III Commissione - Resoconto di mercoledì 4 luglio 2007


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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 4 luglio 2007. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli.

La seduta comincia alle 9.

Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca.
C. 2599 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Raffaello DE BRASI (Ulivo), relatore, segnala che il disegno di legge in esame conferisce una delega al Governo per la riforma degli enti di ricerca ed è stato già esaminato in prima lettura dal Senato, che ha apportato talune modifiche al testo originario. Segnala, altresì, che la delega deve essere esercitata nel termine di 18 mesi dall'entrata in vigore della legge, mentre entro 12 mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi il Governo è autorizzato ad adottare uno o più decreti correttivi o modificativi.
Tra principi ed i criteri direttivi, cui la legislazione delegata dovrà ispirarsi, si prevedono: il riconoscimento agli enti dell'autonomia statutaria; la verifica, introdotta al Senato, da parte dell'Agenzia di valutazione delle università e della ricerca


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dei risultati ottenuti dagli enti anche in vista dell'assegnazione delle risorse finanziarie; la ridefinizione, anch'essa inserita dall'altro ramo del Parlamento, attraverso accorpamenti o scorpori, di enti attivi nei settori della fisica della materia, dell'ottica e dell'ingegneria navale, nonché dell'Istituto italiano di tecnologia. Tali principi e criteri muovono nella direzione di una maggiore autonomia e responsabilizzazione degli enti di ricerca, in particolare per quanto concerne la gestione dei finanziamenti, e della promozione dell'efficacia complessiva di tali soggetti. Il Senato ha introdotto altresì la previsione del parere delle competenti Commissioni parlamentari per l'emanazione dei nuovi statuti degli enti di ricerca con decreto ministeriale.
Sotto il profilo della competenza della Commissione, sottolinea l'opportuno inserimento tra i principi e criteri direttivi, alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 1, dell'adozione di misure volte a favorire la dimensione europea e internazionale della ricerca, incentivando la cooperazione scientifica e tecnica con istituzioni ed enti di altri Paesi. In effetti, gli enti di ricerca, una volta riordinati, potrebbero contribuire con maggiore intensità all'attuazione dei numerosi accordi di cooperazione scientifica e tecnologica che l'Italia sottoscrive con Paesi terzi. Infine, evidenzia che in sede comunitaria è in corso di esame la proposta relativa alla creazione dell'Istituto Europeo di Tecnologia (IET), che potrebbe entrare in funzione nel 2008. L'Istituto, che si propone di rappresentare un faro di eccellenza in Europa e un modello di riferimento per la collaborazione tra università, ricerca e imprese - alquanto carente nel nostro sistema -dovrebbe rafforzare le sinergie fra i tre settori del cosiddetto triangolo della conoscenza - istruzione, ricerca e innovazione - al fine di rendere l'Europa un'area maggiormente competitiva.
Nel quadro di una valutazione complessivamente favorevole del provvedimento in titolo, formula una proposta di parere favorevole con osservazione volta ad integrare il dettato della lettera h) del comma 1 dell'articolo 1, con un riferimento alla collaborazione con il costituendo Istituto europeo di tecnologia (vedi allegato 1).

Il viceministro Patrizia SENTINELLI sottolinea che il provvedimento in titolo reca disposizioni rilevanti nell'ottica di una valorizzazione dell'autonomia e della responsabilizzazione degli enti di ricerca. Segnala che il Governo segue con forte interesse l'iter parlamentare del disegno di legge.

Valdo SPINI (SDpSE) auspica un celere esame parlamentare del disegno di legge in titolo, che tratta una questione urgente e di grande importanza. In ordine a quanto segnalato dal relatore, propone una riformulazione dell'osservazione apposta al parere favorevole, al fine di evitare che un testo normativo contenga un riferimento ad un soggetto, vale a dire l'Istituto Europeo di Tecnologia, non ancora esistente. L'osservazione potrebbe, a suo avviso, riguardare la menzione di istituti specializzati in seno all'Unione europea.

Marco ZACCHERA (AN) esprime forti perplessità per il fatto che un disegno di legge di riordino del sistema degli enti di ricerca istituisca un nuovo soggetto amministrativo per l'esercizio della funzione di valutazione, laddove sarebbe stato più opportuno rafforzare il ruolo svolto dal Ministero dell'università e della ricerca. Sussiste, a suo giudizio, il rischio che taluni componenti degli organi costituiti all'interno dell'Agenzia siano di fatto rappresentanti di interessi di singoli enti di ricerca e possano vanificare la funzione svolta da tale istituzione. Preannuncia quindi l'astensione del suo gruppo sulla proposta di parere favorevole con osservazione.

Raffaello DE BRASI (Ulivo), relatore, accoglie la proposta di riformulazione dell'osservazione apposta al parere favorevole, avanzata dal deputato Spini. In ordine ai rilievi del deputato Zacchera, pur comprendendo la preoccupazione legata


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alla proliferazione degli enti nella pubblica amministrazione, sottolinea che l'Agenzia in questione è già prevista in relazione agli atenei e il disegno di legge in esame provvede unicamente ad estenderne le funzioni anche agli enti di ricerca.

Il viceministro Patrizia SENTINELLI, in riferimento alle osservazioni svolte dal deputato Zacchera, sottolinea che l'iniziativa legislativa del Governo costituisce il seguito di un ordine del giorno, approvato al Senato, nei termini indicati dall'articolato del disegno di legge.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole con osservazione, come riformulata dal relatore (vedi allegato 2).

La seduta termina alle 9.15.

RISOLUZIONI

Mercoledì 4 luglio 2007. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli.

La seduta comincia alle 9.15.

7-00228 Ranieri: Sul futuro dell'Iniziativa Centro Europea (INCE).
(Discussione e conclusione - Approvazione di un nuovo testo).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.

Umberto RANIERI, presidente, illustrando la risoluzione di cui è primo firmatario, sottolinea che essa pone in risalto il ruolo svolto dall'INCE nell'avvicinare i Paesi dell'Europa Centro Orientale all'Unione europea e che tale ruolo può ancora essere svolto in modo proficuo nei confronti di quei Paesi che aderiscono all'Iniziativa e che non sono membri dell'Unione europea, con particolare riferimento agli Stati della regione dei Balcani Occidentali. La risoluzione richiama, inoltre, l'interesse strategico dell'Italia al completamento del processo di stabilizzazione democratica dell'area dell'Europa centro-orientale e, dunque, al rilancio dell'INCE come strumento capace di sviluppare il dialogo politico ed intensificare la cooperazione in diversi settori. Il vertice dei Capi di Stato dei Paesi dell'Europa Centrale, svoltosi nel mese di maggio scorso, ha affrontato temi cruciali per l'Iniziativa Centro Europea e la nomina di un italiano al vertice amministrativo dell'INCE conferma l'impegno del nostro Paese per il suo pieno rilancio, che deve potere fondarsi anche sul contributo finanziario di tutti i Paesi che aderiscono all'Iniziativa.

Il viceministro Patrizia SENTINELLI esprime il pieno consenso del Governo sulla risoluzione in titolo, che inquadra un obiettivo significativo nell'ambito dell'impegno italiano per la stabilizzazione dei Balcani Occidentali. Peraltro, le potenzialità dell'INCE sono insite non solo nel successo legato all'ingresso di metà dei suoi membri nell'Unione europea, ma anche ai diversi rapporti che legano l'Unione europea con i Paesi membri dell'INCE che non hanno ancora aderito all'Unione. Osserva che i mutamenti avvenuti in questi ultimi anni impongono una ridefinizione del ruolo e dell'azione svolta dall'Iniziativa, che è stata affidata alla Task Force istituita in occasione del Vertice di Capi di Governo avvenuto nel 2006 a Tirana. Occorre altresì promuovere il rilancio di specifici progetti di cooperazione economica promuovendo una politica di interventi mirati in luogo di contributi a pioggia, provvedendo a ridurre il numero dei gruppi di lavoro e a rafforzare gli accordi di collaborazione con l'Unione europea e con le altre organizzazioni regionali. È opportuno inoltre proseguire il rapporto di proficua collaborazione con la BERS. In conclusione dichiara il consenso del Governo sulla parte dispositiva della risoluzione, sulla quale il Governo è disposto ad impegnarsi compatibilmente alle disponibilità finanziarie che saranno definite con la prossima manovra di finanza pubblica.


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Alessandro FORLANI (UDC), cofirmatario della risoluzione in titolo, sottolinea che la politica internazionale di questi ultimi anni ha fatto registrare una proliferazione di organismi internazionali, spesso istituiti sulla spinta di emergenze di carattere storico, con il conseguente rischio di una moltiplicazione di burocrazie non più necessarie e di puro rilievo nominale. Osserva che, malgrado l'INCE abbia rischiato una simile prospettiva, tale Iniziativa conserva un ruolo specifico alla luce della recente esperienza di nuovi ingressi nell'Unione europea, avvenuti spesso in modo frettoloso e problematico. Istituita per gestire le conseguenze del crollo del muro di Berlino e la nascita di nuove democrazie nell'Europa centro orientale, l'INCE è in grado di gestire il processo di integrazione di nuovi stati potenziando gli aspetti di ponderazione, monitoraggio e approfondimento che sono forse talora mancati nei casi di recente adesione e che sono imprescindibili. L'INCE può dunque rappresentare una struttura intermedia, capace di consolidare un'abitudine alla collaborazione e al consolidamento istituzionale che, insieme ad altri fattori, potrebbero promuovere l'integrazione in una condizione di maggiore omogeneità fra gli Stati. Rileva che l'INCE, per svolgere adeguatamente tale funzione, deve poter disporre di adeguati strumenti finanziari, sui quali è opportuno che il Governo si impegni in modo coerente con le proprie linee di politica estera.

Maurizio GASPARRI (AN) esprime, in qualità di presidente della delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'INCE, un ringraziamento ai presentatori della risoluzione in titolo, nonché al rappresentante del Governo per avere accolto in modo positivo l'impegno sul rilancio dell'iniziativa. A suo avviso, il nuovo ruolo dell'INCE potrebbe anche essere quello di «braccio regionale» dell'Unione europea nella gestione del processo di allargamento nell'Europa centro-orientale. Il rilancio dell'Iniziativa, confermato dalla nomina di un italiano al vertice amministrativo, si giustifica anche in relazione all'attualità e al rilievo geostrategico di talune materie tradizionalmente trattate, come l'energia o le infrastrutture di trasporto intermodale. Auspica pertanto che l'impegno indicato nella risoluzione trovi immeditato riscontro nelle determinazioni assunte con il documento di programmazione economico-finanziaria e con la prossima legge finanziaria. Sottolinea infine che un rafforzamento del contributo finanziario italiano, pur di contenuta entità, è in linea con l'impegno profuso dal Governo italiano per la stabilizzazione democratica e il pieno sviluppo dell'area dell'Europa centro orientale.

Raffaello DE BRASI (Ulivo), cofirmatario della risoluzione in titolo, nel richiamare i prossimi rilevanti impegni della dimensione parlamentare dell'INCE, che si terranno a Roma e a Sofia, sottolinea che nella riflessione sul futuro dell'Iniziativa vi è pieno consenso sulla necessità di garantirne l'attualità. A tal proposito, occorrono maggiori risorse, che siano assicurate da tutti i Paesi membri, per la realizzazione di progetti più articolati. Un ulteriore aspetto qualificante per la riforma dell'INCE è il riconoscimento da parte dell'Unione europea di una sua funzione specifica al fine di consentire agli Stati membri di essere protagonisti di progetti di cooperazione integrata, che non sarebbero realizzabili se non nel quadro dell'Unione europea. Segnalando il punto di vista espresso di recente dal vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini, sottolinea la necessità che l'INCE possa contare su adeguate risorse provenienti sia dagli Stati membri che dalle istituzioni finanziarie internazionali.

Valdo SPINI (SDpSE), nel richiamare gli elementi emersi nel corso del dibattito, sottolinea che l'Iniziativa Centro Europea è nata in un filone tradizionale della politica estera italiana, che si ispira allo sviluppo dei rapporti tra il nostro Paese e l'area dell'Europa centro orientale. A suo avviso, le questioni da affrontare concernono la posizione dell'Unione europea sul


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ruolo che potrebbe essere riconosciuto all'INCE unitamente a una verifica in ordine alla posizione del Governo italiano sul futuro dell'Iniziativa. Su tali questioni potrebbe essere opportuno svolgere ulteriori approfondimenti procedendo all'audizione del nuovo segretario generale dell'INCE.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) esprime consenso in ordine alle osservazioni svolte dal deputato Spini riguardanti un aspetto cruciale della questione, vale a dire il futuro dell'INCE nel quadro dell'evoluzione delle strutture istituzionali europee. A suo avviso, il confronto parlamentare dovrebbe riguardare tali aspetti piuttosto che soffermarsi su analisi del passato o sulla valorizzazione della presenza italiana nelle strutture amministrative dell'INCE. Alla luce di tali considerazioni preannuncia l'astensione del suo gruppo sulla risoluzione in titolo, in attesa che possano pervenire eventuali ulteriori approfondimenti.

Marco ZACCHERA (AN) osserva che la risoluzione in titolo si inquadra in discorso più ampio che coinvolgerebbe il ripensamento delle assemblee parlamentari istituite nell'ambito di organizzazioni specifiche a base regionale. Occorre a suo avviso svolgere una riflessione seria al fine di individuare il nuovo ruolo dell'INCE, nonché la visione strategica del nostro Paese così come si profila nel testo della risoluzione proposta.

Sergio D'ELIA (RnP) esprime perplessità sulla opportunità di rilanciare una istituzione regionale che appare in contraddizione con un elemento di fondo della politica estera italiana, e cioè la piena coerenza dell'azione italiana con la politica estera dell'Unione europea. Il testo della risoluzione non indica riferimenti sulla riconducibilità dell'INCE nell'alveo della politica estera europea nell'area centro-orientale. Sussistono poi elementi di anacronismo, legati innanzitutto al fatto che l'allargamento ha già riguardato numerosi Paesi che aderiscono all'Iniziativa. A suo avviso, l'aspetto rilevante della risoluzione è quello che concerne i Balcani Occidentali, che rientrano tra le priorità della PESC. Ritiene però che il futuro dell'Unione europea dovrebbe essere sempre meno continentale e sempre più rivolto verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo: la missione dell'Unione europea dovrebbe essere rivolta a disinnescare i fattori di crisi presenti in aree limitrofe, quindi non solo nei Balcani ma anche nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Propone pertanto l'inserimento nella premessa e nel dispositivo di un riferimento al coordinamento con la politica estera e di sicurezza comune, anche al fine di rafforzare i ripetuti richiami del Ministro degli affari esteri al fatto che la politica estera dell'Italia è concertata con quella europea. Preannuncia comunque l'astensione del suo gruppo sulla risoluzione in titolo.

Raffaello DE BRASI (Ulivo) segnala che gli esiti del lavoro della Task Force impegnata nella riforma dell'INCE potrebbero essere oggetto di un approfondimento da parte della Commissione. In merito a quanto osservato dal deputato D'Elia, ritiene che l'INCE sia particolarmente rilevante per l'Italia non solo con riferimento all'area dei Balcani occidentali, ma anche a quella dei Paesi ex URSS.

Umberto RANIERI, presidente, nel concordare con l'opportunità di svolgere ulteriori approfondimenti sul processo riforma dell'INCE, accoglie la proposta di riformulazione, avanzata dal deputato D'Elia, nel senso di inserire al quarto punto delle considerazioni in premessa il riferimento al coordinamento con la politica estera e di sicurezza comune e con la politica di vicinato dell'Unione europea. Sottolinea altresì che non vi sono dubbi sul fatto che l'INCE opera in un contesto europeo e che essa ha un compito da assolvere rispetto a importanti paesi come l'Ucraina, la Moldova o la Bielorussia, che richiedono un impegno specifico sul versante del rafforzamento democratico e della tutela dei diritti e della giustizia.


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Rileva che la specificità dell'INCE si conserva intatta, come pure i motivi che indussero il nostro Paese alla fondazione dell'Iniziativa.

Il viceministro Patrizia SENTINELLI osserva che la citata Task Force ha tra i suoi compiti quello di richiamare i Paesi membri dell'INCE a dare un apporto per la definizione del nuovo ruolo dell'INCE, che in nessun modo può essere considerato un soggetto anacronistico e che conserva intatto il suo valore. Nel sottolineare la rilevanza della dimensione parlamentare come strumento di dialogo politico e di stimolo alla cooperazione economica, osserva che l'Iniziativa non contraddice la politica estera italiana, ma intende offrire ai Paesi dell'area centro europea una piattaforma di dialogo che può dare sostegno al processo di integrazione all'Unione europea. Conferma infine il consenso del Governo sul dispositivo della risoluzione in discussione.

I deputati Valdo SPINI (SDpSE) e Marco ZACCHERA (AN) dichiarano di sottoscrivere la risoluzione in titolo.

Umberto RANIERI, presidente, pone in votazione il testo della risoluzione così come da lui riformulato, in quanto primo firmatario (vedi allegato 3).

La Commissione approva la risoluzione in oggetto, come riformulata.

La seduta termina alle 10.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 4 luglio 2007. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli.

La seduta comincia alle 10.

Ratifica Accordo Italia-Regno del Bahrain sulla promozione e la protezione degli investimenti.
C. 2706 Governo.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Giacomo MANCINI (RnP), relatore, illustra il provvedimento in titolo osservando che l'Accordo sulla promozione e protezione degli investimenti tra la Repubblica italiana e il Regno del Bahrain si propone di assicurare libertà nel trasferimento di capitali e di prevedere sistemi di risoluzione delle controversie e di risarcimento per perdite dovute ad eventi eccezionali. Primo obiettivo dell'Accordo, destinato ad avere un impatto positivo sugli investitori - persone fisiche o giuridiche - delle due Parti Contraenti, è la creazione di un quadro di maggiore certezza giuridica in tutti i settori che sono stati o saranno oggetto in futuro di investimenti italiani nel Regno del Bahrain e viceversa. Tale tipo di accordo è raccomandato dalle istituzioni internazionali finanziarie, quali la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale, e rientra a pieno titolo nella tipologia degli accordi sull'argomento, firmati negli ultimi anni, dall'Italia e da altri Paesi dell'Unione europea con vari Paesi dell'area mediorientale. L'Accordo si compone di 14 articoli. L'articolo 1 fornisce una definizione «allargata» del termine «investimento» che comprende anche i diritti di proprietà su beni mobili e immobili, azioni, obbligazioni, quote di partecipazione, crediti finanziari, diritti di proprietà intellettuale e più in generale, diritti attribuiti per legge, per contratto o in virtù di licenze e concessioni rilasciate in base alla legislazione per l'esercizio di attività economiche. L'articolo 2 stabilisce che ciascuna Parte Contraente promuoverà nel suo territorio gli investimenti effettuati dagli investitori dell'altra Parte Contraente, garantendo un trattamento giusto ed equo a tali investimenti, in conformità con i principi del diritto internazionale. Inoltre, nessuna Parte Contraente


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pregiudicherà in alcun modo, attraverso misure arbitrarie o discriminatorie, la gestione degli investimenti effettuati nel proprio territorio da investitori dell'altra Parte Contraente. L'articolo 3 introduce la clausola della nazione più favorita, in base alla quale nessuna delle Parti Contraenti riserverà agli investitori dell' altra Parte un trattamento meno favorevole di quello accordato ai propri investitori o agli investitori di Stati terzi. L'articolo 4 prevede meccanismi d'indennizzo per risarcire le perdite dovute a conflitti armati o stati di emergenza e meccanismi di tutela per il libero trasferimento dei proventi degli investimenti. L'articolo 5 prevede che in caso di provvedimenti di confisca o di esproprio per fini di pubblica utilità debba essere corrisposto, senza indebito ritardo, un appropriato risarcimento comprensivo degli interessi calcolati sulla base dei parametri EURIBOR.
L'Accordo inoltre concerne il libero rimpatrio di capitali, profitti ed utili (articolo 6); i casi in cui ciascuna Parte può far valere il diritto di surroga relativo ad un investimento realizzato nel territorio dell'altra Parte Contraente (articolo 7); i tempi entro cui i trasferimenti previsti dai precedenti articoli, debbano essere effettuati. Si prevede inoltre che, qualora obblighi previsti dal diritto internazionale o introdotti successivamente al presente Accordo nella legislazione di una delle Parti Contraenti, contengano disposizioni più favorevoli per la tutela degli investimenti effettuati dall'altra Parte Contraente, tali norme prevarranno sul presente Accordo. Gli articoli 10 e 11 disciplinano il ricorso all'arbitrato per controversie legate agli investimenti e il ricorso a tribunali arbitrali ad hoc su richiesta di una delle Parti. In sede di composizione dei meccanismi arbitrali potranno essere applicate le norme della Commissione delle Nazioni Unite sul Diritto Commerciale Internazionale (UNCITRAL). L'articolo 12 precisa, tra l'altro, che le disposizioni del presente Accordo non limiteranno l'applicazione di disposizioni nazionali volte a prevenire l'evasione fiscale e che queste si applicheranno indipendentemente dall'esistenza o meno di relazioni diplomatiche tra le Parti Contraenti (articolo 13). Infine, l'articolo 14 stabilisce durata e scadenza dell'Accordo, che avrà validità per un periodo iniziale di 10 anni e resterà in vigore ulteriori 10 anni, a meno che non venga denunciato per iscritto, un anno prima della sua scadenza da una delle Parti Contraenti.
Insieme all'Accordo è stato firmato il Protocollo, composto da cinque articoli, per esplicitare e meglio palesare la portata delle disposizioni contenute nell'Accordo. Al riguardo segnala che l'articolo 1 prevede che gli utili reinvestiti godranno della stessa protezione accordata all'investimento. L'articolo 2 stabilisce che nessuna delle Parti Contraenti porrà condizioni per il proseguimento dell'investimento con il fine di porre limiti alla vendita della produzione sui mercati interni e internazionali. Inoltre, è permesso agli investitori, di assumere personale direttivo, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta. L'articolo 3 specifica la nozione di «attività connesse ad un investimento», contenuta nell'articolo 3 dell'Accordo. Con tale locuzione si intende fare riferimento, tra l'altro, alla ricezione di registrazioni, licenze e permessi necessari per l'attività commerciale, nonché per l'accesso al mercato finanziario.
In generale, osserva che l'Accordo consente la realizzazione di un quadro di maggiore certezza giuridica che potrebbe agevolare ulteriori iniziative italiane nel Regno del Bahrain, come pure bahrainite in Italia, in numerosi settori economici. La promozione di un maggiore volume di investimenti è in grado di favorire il potenziamento delle relazioni economiche e lo sviluppo dell'interscambio commerciale. Le imprese bahrainite beneficeranno del trasferimento dall'Italia di know how tecnico e manageriale; d'altra parte il quadro di maggiore certezza giuridica favorirà, come accennato, i nostri investimenti in uno Stato, quale il Bahrain, coinvolto nel processo di integrazione economica in atto tra gli Stati membri del Consiglio di cooperazione


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del Golfo (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar). Di conseguenza, alle imprese italiane, insediatesi nel Bahrain, sarà fornita la possibilità di raggiungere anche il mercato subregionale della Penisola Arabica.

Il viceministro Patrizia SENTINELLI rileva che il provvedimento in titolo si inserisce in una fase profondo rinnovamento economico, oltre che politico e sociale, attualmente in corso in Bahrein. L'accordo in titolo è dunque volto a promuovere gli investimenti italiani in tale paese, e in generale la cooperazione con i paesi di quell'area.

Marco ZACCHERA (AN) segnala l'opportunità di assicurare un rapido iter di esame finalizzato alla ratifica di un accordo bilaterale, rilevando positivamente il fatto che sia stato siglato soltanto lo scorso anno.

Umberto RANIERI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica Accordo Italia-USA sulla conduzione di «ispezioni su sfida» da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ai sensi della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione.
C. 2597 Governo.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Umberto RANIERI, presidente e relatore, illustra il provvedimento in esame osservando che l'Accordo italo-statunitense sulla conduzione di ispezioni su sfida ai sensi della Convenzione sulla messa al bando delle armi chimiche, è stato firmato a Roma il 27 ottobre 2004 ed ha la finalità di definire le condizioni per l'effettuazione di ispezioni su sfida riguardanti impianti, basi, navi o aeromobili di nazionalità statunitense su territorio soggetto a giurisdizione italiana. Per motivi di equilibrio, l'Accordo disciplina anche il caso inverso - certamente più teorico - di impianti o basi italiane oggetto di ispezione che si trovino in territorio comunque soggetto a giurisdizione statunitense.
L'importanza dell'Accordo in titolo risiede nel processo di attuazione di una delle principali convenzioni sul controllo degli armamenti oggi in vigore, processo che vede proprio nelle ispezioni su sfida uno dei suoi punti deboli. Ricorda preliminarmente che la Convenzione di Parigi sulla messa al bando delle armi chimiche - della cui entrata in vigore è stato celebrato lo scorso aprile il decimo anniversario - è, fra i trattati sul controllo degli armamenti, quello che in termini di ratifiche ha registrato il maggior successo nell'arco temporale più breve, essendo già pervenuto alla quasi universalità. Tuttavia i problemi principali non riguardano oggi lo stato delle ratifiche - anche se un problema si pone in Medio Oriente, con la mancata ratifica da parte di Israele, Egitto, Siria, Iraq e Libano - ma piuttosto il miglioramento dei meccanismi di controllo.
Infatti, uno dei punti di forza della Convenzione consiste nel fatto che essa è basata sul «criterio general purpose», vale a dire che invece di elencare e bandire una lista chiusa di agenti chimici passibili di essere adoperati a fini bellici, la Convenzione (con chiara consapevolezza dei continui progressi scientifici e della esistenza di numerosissimi agenti chimici, processi di sintesi e cicli produttivi utilizzabili indifferentemente a fini pacifici e a fini bellici) colpisce, in senso ampio e generale, gli usi e i fini bellici di qualunque agente chimico. Ciò però comporta un sistema di ispezioni molto robusto e costoso, rivolto non solo a


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impianti e sostanze a maggiore rischio di utilizzo a fini bellici, ma esteso praticamente a tutti gli impianti chimici.
Rileva che un secondo punto critico del processo di attuazione è dato proprio dalla mancata attivazione ad oggi delle ispezioni su sfida che - per gli stessi motivi appena ricordati - potrebbero invece elevare in misura notevole l'efficacia complessiva degli strumenti di controllo della Convenzione. Le ispezioni su sfida vengono attivate per iniziativa di uno degli Stati Parti qualora vi siano fondati sospetti in merito ad illecite attività condotte in un altro Stato Parte della Convenzione. Dopo la formalizzazione della richiesta di ispezione nell'ambito della OPAC, ossia l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, viene convocato in sessione straordinaria e urgente il Consiglio esecutivo: la richiesta può essere rigettata con un voto a maggioranza di tre quarti dei membri del Consiglio esecutivo stesso, ma se ciò non avviene l'OPAC invia i propri ispettori nello Stato Parte sospettato di attività illecite o comunque in contrasto con la Convenzione. Il preavviso in questo caso è brevissimo, ma mai inferiore alle 12 ore. I motivi del mancato ricorso a questo strumento sono diversi. Un primo motivo risale al fatto che le ispezioni su sfida devono comunque essere motivate: ciò può scoprire fonti informative segrete del paese richiedente. Un secondo motivo conciste nel fatto per cui molti Paesi preferiscono evitare la richiesta di ispezioni risiede nella volontà di evitare controrichieste a scopo ritorsivo. Infine, in molti casi gli equilibri generali nelle relazioni internazionali hanno sconsigliato di formulare richieste che sarebbero state percepite come azioni ostili (è questo il caso delle denunce pubbliche effettuate dagli Stati Uniti nei confronti di Russia, Cina e Sudan, a cui non hanno fatto seguito richieste formali di ispezioni su sfida ai sensi della Convenzione di Parigi). Al riguardo osserva che incentivare il ricorso a questo strumento è quindi interesse di tutti i Paesi che hanno a cuore una più efficace attuazione della Convenzione di Parigi e lo stesso mantenimento in vita del meccanismo delle ispezioni su sfida. Infatti, date le interferenze con gli equilibri internazionali, è evidente che meno si farà ricorso a queste richieste nel prossimo futuro, più forti saranno le difficoltà a percorrere questa strada e quindi i rischi di definitiva caduta in desuetudine dell'istituto.
L'Accordo fra Italia e Stati Uniti che il Parlamento deve ratificare non è elemento sufficiente a operare questo rafforzamento della Convenzione di Parigi, ma ne rappresenta comunque una precondizione. In virtù di questo accordo, se uno Stato terzo dovesse richiedere all'OPAC di effettuare una ispezione su sfida presso strutture militari appartenenti agli Stati Uniti, ma ubicate in basi presenti in Italia, le autorità competenti dei due Paesi avranno una disciplina, anche di dettaglio, a cui fare riferimento. La relazione introduttiva al disegno di legge di autorizzazione ratifica dell'Accordo elenca come potenzialmente sottoposte alla disciplina dettata dall'Accordo le basi militari di Aviano, Sigonella, Camp Darby (presso Livorno), Bagnoli, La Maddalena, nonché le navi militari statunitensi, quando si trovino nelle acque territoriali italiane.
Venendo ai contenuti dell'Accordo, esso disciplina: le procedure di notifica, che riguardano tanto l'informazione reciproca dei due paesi in merito ad eventuali consultazioni nell'ambito dell'OPAC per la conduzione di un'ispezione su sfida, quanto la comunicazione effettiva dell'imminente svolgimento di un'ispezione su sfida nel territorio di una delle due Parti; le attività pre-ispettive; l'ammissione alla ispezione di osservatori designati dai due Stati Parte; le attività post-ispettive e in particolare lo scambio di informazioni o dati, contenuti nella bozza del rapporto finale di ispezione, che non riguardino le armi chimiche e che abbiano carattere confidenziale; i casi in cui l'Italia è designata dall'OPAC quale Stato Parte ispezionato e quelli in cui invece sono gli Stati Uniti ad essere designati dall'OPAC quale Stato Parte ispezionato; gli impegni reciproci in merito alla pubblicità delle informazioni


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scambiate e alle dichiarazione da rilasciare alla stampa, allo Stato Parte che ha richiesto l'ispezione o ad altri Stati Parti della Convenzione, o ad Organi dell'OPAC; le modalità di consultazioni tra le Parti per la composizione di ogni eventuale controversia.
In conclusione, segnala che l'Accordo rappresenta un passaggio attuativo di una Convenzione a cui il nostro Paese attribuisce grande importanza, in quanto si tratta certamente di uno dei tasselli decisivi di una politica internazionale di sicurezza e di pace. In proposito ricorda che il 23 febbraio 2007 il Direttore Generale dell'OPAC, Rogelio Pfirter, ha svolto un rapporto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sullo stato di attuazione della Convenzione nel quale ha evidenziato il ruolo importante dell'OPAC nella implementazione delle risoluzioni n. 1540 del 2004 e 1673 del 2006, relative alla non proliferazione delle armi di distruzione di massa, ADM e alla prevenzione dei rischi di uso da parte di organizzazioni terroristiche. Il Direttore Generale ha ricordato l'importanza della Convenzione nel nuovo contesto del terrorismo e delle minacce di attentati chimici, anche se nuove norme di diritto internazionale saranno necessarie per adeguare la Convenzione alle finalità di lotta al terrorismo. Ha, infine, denunciato l'uso di gas velenosi (clorina) in attentati contro la popolazione civile in Iraq.
Appare pertanto urgente che il Parlamento contribuisca al rilancio della Convenzione di Parigi sulle armi chimiche e al rafforzamento del suo apparato regolativo. In questo quadro, auspica un rapido svolgimento dell'esame del disegno di legge in titolo.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) esprime taluni rilievi in merito all'affermazione, contenuta nell'accordo in esame, che l'attuazione delle disposizioni della Convenzione in materia di ispezioni su sfida in territorio italiano sia coerente con il Memorandum d'Intesa del 1995 tra il Ministero della difesa italiano e quello degli Stati Uniti relativo all'uso di installazioni e infrastrutture delle Forze Armate degli Stati Uniti in Italia. Al riguardo osserva che tale coerenza non è immediatamente verificabile in quanto non sono noti i termini né di quel Memorandum, né di analoghi accordi siglati dagli Stati Uniti con altri paesi europei, come ad esempio la Germania. Esprime inoltre l'esigenza di chiarimenti da parte del Governo sul modo in cui si intendono realizzare ispezioni su sfida, che al momento non risultano mai essere state fatte dagli Stati Uniti neanche nei confronti di Paesi come il Sudan o l'Iran. Nell'auspicare infine, che la Commissione Difesa voglia esprimere al riguardo un incisivo parere, sottolinea la necessità di procedere a specifici approfondimenti prima della chisura dell'esame preliminare.

Tana DE ZULUETA (Verdi) condivide gli interrogativi e le questioni poste dal deputato Mantovani, nonché la necessità di svolgere approfondimenti al fine di conoscere il percorso che il nostro Paese intende seguire per rendere effettivo un istituto ad oggi mai attuato. Segnala altresì la necessità di meglio comprendere la specificità della normativa italiana volta a dare attuazione alle disposizioni della Convenzione in materia di ispezioni su sfida, come pure di ricevere elementi sulla presenza di armi chimiche degli Stati Uniti sul territorio italiano e sulla reale e definitiva eliminazione di tali armamenti dall'arsenale italiano.

Il viceministro Patrizia SENTINELLI, sottolineando la rilevanza delle questioni emerse nel corso del dibattito, segnala la piena disponibilità del Governo italiano a produrre elementi utili al riguardo. Si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Umberto RANIERI, presidente e relatore, nel sottolineare che la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, siglata nel 1993, ha rappresentato il principale strumento utilizzato dalla comunità internazionale per


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attuare il cosiddetto «disarmo chimico», concorda con l'opportunità di verificare i termini in cui l'Accordo in titolo procede nella direzione della piena attuazione della Convenzione.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.30.