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PDL 915

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 915



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PECORELLA

Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale
in materia di tortura

Presentata il 26 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta ad introdurre nell'ordinamento italiano il delitto di tortura, secondo quanto previsto dalla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1984.
      Sotto un profilo meramente giuridico, con la presente proposta di legge non si intende dare esecuzione a tale Convenzione, in quanto questa è stata già resa esecutiva in Italia dalla legge 3 novembre 1988, n. 498. Tuttavia, il legislatore in quella occasione non ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di tortura, poiché ha ritenuto che alla fattispecie della tortura, così come descritta dall'articolo 1 della Convenzione, potessero essere comunque ricondotti alcuni reati già previsti dalle norme penali vigenti. Ai sensi dell'articolo 1 della Convenzione contro la tortura, il crimine della tortura consiste in «qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore e sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persone ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito».
      In ogni parte del mondo continuano a registrarsi ogni giorno sconcertanti episodi che vedono uomini farsi carnefici di altri uomini. Abbiamo tutti l'obbligo morale di
 

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capire se tutti questi episodi possano rientrare nella sfera dell'illecito penale così come questa è delineata dal nostro ordinamento e, in caso positivo, se siano puniti adeguatamente. In alcuni casi, ad esempio, si tratta di comportamenti disumani, degradanti della dignità umana, che tuttavia non sono riconducibili alla nozione di violenza o di minaccia elaborata dalla nostra giurisprudenza. Ciò significa che vi è una zona grigia della nozione di tortura comunemente accolta che non trova riscontro nelle nostre norme penali.
      Preso atto di tale zona grigia, la presente proposta di legge mira a colmare una lacuna del nostro ordinamento che si traduce in una violazione della già ratificata Convenzione ONU del 1984. Pertanto, si introduce nel codice penale il delitto di tortura, punendo chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a gravi sofferenze allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale. Considerato che la nozione di tortura è comunemente condivisa, proprio per evitare il rischio di lasciare altre zone grigie, si è ritenuto opportuno costruire la nuova fattispecie utilizzando sia i cosiddetti «elementi descrittivi della fattispecie», cioè quegli elementi che traggono il loro significato direttamente dalla realtà dell'esperienza sensibile, sia i cosiddetti «elementi normativi», il cui significato, invece, è desumibile da una norma alla quale si rinvia implicitamente (articolo 1 della Convenzione ONU del 1984). Il delitto è punito con la reclusione da uno a quindici anni. Si prevede, inoltre, salvo che il fatto costituisca più grave reato, un aumento di pena se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima. La pena è raddoppiata se dalle violenze perpetrate consegue la morte.
      Per evitare che il reato di tortura si presti a strumentalizzazioni, si prevede espressamente che il fatto non sia punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.
      La gravità del delitto di tortura rende opportuno inserire tale delitto tra quelli che ai, sensi dell'articolo 7, numero 5), del codice penale sono puniti dalla legge italiana indipendentemente dal luogo ove sono commessi o dalla nazionalità del reo o della vittima. Tale disposizione si fonda sul principio di universalità, per cui per i delicta juris gentium, tra i quali rientra anche la tortura, si applica la legge nazionale anche quando il fatto è commesso all'estero. Si prevede, pertanto, che per il delitto di tortura vi sia da parte della giurisdizione italiana una competenza extraterritoriale assoluta.
      Sempre di rilevanza internazionale è la disposizione secondo la quale non può essere assicurata l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. In tali casi, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti a un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 613 del codice penale sono inseriti i seguenti:

      «Art. 613-bis. - (Delitto di tortura). - È punito con la reclusione da uno a quindici anni chiunque infligge ad una persona una tortura fisica o mentale, sottoponendola a patimenti disumani o a sofferenze gravi, allo scopo di ottenere informazioni o confessioni da essa o da una terza persona su un atto che essa stessa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso ovvero allo scopo di punire una persona per gli atti dalla stessa compiuti o che la medesima è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.
      Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena è aumentata se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte.
      Il fatto non è punibile se sono inflitte sofferenze o patimenti come conseguenza di condotte o sanzioni legittime ad esse connesse o dalle stesse cagionate.
      Non può essere assicurata l'immunità diplomatica per il delitto di tortura ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. In tali casi lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti a un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.

 

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      Art. 613-ter. - (Fatto commesso all'estero). - È punito secondo la legge italiana, ai sensi dell'articolo 7, numero 5), il cittadino o lo straniero che commette nel territorio estero il delitto di tortura di cui all'articolo 613-bis».


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