XIII Commissione - Marted́ 30 ottobre 2007


Pag. 130


ALLEGATO

Risoluzione n. 7-00292 Lion: Situazione di emergenza per le aziende agropastorali sarde sottoposte a procedure esecutive.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione,
premesso che:
con l'approvazione della legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, la regione Sardegna, ai sensi dell'articolo 5 della stessa legge, aveva istituito un regime di aiuti in favore di aziende agricole la cui situazione finanziaria fosse risultata pregiudicata da circostanze avverse, sotto forma di mutui a tasso agevolato al fine di consentire a tali aziende di ricostituire la loro liquidità. Tali mutui dovevano essere impiegati per consolidare le passività a breve termine delle aziende interessate ed erano di una durata massima di quindici anni;
spettava alla Giunta regionale la determinazione delle modalità di concessione di tali aiuti e, in particolare, delle circostanze avverse che avrebbero giustificato l'intervento della Regione, i settori di intervento, l'importo dell'aiuto rispetto all'indebitamento dell'azienda e la durata del mutuo;
a partire dal 1988, la Giunta regionale decise di concedere in quattro riprese aiuti sotto forma di mutui a tasso agevolato;
il 30 dicembre 1988, una prima misura di aiuto fu adottata in favore dei prodotti agricoli coltivati in serra. La circostanza avversa che giustificava l'intervento della Regione era motivata dal tracollo dei prezzi di tali prodotti. L'unica condizione fissata per l'attribuzione dell'aiuto era legata all'indebitamento a breve termine dell'azienda. Quest'ultimo doveva superare il 75 per cento del valore della produzione lorda dell'azienda durante l'anno considerato;
il 27 giugno 1990, una seconda misura di aiuto fu disposta per le aziende silvicole proprietarie di piantagioni che non potevano ancora formare oggetto di un taglio redditizio. L'aiuto era diretto a sanare e consolidare i debiti di tali aziende, scaduti prima del 30 giugno 1990, risultanti da investimenti, dalla gestione degli impianti, dagli scoperti bancari nonché dal pagamento delle retribuzioni, dai canoni di locazione e dalle somme dovute ai fornitori. L'indebitamento a breve termine doveva essere pari o superiore al 75 per cento della produzione lorda dell'azienda interessata durante l'anno considerato. La durata del mutuo era fissata in tredici anni e comprendeva un periodo di preammortamento di tre anni;
il 20 novembre 1990, una terza misura di aiuto riguardò gli allevatori di conigli che, in conseguenza di un'epizoozia che aveva imperversato nella regione nella primavera del 1990, avevano perduto almeno il 20 per cento dei loro capi. I mutui a tasso agevolato della durata di quindici anni, di cui tre anni di preammortamento, potevano coprire due annualità o quattro semestri di prestiti a lungo termine già contratti, più un importo equivalente al fabbisogno finanziario delle aziende interessate durante un anno;
la quarta misura di aiuto, decisa il 26 giugno 1992, interessò tutte le aziende


Pag. 131

agricole indebitate per le condizioni del mercato sempre più sfavorevoli e per le difficoltà conseguenti ad avversità climatiche. L'indebitamento a breve termine di tali aziende doveva essere almeno pari al 51 per cento della loro produzione lorda del 1991. La durata del prestito accordato era di quindici anni, comprendenti un periodo di preammortamento di tre anni. L'indebitamento teneva conto dei prestiti di durata inferiore a dodici mesi in corso nel 1991, anche se erano stati rimborsati in seguito, e delle rate dei finanziamenti pluriennali scadute o pagate nel 1991, oppure scadute negli anni precedenti e non pagate;
l'aiuto ottenuto in applicazione di questa quarta misura poteva essere utilizzato per coprire i mutui di gestione a tasso agevolato, i debiti risultanti dai prestiti a medio termine, ad esclusione di quelli contratti per l'acquisto di macchinari agricoli, e le rate di mutui pluriennali a tasso agevolato concessi dalla Regione in seguito a calamità naturali;
con Decisione 97/612/CE, della Commissione del 16 aprile 1997 relativa ad aiuti concessi dalla Regione Sardegna nel settore agricolo, è stato stabilito che gli aiuti concessi dalla regione Sardegna in applicazione dell'articolo 5 della legge regionale n. 44 del 1988 e delle delibere della Giunta regionale del 30 dicembre 1988, del 27 giugno 1990, del 20 novembre 1990 e del 26 giugno 1992 fossero illegali, in quanto concessi senza che la Commissione avesse potuto pronunciarsi al loro riguardo in fase di progetto;
tali aiuti, inoltre, sono stati dichiarati incompatibili con il mercato comune a norma dell'articolo 92, paragrafo 1 del trattato e non rispondenti alle condizioni di deroga previste dai paragrafi 2 e 3 dello stesso articolo;
tale decisione è stata definitivamente confermata dal Giudice europeo con Sentenza della Corte (Terza Sezione) 23 febbraio 2006, sulle Cause riunite C-346/03 e C-529/03;
entro il termine di 6 mesi a decorrere dalla data di notifica della citata decisione, l'Italia avrebbe dovuto adottare le misure necessarie al fine di recuperare, tramite rimborso, gli aiuti dichiarati illegittimi. Il rimborso si sarebbe dovuto effettuare secondo le procedure previste dalla legislazione italiana e gli interessi avrebbero dovuto decorrere dalla data in cui gli aiuti erano stati versati. Il tasso di interesse da applicare doveva essere costituito dal tasso di riferimento utilizzato per determinare l'equivalente sovvenzione nell'ambito degli aiuti a finalità regionale;
trattandosi di aiuti concessi sotto forma di concorso negli interessi, la Commissione ha sancito che il vantaggio finanziario indebitamente percepito era rappresentato dalla differenza tra il costo finanziario di mercato relativo a mutui bancari di consolidamento delle passività e il costo finanziario sostenuto dai beneficiari dei mutui di consolidamento che hanno fruito dell'intervento regionale previsto dall'articolo 5 della legge n. 44 del 1988;
in conseguenza di tale decisione sono state applicate misure di recupero dei finanziamenti che hanno portato le aziende interessate al fallimento. Sulla base della legge regionale n. 44 del 1988, la regione Sardegna aveva ricevuto 7.500 domande di finanziamento, ciò che evidenziava l'entità della crisi in questione;
nel giustificare alla Commissione la concessione degli aiuti, l'Italia evidenziò che ci si trovava di fronte ad un fenomeno così generalizzato che non poteva essere imputato alla scorretta gestione delle aziende beneficiarie, ma, al contrario, si dovesse imputare a cause oggettive che avevano portato all'eccessivo indebitamento delle aziende;
a riguardo, la Corte ha dichiarato che pur se la Commissione avesse voluto avallare i provvedimenti e le misure di agevolazione autorizzate dalla regione Sardegna, essa non poté farlo soprattutto per una debole e poco rispettosa attività di risposta che le autorità competenti misero in atto nei confronti della stessa Commissione;


Pag. 132


difatti, l'Italia fu accusata di essere venuta meno all'obbligo sancito dall'articolo 93, paragrafo 3 del trattato, in primo luogo omettendo di notificare le misure di aiuto nella fase di progetto e, in secondo luogo, mettendole in esecuzione senza che la Commissione avesse potuto pronunciarsi in proposito. Tali inadempienze diedero luogo ad una situazione particolarmente grave, in quanto gli aiuti in questione sono, in via generale e per loro natura, incompatibili con il mercato comune a norma dell'articolo 92 del trattato;
le autorità italiane avevano ad ogni modo contestato alla Commissione una serie di responsabilità nel decidere la condanna, che se non presenti avrebbero evitato il giudizio afflittivo. Ma la Corte di Giustizia, nel ribaltare l'asserzione italiana, fece notare, nel merito, che rispetto ad una pretesa irregolarità procedurale causata da ritardi eccessivi della Commissione nell'esame delle quattro misure d'aiuto, si dovette constatare che vari ritardi furono imputabili al Governo italiano;
infatti, proprio il Governo italiano aveva omesso di notificare alla Commissione la legge n. 44 del 1988 prima della sua adozione e aveva lasciato trascorrere un periodo di quasi quattro anni prima di informare la Commissione dell'adozione di tale legge;
risultò altresì dai fascicoli presentati dinanzi alla Corte che la Commissione non era in grado di pronunciarsi sulla validità del regime di aiuti previsto dalla detta legge esaminando unicamente il testo di quest'ultima. Tale istituzione ebbe bisogno di altre informazioni di cui sollecitò la comunicazione da parte del Governo italiano. Anche in tale circostanza le autorità italiane tardarono più volte, talora per parecchi mesi, a rispondere alle domande della Commissione;
anche se la procedura di esame, da parte della Commissione, della legge n. 44 del 1988 e delle quattro misure di aiuto sembrò essere stata relativamente lunga, le istituzioni comunitarie ricordarono che sino all'adozione del regolamento del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del Trattato, la Commissione non era soggetta a termini specifici. In mancanza di norme al riguardo, la Commissione doveva tuttavia preoccuparsi di non ritardare indefinitamente l'esercizio dei suoi poteri al fine di rispettare l'esigenza fondamentale della certezza del diritto;
a questo proposito, la tempistica di valutazione dei fatti si tradussero in due tappe: in particolare, una prima tappa di due anni, dal 1992 al 1994, si rivelò necessaria per raccogliere i fatti pertinenti, dato che il Governo italiano non notificò spontaneamente la legge n. 44 del 1988 e le quattro misure di aiuto. Una seconda tappa, che s'iniziò nel 1994, proseguì sino all'adozione, nel 1997, della decisione contestata. Nel corso di questa seconda tappa, la Commissione ritenne utile chiedere chiarimenti alle autorità nazionali, a più riprese, a seguito in particolare della modifica della normativa italiana nel corso dell'ultimo trimestre del 1995;
le autorità comunitarie, infine, fecero rilevare che in estrema analisi, ove meglio motivato, gli aiuti avrebbero anche potuto essere dichiarati legittimi a ritroso, sulla base degli orientamenti comunitari in materia, ma risultò tuttavia dai fascicoli dinanzi alla Corte che, anche supponendo che gli orientamenti avessero potuto essere applicati, le autorità nazionali non dimostrano, con le loro osservazioni generiche, che le condizioni fissate in tali orientamenti fossero state soddisfatte;
in seguito a queste procedure, gli istituti finanziari della Sardegna hanno proceduto non già a revocare la quota di contributo dichiarata illegittima, ossia la differenza tra il valore degli interessi ordinari e quello degli interessi agevolati, ma a richiedere il rimborso dell'intero capitale più gli interessi: non si vede come un'azienda che neppure aveva ancora realizzato gli investimenti a norma dei finanziamenti chiesti, avrebbe potuto restituire anche gli interessi oltre il capitale, senza neppure entrare in pieno regime produttivo


Pag. 133

e in tal senso operare per gli anni necessari a raggiungere almeno il pareggio;
oggi le aziende che hanno applicato il regime di agevolazioni fissato dalla citata legge regionale n. 44 del 1988 sono in piena crisi economica, molte sono fallite e sono state messe all'asta. Oltre 25.000 famiglie versano in stato di emergenza socio-economica e la situazione diventa giorno per giorno più drammatica per la vita delle persone, le quali, prese dalla disperazione, potrebbero facilmente cadere in gesti estremi, per l'economia agricola regionale che corre il pericolo di fermarsi, e per la tenuta dell'ordine pubblico;
la messa all'asta di queste importanti imprese agricole non solo decreta la scomparsa dell'unico e più importante settore produttivo della Sardegna, quello agroalimentare, ma comporta anche rischi di speculazioni immobiliari, rottura degli equilibri paesaggistici ed ambientali dei territori sardi per via della scomparsa del presidio rurale, perdita di storia, tradizioni, culture e saperi che sono la peculiarità della regione sarda;
la gravità della situazione è evidenziata, se dovesse servire un ulteriore conferma, dalla mobilitazione in corso in Sardegna che ha come epicentro il Comune di Decimoputzu. Cinque contadini le cui aziende sono vendute all'asta hanno condotto per una settimana un duro sciopero della fame mentre un Comitato di lotta sta promuovendo una mobilitazione che si sta allargando sempre più coinvolgendo diversi comuni della Sardegna;
resta il fatto che l'emergenza sociale che è in atto in Sardegna e l'entità del dissesto finanziario che riguarda il sistema agricolo regionale rappresentino un fenomeno che non può essere gestito in maniera localistica, scoordinata e con provvedimenti ordinari;
qualsiasi provvedimento si dovesse adottare per porre rimedio alla crisi finanziaria e produttiva esplosa nella regione Sardegna non può non affrontare anche il connesso problema del rischio della rottura della coesione sociale e della mancanza di prospettive future in campo agricolo;
il punto di non ritorno cui è giunta la crisi strutturale dell'agricoltura Sarda potrebbe facilmente manifestarsi anche in molte altre regioni del Sud del nostro paese in cui sono presenti, seppure non manifesti, criticità analoghe a quelle della Sardegna. Ciò impone che si provveda con serietà e concretezza, ma anche con rigore e conoscenza della materia, ad elaborare una forte e vantaggiosa politica di rilancio agricolo per le regioni meridionali in particolare;
per la situazione critica ed emergenziale che sta interessando la regione Sardegna è necessario adottare provvedimenti straordinari;
vi è in Sardegna l'urgenza di potenziare le misure di controllo contro eventuali atteggiamenti speculativi insidiabili negli espropri delle aziende agricole colpite da esecuzioni forzose;
è imprescindibile dichiarare la sospensione temporanea, in vista di misure stabili e risolutive, dei giudizi pendenti, delle procedure di riscossione e recupero, nonché delle esecuzioni forzose posti in essere nei confronti delle aziende agricole che hanno applicato le misure previste dalla legge regionale della Sardegna, n. 44 del 1988;
vi è l'ineludibile esigenza di assicurare, rispetto al predetto contesto emergenziale, il compimento degli interventi da porre in essere per il superamento della situazione di criticità in cui versano in particolare le aziende che hanno subito un gravissimo pregiudizio dalla situazione di dissesto finanziario e di indebitamento inizialmente legittimato;
appare necessario adottare tempestivamente misure adeguate di sostegno alle attività produttive presenti nei territori agricoli della Sardegna, limitatamente alle aziende coinvolte nell'emergenza di cui trattasi, nonché iniziative a tutela dei comparti agricoli a rischio di declino;


Pag. 134


per quanto descritto e ricorrente nella fattispecie, si può affermare che nei territori rurali della regione Sardegna in cui sono presenti aziende interessate dagli effetti della Decisione 97/612/CE, della Commissione del 16 aprile 1997 sopra citata e dai relativi fatti generatori, per fronteggiare il rischio di emergenze sociali, economiche e civili, esistano i presupposti per procedere con gli stessi criteri di straordinarietà e di urgenza che si applicano a norma dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in riferimento alla dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico,

impegna il Governo

ad intraprendere con la massima urgenza tutte le iniziative che si rendono più opportune per fare fronte alla grave crisi socio-economica in cui versano le aziende agricole ed agropastorali sarde per le quali si stanno applicando le misure di recupero, tramite rimborso, degli aiuti concessi dalla regione Sardegna in applicazione dell'articolo 5 della legge regionale n. 44 del 1988 e delle delibere della Giunta regionale del 30 dicembre 1988, del 27 giugno 1990, del 20 novembre 1990 e del 26 giugno 1992 dichiarate illegali ai sensi della Decisione 97/612/CE, della Commissione del 16 aprile 1997, in tale ambito provvedendo ad adottare atti idonei a sospendere i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui, ed altresì valutando la necessità di adottare provvedimenti straordinari ed urgenti, anche di natura normativa, che relativamente ai territori rurali della regione Sardegna in cui sono ubicate le aziende agricole sopra indicate ed altresì nei territori, in particolare nelle zone interne, ove sono presenti le aziende agropastorali in analoga situazione di crisi, abbiano gli stessi effetti della dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico, di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
(8-00092)
«Lion, Zucchi, Lombardi, Satta, Franci, Fadda, Servodio, Cesini, D'Ulizia, Maderloni, Sperandio, Schirru, Attili, Sanna, Cogodi, Martinello, Delfino, Ruvolo, Buonfiglio, Murgia, Mellano, Fundarò, Brandolini».