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PDL 706

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 706



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato OSVALDO NAPOLI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle intercettazioni telefoniche

Presentata il 16 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Il problema delle intercettazioni telefoniche è diventato tema di dibattito in sede politica, giudiziaria e sociale. Lo spazio che gli è stato e gli viene dedicato da tempo dagli organi di informazione fa avvertire che esso è direttamente collegato al rischio di una possibile alterazione dei rapporti tra lo Stato, le sue strutture e i cittadini, con grave danno, non tanto e non solo per la privacy, ma per gli stessi diritti costituzionali. Per eliminare quel rischio e quel danno non si tratta di impedire l'intercettazione telefonica motivata dai fattori oggettivi di difesa dello Stato dalla illegalità, ma di stabilire i limiti dell'intervento perché esso non si trasformi in licenza soggettiva e perché nella sua genericità non coinvolga, con un'azione illegale, anche la legalità, che è quella che garantisce i cittadini. Si tratta di impedire che l'azione legale verso il singolo si trasformi, anche per ragioni di necessità o per errore, in azione illegale verso altri singoli non coinvolti.
      Se questo è il quadro generale di carattere politico, ve ne è un altro che va valutato per capire una situazione divenuta, per diversi motivi, insopportabile, e riguardante la generalità dei cittadini. L'intercettazione telefonica sembra diventata nel nostro Paese una scelta ordinaria degli apparati giudiziari; il metro di giudizio, logicamente, non può essere quello interno. Il raffronto va fatto anche a livello internazionale e con i dati statistici di fronte ai quali ci troviamo.
      I contratti telefonici hanno avuto negli ultimi anni incrementi del 115 per cento. Non c'è riscontro in nessun Paese europeo (e, almeno per motivi tecnologici, in nessun altro Paese al mondo, da quelli asiatici a quelli africani) di una situazione nella quale il potere giudiziario o un altro
 

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potere utilizzi l'intercettazione telefonica ai fini del controllo sociale. Se Orwell dovesse trovare un territorio nel quale dare una sistemazione al suo «grande fratello», quello italiano, in questo momento, sarebbe il più adatto.
      Questi dati impongono numerosi interrogativi. E li impongono in sede politica. Perché l'Italia assurge a campione mondiale delle intercettazioni telefoniche a fini giudiziari (e, per altri aspetti, a fini industriali)? Le congetture o le risposte potrebbero essere altrettanto numerose. Ce ne è una non veritiera. Quella di un Paese tarato, impregnato di illegalità diffusa, da nord a sud, con i ceti sociali (salvo poche illuministiche eccezioni fortunate da definire e da indicare), dai giornalisti agli imprenditori, piccoli e grandi, dai professionisti ai semplici lavoratori, dagli agricoltori agli artigiani sino alle donne impegnate fuori dalla famiglia, nei quali è assolutamente assente il concetto della legalità. Un Paese, cioè, a differenza degli USA e dei Paesi europei, dove il delitto di qualsiasi tipo è l'humus nel quale si vive e che, quindi, deve essere pulito e debellato con qualsiasi mezzo, anche con quello della illegalità. Se così fosse, meglio sarebbe consentire per legge la generalizzazione dell'intercettazione telefonica a tutti i cittadini, da quelli appena nati sino a quelli morti, logicamente tenendo fuori quelle poche illuministiche eccezioni addette al compito. Si produrrebbe così un nuovo sistema sociale e politico, senza molte elezioni e perdite di tempo, da offrire come esempio al mondo. Ma crediamo che non sia questa la verità né la prospettiva di un Paese che voglia vivere la propria democrazia.
      È invece probabile un'altra e più veritiera motivazione che potrebbe riguardare gli strumenti dell'indagine giudiziaria. Ovvero che l'intercettazione telefonica potrebbe avere sostituito i vecchi strumenti informativi di polizia giudiziaria, fatti di indagini ad personam, della ricerca di prove oggettive, di un iter di informazione e di conoscenza, di presenza intelligente (infiltrati) del controllo di polizia laddove (non solo nel mondo della droga) il delitto sociale o finanziario potrebbe essere realizzato, dai casinò alle banche, visto che c'è stato chi è riuscito, con maggiore capacità di Riina e di Provenzano, assassini e violenti, a realizzare in tre mesi 18 mila miliardi di lire di plusvalenze, a mettere all'estero 500 miliardi di lire frutto di transazioni con chiaro conflitto di interesse; visto che sembra esserci chi è riuscito a gestire senza appalti pubblici 1.000 miliardi di lire di lavori, passati al 60 per cento (in violazione delle leggi antimafia) ai subappaltatori i quali, quando decidono di chiudere (perché, in caso contrario, restano senza lavoro), chiedono la transazione per non presentare denuncia. L'intercettazione telefonica serve, così, per avere informazioni, ma con il rischio, certo soggettivo, di utilizzarle o di non utilizzarle non certo distinguendo tra destra e sinistra, tra piccoli e grandi, tra deboli e forti, tra cose facili e cose difficili, tra il relativamente piccolo arricchimento mafioso frutto della violenza fisica e il grande arricchimento di altra violenza, casomai finanziaria, fatta di contratti e non di bombe. Questo rischio esiste e va valutato poiché l'intercettazione telefonica non può essere uno strumento soggettivo, ma oggettivo. Si può capire in questa materia la scelta soggettiva dei quotidiani italiani che non sono né public company né società di redattori come in altri Paesi democratici, ma strutture subindustriali, dipendenti da uno o più imprenditori, di destra o di sinistra, con propri fini politici ed economici, casomai incidenti nel sistema borsistico al limite dell'insider trading o sostitutivi di quest'ultimo. In questo caso la oggettività è un auspicio. Nel caso della giustizia è un dovere.
      C'è infine, tra i tanti, un altro aspetto da valutare. Esso è costituito, come alcune indagini giornalistiche hanno stabilito, dagli interessi industriali e dai servizi che stanno a monte delle intercettazioni telefoniche. Quale è il budget dei produttori di macchine per l'intercettazione? Quale è il budget, di soldi e di risorse umane, dei servizi esterni per la gestione di quelle macchine? Quale è il
 

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budget, di soldi e di risorse umane, dei servizi di trascrizione? Così come va valutato l'esito del lavoro di intercettazioni, da quello pubblicato negli atti giudiziari, a quello distribuito in modo anonimo per fini occulti o poco occulti, a quelli che restano inutilizzati, comprensivi delle conversazioni private. Già altre volte il Parlamento ha dovuto interessarsi dei «faldoni» illegali del SISDE. Chi garantisce che il lavoro delle intercettazioni non venga utilizzato, al di là dell'uso di legge, per scopi illegali o anche soltanto ai fini del gossip o della maldicenza politica e sociale, con gravi ripercussioni anche umane, familiari e interpersonali? La continua produzione di libri che utilizzano, logicamente in modo soggettivo, il frutto non controllato delle intercettazioni e delle valutazioni di parte di quelle intercettazioni dimostra come il problema debba essere affrontato e risolto nell'ambito delle garanzie della legge e della difesa degli interessi dello Stato e dei cittadini.
      È per tutto questo che si ritiene di presentare la proposta di legge diretta alla istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema delle intercettazioni telefoniche nel nostro Paese, allo scopo di stabilire se quel sistema si muove nell'ambito assoluto della legge e se è possibile apportare, nel caso di necessità, modifiche alla stessa legislazione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e compiti della Commissione).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle intercettazioni telefoniche, di seguito denominata «Commissione», con i seguenti compiti:

          a) accertare i motivi e la legalità dell'alto numero di intercettazioni telefoniche che vengono effettuate;

          b) verificare se le intercettazioni telefoniche sono effettuate sulla base di reali esigenze investigative che giustificano la violazione della privacy dei cittadini.

Art. 2.
(Composizione e presidenza della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
      2. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione e i componenti possono essere confermati.
      3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.

 

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      4. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Nella elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
      5. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.
      6. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche per le elezioni suppletive.

Art. 3.
(Audizioni e testimonianze).

      1. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
      2. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. In nessun caso per i fatti rientranti nei compiti della Commissione può essere opposto il segreto di Stato o il segreto di ufficio.
      3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
      4. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a rivelare alla Commissione i nomi di chi ha loro fornito informazioni.

Art. 4.
(Richiesta di atti e documenti).

      1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie

 

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di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
      2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.
      3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.
      4. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copie di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.
      5. Quando gli atti o i documenti sono stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge.
      6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

Art. 5.
(Segreto).

      1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti

 

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vengono a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 2 e 6.
      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
      3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonde in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione.

Art. 6.
(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.
      2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.
      3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Ai fini dell'opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, la Commissione può avvalersi anche dell'apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell'amministrazione dell'interno, autorizzati, con il loro consenso, rispettivamente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro dell'interno, su richiesta del presidente della Commissione.
      4. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.
      5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico

 

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del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
      6. La Commissione cura la informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso dell'attività di inchiesta.

Art. 7.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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