari della normativa in parola tutti coloro che si trovano a lavorare in un ambiente in cui il datore di lavoro esercita il controllo. Gli obblighi di sicurezza sono imposti infatti in ragione dell'inserimento di un individuo in azienda, indipendentemente dalla qualificazione del rapporto che lo lega all'imprenditore. Con particolare riferimento al campo soggettivo di applicazione, particolare attenzione verrà riservata ad alcune categorie di lavoratori (giovani, extracomunitari, apprendisti), in ragione della particolare incidenza del rischio infortunistico nei loro confronti.
Fra i criteri di delega ci sarà senz'altro poi la previsione di misure di semplificazione degli adempimenti in materia di sicurezza, specie ove riguardino le piccole e medie imprese: misure che dovranno tuttavia essere predisposte nel rispetto del principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, di cui all'articolo 2087 del Codice civile. Inoltre, nella bozza di preparazione troveranno spazio, oltre ad una normativa avente carattere premiale, misure di finanziamento per gli adeguamenti tecnologici e della organizzazione del lavoro delle imprese, sul modello reso maggiormente efficace e fruibile dei finanziamenti erogati dall'INAIL, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 38 del 2000.
Il testo in preparazione prevederà altresì che la normativa in materia sia resa quanto più possibile esigibile nei confronti dei soggetti obbligati per mezzo della diffusione di informazioni, linee guida e buone pratiche in tema di salute e sicurezza sul lavoro, da realizzarsi anche attraverso il miglioramento del collegamento delle reti informatiche di enti ed istituzioni. Inoltre, tra gli aspetti normativi oggetto di rivisitazione, rientrerà l'apparato sanzionatorio, da razionalizzare, sia prevedendo misure amministrative per violazioni meramente formali alla disciplina vigente, sia adeguando l'apparato Pag. 4vigente, in modo da garantire il pieno rispetto delle procedure di cui al decreto legislativo n. 758 del 1994, in modo che esso tenga conto della responsabilità e delle funzioni concretamente svolte in azienda dal soggetto obbligato.
Oggetto dell'intervento legislativo sarà poi senza dubbio anche l'assetto degli equilibri tra gli enti e le istituzioni che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro, argomento tra i più delicati in una materia che, com'è noto, l'articolo 117, comma 3, della Costituzione, attribuisce alla competenza legislativa concorrente di Stato e regioni. Lo scopo è quello di rendere maggiormente efficienti gli interventi di vigilanza, evitando che vi siano sovrapposizioni e duplicazioni fra i soggetti istituzionalmente a ciò deputati. La concertazione e il confronto sono di particolare importanza ai fini della riuscita della riforma. Il lavoro in comune tra il Ministero del lavoro e il Ministero della salute rappresenta una circostanza inedita, che prova inequivocabilmente la sinergia e lo spirito di collaborazione che anima nel concreto questo Governo e che impedirà le sovrapposizioni e la mancanza di coordinamento degli interventi, come spesso è avvenuto in passato, in una materia tanto delicata e di così rilevante impatto sociale.
In ogni caso, l'obiettivo della riduzione dei fenomeni infortunistici non passa solo tramite il miglioramento del quadro giuridico, ma anche e soprattutto in un'ottica di prevenzione, attraverso l'intensificazione dell'attività di informazione verso i lavoratori, per mezzo del coinvolgimento delle parti sociali, nonché tramite l'ampia diffusione di apposite campagne di informazione anche nelle scuole. A questo fine, il Ministero del lavoro ha promosso in questi mesi, insieme ad altri soggetti, un'intensa e variegata attività di informazione e prevenzione, che intende continuare a sviluppare, anche attraverso la realizzazione di campagne di comunicazione istituzionale, efficaci in quanto non si limiteranno ad interventi sporadici, bensì finalizzate ad introdurre un vero e proprio cambiamento culturale. Pensiamo inoltre ad una grande campagna di sensibilizzazione attraverso un canale digitale terrestre della RAI dedicato alla sicurezza sul lavoro ed al coinvolgimento degli esponenti del mondo della cultura e della informazione.
Inoltre, è in fase di organizzazione a Napoli una grande conferenza nazionale sulla salute e sicurezza sul lavoro, che dovrebbe tenersi nel mese di gennaio 2007 e che vuole essere occasione di approfondimento della tematica della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, attraverso il confronto fra Governo, istituzioni, amministrazioni locali e parti sociali, da realizzare sia a livello politico, sia con riferimento a specifiche tematiche di particolare rilievo, quali il rinnovamento della legislazione in materia, la vigilanza e la diffusione di informazioni e buone prassi sulla salute e sicurezza sul lavoro. Ovviamente, la battaglia sulla sicurezza si gioca anche sul sistema degli appalti; bisognerà intervenire per rivedere il codice degli appalti, a partire da quelli pubblici, attraverso una discussione con le parti sociali e, in particolare, modificare la formula degli appalti al massimo ribasso, che costituisce un problema di grande rilevanza.
Per concludere, tutto quello che vogliamo e dobbiamo fare è finalizzato a ridurre gli incidenti sul lavoro e a salvaguardare la salute e la vita dei lavoratori e la loro integrità fisica. Occorre a questo fine una prevenzione efficace, vigilanza e controlli coordinati, un sistema sanzionatorio adeguato, un'effettiva formazione dei soggetti impegnati nella sicurezza, ma anche dei lavoratori, per i quali rappresenta un diritto-dovere. Occorre però soprattutto che nelle istituzioni, nelle imprese, nella società, ci siano una nuova coscienza e un rinnovato impegno autentico.
(Interventi)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Motta. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Ringraziamo il sottosegretario Montagnino per l'ampia e puntuale informativa. Condividiamo il Pag. 5forte impegno del Governo su questi temi posti oggi alla nostra attenzione, attinenti alla sicurezza sui luoghi di lavoro, che continuano purtroppo quasi quotidianamente ad essere drammaticamente confermati da incidenti gravissimi, di cui l'ultimo a Piombino proprio il 3 dicembre ultimo scorso, che ha causato la morte di un operaio, Luca Rossi, dipendente dell'azienda Lucchini. Un territorio, quello di Piombino, colpito, come molti altri, da numerosi incidenti mortali o gravemente invalidanti, di cui colpisce l'alta percentuale in un arco di tempo ristretto.
Sono drammi che si ripetono a livello nazionale con una frequenza che non tende a diminuire e che impongono al Governo e a questo Parlamento di affrontare la materia nel modo più efficace e mi auguro coeso, al fine di offrire tempestivamente misure adeguate alla gravità della situazione. Una situazione che è di emergenza, perché sono i numeri a confermarlo e perché, pur non potendo in assoluto escludere motivi di accidentalità e fatalità, nel nostro paese si continua a morire sul lavoro con cifre che non si discostano dai dati dei primi anni del secondo dopoguerra. Ciò significa che il progresso economico del paese, legato a quello tecnologico e scientifico, non è andato di pari passo con l'evolversi di un sistema normativo di tutele e sanzioni, in grado di contrastare nel modo più efficace possibile il fenomeno, fino a ridurlo a percentuali fisiologiche.
Ecco perché, come diceva il sottosegretario Montanino, occorrono norme adeguate, che puntino sulla prevenzione, su attività rigorose di controllo e sul contrasto più deciso al lavoro nero, all'illegalità e all'eccessiva precarietà. Occorrono interventi mirati ad incidere sulle procedure di appalto e subappalto, che sempre più hanno determinato riduzioni di mano d'opera alle dirette dipendenze delle ditte appaltatrici. Occorrono norme in sostanza in grado di ridurre il costo sociale complessivo degli infortuni. In questo quadro, il voler porre mano da parte del Governo, come diceva prima il sottosegretario, alla riscrittura del testo unico sulla sicurezza è importantissimo: un testo non licenziato nella precedente legislatura dal Governo di centrodestra, nonostante gli impegni assunti con le parti sociali; un testo che deve garantire a tutti i lavoratori il diritto alla salute e per le aziende un orizzonte normativo certo e condiviso.
Voglio ricordare che su queste tematiche intervenne il ministro Damiano in occasione della sua prima audizione presso l'XI Commissione (Lavoro) il 27 giugno ultimo scorso, perché anche in quei giorni si erano verificati incidenti sul lavoro gravissimi, con numerose vittime.
In quell'occasione, il ministro annunciò alcune prime misure, non risolutive, ma che davano il segnale chiaro di quale voleva essere l'impegno dell'attuale Governo sui problemi della sicurezza e tutela della salute sul luoghi di lavoro. Quell'impegno fu onorato con la conversione del decreto-legge dell'inizio di luglio, il cosiddetto «Bersani-Visco», contenente il cosiddetto pacchetto sicurezza, fortemente consolidato nelle misure previste nella finanziaria in discussione. Sono le misure che ha ricordato il sottosegretario Montagnino, finalmente non emergenziali, ma tese ad affrontare il fenomeno in tutti i suoi aspetti: potenziamento della funzione ispettiva, con un aumento degli organici, in una logica non meramente di attività burocratica, ma in grado di indagare le difficoltà, le disuguaglianze e i problemi, che esistono sul territorio, perché solo così si comprendono le vere criticità, che possono anche essere differenti da regione a regione, da comune a comune, perché è dalle specificità del territorio che si deve partire; il rafforzamento di una regia nazionale coordinata che sviluppi piani territoriali di emersione e di promozione dell'occupazione regolare, con la costituzione di un apposito fondo che ne supporti la concreta attuazione; l'incentivazione di un'azione istituzionale di informazione dei lavoratori, per combattere il lavoro sommerso ed irregolare e per promuovere nuova occupazione e tutela della salute e sicurezza; l'introduzione di meccanismi di garanzia per il rispetto degli obblighi contributivi in tutti settori di attività; la destinazione Pag. 6di risorse per finanziare progetti di ricerca, in materia di sicurezza e salute sul lavoro ed attività promozionali, finalizzate alla prevenzione e alla cultura della salute e sicurezza, con particolare riferimento ai settori a più elevato rischio infortunistico; infine, la promozione dell'emersione spontanea, rendendola conveniente per il datore di lavoro, senza danneggiare il lavoratore, riaffermando così la necessità, nell'interesse dello stesso sistema produttivo, di una reale competitività tra le imprese. Insomma, una serie di misure che vogliono aggredire il problema nei suoi tratti costitutivi e che incidano nel tempo. Prevenzione, informazione, cultura della legalità, rigorosa, certa ed efficace azione ispettiva e sanzionatoria, coinvolgimento delle parti sociali e dei livelli istituzionali locali sono i capisaldi valoriali di un nuovo approccio alle problematiche della sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro ed indicano chiaramente la centralità che il lavoro ha assunto nell'azione riformatrice di questo Governo, azione indispensabile affinché il lavoro sia, per ogni persona, sempre più, opportunità di crescita, di integrazione sociale e non, come troppo spesso accade, luogo di rischio e di perdita della vita. (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fabbri. Ne ha facoltà.
LUIGI FABBRI. Signor Presidente, credo che questo argomento le stia particolarmente a cuore, dato che lei, provenendo dal sindacato, ha un'antica cultura del lavoro. Ho sentito la relazione del sottosegretario Montagnino, del quale mi onoro di essere amico, avendo condiviso al Senato, nei cinque anni passati, l'esperienza della Commissione di inchiesta sulle «morti bianche», il quale ha rilevato che l'impresa non è facile e che si tratta di una questione di dignità e di civiltà. Un paese come il nostro, che ha un'antica tradizione industriale, purtroppo, ha un record davvero triste. Devo dire, però, che ho sentito il sottosegretario battere poco sull'argomento che, invece, a me è maggiormente caro, quello della formazione, riguardo al quale mi permetto di svolgere qualche piccola riflessione. Tre morti al giorno sul lavoro rappresentano un dato vergognoso che non ha eguali. Bisogna considerare che i dati, spesso, soffrono di una sovrastima dovuta al fattore confusione e agli infortuni in itinere (che, peraltro, si sono ridotti, quando è stata introdotta la patente a punti), oppure a certi largheggiamenti; ad esempio, molti medici del pronto soccorso, di fronte ad un corpo estraneo nell'occhio, che non c'è - faccio il medico del lavoro ed ho una certa competenza in questo settore - molte volte, danno tre giorni di malattia per non avere responsabilità. C'è però anche una sottostima e siamo in difficoltà nel misurare la reale misura del fenomeno; per esempio, tra i lavoratori non assicurati con l'Inail e con l'Ipsema o nel mondo enorme del sommerso, quanti infortuni ci saranno? Il 6 per cento degli incidenti avviene nel primo giorno. Allora, il pacchetto sicurezza, introdotto con il decreto Bersani, non è altro che la conclusione della Commissione di inchiesta, alla quale abbiamo lavorato al Senato, che abbiamo applaudito; ricordo infatti che quella Commissione approvò i documenti all'unanimità. La sicurezza sul lavoro - è bene dirlo - è tema che non è né di destra né di sinistra e, assolutamente, nessuno cerchi di arrogarsi il merito in questo settore.
Sappiamo, in base ai dati statistici, che le imprese piccole, stranamente, sembrano avere gli stessi infortuni di quelle più grandi, ma, spesso, queste non li denunciano, mentre le imprese più grandi appaltano i lavori più pericolosi e, quindi, risultano meno cariche di responsabilità di quelle che in realtà hanno.
Esiste poi il problema enorme dell'immigrazione. Il 13 per cento degli infortuni sono, purtroppo, appannaggio degli immigrati, i quali hanno difficoltà, perché inesperti o perché non conoscono la lingua, e svolgono lavori con maggiore pericolosità.
Allora, sicuramente una responsabilità ce l'ha il decreto legislativo n. 626, assolutamente perfetto dal punto di vista della Pag. 7partecipazione di tutti gli attori della sicurezza, ma che, in questi anni, non è stata applicato, non avendo alcuno vigilato correttamente sulla sua applicazione. Come dico spesso, è diventato la «legge della carta», per cui è sufficiente avere i documenti richiesti e anche l'ente ispettivo se ne va, non migliorando di nulla i risultati.
Allora, servono strutture di coordinamento a livello regionale, come gli assessorati del lavoro, della sanità, delle politiche sociali o quelli addetti alla formazione, che il sottosegretario ha citato prima? Certamente, ma serve anche un coordinamento centrale che dia impulso e che regoli. In alcune prefetture, il prefetto si assume l'onere di convocare un tavolo di lavoro che affronti questo argomento, ma bisogna osservare che si tratta sempre di temi specifici. È scoppiato il problema in relazione all'oleificio e, probabilmente, in quella prefettura, si costituirà un tavolo permanente. Questo però non basta. Che fare dei soldi dell'Inail, sottosegretario Montagnino? Un miliardo e mezzo, forse due miliardi di euro, 9 miliardi, accantonati presso il Ministero dell'economia. Ma, con essi, facciamo formazione. Il cambio culturale non avviene attraverso l'ossessivo controllo. Non è così che si riesce a migliorare. Tutti devono migliorare la propria cultura sulla sicurezza, i lavoratori e i datori di lavoro. Tra l'altro, all'interno di molti stabilimenti non esiste un responsabile e la competenza in materia viene delegata ad un esterno. Ciò, sicuramente non favorisce questa cultura. Chi è responsabile della formazione? In molte regioni, ci sono società pubbliche e private. Devo dire che la formazione serve più ai formatori. Bisogna, quindi, che qualcuno certifichi la formazione, sia di chi la fa, sia di chi la riceve. Il sottosegretario Montagnino sa che io insistetti per coinvolgere gli enti bilaterali nella cosiddetta legge Biagi e ritengo, tuttora, che questo sia lo strumento più utile, trattandosi di un luogo di incontro fra datori di lavoro e lavoratori. Se non si vuole fare questo, possono essere i certificatori a fare la formazione. Cerchiamo di cambiare questa cultura che, se non prende piede, continuerà a fornirci dati disarmanti. Ci poi sono fenomeni di commistione; per esempio, nelle aziende si verifica un fenomeno strano: l'RSL, ovvero il responsabile della sicurezza sul lavoro, molte volte, è l'RSU, ossia il sindacalista della commissione interna. Questo non va bene, perché uno ha la cultura della trattativa, l'altro, invece, deve fare l'esegesi della legge; ma sulla salute non si deve trattare.
PRESIDENTE. Deve concludere...
LUIGI FABBRI. Concludo, signor Presidente. Credo che sia necessario che lei istituisca una Commissione di vigilanza, che vigili costantemente, in progress, su questo fenomeno che, altrimenti, rischia di sfuggirci di mano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, sull'argomento molto delicato che stiamo trattando non ci possono essere divisioni; è un po' come la lotta alla mafia ha la stessa gravità, anzi: dal punto di vista sociale ed economico, ha dimensioni ancora più devastanti, per le cifre che abbiamo sentito. Dunque, non svolgerò un intervento critico su quello che il Governo ha proposto oggi - aspetti critici da rilevare ce ne sono e su uno mi permetterò di intervenire - ma cercherò di contribuire, così come hanno fatto i colleghi che mi hanno preceduto, ad arricchire eventualmente l'azione che le nostre istituzioni devono svolgere per arginare questo grave fenomeno.
Noi abbiamo l'esigenza - come ha detto bene il sottosegretario - di armonizzare la vasta produzione normativa e regolamentare che, secondo il mio punto di vista, aggrava il lavoro delle imprese relativamente alla prevenzione degli incidenti sul lavoro.
Questa esigenza è condivisa da tutti, ma in questo momento, a mio avviso, incontra un limite abbastanza serio nella previsione costituzionale dell'articolo 117, terzo Pag. 8comma della Costituzione che attribuisce alle regioni potestà legislativa concorrente in questa materia. Il sottosegretario ha accennato nella sua relazione a questo problema, ma ritengo che vada approfondito. Infatti, il rischio concreto è che siano vanificati i buoni propositi del Governo e del Parlamento in relazione all'armonizzazione degli strumenti di contrasto. Non mi fermerò ad elencare le linee fondamentali relative a questi ultimi, considerato che ne hanno già parlato i colleghi che mi hanno preceduto.
Sono d'accordo con l'intendimento di potenziare gli ispettori, di investire sulla formazione - e credo che questo sia il dato più significativo ed importante - e di responsabilizzare gli organismi di controllo. Tuttavia, credo che non si possa affrontare seriamente questo problema, se non si risolve la piccola discrasia di carattere costituzionale cui si è fatto cenno, che potrebbe vanificare qualsiasi sforzo. Conosciamo tutti la possibilità delle regioni di intervenire con proprie norme e regolamenti in questa materia anche rispetto alla previsione attuale, peraltro recentemente confermata dall'approvazione della legge comunitaria, nonostante gli sforzi che - come opposizione - abbiamo tentato di produrre per modificare l'articolo 7 della medesima legge, al fine di introdurre prescrizioni addirittura più restrittive. Se, da un lato, questo in astratto potrebbe favorire il contrasto al fenomeno, dall'altro, però, potrebbe dare luogo ad una legislazione a macchia di leopardo che porterebbe difficoltà sicuramente ancor più gravi per le imprese che oggi sono sommerse da miriadi di adempimenti, impegni, scartoffie da riempire. Esse si troverebbero inevitabilmente dinanzi ad un altro fronte con cui misurarsi, vale a dire quello che le regioni possono aprire con la loro legislazione concorrente.
Il primo problema da risolvere in radice è quello di avocare definitivamente allo Stato la competenza su questa materia. Non ci possono essere legislazioni che si diversifichino - anche se oggi ancora non è accaduto, ma di fatto potrebbe accadere - dalla linea di contrasto unitaria fissata dal Parlamento e dal Governo, qualunque sia la maggioranza che lo sostiene.
Dunque, diamo la nostra piena disponibilità a collaborare in questo senso e a trovare le migliori risposte per contrastare il fenomeno, affrontando dal punto di vista costituzionale questo vulnus che, a mio avviso, può in futuro vanificare gli sforzi che cerchiamo di compiere insieme.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANTONINO LO PRESTI. Mi rendo conto che il tempo è scaduto, signor Presidente; utilizzerò solo qualche minuto per concludere, ribadendo la nostra disponibilità alla collaborazione, ma soprattutto a riaffermare i principi fondamentali in questa materia.
Mi permetto di formulare, in conclusione, una proposta: costituire una Commissione permanente d'inchiesta, sul modello della Commissione antimafia, una Commissione bicamerale e permanente d'inchiesta che coadiuvi il Ministero del lavoro e collabori con il Governo, divenendo così il centro fondamentale nel quale poter discutere, affrontare e razionalizzare interventi su questo annoso e drammatico problema.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, a nome del gruppo Rifondazione Comunista - Sinistra Europea ringrazio il Governo per la puntuale informativa fornita a questa Assemblea in merito ai tragici eventi costati la vita a tanti lavoratori negli ultimi giorni.
Sono eventi che si aggiungono alla lunghissima teoria di morti sul lavoro che da troppo tempo questo paese è costretto a piangere, quasi si trattasse di fatalità dinanzi alle quali null'altro è dato se non inchinarsi impotenti. Non è così, e non per caso ho evitato di parlare di incidenti!
Al di sotto di una certa soglia, gli incidenti sono incidenti, ma oltre quella non possono definirsi tali. Se la si supera, Pag. 9vuol dire che c'è qualcosa che non funziona a monte, nelle misure di sicurezza, e a valle, nei controlli. Questa soglia il nostro paese la oltrepassa stabilmente da diversi anni. Ciò gli consegna il poco invidiabile primato europeo nella classifica delle morti bianche: ancora, nel 2005, in Italia se ne sono registrate 1.200, in Germania 901, in Francia 782.
Sono numeri che riflettono solo l'economia regolare e non anche quel sommerso che produce oltre un quarto del prodotto interno lordo italiano. Questo è il punto, signor Presidente, che pone ciascuno di noi dinanzi a specifiche responsabilità. È di certo anche un problema di misure specifiche - cui accennerò fra breve -, ma non si comprenderebbe quanto sta accadendo, cioè un'ondata di infortuni e di morti, se prescindessimo da qualsiasi considerazione generale sulla condizione del lavoro oggi in Italia e in tutta Europa.
Quando si discute dei cosiddetti costi del lavoro, dei contratti e della produttività, temi su cui si batterà con fervore nelle prossime settimane, bisogna tenere presente che vi è un filo rosso - talvolta, anche di sangue - che lega il tema degli infortuni sul lavoro all'esasperata tensione alla riduzione dei costi, dettata da una concezione dell'attività imprenditoriale che subordina ogni bene ed ogni valore alla ricerca immediata del massimo profitto. È una concezione che, peraltro, non conduce alla crescita del paese, ma è in larga misura responsabile delle gravi difficoltà del suo apparato produttivo. Sono state qui ricordate alcune cifre che non ripeterò, ma queste possono essere diversamente interpretate e commentate. Tutti sappiamo che la patologia di cui stiamo discutendo è figlia di due principali fonti di rischio: la precarietà che si alimenta dei processi di esternalizzazione - e dell'allungarsi delle filiere dei subappalti - ed il lavoro nero. Nel nostro paese, quest'ultimo più che una piaga - come si suole ripetere - è un'epidemia.
Dall'attività di vigilanza svolta dall'INPS nei primi sei mesi del 2006, l'82 per cento delle imprese sono risultate non in regola. Le ispezioni svolte tra agosto e ottobre nei cantieri hanno rilevato irregolarità nel 56 per cento delle imprese edili e nel 28 per cento dei rapporti di lavoro. In agricoltura, lavora in nero quasi il 70 per cento degli addetti, per la gran parte migranti, non a caso i più pesantemente colpiti dalla violazione delle norme di sicurezza.
Per questo, è molto importante che la legge finanziaria abbia stanziato fondi per l'assunzione di 795 nuovi ispettori del lavoro. Non meno urgente, sarebbe abrogare il decreto legislativo n. 124 del 23 aprile 2004, che ha improvvidamente ridotto l'autonomia degli enti previdenziali in materia di servizi ispettivi, snaturando il ruolo degli ispettori del lavoro.
Nelle scorse settimane sono state assunte alcune misure positive nelle quali ravvisiamo la volontà di affrontare il problema della sicurezza sul lavoro. Mi riferisco, in particolare, al pacchetto sicurezza contenuto nel decreto Bersani-Visco. Tuttavia, ancora altri segnali andrebbero dati in questa direzione: sappiamo e abbiamo ascoltato che il ministro del lavoro si sta dedicando alla redazione del testo unico. Da parte nostra, raccomandiamo che intanto ci si adoperi per correggere la riduzione generalizzata incondizionata dei premi INAIL previsti dal comma 410 dell'articolo 16 della legge finanziaria.
Riteniamo altresì indispensabile modificare l'articolo 117 della Costituzione, restituendo allo Stato la competenza esclusiva e diretta in materia di sicurezza del lavoro. Concludo, signor Presidente, con una semplice riflessione.
Quando i nostri costituenti vollero indicare nel lavoro il fondamento della nostra Repubblica non si limitarono a richiamare un dato di fatto spesso misconosciuto, ma intesero anche fissare uno stringente principio normativo.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
ALBERTO BURGIO. Allora, se non vogliamo che i nostri richiami alla Costituzione si esauriscano in esercizi retorici e Pag. 10stucchevoli liturgie, dobbiamo riconoscere che oggi il lavoro è per troppi nostri concittadini solo motivo di frustrazione, di ansia ed anche, come questa strage silenziosa dimostra, di grandi sofferenze. Ciascuno, a cominciare dal Governo, faccia la propria parte affinché al lavoro siano restituiti tutti i diritti e tutte le tutele che gli competono (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ronconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, anch'io voglio ringraziare il Governo per questa presenza e per l'informativa che ha voluto fornire all'Assemblea. Certo, quando muoiono tre persone al giorno per incidenti sul lavoro ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza nazionale che deve interessare, evidentemente, anche il Parlamento.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 9,50)
MAURIZIO RONCONI. Tale emergenza in alcune regioni vede una percentuale molto più elevata di incidenti sul lavoro rispetto alla media nazionale. Ma non possiamo lanciare l'allarme, rinnovare l'attenzione nei confronti di questo gravissimo fenomeno sempre e soltanto ad incidenti avvenuti. Ad esempio, qualche giorno fa - è stato presente anche il Presidente di questa Camera - a Campello, in Umbria, vi è stato un gravissimo incidente sul lavoro in cui sono morti quattro dipendenti di una società esterna. Ancora ci chiediamo per quale motivo sostanze altamente infiammabili fossero stivate in silos vicinissimi al centro abitato, con il gravissimo rischio di un incidente di dimensioni davvero drammatiche. Ancora ci chiediamo come mai un impianto altamente inquinante fosse localizzato da anni sulle sponde di un fiume, peraltro di grandissimo pregio ambientale, per quale motivo l'ARPA, la ASL locale, l'ufficio del lavoro non abbiano mai effettuato controlli adeguati su tale impianto. L'incidente di Campello è paradigmatico della situazione nazionale che è fatta di sciatterie, di disattenzioni, di pigrizie o, peggio ancora, di incapacità e in alcuni casi di connivenze.
Noi dell'UDC chiediamo un urgente provvedimento di legge per migliorare l'attività di formazione. Anche noi siamo convinti, infatti, che la formazione sia il primo strumento per prevenire gli incidenti sul lavoro. Il provvedimento servirà a migliorare l'attività di formazione, ma anche l'attività ispettiva e di vigilanza, a prevenire infortuni sul lavoro, a definire puntualmente la responsabilità che non si può continuare a palleggiare tra enti locali, enti subregionali, ente regionale e nazionale. Dobbiamo trovare ed individuare precise responsabilità. Tutto questo nella convinzione che tale legge sarebbe un segno di civiltà in un paese che vuole essere civile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Montagnino per la puntuale e precisa informativa di questa mattina. Il tema è di quelli che non ammettono strumentalizzazioni e, soprattutto, non consente di piegare i dati e le statistiche a meschine logiche di parte. Anzitutto, vorrei rilevare come la tipologia degli infortuni sul lavoro sia legata alla realtà economica, alla realtà produttiva e lavorativa propria e specifica delle diverse aree del paese. Al nord - e parlo, ad esempio, del lecchese o della Valtellina - in questi ultimi anni gli incidenti sul lavoro sono aumentati, specie sui cantieri. Per quanto riguarda alcune province, molti sono legati o ad attività agricole (ad esempio, tre morti nella provincia di Sondrio nelle ultime settimane, boscaioli alle prese con il taglio degli alberi) o all'autotrasporto (autisti di mezzi pesanti vittime della strada perché costretti ad orari impossibili o a viaggiare di notte senza adeguato riposo). Introduco questi elementi Pag. 11per far capire come la questione debba essere affrontata nella sua complessità per poter affermare come queste tragedie quotidiane siano anche figlie di una società che impone ritmi frenetici.
Parliamoci chiaro, in Italia muoiono migliaia di lavoratori ogni anno nonostante una normativa che ha fatto grandi passi avanti. Qual è, allora, la ragione di questo picco non degno di una società che abbia la vita e la sua qualità al centro dell'attenzione? Voglio ricordare anche, con la stessa logica che si applica agli incidenti stradali, che, catalizzato l'interesse sulle vittime, si dimentica che un enorme numero di lavoratori resta ferito in modo invalidante, compromettendo la propria esistenza, il futuro della propria famiglia e la stessa attività lavorativa.
Gli infortuni sul lavoro, al di là della casistica, provocano emarginazione e chiamano in causa centinaia e migliaia di persone, se solo pensiamo alle famiglie coinvolte emotivamente, affettivamente ed economicamente. Vi è poi un altro dato che viene spesso minimizzato con lo stesso criterio con il quale si interpretano i dati sulla criminalità: non si vuole prendere atto che l'immigrazione massiccia ed irregolare - e lo dico con serenità - ha una parte preponderante sull'uno e sull'altro fronte. Non è solo questione di lavoro nero, ma di dimestichezza con i mestieri, con le funzioni che si è chiamati a svolgere: la mancanza di abilità, di capacità, di concentrazione, non sono determinanti se si raccolgono i pomodori al sud o le uve al nord, ma diventano tremendamente pericolose se si lavora in qualche raffineria o in cantieri a dieci-quindici metri di altezza, per non dire poi dell'alto tasso di lavoratori che restano folgorati.
Ci si pone il problema di una normativa che sappia avere in sé il rigore di fondo, ma anche la duttilità per essere applicata con modalità diverse a seconda dei lavori e delle zone in cui si svolgono. Vi è soprattutto l'esigenza di porre in essere politiche di prevenzione, che peraltro vedono gli enti locali impegnati in prima fila accanto alle altre istituzioni. Il tema della sicurezza sui posti di lavoro non può più essere lasciato all'improvvisazione, anche perché il futuro non promette, purtroppo, di vedere una diminuzione degli infortuni, se è vero come è vero che sono previste massicce entrate di extracomunitari che, di per sé, significano più incidenti sui cantieri, nelle fabbriche e - lasciatemelo dire - sulle strade, dove l'imperizia e l'utilizzo di auto non in ordine provocano spesso vere e proprie tragedie.
Concludendo, c'è da augurarsi che dal livello nazionale vengano indirizzi severi e non punitivi per le aziende e per le imprese che spesso devono fare i conti con costi del lavoro divenuti insopportabili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, la tutela del lavoro e sul luogo di lavoro è diventata una vera emergenza. L'esortazione ad occuparsene rivolta al Parlamento dal Presidente della Repubblica, preoccupato dell'accentuarsi per numero e gravità degli eventi luttuosi e lesivi, ne è un chiaro segno. L'Italia dei Valori è particolarmente sensibile a questo tema e crede che ci si debba occupare con ancora maggiore serietà di esso nella direzione tanto della prevenzione, quanto della repressione. Sul piano della prevenzione il Governo ha già oggi offerto alcune rassicurazioni, ma noi vorremmo che essa non solo si sviluppasse nei luoghi accertati di lavoro con riferimento a prestatori d'opera registrati, bensì si estendesse ancor più alle forme di sfruttamento del lavoro occulto ed irregolare.
Perciò riteniamo che occorre intervenire drasticamente per combattere il caporalato ed ogni forma di sfruttamento, soprattutto di donne e di minori così come dei soggetti più deboli, quali gli extracomunitari, nei confronti dei quali si esercitano nuove e moderne forme di schiavitù. Il Governo potrebbe già nella finanziaria in corso di approvazione prevedere il potenziamento degli ispettorati del lavoro Pag. 12e delle agenzie di prevenzione, anche con idonea e rafforzata formazione.
Sul piano della repressione ci dispiace constatare una certa oscillazione nei messaggi istituzionali. Mentre la Camera chiama e ascolta il Governo per riferire in ordine a questo fenomeno diventato drammatico, il mondo politico ha, in un certo senso, banalizzato o sminuito il messaggio non escludendo dall'indulto gli omicidi colposi sui luoghi di lavoro come l'Italia dei Valori aveva sostenuto e come pure i sindacati avevano giustamente richiesto. È difficile denunciare la gravità, personale e sociale, delle cosiddette morti bianche e poi dire che tutto sommato le si può anche perdonare o condonare. Forse, sarebbe opportuno pensare anche all'aggravamento delle sanzioni non solo detentive ma anche economiche ed interdittive.
Più in generale, dato che il lavoro costa meno altrove, in luoghi del mondo ove si trovano tanti diseredati che anche in età tenerissima prestano le loro deboli forze per pochi spiccioli con orari infernali ed in luoghi e con materiali insalubri, l'Italia dei Valori crede che il nostro paese per la sua civiltà giuridica debba proporre alla World Trade Organization di farsi interprete di un nuovo ordine mondiale fondato sul rispetto delle persone affinché la tutela dei minori e delle donne, degli orari e dei luoghi di lavoro diventi obbligatoria in ogni paese. Con i paesi con i quali l'Italia intrattiene relazioni commerciali si dovrebbe verificare la possibilità di mettere sul piatto della bilancia, anche commerciale, la pretesa della tutela dei fondamentali canoni di rispetto della persona. Tutto ciò si risolverebbe anche nella tutela dell'economia corretta la cui competitività non deve fondarsi sullo sfruttamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buglio. Ne ha facoltà.
SALVATORE BUGLIO. Signor Presidente, penso che quella di oggi rappresenti un'occasione per parlare di un argomento importante che, tuttavia, rischia di andare perduta. Mi dispiace che, in un momento così delicato, come emerge dai dati allarmanti e tragici sugli incidenti avvenuti sui luoghi di lavoro, non vi sia in aula il ministro, con tutto il rispetto per il sottosegretario Montagnino.
I colleghi che mi hanno preceduto al fine di porre in evidenza la drammaticità del problema di cui si discute, hanno fatto riferimento a dei dati numerici. A mio avviso, occorre, però, sottolineare anche un altro aspetto del problema. Nel nostro paese bisogna condurre su questo argomento anche una battaglia culturale. Qualche anno fa, quando si verificava un incidente sul lavoro, gli organi di stampa ne parlavano denotando così, sia da parte dei media, sia da parte dei sindacati e dei partiti, una certa sensibilità al problema. Oggi, invece, c'è assuefazione, apatia e noia; ogni tanto diciamo che è morto qualcuno per un incidente sul lavoro e magari facciamo un minuto di silenzio per quanto avvenuto. In tutto ciò c'è una responsabilità collettiva. Ecco perché parlo di una battaglia per la cultura della legalità che, di per sé, è difficilissima come dimostra il fatto che oggi, nonostante si discuta di un argomento di questa rilevanza, sono presenti in aula pochi parlamentari.
Colleghi, se leggete i giornali di oggi nessuno parla di questo argomento e se leggerete quelli di domani, nessuno ne parlerà! Stesso discorso per i dibattiti televisivi nei quali si parla di altro. Perché? Perché non fa share, non fa audience parlare di morti sul lavoro e perché, in fondo, ciò serve anche alla collettività, in particolare agli imprenditori, a cui il lavoro nero serve per essere competitivi. Questa è la cultura che sta emergendo! Purtroppo, bisogna dire che una parte del paese, in particolare una parte della destra - non voglio essere per questo di parte, anche perché non seguo la logica amico-nemico - ha fatto sì che questo tipo di cultura andasse avanti! Quando, ad esempio, parlo con i piccoli imprenditori, anche meridionali, essi mi dicono: caro Buglio, ma che scherziamo? Se non facciamo così, non andremo avanti. Conseguentemente, Pag. 13lavoro nero e niente diritti! I diritti, infatti, significano lacci e laccioli. Questo è il dramma che sta vivendo il nostro paese e nessun dibattito televisivo, organo di stampa o istituzione affronta seriamente questo problema.
Credo che oggi la televisione pubblica dovrebbe discuterne, e la stessa cosa chiedo alla Presidenza. Qualcosa deve essere fatto, anche un semplice ordine del giorno approvato all'unanimità purché si discuta di incidenti sul lavoro non solo in questa sede, dove oggi sono presenti venti o trenta parlamentari, ma anche sui media. Questo, a mio avviso, è il primo passo che bisogna compiere al fine di cercare di trovare una risposta. Se ciò non avverrà non sarà sufficiente l'inchiesta svolta dal settimanale l'Espresso, né tantomeno il rito dei numeri che sono importanti per comprendere il problema, ma non ne rappresentano di certo la soluzione. Nel 2005, ad esempio, si sono registrati 1.250 morti per incidenti sul lavoro. Una situazione assolutamente drammatica! E questi sono soltanto i morti ufficiali, quelli cioè che gli organi di stampa hanno riportato, ma vi sono tante altre vittime sul lavoro di cui non si ha conoscenza.
L'inchiesta svolta nella regione Puglia sui raccoglitori di pomodori dimostra, inoltre, che il problema non riguarda soltanto il Meridione depresso che produce lavoro precario, ma riguarda, come ci dimostrano i dati, anche e soprattutto - e con questo desidero rivolgermi in particolare agli amici della Lega Nord Padania - la Lombardia, l'Emilia-Romagna e il Veneto, regioni dove si muore di più per incidenti sul lavoro. Si tratta, pertanto, di un fatto culturale che riguarda tutte le regioni, anche quelle ricche e riformiste: lì si muore di più. Questo è il dramma che abbiamo di fronte.
Signor Presidente, come detto, ho evitato di citare i numeri al fine di sottolineare il problema in sé. Con la finanziaria per il 2007 qualcosa stiamo facendo: con l'articolo 235, ad esempio, sono state previste 795 assunzioni di ispettori del lavoro.
In conclusione, se dovessi dire qual è il primo punto identitario per una coalizione di centrosinistra, penso subito alla questione del lavoro e alla dignità delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo valeva per ieri, vale per oggi e varrà anche per domani (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e del deputato Peretti - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, ringrazio il Governo per l'informativa urgente svolta su un tema così importante ma, nel contempo, voglio segnalare che, proprio per l'importanza, esso probabilmente avrebbe meritato un'altra collocazione e un'altra partecipazione. È, infatti, imbarazzante vedere quest'aula vuota.
Tutelare la salute e la sicurezza sono elementi indispensabili per garantire la dignità del lavoro, ancor di più in un paese come l'Italia dove ogni giorno muoiono più di quattro lavoratori nelle fabbriche e nei cantieri. Di sicurezza parlano le più alte cariche dello Stato, ma accendere i riflettori di per sé non basta per arginare un fenomeno che ha assunto proporzioni allarmanti. Dobbiamo favorire interventi concreti in grado di garantire l'integrità psicofisica di chi tutte le mattine esce di casa per andare a lavorare ed ha il diritto di pensare che alla sera in quelle case ci potrà ritornare. Recentemente, in occasione di un sopralluogo svolto all'Ilva di Taranto, guidando una delegazione della Commissione lavoro che presiedo, ho denunciato che l'insicurezza nei luoghi di lavoro ha molteplici cause, ma tra queste non figura mai la fatalità.
I dati parlano da soli: in Italia si continua a morire sul lavoro come cinquant'anni fa. Solo nel 2005 sono stati denunciati circa 940 mila infortuni, di cui 1.280 mortali con un tasso infortunistico altissimo tra i lavoratori immigrati e i precari. Sappiamo bene, inoltre, che quando si parla di infortuni i dati sono sottostimati perché non tendono conto degli oltre duecentomila casi connessi al lavoro nero, né dei casi non denunciati per Pag. 14paura del licenziamento. Oltre ai danni poi si sommano le beffe. I mancati investimenti in sicurezza da parte delle imprese non solo impediscono di tutelare la salute delle persone, ma producono anche costi ingenti a carico della collettività. L'INAIL ha stimato nel 3 per cento rispetto al PIL, e cioè in oltre 41,5 miliardi l'anno il costo per il sistema paese della mancata prevenzione. Si tratta di un importo pari ad una seconda finanziaria a cui va aggiunta l'incidenza significativa delle malattie professionali che vengono spesso omesse nei dati ufficiali. La durezza dei dati rende l'idea del nostro compito.
Per noi Comunisti Italiani il tema della sicurezza deve diventare un elemento caratterizzante dell'intera legislatura. Voglio aggiungere che non partiamo da zero. La necessità di aggiornare la normativa fu rilevata già nelle precedenti legislature quando venne definito uno schema contenente un nuovo testo unico ma il Governo di centrodestra ha prima presentato e poi ritirato il provvedimento non rispondendo alle aspettative.
Ora, dobbiamo agire al fine di perfezionare la legislazione, cominciando da una analisi scrupolosa degli interventi svolti in passato, soffermandoci anche sui loro limiti. Penso, per esempio, al decreto legislativo n. 626 e ai suoi interventi applicativi, spesso fiaccati da procedure burocratiche che hanno depotenziato gli effetti delle iniziative concrete a tutela della salute. A margine di quelle procedure - occorre dirlo con amarezza - qualche fantomatico specialista del settore si è pure arricchito.
Inoltre, abbiamo riscontrato nel corso degli anni una cronica carenza degli apparati ispettivi, che ha consentito a furbi e mascalzoni di farla spesso franca, lasciando centinaia di migliaia di lavoratori alla mercé dei rischi più gravi e disparati. Nello stesso tempo, manifesto il mio apprezzamento rispetto alle prime misure varate dal ministro Damiano, il quale ha disposto le tessere di identificazione per i lavoratori che operano nei cantieri accanto all'obbligo di comunicazione preventiva dell'assunzione dei lavoratori.
Tuttavia, per potere raggiungere un risultato tangibile, ritengo necessario anche agire per ridare visibilità al lavoro e ai suoi attori. Sempre il ministro Damiano ha lanciato l'idea di un canale digitale terrestre ad hoc su salute e sicurezza sul lavoro. Si tratta di un primo passo ma da solo non basterà di certo ad accendere i riflettori sullo sviluppo in carne ed ossa e sulle sue quotidiane distorsioni. Il rischio da fugare è la ghettizzazione del lavoro, perciò penso che vada favorita la discussione nel circuito mass-mediatico di una cultura e di una prassi della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Ora si tratta di tradurre gli auspici e i primi passi compiuti in un progetto organico, accelerando in direzione del testo unico e, contemporaneamente, varando, in tempi rapidi, non tanto l'ennesima Commissione parlamentare d'inchiesta quanto piuttosto una task force composta da personale delle ASL e da ispettori del Ministero del lavoro per un controllo cantiere per cantiere, fabbrica per fabbrica, volta, da un lato, a favorire la prevenzione e, dall'altro, a garantire il rispetto delle regole e ad intervenire efficacemente sull'emergenza quotidiana.
Accelerare nella costituzione della task force è un passaggio tanto obbligato quanto urgente. Noi Comunisti Italiani vogliamo evitare che si continui ad indugiare in aspetti teorici che non tengono conto delle sue declinazioni pratiche per evitare che mentre il dottore - cioè, noi - studia, i pazienti - cioè, i lavoratori - continuino a morire (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Il fenomeno degli incidenti sul lavoro raggiunge in Italia livelli elevati e drammatici. Dopo il gran numero degli infortuni degli anni sessanta e settanta, legati al periodo di sviluppo più intenso, solo alla fine degli anni novanta Pag. 15abbiamo assistito ad una tendenziale, lieve diminuzione del fenomeno infortunistico. In tutta onestà, però, possiamo dire che nonostante gli sforzi, anche normativi, le tante battaglie e conquiste sindacali, questo fenomeno non è mai stato sotto controllo. Va fatta, quindi, una riflessione, così come stiamo iniziando oggi a fare presso quest'aula, anche alla luce del fatto che aumentano gli incidenti, gli infortuni dei lavoratori stranieri da noi immigrati. Dal 2001 al 2004, questi sono passati da circa 70 mila a 111.020 (questi sono solo i dati ufficiali), così come aumenta il numero degli infortuni dei cosiddetti lavoratori atipici (interinali, somministrati, a progetto e così via) che, nel giro di un paio d'anni, raddoppiano da 11 mila a 22 mila. Sono dati terribili: un bollettino da guerra civile.
I morti sono circa 1.300 l'anno; gli inabili al cento per cento assommano, attualmente, per gli infortuni avvenuti in anni precedenti, a quasi 8 mila: viaggiamo, cioè, ad una media di tre morti sul lavoro ogni giorno.
Il 2005 si è chiuso con un bilancio tragico: 191 morti nei cantieri italiani. La regione con il record negativo è proprio la mia, il Veneto, la famosa regione del benessere e della piccola e media industria. Gli infortuni denunciati nel 2005 all'INAIL del Veneto sono stati, infatti, più di 120 mila, pari ad una media di cinquecento ogni giorno lavorativo. Di questi, ben 12.459 hanno interessato il settore edile. È dunque tutta l'area del nord est a risultare più esposta. Su questo dato, penso che ci si debba interrogare.
La drammatica cronaca di questi ultimi giorni è più indicativa di qualunque discorso. Il 16 novembre, un giovane di 28 anni muore all'interno dell'azienda in cui era occupato a Toara di Villaga (Vicenza) per essersi imbrigliato con la tuta nel tornio. Sempre il 16 novembre, un lavoratore interinale di origine ghanese viene ucciso dagli ingranaggi di una macchina che stava pulendo: azienda Sicit di Chiampo (Vicenza). Ancora, il 16 novembre, sempre in Veneto, in provincia di Treviso, muore un operaio di 25 anni cadendo da un'impalcatura.
Fuori del Veneto: 28 novembre, quattro operai sono morti nell'oleificio di Campello sul Clitunno in Umbria. Il 29 novembre ci sono due morti e due feriti ad Avellino: esplode una caldaia di un cantiere in lavoro. Il primo dicembre un uomo è morto a Pescara: precipita da un'altezza di circa quattro metri mentre lavora. Il 4 dicembre un operaio è morto nell'azienda Lucchini di Piombino dopo essere stato investito da un muletto nel magazzino dell'azienda. Il 4 dicembre muore un giovane operaio che la settimana precedente era rimasto gravemente ferito in un'azienda di Alzate Comasco, in provincia di Como.
Se le responsabilità vanno ricercate a vari e più livelli, è certo che una responsabilità grandissima, enorme per impedire queste tragedie ricade inevitabilmente sul Parlamento e, soprattutto, sull'attività di Governo. È certamente positivo che in questi giorni si sia insediata al Senato la Commissione monocamerale d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro ma, ovviamente, ciò non può bastare.
Sono più che mai indispensabili controlli sui luoghi di lavoro, ispettori del lavoro in numero sufficiente, maggiori risorse finanziarie a disposizione. È necessario, come sottolineato, peraltro, insieme ad altre iniziative da parte del Governo, varare un testo unico sulla sicurezza, combattere il lavoro nero e la precarietà del lavoro, nonché rivedere tutta la normativa sugli appalti e i subappalti. È qui la sfida maggiore, perché è necessario innalzare il livello della qualità del lavoro, cercando così di ridurre e prevenire gli incidenti. Infatti, le principali cause di tali incidenti stanno, a mio giudizio (questo fatto è stato qui testimoniato da più parti) sull'eccessiva deregolamentazione dei rapporti di lavoro, sulla tipicità e sull'insufficienza di formazione dei lavoratori.
Comunque, ci riteniamo soddisfatti per le parole del Governo che ci rassicurano. Pag. 16Ritengo che sia necessario non sopportare indugi e ulteriori intoppi nell'azione del Governo e in quella del Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Morrone. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei ringraziare il Governo per la puntuale informativa ricevuta e, per quanto ci riguarda, esaustiva. Vorremmo riferire a questa Assemblea alcuni fatti di pura cronaca senza andare molto indietro nel tempo.
Il 16 novembre 2006, a Palermo - nel profondo sud - un operaio precipita da un'altezza di quasi 4 metri mentre stava lavorando in un cantiere privato per la ristrutturazione di un immobile.
Il 13 novembre, ad Udine, dalla parte opposta d'Italia, un dipendente di un panificio rimane incastrato col braccio sinistro fra i rulli di una macchina raffinatrice per impasti.
Sempre il 13 novembre, ad Arezzo, un operaio muore schiacciato da una lastra di cemento.
Nello stesso giorno, a Bari, un operaio subisce l'amputazione di una gamba, dopo essere rimasto coinvolto in un incidente sulla linea ferroviaria tra Barletta e Spinazzola. Potrei continuare questo elenco all'infinito, sempre per quanto riguarda fatti accaduti nel mese di novembre.
Signor Presidente, questo sembrerebbe un bollettino di guerra, se non fosse un elenco degli incidenti e dei morti sul lavoro relativi al solo mese di novembre. Sembrerebbe un paese del terzo mondo, se non fosse che tutti questi fatti si sono verificati in città italiane, sia del sud sia del nord (soprattutto del nord, come faceva osservare qualche collega, dove vi è ovviamente maggiore lavoro). È un elenco raccapricciante: potrei continuare per pagine e pagine, ma bastano questi piccoli e pochi esempi per dare il senso e la misura di quanto siamo ancora lontani dall'assicurare la tanto invocata sicurezza sul lavoro ai cittadini del nostro paese.
Ripeto quanto hanno già detto molti colleghi: secondo le stime dell'INAIL, solo nel 2005 si sono registrati in media tre decessi al giorno, a causa di incidenti sul lavoro; si sono verificati ben 940 mila infortuni, di cui oltre 1200 mortali.
Penso che questa media sia sottostimata, perché essa non tiene conto del lavoro nero, né compaiono i dati relativi a coloro i quali non sono assicurati e, quindi, non sono registrati. Non compaiono nemmeno le vittime della strada, ossia quei lavoratori stanchi che ritornano a casa o si recano al lavoro. Quindi, è un elenco sicuramente sottostimato. Mancano anche altri dati: quelli relativi agli incidenti non denunciati e quelli che riguardano i lavoratori che sono vittime dell'esposizione a sostanze cancerogene, per i quali si riesce difficilmente a dimostrare il nesso di causalità fra il decesso e il lavoro svolto.
Allora, viene da chiedersi cosa c'è che non va, qual è l'anello debole della nostra legislazione in materia di sicurezza sul lavoro. Chiedo al collega di smettere di parlare, perché non riesco a concentrarmi...
PRESIDENTE. Onorevole Azzolini, la prego...
Onorevole Morrone, prosegua pure.
GIUSEPPE MORRONE. Come dicevo, occorre chiedersi dove e come il Parlamento e il Governo possano e debbano intervenire per mettere fine a questa continua strage sui luoghi di lavoro.
A mio giudizio, non bisogna solo indignarsi quando avvengono incidenti mortali, ma occorre lavorare costantemente e collettivamente per far rispettare le leggi nel nostro paese, leggi che già esistono. E bisogna imporlo proprio a quelle aziende che a tale riguardo chiudono un occhio e, a volte, anche entrambi. Queste aziende, risparmiando sulla sicurezza, ritengono di essere più competitive sul mercato. Penso che la competitività delle aziende non possa e non debba prescindere dalla sicurezza sul lavoro, dall'assicurare alle persone che operano all'interno di esse una diversa qualità del loro sacrosanto diritto alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Pag. 17
Francamente, mi sembra che i primi passi di questo Governo al riguardo si muovano in tal senso. Ad esempio, mi sembrano opportune le prime iniziative del ministro Damiano in tema di identificazione dei lavoratori che operano nei cantieri, accompagnate dalla modifica della disciplina sugli appalti. Anche quest'ultima deve essere rivista, perché il massimo ribasso obbliga poi le aziende ad operare dei tagli; e spesso i tagli riguardano la sicurezza.
Vi sono, inoltre, i tavoli di confronto aperti presso i Ministeri del lavoro e della salute, volti a fornire indirizzi utili per il nuovo testo unico per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il sottosegretario ha parlato di un protocollo di intesa con le ASL per fornire linee guida secondo le realtà territoriali. È una sinergia nuova tra i Ministeri del lavoro e della salute, che riveste molta importanza.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Per questi motivi, ritengo che l'impegno del Governo debba tradursi in importanti passi lungo la strada del cambiamento che il Governo sta già percorrendo. È una strada accidentata, a giudicare dalla tendenza che emergere dai dati INAIL citati in precedenza; ma è una strada che va percorsa per intero e a qualunque costo, perché ciò è quanto ci chiedono le lavoratrici, i lavoratori e tutti coloro che hanno riposto tante speranze di cambiamento nel nostro partito e in questa maggioranza.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Lo Monte, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È così esaurita l'informativa urgente del Governo. Ringraziamo il rappresentante del Governo.
Determinazioni assunte dall'Ufficio di Presidenza sugli episodi verificatisi in aula il 18 e 19 novembre 2006 (ore 10,25).
PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 5 dicembre 2006, in ordine agli episodi verificatisi nelle sedute del 18 e 19 novembre 2006, durante l'esame del disegno di legge finanziaria 2007 (A.C. 1746-bis), ha deliberato di censurare il comportamento tenuto dai deputati Alessandri, Allasia, Bodega, Bricolo, Caparini, Cota, Dozzo, Dussin, Filippi, Fugatti, Garavaglia, Goisis, Grimoldi, Lussana, Montani, Pini, Pottino, Cento, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Poletti, Camillo Piazza, Trepiccione e Zanella.
L'Ufficio di Presidenza ha anche deliberato di inviare ai presidenti dei gruppi Lega Nord Padania e Verdi una lettera con cui ha inteso - in ragione della posizione da essi ricoperta e della connessa responsabilità istituzionale - rivolgere loro l'invito ad adoperarsi con decisione affinché episodi simili non abbiano più a ripetersi, a salvaguardia della dignità dell'istituzione parlamentare, rendendo altresì noto che, per il futuro, è intendimento dell'Ufficio di Presidenza far ricorso ai poteri che il regolamento gli attribuisce, affinché simili episodi siano sanzionati con il necessario rigore.
Comunico, infine, che l'Ufficio di Presidenza ha convenuto di trasmettere una lettera al Presidente del Consiglio con la quale si evidenzi il giudizio negativo espresso dall'Ufficio di Presidenza circa il comportamento tenuto dal deputato Cento e si inviti il Presidente del Consiglio ad adoperarsi perché episodi di questo genere non abbiano più a ripetersi.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 60, comma 3, del regolamento, la decisione adottata dall'Ufficio di Presidenza - e comunicata all'Assemblea - in nessun caso può essere oggetto di discussione.
Sull'ordine dei lavori (ore 10,28)
ROBERTO SALERNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, vorrei segnalare alla Presidenza che nei pressi di Palazzo Montecitorio si sta Pag. 18tenendo una partecipatissima manifestazione dei vigili del fuoco assolutamente trasversale; addirittura, le sigle sindacali che vengono rappresentate in questa manifestazione vanno dalla CGIL alla CISL, e via dicendo.
È una manifestazione, ripeto, assolutamente trasversale che, purtroppo, pone all'attenzione dei parlamentari che si accingono ad entrare in aula una situazione assolutamente drammatica. Per questo motivo, richiamo l'attenzione del Presidente di turno e del Governo, che è presente nella persona del rappresentante del Ministero del lavoro.
I vigili del fuoco lamentano un pericoloso e drastico taglio di risorse, che renderebbe difficile e problematico l'intervento degli stessi in tutte quelle operazioni che sappiamo essere assolutamente indispensabili e di grande valore, non solo sociale, poiché riguardano l'incolumità delle persone. Essi lamentano una pericolosa riduzione delle risorse di bilancio, indispensabili per la tutela del cittadino e per il loro intervento.
Signor Presidente, in conclusione, vorrei sapere se il Governo, in particolare i Ministeri dell'interno e del lavoro, possa riferire all'Assemblea in ordine a questa situazione. Peraltro, oltre ai tagli alle forze dell'ordine, purtroppo questo Governo è riuscito anche ad operare tagli sulla sicurezza dei vigili del fuoco. Potreste dirci quali altre situazioni potrebbero determinarsi con queste riduzioni, soprattutto con quelle operate nei confronti dei vigili del fuoco (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)?
PRESIDENTE. La ringrazio per la sua segnalazione; il rappresentante del Governo presente in aula l'ha ascoltata.
Prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno, sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 10,30, è ripresa alle 10,40.
Missioni.
PRESIDENTE. Ad integrazione di quanto già comunicato all'inizio della seduta, avverto che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, la deputata De Simone è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1069 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania (Approvato dal Senato) (A.C. 1922) (ore 10,42).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1922)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Picano. Ne ha facoltà.
ANGELO PICANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi deputati, i parlamentari appartenenti al gruppo Popolari-Udeur voteranno a favore della conversione Pag. 19in legge del decreto in esame, perché fornisce una risposta immediata ad una crisi che si trascina da anni e che mette a nudo l'incapacità della pubblica amministrazione di offrire soluzioni adeguate ai problemi dei cittadini.
La nomina di Bertolaso a commissario straordinario, grazie alla sua elevata professionalità, dà garanzie di correttezza, di efficienza e di imparzialità della pubblica amministrazione, così come dovrebbe essere. Vorrei ricordare che i problemi in tale regione si trascinano da anni e bisogna chiedersi cosa occorrerebbe fare per tornare ad essere un paese normale.
Noi, infatti, stiamo assistendo al protrarsi dell'emergenza per anni ed anni. Sta venendo meno, inoltre, il rapporto di fiducia tra cittadini e pubblica amministrazione, nonché tra mondo politico ed elettori. L'articolo 2 del decreto-legge in esame, auspicando in qualche modo l'informazione ed il coinvolgimento dei cittadini, ci indica che la prima cosa da ristabilire è la fiducia tra gli stessi cittadini e lo Stato, con la riaffermazione forte dello Stato di diritto.
In caso contrario, non si riuscirebbe a condurre una determinata politica, poiché stiamo assistendo ad una manifestazione di protesta del mondo politico, il quale dovrebbe rappresentare i cittadini, piuttosto che allo svolgimento di un ruolo propositivo.
Credo che dovremmo riuscire a ripristinare la legalità, la quale rappresenta il presupposto non solo per tornare ad assicurare l'efficienza della pubblica amministrazione, ma, soprattutto, per garantire la salute dei cittadini, nonché un ordinato svolgimento dell'attività quotidiana.
Le montagne di rifiuti rappresentano non solo un pericolo per la salute e l'incolumità dei cittadini, ma anche una «bomba ecologica», che fa sentire pesantemente i suoi riflessi su un territorio che rischia l'inquinamento, così come rischia di essere inquinata sempre più la stessa pubblica amministrazione. Il compito dei partiti, allora, è quello di far emergere dalla società una nuova spinta morale, che dia la forza di assumere decisioni nel senso di garantire ai cittadini la soddisfazione dei loro bisogni.
Sulla base di questa linea, quindi, preannuncio che il gruppo Popolari-Udeur esprimerà un voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Angelis. Ne ha facoltà.
GIACOMO DE ANGELIS. Signor Presidente, preannuncio che il gruppo Comunisti Italiani voterà a favore della conversione del decreto-legge in esame. Si tratta - è bene dirlo - di un decreto fortemente modificato, dopo una lunga ed articolata discussione, dai colleghi del Senato.
L'esiguità del tempo a disposizione ha impedito a questo ramo del Parlamento di approfondire alcuni aspetti della questione e di presentare alcune proposte emendative necessarie al decreto-legge in esame. La prossimità della data di scadenza del provvedimento (che, come tutti sapete, è l'8 dicembre) ha condizionato fortemente la discussione svolta in questa Assemblea, e ciò non ha sicuramente rappresentato un fatto positivo.
Il rischio che il presente decreto-legge potesse decadere era molto forte, e credo che nessuno, al di là delle diverse posizioni espresse in aula, volesse assumersi tale grave responsabilità nei confronti sia dei cittadini campani, sia del commissario Bertolaso.
Vorrei ricordare che, nel corso di questa lunga discussione, ho ascoltato qualche collega insistere inizialmente su un concetto preciso, su cui ritengo giusto tornare. È stato affermato che, a distanza di due mesi, ormai non esistono più i presupposti dell'emergenza, per cui era indifferente se il decreto in esame venisse convertito o meno in legge; conseguentemente, si potevano anche apportare alcune modifiche ed inviarlo nuovamente al Senato.
Crediamo che tale affermazione rifletta molta superficialità e, soprattutto, una mancata conoscenza dell'attuale situazione Pag. 20in Campania. Infatti, in questi due mesi è stato certamente compiuto molto lavoro; numerose zone sono state liberate da montagne di rifiuti grazie anche all'attivismo del commissario Bertolaso. È giusto puntualizzare, tuttavia, che ancora oggi diverse zone, non solo nella periferia di Napoli, ma anche in numerosi comuni limitrofi alla provincia di Napoli, risultano essere sommerse dai rifiuti!
Lo stesso dottor Bertolaso - cui vanno tutto il nostro sostegno e la nostra ammirazione - si era subito reso conto dell'impossibilità di mantenere gli impegni assunti per favorire una rapida uscita dalla situazione di emergenza. Le motivazioni d'urgenza che hanno spinto il Governo ad adottare il decreto-legge in esame, quindi, sono tuttora valide. La Campania, infatti, non è ancora uscita da una grave crisi emergenziale, e credo che occorra ancora molto tempo.
Anche in questo caso, ritengo opportuno fornire un chiarimento. Ricordo che, in sede di Commissione, abbiamo lungamente discusso circa l'opportunità di emendare il decreto in esame - affermo ciò anche per fare un po' di chiarezza in questa Assemblea -, poiché sia la maggioranza, sia l'opposizione erano consapevoli della necessità di apportare modifiche e miglioramenti al testo. Si è valutata, addirittura, la possibilità di procedere ad una terza lettura del decreto-legge, trasmettendolo nuovamente al Senato, e soprattutto si è voluto accertare se il testo licenziato rispondesse alle esigenze operative richieste dal commissario Bertolaso.
Ebbene, siamo stati costretti a prendere atto dell'impossibilità di una successiva calendarizzazione del decreto-legge al Senato senza correre rischio di far decadere il provvedimento stesso. Abbiamo altresì preso atto delle dichiarazioni tranquillizzanti rese dallo stesso dottor Bertolaso, il quale, nel corso di una audizione, ci ha sollecitato a procedere ad una rapida conversione in legge del decreto, sottolineando che la sua mancata approvazione avrebbe determinato una situazione ancora più drammatica, soprattutto sotto il profilo igienico-sanitario.
In merito a tali preoccupazioni, vorrei rivolgermi soprattutto ai deputati campani. Infatti, tutti voi, come me, avete ricevuto una richiesta dell'Associazione degli albergatori napoletani, la quale ci ha esortato - perché è questo il segnale negativo che arriva ai nostri territori - a fare presto e ad approvare tempestivamente il presente decreto-legge! A questo punto, la scelta era obbligata: bisognava portare il testo all'esame dell'Assemblea (come ha fatto il relatore), recepire, attraverso la presentazione di specifici ordini del giorno, suggerimenti migliorativi e riproporsi di ritornare sull'argomento dopo una breve fase di applicazione del decreto, nel frattempo convertito in legge.
Cari colleghi, questi sono i fatti! La scelta di questa maggioranza di non approvare nessuna proposta emendativa è stata dettata da un forte senso di responsabilità nei confronti dei cittadini campani, e non - ritengo giusto chiarirlo -, come è stato detto, da un atteggiamento di arroganza verso l'opposizione! Credo, infatti, che tutti avremmo preferito avere maggiore tempo a disposizione per licenziare un testo migliore.
Vorrei osservare che la stessa discussione svolta in Assemblea avrebbe potuto consentire di mettere il Parlamento nelle condizioni di conoscere, in modo chiaro e lineare, la gravità della situazione, nonché di contribuire a dare indicazioni più puntuali al Governo quando questi dovrà emanare le successive ordinanze.
Invece non si è parlato, se non in modo provocatorio e offensivo, della drammaticità della situazione ambientale che investe vasti territori campani. Si tratta di un disastro ambientale incalcolabile che, per sua natura, non può essere attribuito, per onestà intellettuale, alla sola responsabilità dei vari commissari che si sono succeduti in questi 12 anni. Dalla requisitoria di puro sapore elettoralistico - voglio dirlo ai deputati campani del centrodestra - che abbiamo ascoltato scompare, o diventa ininfluente, il ruolo che la camorra ha svolto e continua a svolgere nella regione, soprattutto in questo settore. Per capirci, altro è la gestione fallimentare del commissariato Pag. 21straordinario dei rifiuti, sul quale il nostro giudizio è sempre stato chiaro e severo, altro è l'attribuzione allo stesso commissariato della devastazione di interi territori effettuata, nel corso di decenni, dalla malavita organizzata.
Alcuni giorni fa, a Napoli, la Coldiretti ha presentato un'indagine sullo stato attuale del disastro in Campania. Mi rivolgo soprattutto ai colleghi della Lega Nord Padania, che non conoscono la Campania. I dati sono chiari: 1700 siti potenzialmente inquinati, 143 mila ettari di suolo contaminato, 25 mila ettari perimetrati di acqua contaminata, 48 siti in cui è accertato il pericolo di inquinamento. Tutto questo ha determinato in quelle zone un aumento vertiginoso di malattie tumorali. Una ricerca, che sarà presentata nei prossimi giorni a Napoli, ha dimostrato che nelle aree acerrale e domiziana sono aumentati del 400 per cento i casi di tumore. In quelle zone - voglio ricordarlo a qualcuno che ieri è intervenuto - avete deciso, o si è deciso, di collocare anche i termovalorizzatori.
Questa Assemblea, invece, è stata costretta ad ascoltare, per giorni interi, lunghe e ripetitive requisitorie su tutti gli errori che si sono verificati in 12 anni di commissariamento. Voglio dire con amicizia al collega Paolo Russo che ha sostenuto uno sforzo apprezzabile. Però, credo che sarebbe stato sufficiente suggerire ai colleghi di leggere la relazione finale della Commissione bicamerale che egli ha presieduto nella precedente legislatura, che è stata approvata - è giusto ricordarlo - all'unanimità da tutti i suoi componenti, divenendo così un patrimonio comune della stessa Commissione. Mi sono chiesto ripetutamente quale fosse lo scopo. Era solo quello di individuare, come è stato detto, una responsabilità e un responsabile o, forse, era quello di salvarsi la coscienza - questo è il punto - di fronte alla responsabilità che in Campania investe, sicuramente in modo diverso, l'intera classe dirigente campana? Che cosa ha fatto in tutti questi anni - mi rivolgo all'onorevole Paolo Russo e all'onorevole Bocchino - l'attuale opposizione in quel consiglio regionale, quando noi denunciavamo questi pericoli, quando sostenevamo il fallimento di quel piano regionale, quando chiedevamo, inascoltati, il ritorno ai poteri ordinari e quando denunciavamo la scelta, folle, dei termodistruttori, che la società FIBE voleva installare? Voi eravate nel silenzio!
PRESIDENTE. Onorevole De Angelis...
GIACOMO DE ANGELIS. Sto per concludere, signor Presidente; solo un minuto.
Su queste considerazioni...
PRESIDENTE. Mi dispiace, onorevole De Angelis, ma deve concludere.
GIACOMO DE ANGELIS. Su queste considerazioni, dicevo, avremmo potuto svolgere una discussione più pacata, forse migliorando ulteriormente il testo...
PRESIDENTE. Ve ne sarà occasione, onorevole De Angelis.
GIACOMO DE ANGELIS. Signor Presidente, non potendo concludere il mio intervento, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Onorevole De Angelis, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, il gruppo dei Verdi esprimerà voto favorevole sul disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, con la consapevolezza, amara ma ferma, che si tratta di un percorso obbligato per l'avvio di una exit Pag. 22strategy che ci permetta di lasciarci, finalmente, alle spalle questa sorta di «econovela» horror.
Sia chiaro - l'abbiamo detto e lo ripetiamo - che noi Verdi siamo sempre stati contrari ai commissariamenti. Pare che su questo siamo tutti d'accordo. Figuriamoci quanto ci può piacere il prolungamento di un commissariamento che dura da 13 anni! Eppure, in questo caso, siamo favorevoli. Si tratta di un ripensamento, di una flagrante contraddizione? Niente affatto; molto semplicemente e in tutta franchezza, non ci sembra di intravedere altra soluzione.
Questo decreto-legge, secondo noi, certamente sigla un ennesimo commissariamento, ma contiene anche alcuni elementi chiave che ci permettono di interpretarlo non come una dichiarazione di resa ma come il varco per la speranza. In primis, si tratta di un commissariamento che potremmo definire come un vestito su misura, confezionato per una persona, il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, che gode della nostra totale stima e fiducia e che avrà la capacità, se posto nelle condizioni di operare, di arginare questa emergenza. Faccio presente che egli stesso ha confermato, in sede di Commissione ambiente, che questo decreto-legge costituisce lo strumento che gli permetterà di adempiere ai suoi compiti.
Il secondo elemento che ci rassicura è che è stata fissata una scadenza perentoria, quella del 31 dicembre 2007, per il superamento di questa ulteriore e, noi diciamo, ultima fase di commissariamento.
Infine - questa è la considerazione più importante - grazie al lavoro capillare, sostanziale e decisamente migliorativo che è stato svolto in Senato, anche con il costruttivo apporto dell'opposizione, questo decreto-legge contiene ingredienti che, si spera, potranno segnare l'inizio del ritorno alle procedure ordinarie e innescare, finalmente, un ciclo virtuoso. Tale ciclo deve cominciare dall'enfasi posta sulle «tre erre», cioè riduzione dei rifiuti all'origine, raccolta differenziata e riciclo, che costituiscono la regola aurea che fa la differenza fra un ciclo di smaltimento dei rifiuti che funziona e uno che fallisce.
Non ripercorrerò tutte le stazioni della via crucis dei rifiuti in Campania: è stato fatto ad libitum in questi giorni. Tutti sappiamo, però, che il vizio di origine del piano regionale stava proprio nell'avere saltato a piè pari questa fase. Questo è il motivo per il quale noi Verdi abbiamo osteggiato il piano, sia quando portava la firma di Rastrelli, quindi di Alleanza Nazionale, sia quando il centrosinistra di Bassolino lo ha fatto proprio, commettendo un errore fatale. Finalmente, con questo decreto-legge, si va nella direzione, non a caso, sancita dalle direttive europee e, in particolare, dalla direttiva quadro n. 442 del 1975 e si punta all'ulteriore salto di qualità al quale ci invita la nuova strategia di prevenzione e di riciclo dei rifiuti presentata dalla Commissione europea il 21 dicembre 2005. È una strategia che pone al centro il concetto di ciclo di vita del rifiuto, che deve essere accompagnato dalla culla alla tomba e deve essere trasformato - hanno ragione i colleghi Dussin e Garavaglia - in risorsa, fortificando il mercato del recupero che rappresenta, tra l'altro, una notevole opportunità economica.
Questa, dunque, è la strada da imboccare. Non illudiamoci, però, perché tutti sappiamo che non basta. Per evitare di trovarci, tra un anno, a lamentare un nuovo fallimento, dobbiamo monitorare con attenzione questa fase e avviare a soluzione i problemi ancora irrisolti, partendo dal ribaltamento del piano regionale dei rifiuti che deve mettere al centro la filiera virtuosa innescata dalle «tre erre» e deve essere completato da impianti che si avvalgano delle migliori tecnologie per ridurre l'immane disastro ambientale che già segna la Campania.
A questo proposito, lo dico a chiare lettere, noi preferiamo una serie di impianti medio-piccoli diffusi sul territorio in modo da non rendere, tra l'altro, necessaria quella intensa attività di trasporto che alimenta il business della camorra, insieme alla speculazione sui siti per lo stoccaggio dei 5 milioni di ecoballe e al Pag. 23controllo delle cinquemila discariche abusive. Un disastro ambientale davvero senza precedenti.
Per quanto riguarda l'aspetto più controverso - chi deve fare il piano e quando -, riteniamo che occorra un'intesa tra tutti i soggetti, responsabilizzando, quindi, le autonomie locali e fissando una scadenza rigorosa per impedire che la situazione, una volta che Bertolaso avrà terminato il suo compito, ritorni al desolante stato quo ante.
Concludo con una riflessione. Abbiamo sentito in quest'aula, da parte dell'opposizione, espressioni pesanti, al limite dell'insulto, nei confronti della Campania, soprattutto di Napoli. Non abbiamo sentito, invece, la parola «solidarietà» che è tempo di introdurre in questo dibattito! È proprio questa, invece, la parola su cui noi Verdi vogliamo incardinare il nostro assenso alla conversione in legge del decreto.
Solidarietà, cari colleghi dell'opposizione, non vuol dire connivenza, non vuol dire chiudere gli occhi sulle responsabilità ed esimersi dall'assumerle. Chi lo nega? Il centrosinistra campano e l'amministrazione di Bassolino hanno di che battersi il petto «assai», come si dice a Napoli. Dio sa quante volte, nelle sedi istituzionali, noi Verdi abbiamo lanciato roventi accuse su questo tema, mettendo in luce soprattutto il legame tra cattiva gestione dei rifiuti, scempio ambientale e malavita organizzata.
Solidarietà vuol dire riconoscere che, accanto alla Campania della camorra, dell'incapacità e dell'incompetenza, esiste - ed esiste con dignità: a volte mi viene da dire «dignità disperata» - una Campania fatta di cittadini onesti, impegnati nel sociale, una Campania di grande cultura e civiltà, un patrimonio di risorse e di eccellenza, che merita tutto il nostro rispetto e il nostro sostegno. Esiste un «oro di Napoli» che, nonostante tutto, rifulge.
Anche e soprattutto per questo, in nome di una solidarietà sentita e autentica - perché qui noi tutti ci sentiamo cittadini di Napoli, io in primis, che a Napoli ho avuto l'onore di lavorare - i Verdi dicono «sì» alla conversione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,05).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 1922)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, i Repubblicani voteranno contro il disegno di legge di conversione del decreto-legge sull'emergenza rifiuti in Campania per varie ragioni, prima fra tutte il modo superficiale e pasticciato con cui il testo è pervenuto all'Assemblea dei deputati. Il decreto in esame può essere oggetto di tesi di laurea in giurisprudenza su come non bisognerebbe legiferare. Errori banali, di forma e tecnici si assommano e si intrecciano, tanto da rendere incomprensibile il testo. A nulla valgono i suggerimenti del Governo di trasformare gli emendamenti, che pure condivide, in ordini del giorno.
Il rappresentante del Governo e il relatore, come tanti deputati della maggioranza, sostengono che l'urgenza, dovuta alla prossima decadenza del decreto-legge, è l'unica vera ragione che induce a non valutare fino in fondo la validità degli emendamenti, compresi quelli presentati dai deputati della maggioranza. Come si sa, la fretta è cattiva consigliera, ma, in Pag. 24questo caso, è una consigliera disastrosa. È una fretta che dura dal 1993 e che si prolunga anche in questa legislatura.
Nel merito, il decreto-legge presenta tale farraginosità di procedure che sarà impedito al commissario straordinario di prendere decisioni efficaci ed efficienti e, soprattutto, congruenti con l'obiettivo posto. Come diceva il compianto professor Pasquale Saraceno, aumentano i centri di discussione e diminuiscono quelli di decisione.
Ad un'emergenza si può porre riparo solo con decisioni tempestive e, se fosse necessario consultare esperti, lo si dovrebbe fare anche informalmente, non, come dice la legge, «senza ulteriori costi per la finanza pubblica», perché, in questo caso, Bertolaso sarà ingessato.
Nell'emergenza, la tempestività è essenziale per la soluzione del problema. A noi pare che il dottor Bertolaso, che sarà il commissario delegato dal Governo, rimarrà prigioniero di decisioni politiche che nulla hanno a che vedere con l'emergenza. Le stesse decisioni politiche hanno portato al disastro attuale: 38 mila tonnellate di ecoballe - più balle che eco, per la verità! - più altrettante tonnellate abbandonate nelle strade della Campania. Giusto l'obiettivo, inadeguato, inefficiente e pericoloso lo strumento che si vuole adottare.
I Repubblicani ribadiscono pertanto il loro voto contrario sul disegno di legge di conversione.
PRESIDENTE. Prego l'onorevole Barbieri di comunicare con i colleghi in modo un po' meno rumoroso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Forza Italia negherà il suo voto favorevole a questo provvedimento, soprattutto dopo i vostri ragionamenti e le vostre discussioni, che hanno ripercorso la storia dell'emergenza dei rifiuti in Campania.
È una storia triste, fatta di inadempimenti, sprechi e malavita, ma, soprattutto, è la storia del fallimento di un'intera classe politica, che non si è rivelata all'altezza della missione al servizio dei cittadini. Quella classe politica amministra la Campania da 15 anni e ha visto nell'emergenza rifiuti l'occasione per una delle più grosse operazioni clientelari della storia: 55 milioni di euro sprecati per la raccolta differenziata, 11 milioni di euro sprecati in consulenze d'oro.
In questo disastro dei rifiuti, nessuno può chiamarsi fuori. Non lo possono fare i Verdi, che con la loro opposizione ostinata ai termovalorizzatori hanno di fatto favorito il pullulare di discariche abusive, che non hanno risparmiato neanche i parchi nazionali e le aree protette. Basti pensare allo scempio del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, che sono stati fatti oggetto di discariche di rifiuti tossici. Nel Parco nazionale del Cilento, i Verdi hanno una responsabilità diretta, attraverso il loro presidente, Tarallo, che da 15 anni è commissario, ormai di ruolo.
Non possono chiamarsi fuori neanche la Margherita e i DS, che non hanno saputo dialogare con le popolazioni e spiegare loro che in Europa le discariche non esistono più da trent'anni e che il termovalorizzatore al centro di Vienna è una risorsa e non un pericolo per i cittadini.
La storia dei rifiuti in Campania è la storia di una politica ferita da un fenomeno come il clientelismo, che può essere paragonato alla prostituzione: nell'uno e nell'altro caso, si fa scempio della propria dignità, oltre che del proprio corpo.
I rifiuti sono stati l'occasione per fare clientele. I «signori della mondezza», come dicono a Napoli, alle ultime elezioni amministrative hanno fatto il pieno di preferenze! Ma la cosa più grave è che molte di queste risorse, destinate in questi anni ai rifiuti in Campania, sono state intercettate dalla malavita organizzata, che si è rafforzata sul territorio.
Il problema dei rifiuti è quindi più grave e non può essere ristretto nei limiti angusti della decretazione d'urgenza. Esso diventa il problema della sopravvivenza Pag. 25delle istituzioni democratiche, in una regione ormai nelle mani della malavita.
Signor Presidente, questo problema investe anche la sicurezza dei cittadini e dei loro beni. Quando la sicurezza dei cittadini e dei loro beni viene messa in pericolo, quando non è difesa dalla violenza e dall'arbitrio, come avviene in Campania, non ci sono le condizioni per l'esercizio fruttifero della libertà.
Per questo Forza Italia, che è il partito della libertà, voterà contro questo provvedimento, che ripropone gli stessi errori del passato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.
GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, la Lega Nord, in questi anni, ha denunciato numerosissimi casi di mala gestione del settore rifiuti in Campania. Numerosi sono stati gli esempi che abbiamo portato di soluzioni possibili e le nostre denunce.
Tredici anni di commissariamento della gestione dei rifiuti in Campania sono serviti solo per scaricare sullo Stato le responsabilità e le inefficienze delle amministrazioni locali e, soprattutto, del commissario-governatore Bassolino e di tutti i governatori che hanno preceduto la sua gestione.
Ma, ovviamente, è soprattutto degli ultimi anni il lavoro che ha deteriorato questa realtà.
Bassolino, negli ultimi anni in cui è stato commissario, non è stato in grado di risolvere la situazione di emergenza; inoltre, ha peggiorato la situazione che, nel frattempo, si era creata. Il vero problema di tale vicenda è rappresentato dall'inefficienza politica, atteso che si possano ignorare le colpe della classe politica locale.
Province, consorzi e comuni sono poi il completamento di questa filiera di devastazione di un settore amministrativo che ha prodotto una situazione emergenziale ai limiti igienico-sanitari.
La situazione per uscire dallo stato di emergenza sta nella realizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti, di termovalorizzatori, di cui, purtroppo, per ragioni politiche, si evita di decidere sia la realizzazione sia la localizzazione, della raccolta differenziata, ulteriore anello che completa questo settore, di una comunicazione efficace che faccia cambiare la mentalità assistita del sud, per il tramite della responsabilizzazione amministrativa e civica dei singoli cittadini.
Insomma, sto parlando di una filiera completa. La responsabilità deve essere politica e deve pensare alla pianificazione del futuro e, soprattutto, deve saperlo gestire.
La situazione emergenziale in atto in Campania si sovrappone, inoltre, a quella dell'ordine pubblico; ciò rende la situazione della Campania ulteriormente complessa.
Al commissario Bertolaso si assegnano ulteriori poteri straordinari, per individuare tempi rapidi, modalità e sedi di smaltimento dei rifiuti. Si tratta di poteri straordinari che, fino ad ora, non sono stati mai assegnati ai commissari precedenti. Se fallisce anche questo tentativo, non resta che commissionare l'intera regione. Ma vale la pena ricordare alcuni numeri che, in questi anni e in questa discussione, ci hanno portato a denunciare le varie realtà che hanno determinato questo stato delinquenziale e di malaffare politico, di clientelismo e di connivenza. È un'azione che è passata attraverso migliaia di miliardi (2.500 il debito pubblico che si è creato in questo settore), l'assunzione, a sproposito, di lavoratori sotto le fila del commissario che poi si vorrebbero trasferire ai comuni (2.316 una prima tranche, 2.400 una seconda) o altri 3 mila dipendenti che oggi non sappiamo dove piazzare.
Questa è la realtà di Napoli e della Campania. Sono stati acquisiti moltissimi camion per la raccolta differenziata; sono stati denunciati furti di tali camion, che sono particolari; cinquecento sono i siti in cui attualmente vengono stoccate le ecoballe; cinque milioni sono le tonnellate di Pag. 26ecoballe con un CDR non di qualità, che sono ferme e che devono essere trattate e nuovamente inertizzate; numerosissime sono le cave abusive che inquinano in ogni modo la falda; le consulenze ai vari amministratori o, viceversa, le consulenze tra amministratori e tecnici o tra tecnici ed amministratori (vi è stato infatti un intreccio radioso) sono numerosissime: si parla di milioni e milioni di euro spesi per questa realtà; sedi di consorzio che oggi devono essere considerate come realtà di elevato disagio; subcommissari e centinaia di persone assunte in questa realtà con un dispendio particolare di denaro pubblico che poi viene richiesto a tutto il paese e alla nazione; consigli di amministrazione che sono stati nominati solo ed esclusivamente per creare una clientela.
Il nostro voto sarà contrario, perché, secondo noi, il decreto-legge non contiene le procedure necessarie per tornare alla normalità al cessare dello stato di emergenza. Non è chiara, inoltre, la questione dei flussi finanziari, dei costi delle ecoballe, come, peraltro, è stato evidenziato anche nell'audizione informale del capo dipartimento della protezione civile in Commissione VIII.
Il provvedimento in esame rappresenta una soluzione confusa al problema dell'emergenza rifiuti della Campania, in quanto tenta di contemperare le opposte esigenze in maniera poco chiara: si pensa a risolvere l'emergenza in un tempo lunghissimo (31 dicembre 2007), senza iniziare un processo per tornare alla normalità, con un progetto che definisca l'intera filiera: comunicazione, responsabilizzazione, raccolta differenziata, smaltimento per il tramite dei termovalorizzatori e delle discariche. Considerare rifiuto e risorse in una parola unica: questo è il messaggio che mandiamo all'intera classe amministrativa della regione Campania.
È evidente la spaccatura tra nord e sud del paese in tema di trattamento di rifiuti. Le amministrazioni locali del nord hanno già adottato politiche di gestione moderne e in accordo con le direttive comunitarie, laddove il rifiuto è visto come fonte di ricchezza e di opportunità economicamente vantaggiose.
Regioni come Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Basilicata attuano la raccolta differenziata con oscillazioni annue tra il 5 ed il 10 per cento dei rifiuti prodotti. Al nord, siamo oltre il 50 per cento, con punte dell'85 per cento; ciononostante, vi sono le nomine dei commissari straordinari per l'adozione di procedure acceleratorie per l'emergenza rifiuti nelle regioni meridionali.
La situazione è emergenziale. È grave la proliferazione delle attività illecite connesse con lo smaltimento di rifiuti e le discariche abusive, con implicazioni disastrose per gli ecosistemi e le attività agricole, a causa dell'inquinamento delle falde acquifere, e danni irreparabili per le attività turistiche, che rappresentano le principali fonti di ricchezza per il sud.
A ciò si deve aggiungere l'elevato numero di siti utilizzati in passato per lo smaltimento illegale dei rifiuti, che induce ad ipotizzare lo smaltimento dei rifiuti pericolosi provenienti anche da altre regioni e dall'estero con il coinvolgimento della criminalità organizzata.
Per questi motivi, il nostro voto sarà contrario. Sottolineiamo fermamente questo aspetto di mala gestione amministrativa che avviene in tale regione.
Il nostro voto non può che essere contrario a questa realtà e anche a tutte le realtà commissariali del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge sui rifiuti in Campania è giunto nella sua fase finale.
A noi dell'opposizione resta l'amaro in bocca per quello che si poteva realizzare; per il pervicace atteggiamento della maggioranza non si è riusciti a portare sul tavolo del popolo campano, che lo aspettava, Pag. 27un provvedimento bipartisan, perché, di fronte all'emergenza rifiuti, era lecito attendersi che le forze politiche riuscissero a trovare un'intesa sulle questioni che sono emerse nel dibattito. Questo non è stato. Riteniamo sia stata colpa della maggioranza, la quale si è arroccata in un diniego sistematico nei confronti di tutte le richieste e di tutti gli emendamenti che l'opposizione ha presentato.
Il problema è tutto in mezzo a noi, è tutto in Campania, è tutto in questo provvedimento. Ed è il problema relativo ad una gestione commissariale che - come diceva Grazia Francescato - il gruppo dei Verdi ha costantemente avversato. Una gestione commissariale antistorica, solo se si va a guardare ai danni che, nel corso di questi anni, sono stati provocati in Campania, sia quando il commissario era organo monocratico sia quando coincideva con il potere legislativo ordinario.
Anzi, in questa fase - quella che Bassolino doveva usare come un grimaldello per riportare alla normalità il problema dei rifiuti -, si sono verificati i guasti maggiori.
Si è voluto il commissariamento, ma immediatamente il commissario è stato imbrigliato e «incartato». Sono previsti tre subcommissari, di cui uno da nominare d'intesa con il Ministero dell'ambiente, che è retto da quel Pecoraro Scanio che è stato alla testa di tutte le rivolte contro i termovalorizzatori di Acerra e di Santa Maria La Fossa. I Verdi, come la sinistra, sono stati sempre all'avanguardia nella lotta contro le discariche legali, favorendo di fatto - certamente, inconsapevolmente - il proliferare delle discariche abusive.
La figura del commissario è altresì imbrigliata dalla commissione (i cui cinque membri non si sa da chi debbano essere indicati), dalla Consulta e, in maniera ancora più grave, dalla disposizione per cui il piano regionale dei rifiuti debba essere varato d'intesa con la regione e con il Governo. Ritengo si tratti di un'intesa che non avverrà mai.
Allora, quando abbiamo chiesto la presenza del ministro Pecoraro Scanio in quest'aula un minimo di ragione l'avevamo, perché il ministro avrebbe dovuto chiarire all'Assemblea di Montecitorio se la vecchia politica dei Verdi era stata accantonata e se ad essa seguirà, dall'approvazione in poi, una politica volta a favorire la realizzazione dei termovalorizzatori e delle discariche legalmente autorizzate!
Ancora, abbiamo pregato - non per una volontà di dissacrazione - il ministro Padoa Schioppa a presentarsi in aula e dirci per quale motivo l'Italia non ha sfruttato l'occasione di questo provvedimento per mettersi alla pari con le nazioni più evolute ed avanzate, predisponendo una strategia della raccolta e dello smaltimento non legata alla necessità terminale dell'eliminazione dei rifiuti, ma basata sull'indicazione selettiva di scelte operative finalizzate al fabbisogno energetico, diverso da regione a regione, nonché al riuso dei materiali, anch'esso diverso da regione a regione.
In ogni caso, la questione che mi lascia maggiormente perplesso e sulla quale i rappresentanti del centrosinistra non hanno chiarito alcunché, è quella relativa all'articolo 3.
In tale articolo, in maniera disinvolta, si annulla una gara regolarmente avviata ed autorizzata dal vecchio commissario, il prefetto Catenacci, persona molto stimata e universalmente riconosciuta come corretta. Inoltre, si indicano le modalità attraverso le quali il commissario Bertolaso dovrà affidare le centinaia, se non migliaia di miliardi in lavori e di non meglio precisati servizi sulla base delle «migliori tecnologie immediatamente disponibili». Il comma 1 dell'articolo 3, non stabilisce però se ci sarà o meno una regolare procedura di gara europea o internazionale.
Ho anche sollecitato il gruppo dell'Italia dei Valori e, quindi, il ministro Di Pietro. Lui che è così attento ai problemi della giustizia e il cui primo atto successivo all'insediamento del Governo Prodi è stato quello di mandare sotto processo i vertici dell'ANAS! Ebbene, del comma 1 dell'articolo 3, il ministro Di Pietro cosa ne Pag. 28pensa? Aspettiamo una risposta, anche perché egli risulta tra i ministri che hanno approvato il decreto.
L'altro aspetto che vorrei raccomandare all'attenzione di quest'Assemblea è relativo al comportamento della magistratura a Napoli sulla gestione Bassolino. La Corte dei conti ha presentato una relazione «bomba» fin dal 2001 e, da quel momento in poi, non vi sono state altre relazioni o provvedimenti giudiziari. Le procure di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere hanno impegnato complessivamente ben 18 magistrati, ma finora vi è stato solo un rinvio a giudizio per fatti marginali. Ebbene, a conclusione della discussione auspico che la Corte dei conti e le due procure si dessero una mossa, licenziando i provvedimenti maturati in tempi brevi.
Signor Presidente, i cittadini di Napoli e della Campania hanno bisogno di una sola cosa veramente straordinaria: la normalità. Hanno bisogno di potersi curare nella propria regione, di disporre di primari nominati per merito, di un posto di lavoro senza il ricatto della camorra e della clientela politica, di colpevoli perseguiti a prescindere dalle appartenenze, di giornali indipendenti, di strade pulite. E possibilmente di un semplice assessore regionale delegato ai rifiuti con Bertolaso a dirigere il suo staff tecnico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Saluto i professori e gli alunni delle classi II B e II C della Scuola media statale «Ettore Pais» di Olbia e i ragazzi della Scuola media «Guido Pitocco» di Castelnuovo di Porto, presenti in aula (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cacciari. Ne ha facoltà.
PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, devo confessare che non sono ancora riuscito a risollevarmi del tutto dalla prova di forza psicofisica che alcuni colleghi dell'opposizione ci hanno inferto per molti giorni in quest'aula, facendo torto alle intelligenti motivazioni di molte loro denunce e proposte. A queste voglio riferirmi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 11,30)
PAOLO CACCIARI. Presidente, rappresentante del Governo, capigruppo, dovete tener conto di una questione istituzionale vera, che è emersa fin dall'inizio in questa vicenda.
Siamo stati schiacciati da due esigenze contrastanti, entrambe reali. Da una parte, l'emergenza vera e drammatica dei rifiuti abbandonati e bruciati per le strade (un'emergenza sanitaria che non ammette dilazioni), dall'altra, il nostro ruolo di legislatori volenterosi e diligenti che vorrebbero migliorare e perfezionare i testi legislativi sottopostici. Tra queste due esigenze noi dell'Unione - in piena coscienza, dichiaratamente fin dall'inizio e consapevolmente - abbiamo scelto a favore della prima esigenza.
Del resto, ogni scelta sottintende qualche denuncia e ogni scelta corrisponde ad un'assunzione di responsabilità, cioè considerare le conseguenze delle nostre azioni. Abbiamo scelto di rendere operativo il commissario Bertolaso il prima possibile. È vero, abbiamo rinunciato a qualche perfezionismo del testo legislativo, ma attenzione, abbiamo preso una precauzione: nel decreto-legge è previsto che il Governo avrà una sorta di delega per integrare e correggere quelle norme che dovessero risultare insufficienti. Da questa vicenda eccezionale e straordinaria non può comunque discendere una regola, per cui i testi in seconda lettura, inviati dal Senato, non sarebbero più modificabili in questa Camera. La soluzione al bicameralismo non perfetto non può essere un monocameratismo imperfetto.
La seconda verità, che le opposizioni hanno fatto emergere in quest'aula, è che l'emergenza rifiuti in Campania, che dura da 15 anni - ma penso anche alla Puglia, alla Calabria, alla provincia di Roma e ad altre realtà - non è una calamità naturale ineluttabile, bensì la conseguenza di ritardi, incapacità, inettitudini, corruzioni, riconducibili alle cattive amministrazioni e tra queste c'è sicuramente, a mio avviso, Pag. 29anche la regione Campania. Del resto, si tratta di una bella scoperta! Tre Commissioni parlamentari di inchiesta sui rifiuti, l'ultima presieduta dall'onorevole Paolo Russo, ci hanno «squadernato» meccanismi e responsabilità. Vi sono poi le indagini della magistratura e finalmente anche le inchieste giornalistiche, che non mancano e che ci hanno fatto aprire da tempo gli occhi su questa situazione.
Allora, dove sta lo scandalo? Sta in questo decreto-legge, che finalmente affronta di petto il problema, mettendo in campo la Protezione civile, surrogando la regione, commissariando il commissariato e individuando finalmente un'exit strategy, per come l'abbiamo definito? Oppure lo scandalo sta nei tredici anni precedenti, che sono passati inutilmente o, peggio, che hanno addirittura aggravato la situazione? Quella a cui abbiamo assistito in questi ultimi cinque giorni è una situazione paradossale! Se un marziano avesse assistito a questo dibattito, avrebbe capito che le 40 mila tonnellate di rifiuti che sono per le strade e i 4 milioni e passa di tonnellate di rifiuti sparpagliate nelle ecoballe in 500 pseudodiscariche si sono accumulate nei sei mesi dell'ultimo Governo Prodi! Ma ci facciano il piacere! Questa non è la rappresentazione reale, giusta, veritiera e sincera che dobbiamo dare della situazione.
La terza verità, sostenuta da una parte dell'opposizione, in particolare della Lega, è la necessità di porre in essere una strategia di sistema e di filiera, che vada oltre l'emergenza e che non può che affidarsi ai principi delle direttive quadro europee. L'ultima proposta è stata approvata tre giorni fa dal Parlamento europeo. Essa stabilisce la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti e il loro recupero, riutilizzo e riciclaggio, attraverso valide politiche pratiche di raccolta differenziata capillare, diffusa e domiciliare. Non so se il dottor Bertolaso avrà il tempo di leggersi questo nostro troppo lungo dibattito, però non c'è scritto da nessuna parte che la storia non possa saltare qualche tappa e che esperienze positive fatte da altri non possano essere trasferite anche in Campania.
Non credo che i campani e i napoletani siano meno volenterosi o meno sensibili o meno interessati a risparmiare sui costi di smaltimento o meno attenti alla propria salute. Se ce la fanno a Villafranca d'Asti, non vedo perché non ce la dovrebbero fare anche a Napoli. La tariffa va quindi modulata sull'effettiva quantità di rifiuti conferiti e differenziata per frazione merceologica. Gli inceneritori non sono affatto il toccasana. Essi semplicemente trasformano i rifiuti in ceneri tossiche, in polveri volatili e in gas inquinanti. Trasferiscono su altre matrici ambientali il problema, con costi economici elevatissimi. Una tonnellata di rifiuto, tal quale incenerito, produce 215 chilogrammi di ceneri pesanti, di materia tossica, che vanno in discariche speciali. Producono 51 chilogrammi di particolato leggero ultrafino ad alta tossicità, di PM 2,5, che veicola atomi di metalli pesanti, diossine, fluorati, idrocarburi policiclici, composti organici volatili, mezzo chilo di gas serra climalterante. Per produrre un simile cocktail spendiamo non meno di 120-140 euro a tonnellata, a cui vanno aggiunti 40-60 euro a tonnellata di sovrapprezzo sulla bolletta dell'ENEL, che paghiamo tutti, attraverso lo scandalo del Cip 6 e dei certificati verdi!
Mi domando, e lo domando a Bertolaso: con questi denari potremmo fare meglio e altro? Credo di sì. Attraverso la raccolta differenziata, seguita da trattamenti meccanici a freddo e biologici, bioessiccazione, compostazione, si possono ridurre di molto la pericolosità e i trattamenti chimici.
Concludo con un auspicio. I poteri straordinari, che il decreto-legge affida alla struttura del commissario, vanno quindi usati per delineare modelli di gestione innovativi, efficienti, appropriati alle diverse realtà provinciali e locali, da consegnare alle autorità regionali, provinciali e comunali, affinché possano superare quanto prima la drammatica arretratezza e disorganizzazione fin qui generalmente riscontrata. In tal modo, il nuovo piano regionale, con le sue conseguenti strutture organizzative e il necessario corredo di strumentazioni tecniche, potrà Pag. 30scaturire da una sperimentazione di buone pratiche, condivise tra tutti i soggetti, necessarie e concorrenti, al fine di ridurre la quantità dei rifiuti prodotti, abbassarne la pericolosità potenziale, separarli per caratteristiche merceologiche utili al fine del recupero, riciclarli e condurli agli smaltimenti specializzati per tipologia.
Con questo auspicio e con questo buon augurio, noi di Rifondazione Comunista votiamo volentieri la conversione in legge di questo decreto-legge (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono ormai venti giorni che ci occupiamo di una questione che riguarda la Campania e proprio per questo, da campano, ieri ho ritenuto di leggere tutti gli interventi fatti dai colleghi sia in Commissione sia in Assemblea. Su venti giorni di dibattito complessivo - dieci giorni hanno impegnato l'Assemblea, che comunque ha tante questioni da risolvere -, ho approfondito le questioni poste su due versanti. Volevo capire, specialmente dai parlamentari non campani, quali potevano essere i suggerimenti, forti anche delle esperienze nelle rispettive regioni. Vi è poi un sentimento di riconoscimento, perché noi campani ci rendiamo conto che l'emergenza rifiuti non è un fatto prevedibile né giustificabile. Sarebbe interessante parlare della gestione dei rifiuti con riferimento a tutta l'Italia.
Dagli interventi che ho letto, devo dire che tante sono state le sollecitazioni e gli aspetti, che ho ritenuto utili. Anche la maggioranza, ammettendo preliminarmente che il provvedimento non poteva essere modificato, ha però messo in evidenza degli aspetti sui quali forse sarebbe stato importante poter dibattere e magari votare. Adesso, in sede di dichiarazione di voto finale sul provvedimento, oltre all'approfondimento ed oltre al riconoscimento di un debito della Campania nei confronti dell'Assemblea - c'è anche un rammarico. Noi infatti voteremo contro la conversione in legge di questo decreto-legge e siamo rammaricati, perché in realtà avevamo avanzato delle proposte che ritenevamo necessarie.
Il collega Cacciari, a mio avviso, pochi minuti fa ha detto la verità nell'esposizione del problema, (anche se ha preannunciato il voto favorevole sul provvedimento, mentre il nostro - ripeto - sarà contrario), sostenendo che non si debbono confondere due problemi: l'emergenza, che è un dato oggettivo (basta venire a Napoli o seguire i media) e la gestione a regime dei rifiuti. Ha aggiunto che è mortificante, in un sistema bicamerale, per un ramo del Parlamento non poter dare un contributo. Ho detto la stessa cosa nel mio intervento sul complesso degli emendamenti all'inizio del dibattito: se la questione è legata alle tecniche del Parlamento, allora il dibattito viene svilito. Ognuno di noi, spinto ad esprimere idee che hanno eco al di fuori di quest'aula, ha la preoccupazione di dire cose che devono essere percepite all'esterno, nella coscienza, però, che si tratta di argomenti che, nella tecnica parlamentare, non possono essere accolti.
Da testardo campano della provincia di Napoli, ritengo indispensabile, anche per la mia esperienza di sindaco, esprimere concetti che, comunque, possano rimanere, in modo che, se, come mi auguro, in futuro affronteremo la gestione complessiva dei rifiuti in Italia, si possano tener presenti questi suggerimenti, che sono il frutto dei numerosi emendamenti che abbiamo presentato. In un ordine del giorno presentato al disegno di legge finanziaria avevamo rilevato la necessità di ridurre al minimo il periodo del commissariamento. Bisogna poi rimarcare il principio - lo dico anche nella mia funzione di referente del territorio - che il rifiuto è di chi lo produce. Questo è un concetto che va, una volta per tutte, messo in evidenza. Se chi produce il rifiuto ha la capacità di farlo divenire un bene produttivo di ricchezza e, addirittura, lo cede ad altre regioni, lo deve fare nella logica del mercato e degli Pag. 31interessi di chi lo cede e di chi lo riceve. Questo è quanto avevamo chiesto con il nostro ordine del giorno.
Inoltre, occorre far presente a chi produce rifiuti che lo smaltimento è un dovere e non un investimento. È stato assai difficile da sindaco far capire ai cittadini che, prima di far divenire ricchezza il rifiuto, è un dovere organizzare la raccolta dei rifiuti, in modo diversificato, per facilitarne lo smaltimento; che, poi, da questa attività, si possa avere un ricavo, dipende sempre dalla capacità delle amministrazioni locali e delle strutture che gestiscono i rifiuti. A nostro avviso, nel predisporre il decreto-legge, questo concetto non è stato ben messo in evidenza.
Per seguire il ragionamento del collega Cacciari, nella riflessione vi è un elemento da non trascurare: al Senato il decreto-legge è stato modificato. Avremmo condiviso un provvedimento d'urgenza, con il conseguente binario preferenziale, se questo presupposto fosse stato mantenuto. Il decreto-legge, invece, è stato modificato al Senato nel merito della gestione dei rifiuti in modo ordinario e, quindi, quando andrà a regime.
La domanda più frequente che ci viene rivolta, anche al di fuori dei dibattiti pubblici, è: come si può risolvere il problema dei campani e quali sono le vere responsabilità del governatore Bassolino e del centrosinistra? Io mi interesso di politica e non sono abituato ad interessarmi di cose che devono essere fatte da altri. Ci tengo a precisare che la regione Campania ha dato una linea su come gestire i rifiuti già nel 1996-1997, ovvero, i rifiuti, appartenendo a chi li produceva, dovevano rimanere, addirittura, nelle piccole città, così dichiarando, implicitamente, che i rifiuti sarebbero dovuti rimanere nel comune, se non venivano ben organizzati.
Qual è stato l'elemento devastante, per il quale ritengo vi sia una grossa responsabilità? Avere aggiunto, a questo problema specifico, altri e differenti problemi. Quando ero sindaco, non si poteva organizzare una riunione sulla gestione dei rifiuti, che, subito, veniva messo sul tavolo un altro problema, riguardante certamente una questione che ci interessava ma che, in quel momento, non poteva essere aggiunta ad un'emergenza già grave di per sé. Addirittura, si cercava di risolvere la questione dei rifiuti, aggiungendo ad essa quella della riqualificazione urbana, utilizzando così quel problema per intervenire in territori che dovevano essere riqualificati dal punto di vista urbanistico.
Essendo abituato a dire le cose in modo chiaro e semplice, ritengo che la responsabilità della regione è non aver avuto il coraggio di individuare un programma di gestione tecnico-scientifica ed amministrativa dei rifiuti stessi. È frequente per i campani l'abitudine ad aggiungere ad un problema, in tal caso comune a tutte le regioni d'Italia, questioni che non lo riguardano, quasi ad utilizzare quel problema al fine di risolverne altri, data la disponibilità di risorse ed essendo giustificata l'accelerazione delle procedure. Questa è la questione.
Perché, quindi, chiedevamo una responsabilità politica? Qual è la questione che si può verificare ancora? Avendo valutato che il successo nei consensi non è legato a responsabilità visibili nella gestione del territorio, vi è in noi una maggiore preoccupazione nel creare nella gente e nei campani, in particolare, l'idea che non è la responsabilità di quello che si deve fare a portare consenso. Per questo, sarebbe stato importante, come si fa nelle scuole di calcio, esonerare qualche allenatore, seppure importante politicamente, perché è un modo per dire che una responsabilità c'era.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, abbiamo svolto dichiarazioni critiche su questo decreto-legge nella fase iniziale del dibattito, affermando che siamo nettamente contrari ai provvedimenti emergenziali e ai commissariamenti in tutte le regioni, in particolare in Campania, ove l'emergenza si trascina da Pag. 32oltre tredici anni e, quindi, non è più tale ma si tratta di ordinaria amministrazione. Le condizioni speciali in cui versa oggi la Campania - il problema sociale che è emerso, la quantità enorme di rifiuti per le strade, i pericoli per la salute pubblica - hanno imposto un commissariamento che avremmo voluto molto più breve di quanto, invece, si è prospettato. Tuttavia, nel caso specifico, era necessario fare un'eccezione.
D'altra parte, abbiamo anche criticato i contenuti del decreto-legge, notevolmente modificato rispetto al testo approvato dal Consiglio dei ministri, ed abbiamo trovato dei «difetti» anche riguardo alle modifiche approvate dal Senato, su cui abbiamo posto l'attenzione in Commissione e in Assemblea.
Noi, però, abbiamo un grande senso di responsabilità. Inoltre, apprezziamo l'atteggiamento positivo dimostrato dal rappresentante del Governo, che prevede un monitoraggio continuo del settore dei rifiuti in Campania in modo da poter giungere ad una eventuale revisione, anche legislativa, dei provvedimenti che stiamo valutando per l'approvazione.
Per tutto questo - per il nostro senso di responsabilità e per l'atteggiamento positivo del Governo -, siamo disponibili a rivedere eventualmente in un successivo momento le modifiche approntate per questa versione del provvedimento arrivata dal Senato alla Camera; pertanto, abbiamo rinunciato agli emendamenti che pure avevamo presentato in Commissione.
Tuttavia, avremmo voluto - lo abbiamo auspicato - che l'opposizione, con le cui considerazioni molto spesso ci siamo trovati concordi, avesse mantenuto un atteggiamento analogo a quello adottato in Senato. In quella sede, quel testo tanto criticato da loro - ma anche da noi - in quest'aula, aveva trovato il consenso della maggioranza e l'astensione dell'opposizione. Noi avevamo auspicato che alla Camera l'atteggiamento fosse uniforme rispetto a quello tenuto al Senato, ma ciò non è avvenuto. Riconosciamo tuttavia che questo è anche legittimo e così in questi giorni abbiamo ascoltato alcune argomentazioni che possiamo condividere ed altre che non condividiamo. Complessivamente riteniamo molto positivo il dibattito che - probabilmente per la prima volta - ha visto la più ampia discussione su un argomento del genere in uno dei due rami del Parlamento della Repubblica.
Dunque, apprezziamo le iniziative di modifica avanzate dall'opposizione, seppure abbiamo dovuto schierarci contro gli emendamenti presentati per le ragioni appena dette. In caso contrario, avremmo rischiato di lasciare la Campania nella situazione attuale, senza una normativa né un commissario che al momento si è reso indispensabile.
Pertanto, ritengo che l'ordine del giorno presentato unitariamente dai rappresentanti della maggioranza raccolga molte istanze che sono emerse nella discussione. Tale ordine del giorno prevede che, durante il periodo di monitoraggio e nella successiva fase di verifica dei risultati, si possa dare corso ad un miglioramento dell'attuale normativa, che andrebbe incontro anche alle esigenze espresse dall'opposizione.
Mi sento di criticare anche alcuni interventi svolti dalla maggioranza, con particolare riferimento a quanto detto dall'amico Cacciari, il quale punta tutto il suo discorso contro gli inceneritori, come se fosse quello il settore da colpire, senza affrontare il problema dello smaltimento dei rifiuti con un approccio integrato. Questo approccio presuppone la raccolta differenziata, il compostaggio per l'umido e per l'organico, ma anche lo sfruttamento energetico da attuare con le migliori tecnologie. Sappiamo benissimo che ne esistono alcune volte ad evitare quel mostruoso problema dell'incenerimento dei rifiuti descritto dal collega Cacciari.
Sono anche contrario nei confronti di chi predilige l'intervento esclusivamente su un altro settore: quello della raccolta differenziata. Quest'ultimo è senza dubbio indispensabile all'interno di un ciclo integrato, ma se è considerato da solo, comporta uno spreco di denaro.
Dunque, per tutte queste argomentazioni e per le ragioni che ho espresso Pag. 33all'inizio, per il nostro senso di responsabilità e per i tempi che sono stati veramente troppo ristretti, il gruppo dell'Italia dei Valori - pur con queste riserve e perplessità - voterà comunque a favore del disegno di legge di conversione. Auspichiamo tuttavia che in futuro non si debba ripetere una situazione così incresciosa, nella quale una delle due Camere non possa modificare il testo di un provvedimento perché nell'altro ramo del Parlamento non ci sarebbe il tempo per approvarlo definitivamente, e che a marzo si possa cambiare in meglio la lettera del decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Adolfo. Ne ha facoltà.
VITTORIO ADOLFO. Signor Presidente, 53 mila tonnellate di rifiuti sono sulle strade, a Napoli; siamo in presenza di 5 milioni di tonnellate di ecoballe; in dieci anni sono stati polverizzati 1,5 miliardi di euro. Questi sono i risultati della gestione dei rifiuti nella regione Campania e a Napoli, una gestione portata avanti dal centrosinistra e dal suo presidente Bassolino. Compiti e competenze a cui si è rinunciato volentieri, demandandole a commissari. In dieci anni non si sono date risposte e, pertanto, oggi tutti i nodi vengono al pettine. Quindi, ci rivolgiamo ad un commissario e tale scelta, di certo, rappresenta un passaggio obbligato in questa fase che è di emergenza. Si tratta di un commissario che ha tutte le caratteristiche per poter dare un contributo in questa fase, in cui almeno si deve togliere l'immondizia dalle strade e si deve in qualche modo pensare a come poterla smaltire.
La personalità del dottor Bertolaso, il dirigente della Protezione civile italiana, è fuori discussione. Tuttavia, sopra costui è stato cucito un vestito attraverso un decreto-legge assolutamente inadeguato ed insufficiente. Di conseguenza, o crediamo nelle capacità di questo dirigente dello Stato, affidandogli tutti i compiti cui può assolvere, oppure evitiamo di creare lacci e lacciuoli in cui egli, in questo periodo di gestione dell'anno 2007, dovrà muoversi con tutte le forze politiche della Campania, con il rischio di neutralizzare la sua azione.
Naturalmente, vi sono gravi responsabilità da un punto di vista politico, morale e sociale. La malavita si è inserita in questo contesto e in un business multimilionario. Oggi, a Napoli, sull'argomento rifiuti vi sono 39 inchieste giudiziarie, di cui 12 portate avanti dalla DIA. Mi pare un quadro certamente preoccupante, al quale aggiungiamo l'iniziativa della magistratura contabile, cioè della Corte dei conti.
Vi sono almeno tre aspetti che desidero evidenziare. Il primo riguarda l'organizzazione dei lavori: il commissario dovrà attendere, una volta chiusa la raccolta, allo smaltimento dei rifiuti, quindi individuare i siti ed i procedimenti per la distruzione di tali rifiuti. Dovrà anche trovare le modalità per inertizzare le ecoballe ed i luoghi in cui poterle collocare. Siamo davanti ad un business multimilionario che dev'essere sottoposto a grande attenzione. Ciò non toglie che, a nostro avviso, dopo questo anno tale problema enorme debba ritornare di competenza della regione, delle province, dei comuni, perché agli enti locali sono stati demandati dei compiti ed essi non possono sottrarsi continuamente alle loro responsabilità.
Il secondo aspetto riguarda la difficoltà da parte del commissario di produrre un piano regionale dei rifiuti. Un commissario che si muove d'intesa ha dei limiti e deve, a sua volta, agire dopo aver acquisito i pareri degli enti (provincia, comuni e la Consulta che si andrà ad istituire).
In ultimo, vi è l'aspetto delle risorse finanziarie: al momento 20 milioni di euro per la fine dell'anno. Non riusciamo a capire quali saranno i prossimi finanziamenti, visto l'esercito di 2.500 dipendenti che ruota intorno a questo sistema e considerato che mensilmente occorrono 5-6 milioni di euro per fare fronte a tali necessità.
Le nostre preoccupazioni sono forti ma, al di là del provvedimento in esame, crediamo che la pagina dei rifiuti a Napoli Pag. 34si apra solo ora e che debba essere ancora tutta scritta. Per tali motivazioni, annuncio il voto contrario dell'UDC a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesaro. Ne ha facoltà.
LUIGI CESARO. Signor Presidente, onorevoli deputati, un avviso di garanzia dopo l'altro, anni di sequestri giudiziari, sempre per irregolarità di gestione: questo l'attuale bilancio del commissariato di Governo per l'emergenza rifiuti a Napoli. Nei due anni di commissariato del prefetto Catenacci tutte le fasi gravi di emergenza si sono registrate a causa del fermo di almeno un impianto, o per manutenzione straordinaria, o per irregolarità. In luglio l'avviso di garanzia direttamente per Catenacci, dopo l'incidente nell'impianto del CDR di Caivano: avviso di garanzia non per irregolarità di gestione, come avvenne anni fa alla discarica di Parco Saurino, nei pressi di Capua, ma per incendio doloso. Catenacci presentò le sue dimissioni. Ci vollero l'insistenza e le dichiarazioni di fiducia da parte del capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso, per convincere il prefetto a ritirare le dimissioni e restare al proprio posto. Poi, il nuovo avviso di garanzia, le nuove dimissioni e l'assunzione ad interim dell'incarico da parte dello stesso Bertolaso. Signor Presidente, finisce l'era Catenacci e negli stessi giorni si ferma il CDR di Caivano. Torna l'emergenza e Napoli si trova sommersa dai suoi stessi rifiuti.
Il 6 ottobre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che mette a punto misure straordinarie volte al superamento dell'emergenza legata al problema dello smaltimento dei rifiuti in Campania, come si legge nella nota di Palazzo Chigi. Il provvedimento - continua la nota - individua le discariche che potranno essere utilizzate fino alla cessazione dello stato di emergenza. Le discariche interessate sono le tre cave di Villaricca, Difesa Grande e Tufino. Si tratta di discariche esaurite e stracolme fin dal 1999.
Oltre a questo, arrivano da oltre dieci anni fondi straordinari, soldi perché la classe dirigente campana trovi soluzioni, che in 12 anni di commissariato straordinario non è stata in grado di individuare. Dall'utopia del «tutto in discarica» degli anni novanta si è passati all'utopia del «tutto all'incenerimento» del nuovo piano, senza vie intermedie, senza che sia mai davvero partita una seria raccolta differenziata. Le utopie, purtroppo, continuano, visto che le gestioni commissariali susseguitesi negli anni perseguono tutte il piano rifiuti originale, senza prendersi la responsabilità di operare varianti che potrebbero davvero risolvere il problema.
Si resta così confinati in una trappola di fondi che vengono usati a pioggia per fare spazio in discariche esaurite o per riparare impianti per CDR che non manderanno mai all'utilizzo finale il combustibile prodotto. Tali fondi vengono spesi per consulenze dorate che forniranno soluzioni giuste che, però, non saranno mai applicate. Il consiglio e la giunta regionale sono stati regolarmente eletti dei cittadini, ma in materia di rifiuti sono privati di ogni potere, accentrato dal commissario straordinario.
Per i cittadini la vita intera è condizionata: è l'emergenza rifiuti che impone agli abitanti le sue condizioni. Basti pensare ai mercati ortofrutticoli: nei cassonetti ci sono residui di verdure e frutta in avanzato stato di deterioramento quando la raccolta non viene effettuata tutti i giorni. La fermentazione dei rifiuti avviene così a cielo aperto, a pochi metri dalle abitazioni, con rischi igienici e sanitari elevatissimi. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci sono cittadini che vivono nello strazio e ratti che vivono nella gioia, prolificando a dismisura in un ambiente per loro perfetto.
Non si comprende come mai in Campania non si impari dal passato. La politica regionale e nazionale si interroga, Pag. 35spesso in modo vano e speculativo, su come risolvere il problema nonostante appaia chiaro che sia il tombare i rifiuti in discarica sia l'incenerirli sono imprese non solo costose, ma anche accompagnate da rischi notevoli dal punto di vista della sicurezza della salute e da quello dell'infiltrazione camorristica. Eppure, in altre zone d'Italia sono state applicate soluzioni che mandano allo smaltimento finale, discarica o inceneritore che sia, solo il 35-40 per cento dei rifiuti, come avviene, ad esempio, nel consorzio Priula in provincia di Treviso, solo applicando alla lettera il decreto Ronchi. Come mai, ci si chiede, tutto ciò non si riesce ad applicare in Campania? Ci troviamo di fronte alla mancata applicazione di un decreto convertito in legge il cui effetto è quello di generare un'emergenza rifiuti che è una perfetta copertura per il traffico illecito di rifiuti tossici, che vede la Campania come terminale.
Nonostante il decreto Ronchi abbia sancito l'uso delle cosiddette «quattro erre» (riduzione, riutilizzo, riciclo e recupero) in Campania si continua ad assistere a tentativi di aprire discariche che andrebbero invece bonificate, alle quali, per colmo di sfacciataggine, si aggiungono dichiarazioni di politici che chiedono a viva voce termovalorizzatori subito, forse perché poco conoscono le tecnologie di trattamento dei rifiuti. In nessun caso si assiste a ordinanze commissariali volte a ridurre i rifiuti all'origine, a differenziare la raccolta, alla nascita di centri di riciclaggio. Finché le «quattro erre» resteranno solo sulla carta difficilmente la Campania supererà la sua condizione di emergenza, ed i ratti prolificheranno senza l'intervento risolutore da parte di un pifferaio magico.
Delle «erre» l'unica in vigore resta quella dei rifiuti. La politica campana è stata purtroppo impegnata altrove! Ritengo che sia giunto il tempo per la Campania di assumersi le proprie responsabilità e, in questo senso, nessun amministratore locale si deve trincerare dietro l'ombra o il pilastro della complicità centrale. Tutti, dal singolo ai partiti politici e ai sindacati, sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, nominare un altro commissario significa tornare indietro e consentire, nel momento in cui sarà indicata una scelta per una discarica, agli amministratori di protestare presso la provincia, la regione e contro il Governo e noi, in Campania, non decolleremo mai. Se, invece, avremo il coraggio di assumerci la responsabilità della gestione ordinaria, alla quale siano demandati i poteri e indicate le scadenze, potremo veramente fare un salto di qualità e restituire serenità ai cittadini campani che lavorano, producono e vogliono semplicemente essere rispettati dalle istituzioni come tutti i cittadini italiani.
Signor Presidente, ritengo che politicamente sia stato un grave errore affidare in questi anni la gestione dei rifiuti in Campania ad un commissario. A questo riguardo, il provvedimento in esame non prevede nulla di nuovo e di risolutivo, se non il persistere nell'errore. Questi, purtroppo, sono i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Azzolini. Ne ha facoltà.
CLAUDIO AZZOLINI. Signor Presidente, nella brevità del tempo concessomi desidero esprimere il mio apprezzamento nei confronti dei colleghi che hanno fornito a questa tematica un contributo di qualità e di impegno. Uno per tutti il collega Paolo Russo, non soltanto perché egli ha lavorato per ben cinque anni come presidente condiviso della Commissione di merito, ma anche perché su questa tematica ha inciso moltissimo il contributo qualitativo delle sue osservazioni. Non escludo dall'apprezzamento, che ha meritato anche l'onore delle armi, l'attuale maggioranza e i tanti colleghi come Gaetano Fasolino, Dussin e quant'altri hanno ritenuto di intervenire.
Per ragioni di tempo, mi rifaccio all'intervento svolto dall'onorevole Cacciari, Pag. 36dal quale mi differenzio solo per il voto finale, che evidentemente sarà contrario, e per la considerazione svolta sul commissario straordinario Bertolaso, un eccellente dirigente che è stato testimone di capacità gestionali e manageriali di tutto rispetto proprio perché chiamato a presiedere su una data materia: le calamità naturali. Quanto accade in Campania è, invece, del tutto innaturale. Pertanto, lo stesso Bertolaso si troverà impreparato nel dover affrontare una condizione ambientale del tutto «inquinata» e non naturale. Una volta, cari amici, si diceva «vedi Napoli e poi muori» ed era, questo, un invito a non privarsi della visione di una bellezza naturale. Oggi questo è un avviso ai naviganti: venendo a Napoli, fate attenzione perché l'inquinamento è tale che i soli napoletani, che ne sono ormai immunizzati, resistono, mentre gli avventori rischiano notevolmente quando non sono colpiti da qualche pallottola vagante a causa di regolamenti di conti per strada da parte della criminalità organizzata.
Cari amici, il provvedimento in esame è, a mio avviso, inadatto alla gravità della situazione. E quando dico «gravità» credo sia mio dovere richiamare l'attenzione dei colleghi, di maggioranza e di opposizione, della città Napoli e della Campania. Ritengo, infatti, che nessuno di noi possa considerare l'intervento legislativo che state per approvare esaustivo e, soprattutto, risolutivo di una tragedia che si protrae ormai da tredici anni, con quelle cifre che i colleghi hanno richiamato e con quelle gravi condizioni di inquinamento ambientale. Si tratta, quindi, di un'assunzione di responsabilità.
Noi ci siamo assunti la irresponsabilità di arrivare fino a questo punto. Mi sarei atteso che questo Parlamento, proprio per il principio di sussidiarietà, che tanto si va conclamando a destra e a manca, se ne fosse fatto carico in termini di direttiva strategica ed avesse lasciato alle responsabilità, locali ed ambientali, la propria assunzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Brusco, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cosenza. Ne ha facoltà.
GIULIA COSENZA. Signor Presidente, preannuncio il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale sul provvedimento in esame. Esprimo forte disagio nei riguardi di un decreto-legge che non soltanto non indica una soluzione per un problema gravissimo della regione Campania, ma con il quale si cerca di consegnare questa regione ad un commissariamento a vita e, soprattutto, si cerca di reiterare un alibi per una classe politica locale che ha fallito. E tale fallimento emerge proprio dal fatto che questo commissariamento, che ormai dura da troppo tempo, non è riuscito a dare delle risposte concrete al problema, tant'è vero che la nostra regione è sommersa da montagne di rifiuti e l'unica azione concreta posta in essere è stata quella di esportarli a peso d'oro.
Tutto ciò determina un disagio enorme per i cittadini campani e forse l'unica soluzione valida sarebbe stata quella di costruire i termovalorizzatori, che hanno il vantaggio di smaltire i rifiuti producendo basse emissioni e di produrre anche energia. Si è preferito, invece, generare un disastro ambientale e sanitario e sottostare alla delinquenza e alle ecomafie.
Non mi si venisse a dire, inoltre, che sono stati i cittadini a non volere i termovalorizzatori, perché se la popolazione fosse stata correttamente informata e coinvolta, oggi, forse, parleremmo in termini diversi di questo problema. È chiaro che la responsabilità è di una classe politica che non è stata capace e non ha voluto risolvere il problema. Lo stesso provvedimento in esame non contiene alcun cenno ad una soluzione vera e concreta, che consenta l'attuazione di un ciclo completo di smaltimento dei rifiuti.
Inoltre, non si fa altro che parlare di dove stoccare le montagne di rifiuti e se aprire questa nuova o quella vecchia discarica. Pag. 37Per risolvere questo problema c'è bisogno di qualcuno che se ne assuma la responsabilità. A tal fine, mi rivolgo al ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che però non è presente in aula, che ha titolo e dovere per indirizzare l'azione verso la realizzazione dei termovalorizzatori e la raccolta differenziata dei rifiuti.
Tutto ciò se venisse realizzato rappresenterebbe un primo passo diretto a restituire ai cittadini campani condizioni di vita civile e a dotare quella regione di una prima infrastruttura utile, a fronte di tutte le occasioni di modernizzazione e di sviluppo perse dal sud del paese, per salvaguardare l'ambiente (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolo Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, in queste settimane si è celebrato un vulnus alla Camera dei deputati, che è divenuta così una Camera minore, una Camera di ratifica, una Camera notarile.
Quello in esame è un provvedimento altalenante, imbarazzato, titubante, incerto, inutile e, quindi, dannoso. Avevamo chiesto di capire chi fa che cosa, ma, dopo dieci giorni di intenso dibattito, abbiamo compreso che il piano lo fanno un po' insieme quelli che non hanno avuto la capacità di farlo in questi anni. Colleghi, anche dal dibattito di quest'oggi, rispettosissimo e di grande qualità, è emersa la ragione per cui non si fa quel piano: perché su di esso ci sono posizioni le più diverse. Ci sono le posizioni, tutte rispettabili, contro e a favore dei termovalorizzatori, quelle a favore e quelle contro Acerra; tutte posizioni presenti insieme nella vostra maggioranza.
Ma soprattutto abbiamo assistito alla discussione di un provvedimento, quello in esame, che non offre soluzioni sulle grandi questioni qual è, appunto, quella di un piano che deve essere messo in campo presto da un'autorità unica, con strumenti straordinari e con certezza di percorso e di risorse. Tutto questo, purtroppo, manca. Abbiamo anche assistito ad un atteggiamento un po' tartufesco, un po' da struzzi.
Sappiamo tutti, sapete tutti che occorrono 550 milioni di euro per chiudere la fase debitoria del commissariato straordinario di Governo. Sapete tutti, sappiamo tutti che il commissariato costa, più o meno, 200 milioni di euro l'anno e vi rifugiate in una soluzione obiettivamente inenarrabile, con 20 milioni di euro che serviranno soltanto per qualche giorno: soltanto fino al 31 dicembre.
È di quest'oggi la notizia che la quarta sezione civile del tribunale di Napoli dovrà discutere di un risarcimento della Iacorossi al commissariato straordinario di Governo per l'emergenza rifiuti per ulteriori 80 milioni di euro mentre noi, con questo provvedimento, facciamo ancora finta che tutto va bene, che non vi è alcun problema di natura finanziaria ma, anzi, che se mai vi fosse un problema, questo andrebbe scaricato sulla Tarsu: 5 milioni di tonnellate di rifiuti sparsi un po' ovunque, 500 ettari per le cosiddette ecoballe, 500 siti, 800 aree da bonificare, 2400 lavoratori pagati per non far nulla, 150 sistemi diversi per fare raccolta differenziata (che raggiunge a stento il 6,5 per cento)!
Questo provvedimento non è un commissariamento su misura, perché impone condizioni di debolezza. Tale debolezza sta tutta nella pretesa intesa, nel preteso concerto, che diventerà un giogo fatto dalla politica dei fallimenti.
Si poteva mettere Bertolaso in grado di esercitare un'azione forte, con poteri certi, magari indicando degli obiettivi: si è preferito vincolare nell'azione il commissario, che diventa così succube del teatrino delle capacità politiche.
Abbiamo presentato degli emendamenti duali per stanare la maggioranza. Volevate che il piano lo facesse la regione: bene! Volevate che il piano lo facesse il commissariato: bene! L'unica cosa che non poteva accadere era di lasciare le cose come stanno, perché, in questo modo, nell'intesa-pretesa tra Ministero dell'ambiente, Pag. 38regione Campania e commissario abbiamo la certezza che nulla accadrà.
Inoltre, vi è la risibile vicenda degli ordini del giorno, che il più delle volte smentiscono il provvedimento nel tentativo impietoso di edulcorarne il contenuto rispetto al quale vi sono critiche severe da parte dell'intera medesima maggioranza: non parlatemi di solidarietà! La solidarietà, collega Francescato, quella finora espressa, è penosa. È quella solidarietà che fa pagare ai cittadini campani la Tarsu più alta d'Italia per trasferire i rifiuti talvolta nel mondo o in altre regioni d'Italia alla modica cifra di 200 euro a tonnellata: questa non è solidarietà, questi sono affari che nulla hanno a che vedere con la solidarietà!
Avremmo voluto partecipare a questo provvedimento indicando, accanto alle criticità espresse, delle soluzioni: non è stato possibile, ci è stato vietato!
Questo è un provvedimento muscolare, probabilmente più del Governo che non della maggioranza, del quale, ovviamente, vi assumete per intero ogni responsabilità. Non ci avete consentito di partecipare per rendere efficace un testo che non costituisce né exit, né strategy: non è né l'una né l'altra, perché non si esce dall'emergenza e non si vede una strategia.
Con questo provvedimento giustificate, in buona sostanza, quella che noi abbiamo definito «anestesia democratica», quel differenziale di efficacia che si traduce in clientele rispetto alla incapacità di risolvere i problemi.
Auguri, comunque, al direttore Bertolaso, il quale è posto di fronte ad una prova più difficile: la prova non di risolvere l'emergenza, bensì di risolverla contro il provvedimento che state approvando, nonostante il provvedimento che state approvando! Che possa bene operare, nonostante i freni, gli impedimenti, i trabocchetti, le difficoltà di questo scellerato provvedimento!
Questi giorni hanno fatto emergere le evidenti criticità, significate da tutti i partiti della maggioranza: i Comunisti Italiani hanno parlato di modifiche necessarie; i Verdi della consapevolezza di un percorso obbligato; Rifondazione Comunista contro gli inceneritori e surrogando il commissariato; Italia dei Valori contraria ai commissariamenti.
Insomma, da tutti abbiamo ascoltato critiche severe, ma da nessuna parte ci è venuta una mano per cambiare il provvedimento e renderlo efficace: la Camera dei deputati così è sconfitta! È sconfitta dal Governo, che la pone a ramo di ratifica; ma, più ancora, risultano sconfitti i cittadini campani, utilizzati su questa materia per clientele e consulenze, per facili appalti, abbandonati alla logica dei sistemi criminali e costretti alla tassa sui rifiuti più alta d'Italia con un servizio indecoroso ed imbarazzante per un paese civile. Per questo Forza Italia voterà contro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taglialatela. Ne ha facoltà.
MARCELLO TAGLIALATELA. Sapevamo benissimo che questo decreto-legge non sarebbe stato modificato dall'Assemblea della Camera dei deputati perché conosciamo l'esigenza di fondo che contraddistingue la maggioranza di centrosinistra in questa legislatura, legata non alla praticità ed efficienza dei provvedimenti, quanto piuttosto al tentativo di mettere ulteriori pezze a colori su un problema che si trascina da più di dieci anni e che contraddistingue in negativo tutti gli aspetti della vita economica, sociale e civile della regione Campania.
Sembra una fortuita coincidenza (purtroppo non lo è, perché per troppe circostanze spesso si è parlato dei problemi legati alla scellerata gestione economica del commissariato dei rifiuti negli anni precedenti), ma proprio oggi il principale quotidiano napoletano dedica un'intera pagina ad un provvedimento richiesto dalla Corte dei conti che sancisce la condanna del presidente Bassolino alla restituzione di 4 milioni di euro per spese legate ad una questione sollevata proprio ieri in quest'aula da parte del collega, onorevole Paolo Russo. La vicenda è legata Pag. 39alla creazione di un call center ambientale, con la rapida costituzione - immediatamente resa esecutiva - di una società, durante il periodo estivo di quattro anni fa (la società è la Pan), che è stata oggetto dell'interesse della procura generale della Corte dei conti. In questi anni l'inchiesta è andata avanti e oggi arriva la notizia di una richiesta di condanna al risarcimento.
Ovviamente, la questione ha importanza non tanto per gli aspetti precedenti, quanto piuttosto perché mi spinge a sottolineare il pericolo che anche in futuro possano verificarsi circostanze suscettibili di determinare ulteriori sprechi nell'ambito dei fondi a disposizione dello Stato e di ogni amministrazione pubblica (fondi che invece di essere utilizzati per risolvere i problemi dei territori vengono dilapidati nel modo che è stato accertato). È il motivo per il quale per il presidente attuale della regione, Antonio Bassolino, ex commissario della emergenza rifiuti, è richiesta una condanna alla restituzione di 4 milioni di euro per danno erariale. È una notizia di oggi: un'intera pagina di giornale è dedicata al problema.
Allora, sono convinto che, con il voto che verrà espresso di qui a qualche minuto, non avremo terminato di affrontare in quest'aula il problema dei rifiuti nella regione Campania. Il vostro provvedimento, infatti, è lacunoso e punta solamente a mettere una pezza a colori su problemi molto più gravi rispetto al tipo di soluzione ideata.
Questo è il motivo per il quale esprimeremo convintamente un voto contrario, sapendo bene che, di qui a qualche mese, sarete costretti a ritornare sui vostri passi e ad affrontare, ancora una volta, la questione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.
RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, a nome del gruppo dell'Ulivo preannuncio un voto favorevole sulla conversione in legge del decreto-legge in esame.
Vorrei aggiungere, però, alcune riflessioni in merito alle questioni sollevate in questi giorni. Intanto, anche noi dobbiamo ammettere che, quando lo Stato centrale e il suo Governo devono sostituirsi o affiancare legittimi organi di rappresentanza dei cittadini - siano essi comuni, province o regioni -, il meccanismo virtuoso che la nostra democrazia ha messo in atto e regolato con norme ben precise si inceppa. Così accade da tredici anni in Campania riguardo alla questione dei rifiuti.
È indubbio, quindi, che proprio in quest'aula sia necessaria una forte assunzione di responsabilità circa i poteri e le funzioni che, in situazioni di emergenza, il Governo attribuisce a figure commissariali, che devono concentrare autorevolezza, poteri straordinari e capacità di coinvolgere i soggetti locali. Tutto ciò è limitato a periodi definiti e vi devono essere obiettivi certi e verificabili.
Le scelte che il Governo e il Senato hanno operato per tentare di risolvere la situazione e di trovare una soluzione allo stato di forte degrado igienico-sanitario ed ambientale ci hanno convinti, per una serie di motivi che velocemente vorrei ribadire, non senza sottolineare le molte contraddizioni che, sia in Assemblea sia in Commissione, il centrodestra ha messo in fila.
Intanto, ci ha convinto la scelta di individuare la figura del commissario nel capo del Dipartimento della protezione civile e il peso di questa scelta: i poteri, oltre che l'organizzazione di cui dispone il Dipartimento, possono ampiamente garantire, oltre che affidabilità, capacità di approfondimento e mezzi, anche conoscenze tecnico-scientifiche.
Ci convince il limite temporale fissato, ossia il 31 dicembre 2007. Si è stabilito un periodo definito, che permetterà di verificare il lavoro prodotto, nonostante i richiami all'impossibilità di tale ipotesi che il centrodestra ha voluto ribadire ininterrottamente in queste ore, quasi augurandosi il fallimento di un tentativo - lo ribadiamo - opportuno e necessario. È qualcosa che richiama una responsabilità.Pag. 40
Ci convincono le motivazioni di urgenza e l'indicazione di prospettive, quelle di medio termine, le scelte riguardo alla raccolta differenziata, l'individuazione dei siti delle discariche e dei siti per l'assestamento delle cosiddette ecoballe.
Ci convince molto il coinvolgimento dei cittadini che, informati, dovranno essere parte del processo di definizione del ciclo dei rifiuti.
Ci convince il fatto che, ai fini dell'invarianza della spesa, siano previste dal commissario Bertolaso alcune misure per la riduzione della stessa.
Ci convince la ridefinizione delle condizioni di affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti, che fa seguito all'annullamento dell'attuale affidamento, sulla base delle migliori tecnologie disponibili, e anche il riferimento a successivi provvedimenti che si faranno carico di soluzioni progressive e successive.
Infine, ci convince che l'aggiornamento del piano regionale dei rifiuti da parte del commissario avvenga d'intesa con la regione Campania e con il Ministero dell'ambiente, sentiti le province e i comuni interessati all'emergenza.
Senso di responsabilità, conoscenze ed errori compiuti nelle esperienze precedenti permetteranno a tutti i soggetti in campo di dimostrare la reale - e sottolineo: reale - intenzione di avviare definitivamente a soluzione un problema che la discussione di questi giorni ha dimostrato anche essere originato da contrapposizioni politiche, da colpevolissima superficialità nei controlli, da scaricabarile intollerabili.
Oggi, tutti siamo chiamati a dare un contributo. Faremo un monitoraggio attento, chiederemo al Governo e al commissario di riferire periodicamente sull'andamento dei lavori, senza sconti per nessuno.
Comprendiamo, per aver assistito ad altre esperienze nazionali, l'utilizzo di procedure accelerate nella disponibilità che la legge offre al commissario e ci meraviglia lo scandalo che oggi sottolineano i colleghi del centrodestra, muti e consenzienti nella passata legislatura di fronte ad altrettante situazioni definite emergenziali che richiamavano queste prerogative.
Tutti i riferimenti a questioni morali e all'etica della responsabilità li rinviamo volentieri al mittente, per aver visto ogni tipo di interpretazione delle più numerose vicende in ordine ai fatti dell'ultima legislatura.
A questo punto, vale la pena di sottolineare, anche ai colleghi del centrodestra che hanno lavorato in queste giornate sul provvedimento, che forse sarebbe stato necessario mettere a frutto tutto questo zelo e questa approfondita ed esclusiva conoscenza dei processi nei tredici anni precedenti che - desidero ribadirlo - hanno visto scelte sbagliate, posizioni demagogiche, populismo, a partire dalle scelte del commissario Rastrelli nella definizione del piano regionale, nella predisposizione della gara per l'esecuzione dei termovalorizzatori e nell'utilizzo dei precari per la raccolta differenziata. A me risulta che, anche nella lotta politica campana, le contraddizioni non siano mancate neanche tra le vostre file, colleghi.
Oggi, assistiamo all'ennesima incoerenza (con l'eccezione del gruppo della Lega Nord), per cui al Senato tutte le forze politiche hanno contribuito a modificare il decreto-legge nella direzione di un maggior coinvolgimento degli enti locali e della regione, nella consapevolezza della necessità di approvare il provvedimento per il bene del territorio campano, senza negarne l'utilità, mentre qui alla Camera i colleghi appartenenti ai gruppi corrispondenti criticano le soluzioni proposte e mediate al Senato, rigettando in toto il provvedimento e, anzi, approfittando per ostacolarlo con ogni tipo di contumelia.
Insomma, le lezioni di buona amministrazione agli amministratori e lo sdegno su possibili future lottizzazioni politiche, tutta questa prudenza, purtroppo, non li avevamo ancora sentiti! Ma ne prendiamo atto, la sfida è seria.
Per quanto riguarda le denunce, le illazioni, i riferimenti ai numerosi illeciti che avete elencato, rispondiamo che vi sono gli organi competenti deputati al Pag. 41ruolo di controllo; rispettiamo il loro lavoro e da essi ci sentiamo pienamente garantiti.
Chiediamo ai colleghi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC di mettersi d'accordo anche con se stessi. Alcuni, nella passata legislatura - e sarebbe interessante rileggere le loro dichiarazioni in merito all'ultimo decreto di commissariamento varato soltanto nel 2005 - erano convinti assertori della necessità del commissariamento, che l'opposizione, per quanto riguarda i gruppi che oggi rappresento, sostenne con senso di responsabilità, seppure con alcuni distinguo.
Ad ogni modo, l'argomento è troppo grave e troppo serio perché lo si possa abbandonare all'esclusiva polemica politica. Siamo convinti che dall'ennesimo ed ultimo commissariamento debba scaturire una strategia di uscita definitiva dall'emergenza: lo dobbiamo ai cittadini campani.
Il degrado igienico-sanitario, quello ambientale, gli incroci con l'illegalità non sono degni di un paese civile. Il nostro compito - quello dello Stato centrale - deve essere di vigilare affinché ciò avvenga senza ulteriori dilazionamenti. Dalle Commissioni competenti offriamo un punto di osservazione periodico e costante, che potrà nei primi mesi ottenere eventuali provvedimenti aggiuntivi o correttivi.
Tutte le forze politiche sono chiamate a fare la loro parte con senso di responsabilità, per contribuire a individuare soluzioni che, coerentemente con quanto si è detto in questo dibattito, portino a un progetto definitivo per il compimento del ciclo dei rifiuti in Campania e taglino ogni possibilità al sistema illegale insinuatosi nell'ordinaria amministrazione del ciclo dei rifiuti.
Vi sono esempi virtuosi nel nostro paese e siamo certi che molti dei casi citati possano costituire un riferimento, così come anche molti piccoli comuni campani (circa 70), che già stanno superando il valore del 35 per cento della raccolta differenziata.
Ciò detto, vorrei anche lanciare un segnale di speranza. In Italia negli ultimi anni si sono compiuti importanti progressi in materia di rifiuti, a partire dal cosiddetto decreto legislativo Ronchi, che ha introdotto norme avanzate in raccordo con quelle europee sulla riduzione della produzione dei rifiuti, sulla raccolta differenziata, sul riuso, sul recupero, sul corretto smaltimento e sulla corretta pianificazione territoriale, sull'efficienza del servizio, sulla tutela dell'ambiente e della salute. Vorremmo che ciò iniziasse a funzionare anche in Campania e per questo motivo faremo tutto quanto in nostro potere (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori e Verdi - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
SALVATORE MARGIOTTA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALVATORE MARGIOTTA, Relatore. Signor Presidente, prima di procedere alla votazione finale sul provvedimento, desidero, anche a nome del presidente della VIII Commissione, Ermete Realacci, formulare alcuni ringraziamenti.
Desidero innanzitutto ringraziare tutti i componenti, di maggioranza e di opposizione, della Commissione ambiente, per il sereno ed approfondito lavoro svolto in sede referente. In secondo luogo, vorrei ringraziare tutti i deputati intervenuti in Assemblea, anche in questo caso sia della maggioranza sia dell'opposizione, perché, pur nell'asprezza del confronto, il tono, a mio avviso, è stato sempre corretto e costruttivo.
In terzo luogo, desidero ringraziare il sottosegretario D'Andrea per il lavoro svolto e per la costante attenzione prestata in sede sia di Commissione, sia di Assemblea al decreto-legge in esame. Per ultimi, voglio ringraziare gli uffici della VIII Commissione, i quali, come sempre, si sono dimostrati efficienti e disponibili; in particolare, ringrazio i consiglieri dottor Polverari e dottoressa Rinella.Pag. 42
Stiamo per approvare, signor Presidente, un provvedimento importante, di cui dobbiamo essere orgogliosi, poiché avvia il superamento di una delle più importanti emergenze avvertite in Campania. La Commissione ambiente sarà impegnata, nei prossimi mesi, a monitorarne i risultati, a valutarne gli effetti e, se necessario, ad intervenire. La ringrazio, signor Presidente.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1922)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1922, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione - Commenti).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
(S. 1069 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania) (Approvato dal Senato) (1922):
(Presenti e votanti 485
Maggioranza 243
Hanno votato sì 266
Hanno votato no 219).
Prendo atto che i deputati Osvaldo Napoli, Stradella e Berruti hanno erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto, altresì, che i deputati Del Bue, Barani e Buontempo non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere un voto contrario.
Prendo atto, infine, che gli onorevoli Monaco e Ottone non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
ANTONIO LEONE. Applausi a Paolo Russo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
Sull'ordine dei lavori (ore 12,44).
PRESIDENTE. Con riferimento al punto 3 dell'ordine del giorno, concernente una deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione, faccio presente che, essendo convocato l'Ufficio di Presidenza per le 12,30 al fine della deliberazione della relativa proposta, l'Assemblea esaminerà la questione nell'ulteriore corso della mattinata, successivamente a tale riunione.
Seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00043, Airaghi ed altri n. 1-00047, Sanza ed altri n. 1-00064, Attili ed altri n. 1-00065 e Volontè ed altri n. 1-00066 sulle iniziative volte a prevedere il trasferimento della compagnia aerea Alitalia a Milano e sul ruolo dell'aeroporto di Malpensa (ore 12,45).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00043, Airaghi ed altri n. 1-00047, Sanza ed altri n. 1-00064, Attili ed altri n. 1-00065 e Volontè ed altri n. 1-00066 sulle iniziative volte a prevedere il trasferimento della compagnia aerea Alitalia a Milano e sul ruolo dell'aeroporto di Malpensa (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta del 27 novembre 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Ricordo inoltre che, in data 28 novembre, dopo la presentazione della mozione Attili ed altri n. 1-00065, sono state ritirate le mozioni Pedrini ed altri n. 1-00023, Attili ed altri n. 1-00055, Mario Ricci ed Pag. 43altri n. 1-00056, Bonelli ed altri n. 1-00058 e Picano ed altri n. 1-00060 e che, in data 29 novembre, è stata ritirata la mozione Volontè ed altri n. 1-00051 ed è stata presentata la mozione Volontè ed altri n. 1-00066.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il viceministro dei trasporti, onorevole De Piccoli, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. Signor Presidente (Commenti)...
PRESIDENTE. Se inizia, vedrà che...
CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. So che devo conquistare il silenzio, signor Presidente!
Onorevoli colleghi, con riferimento alla discussione che si è svolta a seguito della presentazione delle mozioni all'ordine del giorno, vorrei osservare che gli interventi risentivano sicuramente di una polemica che si era aperta alla ripresa dei lavori parlamentari, dopo il periodo estivo, soprattutto per quanto riguardava la finalità, l'utilizzo e le funzioni di due importanti aeroporti nazionali, vale a dire Fiumicino e Malpensa.
Signor Presidente, vorrei essere messo nelle condizioni di svolgere il mio intervento (Commenti)...!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per favore!
Prego, viceministro De Piccoli, prosegua pure il suo intervento.
CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. Come stavo dicendo, signor Presidente, gli interventi svolti nel corso della discussione sulle linee generali delle mozioni presentate risentivano di una polemica che si era determinata dopo il periodo estivo, soprattutto per quanto concerneva le finalità di due importanti scali aeroportuali nazionali, quali Fiumicino e Malpensa.
In verità, ciò metteva in evidenza le specificità - o, per alcuni, anche le anomalie - del nostro sistema aeroportuale, le quali lo rendono differente dai sistemi di altri paesi. Voglio evidenziare che, in altre realtà, esiste un sistema veramente molto semplice: nella sostanza, vi è un vettore aereo di gran lunga prevalente, il quale svolge circa il 70 per cento del traffico aereo. Ciò si verifica in Francia, in Germania, in Gran Bretagna ed in Spagna. L'attività del vettore nazionale prevalente, inoltre, si incentra su uno scalo aeroportuale che potremmo definire hub. Sotto questo punto di vista, dunque, il sistema presenta una asimmetria ed anche una certa semplicità.
Le condizioni storiche del nostro paese hanno condotto, invece, ad una significativa differenziazione. Noi, infatti, abbiamo diversi scali aeroportuali, i quali rivestono una loro valenza ed una loro importanza. I più importanti sono imperniati su Fiumicino e Malpensa, ma sono d'accordo con la formulazione utilizzata, nel corso della precedente dibattito, dall'onorevole Attili: essi, infatti, sono hub «potenziali», ma non sono hub veri e propri, se confrontati con l'esperienza di altri importanti scali dei paesi che ho testé richiamato.
Sappiamo, inoltre, che vi è una situazione differente rispetto a questi paesi anche per quanto riguarda il trasporto aereo e le compagnie nazionali che svolgono tale attività. Infatti, con il superamento della logica del monopolio e la liberalizzazione del trasporto aereo, l'Alitalia (che era non solo la compagnia di bandiera, ma aveva anche un ruolo di monopolista) è scesa da circa l'80 per cento del trasporto ante liberalizzazione ad un'attività che, attualmente, risulta essere inferiore al 50 per cento.
Esiste, pertanto, una situazione differente rispetto agli altri paesi sia dal lato del sistema aeroportuale, sia da quello dei vettori di traffico. Da questo punto di vista, allora, condivido alcune parti degli interventi svolti nel corso della discussione Pag. 44sulle linee generali delle mozioni presentate. Ci pare abbastanza fuori luogo, infatti, aprire una polemica che contrapponga Fiumicino a Malpensa.
Sotto questo profilo, ci sembra una forzatura anche il fatto di piegare le logiche di una compagnia al fine di indurla ad operare su uno scalo in alternativa ad un altro, perché ciò, per l'appunto, aprirebbe inevitabilmente una polemica nella quale prenderebbero sempre di più il sopravvento gli aspetti locali e territoriali rispetto a quelli relativi alla funzionalità del trasporto aereo. Mi sembra, quindi, che convenga individuare, sulla base di ragioni veramente attinenti al trasporto aereo, quali siano i punti deboli del sistema da questo punto di vista.
Per quanto riguarda lo scalo Malpensa, ad esempio, esiste sicuramente una difficoltà in ordine al sistema dei collegamenti terrestri. Mi riferisco, in altri termini, alla possibilità di accedere all'aeroporto attraverso sia le ferrovie sia le strade con modalità e tempi abbastanza celeri; quindi, vi è indubbiamente una penalizzazione di tale aeroporto, e ciò chiama in causa ritardi infrastrutturali che ai colleghi sono sicuramente presenti.
Esiste, inoltre, anche un problema concernente la movimentazione degli aerei nei piazzali. Sappiamo, infatti, che la configurazione progettuale di Malpensa vede due piste che si incrociano, e ciò determina alcune difficoltà per quanto riguarda la operatività dei mezzi.
Per quanto riguarda Fiumicino, sicuramente c'è il problema di un maggiore potenziamento, considerata la domanda, e ad esso sarà sicuramente data una risposta positiva con la realizzazione del molo «C», già in corso di progettazione.
Quindi, cercherei le motivazioni che portano ad una sofferenza del nostro sistema aeroportuale partendo da un dato immodificabile, quello della necessità di avere non un solo hub ma più aeroporti, cioè quelli di Fiumicino, Malpensa, Linate, Venezia, Torino e Catania, che già sono una realtà, oltre a quelli di tante altre città. Tutto questo porterà, anziché all'accentramento su di un solo aeroporto, ad una programmazione di sistema. È volontà del Governo, nell'ambito dell'aggiornamento del piano dei trasporti e della mobilità, presentare quanto prima al Parlamento le linee guida per tutelare il sistema aeroportuale nazionale ed evitare, quindi, una contrapposizione che presenta gli elementi critici che richiamavo. Con questo, rispondo positivamente non solo alle polemiche che si erano innescate, ma anche alle iniziative assunte dal sindaco di Roma, Veltroni, e di Milano, Moratti, che auspicano di trovare una collaborazione per valorizzare fino in fondo questo sistema infrastrutturale importante, non certo in una logica di contrapposizione tra le due principali città italiane.
Sicuramente, la discussione risentiva anche del fatto che nello stesso momento era aperta la discussione sul futuro di Alitalia. È indubbio che, da questo punto di vista, vi sono alcune novità sicuramente rilevanti, che l'Assemblea potrà apprezzare e valutare nella sua autonomia. Nella riunione del Consiglio dei ministri, lo scorso venerdì, il Governo ha assunto la decisione, che ritengo importante, di avviare un processo che porterà alla privatizzazione di Alitalia. Le scadenze sono state delineate anche ieri dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in una nota ufficiale. È in corso l'attività preparatoria che porterà all'individuazione dell'advisor che dovrà gestire la collocazione sul mercato di una importante quota azionaria, pari al 30,1 per cento, della proprietà della compagnia. In base alle regole del sistema finanziario nazionale, questo obbligherà ad una OPA totalitaria. Seguirà la predisposizione del bando di gara, che definirà le modalità di aggiudicazione. Ci si augura che, complessivamente, questa operazione possa concludersi entro la primavera. Dal momento che una parte delle mozioni, e anche la discussione che si è svolta la scorsa settimana, intrecciano, per un giusto elemento di simmetria, l'andamento del sistema aeroportuale con il futuro di Alitalia, ritengo che questa novità debba essere valutata in tutta la sua portata, anche in relazione al sistema aeroportuale. Pag. 45Credo che tutti noi siamo interessati alle garanzie che avremo dalla privatizzazione di Alitalia...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, un po' di silenzio, per favore.
Prego, viceministro De Piccoli, prosegua pure il suo intervento.
CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. È indubbio, a questo proposito, che una garanzia sarà costituita dal fatto che il nuovo soggetto imprenditoriale operi nell'interesse del sistema paese e garantisca il servizio in tutta la realtà nazionale. Dovrà essere un soggetto dotato, anche per le modalità di vendita del pacchetto azionario, di una sua forza dal punto di vista finanziario, affinché possa sostenere l'operazione di acquisto dell'intero pacchetto di Alitalia. Dovrà essere, inoltre, un soggetto forte e credibile anche dal punto di vista imprenditoriale, perché questa operazione è anche, ma non soltanto, una operazione finanziaria. Quindi, oltre a dover prestare garanzie da quest'ultimo punto di vista, dovrà presentare un piano industriale in grado di creare le condizioni perché Alitalia non soltanto esca dalla crisi ma diventi davvero, se non la compagnia di bandiera, un operatore nazionale in grado di tutelare fino in fondo gli interessi del sistema paese, almeno al pari di quanto è accaduto negli altri paesi in cui si sono verificati processi di liberalizzazione. Quindi, questo soggetto dovrà dare garanzie - non dico paletti o altro - anche dal punto di vista sociale, perché Alitalia è una grande impresa che ha responsabilità sociali per quanto riguarda le maestranze. Credo che anche questo elemento debba essere tenuto in considerazione.
Mi sembra giusto, dunque, considerare in questa discussione, piuttosto che una contrapposizione tra Fiumicino e Malpensa, la misura nella quale il futuro di Alitalia, simmetricamente, possa contribuire anche al funzionamento di un sistema aeroportuale efficiente e moderno. Tale sistema deve essere in grado di rispondere sia alla domanda proveniente dal nord Italia, relativa soprattutto al traffico business, in questo momento influenzato da altri aeroporti, sia a quella proveniente dalla capitale, relativa ad un traffico sicuramente non solo turistico, poiché questa città, in virtù della sua centralità, svolge un ruolo importante nel nostro paese. Mi sembrano questi gli elementi sui quali la nostra riflessione si dovrebbe incentrare. Come ripeto, il Governo, quanto prima, si presenterà con proprie proposte relative al sistema aeroportuale nazionale, rispondendo alle preoccupazioni che avevano mosso alla presentazione di una serie di mozioni. Inoltre, potrà dare garanzie affinché il percorso che porterà alla privatizzazione di Alitalia sia chiaro, come chiare dovranno essere le prerogative del Governo nella gestione di questa operazione. Il Parlamento sarà informato e consultato, sia attraverso le Commissioni parlamentari interessate, sia attraverso l'Assemblea. Nessuna decisione sarà assunta unilateralmente. È interesse del Governo che questo percorso sia seguito nella maniera quanto più trasparente possibile perché tutti noi abbiamo interesse ad avere una compagnia che torni a produrre valore e risponda positivamente alle preoccupazioni che hanno mosso alla presentazione delle mozioni.
Su questa base, signor Presidente, esprimo il parere del Governo sulle mozioni che sono state presentate. Per quanto riguarda la mozione Maroni ed altri n. 1-00043 e la mozione Airaghi ed altri n. 1-00047, il parere del Governo è contrario.
La mozione Sanza ed altri n. 1-00064, essendo di diverso tenore, ove ci fosse il tempo necessario si presterebbe a varie riformulazioni, soprattutto nelle parti che impegnano il Governo; ciò non vale per le motivazioni che, francamente, non condividiamo. Se questa è la logica che la ispira, credo che in momenti successivi si potranno trovare anche alcuni punti di intesa. In questo momento, tuttavia, il Governo non può esprimere parere favorevole su questa mozione.
Per quanto riguarda la mozione Attili ed altri n. 1-00065, il parere è favorevole, a condizione di due riformulazioni. In particolare, al punto e) si propone di Pag. 46sopprimere la parte che recita: «nonché un esame e una verifica delle possibilità di», lasciando invariata la seguente parte che recita: «realizzare a Malpensa una appropriata base di armamento».
Per quanto riguarda il quarto capoverso, si propone di modificarlo nel modo seguente: «a mantenere la presenza pubblica nella compagnia e a garantire che le modifiche dell'attuale assetto societario in Alitalia siano accompagnate da un ampio dibattito parlamentare».
Se vengono accolte tali riformulazioni, il parere del Governo è favorevole.
Per quanto riguarda la mozione Volontè ed altri n. 1-00066, il parere relativo al dispositivo è favorevole.
PRESIDENTE. Signor rappresentante del Governo, dovrebbe esprimere il parere anche sulle premesse della mozione Volontè ed altri n. 1-00066.
CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. Signor Presidente, la valutazione politica riguardava soprattutto la parte dispositiva, ma, complessivamente, il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Sta bene.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Constato l'assenza del deputato Beltrandi, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto; si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.
ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, con soddisfazione abbiamo ascoltato le dichiarazioni del Governo, che ha espresso un parere favorevole sulla mozione che abbiamo presentato.
Condividiamo il fatto che il dualismo tra l'aeroporto di Fiumicino e quello di Malpensa sia una battaglia di campanile, piuttosto che una necessità di rilancio dei due aeroporti, che sicuramente possono avviare una collaborazione e una complementarietà, non solo come aeroporti di interesse nazionale, ma anche per il loro ruolo internazionale e per cercare di ottimizzare il traffico nel nostro paese. Credo che ci sia bisogno non solo di valorizzare l'interconnessione tra i due aeroporti, ma anche di potenziare le infrastrutture che servono tali aeroporti.
Certamente, oggi, al di là di un apprezzamento per la valutazione favorevole del Governo rispetto a questa mozione, il dibattito interessa molto di più la necessità di un rilancio della compagnia Alitalia, che sta attraversando una grave crisi ormai da molti anni.
La decisione del Governo di avviare una privatizzazione di Alitalia risponde non soltanto alla necessità di introdurre nel nostro paese elementi sempre più forti di liberalizzazione e di concorrenza, ma anche alle necessità del panorama internazionale in cui si muove il trasporto aereo.
Credo che non sfugga ad alcuno che, al di là della necessità di avviare una fase di mercato concorrenziale in questo settore, la globalizzazione aveva già introdotto nel mercato aereo internazionale e mondiale una concorrenza che si era sviluppata soprattutto con le compagnie low cost.
Noi ci dobbiamo muovere sulla scia dell'Europa, avviando in questo settore le liberalizzazioni e la concorrenza del mercato. Ci deve stimolare, soprattutto, non la garanzia di mantenere una compagnia di bandiera, ma la possibilità di avere un operatore nazionale che sia sul mercato con la capacità di perseguire l'interesse primario di garantire al consumatore un prezzo sempre più equo. Credo che l'interesse del consumatore non sia quello di avere la bandierina, ma di avere e di aumentare la possibilità di spostarsi all'interno del suo paese e a livello internazionale con tariffe adeguate. Credo che questo sia l'interesse del consumatore.
La proposta di mettere in vendita le quote della compagnia Alitalia risponde proprio a questi criteri e, soprattutto, al criterio europeo di avviare, anche in questo Pag. 47settore, non solo la liberalizzazione, ma anche la possibilità di concorrenza.
Si tratta di un passaggio importante per questo settore, che, mantenendo l'operatore nazionale e prestando molta attenzione nella vendita delle quote azionarie, quindi nel lancio dell'OPA, deve garantire il più possibile l'aspetto sociale relativo all'occupazione. Si deve fare anche in modo che la compagnia, nell'avviare una fase di partenariato con altre compagnie internazionali, non diventi soltanto marginale rispetto a tali compagnie.
Credo che il Governo, nei prossimi giorni, nell'avviare la gara per mettere in vendita le azioni di Alitalia, debba garantire la concorrenza, la liberalizzazione e, soprattutto, l'aspetto sociale dell'occupazione, evitando che l'operatore nazionale diventi un operatore marginalizzato rispetto agli interessi generali del paese. È vero che oggi non possiamo continuare a mantenere una compagnia di bandiera, ma non possiamo nemmeno immaginare di farla diventare una succursale di qualche compagnia internazionale [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ieri abbiamo chiesto alla Presidenza - non abbiamo motivo di dubitare che essa si sia attivata in tal senso -, di provvedere affinché sia differito l'orario di convocazione delle Commissioni bicamerali, se convocate in concomitanza con i lavori dell'Assemblea che prevedono votazioni.
Almeno per quanto di nostra conoscenza, la Commissione antimafia è convocata per le 13,30 e penso che debba essere aggiornata alla fine dei lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, vi è già stata una comunicazione e la Commissione differirà l'inizio dei suoi lavori.
ROBERTO MARONI. Chiedo di parlare per un chiarimento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO MARONI. Vorrei chiedere una precisazione sulla riformulazione proposta dal rappresentante del Governo, relativamente alla mozione Attili ed altri n. 1-00065, quando chiede di sostituire le parole: «a mantenere il controllo pubblico della compagnia», con le seguenti: «mantenere la presenza pubblica nella compagnia».
Da notizie di stampa ho appreso che l'intenzione del Governo è quella di privatizzare completamente la compagnia Alitalia. Quindi, vorrei capire se c'è un ripensamento e un diverso orientamento, se e come le due cose possano essere conciliate, o se, invece, non è vero che si vada verso la privatizzazione della compagnia.
PRESIDENTE. Il Governo intende intervenire?
CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. Signor Presidente, senza entrare nel merito, non avendone la competenza specifica, credo che la questione sarà gestita soprattutto dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Credo che l'accettare questo capoverso, con le relative riformulazioni, sia, da questo punto di vista, un elemento di indirizzo. Infatti, sappiamo cosa significa, onorevole Maroni, «mantenere il controllo» in termini societari; certamente, «mantenere una presenza» ha un significato diverso: a quel punto, si tratterebbe di una presenza minoritaria, in quanto cedendo, relativamente al pacchetto azionario del 49 per cento, cui fa parte la presenza pubblica, il 30,1 per cento, significa che questo nuovo soggetto avrà il controllo della compagnia. Poi, le modalità saranno da definire, ma credo che il senso sia evidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
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ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, oggi discutiamo sulla questione Alitalia che quest'Assemblea, negli ultimi quindici anni, ha ripetutamente affrontato.
Le notizie di stampa di questi giorni e di queste ore e la risposta che abbiamo ricevuto qualche secondo fa dal viceministro non ci rassicurano, perché esiste un elemento di ambiguità che, comunque, ha contraddistinto l'azione dell'attuale Governo e le dichiarazioni di voto che abbiamo ascoltato poc'anzi sulle mozioni.
Abbiamo chiesto di introdurre questo dibattito, perché oggi si presentava l'occasione di compiere una scelta definitiva ed irreversibile rispetto ad un modello europeo inequivocabile. Le mozioni che sono state presentate (quella del gruppo dell'UDC, sulla quale è stato espresso parere favorevole, e quella, con riformulazione, presentata dal gruppo dell'Ulivo), non sciolgono l'ambiguità di fondo del sistema aeroportuale italiano, ossia quello di insistere, per ragioni politiche, su un sistema a due hub.
Per il Governo, si presentava l'occasione di precedere in una direzione diversa: una scelta, non di campanilismo politico, ma industriale, che si svincolasse da scelte puramente politiche che vedevano, in maniera assolutamente antistorica, la concentrazione dei voli business sull'aeroporto di Fiumicino, per il semplice motivo che è l'aeroporto della capitale del paese e per un motivo mai confessato dal sindaco di questa città, ossia di mantenere un indotto di tipo elettoralistico, visto che i dipendenti di Alitalia sono soprattutto residenti nella regione Lazio e nella provincia di Roma; quindi, la contesa è politica e non industriale!
La gravità di non voler sciogliere, per l'ennesima volta, il dubbio di fondo che il sistema industriale non si può reggere su un sistema duale, ancora oggi, è emersa.
Non mi si parli della privatizzazione di Alitalia, o del partner asiatico, o del partner forte europeo, Air France. Le questioni principali sono legate a scelte che, ancora una volta, non garantiscono quanto era stato sottoscritto nel piano industriale, qualche tempo fa, nel quale si individuava Malpensa come base d'armamento strategico.
Nella mozione del gruppo dell'Ulivo si continua a mantenere un atteggiamento interlocutorio che non scioglie la ragione di fondo.
Gli impegni che avevamo chiesto nella mozione sottoposta all'Assemblea avevano ragioni di fondo non tanto di natura politica (che, naturalmente, non possono essere trascurati), quanto di carattere industriale.
La questione fondamentale di carattere industriale riguarda il fatto che tutti i sistemi hub, quelli efficienti, si basano su un legame forte tra una compagnia aerea ed un aeroporto di riferimento. Possiamo richiamare alcuni esempi storici che sono il nostro modello, come Air France.
Qualche tempo fa, quando quest'aula votò, con i soli voti contrari del gruppo della Lega Nord (ma vi fu un accordo bipartisan), sul prestito ponte per salvare Alitalia, tutti guardarono a Parigi come al riferimento di salvezza. Invece, questo paese ci ha abituati a scelte che oggi vengono messe oltre la linea rossa del fallimento, verso altre mete. Si è parlato del partner asiatico, si è individuato il partner Air France, ma con un rapporto diverso rispetto a quello che era prospettato alla base del prestito ponte, si è parlato dell'accordo in sede europea e di tutte le condizioni di ricapitalizzazione che erano alla base degli sprechi del denaro pubblico che abbiamo visto; ma l'ultimo carrozzone italico ha continuato a sopravvivere fuori mercato!
Quindi, rivolgiamo al Governo l'invito a non trascurare la possibilità di cambiare opinione, per dire che non è vero che esiste un campanilismo di carattere politico tra Roma e Milano! Esiste, invece, una realtà industriale che è contraddistinta da un modello, come quello francese, come quello britannico, come quello tedesco, che vedono, comunque, un rapporto principale di riferimento! La provocazione (ma, in fondo, non lo è) di dire che, rispetto a quel modello, si trasferisce tutta la flotta, spostandola verso Milano Pag. 49Malpensa, è la scelta di fondo di qualunque piano industriale, che possa ammettere o no diverse dosi di privatizzazioni!
È notizia di oggi che il partner europeo considera, come condizione primaria, quello di avere un solo hub di riferimento. E dove vogliono i manager francesi l'hub di riferimento? A Roma, quando, in ogni caso, l'incremento di traffico sulla capitale è «drogato» (permettetemi il termine che non vuole essere offensivo), per una serie di atti legislativi che vanno distribuendo il traffico tra Milano Malpensa, di lunga destinazione, e Linate, di transito, in ragione del traffico della capitale, per riempire i dati europei di passeggeri che, di fatto, potrebbero non esistere, se il mercato fosse realmente libero?
Andiamo a dimostrarlo! Nel 2005 vi è stato un aumento di traffico del 5,8 per cento dell'aeroporto Milano Malpensa, quando la media europea è del 4,9; nei primi sette mesi del 2006, vi è stato un aumento di traffico dell'11 per cento, quindi, diventando l'aeroporto di Milano Malpensa il primo hub europeo, come aumento percentuale del traffico passeggeri.
Dove si colloca Malpensa rispetto a Fiumicino (è un dato che ne fa una questione industriale e non politica)? Londra ha come passeggeri in transito il 35,9 per cento, Madrid il 35, Parigi il 32 e Milano il 34 per cento: è la dimostrazione che alla base vi è una posizione favorevole sul piano geografico (perché le principali rotte intercontinentali volano sopra la Siberia e sopra l'alto Atlantico). Alla base della maggiore convenienza che si ha nel partire da Milano Malpensa vi è una ragione assolutamente geografica.
Ma non basta essere parlamentari per rendersi conto che, negli ultimi anni, contraddicendo il piano industriale da parte di Alitalia, la scelta, per motivi politici, è stata di mantenere la posizione con l'offerta di volo su Fiumicino, contraddicendo le ragioni industriali, sventolando ogni volta (e con ciò, compiendo scelte, evidentemente, non industriali) la necessità dell'intervento pubblico.
Quindi, pubblico o non pubblico, oggi si chiede al Governo di far seguire alle dichiarazioni gli atti conseguenti; la Lega sarà lì a giudicare severamente quanto sarà reale un intervento di natura industriale, nelle forme che proporrete.
Oggi, chiedo formalmente al Governo di cambiare parere e compiere un atto di coraggio politico, per mettere al centro del sistema aeroportuale nazionale l'hub nel quale si vende il 70 per cento dei biglietti, ossia dove c'è mercato!
Se il centrosinistra prende un'altra strada, significa che sottostà a logiche politiche antistoriche e ne pagherà le conseguenze (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.
MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, desidero sottolineare che, nonostante quanto anche oggi il Governo ha cercato di dimostrare, la nostra mozione non deve essere vista assolutamente come una mozione campanilistica. Innanzitutto, non si tratta di un atto contro il Governo, né di una scelta di destra o di sinistra, né tanto meno di una sfida nord contro sud. Con la nostra mozione non si vuole dar vita al derby Milano-Roma, ma si intende rafforzare il sistema Alitalia, puntando sull'unica struttura che, per la sua collocazione e vocazione, è veramente in grado di competere con gli altri hub europei.
Pertanto, contesto il continuo tentativo di far apparire questa divisione tra Milano e Roma, anche ricordando quanto in sede di discussione sulle linee generali un collega di sinistra ha cercato di provocare dicendo che, visto che io ho scelto Malpensa, bisogna vedere se il collega Alemanno sarà d'accordo con tale posizione.
Certo tutti riconoscono - sia di destra sia di sinistra - il grande attaccamento del collega Alemanno e la sua giusta difesa del proprio territorio, cioè di Roma, ma occorre ricordare che, proprio il 25 novembre ultimo scorso, a Busto Arsizio, Gianni Alemanno, intervenendo in una manifestazione organizzata contro la finanziaria, ha affermato che Malpensa Pag. 50deve crescere. Ciò avviene in quanto l'onorevole Alemanno, con l'intelligenza e la capacità politica che lo contraddistinguono, riconosce che l'Alitalia ha bisogno di Malpensa molto più di quanto Malpensa abbia bisogno dell'Alitalia.
Infatti, la collocazione geografica di Malpensa nella zona più ricca del paese e verso le rotte polari per i paesi dell'Estremo Oriente e del Nord America, attribuisce a tale aeroporto la possibilità di essere uno scalo importante anche per altre compagnie aeree e non solo per l'Alitalia.
Non si possono ricondurre tutti i problemi dell'Alitalia - come qualcuno ha affermato - all'aeroporto di Malpensa, in quanto i problemi di tale azienda sono ben altri, a partire dall'eccessiva sindacalizzazione, dalla cristallizzazione di privilegi inaccettabili e di corporativismi, fino all'assenza da anni degli indispensabili investimenti per il rinnovo di una flotta ormai obsoleta che non le consente di competere a livello internazionale.
È un dato di fatto che per il rilancio dell'Alitalia si deve puntare sugli unici biglietti - quelli business - che veramente possono garantire un vantaggio e una competitività. Tali biglietti, ovviamente, possono essere venduti solo nel nord d'Italia, come dimostrato dalle cifre indicate nella nostra mozione. Pertanto, vorrei capire perché il Governo ha espresso parere negativo sul dispositivo della nostra mozione che reca tali dati. Infatti, la sola Lombardia ha un prodotto interno lordo pari a quello dell'intera Olanda, concentra ben il 36 per cento di tutto l'import nazionale e il 28,5 per cento dell'export italiano; inoltre, il 51 per cento degli investimenti esteri in Italia è proprio in Lombardia.
Allora, la sfida non è tra nord e sud o tra Roma e Milano; infatti, nessuno vuole danneggiare Fiumicino, che è un aeroporto assolutamente importante nel panorama italiano, che vive soprattutto sul traffico relativo all'attività governativa e amministrativa del paese e alla presenza nella capitale della Città del Vaticano. Quindi, non è un derby Milano-Roma, ma è una sfida tra chi ha una visione aziendalista e chi mantiene ancora una visione assistenziale e clientelare nella gestione delle aziende.
Abbiamo chiesto al Governo di assumere una posizione intelligente per il salvataggio concreto dell'Alitalia, ma la risposta del Governo ci conferma che la visione dell'esecutivo è ancora assistenziale e clientelare. Attraverso la nostra mozione sollecitiamo invece una scelta nell'interesse dell'Alitalia che inevitabilmente si concentra su Malpensa (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Informo i colleghi che vi sono ancora altri sette deputati che hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto e che, nonostante i tempi contingentati, le votazioni sulle mozioni non si svolgeranno prima delle 14,30. Vi invito, se possibile, alla massima concisione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.
GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, concordo con quanto affermato dal collega Airaghi e vorrei aggiungere alcune considerazioni.
L'attuale sistema aeroportuale nazionale è fondato su due grandi hub intercontinentali, Malpensa e Fiumicino, e ciò costituisce una delle cause delle difficoltà gestionali dell'Alitalia, non avendo la compagnia di bandiera le risorse e la flotta sufficienti per il contemporaneo sfruttamento delle potenzialità di questi due hub.
Tuttavia, occorre precisare che l'aeroporto di Malpensa è anche uno dei centri di distribuzione più importanti in Europa; sono infatti 38 le destinazioni servite da questo hub, che ne fanno il quinto hub per importanza del continente europeo, dopo Francoforte, Heathrow ed altri aeroporti.
Il numero di passeggeri dell'aeroporto di Malpensa è passato da 3,9 milioni nel 1997 a 19,6 milioni nel 2005, facendo registrare una variazione del 400 per cento, contro una variazione del 26,6 per cento registrata nello stesso periodo di tempo nell'aeroporto di Roma Fiumicino. Pag. 51È una crescita, quella di Malpensa, confermata anche dai positivi risultati, vicini all'11 per cento dei primi sei mesi del 2006.
Le allarmanti notizie, diffuse in questi giorni dalla stampa nazionale, in merito alla proposta del ministro dei beni e delle attività culturali di puntare sullo sviluppo del solo hub di Fiumicino, dove concentrare tutti i voli intercontinentali, hanno suscitato profonde incertezze non solo sul futuro dell'Alitalia, dal momento che la compagnia di riferimento ha su Malpensa il 50 per cento del proprio traffico.
Nel confronto con l'aeroporto di Fiumicino emerge, infatti, che il sistema imprenditoriale del nord è caratterizzato da un numero assai maggiore di imprese; si tratta di un dato di mercato confermato dal fatto che circa il 75 per cento dei biglietti aerei è staccato nel nord-ovest del paese.
Inoltre, non è concepibile che la crisi dell'Alitalia - la prima compagnia aerea di riferimento nazionale - possa ostacolare lo sviluppo economico e infrastrutturale del paese. La crescita dell'aeroporto di Malpensa è legata, infatti, alla realizzazione dei collegamenti stradali, tangenziali e autostradali dell'hinterland milanese e rappresenta una grande opportunità di sviluppo non solo dell'area lombarda, ma dell'intero nord, che rappresenta la locomotiva economica dell'intero paese.
I problemi dell'Alitalia non possano essere ricondotti all'apertura di Malpensa, quando ben altri fattori contestuali hanno pesato sull'Alitalia. Si pensi all'eccessiva sindacalizzazione, dalla cristallizzazione di privilegi e corporativismi all'assenza dei necessari investimenti per il rinnovamento della flotta.
Segnalo inoltre che, in virtù di un accordo tra sindacati e azienda, circa 1.500 dipendenti di Roma e del Lazio avrebbero dovuto trasferirsi su Malpensa, ma solo qualche centinaio ha effettivamente trasferito la propria residenza, creando oltretutto disagi sulla tratta Roma-Malpensa, dove circa il 50 per cento dei posti disponibili sugli aerei è occupato dal personale che si sposta.
Per concludere, auspico che ci sia un percorso rapido di privatizzazione vera della compagnia Alitalia. Troppi paletti finiranno per scoraggiare i privati: un'occupazione bloccata e una rete intoccabile sono fenomeni che non possono incentivare i privati ad interessarsi all'acquisto di quote significative della società. La società Alitalia perde 300 milioni di euro all'anno. Il personale di volo guadagna più del personale di volo delle compagnie concorrenti di Alitalia. Questo il sistema Italia non se lo può permettere.
Pertanto, invito il Governo, così come ha fatto il collega Airaghi e come faranno i colleghi che interverranno dopo di me, ad adottare tutti i provvedimenti necessari affinché il piano industriale di Alitalia, in accordo con l'azionista pubblico, preveda un rilancio della compagnia di bandiera basato sulla concentrazione delle proprie attività prevalentemente su Malpensa e sulla crescita dell'aeroporto di Malpensa quale primario hub nazionale, riconoscendo il suo insostituibile ruolo nello sviluppo economico dell'intero paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Anch'io, Presidente, dopo gli interventi dei colleghi Airaghi e Mancuso, volevo evidenziare l'importanza della nostra mozione. Non sto qui a ripetere che non esiste, nello spirito e nella filosofia di questa mozione, la volontà di attuare una contrapposizione con Fiumicino, il che sarebbe infatti banale. Credo che altri siano gli aeroporti e gli hub che potrebbero infastidire Malpensa: penso a Francoforte, agli aeroporti del nord, a quelli francesi. Questa assenza di contrapposizione non deve però diventare una penalizzazione per l'infrastruttura lombarda. L'importanza di potenziare l'hub di Malpensa è prioritaria, sia per motivi strategici e infrastrutturali, sia perché Malpensa sta diventando un aeroporto che potrebbe essere utilizzato da tutte le città del nord Italia. Entro il 2010 l'obiettivo è quello di indirizzare verso di Pag. 52esso 20 milioni di passeggeri aggiuntivi. Sappiamo che c'è stata la richiesta di potenziare le linee su ferro, proprio per far sì che dal Veneto, dal Piemonte, dall'Emilia-Romagna, da tutte le regioni del centro-nord, si possa usufruire di questo aeroporto.
Dunque, dal punto di vista logistico Malpensa è sicuramente importante, così come lo è dal punto di vista commerciale, perché la possibilità dello scambio merci in una zona dove la rete imprenditoriale ed infrastrutturale è forte dà l'opportunità di effettuare scambi più veloci. Mi sembra che questa sia una scelta di buon senso. Mi sembra logico ed evidente che attraverso il potenziamento di Malpensa ci sia anche uno sviluppo di tutta la nazione. Non è giusto penalizzare Milano, che è la città che ospita questo aeroporto; peraltro teniamo presente che Milano crea il 10,5 per cento del PIL nazionale, ma riceve in cambio solo il 3 per cento del PIL, della ricchezza prodotta. Su questo dobbiamo riflettere, anche perché il Governo nel disegno di legge finanziaria ha penalizzato Milano, città virtuosa.
Abbiamo apprezzato ultimamente i contatti stabiliti tra i sindaci di Roma e Milano, al di là delle divisioni di coalizione e di schieramento, per far sì che entrambi gli aeroporti diventino due risorse, due ricchezze: Fiumicino ovviamente per il ruolo turistico, per l'importanza artistica che ha tutto il centro-sud; Malpensa per quel che riguarda invece lo sviluppo degli scambi commerciali ed infrastrutturali. Malpensa non deve rimanere però una cattedrale nel deserto. Da ciò l'importanza di potenziare infrastrutture viarie, come la Pedemontana, la Brebemi, la Tangenziale esterna. Sappiamo che da anni la regione Lombardia si sta battendo per l'ultimazione di questi progetti. Questo, per evitare che Malpensa diventi - ripeto - una cattedrale nel deserto. Abbiamo una delle fiere più importanti d'Europa a qualche chilometro dall'aeroporto: anche questo è sicuramente un dato importante.
Per tutti questi motivi, non capisco perché ultimamente si sia voluto, da parte del Governo, attuare una politica di penalizzazione nei confronti dell'aeroporto lombardo. La nostra mozione prevede un rilancio della compagnia di bandiera, basato sulla concentrazione a Malpensa delle proprie attività. È inutile ripetere che soltanto incentivando questo aeroporto, questo hub, ci sarà un'incentivazione anche dello sviluppo economico per l'intero paese (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pizzolante. Ne ha facoltà.
SERGIO PIZZOLANTE. Mi sembra che, sul tema, le posizioni della maggioranza siano un po' schizofreniche. Da una parte, non sa che parere esprimere sulla nostra mozione; allo stesso tempo mi sembra che vi siano nella maggioranza tre linee: la prima, quella della mozione presentata dall'onorevole Attili, che parla di controllo pubblico; la seconda, quella del Ministero dei trasporti, che parla di partecipazione pubblica; la terza, quella del Ministero dell'economia e delle finanze, che parla di privatizzazione totale. Praticamente non si capisce nulla.
La nostra mozione nasce a seguito di un dibattito sbagliato, che noi non avremmo voluto fare, fra chi crede di potenziare e valorizzare Fiumicino a scapito di Malpensa e chi reagisce, con alcune ragioni per la verità, sostenendo che se si dovesse compiere una scelta questa non dovrebbe essere contro Malpensa, il principale hub italiano, quello con maggiori potenzialità di sviluppo, anche perché si trova al nord, dove si genera la maggior parte del traffico aereo italiano. La polemica è stata improvvidamente alimentata da una presa di posizione contro Malpensa dell'ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli. Porre in contrapposizione Fiumicino e Malpensa è sbagliato e fuorviante, forse volutamente fuorviante, perché l'Italia ha bisogno sia di Fiumicino, sia di Malpensa. Certo, non per quello che essi esprimono oggi, bensì per quello che potrebbero dare se inseriti in un sistema capace di valorizzare - specializzandone i ruoli - l'uno e l'altro.Pag. 53
È fuorviante perché, rispetto al traffico aereo e al sistema aeroportuale italiano, il vero problema è altrove: si chiama Alitalia, una compagnia di bandiera indebitata, costosa e inefficiente, che garantisce al paese e al suo sistema economico e turistico prezzi alti e bassi servizi. Una compagnia di bandiera che del ruolo di compagnia di bandiera mantiene solo la bandiera, con l'aggravante di farle fare una pessima figura nel mondo. Una compagnia che, in una fase di forte sviluppo del traffico aeroportuale nel mondo, riesce a consolidare un preoccupante segno meno per l'Italia.
Dietro le difficoltà di Fiumicino e Malpensa c'è in realtà una difficoltà di Alitalia a tracciare una ben definita rotta strategica. Di Alitalia si sta occupando il Governo in queste ore: una compagnia che fino a qualche giorno fa nessuno voleva e che invece oggi, nel momento in cui se ne occupa Prodi - famoso per la privatizzazione della SME -, sembra far impennare gli appetiti di alcuni capitani coraggiosi, di famosi produttori di scarpe, di un famoso finanziere, che generosamente alcuni anni fa avrebbe volentieri accettato - per il bene del paese, s'intende - in regalo da Prodi appunto la SME. Tutto ciò in nome dell'italianità, concetto che questi italiani e i principali partiti di maggioranza aborriscono o rivendicano ad intermittenza: le banche «no», gli aerei «sì», i supermercati pure.
Seguiremo con attenzione la privatizzazione, perché conosciamo i lupi e i loro vizi. Sosterremo con convinzione lo sviluppo di un sistema aeroportuale che sappia valorizzare Fiumicino e Malpensa, nella convinzione che l'italianità non stia nella proprietà delle aziende, come possono pensare Prodi e De Benedetti, ma nella capacità delle aziende e del mercato di garantire, ai cittadini italiani e ai cittadini che scelgono l'Italia come luogo per le loro vacanze e per i loro affari, costi bassi e servizi efficienti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Passeggiavo nell'emiciclo, perché elogiavo il colpo di genio del Presidente nello svuotare l'aula, nel momento in cui è stato annunciato che si vota...
PRESIDENTE. Le assicuro che è stato un effetto collaterale non desiderato...!
TEODORO BUONTEMPO. Comunque il risultato concreto è stato quello ed è un peccato, perché ciò di cui si discute è di grande importanza ed è un errore far rientrare i parlamentari per il voto senza aver ascoltato, non dico me, ma gli interventi degli altri colleghi ed un così interessante dibattito. A mio avviso, non andava annunciata l'ora prevista per la votazione, ma bastava semplicemente avvertire che, dopo gli interventi, si sarebbe proceduto ai voti. Si può sbagliare e, a volte, capita anche al Presidente Tremonti.
GIOVANNI CARBONELLA. Ma ci siamo noi!
TEODORO BUONTEMPO. Per venire al merito della questione, non ritengo che per rafforzare Malpensa si debbano chiudere tutti gli aeroporti italiani, compreso Fiumicino, solo perché, se ci sono altri aeroporti, Malpensa non si sente sicura di potercela fare. Il concorrente o l'avversario di Malpensa non è Fiumicino, bensì Linate! I voli vengono sottratti a Malpensa da Linate! Malpensa, per la sua posizione, ha cattivi servizi di collegamento! Ma dove sta scritto che chi si trova a Milano, per poter prendere un aereo, debba andare nella provincia di Varese, quando può raggiungere, in un quarto d'ora, l'aeroporto di Linate! È l'aeroporto di Malpensa che è nato male, che ha pessimi servizi di collegamento e non ha una segnaletica degna di un aeroporto internazionale. Tra i due terminali ci sono chilometri e, addirittura, se si sbaglia terminale, non si può raggiungere l'altro. È sempre a Malpensa, che occorrono ore per fare le operazioni di imbarco e le sale d'imbarco sono a grande rischio di sicurezza per i Pag. 54cittadini, essendo buchi sotterranei: Dio non voglia che ci sia un incidente, perché lì non si salva nessuno!
Mai è stata fatta una scelta strategica da parte di chi aveva il compito di farla. Finitela con questa storia di Malpensa, città del business e degli affari! Chi fa affari, nel centroeuropa, ha già scelto Francoforte e Parigi. Non potete pensare di chiudere gli aeroporti italiani per dare forza a Malpensa, quando questo non ha la capacità di essere concorrente di Francoforte o di Parigi. Mi sembra che quelli che sono stati dati siano veri e propri numeri. A Roma si registra un aumento di passeggeri e l'aeroporto di Fiumicino non ha la possibilità di imbarcare altri 3 milioni e 200 mila passeggeri perché non ha le strutture sufficienti, mentre Malpensa è l'unico aeroporto d'Italia in cui diminuisce il numero dei passeggeri!
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, deve concludere.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. Nessuno ha utilizzato il tempo a disposizione a questo titolo e mi sembra che sia prevista un'ora di tempo; se non ci sono altri colleghi che intendono intervenire, credo quindi che il tempo vada equamente ripartito, in maniera anche diversa...
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, le segnalo che il contingentamento dei tempi prevede cinque minuti a disposizione per le dichiarazioni di voto.
TEODORO BUONTEMPO. Sono già trascorsi cinque minuti?
PRESIDENTE. Sì, proprio in questo istante.
TEODORO BUONTEMPO. Presidente, la prego di concedermi ancora un po' di tempo, anche perché per gli interventi a titolo personale è prevista un'ora di tempo.
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, a titolo assolutamente eccezionale...
TEODORO BUONTEMPO. La ringrazio, Presidente, per la sua bontà. Il concetto dell'«Italietta» laboriosa a Milano e sfaticata a Roma non esiste nella realtà dei fatti e non esiste per i numeri. Pensate che Ciampino non regge più il traffico aereo per il numero di passeggeri, i quali si devono trasferire, non a Malpensa, ma a Fiumicino, e si tratta di milioni di nuovi turisti che, con il basso costo di alcuni voli, hanno questa alternativa.
In conclusione, io voterò convintamente contro - e mi dispiace perché ho una grande stima del collega Airaghi, primo firmatario della mozione n. 1-00047, che svolge un ottimo lavoro da parlamentare -, voterò, decisamente e convintamente contro la mozione presentata dal gruppo di deputati di Alleanza Nazionale, così come sulle altre mozioni. Qui non si tratta di scelta alternativa, in quanto i due aeroporti hanno una funzione diversa. Non mi dite che verso il nord d'Europa c'è più potenzialità di quanta non ce ne possa essere verso l'Asia e la Cina, che sono i nuovi mercati, i quali si conquistano solo potenziando Roma, e così si salva l'Alitalia. Pensate ai francesi che svilupperanno i voli verso il nord a discapito dell'Air France e a vantaggio dell'Alitalia! Queste mozioni vengano discusse in un momento sbagliato e in un'aula, peraltro, vuota!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Ricci. Ne ha facoltà.
MARIO RICCI. Care colleghe e cari colleghi, il gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea avrebbe votato senza riserve la mozione unitaria sottoscritta dai gruppi che costituiscono l'Unione, una mozione che riproponeva la centralità del Parlamento nell'elaborazione di politiche sociali ed economiche. Purtroppo, la deliberazione del Consiglio dei ministri di venerdì 30 novembre inficia questo principio e ci mette dinanzi al fatto compiuto, una modalità che critichiamo fortemente e Pag. 55che segnala la necessità di chiudere con una pratica abusata, che ha relegato il Parlamento nella cassa di risonanza del potere esecutivo.
Nel merito di quella deliberazione, pur prendendo atto della crisi irreversibile di Alitalia, esprimiamo una grande perplessità e avremmo preferito altri percorsi, mirati a prevenire un'ulteriore involuzione industriale e finanziaria del gruppo, soprattutto perché - lo vogliamo sottolineare con forza - viene meno con tali operazioni il controllo pubblico, fondamentale e decisivo per ridefinire una necessaria nuova missione di Alitalia, una missione al servizio del turismo, a sostegno delle imprese italiane nel mondo, volta al rilancio del ruolo della compagnia di bandiera, al recupero dell'unicità aziendale, abbandonando la logica e il progetto di divisione in due aziende, la pratica delle societarizzazioni e delle esternalizzazioni, nonché puntando al ricambio immediato del management che, secondo il nostro punto di vista, è il primo grande responsabile del dissesto del gruppo, per aver perseguito la strada della riduzione dell'attività e della frantumazione; in definitiva, della riduzione dei costi, senza incrementare i ricavi.
È per questo che riteniamo che la soluzione alla difficile situazione in cui versa l'Alitalia non potrà essere data da un miracoloso processo di privatizzazione.
Esperienze di liberalizzazioni e privatizzazioni realizzate negli ultimi anni in altri settori della vita sociale del nostro paese ci parlano di una precipitazione della qualità dei servizi, del peggioramento dei livelli di sicurezza e di pesanti costi sociali - soprattutto in tema di forza lavoro -, di dispersione di tante professionalità che, nel caso dell'Alitalia, potrebbero rappresentare l'avvio di un diverso progetto industriale e di un rilancio del ruolo di un segmento significativo nella politica della mobilità e della logistica del sistema paese.
Noi proponiamo alla maggioranza e al Parlamento una rivisitazione attenta delle esperienze di liberalizzazione nel trasporto pubblico collettivo, vale a dire un bilancio di verità dal quale possiamo trarre utili insegnamenti per il nostro lavoro futuro. Tali processi hanno provocato una frantumazione nell'organizzazione e nella programmazione della necessaria intermodalità del trasporto delle persone e delle merci nel nostro paese. È saltata ogni possibilità di coordinamento e di connessione tra i diversi segmenti e settori della politica trasportistica, sino a giungere all'assurdo di una concorrenza inefficace e dispendiosa, come è avvenuto attraverso la realizzazione dei tratti di lunga percorrenza dell'alta velocità, in concorrenza - per l'appunto - con il trasporto aereo.
Ad oggi, quanto appena detto ci ha consegnato un sistema delle Ferrovie dello Stato al collasso, l'Alitalia sull'orlo del fallimento, il trasporto su gomma in crescita costante con gravi conseguenze in termini di competitività di prezzi, dissesto ambientale e costante aumento delle morti bianche sulla strada.
Il problema dell'Alitalia si governa e si evolve positivamente dentro un nuovo quadro generale di riferimento che richiede perciò - in tempi rapidi - un nuovo piano generale dei trasporti e della logistica. Il Parlamento e il Governo devono, nelle prossime settimane, mettere mano a questo piano.
Ciò detto, noi non ci siamo sottratti e non ci sottrarremo ad una valutazione di merito della situazione in cui versa Alitalia, una crisi che potrebbe portare anche alla chiusura di un comparto che riteniamo strategico per le prospettive di sviluppo socioeconomico del nostro paese.
Abbiamo avanzato anche proposte specifiche con la presentazione di una mozione, le cui linee di indirizzo hanno contribuito, crediamo, alla elaborazione della mozione unitaria della maggioranza oggi in discussione e sottoposta alla votazione dell'Assemblea. Una mozione che impegna il Governo a predisporre un piano industriale in tempi rapidi che, anche per le novità intervenute e qui rappresentate dal viceministro De Piccoli, nonchè per le decisioni assunte dal Governo nella riunione di venerdì 30 novembre, Pag. 56dovrà a maggior ragione incentrarsi su una significativa presenza pubblica nel nuovo azionariato del gruppo, sulla stabilità occupazionale, sulla qualità del lavoro contro la precarietà, sulla qualità della sicurezza degli utenti, dei lavoratori e delle lavoratrici, sulla innovazione tecnologica e su un forte rinnovamento della flotta, sulla riorganizzazione del sistema aeroportuale del nostro paese contro ogni logica della competitività territoriale. Tutto ciò servirà a dare efficacia e funzionalità al sistema del trasporto aereo, partendo dalle specificità dei territori e dai bisogni dei cittadini e degli operatori commerciali ed economici.
Si vuole puntare in questo modo a ricostruire una forte compagnia di bandiera che sappia esprimere qualificati caratteri di attrattività sul mercato nazionale e internazionale; una compagnia in grado di tenere il passo con le relazioni internazionali, sostenere e sviluppare l'afflusso turistico, operare in connessione con gli scambi economici e commerciali; una compagnia come servizio e strumento rispetto allo sviluppo delle relazioni che il nostro paese vorrà o saprà svolgere nel contesto mondiale.
Dentro questo quadro di riferimento possiamo positivamente superare il dualismo e le contrapposizioni che abbiamo anche raccolto in questo dibattito fra i due hub più significativi del nostro paese, Malpensa e Fiumicino. Tale dualismo non è causa del deperimento e del dissesto di Alitalia, ma è l'effetto di una cattiva politica di programmazione del trasporto aereo e del trasporto in generale nel paese Italia. Noi riteniamo che il Parlamento dovrà riprendere la parola su queste grandi questioni per sfuggire ad una concezione del Governo come tecnica di gestione e di amministrazione.
Il Parlamento, cioè, dovrebbe esprimersi, a nostro avviso, sulle ragioni della ineluttabilità della riduzione sotto il 30 per cento dell'azionariato di Stato. Il gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea ritiene che a ciò si poteva e si potrebbe ovviare e che, comunque, il bando di gara per la scelta dei nuovi partner, per contenuti sociali e per chiari indirizzi industriali, dovrà mettere al riparo la compagnia da pericolose operazioni finanziarie e speculative.
Con queste sottolineature critiche e con questo spirito, il gruppo di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea accetta la riformulazione proposta dal rappresentante del Governo e - seppure con grande disagio - voterà a favore della mozione così riformulata (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Affronti. Ne ha facoltà.
PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per poter rilanciare concretamente Alitalia occorre razionalizzare al meglio le strutture ed i servizi esistenti, compreso l'utilizzo degli aeroporti intercontinentali di Milano Malpensa e Roma Fiumicino.
Le strutture di questi aeroporti sono spesso sottoutilizzate da Alitalia. In particolare, mentre Fiumicino sconta carenze di investimenti, per quanto riguarda l'hub di Malpensa il problema è la mancanza di infrastrutture per raggiungere comodamente Milano e le altre città del nord, al punto che, paradossalmente, a volte vengono preferite altre compagnie ad Alitalia perchè partono da aeroporti più comodi e più facilmente raggiungibili rispetto a Malpensa. Inoltre, i collegamenti tra Roma e Milano avvengono tramite l'aeroporto di Linate, contribuendo così a diminuire l'appeal di Malpensa per l'utenza delle altre città del nord.
Anche se è molto impegnativo, pensiamo che vadano sostenuti entrambi gli aeroporti perché hanno vocazioni diverse e complementari: Malpensa è vincente per quanto riguarda il traffico business e merci. Se Alitalia spostasse tutti i voli intercontinentali a Fiumicino, dovrebbe rinunciare a notevoli ricavi, quasi 300 milioni di euro. In quanto a Roma, non esiste una domanda di trasporto merci come per Malpensa. D'altro canto, Fiumicino Pag. 57risulta essere preferito dalle rotte turistiche e può attirare passeggeri dall'Oriente, dall'India e dalla Cina, che sono ora il nuovo, vero mercato da conquistare e dove si sta sviluppando la vera battaglia per la supremazia economica tra le varie aereolinee europee.
Dobbiamo quindi puntare affinchè l'Alitalia, che oggi sembra, grazie all'azione del Governo, nelle condizioni di trovare le risorse e le alleanze per ripartire, non abbandoni le posizioni sui mercati più redditizi. L'annosa polemica su Fiumicino o Malpensa, è oggi per noi sbagliata e fuorviante, proprio per la diversa vocazione dei due scali e per le forti potenzialità di bacino e di attrazione internazionale che rivestono i due aeroporti intercontinentali italiani.
Pertanto, noi voteremo a favore della mozione Attili n. 1-00065, firmata anche dai colleghi Fabris e Satta, con le modifiche che vengono imposte dalle ultime decisioni del Governo e che chiaramente riformulano la mozione. Voteremo nell'auspicio che vengano trovate le soluzioni possibili per arrivare alla ristrutturazione di Alitalia attraverso il rilancio degli aeroporti di Fiumicino e Malpensa, la loro integrazione con gli scali regionali e lo sviluppo delle loro innegabili e forti potenzialità di mercato (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, i Verdi voteranno a favore della mozione presentata dall'Unione, nel testo riformulato dal Governo. È evidente che dal momento in cui le mozioni sono state presentate è intervenuto un fatto nuovo: la messa all'asta della quota del 30 per cento di proprietà del Tesoro del pacchetto azionario Alitalia. La mozione voleva dare una sua valutazione rispetto ad una contrapposizione tra i due scali di Milano Malpensa e Roma Fiumicino. Come Verdi vogliamo, però, sottolineare alcune questioni che riteniamo strategiche ed importanti per il futuro della compagnia di bandiera e per il trasporto aereo di questo paese.
Innanzitutto, il punto oggi non è quello di introdurre la distinzione ideologica «liberalizzazione sì» o «liberalizzazione no», ma quello di evitare che Alitalia vada verso il fallimento e sia terra di conquista di compagnie che non determinerebbero l'interesse generale del paese. È necessario che nel bando siano introdotti quei vincoli che consentano di evitare le società già fortemente indebitate, mentre deve esservi una disponibilità finanziaria tale da determinare quegli investimenti che consentiranno nel futuro alla compagnia di bandiera di volare, aprire nuovi scali e poter acquistare nuovi vettori aerei. Ovviamente, è necessaria anche la garanzia del logo e del marchio della compagnia di bandiera, elementi importanti dal punto di vista del veicolamento del made in Italy.
Inoltre, è fondamentale guardare con grande attenzione ai processi, che noi vorremmo fermare, di esternalizzazione e precarizzazione del lavoro. Bisogna mantenere l'integrità dell'azienda perché solo così eviteremo di perdere quel know how e quelle professioni che rappresentano l'elemento fondamentale e fondante della capacità di Alitalia, nel futuro, di conquistare i cieli del mondo e diventare competitiva. Dunque, è necessaria un'alleanza che consenta di raggiungere questo obiettivo. Dobbiamo evitare che il suddetto 30 per cento sia terra di conquista delle banche che possono determinare solo speculazione ma non un progetto industriale di rilancio della compagnia di bandiera stessa.
Per quanto riguarda i due scali di Milano Malpensa e Roma Fiumicino, vorrei dire che nessun paese d'Europa - sia la Germania con Francoforte, sia la Francia con Charles de Gaulle, sia la Gran Bretagna con Heathrow - ha due hub. Questo è un modo per indebolire il trasporto aereo italiano: all'interno di un nuovo piano del trasporto aereo è necessario riconsegnare a questi due scali specifiche funzioni di rilancio.Pag. 58
Altra questione inserita nella mozione, e che i Verdi pregano il Governo di recepire, è la predisposizione immediata del regolamento per quanto riguarda la tassa sull'inquinamento acustico. Tutti sanno che coloro i quali prendono un aeroplano pagano una tassa di imbarco differenziata tra il volo nazionale ed il volo intercontinentale: una quota di questa tassa, dal 1993 fino ad oggi, sarebbe dovuta andare ai comuni che ospitano scali aeroportuali per fare le cosiddette opere di compensazione ambientale. Ebbene, sino ad oggi tali risorse non sono andate ai comuni e nel 2000 si è introdotta una legge che ha trasferito le suddette competenze alle regioni. Le regioni non possono utilizzare queste risorse perché ci troviamo di fronte all'assenza di un regolamento attuativo in tale direzione. Si tratta di circa 300 milioni di euro a disposizione degli enti gestori aeroportuali che potrebbero essere utilizzati per realizzare opere di compensazione ambientale. Chiediamo, quindi, al Governo l'immediata adozione di tale regolamento per rendere disponibili le suddette risorse e far sì che i comuni possano utilizzarle per opere di compensazione ambientale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, le diverse mozioni contengono, in realtà, due questioni: la prima è riferita alla crisi di Alitalia ed alle possibilità di soluzione alla crisi stessa; la seconda è relativa ai rapporti tra i cosiddetti due hub di Fiumicino e Malpensa. L'origine della presentazione di una mozione da parte dei colleghi della Lega non è, però, il piano industriale, annunciato peraltro da una nuova proprietà che ancora non conosciamo, bensì un'intervista rilasciata alla stampa nazionale dal ministro per i beni e le attività culturali, Francesco Rutelli, già sindaco di Roma, che sostiene la necessità di puntare sullo sviluppo del solo hub di Fiumicino. Certo, non stupisce più il fatto che, come il ministro dei lavori pubblici si occupava attivamente di questioni della giustizia, in particolare dell'indulto, il ministro dei beni culturali si occupi, con quest'intervista, degli aeroporti.
LUCA VOLONTÈ. Sono tuttologi...!
MAURO DEL BUE. Tuttavia, siamo in sede di dichiarazione di voto ed è giusto motivare il nostro voto sulle singole mozioni in esame. Sulla questione della crisi Alitalia e sulle sue soluzioni mi pare si trovi nelle varie mozioni un punto di convergenza quasi unanime tranne che nell'originaria formulazione di quella del gruppo dell'Unione. Apro una parentesi: è la prima volta che sento un deputato, come il collega di Rifondazione Comunista, sostenere che voterà per disagio. Avevo sentito parlare del voto per stanchezza; potremmo anche inserire il voto per fame, visto che sono le 14,15...
PRESIDENTE. Ottima idea!
MAURO DEL BUE. ...ma è la prima volta che sento un deputato sostenere che voterà per disagio. Forse, voleva dire: «voterò con disagio». Il disagio consiste nel fatto che l'Unione è divisa sulla politica delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni. Mi pare che anche su questo punto i colleghi di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani, e non so i Verdi, sostengano opinioni differenti dagli altri: vedasi la formulazione del «controllo pubblico» di Alitalia da parte dello Stato che, invece, la bandiera del Governo in questo momento, cioè quella delle liberalizzazioni, non consente. Formulo, innanzitutto, una richiesta di chiarimento per sapere come dovrò votare su tale mozione. La parola è «controllo pubblico» o «presenza pubblica»? Se è «presenza pubblica» noi annunciamo la nostra astensione dal voto; se è «controllo pubblico» annunciamo, invece, un voto contrario. Stupisce, però, che una mozione venga corretta su un punto così fondamentale dal Governo per non evidenziare un dissenso - legittimo, per l'amor di Dio - presente tra la mozione originaria su una questione Pag. 59fondamentale e la posizione ufficialmente assunta dal Governo, protesa a mettere sul mercato il 30 per cento del 49 per cento complessivo che lo Stato italiano possiede della compagnia Alitalia.
Una seconda divisione, invece, noto all'interno delle mozioni della minoranza e riguarda, in particolare, la mozione Maroni ed altri n. 1-00043 e, in parte, la mozione Airaghi ed altri n. 1-00047: la prima propone il trasferimento a Milano Malpensa della compagnia Alitalia e la seconda propone la concentrazione su Malpensa delle attività della società Alitalia. La distinzione mi pare piuttosto formale: in questo contesto si tratta del potenziamento dell'aeroporto di Malpensa, anche a scapito di quello di Fiumicino. Le mozioni Sanza ed altri n. 1-00064 e Volontè ed altri n. 1-00066 ottengono il nostro consenso perché intendono valorizzare parimenti l'aeroporto di Malpensa e l'aeroporto di Fiumicino.
La Lega è un partito del nord e quindi non vi sono contraddizioni al suo interno, ma comunque è legittimo che nei vari gruppi - a seconda se siano lombardi o laziali, se siano eletti al nord o al centro-sud - ognuno propenda per una soluzione o per l'altra. Tuttavia, penso che il Parlamento dovrebbe adottare soluzioni ritagliate non sui nostri interessi di collegio o personali, ma che vadano nell'interesse generale del paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, comincio con il dire che vi è un dato politico certo, il quale emerge dalla discussione che stiamo svolgendo. Vi è un'unica mozione unitaria presentata dalle forze di maggioranza, che condividono anche le proposte di modifica pervenute dal Governo, mentre vi è, nel paese e in quest'aula, un'opposizione divisa al proprio interno su un tema centrale come quello del futuro del sistema aereo e del nostro vettore nazionale. Non è un dato da poco.
La discussione sui temi contenuti in queste mozioni muove da una domanda legittima, presente in alcuni degli atti di indirizzo presentati dall'opposizione - in particolare in quello della Lega Nord, cui cercheremo di opporci con maggior vigore, votando la nostra mozione - ma sostenuta da posizioni che riteniamo fortemente contraddittorie. Ciò avviene per due motivi principali. Intanto, la mozione della Lega e l'intervento del collega Airaghi - che poi dovrà mettersi d'accordo con gli altri esponenti del suo partito, ad esempio l'onorevole Buontempo - vorrebbero contrastare un presunto tifo partigiano per uno solo dei due grandi aeroporti italiani (Fiumicino) promuovendo un altro tifo, anch'esso schiettamente partigiano, per l'altro grande aeroporto italiano (Malpensa). Ad esempio, nella mozione Maroni ed altri 1-00043, si scrive che non ha senso la scelta di mantenere un solo hub di riferimento (Fiumicino), a discapito di Malpensa, in un contesto in cui le esigenze di mercato spingono alla diversificazione dei traffici. Quindi, la stessa opposizione, o alcuni dei suoi rappresentanti, scrive (tra l'altro contraddicendosi) che non è un derby di un aeroporto contro un altro aeroporto, ma una grande partita nazionale con al centro - come scriviamo nella nostra mozione - innanzitutto il futuro del nostro vettore nazionale. Senza una politica di rilancio di questo vettore nessuna partigianeria potrà uscire dalle pagine scritte nelle mozioni in discussione per diventare politica concreta di sviluppo del sistema del trasporto aereo e del sistema aeroportuale italiano nel suo complesso. Il futuro di Alitalia è stato oggetto proprio in queste giornate di scelte di Governo chiare, votate all'unanimità da tutti i partiti presenti nell'Esecutivo, che daranno rilancio al nostro vettore nazionale (Alitalia); per questo abbiamo accettato e condividiamo le richieste di modifica alla nostra mozione.
Il secondo aspetto, quasi surreale e comunque contraddittorio, è che questa discussione, in particolare la parte che verte sul futuro dell'aeroporto di Malpensa, viene proprio all'indomani della Pag. 60scelta del Governo e della maggioranza di finanziare opere fondamentali per lo sviluppo delle connessioni di mobilità del nord del paese, in particolare di Malpensa, quali ad esempio la Pedemontana, dimenticate nei cinque precedenti anni del Governo Berlusconi, senza le quali ogni discorso su Malpensa sarebbe stato (e sarebbe ancora oggi) puro esercizio retorico. Chiedo a lei, onorevole Gibelli, di dirmi dov'era quando il nord veniva dimenticato dal Governo più «nordista» della storia. Il centrosinistra e l'Unione non sono stati sordi alle richieste e alle domande del nord. Voi invece sì che siete stati sordi negli ultimi cinque anni. Noi, che con la legge finanziaria abbiamo raggiunto questo storico risultato proprio per le infrastrutture del nord, sappiamo che Malpensa non potrà crescere unicamente ragionando sul cosiddetto bacino del nord, come pare trapelare da alcune delle mozioni presentate. Una Malpensa unicamente del nord non sarebbe un hub, ma solo un grande aeroporto locale.
Ovviamente a nessuno in quest'aula sfuggirà (o comunque nessuno dimentica) che fu il decreto-legge Burlando, adottato nel 1998, a sancire la distribuzione dei flussi di sul sistema milanese, vale a dire l'avvio dello sviluppo della nuova Malpensa, seguito poi dai successivi decreti Bersani sui flussi. È certamente degno di nota il fatto che solo nelle legislazioni dispari - la XIII e la XV, come ha già avuto modo di dire l'onorevole Attili in sede di presentazione della mozione - si metta mano agli investimenti per Malpensa. Stranamente la XIV Legislatura è stata sorda a questo richiamo.
Da milanese, con dieci anni d'opposizione di consiglio comunale alle spalle, aggiungo che i vertici di centrodestra della politica milanese e lombarda hanno certamente le loro responsabilità sull'attuale situazione di Malpensa e Linate. Basti ricordare la lotta spietata che Formigoni e Albertini fecero a difesa di Linate, come city airport, circostanza in parte ricordata dall'onorevole Buontempo, a danno dell'attuale situazione di Malpensa, o la citazione delle dichiarazioni rese pochi giorni fa dal sindaco Moratti, quando ha dichiarato alla stampa: «Su Linate abbiamo fatto uno sbaglio. È ovvio che non può cannibalizzare Malpensa».
Detto questo, noi vogliamo guardare avanti e lo facciamo insieme, con una mozione unitaria dell'Unione, valore che, come ho già detto, non trascurerei. Infatti, essa afferma il primato di un'esigenza nazionale che affrontiamo uniti, ovvero il primario rilancio del vettore Alitalia e delle sue relazioni con il sistema aeroportuale italiano. Non vogliamo contrapporre questa esigenza nazionale a quelle pur legittime della specificità degli aeroporti di Malpensa e Fiumicino, che però non potrebbero giovarsi di nessuna politica di investimento infrastrutturale e logistico se venisse a mancare il principale vettore nazionale.
Va quindi affrontata la situazione disastrosa di Alitalia e a questo si deve l'azione di queste ore del Governo. Presentando la nostra iniziale mozione come Ulivo, abbiamo ricordato come molti problemi di Alitalia attendano ancora una soluzione: il problema della flotta, il problema delle alleanze, comprese quelle con vettori nazionali minori che permettano di raccogliere anche il traffico di medio e corto raggio. Tale tipo di traffico segue il modello «point to point», che non passa per i grandi aeroporti e non ha bisogno di hub. Onorevole Gibelli, mi permetta di dirle che l'idea di uno schema aeroportuale che lavora solo sugli hub oggi è vecchio e superato in tutte le nazioni europee.
Abbiamo ricordato lo straordinario fenomeno del low cost, il trasporto aereo a basso costo, che taglia fuori per adesso Alitalia da questo mercato che si appoggia su piccoli e medi aeroporti regionali. Solo una politica coraggiosa e rapida del Governo, che ragioni su una scala più complessiva, può avviare il risanamento di Alitalia.
Questa è la nostra linea. Per questo nella nostra mozione chiediamo al Governo di attivare tutte le azioni necessarie per lo sviluppo dell'intero sistema aeroportuale, affermando la rilevanza di Malpensa Pag. 61e Fiumicino e la specializzazione dei singoli scali regionali. Per questo chiediamo di dar seguito alle politiche di finanziamento delle opere infrastrutturali, ferroviarie e stradali, avviate con la legge finanziaria e necessarie a garantire l'accessibilità di Malpensa. Per questo chiediamo anche di affrontare le necessità infrastrutturali dello scalo di Fiumicino, sottolineate nelle diverse sedi istituzionali, ma disattese a livello nazionale. Per questo chiediamo di sviluppare alleanze con i vettori nazionali e internazionali, soprattutto verso i paesi economicamente emergenti. Per questo chiediamo che sia concretamente realizzata una base di armamento a Malpensa, dopo che per cinque anni di tale base non si è parlato. Tutto ciò lo potremo fare - rivolgendomi anche ai settori dell'opposizione che hanno mostrato nei testi delle loro mozioni vicinanza con quanto da noi detto - a maggior ragione se tutti (e sottolineo tutti) abbandoneremo una logica di parte per abbracciarne una nazionale e di mercato. Possiamo vincere insieme questa battaglia oppure perderla, ognuno con le sue truppe. Noi preferiamo vincerla insieme (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, se il Governo avesse voluto prendere sul serio la discussione che stiamo svolgendo e concludendo, avrebbe chiesto di rinviare l'esame di questo argomento. Infatti, avendo annunziato una decisione rilevante quale quella di cedere il suo 49 per cento e di mettere sul mercato il 39 per cento, il che implica un obbligo per chi lo compra di svolgere un'OPA - e, quindi, la possibilità che il Governo ceda anche il residuo 19 per cento -, il Governo stesso, tramite le parole del suo rappresentante, avrebbe dovuto chiedere di non discutere oggi, in astratto, il futuro di Fiumicino ed il futuro di Malpensa, senza avere l'interlocutore - se ve ne sarà uno - che sarà colui il quale comprerà Alitalia.
In altri termini, il Parlamento che accetta di discutere un problema nel momento in cui i dati del problema stesso stanno cambiando è un Parlamento che finge di affrontare le questioni, e il Governo si rivolge al Parlamento senza informarlo pienamente della questione. È stata penosa la posizione del sottosegretario, quando ha detto ai colleghi della maggioranza unita: se voi togliete la dizione «controllo pubblico» e la sostituite con «presenza pubblica», a noi va bene. Ma cosa vuol dire ciò? Che significato ha ciò rispetto all'impostazione del bando che il Governo sta approvando?
Per questo motivo, onorevoli colleghi, per me è molto semplice dire che questo è un dibattito che non dovrebbe aver luogo, che il Governo dovrebbe chiedere di rinviarlo a dopo che il problema Alitalia verrà affrontato oppure che dovrebbe esporre la sua visione sul problema, che non ha esposto. Pertanto mi asterrò su tutte le mozioni presentate.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, intervengo solo per annunziare il voto di Alleanza Nazionale sulle mozioni in discussione e per chiarire, anche alla luce del dibattito che si è sviluppato, che Alleanza Nazionale è assolutamente convinta della necessità di potenziare Malpensa, senza intervenire assolutamente in maniera limitativa su Fiumicino. Bisogna uscire da questa dicotomia, che sta condizionando lo sviluppo del sistema del trasporto aereo nel paese.
È per questo motivo, signor Presidente, che Alleanza Nazionale voterà a favore anche della mozione, articolata e per noi positiva, presentata dagli esponenti del gruppo di Forza Italia, mentre si asterrà sulle altre mozioni presentate dagli altri gruppi di opposizione.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
Pag. 62PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Giachetti?
ROBERTO GIACHETTI. Per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo solo perché credo sia utile - e fa parte dei compiti della Presidenza - aiutare i deputati, nel momento in cui si esprimono, alla chiarezza sulle votazioni. Poiché a nome di Alleanza Nazionale sono intervenute tre persone, delle quali una ha annunziato che si asterrà su alcune mozioni, un'altra ha dichiarato che voterà contro tutte le mozioni ed un'altra ancora ha illustrato la propria mozione, per tutti noi sarebbe utile conoscere l'orientamento di Alleanza Nazionale su tali mozioni.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giachetti.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Maroni ed altri n. 1-00043, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 421
Votanti 311
Astenuti 110
Maggioranza 156
Hanno votato sì 40
Hanno votato no 271).
Prendo atto che il deputato D'Agrò avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che i deputati Adolfo e Viola non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto contrario.
Prendo atto infine che il deputato Capitanio Santolini non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Airaghi ed altri n. 1-00047, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 426
Votanti 352
Astenuti 74
Maggioranza 177
Hanno votato sì 82
Hanno votato no 270).
Prendo atto che il deputato Capitanio Santolini non è riuscita a votare.
Prendo atto altresì che i deputati Viola e Adolfo non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sanza ed altri n. 1-00064, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 433
Votanti 406
Astenuti 27
Maggioranza 204
Hanno votato sì 147
Hanno votato no 259).
Prendo atto che il deputato Capitanio Santolini non è riuscita a votare.Pag. 63
Prendo atto altresì che il deputato Viola non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Prendo atto infine che il deputato Adolfo non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Attili ed altri n. 1-00065, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 438
Votanti 417
Astenuti 21
Maggioranza 209
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 160).
Prendo atto che il deputato Capitanio Santolini non è riuscita a votare.
Prendo atto altresì che il deputato Viola non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto infine che il deputato Adolfo non è riuscito a votare ed avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Volontè ed altri n. 1-00066, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 433
Votanti 383
Astenuti 50
Maggioranza 192
Hanno votato sì 353
Hanno votato no 30).
Prendo atto che il deputato Capitanio Santolini non è riuscita a votare.
Prendo atto altresì che i deputati Viola ed Adolfo non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto infine che il deputato D'Agrò avrebbe voluto esprimere un voto di astensione.
Sull'ordine dei lavori (ore 14,25).
GIUSEPPE FALLICA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, fuori di questo Palazzo, come è già stato detto da altri colleghi, è in corso una manifestazione dei vigili del fuoco. Già ieri, per il comparto di sicurezza, le Forze di polizia sono scese in piazza contro il disegno di legge finanziaria. Signor Presidente, l'appello che rivolgo, anche a nome di molti altri deputati, è che lei trasmetta al Presidente Bertinotti la richiesta di interessare il Governo in merito. È un problema di carenza di personale: in Italia, per il Corpo dei vigili del fuoco vi è una carenza di organico di 15 mila uomini. È impossibile, non si può mantenere in vita questa situazione!
FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intendo sollecitare la Presidenza a farsi carico del problema delle mancate risposte del Governo alle interpellanze del sottoscritto e anche di altri colleghi. Ho presentato tre mesi fa interpellanze anche motivate da ragioni di urgenza, su gravi fatti concernenti la mia città e la mia regione e, nonostante ripetute sollecitazioni rivolte al sindacato ispettivo ed al Governo stesso, non ho ancora avuto risposta.
PRESIDENTE. La Presidenza riferirà al Presidente della Camera, perché interessi il Governo.Pag. 64
Secondo le intese intercorse tra i gruppi parlamentari, la trattazione dei restanti punti all'ordine del giorno, ad eccezione dello svolgimento di atti del sindacato ispettivo, è rinviata ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, cui seguirà lo svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 14,30, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il ministro della giustizia ed il ministro dell'università e della ricerca.
(Iniziative volte a consentire la realizzazione di adeguate infrastrutture nella Valle Brembana - n. 3-00455)
PRESIDENTE. Il deputato Pagliarini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00455 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, l'interrogazione che ho presentato riguarda una realtà importante del nord Italia, la Valle Brembana, che costituisce un punto di forza, sia a livello di produttività, sia a livello di sviluppo economico. Questa valle, nonostante le sue potenzialità, subisce da anni i preoccupanti effetti della crisi, soprattutto a causa di pesanti deficit infrastrutturali.
Questa zona paga, ancora oggi, le scelte operate negli anni Cinquanta e Sessanta, favorevoli allo sviluppo del trasporto su gomma, a discapito di quello su rotaia. Proprio perché è forte la necessità di ripensare al sistema della mobilità, per potenziare il trasporto di persone e cose su ferro è prevista la creazione nel fondovalle di infrastrutture cui raccordare la rete viaria. Si tratta di un'opera concordata con tutto il sistema delle autonomie locali.
Chiedo pertanto al Governo se la notizia che il demanio stia vendendo il sedime sul quale si deve insediare la ferrovia corrisponda al vero e quali specifiche iniziative intenda adottare.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, onorevole Pagliarini, la notizia non corrisponde al vero. L'Agenzia del demanio non sta procedendo ad alcuna cessione del sedime, salvaguardando gli interessi pubblici che sono stati più volte rappresentati dalla provincia di Bergamo.
Si fa presente, tra l'altro, che, nella maggior parte dei casi, queste istanze di acquisto dei sedimi ferroviari provengono dai comuni delle due valli, che, avendo occupato con diverse opere di urbanizzazione le aree statali, vorrebbero acquistarle. Avendo però acquisito il parere negativo della provincia rispetto a queste cessioni, l'Agenzia sta procedendo a regolarizzare le utilizzazioni con i comuni, riscuotendo i canoni e gli indennizzi dovuti, e non rilascia nuove autorizzazioni alla posa o all'occupazione del sedime, se non dopo avere conseguito il parere favorevole della provincia e, per essa, delle Tramvie elettriche bergamasche, con l'avvertenza, per gli usuari del sedime, che saranno comunque tenuti al rilascio in caso di interferenze incompatibili con il nuovo tracciato o in caso di mancato adeguamento dei sottoservizi alle prescrizioni della società realizzatrice dell'opera pubblica.Pag. 65
Anche relativamente agli interramenti e attraversamenti, già in essere da più di trent'anni - numerosissimi, se si considera che si tratta di circa 80 chilometri di ex sedime ferroviario, di cui almeno la metà è all'interno di centri abitati -, viene specificato che si sta provvedendo all'attività di regolarizzazione degli utilizzi. Anche in questo caso, le ditte utilizzatrici devono sottoscrivere la clausola di risoluzione anticipata del contratto in caso di necessità del sedime per l'avvio dei lavori della metropolitana leggera.
Piuttosto, il problema è che in questo tratto della Valle Brembana, in concreto, non risulta avviato alcun progetto di realizzazione della nuova tramvia, anche se è previsto nel piano territoriale di coordinamento provinciale di Bergamo. Di conseguenza, non è possibile, come invece va fatto, attuare il trasferimento dei tratti di sedime di proprietà dello Stato a favore della provincia, perché questo trasferimento è possibile solo a condizione della effettiva costruzione e, quindi, dell'avvio dei lavori per la metropolitana leggera, o tram veloce. Essa - lo ripeto - è prevista nel piano territoriale, ma non è ancora in corso di realizzazione.
PRESIDENTE. Il deputato Pagliarini ha facoltà di replicare.
GIANNI PAGLIARINI. Signor ministro, la ringrazio e mi ritengo soddisfatto della sua risposta, che consente di progettare meglio un futuro diverso per la Valle Brembana.
Come dicevo, si tratta di una realtà territoriale che ha 57 mila abitanti e 15 mila addetti occupati, in prevalenza, nell'industria manifatturiera. Stiamo parlando di una zona importante, di una valle che non soltanto è situata in una zona prealpina di rilevante valore ambientale, con un impatto significativo nel settore del turismo, ma che costituisce anche un punto di forza della produttività e dell'importanza economica della Lombardia.
Pensare ad un diverso progetto di sviluppo significa invertire la tendenza in una realtà che, in questi anni, ha incontrato gravi difficoltà e conosciuto lo spettro della crisi, causata dallo spopolamento delle zone più alte e impervie, dall'invecchiamento della popolazione, così come dalla progressiva perdita di posti di lavoro in conseguenza di una grave diversificazione produttiva. Tale crisi - aggiungo - è in gran parte riconducibile ad una inadeguata infrastrutturazione della mobilità di persone e di mezzi.
Pertanto, la risposta mi soddisfa e penso che sia di monito per tutte le realtà locali. Se il problema è la progettazione, a questo punto bisognerà insistere affinché la progettazione si faccia, diventi concreta e possa dotare quel territorio di un trasporto di cose e persone efficace su ferro, tenendo conto dell'impatto ambientale, dell'inquinamento e di tutto ciò che potrebbe contribuire a dare più sviluppo a quella zona, nel rispetto dell'ambiente e della qualità della vita.
(Chiusura dell'aeroporto di Catania-Fontanarossa - n. 3-00456)
PRESIDENTE. Il deputato Reina ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-00456 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmatario.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, l'ossessivo perdurare della chiusura altalenante dell'aeroporto di Catania-Fontanarossa che, lo ricordiamo, nella classifica italiana degli aeroporti è il quinto, determinata dalla preoccupazione che deriva dalla presenza in atmosfera di un fascio di polveri laviche, non solo procura insostenibili danni all'utenza e all'economia, ma presenta anche caratteristiche strane e misteriose.
Infatti, i vulcanologi della sezione catanese dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sostengono che dal 27 novembre non ci sono condizioni di pericolo. Pertanto, rimane per tutti incredibile il fatto che, dal 27 novembre ad oggi, questo aeroporto rimanga chiuso, senza capire sulla base di quali elementi scientifici.Pag. 66
Chiediamo che, in attesa che vengano accertati tali elementi, si possa almeno distaccare presso la base navale di Sigonella il flusso aereo che non viene consentito a carico dell'aeroporto di Catania.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, l'Ente nazionale per l'aviazione civile agisce, come lei sa, come unica autorità di regolazione tecnica, di certificazione e di vigilanza in questo settore. Tale ente ha emanato circolari anche rispetto alla situazione dell'aeroporto di Catania-Fontanarossa, sulla base di regole e standard di sicurezza internazionali. Tali circolari prescrivono procedure e raccomandazioni per la gestione delle operazioni di volo in presenza di nubi di cenere vulcanica. Questa circolare è trasparente, perché è disponibile sul sito Internet dello stesso ente.
Sulla base di tali disposizioni, che non hanno carattere locale - lo voglio ribadire -, per quanto riguarda l'aeroporto in questione, l'ENAC ha assunto la determinazione della chiusura dello scalo insieme all'ENAV e all'Aeronautica militare, che cura il servizio meteo-radar, nonché all'Istituto di geofisica e vulcanologia, che controlla e riferisce la situazione sotto l'aspetto geofisico e fornisce notizie certe sull'evoluzione della nube.
Riguardo alle questioni poste sul trasferimento, stabile e permanente, del traffico aereo di Catania - anche se non mi pareva questa la sua considerazione - sullo scalo di Sigonella, ci sono due motivi ostativi. Da una parte, si tratta di uno scalo che ha lo status militare e che è interessato da un intenso traffico militare. Dall'altra parte, su di esso opera la Marina militare degli Stati Uniti. Un eventuale trasferimento del traffico civile è ipotizzabile soltanto a seguito di preventiva programmazione di misure e situazioni particolari, come, ad esempio, è già avvenuto nel caso di chiusura temporanea dell'aeroporto di Fontanarossa.
Contrariamente a quanto si è letto sulla stampa, la stessa Marina militare americana ha adottato le medesime procedure cautelative assunte per l'aeroporto di Catania-Fontanarossa, prevedendo anch'essa l'interruzione dell'attività durante le ore serali.
Infine, voglio segnalarle che recenti intese fra ENAC e Dipartimento per la protezione civile faranno sì che, a breve, sarà convocata una conferenza di servizi proprio riguardo a tale questione.
La conferenza di servizi, che vedrà la partecipazione di tutti i settori interessati, potrà affinare le procedure attualmente presenti di apertura dello scalo di Fontanarossa durante la fase eruttiva dell'Etna, consentendo, ad esempio, una protrazione dell'apertura dell'aeroporto fino alle ore 20. Pertanto, vedremo le risultanze dopo l'annunciata conferenza di servizi.
PRESIDENTE. Il deputato Reina ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, signor ministro, la ringrazio, ma mi ritengo parzialmente soddisfatto per la sua risposta. Il testo della circolare ENAC è stato contraddetto dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che lo ha ritenuto, per quanto attiene alle indicazioni del monitoraggio sulla cenere lavica, estremamente lacunoso. Sono documenti che posso immediatamente consegnare agli uffici.
Ciò che mi preoccupa è che proprio il direttore dell'Istituto di Catania ha espressamente dichiarato che, dopo il 27 novembre, non si sono registrate anomalie nel comportamento del vulcano. Qualcuno avrà ritenuto opportuno, in via precauzionale, chiudere l'aeroporto.
Senza considerare le ripercussioni sull'indotto dal punto di vista economico, ricordo che la società di gestione dell'aeroporto ha perso, fino ad oggi, 600 mila euro. Ricordo inoltre che sono a rischio molti posti di lavoro e che, malgrado tutto, nell'epoca moderna in cui viviamo, non vi Pag. 67è ancora una vera e propria sperimentazione scientifica che possa dirci con esattezza se la quantità di cenere lavica prodotta dall'Etna e la tipologia della stessa possano costituire realmente un pericolo per la navigazione.
La base di Sigonella è stata già utilizzata tra il 2002 e il 2003, come ricordava lo stesso ministro Chiti. Avanziamo questa richiesta, ma solo come ultima alternativa, perché già è un enorme disagio spingere fin qui i passeggeri.
Del resto, non capisco come si abbiano notizie differenti. Sappiamo che a Sigonella i voli si svolgono regolarmente e non comprendo come, durante la notte, possano determinarsi particolari fasci di cenere lavica sull'aeroporto di Catania e non, ad esempio, su Sigonella.
Per queste ragioni, invitiamo il Governo ad adoperarsi al più presto affinché l'aeroporto possa riattivarsi completamente.
(Misure per contrastare l'incremento della criminalità con particolare riferimento alla città di Torino - n. 3-00457)
PRESIDENTE. Il deputato Cota ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00457 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3), di cui è cofirmatario.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor ministro, in molte grandi città la sicurezza e la tranquillità dei cittadini sono ormai diventate un problema che si è aggravato nel tempo e che - ahimè - è lontano dall'essere risolto.
La città in cui si è verificata tale escalation di eventi, quella che più di tutte le altre in questo momento si trova nel mirino, è Torino. Basta leggere le cronache dell'ultima settimana. Sabato 25 novembre: marocchini schizzano di sangue i poliziotti. Martedì 28: ventenne picchiato sul bus; e via dicendo, per venerdì 1o dicembre e sabato 2 dicembre.
Signor ministro, bisogna fare qualcosa: qualcosa deve fare il sindaco di Torino e qualcosa deve fare il Governo. Per questo motivo, abbiamo presentato la nostra interrogazione. Vorremmo sapere, al riguardo, qual è la linea del Governo.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, è vero che le grandi città (non da ora) conoscono ancor più fenomeni di criminalità che non devono essere sottovalutati, perché la sicurezza dei cittadini è un dovere per chi ha responsabilità di Governo. È vero che Torino, in modo particolare, negli ultimi tempi è stata coinvolta da questo fenomeno.
Si è determinata anche una situazione per cui la forte presenza delle forze dell'ordine in zone che erano state maggiormente interessate da fenomeni di criminalità diffusa (Porta Palazzo, San Salvario, Murazzi del Po e zone limitrofe) ha fatto sì che ora i fenomeni delittuosi si verifichino in zone della città che prima non erano altrettanto interessate, come ad esempio l'area periferica del parco presso il torrente Stura.
Nei mesi di settembre e ottobre si è registrato un incremento dei reati a Torino e nella provincia. Sono state già adottate alcune misure e adeguamenti di strategie nell'attività operativa delle forze dell'ordine, con un monitoraggio costante nell'ambito del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, attraverso il potenziamento di servizi di controllo del territorio, anche con il concorso della polizia municipale (come lei chiedeva nella sua interrogazione), di quella stradale, di quella ferroviaria e del reparto di prevenzione del crimine.
Queste misure hanno fatto registrare, nell'ultimo mese, un incremento degli arresti e dei sequestri di sostanze stupefacenti di oltre il 30 per cento. La polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza sono presenti sul territorio provinciale con un numero complessivo di operatori pari a 6.634 unità.Pag. 68
Infine, come avevo già preannunciato alla Camera e come stiamo facendo al Senato, intendiamo prevedere nella legge finanziaria di quest'anno ulteriori risorse che consentano di adottare misure specifiche per la sicurezza nelle grandi città, con mezzi e squadre coordinate anche a livello nazionale, prevedendo la specializzazione del personale e più efficaci coordinamenti sul territorio.
In questo quadro, riteniamo opportuno e necessario procedere ad intese con i sindaci delle città (come è stato fatto, ad esempio, per Napoli), che consentano di coordinare meglio anche l'utilizzazione della polizia municipale, oltre che richiamare l'attenzione dei cittadini.
Siamo anche interessati a riprendere un iter (per la verità, non molto sviluppato negli anni scorsi) concernente il trasferimento di alcune incombenze amministrative - che oggi sono a carico delle questure - ai comuni o ad altre agenzie, per avere il massimo di disponibilità delle forze dell'ordine incaricate di tutelare la sicurezza dei cittadini. La stessa scelta operata da molti ministri di rinunciare alla scorta vuole essere un segnale che va in questa direzione.
PRESIDENTE. Il deputato Cota ha facoltà di replicare.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor ministro, non mi ritengo molto soddisfatto, perché trovo la sua risposta francamente un po' burocratica, anche se non mi sfugge qualche argomento positivo sull'impiego della polizia municipale.
Vorrei brevemente sottolineare due aspetti. Il primo è che il Governo sta lanciando segnali sbagliati sotto l'aspetto della sicurezza. I segnali sbagliati riguardano l'immigrazione, l'indulto, il taglio delle risorse per le forze di polizia. Ieri, a tale riguardo, si è svolta una manifestazione con una vasta partecipazione.
Si stanno lanciando segnali sbagliati anche sulla città di Torino. Penso al sindaco di Torino ed a quanto lei ha affermato sull'impiego della polizia municipale. Il sindaco di Torino ha a disposizione oltre mille agenti di polizia municipale e non li impiega per realizzare un primo presidio di tutela dell'ordine pubblico; mi riferisco all'impiego di quella polizia di prossimità che, invece, potrebbe essere molto positivo. Eppure, dà lezioni a tutti!
Signor ministro, so che il sindaco appartiene alla sua parte politica. Ma non si danno lezioni quando si è gli ultimi della classe, come risulta dalla graduatoria sulla sicurezza.
La città di Torino ha avuto molto dal Governo e molto si è «sprecato» dopo le Olimpiadi. Vorrei che ci fosse l'attenzione del Governo sul problema della sicurezza nelle città del nord, ma soprattutto nella città di Torino.
Vorrei veramente che gli agenti della polizia municipale, invece di essere impiegati per comminare multe ai cittadini di Torino che non hanno il permesso per entrare in centro, fossero utilizzati per reprimere gli atti di piccola e grande criminalità che si verificano sotto i loro occhi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
(Iniziative volte a consentire la prosecuzione dei lavori di restauro del Colosseo - n. 3-00458)
PRESIDENTE. Il deputato Rampelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00458 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, la domanda che si pone al Governo è in ordine ad una convenzione stipulata nel 1992 tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Banca di Roma (oggi Capitalia Spa), che prevedeva un finanziamento di 40 miliardi di vecchie lire per il restauro dell'Anfiteatro Flavio, meglio conosciuto come Colosseo.
Quel restauro si sarebbe dovuto completare entro circa dieci anni dalla firma di tale convenzione; quindi, il Colosseo avrebbe dovuto essere consegnato, adeguatamente restaurato, nel 2002.Pag. 69
La metà di quell'opera, inoltre, avrebbe dovuto essere disponibile per i turisti in occasione del grande Giubileo del 2000. Si sarebbe trattato, dunque, di un'operazione di restauro non solo importante, ma perfino utile per dare risposte, anche dal punto di vista simbolico, alle forti aspettative nutrite dai turisti.
Ricordo, inoltre, che nel 1995 è stata insediata una commissione...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
FABIO RAMPELLI. ...scientifica, da affiancare alla soprintendenza, da parte del Ministero testé interrogato e chiamato in causa...
PRESIDENTE. Deve concludere...!
FABIO RAMPELLI. ...ma non abbiamo ancora avuto risultati di alcun tipo, ed il restauro non è iniziato.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, è vero, come affermato dagli interroganti, che nel 1992 è stata stipulata una convenzione, successivamente aggiornata nel 1994, tra la Banca di Roma ed il Ministero per i beni culturali per attività di conservazione e restauro del Colosseo. Tali attività sono state avviate ed hanno condotto al restauro di diversi settori dello stesso Colosseo, ma è altresì vero che il restauro dell'ultimo settore, relativo alla facciata esterna dell'Anfiteatro Flavio, benché fosse stata predisposta la gara pubblica di appalto, non è stato avviato, a causa dell'interruzione del flusso dei finanziamenti.
Ecco: questo, a nostro avviso, è il punto inesatto della vostra interrogazione. L'interruzione dell'erogazione dei finanziamenti da parte dello sponsor non si sarebbe verificata a causa del blocco dei lavori, ma è vero esattamente il contrario. Il blocco dei lavori, infatti, si è verificato perché non è più giunto il finanziamento. L'ultimo finanziamento erogato, infatti, risale al 2004.
Tale interruzione dipende, evidentemente, dai noti problemi in cui si vennero a trovare la Banca di Roma e Capitalia tra il 2003 e il 2004.
A seguito dei contatti avuti dagli uffici della soprintendenza, Capitalia ha comunicato, proprio nei giorni scorsi, la ripresa delle erogazioni dei finanziamenti. Ciò consentirà il riavvio dei lavori di conservazione, che - e concordo con voi - sono assolutamente necessari ed indispensabili.
Per quanto riguarda l'ultima parte dell'interrogazione in oggetto, con la quale chiedevate se non sia opportuno verificare la possibilità di ricercare altri sponsor, vorrei rispondere che qualsiasi valutazione circa l'ingresso di nuovi sponsor e la stipula di altri contratti potrà essere considerata, ed eventualmente portata avanti, nel caso in cui le assicurazioni che in questi giorni Capitalia ha fornito si mostrassero infondate ed i lavori programmati non potessero riprendere.
PRESIDENTE. Il deputato Rampelli ha facoltà di replicare.
FABIO RAMPELLI. Signor ministro, la ringrazio, ma ritengo insoddisfacente la risposta che ha dato. In primo luogo, infatti, le notizie di cui siamo in possesso sono diverse da quelle che lei ci ha comunicato. Dalla sua risposta magari è possibile rintracciare alcuni elementi, ma questi non vengono completamente estrinsecati, e dunque danno l'idea di una risposta «parziale».
La Banca di Roma, in base alla convenzione da essa stipulata, aveva evidentemente la necessità di concludere con una determinata tempistica anche la sua operazione promozionale. I tempi si sono dilatati, poiché parliamo di quattordici anni dalla firma della prima convenzione. È evidente che, in quattordici anni, si poteva restaurare non solo il Colosseo, ma Pag. 70anche ben altri beni architettonici e monumentali di Roma e della nostra nazione.
Ciò non è avvenuto a causa della solita incuria. Infatti, prima ci si lamenta perché non esistono finanziamenti da destinare al restauro dei monumenti italiani, ma dopo, quando vengono messi a disposizione da soggetti privati, tali finanziamenti rischiano di essere vanificati semplicemente per incuria o distrazione, oppure perché non si riesce ad intervenire tempestivamente, come nel caso del Ministero interrogato.
Vorrei rammentare che, paradossalmente, dal 1993 l'attuale ministro per i beni e le attività culturali, Rutelli, è stato sindaco di Roma per nove anni; oggi abbiamo come sindaco Veltroni, il quale è stato, a sua volta, ministro per i beni culturali. Quindi, vi è evidentemente una responsabilità «monotematica», «unidirezionale» e di tipo politico da parte della sinistra.
La sinistra, nonostante ciò che dichiara ad ogni piè sospinto, anche quando ha a disposizione finanziamenti cospicui (come quello cui abbiamo fatto riferimento), non riesce comunque a metterli a frutto ed a garantire, attraverso il restauro dei monumenti, la possibilità di valorizzare la tradizione italiana e l'identità nazionale.
Per quanto riguarda la mia forza politica, infatti, un bene monumentale, anche se certamente è importante, non è tuttavia fine a sé stesso, poiché...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
FABIO RAMPELLI. ...è il tramite attraverso il quale la memoria di un popolo si trasmette di generazione in generazione.
PRESIDENTE. Grazie...!
FABIO RAMPELLI. Per questo motivo - e concludo, signor Presidente - spero davvero che tali lavori possano riprendere prima possibile e che il Colosseo possa essere salvaguardato, così come dovrebbero esserlo tanti altri monumenti italiani!
(Misure volte a consentire la continuazione degli interventi di messa in sicurezza e di scavo dei canali industriali circostanti Porto Marghera - n. 3-00459)
PRESIDENTE. La deputata Zanella ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00459 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, la questione che intendo evidenziare riguarda i circa 200 milioni di euro versati alle casse del Tesoro dai privati per risarcire, attraverso le transazioni, il danno ambientale. Tale risarcimento dovrebbe, per l'appunto, andare incontro alla necessità di continuare i lavori di bonifica di Porto Marghera.
Il Ministero dell'economia e delle finanze li ha finora trattenuti e bloccati in forza dell'interpretazione di una norma, recata dalla legge finanziaria precedentemente approvata dal Parlamento, che impedisce di riassegnare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare somme superiori a quelle conferite l'anno precedente.
Dopo il danno ed il risarcimento quantomeno parziale, la beffa! Chiediamo, quindi, cosa intenda fare il Governo...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUANA ZANELLA. ...per risolvere questa situazione davvero paradossale!
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, ha ragione l'onorevole Zanella: è vero che esiste un accordo di transazione per bonificare l'area di Porto Marghera ed i laghi di Mantova e il polo chimico, sottoscritta con risorse versate da soggetti privati. È altrettanto vero che, tra le due operazioni, vi Pag. 71sono in totale 209,8 milioni che non sono stati ad oggi riassegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è vero, infine, che la causa è quella indicata dall'onorevole Zanella.
Tale impossibilità, infatti, è dovuta al comma 46 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, il quale disponeva che le riassegnazioni di entrate non devono superare, per ciascuna amministrazione, l'importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nel corso dell'anno 2005, al netto di quelle di cui al successivo periodo di tale comma.
L'ingente «scoperto» determinato da questo comma della legge finanziaria stava rischiando - successivamente spiegherò perché uso l'imperfetto - di mettere seriamente a repentaglio la realizzazione degli interventi in corso e di quelli programmati e, oltretutto, di creare un problema molto serio nei rapporti tra Stato e cittadini.
Per correggere tale situazione, il Governo ha presentato, presso la Commissione bilancio del Senato, un emendamento al disegno di legge finanziaria per il 2007 che consentirà al CIPE di destinare le risorse connesse all'emergenza socio-economica ed ambientale relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia-Porto Marghera, di cui all'accordo di programma quadro sottoscritto il 7 aprile 2006.
Con la misura recata da tale proposta emendativa, sarà consentito il rispetto degli impegni assunti e l'utilizzazione, come dovuto, di queste risorse finanziarie per la bonifica in questione.
PRESIDENTE. La deputata Zanella ha facoltà di replicare.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, ringrazio il ministro Chiti per la chiarezza della sua risposta, la quale mi trova tuttavia insoddisfatta nella misura in cui il passaggio attraverso il CIPE non costituisca un ulteriore, possibile intoppo.
Infatti, la correzione al disegno di legge finanziaria proposta dal Governo al Senato rappresenta sicuramente la via per sbloccare i fondi destinati alla messa in sicurezza di siti inquinati e allo scavo di canali navigabili particolarmente inquinati.
Vorrei segnalare che la città, gli amministratori e noi parlamentari di quel territorio siamo rimasti davvero scioccati di fronte al fatto che si registrava l'impossibilità di effettuare un intervento di bonifica dell'area inquinata. Si tratta di un sito di interesse nazionale che, per l'appunto, da anni attende non soltanto la sua bonifica, ma anche un rilancio complessivo, la sua riqualificazione ed una riconversione produttiva. È noto a tutti, infatti, che in quell'area esiste un problema, relativo al famoso polo chimico, che è oggetto dell'attenzione di più ministeri.
Vorrei comunque ricordare che il costo complessivo delle varie opere pubbliche ammonta esattamente a 1.022 milioni di euro. Siamo riusciti a recuperare, attraverso la gestione del contenzioso, 450 milioni di euro che, come è noto, sono finiti nelle casse del Tesoro. Il fatto che, fino ad oggi, queste somme sono state assegnate alla città solo parzialmente, attraverso una serie di meccanismi, compresi quelli ora illustrati, ci suggerisce che dobbiamo individuare assolutamente una via veloce che consenta di intervenire in quel sito e di riconvertire completamente la zona (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
(Iniziative normative volte a far sì che il lavoro torni ad essere fattore di sviluppo economico e di crescita sociale - n. 3-00460)
PRESIDENTE. Il deputato Miglioli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Delbono n. 3-00460 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.
IVANO MIGLIOLI. Signor Presidente, signor ministro, con i provvedimenti previsti dal disegno di legge finanziaria, la condizione dei lavoratori cosiddetti precari trova una prima importante risposta. La Pag. 72riduzione del cuneo fiscale per i soli lavoratori a tempo indeterminato, il progressivo adeguamento dei contributi previdenziali, il riconoscimento - per la prima volta - del diritto alla malattia, alla maternità e alla gravidanza a rischio, l'avvio del processo di stabilizzazione e regolarizzazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, l'obbligo di comunicazione ai servizi per l'impiego e, infine, i processi di stabilizzazione del pubblico impiego nella scuola per diverse decine di migliaia di precari: sono, questi, importanti risultati. Tuttavia, a parere degli interroganti si rendono necessari ulteriori interventi per superare il quadro giuridico-normativo ereditato da una stagione che ha fatto della precarietà la cifra identitaria di parte del sistema produttivo.
Per questo motivo, chiediamo al Governo quali altre misure intenda intraprendere a sostegno del buon lavoro con interventi sia sul sistema previdenziale, sia sugli ammortizzatori sociali, sia, infine, sul mercato del lavoro.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il Governo già si è fatto carico, come è stato sottolineato, di talune situazioni che presentavano alti elementi di criticità, ad esempio introducendo, da subito, attraverso la legge di conversione del decreto-legge cosiddetto Visco-Bersani, misure per contrastare il lavoro nero e irregolare, in specie nel settore dell'edilizia e intervenendo nel settore dei lavoratori addetti ai call center, dove si registrano i più elevati livelli di precarietà. Nello stesso disegno di legge finanziaria sono state inserite misure che muovono nella direzione di un impegno contro la precarietà. Indicherò quattro titoli e alcune misure essenziali comprese in questi titoli.
In primo luogo, si è previsto un intervento contro la precarietà, per la stabilizzazione del lavoro nei settori pubblico e privato e per favorire nuova occupazione a tempo indeterminato e altri interventi per promuovere l'emersione del lavoro irregolare. Tra questi cito, quale esempio, ciò che lei definisce come una riduzione del cuneo fiscale e che io preferisco definire come una riduzione di tasse sul lavoro, sia quelle che gravano sul lavoro dipendente, sia quelle che gravano sulle imprese. La riduzione delle tasse sul lavoro, per quanto guarda le imprese, è strettamente correlata ai lavori a tempo indeterminato. Inoltre, sono state previste misure per favorire la trasformazione dei contratti per collaborazioni coordinate e continuative o a progetto in contratti di lavoro subordinato.
In secondo luogo, sono stati previsti interventi per l'assorbimento graduale dei precari nella scuola, nella ricerca e nella pubblica amministrazione, oltre a misure per contrastare il lavoro nero e per migliorare il livello di sicurezza e di salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro e ad interventi in materia di ammortizzatori sociali. Come lei diceva, noi ci proponiamo una organica riforma degli ammortizzatori sociali ma, intanto, sono stati previsti la cassa integrazione guadagni straordinaria nei settori del turismo, del commercio e della vigilanza, il sostegno a programmi per il reinserimento di collaboratori a progetto che hanno prestato la propria opera in imprese in crisi, e gli interventi in materia di ammortizzatori in deroga. Una norma, che a me pare significativa, di solidarietà tra le generazioni prevede che un lavoratore di oltre 55 anni possa ottenere la trasformazione del suo rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale ove, contemporaneamente, l'impresa assuma un giovane.
In terzo luogo, sono stati previsti interventi in materia previdenziale e per il miglioramento della tutela dei lavoratori non standard.
Per concludere, senza continuare a indicare tutti gli esempi, vorrei sottolineare una misura tra le più significative: dal gennaio 2007, in questo paese i cosiddetti lavoratori parasubordinati riceveranno Pag. 73l'indennità di malattia e l'indennità di maternità, cui non avevano diritto, e beneficeranno di un incremento dell'aliquota contributiva per le loro pensioni.
Insomma, l'impegno del Governo - lo si vedrà nei prossimi mesi, non solo in quelli trascorsi - è quello di tenere insieme, come crediamo possibile, diritti e sviluppo, competitività del sistema produttivo e giustizia sociale e solidarietà.
PRESIDENTE. Il deputato Delbono ha facoltà di replicare.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, è davvero difficile non riconoscere una inversione di tendenza nella azione di Governo per contenere il lavoro nero ed il lavoro precario. Sono oltre 2 milioni e 700 mila i lavoratori con rapporti di lavoro a tempo determinato, di collaborazione e di prestazione d'opera. Di questi, ben il 40 per cento sono giovani tra i 19 e i 29 anni, secondo l'Istat i più esposti a precarietà e inadeguatezza delle retribuzioni.
Nei prossimi mesi, il Governo e la sua maggioranza dovranno, con determinazione, modificare e migliorare la legge n. 30 del 2003, al fine di cancellarne le disposizioni più estreme che spingono ad una precarizzazione senza sbocchi; costruire un sistema di tutela e protezione sociale degno della migliore tradizione europea attraverso la riforma degli ammortizzatori sociali; investire su un sistema previdenziale che garantisca, con aliquote pensionistiche adeguate e meccanismi di contribuzione figurativa, una pensione dignitosa per chi, per anni, deve lavorare con contratti flessibili; abbassare ulteriormente il costo del lavoro a tempo indeterminato e avvicinare il costo del lavoro flessibile, affinché quest'ultimo sia scelto dalle imprese per ragioni organizzative e produttive e non per risparmiare sul costo del lavoro stesso; investire sulla formazione permanente e continua e su percorsi di reinserimento lavorativo; infine, continuare la politica di stabilizzazione del pubblico impiego, ma attraverso percorsi che riconoscano il merito e la professionalità maturata, non certo attraverso mere assunzioni per legge.
Tutto questo noi lo dobbiamo realizzare affinché sia evidente a tutti gli italiani che la bussola per il centrosinistra indica che bisogna coniugare la flessibilità con la sicurezza, così da garantire condizioni di serenità e di fiducia nel futuro per molti lavoratori. In una parola, umanizzare e civilizzare il nostro diritto del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo L'UIlivo).
(Iniziative volte a conoscere i motivi dell'aumento delle spese per il marketing delle Ferrovie dello Stato e ad evitare che le province del Nord-Ovest siano escluse dal percorso Eurostar - n. 3-00461)
PRESIDENTE. Il deputato Affronti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00461 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).
PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, con questa interrogazione si mette in evidenza come le Ferrovie dello Stato non tengano in alcuna considerazione istituzioni ed utenti e modifichino, senza alcuna informazione o consultazione, gli orari ferroviari. Questo accade nel momento in cui la Corte dei conti rileva spese esorbitanti per il marketing e la comunicazione, mentre la società bussa alla porta dell'azionista di riferimento per domandare fondi per sopravvivere e chiede alle regioni l'aggiornamento delle convenzioni. Non informa e non concorda con le istituzioni la soppressione di tratte importanti: emblematico il caso del cambiamento di percorso dell'Eurostar Torino-Roma via Bologna, che solleva le proteste della regione Piemonte e delle province di Torino, Asti, Alessandria, Pavia e Piacenza e di una ventina di parlamentari.
Trenitalia a tutti dà risposte evasive che appaiono provocatorie. Con questa interrogazione si chiede di cambiare metodo e di sospendere il provvedimento adottato, che crea danni all'utenza.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
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VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, se l'onorevole Affronti lo desidera, gli fornirò successivamente i dettagli relativi a tutti gli orari di partenza e a tutte le possibilità esistenti, contenuti nella nota delle Ferrovie dello Stato e del Ministero, dal momento che non credo interessino in questa sede.
La riorganizzazione, che entrerà in vigore dal 10 dicembre prossimo, comporta alcuni cambiamenti. La coppia di treni Eurostar Torino-Roma e viceversa sarà instradata via Genova, Pisa e Firenze, anziché via Voghera, Piacenza e Bologna. A giudizio delle Ferrovie dello Stato, ciò consente di uniformare la frequenza dei treni nel nodo di Bologna, di rispettare il cadenzamento dei servizi e, di riflesso, di migliorare la regolarità della circolazione nell'area del nord-ovest. Per i bacini di Asti e Alessandria non mi pare che ciò comporti modifiche di particolare rilievo.
È vero invece che ci sono modifiche particolarmente sentite per quanto riguarda Voghera, anche se il collegamento tra Voghera e Bologna resta assicurato da un treno regionale ed eventualmente anche attraverso Piacenza; ad ogni modo, rispetto al servizio attuale, certamente per i cittadini vi è qualche modifica e forse anche dei disagi.
Per quanto riguarda il bacino di Piacenza, mi sembra che il dato più significativo è che viene programmato un nuovo collegamento indiretto e veloce, attualmente in via di inserimento nei sistemi, che consentirà, cambiando a Bologna, di raggiungere Roma attraverso un Eurostar proveniente da Bergamo.
Lei ha esposto, onorevole Affronti, altre due considerazioni, sulle quali mi voglio soffermare. In primo luogo, un tipo di servizio come quello dell'Eurostar non usufruisce, dal punto di vista giuridico e amministrativo, di alcun contributo a carattere pubblico. Esso viene effettuato da Trenitalia a rischio impresa, e le Ferrovie negli ultimi tempi hanno messo al corrente gli enti territoriali interessati rispetto al cambiamento di orario e di organizzazione; tuttavia, è più difficile un tipo di intervento e comunque questo fa parte di tutta la situazione di verifica, in cui il Governo dovrà essere impegnato per il funzionamento del servizio ferroviario e per le condizioni di concorrenza sulla rete ferroviaria.
Lei ha poi sottolineato un problema. E sono d'accordo con lei. C'è da fare una verifica tra Governo e regioni su come si interconnettono le linee di grande percorrenza - le linee Eurostar - e le ferrovie regionali, perché in teoria è giusto che ci sia una specificità ed una diversità, purché le ferrovie regionali funzionino in modo adeguato.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, signor ministro.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Quindi, su questa base si tratterà di compiere un approfondimento che il Governo vuole realizzare insieme alle regioni, affinché queste possano «pesare».
Infine, l'ultima considerazione che lei faceva rispetto al marketing...
PRESIDENTE. La prego di concludere, signor ministro.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Le darò, onorevole Affronti, le cifre per quanto riguarda il marketing. Qui, voglio fare invece una valutazione, che concorda dal mio punto di vista con la sua osservazione, cioè...
PRESIDENTE. Purtroppo, signor ministro, come lei sa i tempi di intervento nel question time sono prestabiliti...
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. In regime non ancora di reale competenza, le spese di marketing devono servire a migliorare i servizi e le informazioni ai cittadini e non a dispendiose operazioni pubblicitarie.
Pag. 75PRESIDENTE. Il deputato Affronti ha facoltà di replicare.
PAOLO AFFRONTI. Ringrazio il ministro per l'impegno e la disponibilità dimostrata con la sua risposta. Ribadisco però che i provvedimenti di Trenitalia e le giustificazioni tecniche non appaiono accettabili. Prendere un treno, che da Torino va a Bologna e va poi a Roma non è la stessa cosa che prendere un treno che va da Torino a Genova. I collegamenti Intercity sono tutti un'avventura. Quanto alle coincidenze, sappiamo tutti che è sempre tutto ipotetico. Le decisioni prese da Trenitalia senza comunicazione sono inaccettabili, e su questo mi pare concordi il ministro; dico ciò, anche considerando del fatto che si tratta di una società esclusivista che poi presenta il conto quando va in deficit!
Quindi, il provvedimento delle Ferrovie è stato fortemente negativo per tutte queste province del nord ovest, che necessitano di collegamenti, anche ferroviari, rapidi ed efficienti per il loro sviluppo e per superare uno stato di crisi. Certe decisioni che non vengono neanche giustificate economicamente non possono calare dall'alto senza spiegazioni. Auspichiamo che l'impegno del signor ministro possa rappresentare un cambiamento di tendenza per le Ferrovie dello Stato.
(Iniziative volte a garantire anche agli italiani residenti all'estero la fruizione delle trasmissioni televisive dei grandi eventi - n. 3-00462)
PRESIDENTE. Il deputato Razzi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00462 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).
ANTONIO RAZZI. Signor ministro, per noi italiani residenti all'estero lo sport è un valore che ci permette di far crescere nei nostri figli il senso della competizione, ma è anche il valore sociale dello stare insieme, il senso del confronto, quello dell'appartenza, la determinazione, la tenacità, ma anche la creatività e l'imprevedibilità tutta italiana, così apprezzata nel mondo. Per noi italiani che viviamo all'estero essere considerati utenti e non consumatori è una conquista non indifferente. Essere posti all'attenzione della tutela da parte del Governo in quanto pubblico di utenti all'estero rappresenta un riconoscimento fondamentale della nostra italianità e rappresenta anche un atto dovuto ai nostri figli.
Questo spiega perché lo sport, il calcio, ma tutta la dimensione sportiva in genere, è fondamentale per noi in Italia, ma è vitale per chi risiede all'estero.
PRESIDENTE. La invito a concludere, deputato Razzi.
ANTONIO RAZZI. Concludo, chiedendo al ministro se il Governo intende porre rimedio alla situazione sopra descritta, con riferimento non solo agli eventi sportivi, ma anche agli eventi che fanno sentire gli italiani che vivono all'estero parte integrante della comunità nazionale.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Rispondo a questa interrogazione con animo alterno. Il Governo condivide la sua valutazione, le sue preoccupazioni e le aspirazioni dei nostri connazionali residenti all'estero per poter vedere non soltanto gli eventi sportivi, ma anche gli eventi di maggiore rilievo. Da questo punto di vista, quindi, davvero concordiamo e valuteremo insieme cosa fare. Però - questa è l'altro versante della risposta - la situazione è molto complessa, molto difficile. Dovremo insieme vedere quali sono gli atti che possono essere compiuti, perché la materia della trasmissione in chiaro, quindi consentita a tutti, è regolata in Europa (nel rapporto tra gli Stati) da una direttiva comunitaria che noi abbiamo recepito - l'articolo 3-bis della Pag. 76direttiva comunitaria 89/552/CEE -, ma questa direttiva non ha vigore rispetto alle altre situazioni che non sono europee. Infatti all'estero, non solo in Europa, la visione dei programmi trasmessi dalle emittenti italiane avviene normalmente via satellite e su questa piattaforma trasmissiva la copertura del segnale è strettamente legata a rapporti di tipo privatistico e molto spesso le emittenti italiane devono oscurare il segnale nelle aree per le quali non abbiano i rispettivi diritti.
Il Governo si impegna a valutare, sia in sede comunitaria, sia all'interno del nostro paese, sia con l'Autorità garante per le comunicazioni, sia attraverso RAI International, quali possano essere le misure, gli orientamenti e le possibilità per corrispondere a questo obiettivo, che - ripeto - in quanto tale noi condividiamo. Io stesso, quando ho avuto occasione di svolgere il ruolo di presidente di regione, mi sono sentito ripetere quello che lei dice come la manifestazione di una esigenza in tutti i luoghi dove ho incontrato degli italiani. È quindi un interesse anche per il nostro paese.
PRESIDENTE. Il deputato Razzi ha facoltà di replicare.
ANTONIO RAZZI. La ringrazio, signor ministro. Mi ritengo soddisfatto della risposta che lei ha fornito: renderà sicuramente felici i nostri giovani connazionali che vivono all'estero, perché lo sport possa tornare ad essere lo Sport (con la «S» maiuscola). Da noi si dice che una partita è una storia. «Perché è sempre una partita e la palla è tonda come il mondo», dicono spesso i miei connazionali, e vincitori e vinti si mischiano in brindisi amichevoli nelle sedi delle nostre associazioni. Ma quando gioca la Nazionale diventano una cosa sola, un piccolo frammento d'Italia nel cuore d'Europa. È un frammento che pulsa, che contagia, che vive con felicità e con gioia se vinciamo, e versa lacrime vive quando perdiamo.
Lo sport non è una scommessa. Lo sport è la palestra nella quale esercitiamo il nostro voler essere fortemente italiani, gente che anche con lo sport impara a confrontarsi e a divertirsi con passione e a lottare per battere l'avversario, ma alla fine, poi, non fa mai la guerra.
I moduli e gli schemi simulano attacco, ma non mietono vittime. I calciatori cadono per terra, ma poi si alzano e continuano a giocare più veloci di prima. Non giacciono per terra con lenzuoli bianchi addosso. Il calcio è la Nazionale che educa; la guerra no. Purtroppo, però, lo schermo televisivo pullula di immagini di guerra. Stranamente, la commercializzazione di quelle immagini non ha mai regole. Non ci hanno mai criptato la guerra in televisione - questo ci dicono i nostri figli -, invece la partita dell'Italia la oscurano sempre.
La ringrazio, signor ministro, anche a nome di tutti gli italiani all'estero (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
(Pagamenti, dovuti dal Ministero della giustizia, ad imprese fornitrici di beni e servizi - n. 3-00451)
PRESIDENTE. Il deputato Buemi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00451 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor ministro, da tempo, il Ministero della giustizia disattende al pagamento di prestazioni e beni forniti e ciò rappresenta un punto di non più attendibilità dei contratti di fornitura stipulati, che hanno come committente il Ministero stesso. Da anni, infatti, tale Ministero si dibatte tra tagli di bilancio e stanziamenti adeguati.
Tali situazioni hanno trovato tragica ed esplicita conferma, quando, nelle settimane scorse, a Torino, in pieno giorno, davanti al tribunale, un uomo si è ucciso con un colpo di pistola. L'uomo di cui trattasi, Agostino Rocco, di 57 anni, non era un inquisito, bensì il titolare di uno dei più grandi autodepositi del nord ovest e, nella sua qualità di custode giudiziario, era uno dei tanti creditori del Ministero della giustizia.Pag. 77
Il suicidio così esibito in pubblico non solo rimane un atto di tragica vicenda umana, ma rappresenta l'estremo atto di denuncia contro la burocrazia dello Stato.
Signor ministro, chiedo quali provvedimenti si intendano assumere per porre rimedio a questa gravissima situazione in modo tale che il Ministero della giustizia sia effettivamente della giustizia.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevole Buemi, la vicenda del suicidio del signor Agostino Rocco, indubbiamente, costituisce l'epilogo drammatico, purtroppo, di gravi difficoltà economiche derivate, tra l'altro, dalla ritardata o mancata riscossione di crediti vantati nei confronti dell'erario.
Il Ministero della giustizia, nella consapevolezza che questi problemi esistono - problemi che toccano la custodia di veicoli sequestrati -, si è fatto promotore, nel passato, per la verità, di disposizioni in base alle quali si potesse porre rimedio a questi inconvenienti, evitando l'indebito prolungamento della custodia giudiziaria e provvedendo, in modo forfetario, alla liquidazione dei compensi, anche in deroga alle tariffe previste dal Testo unico sulle spese della giustizia.
Vorrei premettere che quanto ha toccato direttamente il povero Agostino non ricade nella mia responsabilità, perché si tratta di un indebitamento molto, molto pregresso.
Per quanto riguarda la normativa, cui lei ha fatto cenno, evidentemente, sul piano di un modo nuovo di dar replica a questo bisogno accentuato, che esiste all'interno di questo segmento, in data 4 luglio, il cosiddetto decreto Bersani ha previsto un nuovo sistema per il pagamento delle spese di giustizia, secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato.
Questo ha creato, ahimè, ma non riguarda la vicenda drammatica di Agostino Rocco, qualche inconveniente per quanto riguarda l'anticipazione da parte degli uffici postali, che non c'è più.
Quindi, questa normativa va ora modellata nel modo migliore possibile, al fine di assicurare il tempestivo pagamento delle spese di giustizia, con modalità nuove. Abbiamo anche emanato delle circolari, in modo da evitare questo appesantimento, dando indicazioni al riguardo agli uffici giudiziari. In particolare, ho segnalato tutto questo agli uffici giudiziari. Dopo i primi attimi, mi pare che si vada nella giusta direzione; elementi nuovi sono ascrivibili alle corti d'appello che stanno disciplinando la materia. Credo e spero che si possano evitare questi inconvenienti richiamati e per i quali, chiedo scusa da parte dello Stato, vi è stato questo drammatico episodio che si è verificato a Torino.
PRESIDENTE. L'onorevole Buemi ha facoltà di replicare.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor ministro Mastella, lei ha la mia personale, politica solidarietà, in quanto appartenente alla sua maggioranza. Tuttavia, deve porre con forza la questione che ormai riguarda non soltanto il Ministero della giustizia, ma anche una serie di enti, istituzioni, Ministeri dello Stato, dell'azione pubblica, che vanno assolutamente inadempienti rispetto a contratti che sono stati normalmente e naturalmente sottoscritti.
Quando il contribuente italiano, l'imprenditore italiano o i fornitori nei confronti dello Stato sono inadempienti, lo Stato agisce con determinazione e durezza, spesso mettendo in discussione l'impresa stessa. Oggi, l'inadempienza dello Stato mette in discussione la vita delle imprese, com'è successo nel caso della vicenda di Agostino Rocco.
Allora, di fronte a questa situazione, pongo con forza tale questione. Non ci possiamo accontentare, signor ministro, di una risposta di tipo tecnico, che comunque accetto. Qui, c'è bisogno di una svolta. La certezza della fornitura deve Pag. 78corrispondere alla certezza del pagamento. Non vi può essere uno Stato che pretende che il cittadino, nelle sue molteplici configurazioni, risponda puntualmente agli obblighi e non vi può essere uno Stato, in questo caso il Ministero della giustizia (non ha soltanto un effetto pratico, ma anche simbolico), che non paghi con giustizia le forniture che gli sono state effettuate. C'è, infatti, anche un aspetto simbolico che, a mio avviso, dobbiamo mantenere alto, per dare fiducia ai cittadini e fare in modo che rispettino le regole, altrimenti non c'è più la credibilità dell'istituzione e viene meno anche la credibilità dell'istituzione nel far valere i propri diritti nei confronti dei cittadini che sbagliano.
(Iniziative volte all'assunzione di coloro che sono risultati idonei al concorso per ufficiali giudiziari indetto nel dicembre 2002 - n. 3-00452)
PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00452 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).
GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, signor ministro, da tempo, ormai, si è concluso il concorso per 433 posti per ufficiali giudiziari; circa 450 sono risultati idonei; la gran parte è ancora da assumere.
Gli uffici giudiziari sono privi di organico e con tali gravi carenze non si può assicurare né la gestione né il buon andamento dell'amministrazione.
Signor ministro, le chiedo se non ritenga necessario ed indispensabile il ripristino delle piante organiche previsto per gli UNEP (Uffici notificazioni, esecuzioni e protesti), e per le cancellerie, utilizzando gli idonei del suddetto concorso, essendo la validità della graduatoria dello stesso a prossima scadenza o se l'atteggiamento manifestato nei fatti, fino ad oggi, sottintenda, come a noi sembra evidente, il perseguimento di una destrutturazione degli uffici giudiziari, per affidare ad altri o esternalizzare le funzioni della giustizia.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevole Catone, nessuna voglia di destrutturare. Anzi, si tratta di strutturare al meglio possibile, armonizzando il tutto, in modo tale che il cittadino possa avere tempestive e adeguate risposte.
Quanto al merito della sua interrogazione, devo dirle che, purtroppo, noi possiamo assumere, nei limiti fisiologici di ciò che è consentito, da quanto disposto dal Consiglio dei ministri. Quindi, per il 2006, vi è l'autorizzazione ad assumere 99 cancellieri: questa è la disponibilità a fronte delle risorse e questo abbiamo fatto, attingendo alle citate graduatorie distrettuali.
Le procedure per l'assunzione del personale in questione sono state probabilmente svolte e sono state assunte, al momento, 79 persone, destinate già agli uffici giudiziari.
Si devono assumere, entro 31 dicembre (perché questa è la scadenza), altre 20 persone, in sostituzione di quelle che, nel frattempo, hanno rinunciato all'assunzione. Aggiungo anche (questo mi pare interessante e giusto e credo sia così) che le graduatorie di tale concorso sono state pubblicate, però saranno valide fino al 2009. Quindi, si potrà attingere a questa graduatoria; sarebbe interessante che la legge finanziaria definisse una disciplina in tal senso e che dall'arsenale economico fuoriuscisse qualcosa in più.
Vorrei sottoporre all'attenzione del Parlamento il fatto che, a fronte dell'organizzazione, proprio lunedì ho firmato un protocollo di intesa con il presidente Illy, della regione Friuli, nel quale, nonostante le difficoltà, abbiamo stabilito che, in maniera concorrenziale tra Stato centrale ed articolazioni regionali, esiste un modo per reperire risorse, ad esempio l'informatizzazione e la formazione del Pag. 79personale, coinvolgendo in maniera piena e complementare la regione e il Ministero della giustizia.
Mi sembra che questo possa essere un modello di riferimento che il mio Dicastero porterà avanti. Lo faremo con il Trentino e credo in seguito anche con la Campania.
Mi pare che in tal modo si possa rispondere senza destrutturare, ma strutturando.
PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di replicare.
GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, signor ministro, non mi ritengo soddisfatto, in quanto, pur apprezzando la sua buona volontà e le sue encomiabili iniziative, nella vecchia legge finanziaria avevamo la copertura di tutti i posti messi a concorso.
Quindi, signor ministro, la funzione giudiziaria non si esaurisce con la sola tutela della magistratura e delle sue prerogative. La macchina della giustizia funziona solo se l'azione politica e amministrativa favorisce i principi del buon andamento e dell'imparzialità.
Signor ministro, i fatti evidenziano che, ancora una volta, vi è disinteresse in ordine ai temi di organizzazione degli uffici, come se questo non fosse un primario compito istituzionale. Purtroppo, la politica del personale, la copertura degli organici, l'adeguamento delle attribuzioni in ragione delle moderne esigenze del servizio da rendere ai cittadini e quindi l'informatizzazione e quant'altro non vengono perseguiti.
Ciò induce a credere che la volontà sia quella di affidare a soggetti esterni all'amministrazione della giustizia importanti e delicate funzioni, come quelle dell'ufficiale giudiziario e delle cancellerie. Chiediamo un segno immediato di cambiamento di rotta, con la previsione nella legge finanziaria della copertura di spesa per l'assunzione dei 450 idonei, indispensabili al sistema giustizia. Se tanto non sarà, gli italiani capiranno quali sono i veri obiettivi di politica giudiziaria che questo Governo persegue.
(Iniziative volte a verificare la conformità alle norme di legge delle strutture autorizzate ad accogliere i minori dopo il prossimo 31 dicembre 2006 - n. 3-00453)
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cesa n. 3-00453 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11), di cui è cofirmataria.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, com'è noto, il 31 dicembre 2006 si chiuderanno gli istituti di accoglienza per i minori, in base alla legge n. 149 del 2001. Tale legge prevedeva una serie di interventi da parte del Governo per cercare di favorire la chiusura di tali istituti.
Ricordo che il numero di ventimila bambini non è neanche certo e ci sono tanti bambini che presentano disabilità. La legge stabilisce che i bambini debbano andare in affido in case oppure in comunità di tipo familiare nelle quali vi siano caratteristiche ambientali tipiche delle famiglie; dunque, case piccole, con un papà e una mamma presenti.
Non mi pare che tutto ciò sia stato realizzato; pertanto chiedo al Governo cosa intenda fare per dare attuazione a tale legge, visto che molti istituti, innalzando muri di cartongesso, hanno dato vita a simil-case.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, come la collega Capitanio Santolini sa, l'articolo 117 della nostra Costituzione attribuisce competenza esclusiva allo Stato per quanto attiene alla determinazione dei livelli essenziali e delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che vanno garantiti su tutto il territorio nazionale.
Tra i diritti sociali si ricomprende indubbiamente il diritto del minorenne ad essere adeguatamente assistito nel caso in Pag. 80cui la famiglia di origine sia temporaneamente inidonea al suo equilibrato processo di crescita.
È stato poi il legislatore che, con la legge 21 marzo 2001, ha opportunamente stabilito che, alla data del 31 dicembre 2006, il ricovero in istituti dei soggetti minorenni deve essere superato e che ai bambini e ai ragazzi va offerto un collocamento in affido familiare o, in subordine, in casa famiglia o, se neppure questa ipotesi è percorribile, in comunità.
Spetta però alla potestà delle regioni o, nel caso del Trentino-Alto Adige, alle province autonome, quindi agli enti territoriali, la competenza a definire gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che le case famiglia e le comunità devono offrire e a verificare che nel tempo stesso tali standard siano garantiti.
Le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni sono chiamate a verificare, attraverso ispezioni semestrali ma anche straordinarie, se gli standard siano effettivamente osservati. A questo proposito le posso garantire che intendo predisporre tutte le modifiche necessarie affinché la norma richiamata sia ottemperata e affinché questo termine sia sostituito anche lessicalmente, perché sussista un elemento più certo e più appropriato.
Sarà mia cura inviare nei prossimi giorni al procuratore della Repubblica una nota per richiamare l'attenzione sul tema che preoccupa i parlamentari come lei, onorevole Capitanio Santolini, ma anche il Governo, al fine di stabilire l'adeguatezza delle strutture di accoglienza. Infatti, ritengo che proprio nell'infanzia si costruisca la persona e che vi sia la necessità che, ove la famiglia naturale non sia in grado di adempiere responsabilmente ai compiti che riguardano la potestà genitoriale, venga garantita l'accoglienza attraverso figure valide per realizzare tale forma di accoglienza e di interrelazione umana e di natura sociale.
Credo che questo sia quanto attiene alla mia responsabilità e non mi sfugge la complessità e la delicatezza del momento che attraversiamo, come dimostrato dal passaggio al quale ha fatto riferimento l'interrogante, che ritengo debba essere assolutamente controllato.
Concordo anche nel voler impedire un'operazione di puro maquillage - riferito ai muri, alle pareti - attraverso la quale, alzando pareti divisorie all'interno di una camerata, si possa ritenere di cambiare il mondo che è intorno. Ciò non avverrà e i controlli saranno approfonditi.
Onorevole Capitanio Santolini, potrà verificare se le mie parole hanno esclusivamente un valore lessicale o il valore di pietre angolari di riferimento.
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor ministro, la prendo sul serio e mi impegno a seguirla da vicino e a sollecitarla in continuazione perché tale questione sta a cuore a tutti; dunque, non mollerò la presa!
Il problema - per questo la sua risposta in parte mi soddisfa e in parte no - è anche quello di sollecitare una campagna di sensibilizzazione in ordine agli affidi familiari, che in Italia hanno registrato un fallimento, semplicemente perché sulla famiglia non si investe.
Inoltre, signor ministro, non esiste una banca dati che possa in qualche modo far incontrare la domanda e l'offerta tra un bambino abbandonato o comunque bisognoso di sostegno e una famiglia disposta ad accoglierlo.
Ci sono aspetti tipicamente di competenza delle procure, che nelle sedi appropriate possono sollecitare le regioni a svolgere la propria parte e il proprio dovere. Tuttavia, il 31 dicembre è ormai alle porte e non vorremmo che si verificasse una specie di Basaglia-bis, quando sono stati chiusi i manicomi e poi i poveretti dimessi da tali strutture sono stati caricati esclusivamente sulle famiglie, che hanno pagato prezzi altissimi.
Occorre lavorare anche sulle famiglie d'origine attraverso una serie di passaggi che qui non c'è il tempo di enumerare. Nella legge finanziaria di tali questioni Pag. 81non si parla affatto, non è prevista alcuna risorsa in ordine a tali aspetti. Pertanto, signor ministro, la prego di prendere sul serio questa interrogazione.
(Iniziative volte a verificare eventuali anomalie poste in essere dai magistrati sul processo SME - n. 3-00454)
PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00454 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).
ANTONIO LEONE. Signor ministro della giustizia, in questa nostra bella e strana Italia, succede che vi sono due sentenze - una del tribunale di Milano e una della corte d'appello - che condannano l'onorevole Previti e il giudice Squillante. Succede anche che durante i dieci anni di durata di questi due procedimenti gli imputati continuano a gridare la mancanza di competenza da parte di quei giudici; succede altresì che la Cassazione, pochi giorni or sono, annulla le due sentenze, buttando al macero dieci anni di lavoro dei giudici di Milano, in quanto il lavoro non doveva essere svolto da tali giudici. Inoltre, succede che il Presidente emerito della Cassazione, Marvulli, afferma che si era detto a quei giudici che non erano competenti e che questi ultimi ostinatamente hanno voluto continuare nel giudizio, ponendo nel nulla tutto il lavoro svolto.
È possibile che tutto questo, che ha sconvolto l'opinione pubblica, venga preso in considerazione, per capire cosa si possa fare nei confronti di chi ha sbagliato?
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Devo dire, anzitutto, all'onorevole Leone, che nutro una grande stima - avendo avuto l'opportunità di lavorare con lui, per quello che è stato possibile, nell'ultima fase della sua esperienza, nell'esordio della mia - per il presidente Marvulli, cui esprimo, perché insigne magistrato, la mia solidarietà per quanto riguarda il suo magistero, dal punto di vista della disciplina delle risorse e della saggezza giuridica che ha dimostrato nel suo ruolo.
Tuttavia, devo anche dirle, con molta onestà, che l'essere ministro della giustizia stabilisce anche un rispetto ed un adempimento dovuto, nella distinzione dei compiti tra me e la magistratura, e, quindi, nel rispetto dell'autonomia del potere giudiziario, che mi impedisce evidentemente - in maniera non forzosa per me, in quanto forzoso è il piano della Costituzione - di entrare in alcun modo nel merito dei provvedimenti giurisdizionali, che anche io, come ministro, sono tenuto a rispettare, finché essi non si rivelino frutto di comportamenti dolosi o colposi - non mi pare che siamo in questa circostanza - o non violino regole della deontologia professionale o norma certificata. Quindi, nella specie non ho alcun elemento per ritenere che ricorra una situazione del genere in questa faccenda.
In particolare, voglio rilevare che, nel corso del processo, hanno ritenuto la competenza dei giudici milanesi i magistrati della procura, il giudice per le indagini preliminari, il giudice del tribunale in primo grado e il giudice della corte d'appello in secondo grado, nonché, in un momento iniziale, nella limitata sede del vaglio di legittimità dei provvedimenti cautelari, la stessa Corte suprema. Che quest'ultima, poi, investita del ricorso avverso la sentenza di appello, sia stata di diverso avviso rispetto ai magistrati milanesi, con sentenza la cui motivazione pare dovrebbe arrivare, non essendo ancora depositata - forse è arrivata proprio in questo momento -, rientra (lei lo sa bene, essendo molto più domestico di me in queste vicende) nella fisiologia del processo e non costituisce, quindi, materia di scandalo. Mi pare sia evidente che, tra gli stessi giudici, ricorrano difformità di vedute giuridiche. Assai spesso si tratta, in altre parole, di un'evidenza ordinaria anche frequente. È proprio per questo motivo e per pervenire Pag. 82a decisioni utili ed approfondite che l'ordinamento affronta più gradi di processo, fino al terzo, in modo tale che, alla fine, ci sia una sincera risposta nel giudizio di legittimità espresso dalla Corte di cassazione.
Devo constatare, infine, che la magistratura di Milano ha sempre svolto il proprio lavoro con impegno e dedizione, tra grandi difficoltà e sotto i riflettori di una sovraesposizione mediatica che sicuramente non fa bene al tranquillo fruire della giustizia. È come se il chirurgo operasse sempre e costantemente con lo zoom delle telecamere e questo crea o potrebbe creare una qualche incertezza. Va invece dato atto ai magistrati di aver fatto il loro lavoro con serenità; devo dirle che, per quanto mi riguarda, non esistono elementi in senso contrario e, ritenendo la buona fede e la capacità professionale dei magistrati di Milano, non mi sembra che tutto questo abbia leso il prestigio e la dignità delle nostre istituzioni democratiche.
PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di replicare.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, come si dice, una laurea in legge non si nega a nessuno e lei parla ad uno che è laureato in legge. Se, durante i miei studi universitari, avessi dovuto rispondere alla domanda su chi sia il giudice competente nel momento in cui gli imputati sono romani e i presunti reati sono stati commessi a Roma ed io avessi risposto Milano, non avrei mai conseguito la laurea in legge. La motivazione della Corte di cassazione, cui lei, signor ministro, alludeva prima, è proprio di una semplicità unica. È un caso di scuola: è accaduto tutto a Roma, ergo la competenza non potrà essere di Milano.
Allora, perché il presidente Marvulli ha detto che ostinatamente i giudici di Milano hanno ritenuto di dover continuare a giudicare nei confronti di Previti e di Squillante? Perché, evidentemente, non si volevano spogliare di un argomento che poteva portare, da un punto di vista non giuridico, ma politico - diciamo noi - ad una soluzione quale è stata. Altrimenti non ci sarebbe ragione della mia interrogazione nei suoi confronti, signor ministro. Non è con lei che ce l'abbiamo, ma, nel momento in cui viene a dire, in quest'aula, che, non essendoci il dolo ed essendoci buona fede, non si può fare nulla, mi sembra che vengano vanificati la distinzione dei poteri e il controllo che il ministro della giustizia dovrebbe avere su atti del genere.
Buttare al vento dieci anni di processo, significa anche buttare al vento risorse economiche dello Stato italiano che i cittadini pagano. Nel momento in cui si è visto che si è trattato solo e soltanto di uno sfizio dei giudici milanesi continuare quel processo che non potevano e non dovevano giudicare, il fatto che lei dica che la procura di Milano prima e il tribunale e la Corte d'appello dopo hanno ritenuto che si trattava di competenza da incardinare a Milano equivale chiaramente a scoprire l'acqua calda. Stiamo parlando proprio dei giudici di Milano.
Allora mi deve spiegare perché la Cassazione ha detto che non erano assolutamente competenti; perché c'è stata l'ostinazione dei giudici. Allora mi deve spiegare perché la giustizia deve essere usata in quel modo nei confronti di una parte politica ed a spese di tutti i cittadini. Questo è quello che non ho compreso, ma mi sembra che non l'abbia compreso neanche lei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
(Presunta violazione di legge, posta in essere da molte università, nell'erogazione dei corsi per l'abilitazione all'insegnamento - n. 3-00463)
PRESIDENTE. L'onorevole De Simone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00463 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).
TITTI DE SIMONE. Signor ministro, le forme organizzative che molte università stanno adottando nell'erogazione dei corsi Pag. 83abilitanti ex legge n. 143 del 2004 appaiono in violazione della normativa di riferimento, secondo la quale questi corsi dovrebbero concludersi entro quest'anno accademico, al più tardi quindi entro aprile 2007. Molti dei bandi in questione sono infatti in contrasto con queste indicazioni. Sono bandi delle università che riguardano la Lombardia, l'Emilia-Romagna, le Marche, il Veneto, la Sardegna, il Molise, la Toscana, la Puglia, insomma, tantissime regioni e quindi migliaia di docenti e insegnanti precari.
La questione dei tempi è fondamentale, perché ogni due anni c'è l'aggiornamento delle graduatorie permanenti e se questi corsi finiscono oltre aprile 2007 le persone interessate non potranno entrare se non con riserva in queste graduatorie permanenti, e tale riserva non dà loro il diritto ad accedere alle supplenze annuali, né esse possono concorrere al ruolo. Viene quindi preclusa una loro speranza lavorativa per il futuro, già molto compromessa.
Chiediamo al Governo quali iniziative intenda intraprendere per garantire i diritti di questi docenti precari.
PRESIDENTE. Il ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere.
FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Spero di aver colto il cuore della preoccupazione dell'onorevole De Simone e di poter dare una risposta rassicurante. I fatti sono i seguenti. I corsi abilitanti speciali per gli insegnanti della scuola materna ed elementare e per quelli della scuola media di primo e di secondo grado, in possesso del solo requisito del periodo di servizio, pari a trecentosessanta giorni, sono già iniziati in quasi tutti gli atenei, per un numero complessivo di circa 30 mila corsisti. Tali corsi, previsti dal decreto n. 85 del 2005 in applicazione della legge n. 143 del 2004, termineranno entro l'anno 2007, ad eccezione di pochi altri, che saranno completati entro i primi mesi dell'anno 2008, atteso l'elevato numero di aventi diritto. Qui c'è un problema, che però credo abbia avuto una soluzione. Si deve sottolineare che i predetti corsi speciali sono rivolti al personale docente che è in possesso del solo titolo di studio di accesso all'insegnamento, ed è pertanto opportuno integrare i corsi con l'inserimento delle discipline socio-psico-pedagogiche necessarie per conseguire l'abilitazione.
In ragione di questo fatto, la durata dei medesimi è stata quindi stabilita in 800 ore per l'abilitazione per le scuole materne ed elementari e 600 ore per la scuola media di primo e secondo grado. Al fine di consentire a tutti gli interessati sia la frequenza delle lezioni di didattica frontale sia l'utilizzo dei laboratori, i corsi sono organizzati in moduli e, proprio a causa dell'elevato numero dei partecipanti ai moduli necessari, non è stato possibile prevedere la conclusione delle attività entro la data del 2007. Comunque, le università e le direzioni scolastiche regionali lavorano in collaborazione al fine di porre in essere strumenti utili, efficaci ed efficienti per consentire ai docenti interessati di conseguire il diploma di abilitazione all'insegnamento.
Al fine di evitare che la programmazione delle attività configuri una situazione disomogenea e crei una disparità di trattamento tra coloro che potrebbero conseguire l'abilitazione in tempi diversi, è stato istituito un gruppo di lavoro, di cui fanno parte esperti dei due ministeri interessati. Il gruppo sta monitorando la situazione e sta predisponendo le misure necessarie per risolvere la problematica relativa all'inserimento nelle graduatorie dei docenti ed evitare, laddove legittimamente consentito, l'inutile dispendio delle risorse e delle energie.
Le soluzioni previste, che saranno adottare in tempi brevi, hanno ricevuto l'assenso di tutti i componenti del gruppo medesimo. È stato pertanto deciso che per quanto riguarda i corsi relativi all'attuazione del decreto n. 85, vista la necessità di garantire a tutti gli aspiranti abilitandi un trattamento equo ed uniforme su tutto il territorio nazionale, le università espleteranno Pag. 84tutte le procedure entro il 31 per la scuola secondaria ed entro il 31 marzo 2008 per la scuola primaria.
È da ricordare - solo dieci secondi ancora e concludo - che l'anno accademico utile è il 2006-2007, con il normale prolungamento del medesimo fino al febbraio 2008 e la conseguente prova finale entro il mese successivo.
È stato stabilito che tutti gli abilitandi saranno iscritti con riserva nelle graduatorie del giugno 2007 e potranno sciogliere la riserva entro la fine del mese di marzo 2008...
PRESIDENTE. Deve concludere.
FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. ...acquisendo pertanto pieno titolo nelle graduatorie per i servizi d'insegnamento da effettuarsi a partire dal 1o settembre 2008.
PRESIDENTE. La deputata De Simone ha facoltà di replicare.
TITTI DE SIMONE. La ringrazio, signor ministro, per questa risposta. Mi sembra un segnale positivo da parte del Governo per le preoccupazioni che riguardano le migliaia di docenti che stanno frequentando questi corsi. Francamente, vorrei capire meglio che cosa è previsto per i corsi che riguardano la scuola primaria e al riguardo leggerò attentamente la nota.
In effetti, i problemi riguardano non poche università anche per la scuola primaria e molte università con riferimento alla scuola secondaria.
Inoltre, vi sono altri problemi che riguardano in particolare l'università di Milano e le scuole della SSIS della regione Sardegna. Anche su questo sarebbe opportuno studiare delle soluzioni.
Penso comunque che quello che lei ha indicato sia una prima risposta che va nella direzione di garantire che le persone che stanno frequentando questi corsi abbiano la certezza del diritto, cioè che nel momento dell'aggiornamento delle graduatorie il fatto di essere inserite con riserva non comprometta per loro una serie di possibilità con riferimento all'insegnamento, ai ruoli e alle supplenze. È chiaro, infatti, che questo rischio non dipende da loro, ma da queste situazioni disomogenee che le università hanno determinato.
Dunque, signor ministro, noi vorremmo lasciarla in questi termini: siamo soddisfatti della risposta, tuttavia intendiamo monitorare ulteriormente questa situazione per capire che cosa oggettivamente succederà e quali risposte concrete verranno date per fugare queste preoccupazioni che ci sembrano del tutto legittime (anche da parte dei sindacati sono state sollevate le stesse preoccupazioni). Eventualmente, ci rivedremo per studiare ulteriori interventi...
PRESIDENTE. Deve concludere.
TITTI DE SIMONE. ...come per esempio quello di una rettifica di questi bandi che potrebbe far rientrare comunque gli abilitandi nei parametri previsti dalla legge.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,30.
La seduta, sospesa alle 16,25, è ripresa alle 16,30.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati De Piccoli, Donadi, Holzmann, Marcenaro, Maroni, Meta, Mura, Franco Russo e Stucchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Incidente sul lavoro recentemente verificatosi in uno stabilimento industriale di Campello sul Clitunno - n. 2-00249)
PRESIDENTE. La deputata Sereni ha facoltà di illustrare l'interpellanza Franceschini n. 2-00249 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmataria.
MARINA SERENI. Signor Presidente, colleghi, ringrazio anzitutto il Governo rappresentato nella persona del sottosegretario Rinaldi; per illustrare l'interpellanza interverrò molto rapidamente.
Come è noto, il 25 novembre scorso si è verificato un gravissimo incidente nello stabilimento Umbria olii di Campello sul Clitunno.
Il bilancio di quell'incidente è stato drammatico; quattro vite umane. Quattro lavoratori hanno perduto la vita nello stabilimento e si è avuto un grave danno ambientale - i cui effetti non sono ancora pienamente calcolabili - dovuto alla fuoriuscita di materiale oleoso dall'impianto in una zona particolarmente fragile sotto il profilo idrogeologico e di grande pregio ambientale.
Devo dare atto al Governo di aver marcato immediatamente una forte attenzione per questa drammatica vicenda, con la presenza del ministro Damiano già nella giornata di domenica 26 novembre.
Con questa interpellanza urgente il gruppo dell'Ulivo ha inteso sollevare due ordini di problemi. Il primo, di carattere più generale, e in realtà già oggetto dell'informativa che il Governo ha reso a questa Assemblea nella parte antimeridiana della seduta, riguarda il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. Mi riferisco alla necessità di mettere in campo provvedimenti in tempi rapidi affinché le condizioni di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro siano più garantite.
Abbiamo chiesto al Governo di conoscere quali siano i provvedimenti e in quali tempi intenda realizzarli per offrire un quadro giuridico che appresti maggiori tutele per la salute e la vita dei lavoratori; abbiamo chiesto, altresì, quali strumenti di coordinamento e di monitoraggio sia possibile mettere in campo affinché le diverse amministrazioni interessate - Ministero della salute, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero del lavoro e della previdenza sociale - possano coordinarsi ed essere più efficaci sui versanti, appunto, del monitoraggio e della prevenzione.
Il secondo ordine di questioni che l'interpellanza pone è più legato alla dimensione umbra e locale di questo tragico incidente. Anzitutto, chiediamo al Governo di sapere quali elementi di conoscenza l'Esecutivo possieda sulla dinamica dell'incidente e sui fatti accaduti in quel drammatico sabato, nonché riguardo alla valutazione degli effetti ambientali prodottisi nella zona e delle eventuali conseguenze sulla salute dei cittadini. Quindi, ponevamo un'ulteriore questione, invero già risolta; chiedevamo, infatti, con l'interpellanza se non sussistessero le condizioni per il riconoscimento dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, il che mi risulta sia già avvenuto in occasione di un recente Consiglio dei ministri.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, l'ennesimo grave incidente sul lavoro avvenuto presso l'oleificio di Campello sul Clitunno, in cui hanno perduto la vita tre lavoratori ed il titolare dell'azienda, rappresenta per il Governo una ragione in più per ribadire l'impegno sul delicato e drammatico argomento della salute e della sicurezza sul lavoro.
In questo caso - come hanno avuto modo di verificare direttamente le autorità competenti al più alto grado, immediatamente Pag. 86accorse e presenti sul posto, nelle persone dei responsabili della direzione provinciale del lavoro, accompagnati dagli ispettori del nucleo comando carabinieri dell'ispettorato del lavoro - non si tratta di lavoratori irregolari né di un'azienda sconosciuta all'economia del territorio. Le più alte cariche dello Stato e le rappresentanze politiche locali che si sono recate dopo poche ore sul posto per un primo vertice si sono fatte interpreti del cordoglio e della solidarietà di tutte le istituzioni della Repubblica con i familiari ed i colleghi delle vittime. Sulla dinamica dell'incidente e le sue cause sono in corso ulteriori accertamenti e approfondimenti disposti doverosamente dalle competenti autorità.
Al momento, è noto che si è trattato dell'esplosione di uno dei ventiquatttro silos, della capacità di 500 metri cubi ciascuno, che ha provocato un devastante incendio coinvolgendo poi ulteriori silos.
Il Dipartimento della protezione civile, per quanto di competenza, ha seguito costantemente l'emergenza tenendosi in contatto con la prefettura - l'ufficio territoriale del Governo di Perugia - e con le amministrazioni locali.
Sul posto sono intervenute immediatamente le componenti locali del servizio nazionale di protezione civile ed è stato allestito un centro operativo di emergenza presso il comune.
Come rilevato dagli onorevoli interpellanti, i vigili del fuoco si sono attivati immediatamente per lo spegnimento dell'incendio grazie all'intervento di unità provenienti anche dalle province limitrofe.
Sono state, inoltre, tempestivamente predisposte la chiusura del sistema fognario a servizio della zone industriale e la realizzazione di argini in terra a protezione dell'area limitrofa all'Umbria olii e a valle della stessa in corrispondenza della strada statale n. 3 Flaminia.
Al fine di tamponare ed assorbire la fuoriuscita della massa oleosa, lungo i circa 300 metri di via Agnelli sono stati creati argini di 150 metri cubi di terra.
L'ARPA, nel contempo, ha proceduto con successo all'individuazione di due punti strategici lungo il fiume Clitunno ove collocare opportune chiuse atte ad intercettare e bloccare la sansa pochi attimi prima che li raggiungesse.
L'incendio è stato domato nelle prime ore della giornata successiva, domenica 26 novembre, ed ha coinvolto, danneggiandole, alcune abitazioni circostanti.
Si precisa che l'industria, che attualmente è sotto sequestro ed è stata dissequestrata solo per consentire le indagini relative alla dinamica dell'esplosione - peraltro ancora non certa - non rientra tra le tipologie di industrie a rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modifiche, e pertanto non è obbligatorio redigere un piano di emergenza esterna da parte della prefettura ovvero dell'ufficio territoriale del Governo.
Conclusa la prima fase di emergenza, si sta attualmente procedendo al ripristino ed alla quantificazione dei danni.
Al fine di non aggravare la situazione di stallo determinatasi e permettere quindi alle aziende locali di riprendere le attività, si è provveduto rapidamente a rifunzionalizzare il sistema fognario della zona industriale e a riaprire la viabilità.
Per l'opera di risanamento ambientale, che richiederà l'esecuzione di ulteriori operazioni di messa in sicurezza operativa, interventi di monitoraggio delle falde, caratterizzazione dei terreni nonché attività di smaltimento, la regione ha stimato un costo pari a circa 7 milioni di euro.
Si aggiunge, inoltre, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto alla competente procura della Repubblica la trasmissione degli atti accessibili e delle consulenze tecniche che dovessero essere disposte in relazione all'eventuale instaurando procedimento penale al fine di un'eventuale azione di risarcimento danni.
Si fa altresì presente che il 28 novembre 2006 la regione Umbria ha inoltrato al Dipartimento della protezione civile istanza per la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992.Pag. 87
Al di là dei doverosi interventi di ripristino e di recupero, si è deciso - come la stessa interpellante accennava dianzi - di concedere lo stato di emergenza, che è già stato deliberato dal Consiglio dei ministri.
Occorre peraltro chiedersi cosa si può fare di più per dare effettività ed efficacia ad un poderoso apparato normativo, di cui pure il nostro paese dispone, a presidio della salute e della sicurezza dei lavoratori.
In proposito, come già autorevolmente evidenziato in una riunione dal Vicepresidente del Consiglio, onorevole D'Alema, il Governo ha un programma che ha già cominciato ad attuare. Questo programma è fatto di misure concrete: anzitutto, combattere l'illegalità e lo sfruttamento in ogni sua forma colpendo le molte elusioni che sono alla base di un ambiente di lavoro meno sicuro e più esposto agli infortuni ed alle malattie professionali. Con il pacchetto sicurezza contenuto del cosiddetto pacchetto Visco-Bersani si sono introdotte norme severe che rappresentano un vero e proprio punto di svolta nella gestione della sicurezza nei settori più esposti (segnatamente l'edilizia). In tal senso, si sono ottenuti dei primi risultati concreti, a partire dal sequestro di diversi cantieri e della loro riapertura con la regolarizzazione dei lavoratori.
Nel codice degli appalti, i ministri Di Pietro e Damiano hanno concordato l'inserimento di specifiche norme che evitino le approssimazioni e le indebite economie che ricadono sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, ed inducano al pieno rispetto della legge e dei contratti collettivi.
Con la finanziaria in corso di approvazione si stanno introducendo norme che combattono il lavoro nero ed inaspriscono le sanzioni per i datori inadempienti accanto a misure che premiano il rispetto delle regole mediante una riduzione degli oneri assicurativi Inail per le aziende virtuose.
Sempre nella legge finanziaria si ridefiniranno i parametri di calcolo del cosiddetto «danno biologico» per una più giusta e migliore valutazione degli effetti delle malattie e degli infortuni sulla salute delle vittime.
Nelle prossime settimane il Governo presenterà il disegno di legge delega per il riordino di tutta la disciplina della salute e della sicurezza dei lavoratori: i principi cardini sono quelli europei perché noi vogliamo un'Italia più civile e legale, in cui siano rispettate le regole ed attraverso il rispetto delle regole sia sostenuta una buona e forte economia nazionale anche se, naturalmente, l'apparato normativo - come abbiamo visto - da solo non basta. Noi, contemporaneamente, stiamo procedendo all'assunzione di numerosi ispettori del lavoro e tecnici: vale a dire ingegneri e quant'altro.
A gennaio del prossimo anno, il Governo lancerà una grande iniziativa nazionale sulla salute e nella sicurezza dei lavoratori: lo farà con il sostegno della Presidenza della Repubblica che incessantemente ha incoraggiato un'azione delle istituzioni più vigile ed efficace rispetto al passato. Sarà questa l'occasione per affrontare anche l'altro grande capitolo di questo problema che è quello della cultura della sicurezza che deve sempre di più diventare patrimonio diffuso e comune a partire dalle generazioni più giovani.
PRESIDENTE. L'onorevole Sereni ha facoltà di replicare.
MARINA SERENI. Signor Presidente, intendo ringraziare il Governo per questa risposta e mi dichiaro soddisfatta per i contenuti specifici legati alla vicenda di Campello sul Clitunno, ma anche per gli impegni che, più in generale, il Governo ha elencato circa le misure, i provvedimenti, che intende assumere per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Si tratta di provvedimenti importanti e a nome del gruppo dell'Ulivo dichiaro, sin d'ora, la nostra piena disponibilità a far sì che questi provvedimenti, quando arriveranno all'attenzione della Camera, seguano un iter spedito e positivo.
Pag. 88(Rinvio interpellanza urgente Cordoni - n. 2-00098)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori, sulla quale ha convenuto il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Cordoni n. 2-00098 è rinviato ad altra seduta.
(Recente accordo di cooperazione bilaterale tra l'Alleanza atlantica e Israele - n. 2-00220)
PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00220 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, questa interpellanza si riferisce ad una situazione che ci pare problematica e, forse, anche generatrice di pericoli e di contraddizioni, in uno dei teatri più critici della regione del Medio Oriente.
Lo scorso 16 ottobre, nella sede del comando NATO di Bruxelles, è stato siglato un accordo di cooperazione bilaterale tra l'Alleanza atlantica e Israele. Questo accordo prevede la partecipazione dello Stato ebraico ad operazioni antiterrorismo e, più specificamente, ad operazioni di pattugliamento navale nel Mediterraneo, nell'ambito della missione Active endeavour.
Ricordo che questa missione ha visto, nel corso degli ultimi cinque anni, un costante ampliamento delle sue funzioni, delle sue competenze, compreso il rafforzamento dei programmi della NATO per promuovere le relazioni bilaterali e multilaterali.
La missione, iniziata nel 2001, ha il compito fondamentale di combattere il traffico illecito ed il terrorismo nel Mediterraneo; in questo contesto, le navi da guerra della NATO, compresa una fregata della Marina militare italiana, hanno abbordato ed ispezionato sin qui oltre 100 mercantili.
La situazione testé ricordata è concomitante, contemporanea alla missione UNIFIL che, lo scorso agosto, ha visto l'intervento dei caschi blu in funzione di interposizione tra Israele e Libano, dopo la vicenda - nota a tutti noi - della guerra, dell'attacco, dello scontro, tra il Libano ed Israele, nel corso del quale sono state compiute, si sono verificate, anche azioni di guerra fuori dalle regole predisposte dalle convenzioni internazionali. Ricordo che sono state anche impiegate bombe al fosforo e sono stati usati ordigni a grappolo.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha emesso la risoluzione n. 1701, attraverso cui si promuove l'intervento di interposizione; in ogni caso, nel contesto della missione ONU vi sono una serie di paesi al tempo stesso anche membri dell'Alleanza atlantica. Si registra, quindi, una duplice funzione dei paesi che intervengono nell'interposizione da una parte e in partnership di alleanza dall'altra con una delle parti interessate all'intervento di interposizione. Peraltro, come sappiamo, il nostro paese svolge un ruolo di particolare impegno nell'ambito della missione UNIFIL.
Anche il contesto attraverso cui l'accordo NATO-Israele è stato reso noto al pubblico accresce le nostre preoccupazioni; infatti, nel momento in cui lo si è reso noto se ne è accentuato il connotato politico.
Questo accordo è stato reso noto al pubblico in occasione di un convegno sul tema «I rapporti NATO-Israele ed il dialogo mediterraneo», svoltosi in Israele alla presenza del Ministro degli esteri di Tel Aviv, signora Tzipi Livni, e del Vicesegretario generale della NATO, Alessandro Minuto Rizzo. Quest'ultimo, tra l'altro, ha fatto esplicito riferimento ad esercitazioni militari comuni quali aspetti salienti di un nuovo capitolo nella cooperazione tra Israele e la NATO, definiti dalla signora Livni, nel corso del medesimo convegno, partner naturali.
A questo si aggiunge ancora un ultimo aspetto su cui vorrei brevemente richiamare l'attenzione della Presidenza e del Pag. 89Governo. Mi riferisco all'esistenza di un elemento, anch'esso relativo alla complessità dei rapporti di cooperazione militare tra l'Italia e Israele, che concerne la ricerca militare di nuovi sistemi d'arma, di nuovi armamenti.
A noi è noto che in capo al Governo israeliano esiste uno speciale dipartimento per lo sviluppo di un arsenale basato sulle nanotecnologie. La ricerca, ovviamente coperta da segreto, punta alla realizzazione non solo di armi nucleari miniaturizzate, ma di armi di nuova concezione: robot e sistemi d'arma che colpiscono a distanza.
Ora non è irrilevante - a nostro giudizio - che l'Italia nel quadro dell'accordo di cooperazione militare stipulato dal Governo Berlusconi con quello israeliano nel 2003 e trasformato in legge nel 2005 - legge n. 94 del 17 maggio 2005 - si sia impegnata - leggo testualmente - «ad incoraggiare le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali di interesse per entrambe le parti». Si sono già varati 31 progetti di ricerca congiunta, tra controparti italiane (CNR e alcuna nostre università) e controparti israeliane; quindi, non è escluso, anzi appare alquanto probabile, che ricerche italiane, ufficialmente a fini civili, possano comunque avere una ricaduta anche sul terreno militare nell'ambito di questa alleanza.
In tale contesto nascono le nostre preoccupazione, le nostre valutazioni e, su questa base, noi rivolgiamo al Governo le seguenti richieste: in primo luogo, una richiesta di informazione al Parlamento; in secondo luogo, una richiesta di valutazione in ordine alla opportunità e anche alla problematicità e pericolosità della contestualità degli eventi che ho qui richiamato ed, infine, una richiesta di iniziativa volta a scongiurare, ove si riconosca che ve ne siano, i rischi che da tale contestualità potrebbero eventualmente derivare.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Burgio, in merito alla sua interpellanza voglio sottolineare che il partenariato tra la NATO ed Israele è inserito nel quadro di riferimento del Dialogo Mediterraneo dell'Alleanza atlantica. Quest'ultimo costituisce, dal 1994, un importante tassello della nostra politica di cooperazione e della politica di cooperazione della NATO con i paesi terzi proprio per adattarsi alle nuove esigenze di sicurezza emerse dopo la fine dell'equilibrio bipolare. Sono sette i paesi dell'area mediterranea che partecipano all'iniziativa e, quindi, non solo Israele, ma anche Algeria, Egitto, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia.
Per il nostro paese, il Dialogo Mediterraneo della NATO rappresenta un processo complementare rispetto quello lanciato dalla Unione Europea con i partner della sponda sud del Mediterraneo, il cosiddetto «Processo di Barcellona».
Per questo, l'Italia si è adoperata in maniera pragmatica per favorire una maggiore collaborazione anche nei settori di più specifica competenza della NATO. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla lotta contro il terrorismo, all'azione di contrasto nei confronti della proliferazione delle armi di distruzione di massa, alla riforma della difesa.
L'Alleanza atlantica ha favorito recentemente lo sviluppo di una cooperazione pratica, invitando i partner mediterranei a fornire sostegno all'operazione Active endeavour della NATO, che prevede il pattugliamento navale del Mediterraneo in funzione antiterroristica. Inoltre, la NATO ha confermato l'apertura alla partecipazione di questi ad esercitazioni congiunte.
L'esercizio, al di là della sua dimensione pratica, riveste un'importante valenza di strumento di confidence building in grado di riflettersi positivamente sui problemi regionali. La collaborazione nell'ambito del Dialogo Mediterraneo è poi particolarmente apprezzata in quanto consente ad Israele di sedere allo stesso tavolo con paesi con i quali non ha rapporti diplomatici e discutere con essi di importanti questioni politico-militari. In questo senso, gli strumenti di cooperazione Pag. 90offerti dal Dialogo Mediterraneo sono aperti nella stessa misura a tutti paesi che vi aderiscono. Israele è un partner attivo nell'ambito di questo esercizio, cui attribuisce grande importanza come strumento per contribuire alla stabilità della regione.
In questo contesto, il 17 ottobre scorso è stato sancito a Bruxelles l'avvio del piano individuale di cooperazione NATO-Israele elaborato nell'ambito del Programma di lavoro 2006 del Dialogo Mediterraneo. Il piano si pone come un punto di partenza che fissa i principi di una cooperazione costantemente aggiornabile e aperta a nuovi sviluppi. Nella stessa occasione è stata resa pubblica la definizione dello scambio di lettere NATO-Israele volta a regolare la partecipazione di Israele a questo piano di cooperazione ed è in fase di definizione con analogo testo, con analoghe lettere con altri paesi del Mediterraneo fra cui Algeria e Marocco.
Per questa ragione, la cooperazione pratica e le finalità della collaborazione tra la NATO ed Israele nell'ambito del Dialogo Mediterraneo esulano completamente dalle attività e dalle finalità della missione UNIFIL, in cui noi siamo impegnati.
Vorrei tuttavia sottolineare che tali finalità sono in linea con la posizione dell'Italia nello scenario mediorientale. La nostra è una posizione politica che si basa su una amicizia senza pregiudiziali nei confronti di tutti paesi dell'area, su una politica che è stata più volte riconosciuta come equilibrata da tutti gli attori della regione. Questo equilibrio è funzionale al ruolo che l'Italia intende svolgere e svolge quotidianamente anche nella complessa crisi israelo-palestinese, dove l'imparzialità e la credibilità rappresentano i fattori fondamentali per promuovere l'avvio di un dialogo costruttivo fra le parti.
Uno stesso atteggiamento ispira, d'altra parte, sul piano bilaterale, la stessa rete di accordi di cooperazione militare che l'Italia ha stipulato con diversi paesi della sponda sud del Mediterraneo, fra i quali gli stessi Libano e Israele.
PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di replicare.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, sono soddisfatto per ciò che riguarda lo spirito costruttivo con cui il sottosegretario ed il Governo si muovono in questo contesto; infatti, questo mi sembra un atteggiamento assolutamente condivisibile perché è mosso dalla ricerca di pace in una delle regioni certamente critiche in questo momento, riguardo ai rischi di un'ulteriore radicalizzazione dei conflitti.
D'altra parte, il punto della nostra riflessione non è riferito alle singole iniziative - UNIFIL, Active endeavour o il Dialogo Mediterraneo, che naturalmente ci vedono concordi - ma semmai la eventuale asimmetria tra un impegno di interposizione e un ruolo di alleanza a cui facevo riferimento poc'anzi. Devo dire che, da questo punto di vista, mi permetto di ribadire la nostra preoccupazione in forma di richiesta della massima attenzione alla questione (che non dubitiamo il Governo dispieghi in questa materia) anche alla luce dell'evoluzione che sul teatro la vicenda sta registrando.
Mi limito a ricordare due aspetti: l'evoluzione della crisi interna al Libano dopo l'assassino del ministro dell'industria Pierre Gemayel leader del partito falangista cristiano-maronità. In Libano c'è una crisi dirompente sul piano politico perché il Governo Siniora è stato obiettivamente messo in crisi dalle dimissioni di cinque ministri sciiti - tutta la delegazione sciita si è dimessa - e dalle dimissioni del ministro greco-ortodosso, mentre il Governo non è disponibile a fare altrettanto - naturalmente questa è una valutazione politica interamente mia - e mi sembra piuttosto intenzionato a perseguire la strada di una sorta di destabilizzazione confessionale del paese; comunque, il contesto è di grande e nevralgica problematicità.
In questo contesto, lo svolgimento della missione di interposizione incontra talora (e ci auguriamo sempre meno) qualche elemento di rischio e pericolo. In chiusura, ricordo intanto l'incursione di forze israeliane Pag. 91contro la nave militare tedesca di fronte alle coste libanesi. La nave sarebbe stata ritenuta «colpevole» di aver fatto decollare un elicottero senza prima avere avvisato le autorità di Tel Aviv. Inoltre, vorrei ricordare anche le «esercitazioni» di picchiata dei caccia israeliani sulle unità navali francesi, contro le quali il comandante di UNIFIL, generale Alain Pellegrini, ha minacciato esplicitamente l'uso della contraerea ed auspicato la costituzione di una zona di non volo, una no fly zone, in coincidenza con la regione dell'interposizione. Quindi, il quadro è complesso e complicato. Credo che sarebbe opportuno raddoppiare le cautele per evitare che situazioni di potenziale contraddizione (o che potrebbero essere percepite come tali) si determinassero mettendo a rischio il buon andamento della missione e le truppe ivi impegnate.
(Iniziative per il riconoscimento alla memoria delle vittime delle stragi e delle persecuzioni nazifasciste - n. 2-00231)
PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00231 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, la mia interpellanza riguarda, da una parte, i fatti di Cefalonia, acquisiti alla memoria storica, e, dall'altra, una vicenda giudiziaria assolutamente recente, anzi ancora in corso, e che nei prossimi giorni conoscerà un atto di grande rilevanza. Vorrei riepilogare molto schematicamente i fatti.
Come tutti noi sappiamo, nel settembre del 1943 si è verificata nelle isole ioniche, nell'isola greca di Cefalonia, la strage di maggiori proporzioni a danno delle forze militari italiane impegnate dopo l'8 settembre 1943 al fianco di quelle anglo-americane. Si tratta della strage di maggiori proporzioni e contestualmente del primo atto della resistenza italiana, come il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ebbe a definire il 1o marzo 2001 in occasione della commemorazione dei caduti italiani della divisione Acqui, a seguito della decisione del comandante, generale Gandin, di non consegnare le armi ai tedeschi. Inoltre, si tratta anche del primo massacro perpetrato dalle forze nazifasciste nei confronti dei nostri militari.
Cosa avvenne a Cefalonia? A Cefalonia, l'8 settembre venne presa una decisione dalle forze militari italiane, peraltro assunta nel modo più partecipato. Gli storici ricordano che il generale Gandin decise di chiedere, in una sorta di referendum, ai militari di truppa, ai sottufficiali e agli ufficiali italiani cosa intendessero fare. Allora, essi decisero di resistere ai tedeschi e in uno scontro militare vennero uccisi e caddero in battaglia circa 1.200 militari italiani. La preponderanza delle forze di terra e di cielo tedesche indussero in un secondo momento il generale Gandin a decidere la resa. Essa fu comunicata al nemico il 22 settembre. In quella data scattò una caccia all'uomo nei confronti dei militari italiani, che vennero sistematicamente catturati, fatti prigionieri ed uccisi, in violazione del diritto internazionale di guerra e di ogni convenzione militare. La storia parla di 155 ufficiali e di circa 4.500 soldati italiani massacrati in tal modo. Addirittura, nel processo di Norimberga sulla strage di Cefalonia, il generale statunitense, Telford Taylor, che partecipava al collegio di accusa, dichiarò che gli italiani erano soldati regolari che avrebbero meritato il rispetto, la considerazione ed il trattamento cavalleresco, mentre invece avevano subito ritorsioni che violavano tutte queste norme e tutti questi princìpi. Questo è quello che riguarda la vicenda storica, a noi tutti nota.
Senonché qualche mese fa, nel luglio 2006, si è aperto un nuovo capitolo, che stavolta ha anche un contesto giudiziario. Mi riferisco al processo intentato nei confronti dell'allora sottotenente dell'esercito tedesco, Otmar Muehlhauser, che fu tra i protagonisti dell'eccidio in qualità di comandante del plotone di esecuzione che passò per le armi numerosi ufficiali italiani della divisione Acqui. Nel processo, Pag. 92Muehlhauser, se non è stato del tutto assolto, ha comunque beneficiato della decisione del procuratore generale Stern, di Monaco, che ha optato per una prospettiva che rende semplicemente impossibile qualsiasi giudizio di condanna. Infatti, il giudice tedesco ha ritenuto Muehlhauser colpevole di omicidio, non ignorando le sua rilevanza né le sue decisioni, ma ha consentito la prescrizione del reato, negando che le sue azioni fossero determinate da «vili motivi» (questo è il punto giuridico) per il semplice fatto che ha sposato interamente l'ottica dell'imputato. Il giudice tedesco ha detto che allora Muehlhauser riteneva gli italiani disertori e traditori. Siccome quello che conta è il punto di vista soggettivo dell'imputato, non si può dire che invece erano prigionieri di guerra. Dunque, visto che non erano prigionieri di guerra, non sussistono i «vili motivi». Tutti capiamo che secondo questo punto di vista, per il quale un giudice assume l'ottica dell'imputato, non vi saranno mai «vili motivi». Infatti, non credo che incontreremo facilmente un soggetto che agisca sulla basi di motivi da lui stesso ritenuti vili.
Concludendo l'illustrazione della nostra interpellanza, vorrei aggiungere un'ulteriore considerazione su cui credo che valga la pena riflettere un momento. La giustizia tedesca non ha mai, fino ad oggi, condannato alcun militare della Wehrmacht o delle SS resosi responsabile di assassinio, massacro e violenza nei confronti di militari italiani. Non vi è mai stata una condanna, anzi, ogni qualvolta un'autorità giudiziaria tedesca abbia, per incidenza nel contesto di un procedimento penale, emesso una sentenza in tal senso, la Corte suprema ha sistematicamente provveduto a prescrivere o ad assolvere. Ricordo il caso emblematico della condanna in contumacia all'ergastolo di Siegfrid Engel, responsabile di una quantità di stragi (strage della Benedicta, del Passo del Turchino, di Portofino e di Cravasco), dove la Corte suprema ha provveduto ad annullare la condanna che in primo grado la corte penale di Amburgo aveva emesso.
Visto che dopodomani la corte penale di Monaco, nella persona (ahinoi) dello stesso procuratore Stern, sarà chiamata a giudicare sul ricorso che la figlia di una delle vittime di Cefalonia ha presentato contro la decisione di prescrivere il reato al signor Muehlhauser, in questo contesto chiediamo al Governo di considerare tutta la gravità della situazione per una ragione molto semplice.
Noi riteniamo che questa non sia e non possa essere più considerata una vicenda giudiziaria normale e, dunque, di ordine privato. Riteniamo che siano in causa, oltre alla memoria ed alla verità storica, anche la dignità e l'onore di combattenti italiani che sono stati vittime di condotte inammissibili e che meritano un riconoscimento per ciò che è effettivamente avvenuto.
Siamo stati raggiunti da alcune notizie, in questi ultimi frangenti, circa il fatto che il procuratore Stern si sarebbe rammaricato di aver usato le parole «traditori» e «disertori» e si sarebbe dichiarato turbato e scosso. Da ultimo, persino il ministro della giustizia della Baviera, la signora Beate Merck, avrebbe definito «terrificante e disonorevole» il comportamento dei militari tedeschi.
Il problema, tuttavia, non è semplicemente questo. Non si tratta, a nostro modo di vedere, di giudicare un comportamento e nemmeno, signor Presidente - vorrei chiarirlo, perché ci è stato contestato - di interferire con la giustizia tedesca, con la magistratura di un altro paese che ha la sua autonomia e la sua indipendenza. Ciò ci è assolutamente noto. Ciò che vorremmo, e chiediamo al Governo se non lo ritenga opportuno, è che vengano fatti passi ufficiali perché si determini una presa di posizione istituzionale, da parte del nostro paese, affinché la Germania, in tutte le sue articolazioni istituzionali, riconosca la verità storica e dia alla verità storica, in questo caso quella dei massacri perpetrati dai militari nazisti, la dovuta diffusione, la dovuta visibilità e ciò suoni come esplicito riconoscimento e scuse nei confronti dei nostri militari.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Onorevole Burgio, la ringrazio per questa interpellanza. Spero, nella mia risposta, di andare incontro all'obiettivo della medesima.
Naturalmente, il Governo concorda pienamente con lei sull'inaccettabilità delle motivazioni dell'ordinanza con cui la procura ha archiviato il caso dell'ex ufficiale tedesco. Noi, appena informati di tale ordinanza di archiviazione, tramite il nostro ambasciatore a Berlino, abbiamo espresso immediatamente al ministro federale della giustizia, Brigitte Zypries, ed al ministro della giustizia della Baviera, Merck, la nostra indignazione e la nostra deplorazione per le tesi sostenute dal procuratore di Monaco, ribadendo l'importanza di ristabilire la verità storica e giuridica e richiamando anche, al riguardo, la condanna erogata dal Tribunale di Norimberga contro il generale Hubert Lanz, che fu il comandante delle truppe tedesche a Cefalonia. Abbiamo altresì tenuto a sottolineare alle autorità tedesche che quella di Cefalonia è una pagina gloriosa della storia italiana, rammentando il numero dei militari italiani caduti sotto il fuoco tedesco per tenere fede al loro giuramento di fedeltà alle istituzioni nazionali italiane. Ciò è stato ribadito in successivi incontri con l'ambasciatore di Germania a Roma e con le autorità tedesche a Berlino.
Nella lettera, che peraltro lei ha citato, spedita dal ministro della giustizia della Baviera, la stessa ha detto testualmente che il massacro compiuto contro i soldati italiani a Cefalonia ha infranto in maniera terrificante e disonorevole le regole del diritto internazionale di guerra e, quindi, che è altrettanto fuori discussione che non vi fosse alcuna giustificazione per quelle azioni.
Pertanto, con l'archiviazione del procedimento la procura non ha voluto assolutamente mettere in dubbio quanto affermato al momento della condanna del generale Lanz nell'ambito del processo di Norimberga sulle fucilazioni di Cefalonia. A questa inequivocabile presa di posizione sull'aspetto politico e storico della vicenda il ministro ha fatto seguire un'articolata ricostruzione tecnico-giuridica del dispositivo della sentenza, che riassumerò soltanto in parte.
Il primo principio evocato dal ministro Merck è che nell'ordinanza della procura di Monaco non vi fosse alcun intento assolutorio ed è fuori di dubbio che lo stesso pubblico ministero ha tenuto a precisare per iscritto che al comportamento dell'indagato non può essere riservata alcuna comprensione.
Il secondo principio è che il termine «traditore» era virgolettato e non si riferiva, infatti, all'operato delle Forze armate italiane, ma alla percezione che, all'epoca, il sottotenente accusato aveva degli avvenimenti. Nelle parole del ministro, l'indagato avrebbe dovuto comprendere che i militari italiani rimanevano fedeli alla propria patria, ma, nella sua ottica soggettiva, egli percepiva quei soldati, che in precedenza erano stati compagni d'armi, come nemici che lottavano contro di lui.
Il terzo principio è che tale stessa percezione era sicuramente sbagliata, inaccettabile, sia dal punto di vista giuridico sia dal punto di vista morale. Tuttavia, il fatto che l'accusato abbia agito, a suo tempo, per obbedire ad ordini ricevuti e sulla base di una comprensione distorta della realtà, fa sì che nei suoi confronti non scattino oggi le aggravanti previste dal codice penale tedesco per l'omicidio doloso aggravato per vili ragioni. Non è, quindi, sul piano strettamente tecnico, erroneo ammettere che i reati contestati all'imputato possano cadere in prescrizione.
Riteniamo, ai fini di una valutazione serena della lettera del ministro della giustizia, che le argomentazioni giuridiche a sostegno della decisione di archiviazione vadano tenute distinte dalle considerazioni di carattere storico e morale sulla vicenda di Cefalonia e sul comportamento dei nostri militari, e che sul piano giuridico risulta certamente insoddisfacente Pag. 94la giustificazione ricercata nelle interpretazioni giurisprudenziali invocate nel caso Mühlhauser.
Dal punto di vista del giudizio sostanziale, la lettera, tuttavia, rappresenta una chiara presa di distanza tanto del ministro quanto dello stesso pubblico ministero rispetto a quella che appariva come un'offesa della verità storica, della dignità delle vittime della tragedia di Cefalonia e delle intere Forze armate italiane. Sotto questo profilo, i nostri passi svolti nei confronti delle autorità tedesche sono riusciti, crediamo, nell'intento di ottenere da parte delle medesime una precisazione inequivocabile sul comportamento dei nostri militari ed i propositi del ministro Merck e del procuratore generale non avrebbero potuto riconoscerne più chiaramente la fedeltà alla patria ed alle istituzioni nazionali.
Così abbiamo ritenuto di comportarci e così credo, onorevole Burgio, questa vicenda abbia visto il Governo impegnato nel tentare di non compromettere sul piano storico e sul piano morale l'azione dei nostri militari e, soprattutto, nel fare in modo che le autorità tedesche riconoscessero l'errore di fondo, sul piano storico e morale, che stavano commettendo.
PRESIDENTE. La deputata Cardano, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
ANNA MARIA CARDANO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta; tuttavia la nostra posizione è soltanto di parziale soddisfazione per quanto ascoltato in quest'aula. È evidente, infatti, che un procedimento ancora in corso, perché non sono completate le fasi di giudizio, richiede, a nostro parere, una presa di posizione più forte da parte dello Stato italiano. Se è vero che uno Stato non può costituirsi parte civile, siamo tuttavia convinti che singole persone, in rappresentanza delle istituzioni di un paese, possano farlo e che questo sia forse il caso, non certo per aprire una crisi diplomatica con la Repubblica federale tedesca, per il valore emblematico e storico di questa vicenda, di non lasciarla esaurire soltanto con queste, pur apprezzabili, azioni svolte finora.
Riteniamo, infatti, che al momento tutta la questione si sia comunque risolta in un fatto rimasto privato, perché anche le cose da lei citate, signor sottosegretario, non sono diventate di dominio pubblico. Quindi, al momento, è rimasto un fatto privato tra la signora Negri, parte civile italiana e, appunto, il procuratore Stern, che ha espresso il giudizio.
A nostro parere, non può continuare ad essere così. L'opinione pubblica italiana deve venire a conoscenza al più presto anche di queste posizioni espresse in Germania dai rappresentanti istituzionali. D'altra parte, siamo a conoscenza che la Repubblica federale tedesca, in particolare il Parlamento tedesco, tra il 2002 e il 2004, ha varato alcune importanti leggi (una delle quali ha istituito la Fondazione memoria, responsabilità e futuro) che parlano proprio di riabilitazione dei disertori.
Ora, vedere utilizzato un linguaggio superato, dal punto di vista giuridico, dalle stesse leggi tedesche oggi non ci pare accettabile. Il linguaggio non è neutro e le parole che si leggono nella sentenza, come «prigionieri non normali», o «traditori» o «disertori», anche se virgolettate, non possono essere accettate.
Per questo motivo, pensiamo che una vicenda come questa possa essere significativa rispetto a come l'Europa intende porsi per il futuro (peraltro, la Fondazione tedesca è denominata memoria, responsabilità e futuro). Per il futuro l'Europa deve porsi sul piano dei diritti umani e della nozione di civiltà in modo più avanzato. Questa deve diventare una lezione che, in qualche modo, insegni che non è mai possibile la prescrizione di reati di questo tipo; quindi, una difesa dei diritti umani anche dei militari di allora.
Chiediamo una presa posizione, perché al momento sono in corso con la Germania le trattative per il risarcimento dei 650 mila prigionieri militari italiani. La loro sorte è stata tragica, poiché non essendo considerati allora prigionieri di guerra, non ebbero i benefici spettanti a questi Pag. 95ultimi. In seguito, non hanno ottenuto alcun risarcimento, perché neppure riconosciuti lavoratori coatti.
In tale contesto, chiediamo che le azioni proseguano in modo ancora più incisivo e, soprattutto, che ne sia data pubblicamente contezza.
(Misure a favore della scuola italiana di Madrid - n. 2-00257)
PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00257 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
FRANCO ADDOLORATO GIACINTO NARDUCCI. Signor Presidente, la mia interpellanza, sottoscritta da altri 29 colleghi parlamentari, è rivolta al ministro degli affari esteri per avere una risposta esaustiva sulla situazione della scuola italiana di Madrid. Si tratta di una scuola prestigiosa che da decenni offre lustro alle politiche scolastiche attuate dal nostro paese all'estero.
Questa interpellanza offre, altresì, lo spunto per una riflessione necessariamente breve sulle strategie culturali dello Stato italiano e sui metodi scelti per sostanziarle; strategie che, spesso, non valutano con contezza l'enorme potenziale rappresentato dalle comunità italiane emigrate.
Signor Presidente, se non puntiamo la nostra attenzione sulla promozione della lingua e della cultura italiana, possiamo dichiarare fallimentari le politiche migratorie da parte dell'Italia. Ne traiamo convinzione (sono un parlamentare eletto all'estero) analizzando il successo che riscuotono tra le nostre comunità le settimane della lingua italiana nel mondo promosse in questi ultimi anni e giunte alla sesta edizione; successo che è cresciuto con il progressivo coinvolgimento di tutte le forme della presenza italiana all'estero.
Anche per questa ragione, la difesa delle scuole italiane all'estero, della lingua e della cultura costituisce per noi un valore ed una priorità assoluti. Cosa ci resterebbe, altrimenti? Ci resterebbero milioni di persone con un cognome italiano, e nient'altro.
La scuola di italiano di Madrid è un esempio di quante possibilità si offrono per un ruolo attivo dell'Italia nel solco della nostra tradizione culturale. Come ha affermato il Presidente Giorgio Napolitano ieri, esiste un pianeta Italia al di fuori del territorio nazionale abitato da uomini e donne che hanno scelto di conoscere e parlare la nostra lingua e, insieme alla lingua, di assumere le tradizioni, la cultura e la filosofia di vita che caratterizzano il popolo italiano.
Chiediamoci, allora, cosa debba fare uno Stato moderno che, invece di facilitare le pratiche burocratiche, le rende più complicate e mette i dirigenti degli uffici nell'incapacità di operare, frenando in tal modo il ruolo che l'Italia può svolgere con successo. Diventa esilarante parlare di grandi progetti e politiche culturali, quando la macchina burocratica non riesce a gestire questioni come quelle concernenti gli edifici scolastici di sua proprietà.
La scuola italiana di Madrid ha avuto fin dalla sua istituzione una funzione di fondamentale importanza; un'importanza cresciuta negli anni, a tal punto che oggi essa viene considerata tra le prime dieci scuole del sistema pubblico e privato di istruzione in Spagna.
Vi si sono formati migliaia di giovani italiani e, in considerazione anche della storia spagnola passata e della peculiarità del sistema scolastico del paese ospitante, essa ha contribuito all'istruzione di numerosi cittadini spagnoli assurti spesso a ruoli di alto profilo negli snodi dell'economia e della politica del loro paese.
La scuola italiana di Madrid rappresenta, per importanza storica, culturale, grandezza e influenza sul territorio iberico, la più grande entità scolastica pubblica italiana al di fuori del territorio metropolitano.
Occorre, allora, migliorare con urgenza l'agibilità delle strutture scolastiche e risolvere i problemi di spazio che rendono Pag. 96oltremodo difficoltosa l'organizzazione dell'esercizio didattico nella realtà scolastica di Madrid.
Vorrei richiamare, in questa sede, le solenni parole del Presidente Ciampi (proprio perché vi è una situazione simile in molte altre scuole italiane all'estero), nel giorno del suo giuramento: gli italiani nel mondo costituiscono parte integrante di questa nazione, sono una cosa sola con l'Italia.
Vorrei ricordare anche un passaggio della dichiarazione in favore di una Carta per l'Europa della cultura, nel punto in cui recita: riaffermiamo che la cultura contribuisce anche tanto allo sviluppo economico, all'occupazione e alla coesione sociale e territoriale, quanto allo splendore dell'Europa nel mondo.
La politica estera dell'Italia non può riguardare prevalentemente gli scenari di tensione armata o dello sviluppo economico, ma anche il ruolo di paese protagonista che sapremo esercitare sul piano culturale e scolastico, dal quale spesso dipendono anche le affermazioni in campo economico.
Per queste ragioni, chiediamo che il Governo dia un segnale forte per migliorare l'agibilità strutturale della scuola italiana di Madrid.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Narducci, la sua interpellanza mi consente di sottolineare (non ve ne sarebbe bisogno, ma lo faccio volentieri, affinché rimanga agli atti della Camera dei deputati) il mio apprezzamento per il lavoro svolto dai parlamentari eletti dai nostri connazionali all'estero, perché ci consente anche di considerare l'opportunità di intervenire sulle aree critiche delle nostre missioni diplomatiche e culturali, laddove si registrano i disagi più ampi.
Il caso sollevato dall'onorevole interpellante, ossia quello riguardante la scuola di Madrid, effettivamente, corrisponde ad una situazione di disagio di cui siamo consapevoli. Naturalmente è un disagio comune ad altre scuole italiane statali, che soffrono di scarsa capienza dei locali, a fronte di una continua e più copiosa richiesta di iscrizione da parte non soltanto di alunni italiani residenti all'estero, ma anche di alunni stranieri che intendono apprendere la lingua italiana. Da una parte, ciò rappresenta un fatto di grande dinamismo di cui siamo consapevoli. Dall'altra parte, dobbiamo affrontare questa domanda crescente attraverso risorse che, negli ultimi anni, sono state fortemente contenute, anche a causa delle note esigenze di contenimento e di disciplina di bilancio.
Nel dettaglio, vorrei ricordare che le risorse gestite in questo ambito dalla direzione generale per la promozione culturale del Ministero degli affari esteri hanno subito negli ultimi anni una riduzione di circa il 70 per cento. Per questa ragione ci si è dovuti concentrare, innanzitutto, sulle misure più urgenti di manutenzione e di adeguamento alle norme di sicurezza delle scuole italiane all'estero.
Tuttavia, nel merito dell'oggetto della sua interpellanza, voglio confermare che il Ministero degli affari esteri intende assicurare al più presto la ristrutturazione anche dell'edificio che ospita l'Istituto scolastico statale italiano di Madrid, compatibilmente con le risorse disponibili per l'esercizio finanziario del 2007.
Si conferma anche l'ipotesi di alienare l'edificio, attualmente occupato dall'istituto scolastico statale, per costruire un nuovo stabile in un'altra zona. Ribadisco che tale possibilità non è esclusa e verrà attentamente vagliata. Naturalmente, questa ipotesi - come lei può ben immaginare, onorevole Narducci - richiede tempi più lunghi.
Sul piano più generale della nostra attenzione verso i presidi scolastici, gli istituti scolastici e gli istituti di cultura, vorrei vi fosse la forte consapevolezza che il Governo si sta muovendo in direzione di una nuova e più dinamica, oltre che maggiormente «orientata», politica nei confronti dei nostri connazionali residenti Pag. 97all'estero, sempre compatibilmente con le ristrettezze e le difficoltà di bilancio.
Questa nostra vocazione, tuttavia, corrisponde esattamente ai principi e ai valori che regolano il nostro rapporto con i connazionali all'estero e risponde agli «imperativi» enunciati dai Presidenti della Repubblica che lei ha citato (il precedente e l'attuale). Più in generale, infatti, avvertiamo che si tratta di un valore comune, il quale appartiene all'orientamento ed agli obiettivi di questo Governo.
PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di replicare.
FRANCO ADDOLORATO GIACINTO NARDUCCI. Signor Presidente, ringrazio innanzitutto il sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Mi ritengo soddisfatto per quanto riguarda l'apprezzamento ed il riconoscimento del ruolo svolto dagli italiani all'estero; sono sicuramente non soddisfatto, invece, per quanto concerne il merito dell'interpellanza urgente presentata.
Le ragioni e le motivazioni di tale atteggiamento si possono chiaramente rinvenire all'interno della descrizione riportata nel testo dell'interpellanza. Vorrei soltanto ricordare, con riferimento al problema perenne ed endemico delle risorse finanziarie, che già nel 2000 l'Ufficio italiano cambi - e credo che questo paese ne debba veramente prendere atto - valutava in 60 miliardi di euro l'indotto economico generato dagli italiani all'estero verso l'Italia. Tutto questo senza tener conto della cantieristica e di altri settori, anche se ciò non può essere sicuramente attribuito al merito - con le conseguenti medaglie da appuntare sul petto, ma non è questo il problema - degli italiani all'estero.
Il problema sollevato è reale: se l'Italia vuole competere in un mondo come quello odierno, deve mantenere questa rete di presenze portentosa, poiché - come ben sa il sottosegretario Craxi, che ha visitato le nostre comunità - è dotata di potenzialità enormi. Sono evidenti, e me ne rendo conto anche in qualità di parlamentare che sostiene la maggioranza, i problemi di finanza pubblica; tuttavia, occorre assolutamente destinare, in un futuro veramente prossimo, maggiori risorse a queste presenze all'estero, perché rappresentano una ricchezza economica dell'Italia.
È inutile, in questa sede, ricordare ciò che tutti sappiamo riguardo alla Francia ed alla Germania. Si tratta di paesi che, come l'Italia, siedono nel G8 e tutti noi conosciamo le politiche culturali da essi attuate. Pertanto, vorrei che il mio intervento venisse considerato dal rappresentante del Governo come un appello veramente accorato per fare di più, affinché in questo settore non si disperda il patrimonio accumulato.
(Rinvio interpellanza urgente La Russa - n. 2-00219)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo, sulla quale hanno convenuto i presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente La Russa n. 2-00219 è rinviato ad altra seduta.
(Ritiro interpellanza urgente Rossi Gasparrini - n. 2-00247)
PRESIDENTE. Avverto che l'interpellanza urgente Rossi Gasparrini n. 2-00247 è stata ritirata dai presentatori.
(Tempi di realizzazione della linea alta velocità-alta capacità Milano-Genova-Terzo Valico dei Giovi - n. 2-00179)
PRESIDENTE. Il deputato Adolfo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00179 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
VITTORIO ADOLFO. Signor Presidente, intervengo per illustrare l'interpellanza in oggetto in un momento certamente particolare, poiché il progetto in questione è stato al centro dell'attenzione proprio in questi giorni.
Pag. 98PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 17,36)
VITTORIO ADOLFO. Solo per riassumere brevemente la questione, ricordo che l'opera in sé riguarda il collegamento tra Genova e Novi Ligure; si tratta, quindi, di un potenziamento infrastrutturale indispensabile per la regione Liguria, la portualità ligure ed il Nord-Ovest.
Mi riferisco, inoltre, ad un progetto finalizzato al collegamento delle due realtà portualistiche più importanti d'Europa, vale a dire Rotterdam e Genova. Si tratta, dunque, di realizzare un collegamento indispensabile per lo sviluppo economico e commerciale sia dell'intero Nord-Ovest, sia dell'Italia del Nord.
Ricordo che con la precedente giunta regionale ed il precedente Governo, grazie anche al contributo offerto dalle altre forze politiche, si era giunti finalmente ad un progetto definitivo ed oggi cantierabile. Rammento che si era lavorato con molta determinazione in tal senso: all'epoca, infatti, ero assessore alle infrastrutture, e quindi ho seguito personalmente l'intero percorso - dalla Conferenza dei servizi fino alla cantierabilità - relativo a tale progetto.
Ricordo, altresì, che a tale progetto hanno lavorato insieme tutte e tre le regioni del Nord. Il consenso, dunque, era stato unanime, poiché era stato espresso da tutte e tre le regioni interessate.
Oggi, invece, ci troviamo dinanzi ad una scelta che sicuramente non condividiamo. Di fronte a tale decisione, mi domando quale atteggiamento intenda assumere e cosa voglia fare il presidente della regione Liguria, Claudio Burlando, già ministro dei trasporti. Mi chiedo, inoltre, quale atteggiamento avranno i deputati di maggioranza liguri e genovesi, i quali conoscono bene l'importanza di tale progetto.
Prima di entrare nel merito del discorso, desidero formulare solamente una considerazione, anche perché le decisioni assunte in questi giorni cambiano gli scenari.
Vorrei evidenziare che nel 2010 Rotterdam ed i porti del Nord d'Europa scaricheranno oltre 100 milioni di container, mentre Genova ne scaricherà 6 milioni: mi domando, allora, come la «porta del Mediterraneo» possa tenere il passo della realtà del Nord dell'Atlantico! Rivolgo al Governo tale quesito.
Entrando nel merito, voglio ricordare che erano stati stanziati 15 milioni di euro l'anno per 15 anni, ma tali somme sono state «cancellate» e destinate all'alta velocità Torino-Milano-Napoli. Oggi, quindi, ci troviamo di fronte alla chiusura del cantiere della linea Milano-Genova-Terzo Valico dei Giovi.
Si tratta di una decisione del Governo di centrosinistra di cui prendiamo atto; chiediamo, tuttavia, che rimanga la volontà politica di realizzare quest'opera. Osservo che, per fare ciò, non è detto che le risorse finanziarie debbano essere solamente pubbliche: chiedo, pertanto, di rivolgersi a soggetti privati.
Vorrei segnalare che una cordata - della quale fanno parte la Cassa di risparmio di Genova e Imperia, l'Unicredit e il Sanpaolo IMI - sta studiando il problema. Vi invito, quindi, ad esplorare un'altra soluzione, vale a dire il ricorso a risorse finanziarie private, e a non abbandonare un progetto che ritengo indispensabile per tutta l'Italia del Nord, nonché per la portualità del nostro paese.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare l'onorevole Vittorio Adolfo per aver presentato l'interpellanza urgente in oggetto.
Con tale atto di sindacato ispettivo, l'onorevole Adolfo ed altri deputati chiedono quali iniziative il Governo intenda assumere in ordine al sistema italiano alta velocità-alta capacità, in particolare con riferimento alla linea Milano-Genova-Terzo Valico dei Giovi.
Al riguardo, si premette che, ai sensi dell'articolo 1, comma 81, della legge del Pag. 9923 dicembre 2005, n. 266, legge finanziaria per il 2006, la Cassa depositi e prestiti continua a svolgere, attraverso il patrimonio separato della ex Infrastrutture Spa, le attività connesse agli interventi finanziari intrapresi dalla stessa fino all'entrata in vigore della legge citata. Le obbligazioni emesse ed i mutui contratti da Infrastrutture Spa fino a tale data sono integralmente garantiti dallo Stato. La disposizione recata dall'articolo 1, comma 81, della legge citata disciplina, dunque, il subentro della Cassa depositi e prestiti attraverso il patrimonio separato nelle attività connesse agli interventi finanziari intrapresi da Infrastrutture Spa, ma fino all'entrata in vigore della legge finanziaria 2006. Pertanto, è esclusa la tratta ad alta velocità-alta capacità Milano-Genova (il cosiddetto terzo valico dei Giovi) il cui progetto definitivo è stato approvato dal CIPE soltanto con delibera del 29 marzo 2006 e, cioè, successivamente all'entrata in vigore della legge finanziaria 2006.
Giova precisare che, congiuntamente al gruppo Ferrovie dello Stato, è in fase di analisi un nuovo modello di finanziamento del sistema ad alta velocità-alta capacità rispetto a quello sinora adottato. Nelle more dell'implementazione di tale nuovo modello, che dovrà essere sottoposto al vaglio preventivo di Eurostat ai fini dell'impatto sui saldi di finanza pubblica, ai sensi del decreto-legge del 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, è stato riconosciuto al gruppo Ferrovie dello Stato, per l'anno in corso, un contributo statale nel limite massimo di 1,8 miliardi di euro per la prosecuzione degli interventi relativi al sistema ad alta velocità-alta capacità.
Per quanto riguarda l'affermazione della volontà del Governo di realizzare quest'opera importante per un'area assai significativa del nostro paese, confermo l'intenzione sia di completarla, sia di trovare le soluzioni di natura finanziaria, nei limiti dei vincoli posti dall'attuale legislazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Adolfo ha facoltà di replicare.
VITTORIO ADOLFO. Signor Presidente, naturalmente sono insoddisfatto della risposta che ho ricevuto. Oggi, il consiglio di amministrazione della Tav Spa ha preso la decisione definitiva di chiudere i cantieri. Perciò, invito il Governo ad intervenire per esplorare a fondo tutte le soluzioni possibili affinché quest'opera possa essere realizzata anche al di fuori degli schemi della finanziaria, quindi, con risorse private, perché è indifferibile nel tempo.
(Misure per garantire un adeguato approvvigionamento energetico - n. 2-00215)
PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00215 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, accogliendo l'invito della Presidenza, cercherò di illustrare la mia interpellanza molto rapidamente. Come tutti sanno, nel mondo occidentale è percentualmente in diminuzione il consumo di petrolio ed in aumento quello di gas naturale. Il nostro paese, però, dipende quasi totalmente dall'estero per l'approvvigionamento. Infatti, il 90 per cento del gas consumato è importato e solo per il 10 per cento della domanda è soddisfatto con le risorse nazionali.
Per comprendere meglio il problema, fornirò alcune cifre. Tra il 2000 e il 2004, l'aumento della domanda di gas naturale in Italia è stato del 14 per cento ed è stato calcolato che, tra il 2005 e il 2010, l'incremento di consumo sarà del 20 per cento. Tra qualche tempo, la domanda di gas naturale costituirà il 40 per cento della complessiva domanda di energia, e sarà pari alla domanda di petrolio.
Questo significa che dobbiamo porci il problema di assicurarci - anche a causa della situazione delle cosiddette riserve energetiche che, in Italia, è particolarmente critica - un maggiore approvvigionamento di gas. Ritengo opportuno aggiungere che noi dipendiamo, per il 60 per cento, dai metanodotti che provengono Pag. 100dalla Federazione russa e dall'Algeria. È estremamente importante avere più fonti di approvvigionamento per godere di maggiore autonomia. Anche questa circostanza, infatti, incide sul prezzo.
Per questo motivo, è stato chiesta da più società l'autorizzazione a realizzare e mettere in opera impianti di rigassificazione. In pratica, ciò significa importare gas naturale liquido con le navi, mediante un sistema di trasporto estremamente sicuro, e, attraverso gli impianti in cui si effettua la rigassificazione, immetterlo nel sistema a rete di distribuzione del gas. Questo investimento, tra l'altro, produrrebbe occupazione per circa ventimila unità. A tutt'oggi, in Italia, sono state richieste otto autorizzazioni, tre delle quali sarebbero state già concesse. Per una serie di circostanze, tuttavia, non si avvia la realizzazione di questi impianti, in parte anche per l'opposizione dei gruppi ambientalisti i quali - francamente, con scarse motivazioni - cercano di evitarla. Peraltro, paesi con sensibilità ambientalista molto maggiore, forse, di quella italiana, autorizzano questo sistema che garantisce autonomia energetica. Inoltre, gli stessi enti locali, attraverso una serie di ostacoli burocratici, si oppongono a questa scelta.
Intendo conoscere l'opinione del Governo al riguardo e sapere come intenda muoversi e, più in generale, come intenda affrontare, da questo punto di vista, la politica energetica, tenendo presente che la ricerca di una autonomia energetica rispetto al petrolio è sicuramente un obiettivo comune dell'occidente, legato anche alla necessità di migliorare le condizioni di tutela dell'ambiente e della natura.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, preliminarmente desidero affermare - credo che tutti possiamo essere d'accordo su queste semplici considerazioni - che i quesiti sollevati dall'onorevole interpellante attengano a una materia troppo importante e troppo complessa per poter essere esaminata nell'ambito di una sola risposta ad una interpellanza. Su questo tema e per i provvedimenti che riguardano gli approvvigionamenti energetici - presso il Senato è in discussione un disegno di legge in materia - il Governo sta fornendo risposte e puntualizzazioni. Lo farà in maniera ancor più autorevole anche nel prossimo futuro.
Svolta questa premessa doverosa, che non è una captatio benevolentiae, ma una dichiarazione di onestà intellettuale, in merito alle questioni sollevate più specificamente da parte dell'onorevole interpellante posso semplicemente ricordare che in Italia, allo stato attuale, esiste un solo terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL), operante da decenni e ubicato a Panigaglia, della capacità massima di circa 3,5 miliardi di metri cubi all'anno.
Sono stati, inoltre, autorizzati tre progetti, rappresentati dal terminale offshore al largo di Rovigo, della capacità di rigassificazione di otto miliardi di metri cubi annui, dall'impianto dell'area industriale del porto esterno di Brindisi, della capacità di altri 8 miliardi, e, infine, dal terminale galleggiante offshore al largo delle coste toscane, con una capacità prevista di 3,7 miliardi di metri cubi.
Inoltre, vi sono istanze in istruttoria per ulteriori sette progetti di terminale (nel porto industriale di Trieste, nel golfo di Trieste, nell'area industriale di Taranto, nell'area esterna del porto di Gioia Tauro, nella rada di Augusta, a porto Empedocle, nell'area industriale di Rosignano in Toscana), ciascuno della capacità di 8 miliardi di metri cubi; un'ulteriore istanza è stata presentata per un terminale offshore al largo di Ravenna ed è in corso di valutazione da parte del Ministero dello sviluppo economico.
I sette progetti in parola sono in fase di VIA presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per tutti, è stata effettuata la consultazione del pubblico interessato, ai sensi delle normative Pag. 101europee e italiane in materia, comprendendo anche gli aspetti di sicurezza.
Sei di questi progetti hanno già ottenuto il cosiddetto nulla osta di fattibilità dai competenti comitati tecnici regionali, sulla base delle norme di sicurezza relative agli impianti a rischio di incidente rilevante, emanati in attuazione delle direttive europee cosiddette «Seveso».
Si osserva che le attuali prestazioni del sistema del gas italiano, per la carenza di infrastrutture di approvvigionamento, non sono compatibili con le richieste di gas che, in determinate condizioni, potrebbero verificarsi durante i «picchi» invernali di domanda.
Durante lo scorso inverno, in assenza dei tagli imposti alla domanda di gas al settore del riscaldamento domestico (che hanno comportato l'erogazione di meno 200 milioni di metri cubi) e al settore termoelettrico (meno 960 milioni di metri cubi) e delle misure di obbligo di massimizzazione delle importazioni e di uso della riserva strategica del gas, il sistema italiano del gas, nell'ultima fase invernale, avrebbe subito almeno tre episodi di distacco delle forniture di gas al settore industriale e forse civile, con gravissimi danni al tessuto economico e sociale.
Con riguardo ai terminali autorizzati, si precisa che due di essi sono ubicati offshore (quello a largo di Rovigo, costituito da una struttura di calcestruzzo posizionata sul fondale marino, e quello al largo delle coste toscane, costituito da una nave permanentemente ormeggiata). Dei sette progetti in istruttoria, solo uno è di tipo offshore.
Si segnala che l'ubicazione in mare dei terminali di rigassificazione, che comporta costi sensibilmente maggiori rispetto alla soluzione tradizionale in terraferma, è stata dettata dalla volontà di ridurre l'impatto territoriale, ottenere facilmente il consenso delle popolazioni interessate e migliorare le condizioni di sicurezza in caso di incidente.
La costruzione del terminale offshore, da installare a largo di Rovigo, è giunta al 45 per cento circa della sua realizzazione; sono state poste sotto sequestro dalla procura della Repubblica di Rovigo le opere di un'isola artificiale, realizzata temporaneamente in mare, al fine di poter usare il gasdotto dal terminale alla terraferma, evitando il più possibile gli impatti ambientali in fase di scavo nelle aree sensibili costiere, secondo quanto prescritto dal Ministero dell'ambiente, in attesa che siano verificate le compatibilità ambientali di tale opera temporanea.
La costruzione del terminale di Brindisi, per il quale si sta realizzando l'opera di colmata, incontra difficoltà dovute alle opposizioni locali, per le quali sono in corso riunioni tra i Ministeri interessati e gli enti locali coinvolti, al fine di ricercare una soluzione.
Se mi è permesso, vorrei fare presente all'onorevole interpellante che, in questo caso, si tratta non di qualche ambientalista, ma di un'opposizione trasversale che coinvolge i sindaci e i responsabili degli enti locali di diverso e variegato colore politico. Questo Ministero è ovviamente sensibile ed apre, dunque, una discussione, la cui soluzione vorremmo trovare in modo concordato con le popolazioni e con gli enti locali.
Il terminale offshore al largo delle coste toscane, come previsto, inizierà i lavori nei primi mesi del prossimo anno. Si stanno completando le istruttorie per il relativo gasdotto di collegamento alla rete di straporto nazionale.
Relativamente alla necessità di dotarsi di un piano energetico nazionale, si fa presente che l'esigenza segnalata da più parti di una carenza di scelte strategiche nel campo dell'energia ha già trovato una risposta nella recente istituzione di una «cabina di regia» presso la Presidenza del Consiglio, per analizzare i diversi temi che coinvolgono i settori energetico ed ambientale.
Ciononostante, mi corre l'obbligo di ricordare che, rispondendo ad un ordine del giorno presentato da un gruppo parlamentare sia alla Camera sia al Senato, che verteva sull'esigenza di definire un piano energetico, anche di lungo periodo, Pag. 102il Governo ha risposto positivamente e nei prossimi mesi garantiremo l'esecutività di questo nostro impegno.
Per quanto riguarda la «cabina di regia», una prima riunione si è tenuta lo scorso agosto, discutendo gli scenari di evoluzione della domanda nazionale di energia ed in particolare di quella di gas, nelle diverse ipotesi di andamento tendenziale e di interventi di efficienza e risparmio energetico, trovando l'accordo di tutti i ministri presenti.
La domanda tendenziale di gas è stimata in circa 99 miliardi di metri cubi di gas al 2010, che, per il concomitante calo della produzione nazionale, andrà coperta per 91,6 miliardi da importazioni. Se si tiene conto che le infrastrutture vanno dimensionate per la domanda di punta e che occorre avere una sovracapacità stimata al 20 per cento rispetto al valore necessario, sia per la sicurezza degli approvvigionamenti - in caso di riduzione delle forniture dall'estero, come abbiamo sperimentato lo scorso inverno - sia per consentire maggiore concorrenza e liquidità del mercato, con contratti di tipo spot, la domanda di infrastrutture da realizzare è stimata in circa 30 miliardi di metri cubi all'anno entro il 2009, seguiti da altri 10-15 miliardi di metri cubi annui entro il 2011.
Tale prima fase, che servirà anche a recuperare il deficit di infrastrutture sinora accumulato, è, in parte, realizzabile con i potenziamenti dei gasdotti di transito in Austria e in Tunisia (più 13 miliardi di metri cubi all'anno), con il terminale da installare a largo della costa di Rovigo (più 8 miliardi di metri cubi all'anno), in fase avanzata di costruzione, e con gli altri due terminali autorizzati e quelli in corso di istruttoria.
Se a questo obiettivo si aggiunge quello della diversificazione degli approvvigionamenti, che può essere ragionevole porre in una copertura, dal 2010 in poi, di un terzo della domanda di gas mediante GNL, in modo da contenere la dipendenza dalle forniture di gas da Algeria e Russia, da cui oggi importiamo il 59 per cento del consumo nazionale, allo stesso anno dovrebbero essere in esercizio terminali per una capacità di rigassificazione di circa 33 miliardi di metri cubi, rispetto ai circa 3,5 forniti dall'attuale unico terminale esistente, corrispondente ad almeno quattro nuovi terminali in esercizio.
A fronte di questi obiettivi, il Ministero dell'ambiente si è impegnato ad accelerare il completamento delle istruttorie di valutazione di impatto ambientale in corso per progetti di terminale di gas naturale liquefatto. Nel frattempo, si stanno valutando le iniziative anche con le regioni che devono fornire l'intesa sull'autorizzazione e con gli enti locali interessati alle ricadute sul tessuto economico e sulle comunità locali.
Nell'ambito di procedimenti di VIA in corso e delle verifiche di sicurezza e in relazione ai pareri delle regioni e degli enti locali interessati, sarà possibile determinare quali progetti di terminale di GNL potranno essere autorizzati.
La loro effettiva realizzazione dipenderà poi da una serie di fattori di mercato, essendo evidente che gli investitori e gli istituti finanziari procederanno a realizzare solo le infrastrutture effettivamente richieste dalla domanda di gas, per cui il numero effettivo di nuovi terminali realizzati nel corso del prossimo decennio dipenderà anche dai nuovi gasdotti effettivamente operanti nello stesso arco temporale.
Un aggiornamento della situazione nell'ambito della «cabina di regia» è previsto a breve scadenza.
PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di replicare.
CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, l'interpellanza in esame si propone di indurre il Governo ad affrontare con energia, considerato che stiamo trattando la questione dell'energia, questo problema.
Credo sia un settore strategico! Realizzare questi impianti significherebbe: diminuire il peso del petrolio che produce danni per la combustione ed è soggetto alla variazione dei costi al barile; cercare di differenziarsi per quanto riguarda l'approvvigionamento, per non essere ostaggio Pag. 103del metanodotto russo o di quello algerino o di altri che verranno costruiti, ed avere più possibilità di rifornimento; non andare incontro nel periodo invernale, quando aumentano le richieste di gas per la combustione e riscaldamento, a buchi di approvvigionamento e, comunque, ad un forte aumento dei costi per le penalità nell'aumento del consumo dei metanodotti.
È estremamente importante convertire la produzione dell'energia elettrica attraverso centrali a gas che creano scarsissimo impatto ambientale rispetto a quelle, per esempio, a combustione o alimentate con il combustibile solido o altro petrolio.
Quindi, vi sono una serie di fattori concomitanti in positivo per raggiungere questo scopo. Credo non si possano mantenere i tempi ordinari; la cabina di regia deve porsi l'obiettivo di restringere i tempi. Non è possibile che trascorrano anni da quando si chiede l'autorizzazione, iniziano i lavori ed entra in funzione l'impianto.
È un problema strategico per l'Italia.
Mi si dice che, talvolta, vi è un certo atteggiamento da parte dell'ENI che non è molto favorevole alla realizzazione di questi impianti, essendo sostanzialmente monopolista del settore. L'ENI è una società che ha una grande considerazione per il ruolo che svolge, ma è uno dei fattori che dobbiamo tenere in considerazione.
Sono parzialmente soddisfatto della risposta del sottosegretario. Sono soddisfatto, perché la risposta è stata molto articolata, dettagliata e approfondita dal punto di vista tecnico, ma insoddisfatto per quanto riguarda la calendarizzazione vera dei tempi, al di là degli ostacoli oggettivi.
Sicuramente, cercare consenso per la realizzazione di questi impianti è uno scopo che va raggiunto, ma non al prezzo di rinviare in eterno l'autorizzazione alla costruzione degli impianti stessi.
(Problemi occupazionali presso le società Datamat ed Elsag - n. 2-00236)
PRESIDENTE. Il deputato Zipponi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Giordano n. 2-00236 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7), di cui è cofirmatario.
MAURIZIO ZIPPONI. Signor Presidente, con questa interpellanza parliamo di aziende che fanno parte del patrimonio industriale italiano. La Datamat e la Elsag sono società nel panorama italiano dell'information tecnology che operano nel settore da molti anni.
La Datamat, in particolare, da oltre trenta anni opera nella progettazione e realizzazione di soluzioni in diversi segmenti di mercato: difesa, spazio, pubblica amministrazione, banche, finanza, assicurazioni, telecomunicazioni, media e utility.
La diversificazione del business ha permesso nel corso della sua storia di superare brillantemente le diverse congiunture negative che hanno interessato la vita economica del nostro paese. Queste scelte hanno determinato in passato la difesa dei livelli occupazionali della società stessa.
A luglio 2005, il gruppo Datamat viene acquistato da Finmeccanica Spa, azienda a partecipazione statale, di cui lo Stato italiano mantiene la golden share.
Il 9 marzo 2006, Finmeccanica ha ufficializzato l'avvio della fusione per incorporazione della Datamat nell'Elsag, nominando un unico amministratore delegato che, a pochi giorni dalla sua nomina, dichiarò che, sia per il gruppo Elsag, sia per la Datamat (aziende delle quali, peraltro, era già stata decisa la vendita) non vi sarebbero stati investimenti nel settore civile.
Il 4 aprile 2006, i lavoratori di Datamat hanno scioperato, dando corpo ad un presidio di fronte alla sede della Finmeccanica, a cui hanno preso parte anche alcuni lavoratori della Elsag di Genova.
Dopo lo sciopero, Finmeccanica ha proposto ai lavoratori della Datamat e della Elsag un incontro con i sindacati. In quella sede, ha presentato dei dati relativi all'integrazione nei quali mancavano all'appello più di mille lavoratori; nel frattempo, circolavano insistenti voci, secondo cui Alberto Tripi, proprietario dei call center, sarebbe stato interessato, attraverso il Pag. 104gruppo Cos, all'acquisto. Il signor Tripi è anche proprietario dell'azienda Atesina, nella quale, come era già stato precisato in una precedente interrogazione del 15 giugno 2006 dei sottoscritti interpellanti, fa uso ricattatorio di tutte le forme di flessibilità, di bassi salari, di licenziamenti discriminatori e di amicizie politiche.
Nell'epoca dell'informatica e delle telecomunicazioni la Datamat e la Elsag potrebbero costituire davvero un importante polo informatico italiano, operante, a giusto titolo, a livello internazionale; in nessun settore produttivo, ma tanto meno in quello dell'ICT, si può accettare un altro «spezzatino» industriale, con annesse operazioni finanziarie.
Chiediamo dunque quali iniziative intenda adottare il Governo, in qualità di azionista di riferimento della Finmeccanica Spa, affinché vengano date reali garanzie per il mantenimento dei livelli occupazionali e per impedire che politiche di speculazione finanziaria nel migliore dei casi indeboliscano la struttura industriale delle società citate e come il Governo intenda intervenire nel settore informatico e dei servizi sia per il ruolo che dovrebbe avere Finmeccanica che per vicende, come Elsag Gest o Getronics, che sono il segno dell'interesse nazionale in un settore delicatissimo come l'informatica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la Datamat è un'azienda attiva nella fornitura di sistemi e soluzioni informatiche per specifici segmenti di mercato.
Il gruppo è costituito da una capogruppo organizzata in tre divisioni che, insieme a consorzi specializzati ed a società controllate e collegate, operano nei seguenti mercati: difesa, spazio, pubblica amministrazione, banche e assicurazioni, telecomunicazioni, media e utility.
La Finmeccanica, come noto, è leader in Italia nel campo delle costruzioni aeronautiche, satellitari ed elettroniche per la difesa. Attraverso le controllate Elsag e Selex Sistemi integrati, la stessa collaborava già da tempo con la società Datamat su importanti progetti. La Finmeccanica ha acquistato ulteriori azioni ordinarie della Datamat Spa e avendo superato la soglia del 90 per cento di partecipazione ha promosso un'offerta pubblica di acquisto residuale ai sensi dell'articolo 108 del Testo unico della finanza.
In riferimento alle richieste sollevate nell'interpellanza di cui all'oggetto, risulta a questa amministrazione che, nel luglio 2006, è stato presentato dall'azienda un piano industriale che non prevede disinvestimenti nel settore civile.
Il piano, infatti, prevede oltre 100 miliardi di investimenti nei settori definiti di core business dell'azienda: automazione, sicurezza e trasporti; logistica civile, informatica, difesa e spazio.
Non risulta a quest'amministrazione l'esubero indicato nell'interpellanza. Risulta, al contrario, che è stato ribadito nel recente incontro, tenutosi presso l'Unione industriali di Roma tra azienda e sindacati, che la società non presenta esuberi strutturali.
Quanto alle affermazioni riguardanti l'ipotesi di una vendita di settori di attività della Elsag Datamat si fa presente quanto segue.
Nel piano industriale presentato dalle aziende si fa riferimento alla possibilità di partnership nei settori definiti di non core business dell'azienda: servizi per banche, finanza e assicurazioni. In questo quadro, l'azienda ha avviato indagini per la ricerca di eventuali partner e ha evidenziato l'interesse di diverse società.
Tali società hanno svolto una management presentation e ad esse è stata richiesta un'offerta vincolante, ma tale fase non è ancora conclusa. Le condizioni per l'eventuale trattativa di cessione sono quelle del protocollo IRI, che prevedono, tra l'altro, il mantenimento dei livelli occupazionali per tre anni.
Risulta che, nel frattempo, è intervenuta solo la cessione alla Data Management delle attività della Elsag Gest che eroga servizi per paghe e stipendi.Pag. 105
La situazione del mercato dell'ICT è oggetto di costante monitoraggio da parte del Ministero dello sviluppo economico, sia in considerazione della evidente valenza del settore nel panorama economico nazionale, sia per le vicissitudini che l'hanno caratterizzata in questi ultimi anni; vicissitudini segnate da una negativa evoluzione del mercato, che hanno portato alla crisi e alla fuoriuscita di molte imprese del settore. In tale contesto, il ministero cerca di favorire l'integrazione tra più operatori, al fine di far emergere una struttura nazionale solida e qualificata.
Al momento non è dato sapere se tra i possibili acquirenti va annoverato anche il gruppo Cos/Finsiel, che negli ultimi anni ha ampliato la sua presenza sul mercato informatico.
PRESIDENTE. L'onorevole Zipponi, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
MAURIZIO ZIPPONI. Signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta e, soprattutto, non possono ritenersi soddisfatti i lavoratori di questa azienda.
Nei giorni scorsi, i dirigenti della Datamat e dell'Elsag hanno confermato la volontà di cedere il settore banche e finanza entro l'anno. Tale decisione non va bene alla Finmeccanica in quanto, pur apprezzando ciò che anche il suo massimo rappresentante, Guarguaglini, ha affermato in Commissione attività produttive - cioè che si tratta di una azienda che investe in ricerca, di una azienda in grado di farsi largo nel mercato mondiale sui prodotti che costruisce -, effettivamente un'azienda che basa le sue attività nel settore difesa risentirà del fatto che rischia di essere legata ad un'attività particolare. Invece, il carattere duale delle attività con Finmeccanica - sia il settore militare sia quello civile - sarebbe una garanzia rispetto ad un andamento e ad uno sviluppo equilibrato della stessa azienda, anche per fornire le garanzie occupazionali oltre i tre anni previsti dall'accordo IRI nel caso di cessioni di rami d'azienda o di aziende specifiche.
Tale decisione non va bene a Finmeccanica anche perché il ramo di attività che oggi fa capo alla Datamat e all'Elsag, è in crescita. Quindi, se la Finmeccanica è capace di realizzare elicotteri, carri armati, sistemi spaziali e quant'altro, non si capisce perché non debba essere capace di far funzionare e di rendere redditive aziende di informatica che poi servono alla stessa Finmeccanica.
Quindi, non va bene a Finmeccanica, non va bene ai lavoratori della Datamat e dell'Elsag e, se ci fosse addirittura il gruppo Cos di Alberto Tripi, saremmo alla frutta, vale a dire al punto finale per queste aziende, perché sappiamo che questo gruppo ha dato vita, quale chiave della sua capacità imprenditoriale, unicamente alla precarietà a bassi costi. E sappiamo che, in un'azienda che fa della professionalità del lavoro la propria chiave di presentazione sul mercato, la precarietà è esattamente nemica della professionalità.
Pertanto, prendiamo atto che la decisione di vendita non è vincolante per la Finmeccanica, tuttavia chiediamo che le attività di banche e finanza siano attività strategiche all'interno del perimetro della nuova azienda che nascerà dal processo di integrazione tra la Elsag di Genova e la Datamat di Roma.
Sappiamo che il Governo non può sostituirsi alle decisioni del consiglio di amministrazione, degli amministratori delegati e dei presidenti delle aziende, ma sicuramente può dire cos'è politica industriale in questo paese.
I recenti precedenti consigliano alla Finmeccanica un ripensamento, in quanto vi è stata la cessione dell'Elsag Gest di Napoli (una società della Finmeccanica) venduta alla Data Management - tutti nomi inglesi che nascondono il fatto che vi sono imprenditori che hanno acquistato senza soldi -, che attualmente è in grave difficoltà finanziaria. Ciò ha comportato una forte agitazione da parte dei lavoratori di Napoli, visto che la Finmeccanica ha ceduto ad un'azienda che non è in grado, né sul piano finanziario né su quello imprenditoriale, di fornire garanzie. Pertanto, è necessario che la decisione di Pag. 106vendita della Elsag Gest rientri e che la Elsag e la Datamat siano integrate nella nuova azienda Finmeccanica. È un errore che la Finmeccanica non provi a far funzionare tali aziende, è un errore consegnare queste aziende di informatica a imprenditori inventati e poco credibili.
Infine, credo che il Governo debba pensare ad una propria politica industriale nel settore dell'information technology, in quanto il ministro Bersani sta presentando in giro per l'Italia un documento intitolato «Industria 2015», ma se da qui al 2015 si ripetono esempi di questo tipo, avremo il problema di discutere di quali industrie si stia parlando, se proprio il settore dell'informatica viene consegnato a multinazionali o a imprenditori inventati.
Inoltre, il Governo è pienamente a conoscenza del problema riguardante 1.500 lavoratori della Getronics, azienda che si occupa dei sistemi informatici delle più importanti istituzioni, che è stata consegnata ad un imprenditore che proviene da esperienze imprenditoriali poco nobili (faceva filmini pornografici). Quindi, è necessario un nuovo assetto proprietario per questa azienda che - insisto - ha in mano i sistemi informatici di ministeri e di intere regioni. Occorre che altri imprenditori si aggiungano a chi ha acquistato Getronics per dar vita ad un nuovo piano industriale da condividere con le organizzazioni sindacali. Ciò è possibile perché queste aziende operano su licenze, operano quindi su autorizzazioni e dunque il Governo, senza invadere le prerogative di ciascuna azienda, può fornire indirizzi e chiedere riscontri e garanzie.
Pertanto, vi è la necessità di convocare le parti sociali per indicare loro quali sono le linee di politica industriale del Governo nel settore dell'information and communication technology. Serve una selezione di chi si propone per gestire settori così delicati. Tale selezione si dovrebbe basare sulla solidità finanziaria, sull'esperienza nel settore e sulla capacità di riconoscere valore alle professionalità dei lavoratori.
Dunque, progettare l'industria nel 2015 serve se, da subito, si interviene in settori fondamentali, in quanto l'Italia è un paese manifatturiero che però ha bisogno di settori importanti come quello dell'information technology.
(Gara internazionale bandita dalla Sogin per il ritrattamento del combustibile nucleare presente in Italia - n. 2-00244)
PRESIDENTE. L'onorevole Lion ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00244 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
MARCO LION. Signor sottosegretario, fino al 2004, gli indirizzi strategici per la gestione del combustibile nucleare erano regolate dal decreto del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 7 maggio 2001 che, all'articolo 2, lettera b), prevedeva di completare gli adempimenti previsti nei contratti di riprocessamento sottoscritti con la BNFL (British Nuclear Fuel Ltd) e immagazzinare il restante combustibile irraggiato in appositi contenitori a secco nei siti delle centrali, dove sono allocati in attesa di trasferimento al deposito nazionale. Questo decreto formalizzava le decisioni prese con l'accordo del 1999 tra Governo e regioni ed allineava l'Italia alla quasi totalità dei paesi che utilizzano l'energia nucleare e che, progressivamente, hanno abbandonato la pratica del ritrattamento o del riprocessamento, pratica inquinante motivata soprattutto dall'estrazione del plutonio che, come lei sa, è una sostanza usata in campo militare.
Nell'ambito di questa strategia, la Sogin aveva indetto una gara di fornitura per contenitori dual-purpose, idonei sia per lo stoccaggio che per il trasporto, che fu vinta nel 2000 dalla società GNB con i suoi cask tipo Castor con versioni specifiche ottimizzate per il combustibile irraggiato di Trino, Caorso e Garigliano. Il contratto, stipulato il 12 maggio 2000, per la durata di settantadue mesi estensibili ad altri dodici, prevedeva la fornitura di 10 cask modello X/A17 (6 per Trino e 4 per Garigliano) e 20 cask modello X/B52 per Caorso, ad un costo di 1.100.000 euro per Pag. 107contenitore, prezzo già allora ritenuto conveniente per forniture di questo tipo. Nel 2003, la Sogin ha aperto al suo interno una fase di riflessione sulla strategia e, in quell'anno, ha deciso autonomamente di congelare il contratto di fornitura dei cask. Nell'agosto del 2004, questa società ha proposto formalmente di cambiare strategia e, quindi, di utilizzare l'azione del ritrattamento all'estero anche per il rimanente combustibile nucleare presente in Italia. La formalizzazione del cambio di strategia è avvenuta con il decreto del ministro delle attività produttive del 2 dicembre 2004, ma, soprattutto, con la direttiva dello stesso Ministero del 28 marzo 2006, indirizzata alla Sogin, con la quale si invitava questa società a valutare la possibilità di un'esportazione temporanea, ai fini del trattamento del combustibile attualmente stoccato presso le centrali nucleari italiane, ove fattibile sotto il profilo tecnico e conveniente sotto il profilo economico. Nel corso del 2006, si è conclusa la procedura di gara internazionale per il riprocessamento delle 235 tonnellate di combustibile nucleare ancora presenti in Italia ed è risultata vincitrice la francese Areva Nc per un importo di 267 milioni di euro. Lo scorso 24 novembre, è stato firmato l'accordo intergovernativo Francia-Italia.
Con questa interpellanza, si chiede al Governo se risponda al vero che l'importo richiesto da Areva Nc sia di 267 milioni di euro; quali sono i termini dell'accordo con il Governo francese sui modi e sui tempi del rientro del combustibile che verrebbe inviato in Francia. In particolare, si chiede se nei 267 milioni di euro sia previsto anche il costo del trasporto di ritorno o se questo sarà un costo aggiuntivo a carico del nostro paese e quale sarà l'importo di questo ulteriore onere; se si ritiene che l'importo di 267 milioni di euro sia congruo o se sia stata fatta un'analisi di convenienza economica rispetto alla soluzione alternativa, cioè lo stoccaggio a secco nei termini in cui questa soluzione viene praticata in altri paesi. Si chiede, poi, se questo contratto comprenda la quota di plutonio italiano attualmente presso il Superphenix, reattore autofertilizzante a suo tempo partecipato da Enel per il 33 per cento e definitivamente chiuso nel 1997 e, in caso contrario, quale sia il destino per questo plutonio; se risponda al vero che le quantità di uranio fissile e plutonio provenienti dal pretrattamento del combustibile che verrà inviato in Francia, in base al succitato contratto, verranno consegnate alla Sogin nel caso in cui la parte francese non ritenesse possibile alcun utilizzo in Francia e ritorneranno così in Italia. Se l'eventuale possesso di quantitativi di plutonio sia consentito dal trattato di non proliferazione nucleare; se sia stato fatto un piano per il rientro delle scorie ritrattate, dove verrebbero collocate anche temporaneamente e quali sarebbero, e a carico di chi, i costi del trasporto nucleare e se, in alternativa, siano stati avviati contatti in Gran Bretagna per avere delle ulteriori proroghe per la restituzione di altro materiale ritrattato e quali sarebbero i costi associati alla proroga.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Per la verità, signor Presidente, per la quantità di domande che l'onorevole Lion mi ha rivolto, sembra di partecipare ad uno di quei concorsi a quiz al termine dei quali si vinceva il premio più grande. Non so se sono in grado di soddisfare interamente gli interpellanti, anche perché qui il premio non è previsto. Posso solo svolgere alcune considerazioni.
Il contratto con la Francia per il riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato proveniente dalle centrali di Caorso, Garigliano e Trino Vercellese prevede un importo a favore della società francese Areva pari, come hanno evidenziato gli interpellanti, a 267 milioni di euro. Tale importo comprende il costo di trasporto per l'invio in Francia, ma non i costi del trasporto per il rientro in Italia, che sono attualmente valutabili in circa 4 milioni di euro e che saranno a carico del Pag. 108nostro paese. Il corrispettivo per le operazioni da compiere risulta definito dagli esiti della gara internazionale bandita dalla Sogin Spa ed è pertanto da ritenersi congrua. La strategia di gestione del combustibile irraggiato, basata sul riprocessamento all'estero, è stata disposta con decreto dell'allora Ministero delle attività produttive del 2 dicembre 2004 e prevede valutazioni comparative dei costi sostenuti nel breve e nel lungo periodo, nell'esigenza di sicurezza e di tutela dell'ambiente dei tempi necessari.
È da ritenersi che le valutazioni comparative effettuate abbiano assunto dati certi, per quello che attiene al riprocessamento all'estero, e dati ipotetici, per quello che attiene allo stoccaggio a secco. Un confronto economico tra le due opzioni risulta pertanto incerto. La trattativa per un accordo intergovernativo fra Italia e Francia sul riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato italiano si è di fatto conclusa il 24 novembre, nell'ambito del vertice italo francese di Lucca con la firma di un accordo che prevede il rientro in Italia dei contenitori con i rifiuti radioattivi nell'intervallo di tempo compreso fra il 2020 e il 2025 e con una durata di trasferimento stimata a circa un anno. L'accordo prevede anche un impegno del Governo italiano ad allestire le soluzioni più idonee per stoccare, in condizioni di sicurezza, i contenitori che, tra il 2020 e il 2025, rientreranno in Italia. Tali soluzioni saranno individuate con il necessario supporto tecnico scientifico assicurato da professionalità di alto profilo e con procedure di assoluta trasparenza. Le decisioni inerenti a problematiche di tale rilevanza per il nostro paese verranno assunte con la partecipazione e il protagonismo di tutti i soggetti coinvolti attraverso una rigorosa e proficua concertazione. Riguardo al combustibile irraggiato in corso di riprocessamento presso gli impianti inglesi della BNFL, a Sellafield, i recenti accordi commerciali tra la Sogin Spa e la società inglese del maggio 2006 possono far ipotizzare il rientro in Italia dei vetri prodotti dal marzo 2015. Non viene esclusa la possibilità di prorogare a tariffa commerciale lo stoccaggio a Sellafield.
PRESIDENTE. L'onorevole Lion ha facoltà di replicare.
MARCO LION. Mi dichiaro parzialmente soddisfatto o parzialmente insoddisfatto, a seconda della prospettiva per la quale si vuole vedere il bicchiere, se mezzo pieno o mezzo vuoto.
Credo che questa «patata bollente» oltre che - è il caso di dirlo - radioattiva delle scorie, sia transitata dal Governo Berlusconi al Governo Prodi, lasciando inalterate molte perplessità e senza risposta molti quesiti. Soprattutto, si è lasciata la gestione di questa partita alla Sogin e alla sua attuale dirigenza, della quale avemmo modo di dire - quando eravamo all'opposizione durante il Governo Berlusconi - che ci rendeva insoddisfatti.
La questione è ribadita con questa strategia del riprocessamento che, dal punto di vista scientifico e ambientale, non ci convince. Infatti, non capiamo perché in Italia si fa così quando in altri paesi - pur importanti e che hanno gli stessi nostri problemi di scorie e quant'altro -, si è scelta la pratica dell'immagazzinamento a secco del combustibile irraggiato.
Dunque, sono sorte perplessità, specialmente nel mondo ambientalista, in particolare rispetto al costo gigantesco di questa operazione. Infatti, quando si parla della necessità di ritornare all'energia nucleare questi costi non vengono mai considerati: vi sarebbe tutto il problema dello smaltimento delle scorie che, ad oggi, non risulta risolto.
Con riferimento a questa strategia, che si è modificata nel corso degli anni grazie alla Sogin - e anche i dati economici ci danno ragione -, occorre esaminare nel dettaglio ciò che è successo e fare il punto della situazione. Lei, signor sottosegretario, parlava di un confronto economico incerto fra la strategia del riprocessamento e quella dell'immagazzinamento a secco. Sarebbe ora, invece, che questo confronto economico venga seriamente Pag. 109fatto, visto che altri paesi utilizzano l'altro sistema.
Infatti - lo ripeto - vi è un problema che riguarda la gestione del plutonio che si ricava dal riprocessamento. Questo materiale, come sappiamo, serve per costruire le testate nucleari e quindi la questione coinvolge anche aspetti di ordine militare. Inoltre, vi è ancora un problema legato alla società Sogin e alla sua dirigenza. Diversi parlamentari hanno chiesto l'istituzione di una Commissione d'inchiesta rispetto a quello che ha fatto la Sogin in questi anni ed io mi associo alla loro richiesta.
Vi è dunque un problema di gestione di una partita estremamente delicata che ha sconvolto una parte del nostro paese. Penso a quando si decise, improvvidamente e senza ragioni scientifiche valide, di creare un deposito geologico di scorie nucleari a Scanzano, in Basilicata. Pertanto, giudichiamo quella gestione totalmente insoddisfacente.
Ritengo che sia stata ancora più insoddisfacente in questo caso, perché le scorie nucleari non si possono far viaggiare per l'Europa, tra l'Italia, la Francia e l'Inghilterra, e poi perché non si può abbindolare il nostro paese com'è successo giusto due anni fa, quando i giornali titolavano che era risolto il problema delle scorie nucleari in Italia mandando tutto all'estero. In realtà, si erano dimenticati di rivelare l'ultima parte e cioè che tali scorie sarebbero poi tornate in Italia con il problema radioattivo e sanitario inalterato.
Concludo, lasciando al Governo questa riflessione: non possiamo continuare ad essere soggetti alla decisione di una società e della sua dirigenza nell'affrontare un problema politico ed ambientale di notevole spessore che va affrontato nelle sedi proprie, cioè in Parlamento e nel Governo.
(Vicenda giudiziaria dell'onorevole Gargano - n. 2-00258)
PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00258 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza, ma sarò comunque molto breve.
Signor sottosegretario, noi interpellanti intendiamo sollevare il caso dell'onorevole Giulio Gargano, ex consigliere regionale della regione Lazio, arrestato il 7 luglio 2006, in esecuzione del provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma su dichiarazioni della cosiddetta Lady Asl.
Intanto, va precisato che l'onorevole Gargano non ha mai partecipato a quelle riunioni di giunta in cui venivano adottati i provvedimenti che sono oggetto dell'ipotetica corruzione. Noi vogliamo sollevare un caso in quest'aula, sperando che l'opinione pubblica ci ascolti, sulle condizioni di salute dell'onorevole Gargano, che sono molto gravi.
Egli presenta un'accertata sofferenza cardiaca che si era già manifestata nel corso degli anni e che si è acuita durante questi mesi di carcerazione cautelare. Vi sono stati vari episodi in cui l'onorevole Gargano si è sentito male, i quali si sono verificati anche di notte. L'onorevole Gargano non è stato soccorso in tempo e sono passate ore prima che ricevesse soccorso.
L'ultimo episodio risale addirittura a pochi giorni fa. Infatti, essendosi sentito male più volte, è stato sottoposto a controlli presso una struttura ospedaliera che, per l'appunto, ha rilevato le sue gravi condizioni. Ora, egli si trova in situazione di controllo e durante la notte gli viene applicato un macchinario che serve a rilevare le irregolarità del battito cardiaco. Due giorni fa, durante la notte, questo apparecchio ha rilevato delle irregolarità, è suonato l'allarme, ma nessuno è intervenuto. Dunque, quand'anche fosse stato ricoverato all'interno dell'ambulatorio del carcere di Regina Coeli, in quel momento non ci sarebbe stato comunque nessuno in grado di intervenire.
L'onorevole Gargano versa in condizioni di salute molto gravi e, peraltro, dopo le varie visite specialistiche, i medici hanno rilevato che sarebbe importante un pace-maker. Questo dimostra come le sue condizioni siano effettivamente molto gravi.Pag. 110
Oltretutto, la custodia cautelare in carcere in questo momento lo ha indotto, tra l'altro, ad una situazione di grave depressione che non fa che acuire queste condizioni di salute così precarie. Sappiamo che la custodia cautelare ha come presupposti il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato. È chiaro che l'onorevole Gargano in questo momento non ha alcuna possibilità di reiterare il reato, in quanto non appartiene alla compagine di maggioranza dell'assemblea regionale del Lazio; non vi è alcun pericolo d'inquinamento delle prove, anche per effetto di quanto appena detto e in virtù di un provvedimento di sequestro e di acquisizione di tutti gli atti rilevanti ai fini degli indagini.
In più, viste le sue precarie condizioni di salute è impossibile che possa mettere in atto una fuga. Noi riteniamo, dunque, che in queste condizioni di salute non sia più giustificabile la sua carcerazione. Peraltro, su tale questione è intervenuto anche il garante dei detenuti che ha sottolineato la gravità delle condizioni di salute dell'onorevole Gargano e ha rilevato l'assoluta incompatibilità con il regime carcerario. Casi analoghi hanno visto soluzioni meno restrittive e punitive, sia presso gli uffici giudiziari di Roma che in altri (ad esempio nei confronti di un politico regionale calabrese dei democratici di sinistra), con evidenti rischi di incomprensibili disparità di trattamento dell'onorevole Gargano.
Noi interpellanti dunque vogliamo sapere quali iniziative il Governo intenda adottare allo scopo di valutare la sussistenza in merito alla fattispecie illustrata in premessa, per l'eventuale promozione di un'azione disciplinare a carico dei magistrati che in questo momento sono investiti del processo nei confronti dell'onorevole Gargano.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, signor Presidente. La delicatezza delle questioni evidenziate nell'interpellanza ha indotto il ministro ad interloquire con la direzione generale dei magistrati per acquisire notizie presso la procura della Repubblica di Roma. Le notizie riferite dal procuratore della Repubblica vertono nel senso che i reati contestati a Giulio Gargano nell'ordinanza custodiale del 6 luglio 2006 sono quelli di associazione a delinquere e di concorso in più fatti di corruzione.
Detta associazione, sulla base della ricostruzione fornita dal GIP di Roma, si concretizzava nella realizzazione sistematica di atti di corruttela, di falsificazione di atti pubblici e di altre condotte illecite. In questo modo, si consentiva la permanente spoliazione delle casse della sanità regionale per centinaia di milioni di euro. Il Gargano è stato sottoposto ad interrogatorio di garanzia da parte del giudice per le indagini preliminari di Roma e, successivamente, a confronto dinnanzi al pubblico ministero con la coindagata Giuseppina Iannuzzi, nonché a due successivi interrogatori da parte del pubblico ministero.
Da notizie fornite dal procuratore della Repubblica di Roma, si evidenzia che le accuse nei confronti di Giulio Gargano non si fondano esclusivamente sulle dichiarazioni della Iannuzzi, ma anche su riscontri ed altre conferme giudiziarie in ordine alla natura dei rapporti intercorsi tra il predetto e la Iannuzzi medesima.
Il provvedimento custodiale, adottato dall'autorità giudiziaria romana per i gravi reati contestati e che riceve censura anche in questa sede, è stato confermato dal giudice di legittimità, con la sentenza n. 34189/2006, depositata il 12 ottobre scorso, con cui è stato rigettato il ricorso interposto dal Gargano, ritenendo sussistenti, sul suo conto, sia i gravi indizi di colpevolezza di cui all'articolo 273 del codice di procedura penale, sia le esigenze cautelari richieste dall'articolo 274, in particolare argomentando in ordine alla «inadeguatezza di ogni altra misura cautelare personale diversa dalla custodia in carcere». Così si è espressa la Corte di cassazione.Pag. 111
Sul profilo della incompatibilità della misura custodiale con le condizioni di salute, dalla nota fornita dalla procura della Repubblica si desume che al detenuto sono state consentite tutte le visite mediche specialistiche da parte dei sanitari di fiducia, mentre gli accertamenti disposti dal GIP competente non hanno evidenziato alcuna situazione di incompatibilità con la custodia in carcere, che, comunque, come per ogni persona ristretta in carcere, comporta inevitabilmente uno stato di depressione.
Ovviamente, la situazione oggi denunziata e attualizzata dall'interpellante potrebbe far mutare questa valutazione se degli ulteriori episodi che hanno mutato le condizioni di salute del detenuto fossero tali da determinare un intervento.
Io mi riferisco alla situazione così come è stata comunicata dalla procura della Repubblica di Roma. Quindi, essa è datata ad alcuni giorni fa. Non ero a conoscenza di ulteriori episodi.
Sulla base degli elementi forniti dalla procura della Repubblica di Roma, quindi allo stato degli atti, il Ministero non ritiene che sussistano i presupposti per avviare l'azione disciplinare nei confronti dei magistrati.
PRESIDENTE. L'onorevole Iannarilli, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
ANTONELLO IANNARILLI. Signor Presidente, non ci riteniamo soddisfatti, soprattutto perché non vogliamo entrare nel merito dei fatti per i quali è competente la procura e per i quali sono stati chiamati in causa l'onorevole Gargano e tutte le altre persone coinvolte. Non vogliamo sapere quali sono i reati e le motivazioni forti che hanno portato alla carcerazione preventiva, ma abbiamo posto l'attenzione sullo stato di salute del consigliere Gargano, che anche oggi, visitato dal sottoscritto, si trovava in un momento delicato.
Egli non può accedere nemmeno ai servizi igienici, perché siede sulla carrozzella e in quel carcere, purtroppo, i servizi igienici sono veramente al di fuori della dignità umana.
La cosa più grave - credo che il sottosegretario dovrebbe farsene carico - è che la strumentazione da cui è controllato il consigliere Gargano non ha nessuna possibilità di registrare i dati durante la notte. Quindi, quando il cuore di Gargano ha delle difficoltà, c'è una segnalazione acustica, ma, anche dopo ore, nessuno viene a verificare l'anomalia e non c'è possibilità di controllo.
Quindi, riteniamo che il ministro debba intervenire sullo stato di salute e sulle condizioni in cui versa in questo momento l'onorevole Gargano. Credo che egli possa tranquillamente, come già è stato fatto con tante altre persone, chiamate in causa per lo stesso processo, ottenere la custodia cautelare presso il domicilio.
Riteniamo, quindi, che la situazione possa essere rivalutata e approfondita, soprattutto per le condizioni di salute, che riteniamo veramente particolari e gravi. Come già è stato detto dall'onorevole Carlucci, in altri casi, chi è accusato in Italia di questi reati sta a casa oppure nei suoi confronti non è stata neanche disposta la custodia cautelare. Quindi, in Italia, forse, abbiamo una giustizia che non è uguale per tutti.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 11 dicembre 2006, alle 12,30.
1. - Svolgimento di interpellanze urgenti.
(ore 17)
2. - Discussione della mozione Realacci ed altri n. 1-00006 sull'istituzione della Pag. 112giornata internazionale del volontariato europeo nel giorno dell'anniversario dell'alluvione di Firenze.
La seduta termina alle 18,50.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIACOMO DE ANGELIS SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1922
GIACOMO DE ANGELIS. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti-italiani voterà a favore di questo decreto-legge, un decreto fortemente modificato dai colleghi del Senato, dopo una lunga ed articolata discussione.
La brevità di tempo a disposizione ha impedito a questo ramo del Parlamento di approfondire alcuni aspetti e proporre modifiche necessarie a questo decreto, la vicinanza della data di scadenza, 1'8 dicembre, ha condizionato fortemente il dibattito e la discussione in questa aula e sicuramente tutto questo non è stato un fatto positivo.
Il rischio che questo decreto potesse decadere era molto forte, e credo che nessuno, aldilà delle posizione diverse espresse, volesse assumersi questa grave responsabilità nei confronti dei cittadini campani e del commissario Bertolaso.
In questa lunga discussione ho ascoltato qualche collega che ha insistito su un concetto preciso su cui è necessario ritornare: ha affermato che ormai, a distanza di due mesi, non esistono più i presupposti dell'emergenza per cui era indifferente se questo decreto venisse o meno convertito in legge, quindi, conseguentemente si poteva anche apportare alcune modifiche e rimandarlo al Senato.
In questa affermazione, ritengo che ci sia molta superficialità ma soprattutto una non conoscenza della situazione attuale. Infatti, sicuramente molto lavoro è stato fatto, molte zone sono state liberate da montagne di rifiuti, sicuramente grazie anche all'attivismo del commissario Bertolaso, ma, ancora oggi, ci sono diverse zone della periferia di Napoli, ma soprattutto molti Comuni limitrofi sommersi da rifiuti.
Lo stesso dottor Bertolaso, a cui va tutto il nostro sostegno e la nostra ammirazione, si era subito reso conto della impossibilità di mantenere gli impegni presi, favorendo una uscita rapida dall'emergenza.
Quindi, le motivazioni d'urgenza che hanno spinto il Governo ad emanare questo decreto sono ancora tutte valide. La Campania non è ancora uscita da una grave situazione emergenziale e credo che occorra ancora molto tempo.
Anche qui un chiarimento: in Commissione abbiamo lungamente discusso sull'opportunità di emendare questo decreto, poiché tutti eravamo consapevoli della necessità di apportare modifiche o miglioramenti al testo, si è valutata la possibilità di una terza lettura al Senato, ma soprattutto si è voluto accertare se il testo licenziato rispondesse alle esigenze operative del Commissario Bertolaso.
Ebbene, siamo stati costretti a prendere atto della impossibilità di una calendarizzazione successiva al Senato senza il rischio di una decadenza del decreto, ma anche delle dichiarazioni tranquillizzanti dello stesso dottor Bertolaso che in audizione ci ha sollecitati ad una rapida sua conversione, sottolineando che una sua mancata approvazione avrebbe determinato una situazione ancora più drammatica, soprattutto sotto il profilo igienico-sanitario.
In merito a queste preoccupazioni, tutti i parlamentari campani hanno ricevuto una richiesta dell'Associazione albergatori napoletani che esortava il Parlamento ad approvare rapidamente questo decreto.
A questo punto la scelta era obbligata, portare il testo in aula, recepire, con ordini del giorno specifici, suggerimenti migliorativi, riproponendosi di ritornare sull'argomento dopo una breve fase di applicazione del decreto convertito in legge.
Cari colleghi, questi i fatti. La scelta di questa maggioranza di non accogliere nessun emendamento è stata dettata da un Pag. 113forte senso di responsabilità nei confronti dei cittadini campani e non da un atto di arroganza verso l'opposizione. Avremmo preferito, credo tutti, avere più tempo a disposizione per licenziare un testo migliore.
La stessa discussione in Aula poteva servire a mettere il Parlamento in condizione di conoscere in modo chiaro e lineare la gravità della situazione e contribuire a dare indicazioni più puntuali al Governo quando dovrà emanare ordinanze successive e, se si riterrà necessario, dispositivi di accompagnamento di uscita dall'emergenza.
Quello di cui non si è parlato, se non in modo provocatorio e offensivo, è della drammaticità della situazione ambientale che investe vasti territori campani, un disastro ambientale incalcolabile che per la sua natura non può, per onestà intellettuale, essere attribuita alla sola responsabilità dei vari commissari che si sono succeduti in questi 12 anni.
Dalla requisitoria, di puro sapore elettorale, che abbiamo ascoltato scompare o diventa ininfluente il ruolo che la camorra ha svolto e continua a svolgere in questa regione soprattutto in questo settore.
Per capirci, una cosa è la gestione fallimentare del commissariato straordinario dei rifiuti sul quale il nostro giudizio è sempre stato chiaro e severo, altra cosa è attribuire allo stesso la devastazione di interi territori effettuata in decenni dalla malavita organizzata.
Alcuni giorni fa la Coldiretti ha presentato un'indagine sullo stato attuale del disastro ambientale in Campania che è bene riportare: 1700 siti potenzialmente inquinati; 143.000 ettari di suolo contaminati; 48 siti dichiarati inquinati dopo approfondite analisi; 25.000 ettari perimetrati di acque contaminate.
Tutto questo ha determinato un aumento vertiginoso, in quelle zone, di malattie tumorali. Una ricerca ha dimostrato che nell'area acerrana e domiziana sono aumentati del 400 per cento i casi di tumori, e in quelle aree si insedieranno i termodistruttori.
Invece, questa aula è stata costretta ad ascoltare, per giorni interi, lunghe e ripetitive requisitorie su tutti gli errori, sicuramente gravi, che si sono verificati in 12 anni di commissariamento in Campania. Apprezzabile lo sforzo del collega Russo, ma bastava consigliare i colleghi di leggersi la relazione finale della Commissione bicamerale sui rifiuti votata unanimemente, è bene ricordare, da tutti i componenti della Commissione, per rendersi conto della gravità dei fatti.
Mi sono chiesto ripetutamente lo scopo di tale scelta: solo per individuare un responsabile? O forse per salvarsi la coscienza di fronte a responsabilità che in Campania investono, sicuramente in modo diverso, l'intera classe dirigente? Mi chiedo cosa abbia fatto, in tutti questi anni, l'opposizione quando in consiglio regionale denunciavamo questi pericoli, quando sostenevamo il fallimento di questo piano regionale, quando chiedevamo inascoltati il ritorno ai poteri ordinari avendo largamente constatato la gestione fallimentare del commissariamento, quando denunciavamo le scelte folli della Fibe nell'individuazione dei siti dove ubicare i temodistruttori; ed invece anche voi a difendere l'intero piano. Eppure avevate la possibilità di fermare tutto ciò, vi ricordo che avete governato l'Italia per 5 anni e dal vostro Governo non ho mai visto atti conseguenti, anzi molte delle scelte fatte erano concordate con il Governo Berlusconi.
Vorrei su una questione tranquillizzare i deputati del centrodestra: parlando anche da deputato campano, sono non solo consapevole della gravità della conduzione allegra e dissennata che il commissariato straordinario ha avuto in questi anni in Campania, le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, ma anche indignato per l'immagine negativa che si vuole dare di una regione fatta anche e soprattutto da una stragrande parte di cittadini onesti.
Sicuramente non compete al Parlamento emanare sentenze, ci sono altri organi dello Stato preposti a ciò e che nella propria autonomia decideranno.Pag. 114
A questa Assemblea compete, invece, discutere ed approvare norme e leggi nell'interesse dei cittadini italiani e vincolare il Governo sulle opzioni conseguenti.
Questo è quello che mi sarei aspettato dal lavoro che tutti insieme avremmo dovuto svolgere; il contenuto stesso di alcuni emendamenti presentati dai gruppi dell'opposizione poteva servire a dare indicazioni più precise al Governo quando dovrà emanare ordinanze successive.
Non si è voluto cogliere la disponibilità dello stesso Governo a ritornare successivamente sul problema, anche con provvedimenti più dettagliati; tutti abbiamo ascoltato la dichiarazione del sottosegretario D'Andrea quando ha confermato la disponibilità dell'Esecutivo a verificare tra qualche mese i risultati conseguiti e, se c'è ne fosse bisogno, a ricorrere ad ulteriori interventi anche normativi necessari alla uscita definitiva dall'emergenza in Campania. Invece il comportamento del centrodestra, sicuramente legittimo ma non utile, non ci ha consentito di valorizzare alcuni punti fondamentali previsti in questo decreto, ma soprattutto ha impedito a questa Assemblea la possibilità di individuare i limiti che pure ci sono e formalizzare possibili aggiustamenti attraverso l'approvazione di ordini del giorno vincolanti per il Governo.
La puntualizzazione necessaria dei poteri commissariali legati all'emergenza e comunque vincolati ad una data certa: il 31 dicembre 2007; istituzione entro il 31 dicembre 2006 della Consulta regionale per la gestione dei rifiuti presieduta dal presidente della regione Campania e di cui faranno parte i presidenti delle province e, fino alla cessazione dello stato di emergenza, il commissario delegato; la consulta ha compiti consultivi per l'individuazione di siti e località idonei per l'intero ciclo di smaltimento rifiuti ed infine prevede la partecipazione dei comuni interessati alle scelte da effettuare; l'annullamento della procedura di gara indetta dal precedente commissario straordinario; la possibilità per il commissario straordinario di potersi avvalere di ditte mediante affidamenti diretti, previa istruttoria sulla affidabilità delle stesse ed in osservanza delle norme antimafia, chiudendo ogni rapporto con la Fibe; l'obiettivo ambizioso di incrementare la raccolta differenziata, superando la soglia minima del 35 per cento previsto per legge e programmando il raggiungimento in tempi medi al 50 per cento del totale prodotto; la sigla di convenzioni con tutti i consorzi nazionali che operano nel settore della raccolta differenziata a partire dal CONAI senza aggravi di spese sulla finanza pubblica; una campagna sistematica che informi i cittadini sulle scelte da effettuare e sui benefici conseguenti: tutti questi punti mi consentano di poter esprimere un giudizio complessivamente positivo su questo provvedimento e pertanto annuncio a nome del gruppo dei Comunisti-Italiani il voto favorevole.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 6 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | ddl 1922 - voto finale | 485 | 485 | 243 | 266 | 219 | 74 | Appr. | |
2 | Nom. | Moz. Maroni ed a. 1-43 | 421 | 311 | 110 | 156 | 40 | 271 | 72 | Resp. |
3 | Nom. | Moz. Airaghi ed a. 1-47 | 426 | 352 | 74 | 177 | 82 | 270 | 72 | Resp. |
4 | Nom. | Moz. Sanza ed a. 1-64 | 433 | 406 | 27 | 204 | 147 | 259 | 72 | Resp. |
5 | Nom. | Moz. Attili ed a. 1-65 | 438 | 417 | 21 | 209 | 257 | 160 | 72 | Appr. |
6 | Nom. | Moz. Volontè ed a. 1-66 | 433 | 383 | 50 | 192 | 353 | 30 | 72 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.