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PDL 193-523-1175-1231-A

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 193-523-1175-1231-A



 

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RELAZIONE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO E INTERNI)

presentata alla Presidenza il 15 settembre 2006

(Relatore: BOATO)

sulle

PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE
n. 193, d'iniziativa dei deputati

BOATO, LEONI, ZANELLA

Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte

Presentata il 28 aprile 2006

n. 523, d'iniziativa dei deputati

D'ELIA, VILLETTI, TURCI, BONINO, BOSELLI, ANTINUCCI, BELTRANDI, BUEMI, BUGLIO, CAPEZZONE, CREMA, DI GIOIA, MANCINI, ANGELO PIAZZA, PORETTI, SCHIETROMA, TURCO, SATTA, D'ANTONA, LEOLUCA ORLANDO, PEDRINI, SQUEGLIA, PINOTTI, GRASSI, TOLOTTI, SAMPERI, LONGHI, BENVENUTO, COLUCCI, CHIAROMONTE, ATTILI, MUSI, GIACHETTI, GRILLINI, FORLANI, CORDONI, FASCIANI, BANDOLI, PIRO, BUCCHINO, DE BRASI, DATO, CRISCI, DUILIO, RUGGERI, BURTONE, CIALENTE, VENIER, FRANCI, MELLANO, BARATELLA, CANCRINI, LARATTA, SASSO, SERVODIO

Modifica all'articolo 27 della Costituzione concernente l'abolizione della pena di morte

Presentata l'8 maggio 2006


NOTA: Per il testo delle proposte di legge nn. 193, 523, 1175 e 1231 si vedano i relativi stampati.
 

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n. 1175, d'iniziativa dei deputati

MASCIA, FRIAS, FRANCO RUSSO, ACERBO, BURGIO, CANNAVÒ, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DE SIMONE, DEIANA, DIOGUARDI, DURANTI, FALOMI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MANTOVANI, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, SINISCALCHI, SMERIGLIO, SPERANDIO, ZIPPONI

Modifica all'articolo 27 della Costituzione concernente l'abolizione della pena di morte

Presentata il 22 giugno 2006

n. 1231, d'iniziativa del deputato PISCITELLO

Modifica all'articolo 27 della Costituzione concernente l'abolizione della pena di morte

Presentata il 28 giugno 2006
 

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Onorevoli Colleghi! - L'esclusione dall'articolo 27 della Costituzione del riferimento alla pena di morte è tema che è stato unanimemente condiviso dalla Commissione Affari costituzionali, ottenendo altresì il parere favorevole delle Commissioni Giustizia e Difesa. Già nella XIV legislatura, del resto, la Camera dei deputati approvò ad amplissima maggioranza un testo unificato, che la presente proposta di legge costituzionale riproduce. Si tratta di una scelta di valore condivisa dalle forze politiche presenti in Parlamento, senza ragioni di schieramento e che fa parte del patrimonio di valori della grande maggioranza dei cittadini italiani. Ne ha dato ulteriore conferma la recentissima approvazione con voto unanime da parte della Camera dei deputati, della mozione che rinnova l'impegno italiano presso le Nazioni Unite in favore di una moratoria universale delle esecuzioni capitali, in vista dell'abolizione completa della pena di morte nel mondo.
      La civiltà giuridica italiana già dalla fine del XIX secolo, riprendendo l'insegnamento di Cesare Beccaria, ha negato il diritto dello Stato a condannare i cittadini alla pena capitale.
      Il primo codice penale dell'Italia unitaria, adottato nel 1889 sotto il governo Zanardelli, fra i primi in Europa, non contemplava tra le pene comminabili la pena di morte.
      La pena di morte fu invece successivamente introdotta nell'ordinamento, negli anni Venti e confermata nel Codice penale del 1930, per i delitti contro la personalità dello Stato (attentato al Re ed al Capo del Governo, insurrezione armata, spionaggio politico e militare, eccetera) e per i più gravi delitti comuni, come l'omicidio aggravato e la strage.
      Essa, tuttavia, fu poi nuovamente soppressa dal decreto legislativo luogotenenziale 10 agosto 1944, n. 224, recante «Abolizione della pena di morte nel Codice penale» e - dopo un temporaneo ripristino, come misura eccezionale e temporanea contro le più gravi forme di delinquenza, ad opera del decreto legislativo luogotenenziale 10 maggio 1945, n. 234, recante «Disposizioni penali di carattere straordinario» - fu infine definitivamente abolita dall'articolo 27, quarto comma, della Costituzione che, però, ne consente la comminazione nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
      Della eccezione al principio generale del rifiuto della pena di morte non ci si è mai avvalsi: nessuna condanna alla pena capitale è stata eseguita dopo l'entrata in vigore della Costituzione. L'ultima esecuzione avvenuta in Italia, infatti, fu effettuata a Torino il 4 marzo del 1947.
      In attuazione del dettato costituzionale venne emanato il decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 21, recante «Disposizioni di coordinamento in conseguenza dell'abolizione della pena di morte», che dispose l'abolizione della pena di morte prevista da leggi speciali diverse da quelle militari di guerra, compreso il codice penale militare di pace.
      La legge 13 ottobre 1994, n. 589, recante «Abolizione della pena di morte nel codice penale militare di guerra», approvata nella XII legislatura, ha, infine, disposto l'abolizione della pena di morte dal codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra e la sostituzione con la pena massima prevista dal codice penale. Come si evidenzia dalla lettura dei lavori preparatori di tale legge, la scelta di introdurre una formula ampia e irreversibile di abolizione della pena di morte dal codice penale militare di guerra e dalle leggi penali militari di guerra, escludendo riferimenti a specifiche norme, è stata
 

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assunta anche al fine di evitare il pericolo di omettere riferimenti ad ulteriori norme che mantenessero la possibilità della pena di morte.
      Il tentativo di modificare l'articolo 27 della Costituzione è stato portato avanti già nel corso della XIII legislatura, senza che se ne concludesse tuttavia l'iter.
      Il 23 luglio 1997, giorno in cui veniva eseguita, negli Stati Uniti d'America, la condanna a morte di Joseph O'Dell, la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati approvava il testo unificato delle proposte di legge costituzionale nn. 3484 e 3680. Successivamente, il 14 aprile 1999, l'Assemblea procedeva alla prima approvazione. L'iter, tuttavia, non veniva ripreso al Senato.
      Nella relazione per l'Assemblea, il relatore Maccanico affermava: «L'approvazione della modifica all'articolo 27 della Costituzione è [...] il punto di partenza di un comune percorso culturale e politico, che appare doveroso per i parlamentari di un paese democratico fondato sui diritti dell'uomo».
      Così come tale riflessione era opportuna e motivata ieri, e lo è stata anche nella XIV legislatura, così oggi, nella legislatura che ha avuto inizio, riteniamo non più procrastinabile la sua attuazione sul piano costituzionale.
      La scelta contro la pena di morte accomuna molti Stati e le organizzazioni internazionali cui essi partecipano.
      Chiara in tal senso è la politica portata avanti dalle Nazioni Unite. Il secondo Protocollo facoltativo del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 1989, ratificato e reso esecutivo con la legge 9 dicembre 1994, n. 734, stabilisce che nessuno Stato aderente possa giustiziare alcun individuo soggetto alla sua giurisdizione. L'unica riserva ammessa dal Protocollo riguarda l'applicazione della pena capitale in tempo di guerra, comminata a seguito di una sentenza per un delitto di natura militare di gravità estrema commesso in tempo di guerra. Ne risulta, invece, implicitamente esclusa la previsione della pena capitale nei codici militari in tempo di pace.
      L'azione internazionale dell'Unione europea per la promozione e la protezione dei diritti umani, che si esplica sia nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, sia nel complesso delle relazioni esterne, è sempre più attenta e vigile.
      In particolare l'Unione europea, in linea con gli obblighi stabiliti dalla comunità internazionale che riconosce e garantisce in sede di convenzioni e di dichiarazioni i diritti fondamentali dell'uomo:

          condanna pubblicamente le violazioni dei diritti dell'uomo dovunque esse siano perpetrate;

          interviene presso le autorità degli Stati in causa per indurli a far cessare dette violazioni;

          adotta provvedimenti atti ad esercitare pressioni sulle autorità degli Stati in questione.

      Il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali costituisce, infatti, uno degli obiettivi generali della politica estera e di sicurezza comune. A tal fine, la maggioranza degli accordi stipulati con gli Stati terzi riguarda sempre anche il «dialogo politico» concernente lo Stato di diritto, la democratizzazione, i diritti dell'uomo. Questa componente è inserita in tutte le nuove strategie dell'Unione europea nei confronti degli Stati asiatici, mediterranei e latino-americani.
      In questo contesto l'Unione europea opera da molti anni a favore dell'abolizione della pena capitale, che costituisce una ferma posizione politica approvata da tutti gli Stati membri.
      L'abolizione della pena di morte è divenuta un requisito per gli Stati che aspirano ad aderire all'Unione europea. Tutti gli Stati candidati hanno aderito al Protocollo n. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, concernente l'abolizione della pena di morte. Inoltre, tutti gli Stati membri sono firmatari del protocollo n. 13 della citata Convenzione,

 

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concernente l'abolizione della pena di morte in tutte le circostanze, ivi compreso il tempo di guerra.
      La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, prevede che nessuno possa essere condannato alla pena di morte né giustiziato (articolo 2), e che nessuno possa essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 19).
      Fra i numerosi atti di indirizzo adottati dalle istituzioni comunitarie, appare opportuno ricordare che il 29 giugno 1998, il Consiglio dell'Unione ha adottato, quale parte integrante della sua politica in materia di diritti dell'uomo, gli «Orientamenti per una politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi terzi in materia di pena di morte». In particolare, in tali Orientamenti l'Unione europea si prefigge di adoperarsi in vista dell'abolizione universale della pena di morte, di chiedere che negli Stati in cui vige ancora la pena di morte la sua applicazione sia progressivamente limitata e di insistere affinché le condanne siano comminate ed eseguite nel rispetto di norme minime.
      Secondo gli Orientamenti, inoltre, l'Unione europea solleverà la questione dell'abolizione della pena di morte e di una sua moratoria nei consessi multilaterali.
      A partire dal 1999, ogni anno l'Unione europea ha infatti proposto una risoluzione sulla pena di morte in sede di Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite (CHR). Nell'ultima di esse, adottata nel 2005, in occasione della 61a sessione della Commissione e fatta propria da 81 Stati, si ribadisce l'invito a una moratoria mondiale sulle esecuzioni capitali e si invitano gli Stati ad aderire al secondo protocollo facoltativo al patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR) inteso ad abolire la pena di morte. L'Unione europea ribadisce inoltre la sua opposizione alla pena di morte ogni anno alle riunioni sull'attuazione della dimensione umana dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
      Parlamento europeo e Consiglio d'Europa hanno co-organizzato, insieme all'organizzazione non governativa Ensemble contre la peine de mort, il primo Congresso mondiale contro la pena di morte, tenutosi a Strasburgo nel giugno 2001. L'Unione europea ha preso parte anche alla prima Giornata mondiale contro la pena di morte, organizzata dalla Coalizione mondiale contro la pena di morte, che ha avuto luogo il 10 ottobre 2003; prese di posizione contro la pena di morte sono state rilasciate dalle istituzioni dell'Unione europea in quella e in numerose altre occasioni.
      Il problema della pena di morte è stato trattato in contatti bilaterali con una serie di Stati, compresi la Cina e gli Stati Uniti. L'Unione europea ha esposto la sua politica e i governi in questione sono stati invitati a prendere iniziative per l'abolizione della pena di morte. Inoltre, l'Unione è intervenuta in numerosi casi specifici, chiedendo la non applicazione della pena capitale, ad esempio nei casi di condanne comminate a soggetti in giovane età, o la revisione della legislazione.
      L'impegno politico dell'Unione europea contro la pena di morte trova espressione anche nell'ambito del sostegno finanziario fornito attraverso lo strumento dell'«Iniziativa europea a favore della democrazia e dei diritti umani», che comprende i finanziamenti relativi alla promozione dei diritti umani, alla democratizzazione e alla prevenzione dei conflitti. Nel quadro di tale strumento, l'abolizione della pena di morte figura tra le quattro priorità tematiche individuate dalla Commissione nella comunicazione dell'8 maggio 2001 su: «Il ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi».
      Un'attenzione particolare deve poi essere dedicata al ruolo del Parlamento europeo che, nel corso degli anni, ha rivolto costanti appelli (segnatamente con le risoluzioni sulle relazioni annuali sui diritti dell'uomo nel mondo, le altre risoluzioni approvate in materia, le numerose
 

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audizioni pubbliche) per far sì che la tutela dei diritti umani abbia un ruolo centrale nella definizione di una politica estera comune.
      In particolare, il Parlamento europeo ha preso posizione contro la pena di morte in più occasioni, sia in relazione a esecuzioni capitali presso altri Stati, sia a favore dell'adozione di una moratoria da parte di tutti quegli Stati che contemplano tale pena. In particolare il Parlamento europeo ha ripetutamente:

          chiesto agli Stati membri di non permettere l'estradizione di alcuno per reati passibili di pena di morte verso gli Stati che continuino a prevederla nel loro ordinamento giuridico;

          invitato la Commissione e il Consiglio a promuovere l'abolizione della pena di morte nel quadro delle loro relazioni con i Paesi terzi, anche in occasione del negoziato per accordi con tali Paesi;

          chiesto che l'Unione europea prendesse l'iniziativa presso le Nazioni Unite affinché l'Assemblea generale si esprimesse al più presto su una moratoria universale e sull'abolizione della pena di morte;

          proposto l'istituzione di una Giornata europea contro la pena di morte.

      Da ultimo, il Parlamento europeo si è espresso sull'argomento nell'ambito della risoluzione adottata il 18 maggio 2006 sulla relazione in materia di diritti umani presentata, come ogni anno, dal Consiglio. Nella risoluzione il Parlamento, tra l'altro:

          esprime apprezzamento per l'impostazione seguita dalla Presidenza del Regno Unito riguardo alla pena di morte, intraprendendo iniziative negli Stati in cui o vi è il rischio che la moratoria sulla pena di morte venga sospesa di diritto o di fatto o, al contrario, in cui si stanno prendendo in considerazione provvedimenti interni per l'introduzione di una moratoria, e chiede alla Presidenza austriaca e a tutte le Presidenze future di seguire tale esempio;

          chiede alla Commissione di dare istruzioni alle sue delegazioni negli Stati terzi in cui vige la pena di morte di appoggiare le iniziative del Consiglio volte a ottenere una moratoria nonché di raddoppiare gli sforzi nel caso di cittadini europei condannati alla pena di morte;

          accoglie con favore la risoluzione adottata dall'Assemblea parlamentare euro-mediterranea a Rabat il 21 novembre 2005, che rivolge un invito agli Stati partner del processo di Barcellona a sostenere la moratoria sulla pena di morte.

      La sensibilità a questo tema è rimasta alta anche nel difficile contesto della lotta al terrorismo internazionale. Nell'ambito delle iniziative avviate dall'Unione europea a seguito degli attentati dell'11 settembre, il 19 settembre 2001 la Commissione presentò due proposte di decisione: una relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (COM(2001)522) ed una relativa alla lotta contro il terrorismo (COM(2001)521). Vale la pena di ricordare che, recependo uno degli emendamenti approvati dal Parlamento europeo in prima lettura, nella prima proposta venne inserito, tra i considerando, il divieto di estradare la persona ricercata verso un Paese terzo qualora sussista il rischio che essa venga condannata alla pena di morte; e che, ritenendo la Presidenza pro tempore spagnola prioritario, nella prospettiva della lotta al terrorismo, rafforzare la cooperazione giudiziaria con gli Stati Uniti attraverso la stipulazione di uno specifico accordo, il Parlamento europeo si è espresso in proposito con una risoluzione, approvata il 13 novembre 2001, nella quale si chiede che la pena di morte venga completamente abolita negli Stati Uniti e si rileva che l'estradizione di una persona ricercata dovrebbe essere subordinata alla garanzia che non sia applicata nei suoi confronti la pena capitale.
      Tra le misure normative più recenti può infine ricordarsi il regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, del 27 giugno 2005, che istituisce uno specifico regime

 

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per il commercio dei dispositivi e dei prodotti che potrebbero essere utilizzati per la pena di morte, la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti. Esso vieta gli scambi di dispositivi che in pratica possono essere usati soltanto a questo scopo, e prevede un regime autorizzatorio per i dispositivi che potrebbero essere destinati anche ad usi legittimi.
      Oltre alle iniziative dell'Unione europea, deve essere ricordata l'attività del Consiglio d'Europa. Il principale strumento internazionale elaborato dal Consiglio d'Europa nell'ambito della campagna a favore dell'abolizione della pena di morte è costituito dal già citato Protocollo n. 6 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali relativo all'abolizione della pena di morte in tempo di pace. Il Protocollo, adottato nel 1983 ed entrato in vigore nel 1985, è stato ratificato da 45 Stati membri (l'Italia lo ha ratificato con la legge n. 8 del 1989). Gli ultimi Stati ad averlo ratificato sono l'Armenia (settembre 2003), la Turchia (novembre 2003), la Serbia (marzo 2004) e il Principato di Monaco (novembre 2005). La Federazione russa, che ha firmato il Protocollo il 16 aprile 1997, non lo ha ancora ratificato, anche se mantiene la moratoria delle esecuzioni adottata nel 1996.
      Il Protocollo n. 6 introduce, all'articolo 1, il principio dell'abolizione della pena di morte, imponendo così agli Stati firmatari di cancellare la pena capitale dalla propria legislazione. Il diritto all'abolizione della pena di morte viene definito, sempre all'articolo 1, un diritto soggettivo dell'individuo.
      Anche l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha svolto un ruolo di primo piano, approvando alcuni significativi documenti contro la pena di morte.
      Tra le prese di posizione più rilevanti si ricorda la raccomandazione 1246 (1994) sull'abolizione della pena capitale, in cui si afferma che «la pena di morte non può avere un posto legittimo nel sistema penale delle società civili e la sua applicazione può equipararsi alla tortura ed ai trattamenti inumani e degradanti, ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo». L'articolo 6 della raccomandazione contiene una serie di proposte rivolte al Comitato dei Ministri, tra cui l'invito a predisporre un Protocollo addizionale alla citata Convenzione europea sui diritti dell'uomo che abolisca la pena di morte sia in tempo di pace sia in tempo di guerra, con l'esplicito obbligo per gli Stati firmatari di non reinserire questa pena nella legislazione nazionale.
      Un fondamentale progresso è stato realizzato con la risoluzione 1044 (1994) con cui l'Assemblea parlamentare ha reso l'immediata moratoria delle esecuzioni e l'abolizione della pena di morte condizioni preliminari per aderire al Consiglio d'Europa. Quest'obbligo è stato nuovamente riaffermato nella risoluzione 1097 (1996) dove, peraltro, l'Assemblea ribadisce il proprio impegno ad assistere gli Stati che desiderino abolire la pena capitale. Uno specifico appello è rivolto ai Parlamenti dei Paesi retenzionisti affinché aboliscano la pena capitale entro la fine del millennio.
      La proposta di un coinvolgimento diretto delle istituzioni del Consiglio d'Europa nella campagna contro la pena di morte è alla base della raccomandazione 1302 (1996). In questo documento l'Assemblea raccomanda al Consiglio di sostenere finanziariamente e dal punto di vista logistico le campagne nazionali di informazione sull'abolizione della pena di morte, di organizzare conferenze internazionali su questa tematica e di considerare l'approccio verso l'abolizione della pena capitale degli Stati che richiedano l'adesione quale elemento per stabilire l'ammissione.
      Nella risoluzione 1187 (1999) su «L'Europa, un continente esente dalla pena di morte», l'Assemblea del Consiglio d'Europa, nel confermare quanto già affermato in altri suoi documenti, ribadisce il principio per cui la pena di morte deve considerarsi una pena inumana e degradante, nonché una violazione del più fondamentale dei diritti dell'uomo, ossia il diritto alla vita. L'Assemblea conferma,
 

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inoltre, il proprio impegno ad assistere gli Stati desiderosi di eliminare la pena di morte dal proprio ordinamento, con campagne di informazione e l'organizzazione di seminari di sensibilizzazione.
      Il 25 giugno 2001 l'Assemblea del Consiglio d'Europa ha approvato la risoluzione 1253 (2001) su «L'abolizione della pena di morte nei paesi osservatori del Consiglio d'Europa». Ai sensi della risoluzione statutaria (93)26, «gli Stati desiderosi di ottenere lo status di osservatori presso il Consiglio d'Europa, sono tenuti ad accettare i principi di democrazia e di preminenza del diritto e il principio per cui tutte le persone poste sotto la sua giurisdizione devono poter godere dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali». Questa norma risulterebbe dunque violata nel caso di applicazione della pena di morte. Tra gli Stati che hanno lo status di osservatori presso il Consiglio d'Europa, ossia il Canada (dal 1996), il Giappone (dal 1996), il Messico (dal 1999) e gli Stati Uniti (dal 1996), i soli due Paesi che hanno conservato la pena di morte nel proprio ordinamento e non hanno attuato una moratoria delle esecuzioni sono il Giappone e gli Stati Uniti.
      L'invito, più volte ribadito negli anni, ai due Stati ad introdurre una moratoria delle esecuzioni e ad adottare le necessarie disposizioni per abolire la pena di morte, nonché a migliorare le condizioni di detenzione nel «braccio della morte», non pare aver avuto esito o indotto iniziative significative. Al punto che l'Assemblea ha poi stabilito - allo scopo di evitare analoghi casi in futuro - che lo status di osservatore venga concesso solo a quei Paesi che rispettino strettamente la moratoria delle esecuzioni o abbiano già abolito la pena di morte nel proprio ordinamento. L'Assemblea ha reiterato questa posizione con la risoluzione 1349 (2003), del 1o ottobre 2003, motivata dalle 4 esecuzioni in Giappone e dalle 137 negli Stati uniti disposte dal giugno 2001, data di approvazione delle precedente risoluzione. Di fronte a questo insuccesso, l'Assemblea ha rinnovato le richieste al Giappone e agli Stati Uniti di attivare una moratoria delle esecuzioni capitali, al fine ultimo di arrivare quanto prima ad una abolizione completa. A questo scopo ha chiesto il pieno sostegno del Comitato dei Ministri per la promozione e l'approfondimento del dialogo parlamentare con i due Stati osservatori in questione.
      Con la risoluzione 1455 (2005), del 22 giugno 2005, sul rispetto degli obblighi e degli impegni della Federazione russa, l'Assemblea di Strasburgo ha chiesto a Mosca l'immediata abolizione della pena capitale, attraverso la ratifica del citato Protocollo n. 6, il cui termine è scaduto nel 1999.
      Da ultimo, con la raccomandazione 1760 (2006), adottata il 28 giugno scorso, l'Assemblea, nel confermare quanto già affermato in altri suoi documenti, raccomanda al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa di invitare l'Albania e la Lettonia ad abolire la pena capitale per i crimini commessi in periodo bellico o durante gli stati di emergenza, di ribadire l'obbligo per la Federazione russa di ratificare il Protocollo n. 6 e di invitare Stati Uniti e Giappone a cancellare la pena capitale dai rispettivi ordinamenti. Chiede altresì al Comitato di sollecitare l'Unione europea ad affrontare la questione della pena capitale nel suo dialogo politico con la Cina. L'Assemblea conferma, inoltre, il proprio impegno ad assistere gli Stati desiderosi di eliminare la pena di morte dal proprio ordinamento, con campagne di informazione e l'organizzazione di seminari di sensibilizzazione.
      Nel 2001 il Consiglio d'Europa è stato promotore, insieme al Parlamento europeo, della riunione solenne dei Presidenti dei Parlamenti a favore dell'abolizione della pena di morte.
      Il Presidente dell'Assemblée Nationale, d'intesa con la Presidente del Parlamento europeo e con il Presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ha preso l'iniziativa di promuovere una riunione dei Presidenti dei Parlamenti di tutto il mondo che intendano aderire alla campagna per l'abolizione della pena di morte. Hanno accordato il loro patrocinio il Presidente della Camera dei deputati italiana e il Presidente del Bundestag,
 

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nonché i Presidenti dei Parlamenti austriaco, belga e portoghese.
      La riunione dei Presidenti si è svolta a Strasburgo il 22 giugno 2001, presso il Parlamento europeo, sotto la presidenza della Presidente Nicole Fontaine e del Presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Lord Russell Johnston. Sono stati invitati tutti i Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea nonché un gruppo di Presidenti rappresentativo delle diverse aree geografiche, selezionato sulla base del criterio della recente abolizione della pena di morte.
      Oltre ai Presidenti, sono intervenuti nel corso della seduta alcuni «grandi testimoni», ed in particolare Mahmoud Ben Romdhane di Amnesty International, Sidiki Kaba della Federazione per i diritti dell'uomo, Mario Marazziti della Comunità di Sant'Egidio e Michel Taube di Ensemble contre la peine de mort, associazione promotrice del Congresso mondiale contro la pena di morte.
      Al termine della riunione, i Presidenti dei Parlamenti hanno sottoscritto un appello solenne a tutti gli Stati affinché dichiarassero, senza indugio e dovunque nel mondo, una moratoria delle esecuzioni dei condannati a morte e prendessero iniziative volte ad abolire la pena di morte dalla loro legislazione interna.
      Il Parlamento italiano è stato rappresentato dall'allora Presidente della Camera dei deputati, on. Pier Ferdinando Casini.
      Uno fra i più significativi contributi del Consiglio d'Europa è rappresentato dall'approvazione del Protocollo n. 13 allegato alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in ogni circostanza.
      Il Protocollo è stato firmato il 3 maggio 2002 dai Ministri degli affari esteri e dai Rappresentanti degli Stati membri del Consiglio d'Europa, riuniti a Vilnius in occasione della 110a sessione del Comitato dei Ministri dell'organizzazione.
      Il Protocollo n. 13 prevede l'abolizione della pena di morte in ogni circostanza, anche per gli atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra. Nessuna deroga né riserva è ammessa alle disposizioni del Protocollo.
      Attualmente l'accordo è stato ratificato da 36 Stati membri. Altri 8 Stati, pur avendolo sottoscritto, non hanno ancora ultimato il procedimento di ratifica.
      Tra questi ultimi vi è anche l'Italia. Perché il nostro Paese possa procedere alla ratifica di tale Protocollo era e rimane necessario modificare l'articolo 27 della Costituzione, in tal modo rendendo impossibile, attraverso la legislazione di rango primario, la reintroduzione della pena capitale nel nostro ordinamento.
      Come già nella precedente legislatura (con lo stesso relatore), questo testo ha avuto, nella stesura della relazione, la preziosa collaborazione del servizio Studi della Camera dei deputati e, nel confronto parlamentare in sede referente, l'approvazione unanime dei deputati che, senza distinzione di schieramento politico, hanno convenuto sull'opportunità di questa modifica costituzionale, all'insegna della più alta tradizione della civiltà giuridica italiana.

Marco BOATO, Relatore

 

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PARERE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE
(Giustizia)

PARERE FAVOREVOLE


PARERE DELLA IV COMMISSIONE PERMANENTE
(Difesa)

PARERE FAVOREVOLE
 

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TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte

Art. 1.

      1. Al quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione le parole: «, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra» sono soppresse.


Frontespizio Relazione Pareri Progetto di Legge
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