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PDL 567

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 567



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

D'ANTONA, BAFILE, BIANCHI, BOATO, BRANDOLINI, BUFFO, CARRA, CHIANALE, CIALENTE, DATO, DE ZULUETA, DEIANA, GIANNI FARINA, FASCIANI, FUMAGALLI, GENTILI, GHIZZONI, GRASSI, GRILLINI, LONGHI, MARCHI, GIORGIO MERLO, MOTTA, MUSI, NACCARATO, NANNICINI, OTTONE, PIRO, REALACCI, SAMPERI, SASSO, ZANOTTI

Abrogazione della legge 20 febbraio 2006, n. 46, recante modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento

Presentata l'8 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - L'efficienza del processo è un bene costituzionale che si ricava dai princìpi sulla funzione giurisdizionale espressi dalla nostra Carta fondamentale. Questo bene, come ha osservato il Capo dello Stato nel messaggio (Doc. I, n. 7, XIV legislatura) con cui ha rinviato alle Camere il disegno di legge che è poi diventato la legge 20 febbraio 2006, n. 46, «non può essere compromesso».
      Ora, la riforma del sistema delle impugnazioni delle sentenze penali operata da tale legge non solo è «disorganica e asistematica» (come pure affermato nel messaggio) oltre che condotta in maniera politicamente assai discutibile, ma, soprattutto, risulta affetta da gravi e patenti vizi di legittimità costituzionale sia nella sua formulazione originaria, sia anche e soprattutto nel testo definitivamente approvato (che ha mostrato di non accogliere in alcun modo i rilievi presidenziali). Ciò è tanto vero che diversi giudici di merito hanno sollevato, o sono in procinto di sollevare, questione di legittimità costituzionale di fronte al Giudice delle leggi.
      È di tutta evidenza, in proposito, il contrasto della legge nel suo complesso con gli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione, e di alcune sue specifiche disposizioni con gli articoli 111 e 112 della medesima Carta costituzionale.
      La legge, infatti - anzitutto e in linea generale - vìola il principio di eguaglianza
 

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di tutti i cittadini davanti alla legge, in quanto non offre al cittadino-persona offesa dal reato gli stessi strumenti caducatori della sentenza che offre al cittadino-imputato; vìola il diritto di accesso alla giurisdizione, perché, tra l'altro, non consente l'appello avverso le sentenze di proscioglimento (se non nella più unica che rara ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, del codice di procedura penale, vistosamente escogitata per simulare l'accoglimento dei rilievi presidenziali).
      Ancora, la legge vìola il principio di buon andamento delle pubbliche amministrazioni (applicabile, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, anche all'amministrazione della giustizia e all'attività giurisdizionale) nel prevedere un macchinoso e disarticolato accesso alla Corte di cassazione, trasformata d'un colpo in giudice di merito con enorme dispendio di energie processuali e rischio di paralisi nello smaltimento dei ricorsi.
      Ma l'aspetto più macroscopico dell'illegittimità della legge n. 46 del 2006 è costituito dal suo contrasto con il vigente articolo 111 della Costituzione, in particolare con il principio contenuto nel secondo comma, il quale espressamente richiede che ogni processo si svolga nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale; peraltro, la stessa legge delega per l'emanazione del codice di procedura penale (legge n. 81 del 1987) aveva previsto, tra i princìpi e criteri cui il processo penale deve ispirarsi, la «partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parità in ogni stato e grado del procedimento».
      La parità voluta dalla Costituzione è stata violentemente scossa dalla riforma operata con la legge n. 46 del 2006; la costellazione di poteri attribuiti alle parti è ora visibilmente asimmetrica: nessun potere di impugnativa, da parte del pubblico ministero, per la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio abbreviato (articolo 443, comma l, del codice di procedura penale, nel testo novellato della legge n. 46 del 2006); nessun potere di impugnativa (con la limitatissima eccezione ricordata) da parte del medesimo pubblico ministero per le sentenze di proscioglimento pronunciate in primo grado; poteri di impugnazione della parte civile cancellati o enormemente limitati.
      A tale situazione non può porsi rimedio se non con la completa abrogazione della legge 20 febbraio 2006, n. 46.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge dispone pertanto l'abrogazione di tale legge, mentre l'articolo 2 prevede la disciplina transitoria per le fattispecie sorte durante la sua vigenza.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Abrogazione della legge 20 febbraio 2006, n. 46).

      1. La legge 20 febbraio 2006, n. 46, è abrogata.
      2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge riacquistano efficacia le disposizioni degli articoli 405, 428, 443, 533, 576, 577, 580, 593 e 606 del codice di procedura penale nonché dell'articolo 36, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge 20 febbraio 2006, n. 46.

Art. 2.
(Disciplina transitoria).

      1. Entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il pubblico ministero e l'imputato, salvo quanto previsto dagli articoli 443, 448, comma 2, e 469 del codice di procedura penale, possono proporre appello contro le sentenze di condanna o di proscioglimento nelle forme e nei modi di cui agli articoli 593 e seguenti del medesimo codice.
      2. Il ricorso per cassazione presentato ai sensi dell'articolo 428, commi 1 e 2, secondo periodo, del codice di procedura penale nel periodo di vigenza della legge 20 febbraio 2006, n. 46, si converte in appello, su richiesta della parte che lo ha presentato. Tale richiesta è presentata, anche a mezzo telefax, almeno cinque giorni prima della data della prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, per la quale vi sia stata regolare notificazione a tutte le parti. Nei termini per la presentazione dei motivi aggiunti possono essere presentati nuovi motivi di merito.


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