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PDL 528

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 528



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BUEMI, CAPEZZONE, TURCI, PORETTI, BELTRANDI, DI GIOIA, TURCO, D'ELIA, BUGLIO, MANCINI, BOSELLI, CREMA, ANTINUCCI, SCHIETROMA, ANGELO PIAZZA

Disposizioni per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

Presentata l'8 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge di seguito illustrata si pone lo scopo precipuo di dare una risposta concreta alle problematiche legate alla condizione delle detenute madri con figli minori. In particolare, si è partiti dall'esame della legge n. 40 del 2001, nota con il nome dell'onorevole Finocchiaro, che, seppure di portata innovativa, di fatto ha avuto scarsissima applicazione. Si è, infatti, potuto constatare che le norme, come congegnate, hanno tagliato fuori un numero di detenute numericamente rilevante, lasciando la situazione del tutto inalterata.
      Per questo motivo l'articolo 1 della proposta di legge incide sulla normativa già novellata dalla «legge Finocchiaro», togliendo quel vincolo («concreto pericolo della commissione di delitti») di cui all'articolo 147 del codice penale che rende di difficile applicazione il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena. Infatti, spesso la detenuta madre tipo è una donna proveniente da ceti molto poveri o comunque immersa in una cultura di microcriminalità che ha, seppure giovane, nel suo curriculum più di una condanna penale. Impedire concretamente a una grande maggioranza di madri la possibilità di vivere la propria maternità fuori dalle mura degli istituti penitenziari significa, da una parte, ostacolare un processo di riabilitazione per la donna e, dall'altra, opporsi a che i bambini vivano la loro età in un ambiente sicuramente più confortevole rispetto a quello carcerario e più idoneo per la loro crescita psico-fisica.
 

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Conseguente a tale scelta è l'articolo 4 della proposta di legge, recante modifiche agli articoli 47-ter e 47-quinquies della legge sull'ordinamento penitenziario, legge n. 354 del 1975, che si prefigge di eliminare gli ostacoli che impediscono la possibilità alle donne madri, per le ragioni esposte, di espiare la propria pena o presso il proprio domicilio o in altro luogo.
      Come detto, però, la «legge Finocchiaro» è stata solo il punto di partenza: partendo dall'esame della realtà carceraria si sono volute poi affrontare problematiche nuove.
      Il punto centrale della proposta di legge è sicuramente rappresentato dalla ideazione e dalla realizzazione di case-famiglia protette. Infatti, tanto in caso di custodia cautelare (articolo 2) che nell'ipotesi di espiazione della pena (articolo 5) ci si rende conto che, laddove non possa essere disposta per vincoli di carattere giuridico una forma di detenzione più favorevole per la madre e per il figlio, non si può lasciare crescere un bimbo piccolo in una struttura che per natura è più orientata a dare una risposta puntuale a esigenze di sicurezza che a prestare attenzione alla crescita del minore. Con questa proposta di legge si intendono creare, pertanto, delle strutture che, a fianco della sicurezza, prendano in esame anche le necessità dei bambini e che ne garantiscano un sano sviluppo (articolo 5). Si vuole inserire tanto nel codice penale quanto nell'ordinamento penitenziario un nuovo modo di regolare il regime detentivo della donna madre con figlio che, seppure sempre considerato quale extrema ratio, sia più «umano».
      In questa logica si iscrive anche la necessità di garantire alla madre detenuta di poter accompagnare il figlio qualora questo abbia l'esigenza di essere portato al pronto soccorso o in caso di ricovero (articolo 3): è inimmaginabile pensare che un bambino piccolo possa «affrontare» da solo un ospedale ed essere, di fatto, abbandonato a se stesso.
      Da ultimo, l'articolo 6 propone norme volte ad incidere fermamente sul testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (come modificato dalla legge n. 189 del 2002, cosiddetta «Bossi-Fini»): è ormai evidente a chi opera nel settore che vi è una sorta di automatismo del decreto di espulsione. Molti giudici ormai emanano questo provvedimento unitamente alla pena detentiva oppure esso viene emesso al termine dell'espiazione della pena. Nell'uno e nell'altro caso non si tiene in alcun modo conto di un eventuale percorso di risocializzazione estremamente positivo compiuto dal detenuto; della possibilità di collocare al lavoro lo straniero detenuto a fine pena o anche, semplicemente, se si tratta di detenute madri, che i loro bambini, nati in carcere o comunque che hanno trascorso nell'istituto gran parte della loro breve vita, conoscono solo la lingua e la cultura italiane. Si vuole pertanto ovviare a tutto questo prevedendo una valutazione ad personam sulla realtà al momento del termine della espiazione della pena, ma al contempo si vuole riconoscere la possibilità di avviare l'iter per l'ottenimento del permesso di soggiorno, al momento del verificarsi delle condizioni necessarie, anche dalle mura del carcere.
      Infine, per garantire l'unità familiare, principio riconosciuto non solo nella nostra Costituzione ma affermato anche da disposizioni di trattati internazionali - quali gli articoli 8 e 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848; l'articolo 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881; gli articoli 9 e 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176 - si vuole con la presente proposta di legge prevedere un permesso di soggiorno per i figli stranieri di detenute in Italia per poter ottenere il ricongiungimento e poter assicurare la continuità nella formazione psico-fisica del minore.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Rinvio facoltativo dell'esecuzione
della pena).

      1. Il quarto comma dell'articolo 147 del codice penale è abrogato.

Art. 2.
(Misure cautelari).

      1. Il comma 4 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; tuttavia, nell'ipotesi in cui sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, può essere disposta la custodia cautelare presso case-famiglia protette. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando l'imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni».

      2. All'articolo 285, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «istituto di custodia» sono inserite le seguenti: «o, in caso di madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, presso una casa-famiglia protetta».

      3. Dopo l'articolo 285 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

      «Art. 285-bis. (Custodia cautelare in casa-famiglia protetta). 1. Se la persona da

 

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sottoporre a custodia cautelare è una madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente, ovvero un padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, il giudice, in luogo della custodia cautelare presso gli istituti penitenziari, dispone la custodia presso le case-famiglia protette».

Art. 3.
(Ricovero del minore).

      1. Dopo l'articolo 30-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

      «Art. 30-quinquies. (Ricovero ospedaliero di minore). 1. In caso di invio al pronto soccorso o di ricovero in una struttura ospedaliera di minore affidato alla madre detenuta, quest'ultima deve essere autorizzata, con provvedimento da adottare con urgenza, ad accompagnare il figlio nonché a soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il periodo del ricovero.
      2. In ipotesi di necessità ed urgenza il provvedimento di cui al comma 1 può essere disposto dal direttore dell'istituto penitenziario e successivamente convalidato dal magistrato competente».

Art. 4.
(Detenzione domiciliare).

      1. Al comma 1-bis dell'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: «e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati» sono soppresse.
      2. Al comma 1 dell'articolo 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: «, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza dei figli,» sono soppresse.

 

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Art. 5.
(Case-famiglia protette).

      1. Dopo l'articolo 47-sexies della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

      «Art. 47-septies. (Detenzione in case-famiglia protette). 1. Le madri di prole di età non superiore ad anni dieci devono espiare la propria pena, qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole, nelle case-famiglia protette».

      2. Dopo l'articolo 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 67-bis (Case-famiglia protette). 1. Le case famiglia-protette devono essere realizzate fuori dagli istituti penitenziari e organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza da adottare, tengano conto principalmente delle esigenze psico-fisiche dei minori».

Art. 6.
(Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

      1. Dopo l'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 9-bis. (Straniero detenuto). 1. Lo straniero detenuto, fuori dai termini previsti dal presente capo, può, al verificarsi delle condizioni richieste dal presente testo unico, fare richiesta del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno anche all'istituto penitenziario».
      2. All'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998,

 

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n. 286, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «9-bis. Fuori dai casi previsti dal presente articolo, l'espulsione non può mai essere disposta quale pena accessoria alla condanna».

      3. Dopo l'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come da ultimo modificato dal presente articolo, è inserito il seguente:

      «Art. 16-bis. (Revoca dell'espulsione in casi particolari). 1. Nell'ipotesi in cui l'espulsione sia disposta o debba essere eseguita al termine dell'espiazione di una pena detentiva, il giudice competente, su ricorso di parte o in sede di convalida, fuori dai termini previsti per l'impugnazione, può disporre la revoca del decreto qualora accerti il reinserimento sociale a seguito di lavoro di recupero effettuato durante la detenzione o vi sia una promessa di contratto di lavoro, anche temporaneo.
      2. Il giudice adito, fuori dai casi precedenti, qualora l'espulsione riguardi madre con figli minori ovvero padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, può comunque disporre la revoca del decreto di espulsione ogniqualvolta accerti che corrisponda all'interesse precipuo del minore.
      3. Il provvedimento di espulsione rimane sospeso fino alla decisione del giudice adito ai sensi del comma 2».

      4. Al comma 1 dell'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «d-bis) al figlio minore della madre straniera ovvero del padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, nei casi in cui nei confronti della stessa sia stata disposta una misura cautelare o la stessa debba espiare una pena detentiva o

 

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una misura alternativa, per potere garantire l'unità familiare. Il permesso di soggiorno è rilasciato per una durata pari a quella della misura cautelare o detentiva o alternativa».

Art. 7.
(Ambito di applicazione).

      1. La presente legge si applica anche alle madri straniere i cui figli si trovano nel Paese di origine e per i quali è disposta, in ossequio al principio dell'unità familiare, la concessione di un apposito permesso di soggiorno.


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