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PDL 664

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 664



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

FORLANI, D'AGRÒ

Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani

Presentata il 15 maggio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La condizione critica in cui versano alcuni settori della nostra tradizionale industria manifatturiera, caratterizzati da produzioni di elevata qualità e di largo apprezzamento sui mercati nazionali ed esteri, è stata oggetto di un'attenzione crescente del legislatore e dei governi in questi anni di progressiva globalizzazione delle attività economiche e commerciali.
      A seguito dell'introduzione delle norme di sostegno allo sviluppo e di incentivazione della ripresa nelle ultime leggi finanziarie e dell'approvazione del decreto-legge sulla competitività e della legge sulla internazionalizzazione delle imprese (decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, e legge n. 56 del 2005), la presente proposta di legge recante norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, ovvero, in sintesi, sul «Made in Italy» rappresenta il giusto completamento e coronamento dell'impegno per assicurare ai produttori italiani e ai consumatori dei prodotti italiani le adeguate garanzie in ordine, rispettivamente, alla qualità del prodotto e ad una regolamentazione equa del mercato. Soggetti ormai alla concorrenza agguerrita dei Paesi emergenti, dove si produce a costi molto più bassi e sopportando oneri e vincoli molto meno gravosi, gli imprenditori italiani sono inoltre esposti ai rischi delle imitazioni e delle contraffazioni.
      Il vigente quadro normativo non consente loro, peraltro, di trarre adeguato giovamento, sul mercato, dal richiamo del Made in Italy. Non per tutti i consumatori, ma certamente per fasce più o meno vaste di questi, la consapevolezza di una intera realizzazione del ciclo di fabbricazione in Italia costituisce un motivo di preferenza,
 

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per ragioni di qualità, di fiducia, di abitudine e di estetica, ai fini della scelta di acquisto di un determinato prodotto. L'ampiezza di tale area di cultori dell'origine italiana deve ritenersi naturalmente variabile in ragione delle diverse tipologie produttive, ma ha comunque una sensibile influenza sulla competitività nei mercati delle singole imprese italiane.
      In assenza di regole comuni sulla produzione, valide per tutti i competitori nel mercato globale e senza la possibilità di attestare l'effettiva realizzazione del prodotto sul territorio nazionale, i nostri produttori vengono ormai a trovarsi in una condizione di obiettiva penalizzazione.
      Allo stesso modo ne risultano svantaggiati gli stessi consumatori attenti all'origine territoriale del prodotto che non trovano nella legislazione un'adeguata garanzia di una corretta informazione sulla medesima.
      Con il testo unificato sul «Made in Italy» approvato dalla Camera dei deputati e poi, con modificazioni, dalla competente Commissione del Senato della Repubblica nella scorsa legislatura (atto Senato n. 3463, XIV legislatura), il Parlamento ha tentato di sopperire a questa carenza di informazione e di garanzia e di inserire nella nostra legislazione un sistema di tutela che costituisse, nel contempo, un'ulteriore incentivazione alla ripresa e una condizione di equa competizione. Nonostante l'esito positivo della prima lettura alla Camera dei deputati, nella scorsa legislatura l'iter del provvedimento ha registrato un rallentamento presso la competente Commissione del Senato della Repubblica, riconducibile a resistenze e obiezioni formulate in sede europea.
      Nelle ultime settimane della scorsa legislatura si è arrivati finalmente all'approvazione da parte della citata Commissione. L'imminente conclusione della legislatura ha precluso tuttavia la possibilità della sua definitiva approvazione da parte della Camera dei deputati, al cui esame il provvedimento era tornato in virtù delle modificazioni inserite dal Senato della Repubblica.
      La presente proposta di legge riproduce, dunque, il citato testo unificato. Essa prevede, in particolare, all'articolo 1, l'istituzione del marchio «100 per cento Italia» per tutelare il diritto dei consumatori a una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è interamente realizzato in Italia. Secondo la normativa proposta si intendono realizzati interamente in Italia quei prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, ma semilavorati grezzi realizzati interamente in Italia. Il marchio di cui all'articolo 1 dovrà essere, secondo quanto dispone l'articolo 2, apposto in forma indelebile e non sostituibile sul prodotto finale in modo da non ingenerare possibilità di confusione nel consumatore. L'articolo 3 dispone che il Ministero delle attività produttive, avvalendosi della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, rilasci il marchio di cui all'articolo 1, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei requisiti prescritti dal comma 1, lettere a) e b), del medesimo articolo 3 e autocertificati dal richiedente. Saranno poi le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo quanto stabilito all'articolo 4, a dover controllare la veridicità delle autocertificazioni di cui all'articolo 3, definendo opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza e avvalendosi di istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive. Le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 dovranno attestare ogni due anni, secondo quanto stabilisce l'articolo 5, sempre tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero delle attività produttive, il permanere dei requisiti per l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1.
      Inoltre le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i consorzi
 

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di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tale fine autorizzati e individuati con decreto del Ministro delle attività produttive, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all'articolo 1, ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.
      Anche il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero ai consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, che hanno rilasciato il marchio. Nel caso in cui i controlli facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo del marchio, il Ministero delle attività produttive revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio. Le imprese cui è stato revocato il diritto all'uso del marchio non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio stesso prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca.
      L'articolo 6 stabilisce una serie di sanzioni: in particolare, l'uso illecito del marchio di cui all'articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale e del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

      Altra importante disposizione è contenuta nell'articolo 7, che prevede l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea, per consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano. Particolare importanza riveste tale articolo, inoltre, laddove prescrive informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sulla esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale. Disposizioni particolari in materia di etichettatura sono poi contenute negli articoli 8 e 9, relativi al settore delle calzature e dei prodotti tessili, vista l'importanza che i due comparti rivestono per il sistema economico del nostro Paese.
      Introducendo la definizione «Made in Italy», l'articolo 10 impone che il prodotto finito sia accompagnato da una scheda informativa denominata «carta d'identità», che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.
      La presente proposta di legge prevede, inoltre, all'articolo 11, che il Ministero delle attività produttive provveda alla registrazione del marchio presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della sua tutela internazionale, nonché misure di promozione del marchio ad opera del medesimo Ministero delle attività produttive, che può predisporre campagne annuali nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.
      L'articolo 12, quale norma di chiusura, stabilisce l'ambito di applicazione delle disposizioni della legge, dal quale restano esclusi i prodotti alimentari.
      Si ricorda, inoltre, la proposta di regolamento del Consiglio, adottata dalla Commissione europea il 16 dicembre 2005, relativa all'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi.
      Tale proposta dovrà essere esaminata in sede di codecisione dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei Ministri dell'Unione europea. Il testo prevede l'introduzione di un sistema di marchio di origine obbligatorio: tale sistema riguarda un certo numero di settori, indicati in un apposito allegato, ed è applicabile esclusivamente
 

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alle merci importate. Le merci riporteranno, all'atto dell'importazione, il marchio con l'indicazione del loro Paese di origine «Fabbricato in»: potrà essere redatto in una qualsiasi delle lingue ufficiali dell'Unione europea, ai fini di risultare facilmente comprensibile per i clienti finali dello Stato membro in cui le merci devono essere commercializzate. Gli Stati membri stabiliscono norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni comunitarie e devono adottare le misure necessarie atte ad imporre al proprietario delle merci in questione, o a qualsiasi altra persona responsabile delle medesime, l'apposizione a proprie spese del marchio sulle merci.
      La citata proposta della Commissione rappresenta, comunque, un passaggio storico, una misura importante per tutelare tutte le produzioni europee e in particolare l'industria manifatturiera.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione del marchio «100 per cento Italia» e definizioni).

      1. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, promuovendo il loro diritto a una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.
      2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, la progettazione, il disegno, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, come definiti alla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.
      3. Ai fini della presente legge si intende per:

          a) ideazione, l'attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;

          b) progettazione, l'attività dell'ingegno finalizzata a individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;

          c) disegno, la rappresentazione grafica dell'attività di ideazione e di progettazione;

          d) lavorazione, ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;

          e) confezionamento, le attività successive alla lavorazione e dirette all'imballaggio del prodotto finito per la sua conservazione o immissione sul mercato;

 

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          f) materie prime, ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;

          g) semilavorati grezzi, i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonché i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e no, che, pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultano diretti a uno specifico uso o funzione, ma sono destinati a essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.

Art. 2.
(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti).

      1. Il marchio di cui all'articolo 1 è concesso al produttore a valere sui prodotti che l'impresa realizza nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 1, comma 2, e dall'articolo 3.
      2. Il marchio di cui all'articolo 1 deve essere apposto sul prodotto finale, in forma indelebile e non sostituibile, in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito all'adeguatezza dell'intero prodotto, e non di una sola parte o componente di esso, alle disposizioni della presente legge.

Art. 3.
(Modalità e requisiti per la concessione del marchio).

      1. Il richiedente l'autorizzazione all'uso del marchio di cui all'articolo 1, unitamente alla domanda, deve presentare alla camera di commercio, industria, artigianato

 

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e agricoltura territorialmente competente un'autocertificazione relativa:

          a) al rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonché in ordine all'esclusione dell'impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente;

          b) all'attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale;

          c) all'attestazione che sul prodotto siano state effettuate le analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali utilizzati e le qualità meccaniche relative alla resistenza e alla durata del prodotto stesso.

      2. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.
      3. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio del marchio di cui all'articolo 1 consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, ovvero di specifiche filiere produttive, qualora tutti i prodotti da essi realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio.
      4. È istituito presso il Ministero delle attività produttive, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l'albo delle imprese abilitate a utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all'articolo 1.

Art. 4.
(Controlli sulle autocertificazioni del marchio «100 per cento Italia»).

      1. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito

 

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di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all'articolo 3, definendo opportune forme di collaborazione con il Corpo della guardia di finanza e avvalendosi di istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive.

Art. 5.
(Controlli).

      1. Le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero delle attività produttive, che per gli scopi di cui al presente articolo può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, il permanere dei requisiti per l'utilizzo del medesimo marchio. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato il marchio l'eventuale venire meno dei relativi requisiti e a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.
      2. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tale fine autorizzati e individuati con decreto del Ministro delle attività produttive, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all'articolo 1 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.
      3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero ai consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, che hanno rilasciato il marchio.

 

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      4. Ai fini delle attività di controllo e accertamento svolte dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di cui ai commi 2 e 3, sono definite opportune forme di collaborazione con il Corpo della guardia di finanza.

      5. Nel caso in cui i controlli di cui al comma 2 o gli accertamenti di cui al comma 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, il Ministero delle attività produttive revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio. Nelle more degli accertamenti di cui al comma 3 l'utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.
      6. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 5 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

Art. 6.
(Sanzioni).

      1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.
      2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio di cui all'articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 144 e seguenti del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.
      3. L'utilizzo illecito del marchio di cui all'articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale

 

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e del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Per l'irrogazione delle pene accessorie si applica l'articolo 518 del codice penale.

Art. 7.
(Etichettatura dei prodotti).

      1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito, su base volontaria, un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve comunque evidenziare il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale e di igiene e sicurezza dei prodotti.
      2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l'importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.
      3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di

 

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etichettature conformi ai criteri di cui al presente articolo. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 8.
(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.
      2. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione europea, nonché per quelle qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

Art. 9.
(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili).

      1. All'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta inoltre la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita a un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice civile, le informazioni

 

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di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».

Art. 10.
(Carta d'identità dei prodotti «Made in Italy»).

      1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, e successive modificazioni, che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.
      2. I contenuti e le modalità applicative della carta d'identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d'identità di cui al comma 1, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero delle attività produttive, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete INTERNET e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.
      4. Gli sportelli unici all'estero, nell'ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei

 

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Paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d'identità di cui al comma 1.

Art. 11.
(Promozione del marchio e registrazione comunitaria).

      1. Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni.
      2. Il Ministero delle attività produttive provvede alla registrazione del marchio di cui all'articolo 1 presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e successive modificazioni, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.
      3. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, ovvero di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all'articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Dall'attuazione del presente

 

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comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 12.
(Ambito di applicazione).

      1. Le norme di cui alla presente legge si applicano, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi e alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore e alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.
      2. Le norme di cui alla presente legge non si applicano ai prodotti alimentari, per i quali resta in vigore la disciplina prevista dal decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204.


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