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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1448 |
«Il giro d'affari mondiale della contraffazione commerciale è valutato in 250 miliardi di dollari annui. Secondo le statistiche pubblicate nel luglio 2002 dalla Commissione europea con l'aiuto delle autorità doganali, il mercato del falso è aumentato in Europa del 900 per cento rispetto al 1998; ha origini sempre più difficili da individuare e potrebbe nascondere legami con le reti terroristiche. Il rischio di destabilizzazione di taluni mercati, quali ad esempio il tessile, è altissimo e sono segnalati materiali sanitari difettosi, detersivi con agenti caustici, sostanze cancerogene negli indumenti, bevande alcoliche e profumi tossici. La contraffazione e la pirateria, un tempo condotte su scala artigianale, sono oggi riconducibili alla criminalità organizzata e rappresentano un rischio per l'ordine pubblico.
Sono circa 95 milioni gli articoli contraffatti sequestrati nel 2001 alle frontiere dell'Unione, per un valore equivalente a circa due miliardi di euro sul mercato comunitario legale. Rispetto all'anno precedente i cambiamenti sono quantitativi e qualitativi: il fenomeno è aumentato di circa il 39 per cento e si è allargato dalla sfera dei prodotti di lusso a quello dei prodotti di più largo consumo. In appena un anno sono aumentate considerevolmente le contraffazioni di CD di musica e giochi (+349 per cento), i telefonini e altri oggetti elettronici (+252 per cento), i prodotti alimentari e le bevande (+75 per cento).
Quasi la metà (45 per cento) dei prodotti contraffatti sequestrati nel 2001 è rappresentata da articoli di largo consumo (42 milioni di oggetti), come medicine, dentifrici, profilattici, shampoo, detersivi in polvere. L'altra metà (42 per cento) è rappresentata da CD, DVD e cassette; a seguire vengono i prodotti alimentari (4 per cento) con 4 milioni di prodotti contraffatti. Complessivamente si è stimata una perdita di posti di lavoro pari a 200.000 unità.
In Italia, Paese purtroppo in prima fila nel commercio illegale, si calcola come questo faccia perdere circa 40 mila posti di lavoro all'anno, oltre al 13 per cento di entrate fiscali ed al 23 per cento di IVA. Secondo la Confesercenti gli operatori abusivi commerciali sono circa 400 mila e danno vita ad un giro d'affari stimato in 13 miliardi di curo, 8 secondo il Ministro delle attività produttive, Antonio Marzano.
In pochi anni la contraffazione si è globalizzata ed adotta i medesimi canali distributivi del commercio mondiale; a volte anche le medesime fabbriche; oltre a ciò si è estremamente raffinata, tanto da falsificare anche loghi e marchi di fabbrica. In conseguenza di ciò, pur ritenendo necessaria l'istituzione di un marchio "Made in Italy", la si ritiene insufficiente se non inserita in un sistema complessivo di protezione e di controllo, che non è possibile far gravare, come accaduto sinora,
Moda.
A dicembre 2002 il Governo italiano ha segnalato a quello di Pechino circa 1.000
Scarpe.
L'Agenzia delle dogane ha firmato (gennaio 2003) un memorandum d'intesa con i rappresentanti dei calzaturieri. Ormai una scarpa su tre è prodotta in Cina, ma anche a Taiwan, Polonia e Russia. Si tratta di 50,2 milioni di scarpe nel 2002. Inoltre ci si scontra con barriere tariffarie e non, pari a circa il 65 per cento del prezzo per l'ingresso in India ed in Cina, mentre il Giappone si rifiuta da anni di rinegoziare i contingenti di importazione oltre a gravare con pesanti dazi la merce in ingresso. Va ricordato che il sistema esporta 1'83 per cento della produzione, ma nel 2002 ha subìto un calo dell'export di circa il 10 per cento.
Meccanica e componentistica.
Nel settore della rubinetteria (nel 2002, 15 mila addetti, con un fatturato di 4,5 miliardi di euro di cui 1, 3,3 esportati) la nostra industria tenta di difendersi con il marchio collettivo di qualità "Q Avr". Ma rubinetti e valvole vengono imitati alla perfezione compresi i marchi delle aziende italiane; un caso è stato denunziato recentemente ai presentatori della proposta di legge dalla Cimberio, che ha visto imitato anche il proprio trademark, ed i certificati degli enti certificatori internazionali. L'azienda citata ha osservato che spesso le valvole imitate hanno una presenza di piombo fuori dalla norma; si consideri che sono destinate ad acqua potabile per uso umano, che sono al di fuori di qualsiasi normativa internazionale e che sono pericolose per i consumatori. In taluni casi i consumatori truffati hanno citato l'azienda colpita dalla contraffazione e la dimostrazione che non si tratta di prodotti italiani comporta ulteriori spese legali. Così oltre al danno c'è anche la beffa.
La FICEP, azienda varesina specializzata negli impianti per la lavorazione dei metalli, si è vista copiare qualcosa come 60 installazioni in Cina, ed ha avuto anche la spiacevole sorpresa di scoprire, alla EMO di Hannover, un clone delle proprie macchine presentato da una ditta spagnola.
Un piccolo ritocco al nome, da FASEP a PASEF, la copiatura di sana pianta del logo dell'azienda, e per l'impresa fiorentina che produce attrezzature per la manutenzione delle automobili la vicenda si è tradotta in 1,5 milioni di euro di perdita di fatturato. Con una prospettiva ancora più pesante: l'impossibilità di restare sul mercato cinese e il rischio di perdere altri sbocchi nell'area orientale. Non è stata intentata nemmeno una causa perché servono soldi e gente in loco per seguirla.
La ditta Maselli combatte invece da quattro anni con gli avvocati. L'azienda produce attrezzature per montaggio e smontaggio di ruote ed equilibratori, ed è in Cina dai primi anni '90. Ha scoperto la contraffazione per una serie di telefonate di clienti insoddisfatti: i produttori cinesi, inizialmente suoi distributori, avevano fotocopiato addirittura il libretto delle istruzioni, compreso il numero di telefono dell'azienda. Il prodotto cinese funziona male, ma si vende a prezzi stracciati. In Cina ormai la Maselli non riesce più a vendere.
La Corghi, 150 milioni di euro di fatturato, leader nel campo delle autoattrezzature, ha intentato due cause, una nel 1995, l'altra nel 1998, che due anni fa si
1. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, e successive modificazioni, promuovendo il loro diritto a una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.
2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, come definiti alla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.
3. Ai fini della presente legge si intende per:
a) ideazione: l'attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;
b) progettazione: l'attività dell'ingegno finalizzata a individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;
c) disegno: la rappresentazione grafica dell'attività di ideazione e di progettazione;
d) lavorazione: ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;
e) confezionamento: le attività successive alla lavorazione e dirette all'imballaggio
f) materie prime: ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;
g) semilavorati grezzi: i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonché i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e non, che, pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultano diretti a uno specifico uso o funzione, ma sono destinati ad essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.
1. Il marchio di cui all'articolo 1 è concesso al produttore a valere sui prodotti che l'impresa realizza nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 1, comma 2, e dall'articolo 3.
2. Il marchio di cui all'articolo 1 deve essere apposto sul prodotto finale, in forma indelebile e insostituibile, in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore affinché risulti chiaro che tale marchio è relativo all'intero prodotto, e non ad una sola parte o componente di esso.
1. Il richiedente l'autorizzazione all'uso del marchio di cui all'articolo 1, unitamente alla domanda, deve presentare alla camera di commercio, industria, artigianato
a) al rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonché in ordine all'esclusione dell'impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente;
b) all'attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte integralmente sul territorio nazionale;
c) all'attestazione che sul prodotto sono state effettuate le analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali utilizzati e le qualità meccaniche relative alla resistenza e alla durata del prodotto stesso.
2. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.
3. Il Ministero dello sviluppo economico può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, ovvero di specifiche filiere produttive, qualora tutti i prodotti da essi realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio.
4. È istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l'albo delle imprese abilitate a utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all'articolo 1.
1. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito
1. Le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero dello sviluppo economico, che per gli scopi di cui al presente articolo può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, il permanere dei requisiti per l'utilizzo del medesimo marchio. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato il marchio l'eventuale venire meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.
2. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tale fine autorizzati e da essi individuati, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all'articolo 1 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.
3. Il Ministero dello sviluppo economico può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero ai consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, che hanno rilasciato il marchio.
4. Ai fini delle attività di controllo e accertamento svolte dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio di cui all'articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.
2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero dello sviluppo economico segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio di cui all'articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 144 e seguenti del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.
3. L'uso illecito del marchio di cui all'articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del codice della proprietà industriale, di cui al
1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito, su base volontaria, un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve comunque evidenziare il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.
2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l'importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.
3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del commercio internazionale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui al presente articolo. Dall'attuazione delle disposizioni
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.
2. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione europea e qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.
1. All'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta inoltre la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita a un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».
1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, e successive modificazioni, che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.
2. I contenuti e le modalità applicative della carta d'identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del commercio internazionale, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d'identità di cui al comma 1, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero dello sviluppo economico, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete INTERNET e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.
4. Gli sportelli unici all'estero, nell'ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei Paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d'identità di cui al comma 1.
1. Il Ministero dello sviluppo economico può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni.
2. Il Ministero dello sviluppo economico provvede alla registrazione del marchio di cui all'articolo 1 presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e successive modificazioni, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.
3. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, ovvero di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all'articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
1. Le norme di cui alla presente legge si applicano, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi e alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore e alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.
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