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PDL 28

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 28



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BOATO

Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Se, in forme più accentuate, l'ultima fase della XIV legislatura sarà valutata per l'incongruità, la contraddittorietà, l'incostituzionalità di importanti scelte normative della coalizione di Governo e dei criteri, delle procedure, delle scelte di merito adottati nel ricorso alla decretazione d'urgenza, del tutto emblematica è stata l'introduzione della norma (articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27), che la presente proposta di legge intende abrogare, con cui è stata stabilita l'equipollenza fra i fisioterapisti e i titolari di diploma di laurea in scienze motorie.
      L'introduzione dei principio di equipollenza fra il profilo sanitario della professione di fisioterapista e quello non sanitario del titolare di diploma di laurea in scienze motorie costituisce un caso unico in Europa. Una equipollenza in palese contrasto con gli indirizzi comunitari in ordine alla formazione dei professionisti sanitari, all'accesso alle professioni, agli ordinamenti universitari. Unanimi sono state e permangono le proteste avanzate dall'Associazione italiana fisioterapisti (AIFI) e, in primo luogo, dalla Federazione italiana superamento handicap, dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, dalla European Region of the World Confederation for Physical Therapy secondo cui, come affermato dal segretario generale David Gorria «Il dispositivo contenuto mette in pericolo la salute dei cittadini con fenomeni di abusivismo, mette a rischio il riconoscimento di fisioterapista italiano e la futura ammissione,
 

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nel 2007, dell'ordine dei Fisioterapisti italiani (oggi rappresentati dall'AIFI, l'Associazione italiana fisioterapisti nella nostra Confederazione)». Una norma, quindi, che pone a rischio la sicurezza dei cittadini, utenti del sistema sanitario pubblico e delle strutture di riabilitazione private.
      Una norma, immotivata sotto il profilo scientifico e sanitario, peraltro in palese contrasto - affermarono le associazioni interessate - con l'articolo 5 della legge sugli ordini sanitari, la legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante «Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali», che di seguito si riporta:

      «Art. 5. - (Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario). - 1. L'individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute.
      2. L'individuazione è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
      3. L'individuazione è subordinata ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni, operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal Ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della salute e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i rappresentanti degli ordini delle professioni di cui all'articolo 1, comma 1, senza oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, la partecipazione alle suddette commissioni non comporta la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.
      4. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale e l'ambito di attività di ciascuna professione.
      5. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse».

      Le date sono indicative, il merito paradossale. L'inserimento, incongruo, di una norma in un decreto-legge relativo a materie non omogenee ha sovvertito un indirizzo normativo contenuto in una legge di riordino delle professioni sanitarie, in una successione che appare essere stata ispirata esclusivamente da ragioni corporative prive di alcuna logica legislativa. Che così sia stato è stato dimostrato dall'ulteriore tentativo del Governo di centro-destra di cancellare la norma di equipollenza, ma con scelte regolamentari e procedurali tali - l'intenzione di inserire un emendamento soppressivo di una norma inserita in un altro decreto-legge concernente l'influenza aviaria - da rendere di fatto retorico tale tentativo ai fini del merito. Tuttavia, l'incongruità e l'assenza di motivazioni, che non siano state di natura corporativa, sono state palesi all'origine della scelta della maggioranza di centro-destra, con l'emendamento presentato al Senato della Repubblica in sede di prima lettura del decreto-legge: sostenuta dal Governo con il parere favorevole all'emendamento che ha introdotto l'equipollenza al Senato della Repubblica e con il parere contrario alla Camera dei deputati all'emendamento - sottoscritto dal presentatore di questa proposta di legge - che l'avrebbe soppressa e agli ordini del giorno affini presentati dal centro-sinistra.

 

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      La manifestazione nazionale del 24 marzo 2006 ha avuto modo di confermare le ragioni degli operatori fisioterapisti, delle associazioni di rappresentanza, delle strutture di riabilitazione e cura interessate, ribadite, in particolare, dal presidente dell'AIFI, professor Vincenzo Mangrasso, anche dinanzi al tavolo tecnico costituito presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in quei giorni.
      La scelta di introdurre il principio di equipollenza non è ritenuta compatibile con gli indirizzi comunitari e con i princìpi costituzionali, né dunque appare congruo che si possa e si debba giungere a profili professionali condivisibili, fra fisioterapisti e titolari del diploma di laurea in scienze motorie, ieri nella elaborazione del decreto di attuazione delle norme adottate - non ancora adottato, come richiesto dagli ordini regionali, dalle associazioni di settore e a dimostrazione degli errori compiuti dal centro-destra e dal Governo -, oggi nelle scelte legislative e amministrative da assumere.
      Esistono problemi diversi che richiedono soluzioni legislative positive ispirate, tuttavia, a princìpi di alta formazione e di tutela dei livelli professionali, di trasparenza dell'accesso alla professione, che sarebbe stato possibile adottare se non fosse stato per i comportamenti e per le scelte della maggioranza di centro-destra.
      Al Senato della Repubblica, in prima lettura, in sede di conversione del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, l'emendamento 1.01.108 presentato dal senatore di Forza Italia, Firrarello (membro della Commissione Difesa e della Commissione Territorio e Ambiente e presentatore nella XIV legislatura dei disegni di legge atto Senato n. 24 «Istituzione di una casa da gioco nel comune di Taormina», atto Senato n. 2029 «Norme per il finanziamento dei lavori di ammodernamento e di messa in sicurezza della Strada Statale 120 Fiumefreddo-Cerda, Tratto Fiumefreddo-Randazzo», atto Senato n. 2173 «Norme in materia di personale docente della scuola») ha avuto il paradossale effetto, comunque convergente, di vedere il relatore - che dovrebbe dare il proprio indirizzo di merito - senatore Asciutti, rimettersi all'Assemblea, e il Governo, che di prassi in questi casi segue il parere del relatore, rappresentato dal Vice ministro dell'istruzione Ricevuto, esprimere parere favorevole.
      Alla Camera dei deputati sull'emendamento soppressivo della norma, sottoscritto dal presentatore di questa proposta di legge e poi ritirato dal primo firmatario, il Governo e il relatore espressero parere contrario.
      Sugli ordini del giorno Valpiana (9/6293/2) e Zanella (9/6293/6), cofirmati dal presentatore di questa proposta di legge, il cui merito era del tutto contrario all'introduzione del principio di equipollenza, il Governo espresse parere contrario.
      Dunque - si potrebbe osservare - per il Governo e la sua maggioranza si è trattato di un percorso meditato, coerente nei suoi errori, con pronunciamenti reiterati e sempre costanti, sino al tentativo - dinanzi alle proteste di massa che in quei giorni ebbero luogo in Italia - consapevolmente errato nelle procedure e tardivo nei tempi, di correggere una scelta che senza la convinta adesione del Governo la maggioranza dell'Assemblea del Senato della Repubblica non avrebbe approvato e la Camera dei deputati non avrebbe confermato con l'opposizione del centro-sinistra.
      Nella storia parlamentare è accaduto che più volte i Governi si siano rimessi all'Assemblea in ragione di pareri differenti nell'ambito della propria coalizione, di giudizi non maturati dinanzi a iniziative emendative in Assemblea, di prassi parlamentari. Rari sono stati i casi nei quali il Governo ha dovuto correggere o annunciare successivamente parere contrario a una scelta condivisa sotto il profilo legislativo, una decisione sostenuta anche dinanzi alla mancata espressione del parere da parte del relatore sul provvedimento.
      Nei rapporti fra Governo e Assemblea tali casi si annoverano fra quelli in cui l'Esecutivo non appare avere l'autorevolezza per sostenere decisioni che dichiara di condividere quando sono espresse, apparentemente e formalmente, come autonoma
 

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iniziativa dell'Assemblea. Unico è il caso accaduto alla fine della precedente legislatura e da cui ha origine la presente proposta di legge.
      Così, alcuni giorni dopo la conclusione dell'iter, all'atto della costituzione del tavolo tecnico parlamentare, il sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca, senatrice Maria Grazia Siliquini, può non soltanto ammettere che «i percorsi formativi di fisioterapia e scienze motorie sono completamente diversi e l'equipollenza tout court crea confusione ed aspettative sbagliate tra i giovani», aggiungendo che «l'assurda equipollenza - prevista erroneamente dal decreto-legge n. 250 del 2005, convertito, con modificazioni dalla legge n. 27 del 2006 - non garantirebbe né l'adeguata preparazione professionale, né le competenze del professionista terapista e, soprattutto, la salute dei cittadino» ma infine, incredibilmente e senza alcun riferimento reale agli atti parlamentari, che «si è data una risposta sbagliata, approvata dal Parlamento senza un adeguato raccordo con il Governo»!
      Ciò che interessa è dunque, in primo luogo, porre riparo a tali errori gravi, anzitutto ed essenzialmente, perché lesivi della qualità professionale dei fisioterapisti nel nostro Paese e, conseguentemente, della salute dei cittadini. L'abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge n. 250 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2006, di cui all'articolo unico della presente proposta di legge, appare quindi un passo obbligato.
      In prospettiva, su basi legislative coerenti ai princìpi costituzionali e alla giurisprudenza comunitaria, la politica può e deve dare risposte certe a chi, dalle associazioni dei fisioterapisti ai cittadini, chiede - come ha ricordato Stefano A. Inglese responsabile nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva - di chiudere «definitivamente la stagione delle sanatorie, delle equiparazioni, delle scorciatoie che rendono impossibile per un cittadino, di fronte alla giungla dei titoli e diplomi, sapere se si sta affidando nelle mani giuste».
      L'appello della manifestazione nazionale del 21 marzo 2006, «La fisioterapia non è uno sport», ha ribadito ciò che dovrebbe apparire indiscutibile: non sono ammesse le improvvisazioni sulla qualità delle cure erogate ai cittadini. È la ragione fondamentale di questa proposta di legge. Dal 1992, infatti, con l'avvio della riforma delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche e della riabilitazione, il legislatore ha costantemente perseguito l'obiettivo di adeguare il livello culturale, deontologico e professionale degli operatori al fine di contribuire al miglioramento complessivo delle prestazioni assistenziali garantite dal Servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini. Si è inteso pertanto creare un percorso formativo, culturale e professionale ben definito e riconoscibile, che garantisse un adeguato livello di preparazione specifica e di capacità operativa degli operatori sanitari. In un sol colpo, l'articolo 1-septies del decreto-legge n. 250 del 2005 ha cancellato la specificità di tali studi, senza preoccuparsi delle conseguenze indotte sulla qualità delle prestazioni sanitarie erogate da soggetti che non sono mai stati sottoposti ad una rigorosa verifica delle loro capacità e della preparazione professionale.
      La stessa previsione di un semplice «attestato di frequenza» appare inconciliabile con i princìpi di verifica professionale soggettiva, per cui l'abilitazione all'esercizio della professione di fisioterapista, ai sensi della vigente normativa, è subordinata al superamento di un «esame di Stato» quale è espressamente qualificato l'esame finale di laurea.
      Infine, il citato articolo 1-speties stravolge in maniera radicale il principio della necessaria correlazione tra le esigenze della formazione dei professionisti sanitari e il fabbisogno rilevato dalla programmazione regionale, con gravissime ripercussioni sia sulle strutture didattico-organizzative delle università, sia sulla definizione degli obiettivi di salute del Servizio sanitario nazionale, sia sul complessivo mercato del lavoro.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, è abrogato.


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