VI Commissione - Mercoledì 11 ottobre 2006


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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00285 Leo e Catanoso: Disciplina dei versamenti relativi ai tributi sospesi a causa dell'eruzione dell'Etna del 29 ottobre 2002.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame gli Onorevoli interroganti chiedono che venga differito al 15 dicembre 2006 il termine di ripresa della riscossione dei versamenti tributari, sospesi a seguito degli eventi sismici che hanno interessato il territorio della provincia di Catania nel mese di ottobre 2002, previsto al 15 dicembre 2005 dal decreto ministeriale 17 maggio 2005. In alternativa, chiedono l'applicabilità dell'istituto del ravvedimento operoso - di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 - ai contribuenti che non hanno versato tempestivamente le rate scadute.
Al riguardo, è opportuno ricordare che il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 17 maggio 2005 ha ulteriormente differito, al 15 dicembre 2005, la scadenza della sospensione dei termini relativi agli obblighi tributari a favore dei soggetti residenti, ovvero aventi sede legale od operativa, alla data del 29 ottobre 2002, nei comuni della provincia di Catania interessati direttamente dall'eruzione del vulcano Etna e da ordinanze sindacali di sgombero.
Lo stesso decreto ha, inoltre, previsto che i versamenti tributari, non eseguiti per effetto della sospensione, sono effettuati in unica soluzione, entro il 16 dicembre 2005, ovvero, a decorrere da tale data e senza aggravio di sanzioni e interessi, mediante la rateizzazione mensile pari, al massimo, ad otto volte il periodo di sospensione.
Tutto ciò premesso, per quanto attiene la richiesta di differimento del termine di ripresa della riscossione, in quanto non sarebbero state fornite, dall'Agenzia delle entrate, indicazioni sulle modalità di pagamento e sui codici tributo da utilizzare per eseguire i versamenti di cui trattasi, la stessa Agenzia ha rappresentato che dette modalità di versamento ed i codici tributi sono quelli disposti in via ordinaria dalle norme disciplinanti la riscossione.
In proposito, si fa rilevare che, nel corso della precedente legislatura, in sede di esame della interrogazione a risposta immediata n. 5-05120, degli Onorevoli Pepe e Catanoso, si era rappresentato che, per quanto attiene le modalità per il versamento delle somme dovute, l'Agenzia delle entrate, con comunicato stampa del 27 marzo 2003, aveva informato i contribuenti che i versamenti dovevano essere effettuati con i codici utilizzati in via ordinaria tramite modello F24. La stessa Agenzia aveva segnalato di avere, in occasione di altri eventi calamitosi, definito, con specifici provvedimenti direttoriali, che i codici tributo da utilizzare dovevano essere quelli ordinari (provvedimento del 23 luglio 2004, collegato al decreto 18 luglio 2003 per la ripresa della riscossione nei comuni delle Marche e dell'Umbria).
L'Agenzia delle entrate rileva, altresì, che la durata massima della rateazione e la scadenza della prima rata mensile sono state stabilite dal citato decreto ministeriale 17 maggio 2005 e che obbligato al versamento dei tributi oggetto della ripresa della riscossione è il soggetto che ha beneficiato della sospensione della riscossione. Da ciò consegue che, se il sostituto, per effetto della sospensione in esame, non


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ha operato la ritenuta a titolo di acconto, il versamento del tributo dovuto deve essere eseguito dal sostituito.
Per quanto riguarda, poi, la possibilità di applicare l'istituto del «ravvedimento operoso» (di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), ai casi in cui i contribuenti non abbiano effettuato i versamenti alle scadenze di cui al citato decreto 17 maggio 2005, il Dipartimento per le politiche fiscali e l'Agenzia delle entrate ritengono che i versamenti relativi ai tributi sospesi, ove ne ricorrano i presupposti, possono essere regolarizzati con l'applicazione delle sanzioni ridotte previste dalle disposizioni in materia di ravvedimento operoso, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.


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ALLEGATO 2

5-00286 Galletti e Ronconi: Restituzione dei tributi e contributi sospesi nei territori dell'Umbria e delle Marche colpiti dal sisma del 26 settembre 1997.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con la question time in esame, concernente la restituzione dei tributi non versati per effetto della sospensione intervenuta a seguito del sisma che ha colpito le regioni Marche e Umbria nel mese di settembre del 1997, gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere:
se il Governo intenda definire modalità di restituzione delle somme sospese analoghe a quelle già adottate per coloro che hanno subito danni a seguito del sisma del 1990 in Sicilia o dell'alluvione del Po del 1994;
se il Governo, a nove anni dal sisma che colpì l'Umbria e le Marche, intenda reiterare lo stato di emergenza e se tale decisione non rischi di contrastare con determinazioni comunitarie;
quali provvedimenti intende assumere il Governo per evitare che la sanatoria di parte dei contributi e tributi dovuti da aziende e imprese non venga configurata dalla Comunità europea come «aiuto di Stato».

Al riguardo, occorre ricordare che l'articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha disposto, a favore dei soggetti colpiti dagli eventi sismici del 13 e 16 dicembre 1990, residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, la possibilità di definire la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992 versando «l'intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, ... , diminuito al 10 per cento».
Le richiamate disposizioni hanno inciso su una fattispecie in parte diversa rispetto a quella in esame. Infatti, sono inserite nell'ambito delle definizioni agevolate che, in sostanza, hanno inteso definire situazioni nelle quali i contribuenti, in modo reiterato, non avevano regolarmente ottemperato ai propri obblighi tributari. I soggetti interessati dal sisma del 1990, all'epoca dell'adozione della disposizione di cui all'articolo 9 della legge n. 289 del 2002, avrebbero già dovuto aver effettuato gran parte dei versamenti sospesi sulla base dei provvedimenti che hanno disciplinato la ripresa della riscossione.
Inoltre, il beneficio della riduzione, in tal caso, atteneva i soli sostituti d'imposta, atteso che la sospensione disposta dalla normativa di riferimento riguardava solo il versamento delle ritenute.
Nel caso in esame, invece, la riduzione percentuale auspicata dagli Onorevoli interroganti per i soggetti colpiti dal sisma di Marche e Umbria dovrebbe avere una diversa e più ampia portata, posto che la sospensione è stata disposta, in via generalizzata, per tutti i contribuenti.
In proposito, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che non è possibile estendere, in via interpretativa, le citate disposizioni di cui all'articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, alle regioni Marche e Umbria.
Per quanto concerne la possibilità auspicata dagli Onorevoli interroganti, per i titolari di redditi d'impresa, di una riduzione


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delle imposte dovute, ancorché legata ad un evento eccezionale, il Dipartimento per le politiche fiscali ha rilevato che tale ipotesi comporterebbe censure da parte della Commissione europea sotto il profilo della illegittima concessione di un aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune.
Infatti, l'articolo 87, paragrafo 2, lettera b), del Trattato CE, considera compatibili con il mercato comune «gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali».
Inoltre, la Commissione europea, nella motivazione della decisione 2005/315/CE del 20 ottobre 2004, ha chiarito, con una considerazione potenzialmente riferibile ad ogni aiuto concesso a fronte di calamità naturali, che deve esserci un nesso chiaro e diretto tra il fatto che ha provocato il danno e l'aiuto di Stato destinato a risarcirlo.
Ciò premesso, il predetto Dipartimento ritiene che la riduzione dell'importo delle imposte sospese sarebbe legittima laddove, con riferimento a ciascuna azienda, tale importo non superi quello relativo al danno subito a seguito dell'evento. Trattandosi, peraltro, di valutazioni relative alla singola azienda, spetterebbe alle medesime provare che sussistono i presupposti per avvalersi dell'agevolazione.
È opportuno far presente che, in virtù del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 dicembre 2005, è stato prorogato, fino al 31 dicembre 2006, lo stato di emergenza nei territori delle regioni Marche e Umbria e che, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 2006, n. 3508, il termine per il recupero dei tributi non corrisposti per effetto dei provvedimenti di sospensione, è differito al mese di gennaio 2007.


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ALLEGATO 3

5-00287 Filippi ed altri: Imponibilità dei canoni di concessione sui beni del demanio marittimo.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con la question time in esame, la S.V. Onorevole chiede di conoscere se i canoni per la concessione di beni demaniali da parte dell'Azienda Regionale per i porti di Cremona e Mantova sono soggetti all'applicazione dell'IVA e delle imposte sui redditi, considerato che l'Azienda medesima esercita attività istituzionale, per conto della regione Lombardia, titolare del potere pubblico relativo.
La questione, come evidenziato dalla S.V. Onorevole, trae origine dalla notifica del processo verbale della Guardia di Finanza, Comando Compagnia di Cremona, nei confronti della predetta Agenzia, dal quale risulta che i canoni di concessione, in relazione ai beni del demanio, sono da assoggettarsi all'imposta.
Al riguardo, il Comando Generale della Guardia di finanza ha fatto presente che, la vicenda segnalata con l'interrogazione cui si risponde, si riferisce all'attività di verifica parziale, eseguita dalla Compagnia di Cremona nei confronti dell'Azienda Regionale per i porti di Cremona e Mantova, che si è conclusa il 23 maggio 2005.
Il Comando Generale ha evidenziato che i risultati della suddetta attività ispettiva sono da porre in relazione ai chiarimenti interpretativi diramati dal medesimo Comando Generale, sulla base delle conclusioni cui è pervenuta l'Agenzia delle entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, con le risoluzioni n. 40 del 16 marzo 2004 e n. 47 del 22 marzo 2004, in merito all'esatta natura giuridica da attribuire alle Autorità portuali ed al conseguente trattamento fiscale da applicare loro ai fini dell'imposizione diretta ed indiretta.
In particolare il predetto Comando Generale ha osservato che l'Agenzia delle entrate, pur riconoscendo che gli Enti in parola si inquadrano tra quelli non commerciali in quanto enti pubblici preposti all'esercizio prevalente di funzioni statali, ha, tuttavia, precisato che i canoni derivanti dalle concessioni demaniali, rilevano sia fini dell'IVA che delle imposte sul reddito, essendo essi relativi ad un ramo di attività di natura prettamente commerciale.
Tale orientamento, peraltro, ad avviso del Comando Generale della Guardia di finanza, conferma le posizioni precedentemente assunte dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 10097 del 25 luglio 2001, secondo la quale il passaggio del godimento dei beni del demanio portuale da un'Autorità di settore al singolo operatore è un atto equiparato alla locazione di beni e quindi soggetto all'IVA.
Al riguardo l'Agenzia delle entrate ha fatto presente, preliminarmente, che con la risoluzione n. 40 del 16 marzo 2004 l'Agenzia ha impartito istruzioni relativamente al trattamento tributario dei canoni di concessioni demaniali riscossi dalle Autorità portuali istituite dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84.
In detta pronuncia è stato precisato, relativamente alle richiamate Autorità portuali, che sono riconducibili tra gli enti non commerciali in quanto enti pubblici preposti all'esercizio prevalente di funzioni statali.
In merito ai canoni derivanti dalle concessioni demaniali, tuttavia, è stato


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precisato che gli stessi rilevano ai fini IVA in quanto corrisposti nello svolgimento di un'attività commerciale.
Ciò posto, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che l'articolo 36 del disegno di legge finanziaria 2007, all'esame del Parlamento, al comma 10, relativamente alle Autorità portuali nazionali, prevede che «gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle Autorità portuali, in ragione della natura giuridica di enti pubblici non economici delle Autorità medesime, restano assoggettati alla sola imposta proporzionale di registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (...)».
Pertanto, ad avviso dell'Agenzia delle entrate, la disposizione in esame, se normativamente sancita, potrebbe definire la problematica interpretativa inerente il trattamento tributario ai fini IVA dei canoni di concessione demaniali introitati dalle Autorità portuali di cui alla legge del 28 gennaio 1994, n. 84, superando l'indirizzo interpretativo espresso nella citata risoluzione n. 40 del 2004.
L'Agenzia delle entrate ha osservato, altresì, che oggetto della interrogazione è la gestione del demanio delle acque interne affidata all'Azienda regionale per i porti fluviali di Cremona e Mantova.
Al riguardo, l'Agenzia medesima ha fatto presente che l'ente in argomento non può essere assimilato alle Autorità portuali istituite dalla citata legge n. 84 del 1994 di cui alla risoluzione n. 40 del 2004 ed al parere del Consiglio di Stato-Sezione Terza del 9 luglio 2002, nonché agli enti destinatari della disposizione contenuta nel citato articolo 136, comma 10, del disegno di legge finanziaria 2007.
Ciò premesso, per stabilire il trattamento tributario dei canoni demaniali riscossi dall'Agenzia regionale dei porti di Cremona e Mantova, occorre, ad avviso dell'Agenzia delle entrate, anche in base alla natura pubblica o privata dell'ente, in forza dei principi generali recati dall'articolo 73 e dall'articolo 74, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, individuare la natura commerciale o meno dell'ente.
L'Agenzia delle entrate osserva che se l'Azienda in argomento, che è un soggetto giuridicamente distinto dall'ente pubblico che l'ha istituita, si configura quale ente commerciale, deve assoggettare ad IVA e ad IRES i proventi derivanti dalle concessioni demaniali, in quanto tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese, si considerano effettuate nell'esercizio di impresa.
Diversamente, qualora l'ente in argomento si configuri quale ente non commerciale, andrà verificato se l'attività di gestione del demanio lacuale posta in essere dall'Agenzia Regionale sia riconducibile o meno fra quelle commerciali di cui all'articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
In particolare, ai fini IVA, ai sensi dell'articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, occorrerà verificare se l'attività di gestione del demanio lacuale abbia natura pubblicistico-autoritativa e, quindi, natura non commerciale, non rilevante ai fini IVA, oppure si configuri come attività commerciale che assume rilevanza ai fini dell'acquisizione della soggettività passiva IVA da parte dell'ente.