II Commissione - Resoconto di mercoledì 9 maggio 2007


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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 9 maggio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 9.10.

Sull'ordine dei lavori.

Enrico COSTA (FI), rileva che la convocazione per la seduta di oggi prevedeva originariamente il solo esame in sede referente delle proposte di legge C. 1792 e abbinate. Successivamente la convocazione è stata aggiornata e prevede, al primo punto all'ordine del giorno, l'esame in sede consultiva della proposta di legge C. 1318, di particolare delicatezza e rilevanza, in quanto recante la disciplina del conflitto di interessi. Premesso che non intende contestare la legittimità e regolarità della convocazione e delle relative forme di pubblicità, rileva che molti componenti della Commissione non sono presenti, probabilmente perché non al corrente dell'aggiornamento della convocazione e, quindi, ancora convinti che all'ordine del giorno vi


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sia la sola sede referente e non la sede consultiva al primo punto dell'ordine del giorno. In considerazione della rilevanza della proposta di legge C. 1318, chiede quindi che l'esame in sede consultiva previsto per la seduta odierna sia svolto successivamente all'esame in sede referente delle proposte di legge C. 1792 e abbinate.

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che la convocazione per la seduta odierna è stata aggiornata ieri alle ore 19, come risulta dall'apposita nota apposta in calce alla convocazione medesima, e che la nuova convocazione è stata pubblicizzata nelle forme regolamentari, oltre che tramite l'invio a tutti i membri della Commissione di un messaggio telefonico «SMS», al quale ha fatto seguito il riscontro di corretta trasmissione e ricezione. Ciò premesso, in considerazione della rilevanza della proposta di legge C. 1318 e della correttezza che caratterizza i rapporti fra i membri della Commissione giustizia sin dall'inizio della legislatura, ritiene che l'inizio dell'esame in sede consultiva del predetto provvedimento possa essere rinviato al termine delle votazioni dell'odierna seduta antimeridiana dell'Assemblea.

Roberto GIACHETTI (Ulivo) ritiene che la richiesta dell'onorevole Costa possa essere accolta, purché resti inteso che la Commissione deve comunque esprimere il parere sulla proposta di legge C. 1318 entro la giornata di oggi. Chiede quindi all'onorevole Costa un impegno in tal senso.

Enrico COSTA (FI) ringrazia il presidente Pisicchio e l'onorevole Giachetti per la disponibilità dimostrata, ritenendo peraltro necessario che la Commissione compia un esame approfondito del provvedimento. Sotto questo profilo, non ritiene sussistano le condizioni per assumere l'impegno richiesto dall'onorevole Giachetti.

Pino PISICCHIO, presidente, preso atto degli interventi svolti, ritiene che l'esame in sede consultiva possa svolgersi al termine delle votazioni dell'odierna seduta antimeridiana dell'Assemblea.

La Commissione concorda.

Conflitto di interessi.
Nuovo testo C. 1318 Franceschini.
(Parere alla I Commissione).
(Rinvio dell'esame).

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che la Commissione ha stabilito che l'esame in sede consultiva della proposta di legge C. 1318 si svolga al termine delle votazioni dell'odierna seduta antimeridiana dell'Assemblea. Rinvia pertanto l'esame al termine delle votazioni dell'odierna seduta antimeridiana dell'Assemblea.

La seduta termina alle 9.15.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 9 maggio 2007. - Presidenza del Presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 9.15.

Applicazione della pena su richiesta in relazione a reati per i quali è previsto l'indulto.
C. 1792 Balducci, C. 1877 Costa e C. 2147 Palomba.
(Seguito dell'esame e rinvio. Costituzione di un comitato ristretto).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 2 maggio 2007.

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che nel corso delle precedenti sedute è stata formulata una proposta di disabbinamento volta a consentire che le proposta


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di legge C. 1792 Balducci e C1877 Costa, che si incentrano sull'istituto del patteggiamento, e la proposta di legge C. 1247 Palomba, che si basa sull'istituzione di apposite sezioni stralcio, possano essere esaminate autonomamente dalla Commissione.

Lanfranco TENAGLIA (Ulivo) evidenzia che un'ulteriore ipotesi di lavoro per la Commissione potrebbe essere rappresentata dalla previsione di una norma che, affiancandosi alla possibilità di accedere a riti alternativi, stabilisca dei criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti penali.

Paola BALDUCCI (Verdi) ribadisce che la soluzione del patteggiamento appare la più idonea per affrontare la situazione emergenziale di cui si dibatte, ma evidenzia che qualunque intervento normativo sarebbe inutile se tardivo. Ritiene altresì che l'istituzione di sezioni stralcio presenti profili di incostituzionalità, con particolare riferimento al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale e dei principi di eguaglianza e ragionevolezza.

Federico PALOMBA, relatore, nel ribadire la posizione già espressa nel corso delle precedenti sedute, sottolinea l'opportunità di un unico testo normativo che preveda entrambe le soluzioni, quella organizzatoria e quella processuale, anche per differenziare la tempistica dei processi. Chiede quindi che la Commissione gli conceda la possibilità di riflettere fino alla prossima settimana, anche sull'opportunità di svolgere il ruolo relatore di provvedimenti che si fondino esclusivamente sull'istituto del patteggiamento, come appunto accadrebbe se la fosse approvata la proposta di disabbinamento.

Enrico COSTA (FI) ribadisce la pregevolezza della proposta di legge dell'onorevole Palomba, che predispone uno strumento utile per affrontare, in futuro, eventuali analoghe problematiche derivanti dalla concessione dell'indulto. Il problema contingente, tuttavia, può essere affrontato solo ricorrendo all'istituto del patteggiamento. Chiede quindi che la Commissione si pronunci quanto prima sulla proposta di disabbinamento.

Alessandro MARAN (Ulivo), nell'esprimere la posizione del proprio gruppo, ritiene che le due ipotesi di soluzione al problema in questione, quella di carattere processuale e quella di tipo organizzatorio, possano procedere insieme.

Pierluigi MANTINI (Ulivo) ribadisce di ritienere che la soluzione del patteggiamento non sia del tutto efficace ma che, tuttavia, la soluzione del disabbinamento sia praticabile.

Il sottosegretario Luigi LI GOTTI ricorda che lo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri, recante disposizioni per l'accelerazione e la razionalizzazione del processo penale, nonché in materia di prescrizione dei reati, tenuità del fatto, recidiva, confisca e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie, prevede, all'articolo 24, l'applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati coperti da indulto. Ribadisce altresì la contrarietà del Governo all'istituzione delle sezioni stralcio, che comporterebbero un notevole ed inutile appesantimento del rito penale.

Pino PISICCHIO, presidente, in considerazione delle risultanze del dibattito, dal quale emerge che l'indicazione di procedere al disabbinamento delle proposte di legge in esame non appare sufficientemente condiviso, propone la costituzione di un comitato ristretto.

La Commissione approva la proposta del presidente di costituire un comitato ristretto.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.50.


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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 9 maggio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 9.50.

Schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1/2005 concernente la protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97.
Atto n. 80.
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato da ultimo nella seduta dell'8 maggio 2007.

Paola BALDUCCI (Verdi) rileva alcuni profili critici del provvedimento in esame sul quale ritiene necessario soffermarsi. In particolare, alcune perplessità suscitano i rapporti che si verrebbero ad instaurare, in caso di definitivo varo del decreto legislativo, così come è attualmente formulato, tra le violazioni amministrative in esso contemplate e gli illeciti penali previsti nell'ambito del codice penale. Va, infatti, ricordato che il codice penale, a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 189 del 2004 prevede un apposito titolo IX-bis, dei delitti contro il sentimento per gli animali, al cui interno sono state inserite - tra l'altro - le fattispecie di uccisione di animali (articolo 544-bis) e di maltrattamenti di animali (articolo 544-ter).
L'articolo 544-ter punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. È inoltre previsto che la stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. Inoltre, la pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale».
Ciò serve a chiarire che le operazioni di carico e di scarico di animali su mezzi di trasporto, che siano tali da procurare lesioni o sevizie oppure quando dette operazioni siano dirette a sottoporre gli animali a comportamenti o insopportabili per le caratteristiche etologiche, ovvero siano tali da procurare un danno alla salute degli animali stessi, potrebbero in astratto integrare la fattispecie di cui all'articolo 544-ter del codice penale.
Peraltro, va detto che nella nozione di «maltrattamento» penalmente rilevante non rientrano solo le lesioni rilevanti che comportano una diminuzione dell'integrità fisica dell'animale (peraltro, la fattispecie si limita a richiedere la «lesione», senza aggiungere alcun riferimento alla malattia nel corpo e nella mente), poiché possono rilevare anche quelle dirette ad arrecare una sofferenza psicofisica allo stesso. Tant'è che si parla anche di sevizie o di comportamenti insopportabili. Nel concetto di «sevizie» sicuramente rientrano quelle forme di crudeltà caratterizzate dall'inflizione all'animale di un dolore o di un tormento fisico.
Questo aspetto dei rapporti tra violazione amministrativa prevista dal decreto e illecito penale merita qualche attenzione.
L'articolo 9, comma 1, della legge n. 689 del 1981 stabilisce che quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative si applica la disposizione speciale. Ciò sta a significare che, in linea di principio, in caso di concorso tra norma penale e illecito amministrativo, prevale la norma speciale, che non è necessariamente quella penale. Sarebbe certamente paradossale, tuttavia,


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arrivare a paralizzare la portata della fattispecie penale di maltrattamento per effetto del criterio di specialità in favore dell'illecito amministrativo.
Si pensi alla violazione amministrativa prevista dall'articolo 7 (violazioni delle disposizioni relative al benessere degli animali) dello schema di decreto legislativo in esame, in cui si prevede una sanzione pecuniaria da euro 2.000 a euro 6.000 nei confronti del trasportatore che durante il viaggio viola le disposizioni essenziali per il benessere degli animali, in relazione alle violazioni elencate al comma 2. Nel comma 2 si fa riferimento, ad esempio, al trasporto di animali gravemente malati o feriti, nonché al trasporto di animali con densità di carico tali da impedire la possibilità di decubito o di regolare accesso al dispositivo di abbeveraggio, o - ancora - alla mancanza di accesso continuo all'acqua o all'assenza di alimentazione o alla mancanza sul mezzo di trasporto di un idoneo sistema di controllo della temperatura. Ed ancora: il comma 5 dell'articolo 7 punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a 15.000 il personale che accudisce gli animali utilizzando violenza ovvero che arreca all'animale sofferenze inutili o lesioni. Stessa sanzione è prevista dal comma 6 dell'articolo 7 allorché, durante le operazioni di trasporto, venga usata violenza sull'animale o vengano causate all'animale sofferenze inutili o lesioni!
Si tratta, com'è evidente, di ipotesi amministrative che potrebbero in realtà configurare anche il delitto di maltrattamento di animali. Per effetto del criterio di specialità di cui all'articolo 9 della legge n. 689 del 1981 si arriverebbe, però, all'assurdo di applicare sempre la sanzione amministrativa, perché di norma essa è quasi sempre speciale rispetto a quella penale. Tale sistema conduce tuttavia a risultati aberranti, ed anzi consente al trasportatore di sfuggire alla sanzione penale, pagando una sanzione amministrativa, benché non lieve.
Ritiene opportuno, perciò riformulare meglio le norme contenute nell'articolo 7 dello schema di decreto legislativo, in modo da chiarire i rapporti con l'illecito penale di cui all'articolo 544-ter del codice penale. Suggerisce, in ogni caso, di introdurre negli illeciti amministrativi che richiamano quelle violazioni che siano suscettibili in taluni casi di integrare anche un'ipotesi di maltrattamento, un'apposita clausola di riserva, facendo precedere a tali illeciti amministrativi le parole «Salvo che il fatto costituisca reato».
Rileva poi altri aspetti dello schema di decreto legislativo che appaiono suscettibili di miglioramento. Si riferisce, in particolare, all'articolo 8, il cui comma 12 prevede che il Ministero della salute possa adottare nei confronti dei trasportatori di altro Stato membro, che abbiano commesso le violazioni indicate nel decreto, una volta esaurite tutte le possibili azioni in materia di assistenza reciproca e di scambio di informazioni, un provvedimento di interdizione temporanea ad effettuare il trasporto di animali sul territorio nazionale. Ritiene che sia opportuno sostituire tale previsione della facoltà del Ministero della Salute di disporre l'interdizione, con l'obbligo per il Ministero di interdire temporaneamente il trasporto qualora ve ne siano i presupposti.
Ritiene, infine, che vada riformulato anche l'articolo 12 dello schema di decreto che prevede la destinazione dei proventi delle sanzioni in favore delle regioni, delle province o dei comuni. È auspicabile una modifica della norma, in modo da prevedere un vincolo di destinazione delle somme così derivate in favore di interventi di protezione degli animali durante il trasporto.
Chiede quindi al relatore di formulare la proposta di parere, tenendo conto dell'opportunità che il Governo: 1) riformuli le norme contenute nell'articolo 7 dello schema di decreto legislativo, in modo da chiarire i rapporti con l'illecito penale e da scongiurare il pericolo di una depenalizzazione di condotte che oggi sarebbero punibili ai sensi dell'articolo 544-ter del codice penale; 2) introduca negli illeciti amministrativi previsti dagli articoli 3, 4, 6 e 7 dello schema di decreto legislativo, e - in particolare - nell'articolo 7 (violazione


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delle disposizioni relative al benessere degli animali), poiché quest'ultimo richiama violazioni suscettibili di integrare la fattispecie di maltrattamento ai sensi dell'articolo 544-ter del codice penale, un'apposita clausola di riserva, facendo precedere la descrizione di tali illeciti amministrativi dall'inciso «Salvo che il fatto costituisca reato,»; 3) modifichi il comma 12 dell'articolo 8 dello schema di decreto legislativo, sostituendo le parole «il Ministero della salute può adottare» con le parole «il Ministero della salute adotta», in modo da eliminare la discrezionalità del Ministero e rendere obbligatoria l'interdizione temporanea ad effettuare il trasporto di animali sul territorio nazionale nei confronti dei trasportatori di altro Stato membro, che abbiano commesso le violazioni indicate nel decreto, una volta esaurite tutte le possibili azioni in materia di assistenza reciproca e di scambio di informazioni; 4) riformuli l'articolo 12 dello schema di decreto che prevede attualmente la destinazione dei proventi delle sanzioni in favore delle regioni, delle province o dei comuni, disponendo che le somme affluiscano al Bilancio dello Stato per essere poi assegnate alla disponibilità del Ministero della salute con vincolo di destinazione delle somme così derivate in favore di interventi di protezione degli animali durante il trasporto.

Pino PISICCHIO, presidente, ritiene che, in considerazione della complessità del provvedimento, la Commissione potrà esprimere il parere non prima di martedì 15 maggio. Considerato che il termine per l'espressione del parere scade domenica 13 maggio, chiede al rappresentante del Governo se vi sia la disponibilità ad attendere sino a quella data prime dell'emanazione del decreto legislativo.

Il sottosegretario Luigi LI GOTTI manifesta la disponibilità del Governo ad attendere l'espressione del parere, nei termini indicati dal presidente Pisicchio.

Pino PISICCHIO, presidente, ringrazia il rappresentante del Governo e, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.55.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 9 maggio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO.

La seduta comincia alle 13.10.

Conflitto di interessi.
Nuovo testo C. 1318 Franceschini.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione. Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Marilena SAMPERI (Ulivo), relatore, ritiene preliminarmente opportuno ricordare che l'esame della Commissione giustizia è limitato alle parti di propria competenza, non investendo tutte le scelte di merito effettuate dalla I Commissione in ordine alla nuova disciplina del conflitto di interessi.
Il provvedimento in esame è diretto principalmente a modificare la normativa in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di governo, attualmente disciplinata dalla legge n. 215 del 2004. Inoltre, il testo reca una delega al governo per l'integrazione del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di conflitti di interessi degli amministratori locali. Sono infine dettati i princìpi in materia di conflitti di interessi dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali.
Il testo trasmesso dalla I Commissione si compone di 29 articoli suddivisi in 7 capi.
Il Capo I ha per oggetto i princìpi generali. In particolare, l'articolo 1 sancisce il principio della esclusiva cura degli interessi pubblici. Il comma 1 prevede espressamente che i titolari di cariche


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pubbliche, nell'esercizio delle loro funzioni, sono tenuti ad operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati, dal quale consegue l'obbligo generale di astensione dalla partecipazione a qualunque decisione che possa specificamente incidere sulla situazione patrimoniale propria o del coniuge non legalmente separato o dei suoi parenti o affini entro il secondo grado ovvero delle persone con loro stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico o di altri soggetti a loro legati da rapporti di interesse, recando ad essi un vantaggio economico rilevante e differenziato rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento.
L'articolo 2 definisce la nozione di conflitto di interessi. Questo sussisterebbe in tutti i casi in cui il titolare di una carica di Governo, ovvero il Presidente di una regione, il componente di una giunta regionale, il Presidente o il componente di una giunta provinciale, il Sindaco o il componente della giunta di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza. Si specifica che il conflitto sussisterebbe anche quando la situazione appena descritta si riferisca al coniuge non legalmente separato o ai parenti o agli affini entro il secondo grado dei soggetti sopra elencati. Una ulteriori ipotesi di conflitto sussiste in tutti i casi in cui i medesimi soggetti siano preposti, in qualità di rappresentante, amministratore, curatore, gestore, procuratore, consulente, o in altra posizione analoga, comunque denominata, alla cura di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.
Il Capo II istituisce l'Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione (di seguito denominata Autorità) con sede in Roma. Si tratta di una nuova autorità indipendente composta da cinque membri, dei quali due sono eletti dalla Camera dei deputati, due dal Senato della Repubblica, uno, con funzione di presidente, nominato dai Presidenti della Camera e del Senato, d'intesa tra loro. Sono previste cause di ineleggibilità nonché di incompatibilità.
Compito dell'autorità è prevenire ed eventualmente sanzionare i conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo di cui all'articolo 7 (articolo 5).
Di particolare interesse per la Commissione Giustizia è l'articolo 6, avente ad oggetto la giurisdizione competente e i termini per le impugnazioni circa gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dall'Autorità. Questi sono impugnabili esclusivamente dinanzi alla Corte d'Appello di Roma. Il collegio giudicante è composto dal presidente della Corte d'Appello, che lo presiede, e da due giudici estratti a sorte ogni quattro anni tra i presidenti delle sezioni civili. La Corte d'Appello decide in camera di consiglio, entro venti giorni dal deposito dell'impugnazione. La decisione della Corte d'Appello è impugnabile con ricorso alla Corte di Cassazione. Il collegio giudicante è composto dal presidente della Corte di Cassazione, che lo presiede, e da due giudici estratti a sorte ogni quattro anni tra i presidenti delle sezioni civili. Il ricorso è deciso entro venti giorni dal deposito dell'impugnazione. Avverso i provvedimenti dell'Autorità e le decisioni della Corte d'Appello, gli interessati possono proporre impugnazione entro venti giorni dalla data di notifica. Si prevede inoltre che qualora il Governo abbia sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della decisione dell' Autorità giudiziaria, la Corte Costituzionale decide entro venti giorni. Il Capo III ha per oggetto la prevenzione delle situazioni di conflitto di interessi. In primo luogo è definito l'ambito soggettivo di applicazione del Capo, il quale si applica ai titolari di cariche di Governo, intendendo questi come il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari


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straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
L'articolo 8 disciplina le procedure relative alle dichiarazioni che tali soggetti devono effettuare alla all'Autorità entro termini specificatamente stabiliti. Si tratta di dati dai quali emergono o possono emergere situazioni di conflitto. Le dichiarazioni devono essere effettuate entro venti giorni dall'assunzione di una delle cariche nonché in momenti successivi con finalità integrative. Si segnala che alcune comunicazioni riguardano anche coniuge, dei parenti e degli affini entro il secondo grado, nonché delle persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico. Al fine di tutelare la privacy di soggetti diversi dal titolare e non appartenenti alle categorie previste dal comma 2 dell'articolo 2, sarebbe opportuno prevedere che l'Autorità possa non rendere pubblici quei documenti che, depositati ai sensi dei commi che precedono, riguardino posizioni beneficiarie spettanti a soggetti diversi da quelli previsti dai commi 1 e 2 dell'articolo 2, che risultino negli eventuali trust dei quali il titolare faccia parte, o abbia istituito, ai sensi di una legge diversa da quella che disciplina il conflitto di interessi.
L'articolo 9 ha per oggetto le incompatibilità generali, mentre l'articolo 10 si riferisce alle incompatibilità determinate dalla specifica natura del patrimonio del titolare della carica di Governo. Dall'accertamento dell'incompatibilità consegue un invito all'interessato di comunicare, entro i trenta giorni successivi, l'opzione tra il mantenimento della carica di Governo o il mantenimento della posizione incompatibile. A decorrere da tale data, il titolare della carica di Governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità è tenuto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 11. Nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto, salvo le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per l'ufficio incompatibile con la carica di Governo.
Il titolare della carica di Governo, qualora abbia scelto di eliminare la causa di incompatibilità, concorda con l'Autorità gli adempimenti necessari per conseguire l'obbiettivo. La causa di incompatibilità deve essere eliminata entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'invito ad esercitare l'opzione o ad eliminare la causa di incompatibilità.
L'articolo 11 disciplina gli obblighi di astensione che trovano applicazione quando l'Autorità rileva che uno dei soggetti di cui all'articolo 7, nell'esercizio delle sue funzioni, può prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni, che, pur destinati alla generalità o ad intere categorie di soggetti, sono tali da produrre, nel patrimonio dello stesso, o di uno dei soggetti di cui al comma 8 dell'articolo 8, un vantaggio economicamente rilevante e differenziato, ancorché non esclusivo, rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento. L'obbligo di astensione sussiste anche in mancanza delle comunicazioni precedenti, in quanto il titolare della carica di Governo soggiace comunque al generale obbligo di astensione di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, ove ne ricorrano i presupposti.
L'obbligo di astensione non opera, in ogni caso, nell'adozione di atti dovuti.
L'articolo 12 ha per oggetto la separazione degli interessi. Tale fattispecie opera in due ipotesi particolari. La prima ricorre quando il titolare della carica di Governo possiede, anche per interposta persona o per tramite di società fiduciarie, partecipazioni rilevanti (il concetto di rilevanza è individuato espressamente) nei settori della difesa, dell'energia, del credito, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, delle comunicazioni di rilevanza nazionale, dei servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, nonché in imprese operanti nel settore pubblicitario. La seconda ricorre quando la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di Governo nel medesimo settore di mercato, superiore a dieci


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milioni di euro, sia tale da configurare il rischio evidente di turbative della concorrenza o di condizionamento dell'attività di governo. In quest'ultimo caso, l'Autorità valuta, in particolare, se il titolare della carica governo possa, direttamente o indirettamente, influenzare l'attività dell'impresa ovvero il settore di mercato nel quale l'impresa opera. In questi casi, l'Autorità chiede il parere della Commissione Nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato e delle competenti autorità di settore. Le Autorità si pronunciano nel loro parere anche sulle misure a loro avviso ritenute necessarie per prevenire il conflitto di interessi. L'Autorità, acquisiti i pareri e valutate le osservazioni dell'interessato, se ritiene che si configuri il conflitto di interessi, delibera di invitarlo ad optare tra l'alienazione delle partecipazioni nella misura idonea a riportarne la consistenza al di sotto delle indicate soglie di rilevanza, indicando tale misura, ovvero la istituzione di un trust. Il titolare della carica di Governo se opta per l'istituzione di un trust sottopone l'atto costitutivo del medesimo all'Autorità per l'approvazione. Qualora l'Autorità indichi la necessità di procedere alla modificazione di clausole dell'atto istitutivo del trust ai fini del rispetto delle disposizioni della presente legge, il titolare della carica di Governo vi provvede entro i successivi dieci giorni. Nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per la disponibilità dei beni il cui possesso è incompatibile con la carica di Governo.
L'articolo 13 disciplina gli effetti dell'invito all'opzione. L'articolo 14 ha per oggetto il cosiddetto trust cieco. Si è utilizzato lo strumento del rinvio alle disposizioni della legge regolatrice straniera scelta dal disponente, d'intesa con l'Autorità, ai sensi della Convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, ratificata e resa esecutiva con la legge 16 ottobre 1989, n. 364. La legge regolatrice scelta deve essere compatibile con l'ordinamento italiano e con la presente legge. In ogni caso, i suddetti trust, per ottenere l'approvazione dell'Autorità, devono conformarsi alle disposizioni dell'articolo in commento, non devono essere idonei ad eludere le disposizioni della presente legge, devono fornire adeguate garanzie per il perseguimento dei suoi obbiettivi e il rispetto delle sue disposizioni. Il trust deve rispettare anche regole specifiche individuate espressamente dal provvedimento. Tra queste se ne segnalano alcune. Il trustee è scelto all'interno di una lista predisposta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa, fra gli iscritti all'Albo dei gestori. Inoltre, si prevede che il trustee deve essere una persona giuridica, costituita in forma di società di capitali ed avere particolari requisiti. Tra questi ve ne uno che attiene alla competenza della Commissione Giustizia. Si tratta della lettera r) del comma 8: il trustee non deve avere a proprio carico alcun procedimento civile o penale per mala gestio o per violazione degli obblighi fiduciari assunti. Considerato che il trustee deve essere una persona giuridica è evidente che dovrà essere soppresso il riferimento al procedimento penale, non essendo prevista dal nostro ordinamento la responsabilità penale degli enti. Le medesimi considerazioni valgono per la lettera f) del comma 9, secondo la quale il trustee ha l'obbligo di informare l'Autorità circa l'avvio di procedimenti penali o civili nei suoi confronti per mala gestio o violazione degli obblighi fiduciari che gli fanno carico e quindi dimettersi dall'ufficio. Suscita serie perplessità anche la previsione dell'obbligo di dimissioni a seguito di una mera denuncia.
Il trustee, ferme restando ulteriori ipotesi di responsabilità accertate dall'autorità giudiziaria e salvo quanto previsto al comma 12, risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile. Alle controversie concernenti l'attività del gestore si applica, in materia di attribuzione della giurisdizione,


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la disposizione di cui all'articolo 17, comma 3, della Convenzione firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968, ratificata ai sensi della legge 21 giugno 1971, n. 804. Secondo tale disposizione «se la clausola attributiva di competenza è stata stipulata a favore di una soltanto delle parti, questa conserva il diritto di adire qualsiasi altro giudice competente ai sensi della presente Convenzione». A tale proposito si segnala che, ai sensi dell'articolo 26, per le controversie nelle materie disciplinate dal provvedimento in esame, la competenza esclusiva è dell'autorità giudiziaria italiana anche quando il trustee ha sede o residenza al di fuori del territorio della Repubblica italiana. Ciò significa che sarà necessario coordinare le due disposizioni.
L'articolo 15 specifica che per trust cieco si intende quella tipologia di trust ove il trustee ha la più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni in trust, mentre i beneficiari ne possono avere solo una conoscenza quantitativa.
L'articolo 17 ha per oggetto le disposizioni fiscali.
Il Capo IV ha per oggetto le sanzioni. In particolare, l'articolo 18 punisce le violazioni dell'obbligo di dichiarazione. In prima battuta si prevede che l'Autorità diffidi ad adempiere il soggetto nei successivi dieci giorni. In caso di ulteriore inadempimento, la medesima Autorità applica, per gli inadempimenti relativi a ciascuna dichiarazione, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 ad euro 35.000. La sanzione si applica anche nel caso in cui siano presentate dichiarazioni risultate in tutto o in parte incomplete ovvero non veritiere.
Simile meccanismo è previsto anche per le dichiarazione relative al coniuge, a parenti ed affini entro il secondo grado nonché alle persone stabilmente conviventi con il titolare della carica di Governo non a scopo di lavoro domestico.
L'articolo 19 punisce le violazioni dell'obbligo di astensione di cui all'articolo 11 con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 ad euro 150.000. In ogni caso, l'Autorità informa senza ritardo l'autorità giudiziaria.
L'articolo 20 prevede che l'applicazione di una sanzione non superiore al quadruplo del vantaggio ottenuto in caso di compimento di un atto posto in essere in conflitto di interessi dal quale consegue un vantaggio economicamente rilevante e differenziato rispetto alla generalità dei destinatari ovvero incidente solo su una categoria ristretta di cui il soggetto è parte.
Si osserva che la sanzione non appare sufficientemente determinata. Si ricorda che l'applicazione del principio di legalità in materia di sanzioni amministrative è ormai pacificamente riconosciuta. Quando il comportamento è idoneo ad arrecare un vantaggio ad altro soggetto e, in particolare, ad altro componente dell'organo al quale appartiene ovvero al coniuge, parente o affine entro il secondo grado, o convivente si applica la sanzione pecuniaria da 10 mila a 20 mila euro. Sarebbe opportuno prevedere anche per la prima ipotesi la fattispecie di pericolo. Quando il vantaggio si verifica si applica la sanzione prevista per l'ipotesi precedente, consistente in una sanzione pecuniaria non superiore al quadruplo del vantaggio ottenuto.
La stessa sanzione è applicata al titolare di una delle cariche di cui all'articolo 7, che, in presenza delle stesse condizioni, arreca, consapevolmente, il medesimo vantaggio economico al coniuge, ad un parente o affine entro il secondo grado, ad una persona stabilmente convivente con il medesimo non a scopo di lavoro domestico, o ad imprese o società di cui il medesimo detenga il controllo ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, ovvero con le quali abbia intrattenuto rapporti di lavoro o di gestione o dalle quali abbia ottenuto finanziamenti o contributi per lo svolgimento di campagne elettorali per elezioni.
Il Capo V contiene le disposizioni concernenti gli amministratori locali, i presidenti di regione e i membri delle giunte regionali. In particolare, l'articolo 21 reca


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una delega al Governo per l'integrazione del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di conflitto di interessi degli amministratori locali e dei Presidenti di Regione e dei membri delle Giunte regionali. Per quanto attiene alla competenza della Commissione Giustizia, si segnala l'indeterminatezza dei principi e criteri direttivi di cui alla lettera b) del comma 1, in relazione alle sanzioni. Si prevede, infatti, che il decreto legislativo debba dettare disposizioni per prevenire e sanzionare eventuali situazioni di conflitto di interessi come definite all'articolo 2 della presente legge, con riguardo ai Presidenti delle Regioni e dei membri delle Giunte regionali. La Commissione dovrà valutare l'opportunità di una maggiore determinatezza di tali principi e criteri direttivi.
L'articolo 22 detta i principi in materia di incompatibilità dei Presidenti di Regione e dei membri delle Giunte regionali.
Il Capo VI ha per oggetto il sostegno privilegiato nel settore delle comunicazioni, delle telecomunicazioni, dell'editoria, anche a mezzo internet.
L'articolo 23 attribuisce funzioni di controllo all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e ai comitati regionali per le comunicazioni. Il compito di tali organi è di accertare che nel caso di campagne elettorali non sia fornito un sostegno privilegiato a candidati sindaci di comuni superiori ai quindicimila abitanti, ai candidati presidenti di Provincia, ai candidati Presidenti di Regione e ai capi delle coalizioni nell'ambito di elezioni politiche da parte di imprese radiotelevisive e di comunicazione, di imprese operanti nell'ambito delle telecomunicazioni, di imprese operanti nell'ambito dell'editoria, anche a mezzo internet, qualora queste facciano capo rispettivamente ai predetti soggetti.
La nozione di sostegno privilegiato è dettata dal comma 3 dell'articolo 23. Questo consiste in atti o comportamenti attuati dalle imprese predette che abbiano come scopo o come effetto qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, a favore delle persone indicate nel comma 1. La concessione di sostegno privilegiato deve essere accertata e resa nota, caso per caso, da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Durante tutto il periodo della campagna elettorale, così come definito dalla legge 10 febbraio 2000, n. 28, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i comitati regionali per le comunicazioni sorvegliano costantemente e con il massimo di rigore che le imprese predette non adottino alcun genere di comportamenti in violazione del principio della par condicio e comunque capace di incidere sul risultato elettorale, ai sensi della legge predetta, tra i candidati alle cariche sopraindicate.
Ai sensi del comma 5, nell'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta le procedure, si avvale dei poteri ed applica le sanzioni previste dalle disposizioni di cui alla legge 6 agosto 1990, n. 223, alla legge 31 luglio 1997, n. 249, alla legge 22 febbraio 2000, n. 28, al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.
In caso di accertamento di comportamenti posti in essere in violazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni diffida immediatamente e non oltre le ventiquattro ore, l'impresa a desistere dal comportamento contestato e ad adottare, ove possibile, le necessarie misure correttive. In caso di inottemperanza entro il termine massimo di quarantotto ore, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni infligge all'impresa che ha offerto un sostegno privilegiato le sanzioni previste dalle disposizioni richiamate al comma 5.
Le sanzioni pecuniarie ivi previste sono aumentate sino a tre volte, in relazione alla gravità della violazione e al livello istituzionale corrispondente. Per ogni singola infrazione e salve le possibilità di ripristino della par condicio violata, sono adottate comunque, in considerazione del livello istituzionale dei candidati e della gravità dell'infrazione commessa, sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese da euro 5.000 ad euro 50.000. In caso di violazioni ripetute, oltre alla terza volta, è


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disposta la sospensione del provvedimento autorizzatorio per un periodo di quindici giorni.
Nel periodo successivo alla campagna elettorale, e fino all'applicazione delle disposizioni in materia di trust cieco di cui all'articolo 14, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali per le comunicazioni sorvegliano costantemente che le imprese predette non adottino alcun genere di comportamenti che possa configurare un sostegno privilegiato. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui ai commi precedenti.
L'articolo 24 disciplina le funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al di fuori dei periodi relativi alle campagne elettorali. Questa accerta, che le imprese, che agiscono nel settore radiotelevisivo a livello nazionale, non pongano in essere comportamenti che forniscano un sostegno privilegiato al titolare di cariche di Governo.
In caso di accertamento delle violazioni di cui al presente articolo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dispone la diffusione di comunicazioni di rettifica ovvero la messa a disposizione di spazi a favore delle parti politiche lese.
Il Capo VII ha per oggetto le disposizioni finali.
L'articolo 25 prevede la copertura finanziaria.
L'articolo 26 contiene le disposizioni in materia di giurisdizione e di legislazione fiscale. Come si è già detto, per le controversie nelle materie disciplinate dal presente provvedimento, la competenza esclusiva è dell'autorità giudiziaria italiana anche quando il trustee ha sede o residenza al di fuori del territorio della Repubblica italiana.
Gli articoli 27, 28 e 29 hanno per oggetto rispettivamente le disposizioni transitorie e finali, le abrogazioni e l'entrata in vigore del testo.
Si riserva quindi di formulare una compiuta proposta di parere all'esito del dibattito.

Manlio CONTENTO (AN) ringrazia il relatore per avere svolto un lavoro pregevole nonostante la ristrettezza dei tempi a disposizione. Rileva, tuttavia, la sussistenza di molteplici ulteriori aspetti problematici di competenza della Commissione giustizia, che dovrebbero essere approfonditi. Dichiara, tuttavia, di non essere in grado, allo stato, di intervenire sul merito del provvedimento e chiede pertanto che l'esame sia rinviato in modo da consentire a tutti i membri della Commissione di esprimersi con un minimo di consapevolezza su un tema tanto complesso e delicato.

Enrico COSTA (FI) si associa ai ringraziamenti rivolti al relatore, ma concorda pienamente con le osservazioni dell'onorevole Contento. Sono molti gli aspetti problematici ancora da approfondire, che coinvolgono direttamente o indirettamente gli ambiti di competenza della Commissione giustizia. Su un provvedimento di tale complessità non è possibile che la Commissione esprima un parere senza compiere un esame approfondito.

Gaetano PECORELLA (FI) concorda sul fatto che la relazione non ha evidenziato tutti gli aspetti di competenza della Commissione. Rileva quindi che temi di tale complessità non possono essere affrontati in tempo tanto ridotti.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) condividendo le osservazioni sinora espresse, sottolinea comunque l'esigenza di una normativa più stringente in materia di conflitto di interessi, che non sia limitata alle sole cariche di Governo, ma sia applicabile a tutte la fattispecie in cui sia esercitata una funzione pubblica.

Giancarlo LAURINI (FI) rileva l'assoluta impossibilità ed anche la scarsa serietà di esprimere un parere su un provvedimento tanto importante in così poco tempo.

Pino PISICCHIO, presidente, pur condividendo molte delle preoccupazioni espresse, ricorda che il provvedimento è


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iscritto nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 14 maggio e che la Commissione ha tempo fino a domani per esprimere il parere. Il che si contrappone alle istanze di approfondimento avanzate.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che l'esame dovrebbe essere rinviato al termine dei lavori pomeridiani dell'odierna seduta dell'Assemblea e che la Commissione debba esprimere un parere meditato e completo. Se poi, come sembra, questa sera il Governo porrà la questione di fiducia sul disegno di legge C. 2534-A, attualmente all'esame dell'Assemblea, ciò significa che la Commissione esprimerà il parere sul disegno di legge C. 1318 nel corso della prossima settimana.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) evidenzia che la Commissione non possa esimersi dall'esprimere il parere: ciò che verosimilmente accadrebbe se l'esame fosse rinviato al termine dei lavori pomeridiani dell'Assemblea e, medio tempore, fosse posta la questione di fiducia. È quindi necessario che l'esame del provvedimento prosegua nel corso della presente seduta, in modo da utilizzare tutto il tempo disponibile prima che sia eventualmente posta la questione di fiducia.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) concorda con l'onorevole Gambescia. Sottolinea quindi che la Commissione dovrebbe iniziare subito l'esame sostanziale del provvedimento e che i deputati devono dare la massima disponibilità anche sotto il profilo degli orari. Pur facendo parte della maggioranza, ritiene comunque intollerabile l'imposizione di tempi parlamentari così ristretti.

Roberto GIACHETTI (Ulivo) ricorda che la maggioranza non ha certo voluto compiere un blitz, come dimostra il fatto che non vi è stata opposizione alla richiesta di rinvio dell'esame avanzata dall'onorevole Costa nella seduta antimeridiana dalla Commissione. Sottolinea, comunque, che l'imminente posizione della questione di fiducia è, allo stato, solo un'ipotesi. La Commissione, pertanto, dovrebbe comunque proseguire l'esame del provvedimento.

Pino PISICCHIO, presidente, condivide l'opinione secondo la quale la Commissione deve cercare di sviluppare un serio dibattito sul provvedimento in esame, senza farsi condizionare dall'eventualità che venga posta la questione di fiducia. Chiede quindi chi intenda intervenire.

Gaetano PECORELLA (FI) evidenzia che, per intervenire, è necessario avere studiato il provvedimento. Il che presuppone che vi sia stato il tempo per gli opportuni approfondimenti.

Roberto GIACHETTI (Ulivo) ricorda che il nuovo testo del provvedimento è a disposizione della Commissione sin da ieri.

Gaetano PECORELLA (FI) sottolinea che occorre riflettere specificamente sui problemi posti dalla relazione, che è stata appena illustrata.

Marilena SAMPERI (Ulivo), relatore, ricorda che l'esame del provvedimento e, quindi l'illustrazione della relazione, sono già stati rinviati su richiesta dell'onorevole Costa, quale gesto di lealtà nel confronti dell'opposizione, purché si potesse chiudere l'esame entro oggi.

Enrico COSTA (FI) rinnova i propri ringraziamenti per il gesto di lealtà proveniente dai gruppi di maggioranza ma ricorda, altrettanto lealmente, che ha già dichiarato di non potere assumere un impegno nel senso della conclusione dell'esame entro oggi.

Roberto GIACHETTI (Ulivo) invita la Commissione a sviluppare il dibattito sul merito del provvedimento.

Enrico COSTA (FI) sottolinea che solo ora è stato possibile acquisire la relazione, dalla quale si evincono i punti nodali per lo sviluppo del dibattito.


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Pino PISICCHIO, presidente, dopo avere ricordato che il parere deve essere reso sul provvedimento e non sulla relazione, chiede al relatore se intende illustrare la propria proposta di parere.

Marilena SAMPERI (Ulivo), relatore, dichiara di avere predisposto una proposta di parere, che potrà essere modificata e integrata all'esito del dibattito.

Roberto GIACHETTI (Ulivo) in considerazione dell'imminenza delle votazioni in Assemblea, propone che la seduta sia sospesa fino alla prima sospensione dei lavori pomeridiani dell'assemblea.

Pino PISICCHIO, presidente, sospende la seduta fino alla prossima seduta dei lavori dell'Assemblea.

La seduta, sospesa alle 14.05, riprende alle 18.40.

Pino PISICCHIO, presidente, chiede se vi siano ulteriori interventi sul provvedimento in esame.

Giuseppe CONSOLO (AN) rileva che la modalità di convocazione della Commissione tramite messaggi telefonici «SMS» non appare sempre funzionale.

Pino PISICCHIO, presidente, sottolinea che l'orario di ripresa della seduta è stato comunicato nel corso della seduta della Commissione e che le convocazioni, in ogni caso, vengono pubblicate a norma di regolamento. L'invio dei messaggi «SMS» è un una sorta di promemoria aggiuntivo, volto a facilitare sostanzialmente la conoscenza effettiva delle convocazioni da parte dei deputati.

Marilena SAMPERI (Ulivo), relatore, formula una proposta di parere favorevole con una condizione ed osservazioni (vedi allegato 1).

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che gli onorevoli Consolo e Contento hanno presentato una proposta di parere alternativo (vedi allegato 2).

Gaetano PECORELLA (FI) dichiara di sottoscrivere la proposta di parere alternativo degli onorevoli Consolo e Contento. Ferma restando la propria contrarietà alla proposta di parere del relatore, rileva che, quantomeno, le osservazioni di cui ai numeri 3) e 4) della medesima proposta dovrebbero essere trasformate in condizioni.

Pino PISICCHIO, presidente, rileva che anche l'osservazione di cui al numero 5) dovrebbe essere trasformata in condizione.

Gaetano PECORELLA (FI) concorda con il presidente, ritenendo che la delega al Governo cui fa riferimento il predetto numero 5) appare illecita.

Marilena SAMPERI (Ulivo), relatore, accoglie i predetti rilievi e conseguentemente riformula la propria proposta di parere (vedi allegato 3).

Federico PALOMBA (IdV) a nome del proprio gruppo, ritiene che una regolamentazione più rigorosa del conflitto di interessi sia necessaria ed esprime apprezzamento per il lavoro svolto dal relatore. Ritiene, tuttavia, che vi siano molti aspetti problematici del provvedimento che avrebbero dovuto essere approfonditi, con particolare riferimento agli istituti del blind trust e dell'incompatibilità successiva, Per tali motivi, dichiara l'astensione del proprio gruppo.

Manlio CONTENTO (AN) sottolinea la superficialità con la quale è stato condotto l'esame di un provvedimento così complesso e importante come quello in esame. Ritiene, in particolare, che sia stato trascurato l'esame di aspetti problematici che non possono non rientrare nella competenza della Commissione giustizia quali, a titolo esemplificativo, la disciplina di cui all'articolo 9, comma 7, seconda parte, che si pone in contrasto con ogni principio di diritto. Si domanda, inoltre, come possa


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non rientrare pienamente negli ambiti di competenza della Commissione giustizia un provvedimento che condiziona in maniera così profonda il diritto di proprietà e la disponibilità dei titoli di partecipazione nelle società di capitali. Ritiene, infine, opportuno chiarire, anche per una questione di onestà intellettuale e di rispetto della dignità del ruolo di parlamentare, che la propria proposta di parere negativo è priva di un'analitica motivazione, per il semplice motivo che non vi è stato il tempo sufficiente per condurre un esame serio e approfondito del provvedimento.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore, come riformulata (vedi allegato 3).

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'approvazione della proposta di parere del relatore, come riformulata, non si procederà alla votazione della proposta di parere alternativo.

La seduta termina alle 19.55.