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PDL 560

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 560



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato TUCCI

Delega al Governo per la disciplina del rapporto di impiego del personale dirigente delle amministrazioni statali

Presentata l'8 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - L'attuale contratto di lavoro di natura privatistica per la dirigenza dello Stato ha mortificato l'opera del singolo dirigente, mercanteggiando il suo rapporto di lavoro con l'autorità politica del momento. Pronta, quest'ultima, a concedere sempre di più ai «servitori» che si adeguano al suo volere, più che all'interesse generale del Paese.
      La presente proposta di legge, pertanto, nasce dall'esigenza di realizzare una sostanziale riforma dell'attuale rapporto di impiego del personale dirigenziale delle amministrazioni statali, stabilendone il passaggio dal regime privatistico, cui è attualmente assoggettato, ad una autonoma disciplina di diritto pubblico nell'interesse esclusivo del buon andamento della pubblica amministrazione.
      La «ratio» del provvedimento va ricercata nella oggettiva considerazione che nel settore statale la dirigenza cosiddetta «privatizzata» interessa soltanto circa 4.500 dirigenti a fronte di un numero complessivo di circa 80.000 unità, comprendente anche ambasciatori, magistrati, prefetti, docenti universitari, ufficiali delle forze armate, personale della Polizia di Stato.
      I dirigenti privatizzati interessati costituiscono appena il 6 per cento di tutta la dirigenza statale. Questi, inoltre, sono gli unici dirigenti a subire lo «spoyl system» e ad essere assoggettati a contratti individuali a termine, oltre a sopportare i gravosi impegni collegati al loro status di «datori di lavoro».
      Obiettivo primario della presente proposta di legge, dunque, è di garantire il
 

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perseguimento «in toto» dei fini individuati dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche alla luce dei princìpi recati dalla legge 15 luglio 2002, n. 145, in materia di riordino della dirigenza dello Stato, eliminando le citate cause di turbativa che incidono negativamente sulla efficienza della pubblica amministrazione.
      Le nuove norme, infatti, consentirebbero alla dirigenza statale di tornare ad essere indipendente, imparziale e produttiva al massimo grado, operando con serenità per il pubblico interesse, nei termini voluti dalla Costituzione. Questo Parlamento darebbe così una giusta risposta anche sull'autonomia della dirigenza pubblica, in nome di quella giustizia perequativa che non deve mai soccombere alla prepotenza dei più forti.
      Nell'ambito della proposta di legge si prevede il ripristino della qualifica di «dirigente superiore» per quei pochi dirigenti di seconda fascia che tale qualifica già rivestivano prima dell'avvento del ruolo dirigenziale unico. Ciò in quanto alcuni dei predetti dirigenti, che a tale posizione erano arrivati previo il superamento di dure prove concorsuali, si sono visti scavalcati da dirigenti a loro di molto posposti nel vecchio «ruolo» di anzianità di ciascuna amministrazione, i quali, in taluni casi, hanno attinto incarichi di rilievo, e relative remunerazioni, senza aver dovuto affrontare stressanti selezioni.
      Allo scopo di ricomporre tale iniqua situazione, la norma in questione tende - anche alla luce della restituzione del «ruolo dirigenziale» alle singole amministrazioni (decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) - non solo a ripristinare la qualifica di «dirigente superiore», ma ad attribuire ai titolari di detta qualifica la «retribuzione di posizione» nella misura massima prevista per i dirigenti di seconda fascia inseriti nel ruolo dell'amministrazione di appartenenza.
      La proposta di legge non contempla aggravi a carico del bilancio dello Stato, in quanto gli oneri finanziari eventualmente derivanti dalla sua attuazione non potrebbero comunque superare gli appositi stanziamenti di spesa determinati dalla legge finanziaria nell'ambito delle compatibilità economiche generali definite dal bilancio pluriennale dello Stato.
      Infine, nella presente proposta di legge viene istituito il Consiglio superiore dei dirigenti dello Stato, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, in analogia al Consiglio superiore della magistratura, al quale, pur nel pieno rispetto della legittimità dell'atto amministrativo, è affidato il compito di tutelare i diritti e gli interessi della dirigenza.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il rapporto di impiego del personale dirigente dipendente dalle amministrazioni statali è assoggettato, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Art. 2.

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e secondo i princìpi e criteri direttivi ivi stabiliti, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi intesi a disciplinare, attraverso la previsione di un autonomo comparto, l'ordinamento del personale dirigente delle amministrazioni statali e il relativo trattamento economico. I medesimi decreti legislativi recano, altresì, i contenuti del rapporto di impiego del predetto personale, con la previsione di separati procedimenti negoziali, recepiti con distinti decreti del Presidente della Repubblica.
      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale della categoria del personale dirigente delle amministrazioni statali, che esprimono il proprio parere entro i successivi trenta giorni. Detti schemi, unitamente ai citati pareri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica ai fini dell'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano entro quaranta giorni dalla data di assegnazione. Decorso tale termine, i decreti legislativi sono comunque emanati.

 

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Art. 3.

      1. Per i dirigenti di seconda fascia dipendenti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, i quali alla data dell'istituzione del ruolo unico dirigenziale erano titolari della qualifica di «dirigente superiore», è ripristinata la qualifica stessa. Ai citati dirigenti superiori è riconosciuta la posizione nel ruolo dell'amministrazione di appartenenza, di cui all'articolo 23 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, loro spettante in forza della nuova qualifica rivestita. Ai medesimi dirigenti è, altresì, corrisposta, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la retribuzione di posizione nella misura massima prevista per la seconda fascia dirigenziale.
      2. Ai dirigenti di cui al comma 1 è assegnato il 50 per cento dei posti disponibili dell'amministrazione statale di appartenenza con la qualifica di dirigente generale.

Art. 4.

      1. È istituito, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Consiglio superiore dei dirigenti dello Stato, al quale è attribuito il compito di tutelare i diritti e gli interessi della dirigenza statale.

Art. 5.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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