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PDL 1165

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1165



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

FABRIS, CAPOTOSTI, SATTA, ROCCO PIGNATARO, PISACANE, MORRONE, ADENTI, AFFRONTI, CIOFFI, DEL MESE, GIUDITTA, D'ELPIDIO, LI CAUSI, PICANO

Nuove norme in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti dei procedimenti penali

Presentata il 20 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Le disposizioni della presente proposta di legge disciplinano in modo stringente la materia delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, rendendo più rigido il divieto di pubblicazione dei relativi atti.
      L'articolo 1 prevede una modifica all'articolo 329 del codice di procedura penale, stabilendo che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria e ogni altro atto presupposto siano coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari.
      L'articolo 2, in materia di divieto di pubblicazione di atti, modifica l'articolo 114 del codice di procedura penale stabilendo il divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, e il divieto di pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche non rispondenti ad uno scopo di utilità sociale dell'informazione o a un reale interesse pubblico ovvero che coinvolgano la sfera privata di soggetti estranei al procedimento penale.
      L'articolo 3, in materia di rivelazione di segreti di ufficio e di pubblicazione arbitraria di atti del procedimento penale, reca modifiche all'articolo 326 del codice penale; il nuovo comma introdotto stabilisce che, se la rivelazione o la utilizzazione del segreto di ufficio riguarda intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni
 

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o il contenuto di queste, la pena per il pubblico ufficiale o la persona incaricata del pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è quella della reclusione da uno a quattro anni; l'ulteriore comma introdotto dopo il terzo, prevede che se l'agevolazione della conoscenza di intercettazioni di comunicazioni è soltanto colposa si applica la pena della reclusione fino a due anni. Sempre l'articolo 3 della presente proposta di legge modifica in modo significativo anche l'articolo 684 del codice penale, in materia di pubblicazione arbitraria degli atti del procedimento penale, e, facendo riferimento anche all'abusiva pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, stabilisce, al posto dell'ammenda, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 20.000.
      L'articolo 4 riguarda invece un inasprimento delle sanzioni comminate alle persone giuridiche proprietarie dei mezzi di informazione e di diffusione che pubblicano arbitrariamente gli atti di un procedimento penale in violazione dell'articolo 684 del codice penale. Oltre alle ipotesi di reato già indicate dagli articoli 24 e seguenti del decreto legislativo n. 231 del 2001, è introdotto l'articolo 25-septies, che prevede, in caso di commissione del reato di cui all'articolo 684 del codice penale, l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da cento a centocinquanta quote.
      Gli articoli successivi, con le opportune modifiche e integrazioni, riprendono in parte il disegno di legge presentato alla Camera dei deputati nella XIII legislatura, su proposta dell'allora Ministro di grazia e giustizia Giovanni Maria Flick (atto Camera n. 2773).
      L'articolo 5 della presente proposta di legge, che introduce un comma all'articolo 266-bis del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo 11 della legge 23 dicembre 1993, n. 547, in tema di criminalità informatica, chiarisce che tutte le disposizioni relative alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche si applicano anche alle comunicazioni relative a sistemi informatici o telematici, salvo che sia diversamente stabilito. Si tratta di una modifica di carattere tecnico, volta a migliorare la formulazione delle norme successive evitando di dover fare continuo riferimento, nelle singole disposizioni anche ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.
      L'articolo 6 contiene l'unica norma che in qualche modo interviene sulla disciplina generale delle intercettazioni, introducendo una limitazione nella durata delle intercettazioni tra presenti. Nonostante le differenti modalità operative e la maggiore potenzialità intrusiva di questo tipo di intercettazione, il codice di procedura penale, salvo che per quelle che avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, sottopone tali forme di captazione alle medesime modalità esecutive e alla stessa durata previste per l'intercettazione delle telecomunicazioni. Tale impostazione non viene sconfessata nella proposta di legge; tuttavia, si è ritenuto necessario procedere a una differenziazione della disciplina con riferimento alla durata, scelta che si giustifica per le caratteristiche del mezzo, indubbiamente più «invasivo» rispetto alle intercettazioni telefoniche. Si è così stabilito un termine massimo per l'espletamento dell'intercettazione di cui all'articolo 266, comma 2, del codice di procedura penale, prevedendo un periodo di quindici giorni prorogabili al massimo due volte. Per effetto di questa modifica le intercettazioni cosiddette «ambientali» non potranno avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni. Una disciplina di questo tipo era prevista, con riferimento a tutte le intercettazioni, dall'articolo 226-ter del codice di procedura penale del 1930, ed era appunto finalizzata ad evitare una «ricerca a tappeto» degli elementi incriminanti. L'articolo 6 esclude da tale limitazione le intercettazioni inter praesentes previste da disposizioni speciali, quali le intercettazioni disciplinate dall'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152,
 

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convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, in materia di criminalità organizzata, o quelle finalizzate ad agevolare le ricerche dei latitanti (articolo 295, comma 3, del codice di procedura penale), per le quali il limite di durata potrebbe rivelarsi, sotto vari profili, ingiustificatamente restrittivo. Si è, inoltre, introdotta una disciplina particolare relativa alle nuove richieste di intercettazioni tra presenti, proposte nell'ambito dello stesso procedimento, prevedendo che l'intercettazione possa riguardare lo stesso luogo solo quando sopravvengono nuovi elementi che rendono assolutamente indispensabile l'intercettazione stessa ai fini della prosecuzione delle indagini o quando l'intervento dell'organo giurisdizionale costituisce l'ineludibile garanzia che il provvedimento sia emesso per effettive e gravi esigenze di giustizia che impongono il sacrificio del diritto costituzionalmente garantito alla riservatezza delle comunicazioni.
      Gli articoli 7 e 8 della presente proposta di legge recano, rispettivamente, modifiche all'articolo 268 del codice di procedura penale e l'introduzione degli articoli da 268-bis a 268-sexies del medesimo codice, proponendo una disciplina più ampia e dettagliata della materia e intervenendo espressamente anche sull'uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari. Sono state integralmente confermate le disposizioni che impongono l'obbligo della registrazione delle intercettazioni e che individuano negli impianti installati nella procura della Repubblica (o, in caso di eccezionali ragioni di urgenza, in quelli in dotazione alla polizia giudiziaria) il luogo ove possono essere compiute le operazioni di intercettazione, collegando l'inosservanza di tali disposizioni all'inutilizzabilità dei risultati delle stesse intercettazioni (articolo 271, comma 1, del codice di procedura penale). Identica è rimasta anche la norma sulla localizzazione degli impianti quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche. Viene ribadita infine la necessità di un verbale in cui dare conto dello svolgimento delle operazioni e dal quale risulti anche il contenuto delle comunicazioni intercettate.
      L'articolo 7, comma 1, lettera a), sostituisce il comma 4 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, prevedendo che, a conclusione delle operazioni di intercettazione, i verbali e le registrazioni siano trasmessi al pubblico ministero. La trasmissione deve avvenire immediatamente e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione. Secondo l'attuale disciplina, alla trasmissione dei verbali e delle registrazioni segue il deposito a cura del pubblico ministero, aprendosi così la fase della verifica del materiale intercettato da trascrivere per essere utilizzato nel processo. Il nuovo procedimento, invece, non prevede a questo punto alcun deposito; i verbali e le registrazioni, completate le operazioni, vengono custoditi dal pubblico ministero in un apposito archivio riservato e segreto, al quale tuttavia i difensori hanno facoltà di accesso per esercitare il controllo su ciò che deve essere acquisito. La previsione dell'archivio riservato del pubblico ministero costituisce una delle novità del sistema che si vuole introdurre ed è diretta a evitare che, attraverso il deposito dei verbali e delle registrazioni, si realizzino diffusioni indebite di notizie pregiudizievoli alla riservatezza dei terzi e dello stesso imputato. I documenti fonici e i verbali conservano intatta la loro potenziale valenza probatoria, ma a tutela del diritto alla riservatezza si prevede che debbano rimanere segreti e conservati nell'archivio del pubblico ministero, senza che questo sistema intacchi minimamente il diritto di difesa.
      L'articolo 7, comma 1, lettera b), abroga i commi 5, 6, 7 e 8 del citato articolo 268, che disciplinano il deposito, l'acquisizione e la trascrizione delle intercettazioni, istituti che vengono disciplinati negli articoli successivi.
      L'articolo 8 introduce le nuove disposizioni dirette a disciplinare la trasmissione e il deposito dei verbali (articolo 268-bis), l'udienza di acquisizione (articolo 268-ter), la trascrizione delle registrazioni (articolo 268-quater), l'uso delle intercettazioni
 

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nel corso delle indagini (articolo 268-quinquies) e le acquisizioni ufficiose delle conversazioni disposte dal giudice (articolo 268-sexies).
      L'articolo 268-bis impone l'individuazione delle conversazioni intercettate rilevanti e rispetto alle quali dovrà esercitarsi il potere di acquisizione del giudice. Il comma 1 dell'articolo 268-bis prevede che il pubblico ministero trasmetta al giudice i verbali delle intercettazioni che ritiene «rilevanti ai fini delle indagini, enunciando le ragioni della rilevanza». Non è da revocare in dubbio che l'individuazione delle conversazioni «rilevanti» è un'attività propria del pubblico ministero, che questi ha il dovere di svolgere con la cautela richiesta per assicurare la riservatezza del terzo e, in genere, dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni, in modo da presentare al giudice una «riproduzione» scritta delle intercettazioni caratterizzata dalla completezza, nel senso che deve riportare anche fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini, e al contempo dalla continenza rispetto al tema di indagine. La «preliminare individuazione delle conversazioni rilevanti» costituisce un'attività di documentazione tendenzialmente diversa rispetto al verbale, comunemente denominato «brogliaccio», che la polizia giudiziaria redige e trasmette al pubblico ministero e che, secondo la vigente disciplina, è utilizzato integralmente nella fase delle indagini ed è depositato in segreteria, unitamente alle registrazioni, per essere esaminato dai difensori. La diversità è ancora più accentuata dal fatto che l'individuazione deve essere disposta dal pubblico ministero con provvedimento che deve contenere l'enunciazione delle ragioni della rilevanza. Il dovere di motivare rende inequivoco che la selezione delle conversazioni da trasmettere deve essere riferita a quelle che abbiano ad oggetto fatti e circostanze la cui rilevanza, quando non risulti prima facie, deve essere adeguatamente argomentata dal pubblico ministero. La sequenza procedimentale, che i successivi commi delineano, se da un lato assicura la privacy delle persone le cui conversazioni o comunicazioni siano estranee al tema delle indagini, dall'altro garantisce il diritto di difesa dell'imputato, al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione della documentazione non trasmessa dal pubblico ministero perché non rilevante. La regola generale è quella della trasmissione al giudice dei verbali delle conversazioni rilevanti entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni.
      Il comma 2 dell'articolo 268-bis prevede che il pubblico ministero possa essere autorizzato dal giudice a ritardare la trasmissione dei verbali non oltre la chiusura delle indagini. Il giudice, prima di fissare l'udienza di acquisizione e ordinare il deposito degli atti trasmessi, deve effettuare una prima valutazione della «rilevanza» dei verbali selezionati dal pubblico ministero. Ciò rende evidente l'utilità della motivazione del provvedimento di individuazione delle parti dei verbali da trasmettere, perché in tale modo il pubblico ministero è messo in condizione di anticipare le ragioni per le quali determinati fatti e circostanze emersi dalle intercettazioni siano rilevanti per il processo. Affinché vi sia il tempo per svolgere questa prima verifica si è previsto che, entro dieci giorni dalla richiesta, il giudice dispone il deposito dei verbali delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione, restituisce al pubblico ministero quelli non depositati e fissa il giorno, l'ora e il luogo dell'udienza di acquisizione. Il materiale non acquisito resta, dunque, coperto da segreto e il giudice lo restituisce al pubblico ministero affinché lo custodisca nell'archivio riservato. Effettuato tale deposito, si prevede che i difensori delle parti siano avvisati della facoltà di esaminare i verbali di conversazioni acquisiti dal giudice e gli atti relativi alla disposta intercettazione, nonché di prendere conoscenza, anche mediante ascolto delle registrazioni, del materiale custodito nell'archivio riservato del pubblico ministero. In tale modo si stabiliscono le premesse per consentire ai difensori di richiedere al giudice l'integrazione delle conversazioni selezionate.
 

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      I commi 3 e 4 dell'articolo 268-bis procedimentalizzano l'esercizio di tale facoltà: gli avvisi sono notificati ai difensori e comunicati al pubblico ministero almeno quindici giorni prima della data dell'udienza; i difensori delle parti hanno facoltà di esaminare la documentazione e di prendere cognizione delle registrazioni custodite nell'archivio riservato; almeno cinque giorni prima dell'udienza di acquisizione, possono indicare specificamente le conversazioni di cui chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza. La nuova disciplina, dunque, si caratterizza - oltre che per l'istituzione di un apposito archivio riservato nel quale il pubblico ministero deve custodire i verbali e le registrazioni e il cui accesso è consentito ai difensori delle parti, solo per la verifica della completezza della selezione effettuata dal pubblico ministero e per la eventuale richiesta al giudice di acquisizione integrativa - per la preventiva valutazione da parte del pubblico ministero dei verbali da depositare.
      L'articolo 268-ter disciplina l'udienza di acquisizione delle conversazioni intercettate. L'acquisizione è disposta con ordinanza motivata, adottata a seguito di contraddittorio tra le parti e ha ad oggetto le conversazioni rilevanti e non più quelle, come previsto dalla vigente normativa, manifestamente non irrilevanti. Tutto ciò che non è acquisito è immediatamente restituito al pubblico ministero e custodito nell'archivio riservato.
      Allo scopo di evitare che i tempi lunghi delle trascrizioni, da effettuare osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie, possano comportare la scadenza di termini collegati alla chiusura delle indagini preliminari, con l'articolo 268-quater si è espressamente previsto che il giudice, sebbene non ancora concluse le operazioni peritali, possa ugualmente deliberare (con il proscioglimento o con il rinvio a giudizio, ovvero con il dare corso ai riti alternativi), quando i verbali delle intercettazioni delle quali ha disposto l'acquisizione siano di per sé idonei alla formazione del proprio convincimento. La prosecuzione delle operazioni peritali dopo il rinvio a giudizio occuperà i tempi cosiddetti «morti» della fase degli atti preliminari al dibattimento.
      L'articolo 268-quinquies disciplina l'uso investigativo delle intercettazioni. Per l'impiego a fini probatori dei risultati delle intercettazioni occorre che sia esaurito il procedimento di acquisizione del materiale; tuttavia è ammessa l'utilizzazione «anticipata» delle notizie emerse nel corso di una intercettazione. La giurisprudenza, infatti, ritiene che le intercettazioni sono utilizzabili nella fase delle indagini preliminari purché siano state autorizzate (Cassazione, sezione VI, sentenza n. 3055 del 18 agosto 1992). In particolare, ai fini della valutazione dei gravi indizi, viene ritenuta legittima l'adozione di provvedimenti cautelari sulla base di trascrizioni parziali e di riferimenti riassuntivi delle trascrizioni (Cassazione, sezione I, sentenza n. 4579 del 9 novembre 1992). Questo impiego preacquisitivo delle intercettazioni presuppone, in ogni caso, una trasposizione scritta delle comunicazioni, al fine di poter sottoporre il contenuto all'esame del giudice. L'orientamento prevalente è nel senso di non imporre al pubblico ministero l'onere della totale discovery del materiale intercettato, anche laddove ciò può comportare una riduzione degli spazi del contraddittorio. Indubbiamente, la unilaterale provenienza del materiale sottoposto alla valutazione del giudice può comportare un rischio nella verifica delle condizioni richieste per l'adozione del provvedimento. Inoltre, la mancanza di una reale selezione del materiale posto a base della richiesta può determinare, e spesso ha determinato, l'anticipata diffusione di notizie atte a ledere il diritto alla riservatezza di terze persone. In questi casi, infatti, è del tutto carente la fase del deposito e dello stralcio del materiale inutilizzabile o irrilevante; peraltro, la scelta di ciò che deve essere esibito è interamente rimessa al pubblico ministero, senza che il giudice possa operare alcun controllo.
      L'articolo 268-quinquies estende, in parte, anche all'uso investigativo delle intercettazioni la disciplina prevista dalla
 

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norma base (articolo 268-bis). Si stabilisce che il pubblico ministero, quando intende utilizzare i risultati delle intercettazioni nel corso delle indagini, deve presentare al giudice solo quelle parti delle conversazioni che ritiene rilevanti, con esclusione di quelle di cui è vietata l'utilizzazione. Viene anzi espressamente richiesto che debba produrre anche gli elementi contenuti nella intercettazione che siano a favore della persona sottoposta alle indagini. A questa prima selezione, operata dallo stesso pubblico ministero, si aggiunge il controllo effettuato dal giudice, che può espungere dal materiale prodotto i verbali che non ritiene rilevanti per la decisione da assumere. In questo caso, i verbali sono restituiti al pubblico ministero che provvede a custodirli nell'archivio riservato. Nell'ipotesi in cui le ritenga rilevanti per la decisione, il giudice ne dispone l'acquisizione. Dopo la decisione, tali trascrizioni saranno inserite nel fascicolo degli atti di indagine. La nuova disciplina è volta a tutelare in maniera più efficace il diritto alla riservatezza delle persone coinvolte nelle intercettazioni, introducendo un meccanismo di selezione obbligatoria del materiale intercettato anche in assenza del provvedimento di acquisizione. Inoltre, tenuto conto che l'uso investigativo delle intercettazioni si manifesta prevalentemente nelle richieste di misure cautelari, il procedimento delineato dall'articolo 268-quinquies appare funzionale a una migliore tutela dell'imputato, laddove viene ribadita la regola, prevista dall'articolo 291, comma 1, del codice di procedura penale, secondo cui il pubblico ministero deve presentare anche gli elementi a favore dell'imputato.
      Nell'articolo 268-sexies vengono attribuiti al giudice poteri ufficiosi di controllo e verifica, dopo la chiusura delle indagini preliminari, della documentazione intercettata. La disposizione contenuta nel comma 1 riconosce al giudice la possibilità, prima di assumere qualunque decisione, di esaminare i verbali e le registrazioni custoditi nell'archivio riservato del pubblico ministero. Tale potere può essere diretto sia a verificare, anche su sollecitazione di parte, la completezza delle acquisizioni disposte, sia ad acquisire altre conversazioni rilevanti. Il comma 2 disciplina il caso in cui, dinanzi alla richiesta di archiviazione, il giudice proceda ai sensi dell'articolo 409, commi 4 e 5, del codice di procedura penale, indicando nuove indagini al pubblico ministero oppure ordinando l'imputazione coattiva. In entrambi i casi, il giudice indica al pubblico ministero le conversazioni utili per le decisioni da adottare. Nell'udienza preliminare è previsto, inoltre, che il giudice possa, anche di ufficio, disporre la diretta acquisizione del materiale intercettato custodito nell'archivio riservato. Lo stesso materiale può essere recuperato, anche nel corso del dibattimento, su specifica e motivata richiesta delle parti. In entrambi i casi si tratterà di conversazioni mai acquisite perché ritenute irrilevanti dal pubblico ministero in precedenza o dal giudice nell'udienza di acquisizione.
      Con l'articolo 9, il comma 1 dell'articolo 269 del codice di procedura penale viene sostituito, prevedendo che i verbali e le registrazioni siano conservati, integralmente, in apposito archivio del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione. Il limite temporale per la conservazione obbligatoria della documentazione resta comunque individuato nella sentenza irrevocabile. La distruzione è consentita anche prima su richiesta dei soggetti che abbiano interesse ad evitare una inutile pubblicità purché si tratti di documentazione non necessaria al procedimento. Rispetto alla disciplina attuale si è aggiunto un espresso riferimento al pubblico ministero che potrà anche far valere il diritto alla tutela della riservatezza di un terzo. Infine, recependo la sentenza della Corte costituzionale n. 463 del 30 dicembre 1994, si è previsto che sulla richiesta di distruzione il giudice debba sempre decidere in camera di consiglio nel contraddittorio delle parti, anche nel caso in cui la distruzione sia richiesta unitamente all'archiviazione.
      L'articolo 10 riproduce integralmente il vigente comma 2 dell'articolo 270 del codice di procedura penale, modificando
 

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solo i riferimenti normativi. Inoltre, si prevede la trasmissione della documentazione contenuta nell'archivio riservato al pubblico ministero competente nel diverso procedimento in cui le intercettazioni devono essere utilizzate. Tale documentazione dovrà continuare a essere custodita in apposito archivio riservato.
      L'articolo 11 introduce nell'ambito delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale una nuova disposizione che regolamenta il nuovo archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, del medesimo codice. È previsto che l'archivio sia tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del pubblico ministero, secondo modalità che assicurino la riservatezza della documentazione conservata; si stabilisce, inoltre, che ogni accesso all'archivio di persone cui la legge non riconosca tale facoltà debba essere autorizzato dal pubblico ministero e che in ogni caso vengano annotati in apposito registro la data, l'ora iniziale e finale dell'accesso e gli atti di cui è stata presa cognizione; è, infine, escluso che i difensori, che possono ascoltare le registrazioni utilizzando apparecchi a disposizione dell'archivio, abbiano diritto ad ottenere copia delle registrazioni e degli atti consultati.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Obbligo del segreto).

      1. Il comma 1 dell'articolo 329 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «1. Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria e ogni altro atto presupposto sono coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari».

Art. 2.
(Divieto di pubblicazione di atti).

      1. All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare»;

          b) il comma 7 è sostituito dal seguente:

      «7. È in ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stata ordinata la distruzione. È altresì vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche non rispondenti a una utilità sociale dell'informazione o ad un reale interesse pubblico

 

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ovvero che coinvolgono la sfera privata di soggetti estranei al procedimento penale».

Art. 3.
(Modifiche al codice penale).

      1. All'articolo 326 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

      «Se la rivelazione o l'utilizzazione riguarda intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni o il contenuto di queste, la pena è da uno a quattro anni di reclusione»;

          b) dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:

      «Se il fatto di cui al terzo comma riguarda le ipotesi previste dal secondo comma, si applica la reclusione fino a due anni».

      2. All'articolo 684 del codice penale, le parole: «o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila» sono sostituite dalle seguenti: «o con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 20.000».

Art. 4.
(Responsabilità degli enti).

      1. Dopo l'articolo 25-sexies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:

      «Art. 25-septies. - (Responsabilità per il reato di cui all'articolo 684 del codice penale). - 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall'articolo 684 del codice penale, si applica all'ente la sanzione amministrativa pecuniaria da cento a centocinquanta quote».

 

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Art. 5.
(Modifica all'articolo 266-bis
del codice di procedura penale).

      1. Dopo il comma 1 dell'articolo 266-bis del codice di procedura penale, è aggiunto il seguente:

      «1-bis. Alle intercettazioni di cui al comma 1 si applicano le disposizioni relative alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, salvo che sia diversamente stabilito».

Art. 6.
(Modifica all'articolo 267
del codice di procedura penale).

      1. Dopo il comma 3 dell'articolo 267 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:

      «3-bis. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, la durata dell'intercettazione di comunicazioni tra presenti non può essere prorogata più di due volte. Nel corso dello stesso procedimento, il pubblico ministero può richiedere una nuova intercettazione di comunicazioni tra presenti nello stesso luogo solo quando sopravvengono nuovi elementi che rendono assolutamente indispensabile l'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini o quando l'intervento dell'organo giurisdizionale costituisce l'ineludibile garanzia che il provvedimento è emesso per effettive e gravi esigenze di giustizia che impongono il sacrificio del diritto costituzionalmente garantito alla riservatezza delle comunicazioni».

Art. 7.
(Modifiche all'articolo 268
del codice di procedura penale).

      1. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. I verbali e le registrazioni sono trasmessi immediatamente e comunque

 

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non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione al pubblico ministero, che li custodisce nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1»;

          b) i commi 5, 6, 7 e 8 sono abrogati.

Art. 8.
(Introduzione degli articoli da 268-bis a 268-sexies del codice di procedura penale).

      1. Dopo l'articolo 268 del codice di procedura penale, coma modificato dall'articolo 7 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

      «Art. 268-bis. - (Trasmissione e deposito dei verbali). - 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero trasmette al giudice per le indagini preliminari i verbali relativi alle conversazioni, o a parti di esse, che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, enunciando le ragioni della rilevanza. Con i verbali sono trasmessi anche i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. Gli atti relativi a conversazioni di cui è vietata l'utilizzazione e a quelle prive di rilevanza perché riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini restano custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.
      2. Il giudice può autorizzare il pubblico ministero a ritardare la trasmissione dei verbali non oltre la chiusura delle indagini preliminari qualora possa derivare grave pregiudizio per le indagini.
      3. Entro dieci giorni dalla trasmissione, il giudice dispone con decreto il deposito dei verbali delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione, nonché dei decreti trasmessi. I verbali delle conversazioni non depositati sono restituiti al pubblico ministero che li custodisce nell'archivio riservato.

 

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      4. Con lo stesso decreto indicato nel comma 3, il giudice fissa apposita udienza in camera di consiglio per l'acquisizione delle conversazioni, dandone avviso al pubblico ministero e ai difensori delle parti. Ai difensori è anche dato avviso della facoltà di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell'archivio riservato e di ascoltare le registrazioni. Gli avvisi sono comunicati ai difensori almeno quindici giorni prima dell'udienza.
      5. Almeno cinque giorni prima dell'udienza, i difensori delle parti possono indicare specificamente le conversazioni, o parti di esse, non depositate, delle quali chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza.

      Art. 268-ter. - (Udienza di acquisizione delle conversazioni). - 1. Nell'udienza il giudice, sentite le parti, dispone con ordinanza motivata l'acquisizione delle conversazioni rilevanti di cui non è vietata l'utilizzazione, esaminando, se lo ritiene necessario, anche gli atti custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1. La documentazione depositata ma non acquisita è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato.
      2. I difensori delle parti possono estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l'acquisizione.
      3. I verbali e le registrazioni non acquisiti sono coperti da segreto.
      4. Il giudice dispone la trascrizione delle registrazioni ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite.

      Art. 268-quater. - (Trascrizione delle registrazioni). - 1. Per le operazioni di trascrizione si osservano le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie.
      2. Le trascrizioni delle registrazioni e le stampe sono inserite nel fascicolo degli atti di indagine e, successivamente, nel fascicolo del dibattimento a norma dell'articolo 431.
      3. Delle trascrizioni e delle stampe i difensori possono estrarre copia.

 

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      4. Se prima della conclusione delle operazioni di trascrizione è presentata la richiesta di rinvio a giudizio, il giudice può fissare l'udienza preliminare e procedere alle deliberazioni quando per la decisione non è necessario attendere l'esito delle operazioni peritali.

      Art. 268-quinquies. - (Uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari). - 1. Quando il giudice deve adottare una decisione prima del deposito previsto dall'articolo 268-bis, comma 3, il pubblico ministero può presentare i risultati delle intercettazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della persona sottoposta alle indagini, e di cui non è vietata l'utilizzazione. Il giudice dispone l'acquisizione nel fascicolo degli atti di indagine delle conversazioni rilevanti per la decisione e restituisce le altre al pubblico ministero affinché le custodisca nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.

      Art. 268-sexies. - (Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice). - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, ai fini della decisione da adottare, può disporre, anche di ufficio, l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custoditi nell'archivio riservato, previsto dall'articolo 269, comma 1.
      2. Quando è richiesta l'archiviazione, il giudice, se provvede a norma dell'articolo 409, commi 4 e 5, indica al pubblico ministero le conversazioni rilevanti, fissando, ove occorra, l'udienza di acquisizione delle stesse.
      3. Nell'udienza preliminare, il giudice dispone, anche di ufficio, con ordinanza motivata l'acquisizione delle conversazioni rilevanti.
      4. Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre su specifica e motivata richiesta delle parti l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia».

 

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Art. 9.
(Modifiche all'articolo 269
del codice di procedura penale).

      1. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente in apposito archivio riservato del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione»;

          b) il secondo e il terzo periodo del comma 2 sono sostituiti dai seguenti: «Tuttavia gli interessati o il pubblico ministero, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127 anche quando la distruzione è chiesta contestualmente all'archiviazione».

Art. 10.
(Modifiche all'articolo 270
del codice di procedura penale).

      1. All'articolo 270 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi all'autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 268-bis, 268-ter e 268-quater»;

          b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

      «3-bis. La documentazione contenuta nell'archivio riservato previsto dall'articolo

 

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269, comma 1, è trasmessa in copia al pubblico ministero competente che provvede a custodirla nell'archivio istituito presso il proprio ufficio».

Art. 11.
(Introduzione dell'articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

      1. Dopo l'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

      «Art. 89-bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni). - 1. Presso l'ufficio del pubblico ministero è istituito l'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, del codice, nel quale sono custoditi i verbali e le registrazioni delle intercettazioni.
      2. L'archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del pubblico ministero con modalità tali da assicurare la riservatezza della documentazione in esso contenuta.
      3. Oltre agli ausiliari autorizzati dal pubblico ministero, all'archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso è annotato in apposito registro, con l'indicazione della data, dell'ora iniziale e finale dell'accesso e degli atti contenuti nell'archivio di cui è stata presa conoscenza.
      4. Il difensore può ascoltare le registrazioni con apparecchi a disposizione dell'archivio ma non può ottenere copia delle registrazioni e degli atti di cui ha preso conoscenza».


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