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PDL 34

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 34



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BOATO, LEONI, RUGGERI, MASCIA, BUEMI, BALDUCCI, CRAPOLICCHIO, MARAN, D'ELIA, BONELLI, AMICI, BELLILLO, BOFFA, BUCCHINO, BUFFO, BURGIO, CHIAROMONTE, CREMA, DATO, DE ZULUETA, GIANNI FARINA, FEDI, FOLENA, FRONER, FUNDARÒ, GRILLINI, LION, MANCINI, MARONE, NICCHI, PELLEGRINO, CAMILLO PIAZZA, PORETTI, SASSO, TREPICCIONE, TURCI, VACCA, ZANELLA, ZANOTTI

Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti, di misure alternative alla detenzione per i tossicodipendenti e di politiche di riduzione del danno

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Con la firma del Presidente della Repubblica, è entrata in vigore dal 28 febbraio 2006 la nuova normativa sulle droghe, voluta dal Governo di centrodestra (decreto-legge n. 272 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006).
      È una vera e propria controriforma che fa perno sulla demonizzazione della marijuana, ignorando le evidenze scientifiche: dalla sua equiparazione «morale» alle droghe pesanti, al grido di «la droga è droga», discende l'equiparazione penale con un drastico innalzamento delle pene detentive. Il possesso di qualsiasi sostanza, al di sopra di una soglia quantitativa predefinita in via amministrativa, è considerato spaccio presunto e punito con il carcere, da sei a venti anni. Il furore ideologico si tradurrà in una dilatazione del sistema penitenziario e nel ritorno alla filosofia della «cura e custodia», in ambito terapeutico: le pulsioni moralistiche si saldano così con la logica degli affari, aprendo il varco all'esecuzione penale affidata ai privati. La messa al bando della riduzione del danno disegna un orizzonte autoritario, di negazione della libertà terapeutica e conseguentemente dei diritti dei cittadini consumatori. Infine, gravissime saranno le ricadute dell'inasprimento repressivo sul carcere: ci saranno ulteriore sovraffollamento, più suicidi, più atti di autolesionismo. Tanto più gravi per i tossicodipendenti, che già oggi soffrono la pena aggiuntiva del vedersi negate le cure adeguate.
      L'approvazione del provvedimento è avvenuta forzando consolidate procedure istituzionali, senza dibattito in Parlamento, senza confronto con la grande maggioranza degli esperti e degli operatori.
 

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      La legge viola la Costituzione e il principio di legalità, disprezza il pronunciamento popolare del 1993, cancella le norme sul giusto processo, nega il diritto alla salute, calpesta le autonomie regionali, è sorda alle ragioni della scienza. Una prima conferma viene dalla impugnazione della cosiddetta «legge Fini» davanti alla Corte costituzionale da parte della regione Toscana, della regione Emilia-Romagna e di altre cinque regioni.
      La scelta repressiva appare insensata nonché in aperto contrasto con le tendenze in atto nella gran parte dei Paesi europei sin dagli inizi degli anni '90. L'Europa sceglie, seppure in forme diverse, di spostare il centro delle politiche di controllo sulle droghe dal penale al sociale, in particolare investendo sulla depenalizzazione del consumo personale, sulla distinzione fra droghe leggere e pesanti, sulla riduzione del danno.
      Si deve operare urgentemente perché questa controriforma eserciti i suoi effetti per il più breve tempo possibile e per questo si chiede al nuovo Governo la sua abrogazione immediata, utilizzando lo strumento del decreto-legge. Ma non basta. Occorre imboccare con decisione la strada della riforma, sulla base del progetto di legge già sottoscritto nella scorsa legislatura da oltre cento fra deputati e senatori del centrosinistra.
      Queste osservazioni contenute nel Manifesto Peace on drugs approvato dagli Stati generali delle droghe promossi dall'associazione Forum droghe il 4 marzo 2006 a Firenze, sono confermate dalle indicazioni del Programma de L'Unione (Per il bene dell'Italia. Programma di Governo 2006-2011), che testualmente si riporta:

      «Diritto alla salute e nuovo welfare locale. La priorità di una politica riformatrice (pagine 186-187). Educare, prevenire, curare. Non incarcerare. Per le tossicodipendenze non servono né il carcere né i ricoveri coatti. Alla tolleranza zero bisogna opporre una strategia dell'accoglienza sociale per la persona e le famiglie che vivono il dramma della droga, a partire dalla decriminalizzazione delle condotte legate al consumo (anche per fini terapeutici) e quindi dal superamento della normativa in vigore dal 1990. Occorre un reale contrasto dei traffici e la tolleranza zero verso i trafficanti. È necessario rilanciare il ruolo dei SerT e dei servizi territoriali che in questi cinque anni sono stati sistematicamente penalizzati dai tagli alla spesa sociale; senza imporre un unico modello e salvaguardando il pluralismo delle comunità terapeutiche, queste dovranno essere messe in rete con il servizio pubblico a cui spetta la diagnosi della dipendenza. Vanno sostenuti quanti, con approcci culturali e metodologie differenti, da anni sono impegnati a costruire percorsi personalizzati e perciò efficaci di prevenzione, cura e riabilitazione considerando le strategie di riduzione del danno come parte integrante della rete dei servizi. Il decreto-legge del governo sulle tossicodipendenze deve essere abrogato».

      «Una giustizia penale uguale per tutti (pagine 65-66). Favorire la cura delle tossicodipendenze al di fuori delle strutture detentive; abolire le sanzioni amministrative per chi detiene sostanze stupefacenti per uso personale».

      Si ripresentano quindi la relazione e l'articolato della proposta di legge atto Camera n. 4208, presentata nella scorsa legislatura il 24 luglio 2003, con i necessari aggiornamenti, dovuti all'approvazione della legge n. 49 del 2006 e alla cancellazione delle norme in evidente contrasto con il testo.
      La proposta di legge, per quanto riguarda la parte sanzionatoria, ripropone il testo elaborato nella XIII legislatura da una Commissione tecnica istituita per predisporre un testo di riforma in materia di disciplina degli stupefacenti, coordinata dal magistrato Giuseppe La Greca e con la responsabilità politica dell'allora Sottosegretario alla giustizia, Franco Corleone. La parte sulle misure alternative per i detenuti tossicodipendenti è invece stata curata dal dottor Alessandro Margara, già magistrato di sorveglianza e capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Il coordinamento di questo lavoro è stato del cartello di associazioni denominato

 

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«Dal penale al sociale». Per segnalare la sinergia fra momento istituzionale e movimenti della società, alla conclusione della relazione sull'articolato viene riproposto il testo dell'appello-documento, che ha già raccolto 3.051 adesioni di personalità, operatori e rappresentanti di varie realtà e che è consultabile sul sito «www.fuoriluogo.it».
      L'analisi di quasi sedici anni di applicazione della legislazione in materia di stupefacenti dimostra, come emerso anche nella Conferenza sulle droghe di Napoli del 1997, il fallimento della strategia dell'innalzamento delle pene finalizzato al recupero. Tale strategia, innestata sul sistema giudiziario italiano ha, infatti, finito per produrre solo rigidità insuperabili. La previsione, nell'ipotesi base, di un minimo edittale di otto anni di reclusione per le condotte di semplice spaccio, ha determinato un rilevantissimo innalzamento delle pene da scontare, con migliaia di persone che non possono accedere ad alcuna misura. Un esempio eclatante è quello del caso Merlonghi, risolto poi con la concessione della grazia, ma che dimostra quanta ingiustizia possa derivare da un sistema giudiziario lento e farraginoso sul quale si innestino meccanismi di rigidità nella determinazione della pena. Tra le proposte avanzate per ovviare agli inconvenienti rilevati c'è quella dell'innalzamento dei livelli di pena che consentono l'accesso alle misure alternative; una tale proposta, pur condivisibile negli obiettivi, si traduce in una esaltazione della irrazionalità del sistema, allargando la forbice tra pena inflitta e pena effettivamente scontata, con il rischio di pesanti ripercussioni sul sistema in generale ed in particolare con riferimento al tema della certezza della pena, oggi prepotentemente in discussione. Più razionale appare invece la proposta di adeguare il sistema sanzionatorio in materia di stupefacenti ai livelli edittali medi previsti dal codice penale e dalle leggi speciali. Se si pensa che le pene previste per l'associazione di tipo mafioso raggiungono un massimo di quindici anni per i casi più gravi (la pena prevista per i promotori di organizzazioni di tipo mafioso armate va da cinque a quindici anni di reclusione) o che la pena prevista per il delitto di violenza sessuale - pur elevata nel 1996 - è, nel massimo, di dieci anni di reclusione, che dieci anni di reclusione è la pena massima anche per i delitti di rapina e di estorsione, mentre cinque anni di reclusione è la pena massima per la corruzione e otto anni è il massimo per la concussione, ben si vede come una pena da otto a venti anni per l'ipotesi di spaccio di stupefacenti sia sproporzionata, velleitaria e ingiusta.
      Di qui la proposta di rivedere anche i livelli sanzionatori, lasciando pene elevate solo per le ipotesi di «traffico» di stupefacenti e di associazioni criminali, per le quali sono previste aggravanti speciali.
      L'intervento sull'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 può essere l'occasione anche per un miglioramento sul piano tecnico della normativa penale in materia, che nel 1990, sulla spinta emozionale che accompagnò il varo del testo unico, fu scritta ricopiando il testo delle convenzioni internazionali in materia, con un risultato tecnicamente poco limpido: l'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 enumera ben 22 fattispecie penali, spesso con sinonimi, ripetizioni e ridondanze. Una tale tecnica normativa è consona ad un trattato internazionale destinato ad essere sottoscritto da Paesi con sistemi giuridici molto diversi tra loro (in particolare si pensi ai Paesi di common law), ma non appare rispondente ai canoni di legalità in materia penale richiesti dall'articolo 25 della nostra Costituzione.
      Oltre alla riscrittura dell'articolo 73, si propone di eliminare ogni ipotesi di sanzione per le condotte di consumo. Da un lato tutti riconoscono che con il referendum del 1993 il sistema sanzionatorio previsto per le ipotesi di consumo ha perso in gran parte la sua ragione di essere. Né è pensabile un intervento che vada contro la volontà referendaria. Dall'altro lato, cosa più importante, l'esperienza di questi anni ha dimostrato che le sanzioni amministrative per i consumatori di sostanze rappresentano una inutile afflizione nei
 

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confronti di soggetti che avrebbero bisogno di aiuto e di sostegno e non certo di una ulteriore spinta verso l'emarginazione e il delitto. Sospendere la patente ad un consumatore di droga (si badi: non a chi sia colto alla guida in stato di alterazione da sostanze) significa soltanto ridurre le sue possibilità di lavoro e di vita e aumentare il rischio di commissione di reati (ad esempio, proprio la guida senza patente) e, quindi, maggiore emarginazione ed aumento del rischio criminale.
      Al fine di fornire chiarezza agli operatori sulla liceità degli interventi di riduzione del danno si propone infine l'inserimento di una norma che indica la riduzione del danno tra gli obiettivi degli enti locali e degli enti ausiliari e, a titolo meramente esemplificativo, elenca alcuni degli interventi sicuramente riconducibili a tale obiettivo e sui quali si sono manifestati dubbi in sede operativa.

      1) La legge n. 162 del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti ha manifestato una notevole fiducia negli aspetti repressivi, dando particolare forza alle pene previste per i vari reati. Né si è tenuto conto della condizione di tossicodipendenza nella quale si muovevano e si muovono molti dei condannati. E così i tossicodipendenti hanno trovato una risposta alla loro condizione soprattutto nel carcere e solo secondariamente in interventi idonei ad incidere su tale condizione.
      A seguito, però, del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 171, emanato in applicazione dell'esito del referendum del 18 aprile 1993, si è avuta la depenalizzazione delle ipotesi di uso personale e detenzione per uso personale, che erano sanzionate dal nuovo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
      Da questo, però, devono derivare due linee di intervento:

          a) la prima è quella di ribadire la non punibilità dell'uso di stupefacenti e delle condotte connesse e di trarre da questo le conseguenze logiche anche sul piano degli interventi sanzionatori, anche se non penali: cioè sulle sanzioni amministrative;

          b) la seconda è quella di una profonda revisione del sistema sanzionatorio, nel quale si dia attenzione particolare alla condizione di tossicodipendenza degli autori dei reati.

      La prima linea di intervento sarà visibile nelle modifiche normative che si propongono di seguito.
      Quanto alla seconda linea di intervento, è da rilevare che l'impianto sanzionatorio della legge n. 162 del 1990, di cui il decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 1993 citato era attuazione, è però rimasto inalterato. È rimasto, cioè, l'impianto sanzionatorio di una legge fortemente segnata dal proposito di sanzionare anche il solo uso (rendendo punibile ogni detenzione di sostanza superiore alla dose media giornaliera) e di colpire pertanto (penalmente e non solo) la condizione di tossicodipendenza. Intervenire sulle pene è dunque doveroso anche in ossequio ai princìpi che informavano i quesiti referendari che hanno vinto nel Paese.
      E si può aggiungere, senza timore di essere smentiti, che l'entità delle pene inflitte per reati relativi agli stupefacenti gioca un ruolo tutt'altro che secondario sull'attuale sovraffollamento delle carceri, responsabile della difficile gestione degli istituti di pena e della scarsa corrispondenza di questi ai princìpi costituzionali e alla attuazione dei fini di riabilitazione che la pena stessa dovrebbe avere. Eppure, è veramente difficile sostenere che una carcerazione, specie se lunga, sia utile per il superamento della tossicodipendenza, quando la ipotesi più verosimile e condivisa è che la stessa condizioni tutti gli elementi di base della dipendenza, rafforzando frustrazioni, bruciando le alternative di socializzazione, dando nuovo spazio al desiderio della sostanza, fornendo occasioni, nella comunità di vita con altre persone nelle stesse condizioni, per la ulteriore ripresa delle condotte criminose utili al mantenimento della dipendenza. Si tenga conto che la quota di detenuti tossicodipendenti in carcere è di circa il 30 per cento.
      Esiste, d'altronde, un problema di congruenza della pena, nella sua entità, ai

 

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princìpi costituzionali. Va ricordata la sentenza costituzionale n. 313 del 1990, che ha portato alla modifica dell'articolo 444 del codice di procedura penale, nella parte in cui richiede che, in caso di patteggiamento sulla pena, la stessa sia «congrua», ovvero adeguata ai fini propri della pena medesima: congrua, cioè, a dare uno spazio temporale concreto utile a realizzare un percorso riabilitativo proporzionato al reato commesso. E va chiarito che non vi è solo una congruenza circa l'entità minima della pena, ma anche circa l'entità massima, che non può essere tale da rimettere ad un futuro incerto e remoto la possibilità di orientare l'esecuzione penale alla progettazione e allo sviluppo di percorsi di riabilitazione e di inclusione sociali, che sono quelli voluti dall'articolo 27 della Costituzione.
      Si veda, al riguardo, la pena inflitta per la violazione più comune, quella dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, la cui misura, calcolata anche la frequente ricorrenza delle numerose aggravanti previste dalla stessa norma e dall'articolo 80, arriva a livelli estremamente elevati, anche nei minimi. Analogamente è a dirsi per la fattispecie criminosa dell'articolo 74, i cui minimi, anche senza aggravanti, sono elevatissimi e, con le aggravanti, superiori ai limiti minimi previsti per i più gravi reati contro la persona.
      Si è intervenuti anche sulla entità delle pene pecuniarie. Le stesse sono state misurate nel testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sugli elevati introiti che il traffico illecito di stupefacenti notoriamente procura. È però un dato pacifico che, in primo luogo, lo spaccio generalmente colpito è quello piccolo e, in secondo luogo, così come tali introiti si formano, altrettanto rapidamente si dissolvono, tranne che non si sia in presenza di organizzazioni particolarmente attrezzate sul piano finanziario e criminale. Comunque, i più frequenti destinatari delle condanne continuano ad essere i tossicodipendenti, che dissipano in tempi velocissimi ciò che incassano e che molto spesso investono i loro introiti nel pagamento dei debiti contratti per gli acquisti precedenti. Ciò che l'esperienza dimostra è che la quasi totalità di queste elevate pene pecuniarie è convertita in sanzioni sostitutive per la insolvenza degli interessati. Di qui il ridimensionamento, che si propone, anche delle pene pecuniarie.
      E, in tale situazione normativa, come già osservato, non vi è alcuna indicazione differenziale per coloro che partecipano alle condotte criminose sotto la spinta della tossicodipendenza, a riprova della voluta ignoranza di questa condizione e della fiducia riposta nella unica risposta repressiva. Le aperture a possibili misure alternative, correlate a percorsi riabilitativi dalla dipendenza, arriveranno in fase esecutiva, ma, in quel momento, l'entità delle pene inflitte potrà essere tale da impedire l'ammissibilità a tali misure o da ritardarla a dopo una parziale e non breve espiazione carceraria.

      2) La prima linea di intervento indicata al numero 1) esplicita l'esito referendario e afferma la non punibilità dell'uso e delle condotte connesse.
      Inoltre, sottrae al sistema sanzionatorio, anche se solo amministrativo, gli interventi oggi contenuti nell'articolo 75 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
      Si è inserita anche una modifica che interessa l'intervento medico per i tossicodipendenti malati, che risulta precluso da una parte dell'articolo 43, commi 5-bis e 5-ter, parte che viene soppressa.

      3) La revisione del trattamento sanzionatorio previsto dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 si muove su tre linee, la terza delle quali riguarda la fase della esecuzione della pena:

          a) la prima è quella di un ridimensionamento generale delle sanzioni previste dalla legge;

          b) la seconda è quella di una particolare disciplina nei confronti delle persone tossicodipendenti;

 

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          c) la terza riguarda la normativa sulla esecuzione, che deve essere rivolta in ogni caso a rendere possibili soluzioni riabilitative extracarcerarie rispetto a quelle detentive.

      4) Si tratta, infine, di intervenire in due materie che stanno a monte e a valle del sistema sanzionatorio di cui ci si sta occupando.
      La prima è quella di una verifica delle tabelle previste dall'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, per accertare se le stesse risultino valide e attuali.
      La seconda riguarda la concreta previsione delle risorse necessarie per rendere forte e completo il sistema organizzativo di intervento sulle dipendenze in modo che sia realmente capace di offrire occasioni di riabilitazione e di inclusione sociali. È evidente che se si riduce la risposta repressiva e si rilancia quella di riabilitazione e di recupero sociali, la validità di una tale scelta si gioca sulla efficienza del sistema organizzativo ed operativo di tale seconda risposta.
      A questo riguardo:

          a) dovranno essere concentrate tutte le risorse presso la regione, quale ente responsabile del Servizio sanitario nazionale in ciascun territorio: anche quelle attualmente assegnate ad organi centrali dovranno, pertanto, essere distribuite regionalmente;

          b) i servizi locali sulle dipendenze dovranno essere dimensionati sui reali bisogni dei singoli territori e articolati in gruppi operativi multiprofessionali, in conformità delle migliori esperienze attuate;

          c) sia in attuazione della previsione dell'articolo 96, comma 3, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, sia con riferimento alle previsioni del decreto legislativo n. 230 del 1999 (confermate dalle sperimentazioni di alcune regioni, come la Toscana), i servizi per le tossicodipendenze dovranno essere organizzati allo stesso livello anche negli istituti di pena: nonostante la riduzione della risposta penale in termini carcerari, sarà sovente dal carcere che si dovranno fare ripartire i percorsi riabilitativi. In questo specifico settore si è prevista l'equiparazione degli stranieri ai cittadini per l'accesso ai servizi.

Modifiche normative proposte, secondo i criteri che precedono.

A) Le modifiche del sistema sanzionatorio.

      È utile un accenno più specifico alle singole modifiche proposte.
      Per l'articolo 43 non occorre aggiungere altro a quanto già indicato.
      Con le modifiche dell'articolo 73 si agisce su più piani, come accennato in precedenza.
      È modificata la previsione normativa del delitto di cui all'articolo 73, attualmente distinto in una serie interminabile di fattispecie corrispondenti, che vengono ridotte ad una sola, che si ritiene si rinvenga costantemente in ognuna delle fattispecie precedenti. Nel contempo si esplicita che non è punibile né l'uso delle sostanze, né la detenzione per l'uso e si richiede, pertanto, che la detenzione punibile è quella posta in essere al fine di cedere la sostanza a terzi per ricavarne un profitto. Questo resta vero anche se si è intervenuti sugli aumenti di pena conseguenti alla applicazione delle aggravanti.
      Le modifiche intervenute nei vari commi contengono una generale revisione delle pene, con una sensibile riduzione delle stesse. Ciò nonostante resta elevata la pena massima prevista nel comma 1, anche per il possibile apporto delle numerose circostanze aggravanti previste sia dall'articolo 80 sia dallo stesso articolo 73. Così che non vi è alcun dubbio che vi è spazio all'applicazione di sanzioni molto severe quando il caso presenti una particolare gravità.
      Si è applicata, invece, una linea sanzionatoria specifica e attenuata per i tossicodipendenti che si rendono autori dei

 

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reati previsti dalla norma. Tre gli interventi:

          1) le sanzioni applicate ai tossicodipendenti sono quelle previste per le ipotesi di reato di lieve entità;

          2) si è aperta la possibilità alla valutazione di irrilevanza del fatto, nei casi di lieve entità, nei quali l'applicazione della pena può intralciare lo sviluppo di interventi riabilitativi;

          3) infine, si è introdotto (riferendoci, come per la irrilevanza del fatto, ad istituti previsti dalla procedura penale minorile) l'istituto della messa alla prova, finalizzato allo svolgimento di un programma riabilitativo dalla tossicodipendenza.

      Sono previsti due articoli aggiuntivi specifici: il 73-bis sul traffico di sostanze stupefacenti e il 73-ter, sulla sospensione del processo e sulla messa alla prova per chi intende intraprendere un programma di recupero dalla tossico dipendenza.
      La modifica dell'articolo 74 è volta ad evitare l'inflazione verificatasi nella applicazione della norma, per la quale è spesso decisiva, in presenza della genericità della previsione normativa, la scelta iniziale della contestazione da parte del pubblico ministero richiedente. Si sono, quindi, introdotti elementi di specificazione della fattispecie punibile, cercando di farla corrispondere alla figura vera e propria del narcotraffico. Gli articoli 75 e 75-bis sono abrogati.
      Si sono previsti anche interventi specifici su altre norme.
      La prima è quella dell'articolo 79, per il quale si sopprime la seconda ipotesi (cioè, il consenso ad adibire), inevitabile fonte di gravi difficoltà di accertamento e sovente condizionata da situazioni di intimidazione o di occasionali emergenze, che ne ridimensionano gravità e significato.
      Nel quadro del generale ridimensionamento delle pene previste attualmente, si opera, inoltre, una diminuzione di quelle di cui alla norma in questione.
      La seconda è quella dell'articolo 83. Si intende sottolineare che, se il medico rilascia prescrizioni relative a sostanze stupefacenti o psicotrope ad un tossicodipendente con giustificazioni terapeutiche (esistenti nella letteratura clinica in materia), la terapeuticità delle stesse non può essere negata.
      La terza è quella dell'articolo 86. Uniformemente alle indicazioni della Corte costituzionale (sentenza n. 58 del 1995), si evidenzia la natura di misura di sicurezza della espulsione dello straniero e la esigenza che la esecuzione della stessa sia sottoposta all'accertamento della pericolosità sociale del condannato. Nel contempo si prevede che, in caso di revoca di tale misura, non possano essere operati interventi di carattere amministrativo, contrastanti con una pronuncia giudiziaria, emessa a seguito di regolare procedura giurisdizionalizzata. Si sopprime poi quella parte della norma che prevede il provvedimento amministrativo del prefetto, emesso con una ingiustificata anticipazione dell'esito del procedimento penale.

B) Le modifiche nel sistema della esecuzione della pena.

      La modificazione degli articoli 90 e seguenti si muove su due piani.
      Il primo riguarda la revisione del sistema delle due misure, previste dagli articoli 90 e 94, della quasi totale prevalenza della seconda e del modestissimo ricorso alla prima. L'ammissione a questa è stata disposta solo in rari casi dai tribunali di sorveglianza, anche in ragione della mancanza di un regime esecutivo, che individuasse organi responsabili di controllo e di sostegno.
      Si è ritenuto, allora, di distinguere la portata delle due norme, sviluppando una differenza già esistente fra le stesse, riservando l'articolo 90 a coloro che hanno già concluso positivamente un programma terapeutico e socio-riabilitativo e l'articolo 94 a coloro che hanno in corso o intendono sottoporsi a un tale programma. Si è operata anche una revisione delle norme processuali.
      Il secondo piano di intervento riguarda un aspetto su cui si è concentrata l'attenzione anche durante le conferenze nazionali sugli stupefacenti: la situazione di

 

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coloro che, sovente per il concorso di pene inflitte con più sentenze, devono espiare pene superiori ai limiti di ammissibilità alle misure alternative.
      Il ridimensionamento delle pene applicabili nella materia in esame dovrebbe evitare, in avvenire, le situazioni attuali di eccessivo carico delle pene complessive da eseguire e la conseguente difficoltà di accesso degli stessi alle misure alternative alla detenzione. Ciò non toglie che situazioni di pena eccedente la ammissibilità alle misure potranno egualmente presentarsi: sia per chi è già condannato con il regime precedente delle pene; sia per chi, comunque, pur con il nuovo sistema sanzionatorio, per la molteplicità dei fatti e il frazionamento dei processi, che caratterizzano la «carriera penale» dei tossicodipendenti, si troverà dinanzi alla espiazione di pene concorrenti molto elevate, oltre i limiti di ammissibilità alle misure alternative. Si deve cercare di risolvere tale problema.
      Uno strumento che viene usato è la grazia parziale, che riduce le pene nei limiti in cui è consentita la ammissione alle misure alternative. Lo strumento della grazia ha però, per il suo carattere discrezionale e, ovviamente, «grazioso», e per la appartenenza ad un organo quale il Presidente della Repubblica, una utilizzabilità quantomeno incerta.
      Si è pensato, per la parte di pena che supera il limite di ammissibilità alla misura alternativa, ad una esecuzione specifica con una misura avente particolari caratteristiche: quella, in particolare, di avere carattere riparativo della aggressione al sistema normativo, posta in essere dalla commissione del reato o dei reati. Si parla del cosiddetto «programma di reintegrazione sociale», che consiste nello svolgimento di lavoro non retribuito di pubblica utilità.
      La norma messa a punto qui di seguito chiarisce che il programma di reintegrazione sociale deve essere attuato nel quadro della realizzazione di un programma terapeutico riabilitativo, adeguatamente strutturato con un inserimento in una comunità che lo attui: in tal modo accanto al programma di reintegrazione sociale si attuerebbe, comunque, quello volto al superamento della tossicodipendenza, che resta il problema centrale della esperienza del soggetto.
      Si è anche ritenuto che le ragioni di introduzione di questa norma valgano anche nel caso di cui all'articolo 90, così come modificato. In tale caso, però, la misura consisterà nella sola applicazione del programma di reintegrazione sociale, pur sempre sviluppato con l'inserimento presso una comunità.
      Riportata, attraverso la esecuzione di tale misura, la pena nei limiti di ammissibilità alle misure alternative già previste, può subentrare la applicazione di queste. Si possono avere riserve su un'eccessiva vanificazione della pena, che si realizza per tale via, ma si deve tenere presente che una previsione del genere dovrebbe essere limitata agli specifici casi di persone che, nel periodo della tossicodipendenza «attiva», hanno collezionato processi e condanne, attingendo a pene complessive che sono, nella sostanza, sproporzionate al danno sociale che hanno prodotto; soggetti che, ovviamente, abbiano dimostrato e dimostrino la loro volontà di affrancarsi dalla dipendenza.
      Nel rivedere il regime degli interventi alternativi alla detenzione per i tossicodipendenti e alcooldipendenti, si è cercato di tenere presenti alcune situazioni di particolare disagio, fra le quali quella degli stranieri, per prevederne, comunque, la presa in carico da parte dei servizi pubblici.
      Infine si è abrogata la previsione del comma 6 dell'articolo 96 in quanto interferisce negativamente sulla presa in carico dei soggetti interessati da parte dei servizi per le tossicodipendenze competenti. La copertura finanziaria, attualmente prevista per l'amministrazione penitenziaria, passa ai servizi per le tossicodipendente predetti.
      L'articolo 91 è sostituito.
      L'articolo 92 è sostituito.
      L'articolo 93 è abrogato.
      L'articolo 94 è modificato.
      Dopo l'articolo 94 è introdotto l'articolo 94-bis.
      All'articolo 96, i commi 6-bis e 6-ter sono abrogati.
 

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      Le modifiche all'articolo 113 sono volte all'introduzione di misure di riduzione del danno, mentre l'articolo 113-bis reca disposizioni atte a promuovere la sperimentazione di programmi e interventi socio sanitari innovativi circa il consumo di droghe, con particolare riferimento all'istituzione delle «drug consumption room», ovvero locali ove è possibile fare uso di sostanze in condizioni igieniche controllate, riducendo il rischio di contagio e overdose letale, e al «pill testing», ovvero un sistema di allerta rapido basato sull'analisi delle sostanze presenti in strada.
      L'articolo 127 sulle risorse per gli interventi in materia di dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope è modificato.
      L'ultimo articolo della proposta di legge modifica l'articolo 47 della legge n. 354 del 1975 in materia degli effetti dell'esito positivo del periodo di prova di affidamento dei condannati ai servizi sociali.
      Questi interventi riformatori, equilibrati e largamente condivisi hanno richiesto il ripristino delle norme originarie del testo unico, da ultimo modificate dalla «legge Fini-Giovanardi». Per questo si sono ripristinati gli articoli 13, 14, 26, 35, 38, 40, 42, 43, 45, 60, 61, 62, 63, 65, 66, 78, 79, 89, 94, 96, 97, 114, 116, 117, 120, 122.

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      Come annunciato nella premessa si riproduce il testo del documento «Contro la nuova crociata punitiva sulle droghe» che vede come promotori Stefano Anastasia (presidente associazione Antigone), Clara Baldassarre (Dipartimento dipendenze ASL Napoli 1), Roberta Balestra (Dipartimento dipendenze Trieste), Franca Ongaro Basaglia (presidente Fondazione Basaglia), Beatrice Bassini (SERT ASL Bologna nord), Tom Benettollo (presidente ARCI nazionale), Giuseppe Bortone (responsabile per le tossicodipendenze CGIL), Giovanni Cannella (corte d'appello Roma), Giuseppe Cascini (procura della Repubblica di Roma), Daniela Cerri (Parsec), Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele), Claudio Cippitelli (Parsec), Maria Grazia Cogliati (Distretto sanitario ASL 1 Trieste), Franco Corleone (presidente Forum droghe), Paolo Crocchiolo (Forum droghe), Sergio Cusani (associazione Liberi), Gianni De Giuli (MDMA Bologna), Cecilia D'Elia (consigliere provinciale Roma), Giuseppe Dell'Acqua (Dipartimento salute mentale Trieste), Giovanni Diotallevi (giudice Corte di cassazione), Dario Fo (premio Nobel), Jacopo Fo (scrittore), Andrea Gallo (presidente Comunità S. Benedetto al Porto), Maria Grazia Giannichedda (università di Sassari), Leopoldo Grosso (Gruppo Abele), Paolo Jarre (Dipartimento dipendenze ASL 5 Piemonte), Paolo Lamarca (Lilacedius), Betty Leone (segretaria SPI), Gad Lerner (giornalista), Franco Maisto (Procura generale di Milano), Filippo Manassero (presidente LILA nazionale), Luigi Manconi (presidente associazione A Buon Diritto), Alessandro Margara (presidente Fondazione Michelucci), Toni Muzi Falconi (Methodos), Mauro Palma (Comitato europeo per prevenzione tortura), Ignazio Juan Patrone (magistrato addetto alla Corte costituzionale), Livio Pepino (presidente Magistratura Democratica), Morena Piccinini (segretaria CGIL nazionale), Anna Pizzo (giornalista), Aldo Policastro (procura della Repubblica di Napoli), Edo Polidori (SERT Faenza), Franca Rame (attrice), Susanna Ronconi (Rete «La libertà è terapeutica»), Achille Saletti (presidente associazione Saman), Ersilia Salvato (presidente Centro Riforma Stato), Rita Sanlorenzo (tribunale di Torino), Nunzio Santalucia (SERT di Pisa), Fabio Scaltritti (Comunità S. Benedetto al Porto), Sergio Segio (associazione Società Informazione), Carlo Sorgi (tribunale di Forlì), Chicco Testa (Senlis Council), Stefano Vecchio (Dipartimento dipendenze ASL 1 Napoli), Grazia Zuffa (Fuoriluogo):

      «Il vicepremier Fini, parlando al summit dell'ONU sulla droga di Vienna nella primavera del 2003, ha di recente esposto l'intenzione del governo di rivedere la legge antidroga del '90, reintroducendo alcune norme abolite dal pronunciamento popolare 1993.
      Fallito il tentativo attuato nel 2002 attraverso la modifica del decreto n. 444 del 1990 - contro cui le regioni hanno vinto un ricorso - il governo si accinge ora a varare una vera e propria controriforma,

 

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che ruoterà attorno alla annunciata riproposizione della dose media giornaliera (ribattezzata "dose massima consentita") e l'inasprimento del trattamento penale per le droghe leggere, in nome della loro "equiparazione" alle droghe pesanti. La revisione della normativa penale è l'ultimo atto di una campagna ideologica del "pugno duro" contro le droghe e i consumatori, caratterizzata dall'attacco alla riduzione del danno e ad un sistema dei servizi con offerte terapeutiche differenziate, attacco già concretizzatosi nel citato decreto 444.
      La svolta punitiva del governo è particolarmente grave:

          in primo luogo perché ignora i danni delle norme che si vorrebbero reintrodurre, già sperimentati prima del referendum. Ricordiamo che la dose media giornaliera (quale discrimine quantitativo "rigido" per distinguere il consumo dallo spaccio) suscitò perplessità già durante la discussione parlamentare nel decennio scorso. È chiaro che una determinazione quantitativa unica per tutti i consumatori non può non essere arbitraria, e perciò iniqua. Il suo effetto criminogeno è evidente, stante le dinamiche del mercato illegale, che spesso portano i consumatori ad approvvigionarsi di quantità di droga ben superiori a quelle dell'immediato consumo individuale. Del resto, la stessa compagine che aveva varato la legge del '90 fu costretta a intervenire d'urgenza pochi mesi dopo per alleggerire l'impatto repressivo della legge, dopo che diversi consumatori (anche di droghe leggere) si erano uccisi in carcere dove erano detenuti con l'accusa di spaccio: non erano spacciatori, semplicemente erano stati trovati in possesso di quantità superiore alla dose media giornaliera;

          in secondo luogo, a una maggiore penalizzazione del consumo si accompagna, come più volte affermato da esponenti governativi, il dilatarsi del sistema penitenziario e la sua egemonia su quello terapeutico e preventivo: ci saranno più carceri (magari privatizzate, come dimostra il progetto di "appaltare" la casa lavoro di Castelfranco Emilia alla comunità di san Patrignano) e le alternative alla detenzione saranno vincolate a forme di "cura" coatta da svolgersi all'interno di un sistema di comunità terapeutiche che - oltre a convogliare su di sé ingenti risorse pubbliche sottratte ad altri e diversificati interventi - saranno il veicolo, disciplinare ben più che terapeutico, della diffusione capillare e amplificata dell'ombra lunga della dimensione carceraria e penale sul fenomeno sociale del consumo di droghe. Corollario drammatico di questa impostazione, il rilancio governativo del trattamento sanitario obbligatorio anche per i tossicodipendenti; per giunta, non solo sui consumi davvero problematici, ma anche su quelli occasionali e ricreativi di tanti giovani, destinati ad essere criminalizzati e patologizzati.
      Non solo, ma i duri attacchi dei mesi scorsi portati alle politiche dei servizi pubblici, l'enfatizzazione ideologica degli interventi drug free indipendentemente dalle preferenze e scelte espresse dagli utenti e viceversa la demonizzazione di altri trattamenti, a cominciare da quelli farmacologici e dagli interventi di riduzione del danno, nonostante l'evidenza della loro efficacia: tutto questo disegna un orizzonte preoccupante, autoritario e moralistico, di negazione della libertà e pluralità terapeutica, basata sul rispetto dei diritti del cittadino consumatore e sull'evidenza scientifica dei trattamenti;

          in terzo luogo, questa scelta appare insensata non fosse altro perché in aperto contrasto con le tendenze che la gran parte dei Paesi europei hanno seguito dagli inizi del '90 ad oggi. Questi Paesi hanno infatti scelto, in forme diverse, di spostare il centro delle politiche di controllo delle droghe dal penale al sociale, in particolare investendo sulla riduzione del danno (sia generalizzando le pratiche più consolidate, sia sperimentandone di nuove). Così, mentre Fini annunciava la svolta repressiva, nelle stesse ore, al summit di Vienna, i rappresentanti dei governi di Regno Unito, Francia, Germania, Portogallo, Belgio, Olanda, Irlanda, Svizzera hanno menzionato

 

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la riduzione del danno come uno dei pilastri della loro politica antidroga.
      Quanto alle riforme legislative, nella gran parte dei Paesi europei queste vanno in direzione della depenalizzazione del consumo personale e della distinzione fra droghe leggere e pesanti: si pensi al Regno Unito che ha di recente "declassificato" la canapa (spostandola cioè in una tabella con sostanze a minor rischio farmacologico) in ossequio ai suggerimenti del proprio consiglio scientifico consultivo sulle droghe; alla Svizzera che sta per varare un'analoga riforma; mentre il rapporto Malliori, approvato nel febbraio dal Parlamento europeo, oltre a raccomandare all'Unione europea il rafforzamento dei servizi a bassa soglia, chiede esplicitamente di riclassificare le droghe, riconoscendo la minore pericolosità della canapa. Inoltre, il governo vorrebbe operare una scelta in aperto disprezzo delle indicazioni emerse in ben tre Conferenze governative sulle droghe: da quella di Palermo del '93, che aveva sancito l'introduzione della riduzione del danno; a quella di Napoli del 1997, che aveva proposto di procedere ulteriormente sulla via della depenalizzazione del consumo; a quella di Genova del 2000, che aveva riconfermato questi indirizzi, in più suggerendo, per bocca dell'allora Ministro Umberto Veronesi, la via di una maggiore tolleranza della canapa, in nome delle evidenze scientifiche;

          infine, non si può sottovalutare e sottacere il tremendo effetto che un ritorno indietro legislativo ante-1993 produrrà inevitabilmente sulle carceri. Vale a dire: un ulteriore sovraffollamento in una situazione già oggi intollerabile ed esplosiva, con il drammatico corollario di suicidi e atti di autolesionismo; un aggravio della situazione della sanità penitenziaria, già ora in uno stato gravissimo di abbandono, a causa del suo mancato passaggio al sistema sanitario nazionale e dei pesantissimi tagli di bilancio operati nelle ultime leggi finanziarie; una ulteriore difficoltà nell'accesso al circuito delle misure alternative, già da tempo rallentato, quando non inceppato, a causa delle carenze di organici relativamente a psicologi, educatori, assistenti sociali, magistrati di sorveglianza e personale penitenziario.

      Contro questa controriforma autoritaria e priva di ogni serio fondamento di evidenza ed esperienza, è importante ricordare che dal referendum del 1993 a oggi, la diversificazione dei servizi, la crescita professionale e la maturazione degli operatori (sia del pubblico che del privato sociale), l'adeguamento delle stesse comunità ai mutati bisogni degli utenti, la sperimentazione di iniziative di prevenzione mirata, le pratiche di riduzione del danno e l'implementazione di nuove strategie più articolate hanno permesso di raggiungere alcuni obiettivi fondamentali:

          l'emersione del sommerso e il nuovo coinvolgimento di persone non raggiunte o abbandonate dai servizi;

          la diminuzione significativa del numero delle overdose;

          la forte diminuzione della trasmissione delle patologie correlate tra gli assuntori di sostanze per via endovenosa (significativo il calo dei pazienti sieropositivi e in controtendenza rispetto al resto della popolazione);

          l'aumento del numero delle persone trattate dai servizi pubblici e seguite dagli operatori con interventi personalizzati;

          maggiore collaborazione tra servizi pubblici e privati con la realizzazione di strategie condivise e il rilancio della centralità del territorio e delle sue reti;

          una maggiore consapevolezza sui rischi e una più diffusa conoscenza degli effetti delle sostanze soprattutto tra la popolazione giovanile;

          possibilità di riabilitazione alternativa (seppur drammaticamente sottoutilizzata) da parte dei detenuti con dipendenze;

 

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          risposte più adeguate e diversificate ai comportamenti d'abuso (alcool, tabacco, e altro);

          superamento delle barriere tra servizi e persone con una maggiore presenza di operatori sulle strade, nei centri a bassa soglia e nei luoghi di consumo.

      Tutto questo, in moltissimi casi, è stato possibile grazie alla serietà e alla determinazione di migliaia di operatori che nel campo delle dipendenze hanno saputo superare le barriere ideologiche, verificarsi scientificamente e proporre strategie innovative con una attenzione concreta alla modificazione dei consumi e dei bisogni dei consumatori e uno sguardo attento alle innovazioni già in corso di sperimentazione in altri Paesi.
      Questo patrimonio di esperienza e di risultati non va disperso e non va sacrificato sull'altare dell'ideologia di governo e delle lobbies che lo sostengono.
      Certo, esistono poi non pochi nodi problematici che non vanno sottovalutati e con i quali ci stiamo misurando da tempo: il crescente aumento della popolazione carceraria con reati direttamente o indirettamente legati alle sostanze; i tagli drastici ai budget della ASL; la difficoltà di approfondire in tempo reale le conoscenze sulle sostanze circolanti; la necessità di tutela della salute e della qualità della vita sociale dei consumatori attivi, a prescindere dalle loro scelte individuali; l'unificazione del Fondo nazionale lotta alla droga nella legge n. 328 del 2000 con conseguente incapacità di diversi enti locali di investire in nuove sperimentazioni; il consolidamento di politiche che tendono più a gestire l'esistente che a promuovere nuove strategie, con la conseguente frustrazione degli operatori e del loro ruolo all'interno dei servizi; un processo di privatizzazione che si presenta rischioso a fronte di criteri di accreditamento che in molte regioni non garantiscono qualità, controllo, adeguatezza, rispetto dei bisogni e pluralismo dell'offerta.
      Rispetto a questi limiti, sentiamo la forte e inderogabile necessità di fare un punto, anche rilanciando proposte di adeguamento della normativa attuale, nel solco di alcune scelte condivise a livello europeo:

          completa depenalizzazione di tutte le condotte attinenti al consumo individuale, compresa la cessione gratuita e la coltivazione a uso personale; revisione delle sanzioni amministrative più discriminatorie e abbassamento generale delle pene previste nella legge del '90, fra le più alte d'Europa. Questi indirizzi erano peraltro già previsti in uno schema di disegno di legge ("proposta La Greca"), predisposto dal Ministero della giustizia nella scorsa legislatura;

          possibilità di utilizzo medico dei derivati della canapa;

          consolidamento dei budget aziendali pubblici per le dipendenze, con una identificazione che risponda realmente ai bisogni delle persone e dei servizi;

          possibilità di effettuare in tempo reale analisi chimiche su campioni di sostanze circolanti in Italia con il conseguente miglioramento delle pratiche di prevenzione;

          garanzia e facilitazione dell'accesso a terapie farmacologiche e sostitutive, anche attraverso una "normalizzazione" della somministrazione con la collaborazione delle farmacie, dei medici di base, delle strutture private accreditate e sotto il coordinamento dei Ser.T.;

          identificazione di una quota vincolata del Fondo sociale nazionale (legge 328) che rimanga riservata ai servizi pubblici e privati per le dipendenze;

          consolidamento e "messa a regime" degli interventi - pubblici e privati - che hanno superato con risultati positivi la fase di sperimentazione, e che possano passare "da progetti a servizi" all'interno della programmazione aziendale ed extra-aziendale;

          favorire la dimissione dalle carceri di tutti i detenuti con problemi legati all'uso delle sostanze, riconoscendo anche

 

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i trattamenti alternativi sul territorio, e possibilità di equiparare pienamente il trattamento intramoenia a quello che si effettua all'esterno, dagli strumenti di profilassi e prevenzione ai trattamenti farmacologici, psicologici e sociali negli istituti di pena.

      Queste proposte derivano dall'esperienza e hanno come obiettivo quello di migliorare ulteriormente la qualità dei servizi e delle prestazioni erogate, tutelare la salute della popolazione dipendente e di quella generale, favorire una prevenzione mirata anche ai più giovani, diminuire la sofferenza dei detenuti ed evitare il carcere per migliaia di giovani, sperimentare nuove pratiche con una attenzione rivolta alle politiche di altri Paesi, evitare la frustrazione dei tanti operatori impegnati e consentire loro una crescita professionale all'interno di servizi all'avanguardia ed efficaci.
      Di fronte alla minaccia di una controriforma che aumenterebbe lo stigma sociale, la colpevolizzazione e la sofferenza ancora oggi imposta da un sistema sociale e legislativo inadeguato, non intendiamo limitarci alla denuncia e alla difesa dello status quo, ma vogliamo proporre un salto di qualità per realizzare nuove politiche di inclusione sociale».

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 13 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, di seguito denominato «testo unico», è sostituito dal seguente:

      «Art. 13. (Tabelle delle sostanze soggette a controllo). - 1. Le sostanze stupefacenti o psicotrope sottoposte alla vigilanza e al controllo del Ministero della salute sono raggruppate, in conformità ai criteri di cui all'articolo 14, in sei tabelle da approvare con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti l'Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità.
      2. Le tabelle di cui al comma 1 devono contenere l'elenco di tutte le sostanze e dei preparati indicati nelle convenzioni e negli accordi internazionali e sono aggiornate tempestivamente anche in base a quanto previsto dalle convenzioni e accordi medesimi ovvero a nuove acquisizioni scientifiche.
      3. Le variazioni sono apportate con le stesse modalità indicate dal comma 1.
      4. Il decreto di cui al comma 1 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e inserito nella successiva edizione della Farmacopea ufficiale.
      5. Il Ministro della salute con proprio decreto, con le stesse modalità adottate per l'inserimento nelle tabelle, dispone in accordo con le convenzioni internazionali in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope, l'esclusione da una o da alcune misure di controllo di quelle preparazioni che per la loro composizione qualitativa e quantitativa non possono trovare un uso diverso da quello cui sono destinate».

 

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Art. 2.

      1. L'articolo 14 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 14. (Criteri per la formazione delle tabelle). - 1. La inclusione delle sostanze stupefacenti o psicotrope nelle tabelle di cui all'articolo 13 deve essere effettuata in base ai criteri seguenti:

          a) nella tabella I devono essere indicati:

              1) l'oppio e i materiali da cui possono essere ottenute le sostanze oppiacee naturali, estraibili dal papavero sonnifero; gli alcaloidi ad azione narcotico-analgesica da esso estraibili; le sostanze ottenute per trasformazione chimica di quelle prima indicate; le sostanze ottenibili per sintesi che siano riconducibili, per struttura chimica o per effetti, a quelle oppiacee precedentemente indicate; eventuali importanti intermedi per la loro sintesi;

              2) le foglie di coca e gli alcaloidi ad azione eccitante sul sistema nervoso centrale da queste estraibili; le sostanze ad azione analoga ottenute per trasformazione chimica degli alcaloidi sopra indicati oppure per sintesi;

              3) le sostanze di tipo anfetaminico ad azione eccitante sul sistema nervoso centrale;

              4) ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate;

              5) gli indolici, siano essi derivati triptaminici che lisergici, e i derivati feniletilaniminici, che abbiano effetti allucinogeni o che possano provocare distorsioni sensoriali;

              6) i tetraidrocannabinoli e i loro analoghi;

 

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              7) ogni altra sostanza naturale o sintetica che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali;

              8) le preparazioni contenenti le sostanze di cui alla presente lettera;

          b) nella tabella II devono essere indicate:

              1) la cannabis indica, i prodotti da essa ottenuti, le sostanze ottenibili per sintesi o semisintesi che siano ad essi riconducibili per struttura chimica o per effetto farmacologico, ad eccezione di quelle previste nel numero 6) della lettera a);

              2) le preparazioni contenenti le sostanze di cui al numero 1);

          c) nella tabella III devono essere indicate:

              1) le sostanze di tipo barbiturico che abbiano notevole capacità di indurre dipendenza fisica o psichica o ambedue, nonché altre sostanze ad effetto ipnotico-sedativo ad esse assimilabili. Sono pertanto esclusi i barbiturici a lunga durata e di accertato effetto antiepilettico e i barbiturici a breve durata d'impiego quali anestetici generali, sempreché tutte le dette sostanze non comportino i pericoli di dipendenza indicati;

              2) le preparazioni contenenti le sostanze di cui al numero 1);

          d) nella tabella IV devono essere indicate:

              1) le sostanze di corrente impiego terapeutico, per le quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti dalle sostanze elencate nelle tabelle I e III;

              2) le preparazioni contenenti le sostanze di cui al numero 1);

          e) nella tabella V devono essere indicate le preparazioni contenenti le sostanze elencate nelle tabelle di cui alle lettere a), b), c) e d) quando queste preparazioni, per la loro composizione qualitativa e quantitativa e per le modalità del

 

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loro uso, non presentino rischi di abuso e pertanto non vengano assoggettate alla disciplina delle sostanze che entrano a far parte della loro composizione;

          f) nella tabella VI devono essere indicati i prodotti d'azione ansiolitica, antidepressiva o psicostimolante che possono dare luogo al pericolo di abuso e alla possibilità di farmacodipendenza.

      2. Nelle tabelle devono essere compresi, ai fini della applicazione del presente testo unico, tutti gli isomeri, gli esteri, gli eteri, ed i sali anche relativi agli isomeri, esteri ed eteri, nonché gli stereoisomeri nei casi in cui possono essere prodotti, relativi alle sostanze e ai preparati inclusi nelle tabelle, salvo sia fatta espressa eccezione.
      3. Le sostanze incluse nelle tabelle devono essere indicate con la denominazione comune internazionale e il nome chimico, se esistenti, e con la denominazione comune ed usuale italiana o con quella propria del prodotto farmaceutico oggetto di commercio. È tuttavia ritenuto sufficiente, ai fini dell'applicazione del presente testo unico, che nelle tabelle la sostanza sia indicata con almeno una delle denominazioni indicate, purché idonea ad identificarla».

Art. 3.

      1. L'articolo 26 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 26. (Coltivazioni e produzioni vietate). - 1. Salvo quanto stabilito nel comma 2, è vietata nel territorio dello Stato la coltivazione di piante di coca di qualsiasi specie, di piante di canapa indiana, di funghi allucinogeni e delle specie di papavero (papaver somniferum) da cui si ricava oppio grezzo. In apposite sezioni delle tabelle I, II e III di cui all'articolo 14, devono essere indicate altre piante da cui possono ricavarsi sostanze stupefacenti e psicotrope la cui coltivazione deve essere vietata nel territorio dello Stato.
      2. Il Ministro della salute può autorizzare istituti universitari e laboratori pubblici

 

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aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle piante indicate al comma 1, per scopi scientifici, sperimentali, terapeutici o didattici».

Art. 4.

      1. L'articolo 35 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 35. (Controllo sulle materie prime). - 1. Il Ministero della salute esercita il controllo sulle quantità di materie prime ad azione stupefacente, sulle quantità di sostanze stupefacenti psicotrope comprese nelle tabelle I, II, III, IV e VI di cui all'articolo 14, fabbricate o comunque in possesso di ciascuna officina, e sulla loro destinazione, con particolare riguardo alla ripartizione quantitativa sul mercato.
      2. Il Ministro della salute può limitare o vietare, in qualsiasi momento, ove particolari circostanze lo richiedano, la fabbricazione di singole sostanze stupefacenti o psicotrope.
      3. Gli organi specializzati di controllo sono tenuti ad effettuare saltuarie ed improvvise azioni di controllo sia di iniziativa propria che su richiesta del Ministero della salute».

Art. 5.

      1. L'articolo 38 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 38. (Vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope). - 1. La vendita o cessione, a qualsiasi titolo, di sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese nelle tabelle I, II, III, IV e V di cui all'articolo 14, deve essere fatta alle persone autorizzate a norma del presente testo unico e a titolari o direttori di farmacie aperte al pubblico od ospedaliere, in base a richiesta scritta da staccare da apposito bollettario "buoni acquisto" conforme a modello predisposto e distribuito dal Ministero della salute. La richiesta scritta non è

 

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necessaria per la vendita o cessione a qualsiasi titolo ai titolari o direttori di farmacie, per quanto attiene alle preparazione comprese nella tabella V di cui all'articolo 14 acquistate presso le imprese autorizzate al commercio all'ingrosso.
      2. In caso di perdita, anche parziale, del bollettario "buoni acquisto", deve essere fatta, entro ventiquattro ore dalla scoperta, denuncia scritta all'autorità di pubblica sicurezza. Chiunque viola tale disposizione è punito con la sanzione amministrativa del pagamento della somma da 103 euro a 2.066 euro.
      3. I produttori di specialità medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope sono autorizzati, nei limiti e secondo le norme stabiliti dal Ministero della salute, a spedire ai medici chirurghi e ai medici veterinari campioni di tali specialità.
      4. È vietata comunque la fornitura ai medici chirurghi e ai medici veterinari di campioni delle sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nelle tabelle I, II e III di cui all'articolo 14.
      5. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola la disposizione di cui al comma 4 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento della somma da 103 euro a 516 euro.
      6. L'invio delle specialità medicinali di cui al comma 4 è subordinato alla richiesta datata e firmata dal sanitario, che si impegna alla somministrazione sotto la propria responsabilità.
      7. Chiunque cede buoni acquisto a qualsiasi titolo è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2.582 euro a 15.494 euro».

Art. 6.

      1. L'articolo 40 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 40. (Confezioni per la vendita). - 1. Il Ministro della salute, sentito l'Istituto superiore di sanità, al momento dell'autorizzazione, determina, in rapporto alla

 

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loro composizione, indicazione terapeutica e posologia, le confezioni delle preparazioni contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope che possono essere messe in commercio.
      2. Composizione, indicazioni terapeutiche, posologia ed eventuali controindicazioni devono essere riportate in modo inequivoco nel foglio illustrativo che accompagna la confezione».

Art. 7.

      1. L'articolo 42 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 42. (Acquisto di preparazioni di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte di medici chirurghi). - 1. I direttori sanitari di ospedali, ambulatori, istituti e case di cura in genere, sprovvisti di servizio di farmacia interna, e titolari di gabinetto per l'esercizio delle professioni sanitarie possono acquistare dalle farmacie preparazioni comprese nelle tabelle I, II, III e IV di cui all'articolo 14, nella quantità occorrente per le normali necessità degli ospedali, ambulatori, istituti, case di cura e gabinetti predetti. La richiesta per l'acquisto di dette preparazioni deve essere fatta in triplice copia. La prima delle predette copie rimane per documentazione al richiedente; le altre due devono essere rimesse al farmacista, il quale ne trattiene una per il proprio discarico e trasmette l'altra alla competente autorità sanitaria.
      2. Salvo che il fatto costituisca reato, l'acquisto delle preparazioni di cui al comma 1 in misura eccedente in modo apprezzabile quelle occorrenti per le normali necessità è punito con la sanzione amministrativa del pagamento della somma da 103 euro a 516 euro.
      3. I direttori sanitari ed i titolari di gabinetto di cui al comma 1 devono tenere un registro di carico e scarico delle preparazioni acquistate, nel quale devono specificare l'impiego delle preparazioni stesse.
      4. Il registro di cui al comma 3 deve essere vidimato e firmato in ciascuna pagina dall'autorità sanitaria locale».

 

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Art. 8.

      1. L'articolo 43 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 43. (Obblighi dei medici chirurghi e dei medici veterinari). - 1. I medici chirurghi ed i medici veterinari, che prescrivono preparazioni di cui alle tabelle I, II e III previste dall'articolo 14, devono indicare chiaramente nelle ricette previste dal comma 2, che devono essere scritte con mezzo indelebile, il cognome, il nome e la residenza dell'ammalato al quale le rilasciano ovvero del proprietario dell'animale ammalato; segnarvi in tutte lettere la dose prescritta e l'indicazione del modo e dei tempi di somministrazione; apporre sulla prescrizione stessa la data e la firma.
      2. Le ricette per le prescrizioni delle preparazioni indicate nel comma 1 devono essere staccate da un ricettario a madre-figlia e di tipo unico, predisposto dal Ministero della salute e distribuito, a richiesta dei medici chirurghi e dei medici veterinari, dai rispettivi ordini professionali che, all'atto della consegna, devono fare firmare ciascuna ricetta dal sanitario, il quale è tenuto a ripetere la propria firma all'atto della consegna al richiedente.
      3. Le ricette per le prescrizioni dei farmaci di cui all'allegato III-bis sono compilate in duplice copia a ricalco per i farmaci non forniti dal Servizio sanitario nazionale, ed in triplice copia a ricalco per i farmaci forniti dal Servizio sanitario nazionale, su modello predisposto dal Ministero della salute, completato con il timbro personale del medico.
      4. Ciascuna prescrizione deve essere limitata a una sola preparazione o ad un dosaggio per cura di durata non superiore a otto giorni, ridotta a giorni tre per le prescrizioni ad uso veterinario. La ricetta deve contenere, inoltre, l'indicazione del domicilio e del numero telefonico del medico chirurgo o del medico veterinario da cui è rilasciata.
      5. La prescrizione dei farmaci di cui all'allegato III-bis può comprendere fino a

 

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due preparazioni o dosaggi per cura di durata non superiore a trenta giorni. La ricetta deve contenere l'indicazione del domicilio professionale e del numero di telefono professionale del medico chirurgo o del medico veterinario da cui è rilasciata.
      6. Il Ministro della salute stabilisce con proprio decreto la forma e il contenuto dei ricettari idonei alla prescrizione dei farmaci di cui all'allegato III-bis. L'elenco dei farmaci di cui all'allegato III-bis è modificato con decreto del Ministro della salute emanato, in conformità a nuove disposizioni di modifica della disciplina comunitaria, sentiti l'Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità, per l'inserimento di nuovi farmaci contenenti le sostanze di cui alle tabelle I, II e III previste dall'articolo 14, aventi una comprovata azione narcotico-analgesica.
      7. I medici chirurghi e i medici veterinari sono autorizzati ad approvvigionarsi dei farmaci di cui all'allegato III-bis attraverso autoricettazione, secondo quanto disposto dal presente articolo, e ad approvvigionarsi, mediante autoricettazione, a detenere nonché a trasportare la quantità necessaria di sostanze di cui alle tabelle I, II e III previste dall'articolo 14 per uso professionale urgente. Copia dell'autoricettazione è conservata per due anni a cura del medico, che tiene un registro delle prestazioni effettuate, per uso professionale urgente, con i farmaci di cui all'allegato III-bis.
      8. Il personale che opera nei distretti sanitari di base o nei servizi territoriali o negli ospedali pubblici o accreditati delle aziende sanitarie locali è autorizzato a consegnare al domicilio di pazienti affetti da dolore severo in corso di patologia neoplastica o degenerativa le quantità terapeutiche dei farmaci di cui all'allegato III-bis, accompagnate dalla certificazione medica che ne prescrive la posologia e l'utilizzazione nell'assistenza domiciliare.
      9. Gli infermieri professionali che effettuano servizi di assistenza domiciliare nell'ambito dei distretti sanitari di base o nei servizi territoriali delle aziende sanitarie locali e i familiari dei pazienti, opportunamente
 

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identificati dal medico o dal farmacista, sono autorizzati a trasportare le quantità terapeutiche dei farmaci di cui all'allegato III-bis, accompagnate dalla certificazione medica che ne prescrive la posologia e l'utilizzazione a domicilio di pazienti affetti da dolore severo in corso di patologia neoplastica o degenerativa».

Art. 9.

      1. L'articolo 45 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 45. (Obblighi del farmacista). - 1. La vendita dei farmaci e delle preparazioni di cui alle tabelle I, II e III previste dall'articolo 14 deve essere effettuata dal farmacista con l'obbligo di accertarsi dell'identità dell'acquirente e di prendere nota degli estremi del documento di riconoscimento in calce alla ricetta.
      2. Il farmacista deve vendere i farmaci e le preparazioni di cui alle tabelle I, II e III previste dall'articolo 14 soltanto su presentazione di prescrizione medica sulle ricette previste dai commi 2 e 3 dell'articolo 43 e nella quantità e nella forma prescritte.
      3. Il farmacista ha l'obbligo di accertare che la ricetta sia stata redatta secondo le disposizioni stabilite nell'articolo 43, di annotare sulla ricetta la data di spedizione e di conservare la ricetta stessa tenendone conto ai fini del discarico ai sensi dell'articolo 62.
      4. Decorsi trenta giorni dalla data del rilascio la prescrizione medica non può essere più spedita.
      5. Salvo che il fatto costituisca reato, il contravventore alle disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa consistente nel pagamento della somma da 103 euro a 516 euro.
      6. Il Ministro della salute provvede a stabilire, con proprio decreto, la forma e il contenuto dei moduli idonei al controllo del movimento delle sostanze stupefacenti e psicotrope tra le farmacie interne degli ospedali e singoli reparti».

 

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Art. 10.

      1. L'articolo 60 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 60. (Registro di entrata e uscita). - 1. Ogni acquisto o cessione, anche a titolo gratuito, di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabelle I, II, III, IV e V previste dall'articolo 14, deve essere iscritto in un registro speciale nel quale, senza alcuna lacuna, abrasione o aggiunta, in ordine cronologico, secondo un'unica progressione numerica, deve essere tenuto in evidenza il movimento di entrata e di uscita delle sostanze predette. Tale registro è numerato e firmato in ogni pagina dall'autorità sanitaria locale, che riporta nella prima pagina gli estremi della autorizzazione e dichiara nell'ultima il numero delle pagine di cui il registro è costituito.
      2. Il registro deve essere conforme al modello predisposto dal Ministero della salute e approvato con decreto del Ministro.
      3. Le unità operative delle strutture sanitarie pubbliche e private, nonché le unità operative dei servizi territoriali delle aziende sanitarie locali sono dotate di registro di carico e scarico delle sostanze stupefacenti e psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV previste dall'articolo 14.
      4. Il registro di carico e scarico deve essere conforme al modello di cui al comma 2 ed è vidimato dal direttore sanitario, o da un suo delegato, che provvede alla sua distribuzione. Il registro di carico e scarico è conservato, in ciascuna unità operativa, dal responsabile dell'assistenza infermieristica per due anni dalla data dell'ultima registrazione.
      5. Il dirigente medico preposto all'unità operativa è responsabile della effettiva corrispondenza tra la giacenza contabile e quella reale delle sostanze stupefacenti e psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV previste dall'articolo 14.
      6. Il direttore responsabile del servizio farmaceutico compie periodiche ispezioni

 

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per accertare la corretta tenuta dei registri di carico e scarico di reparto e redige apposito verbale da trasmettere alla direzione sanitaria».

Art. 11.

      1. L'articolo 61 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 61. (Registro di entrata e di uscita per gli enti e le imprese autorizzati alla fabbricazione di sostanze stupefacenti o psicotrope). - 1. Nel registro di entrata e di uscita degli enti e delle imprese autorizzati alla fabbricazione di sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese nelle tabelle I, II, III, IV e V previste dall'articolo 14, deve essere annotata ciascuna operazione di entrata e di uscita o di passaggio in lavorazione.
      2. Nelle registrazioni relative alle operazioni di uscita o di passaggio in lavorazione deve risultare anche il numero della operazione con la quale la sostanza, che ne è oggetto, è stata registrata in entrata.
      3. La sostanza ottenuta dal processo lavorativo, anche mediante sintesi, deve essere registrata in entrata con le indicazioni che consentono il collegamento con i dati contenuti nel registro di lavorazione.
      4. Le variazioni quantitative delle giacenze di ogni sostanza devono essere contabilizzate, in apposita colonna da intestare alla sostanza stessa, in corrispondenza della registrazione concernente l'operazione da cui sono state determinate».

Art. 12.

      1. L'articolo 62 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 62. (Registro di entrata e di uscita per gli enti e le imprese autorizzati all'impiego o al commercio di sostanze stupefacenti o psicotrope e per le farmacie). - 1. Il registro di entrata e di uscita degli enti

 

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e delle imprese autorizzati all'impiego o al commercio di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I, II, III, IV e V e il registro delle farmacie per quanto concerne le sostanze di cui alle tabelle I, II, III e IV previste dall'articolo 14 devono essere chiusi al 31 dicembre di ogni anno. La chiusura si compie mediante scritturazione riassuntiva di tutti i dati comprovanti i totali delle qualità e quantità dei prodotti avuti in carico e delle qualità e quantità dei prodotti impiegati o commerciati durante l'anno, con l'indicazione di ogni eventuale differenza o residuo».

Art. 13.

      1. L'articolo 63 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 63. (Registro di lavorazione per gli enti e le imprese autorizzati alla fabbricazione di sostanze stupefacenti o psicotrope). - 1. Gli enti e le imprese autorizzati alla fabbricazione di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I, II, III, IV, e V previste dall'articolo 14 devono tenere anche un registro di lavorazione, numerato e firmato in ogni pagina da un funzionario del Ministero della salute allo scopo delegato, nel quale devono essere iscritti le quantità di materie prime poste in lavorazione, con indicazione della loro esatta denominazione e della data di entrata nel reparto di lavorazione, nonché i prodotti ottenuti da ciascuna lavorazione.
      2. I registri devono essere conservati, da parte degli enti e delle imprese autorizzati alla fabbricazione, per la durata di dieci anni a datare dal giorno dell'ultima registrazione. Detto termine è ridotto a cinque anni per le officine che impiegano sostanze stupefacenti o psicotrope, per i commercianti grossisti e per i farmacisti.
      3. Il registro di lavorazione deve essere conforme al modello predisposto dal Ministero della salute e approvato con decreto del Ministro».

 

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Art. 14.

      1. L'articolo 65 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 65. (Obbligo di trasmissione di dati). - 1. Gli enti e le imprese autorizzati alla produzione, alla fabbricazione e all'impiego di sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese nelle tabelle I, II, III, IV e V previste dall'articolo 14, devono trasmettere annualmente al Ministero della salute, alla Direzione centrale per i servizi antidroga e alla competente azienda sanitaria locale, non oltre il 15 gennaio di ciascun anno, i dati riassuntivi dell'anno precedente e precisamente:

          a) i risultati di chiusura del registro di carico e scarico;

          b) la quantità e la qualità delle materie utilizzate per la produzione di specialità medicinali e di prodotti galenici preparati nel corso dell'anno;

          c) la quantità e la qualità dei prodotti e delle specialità medicinali venduti nel corso dell'anno;

          d) la quantità e la qualità delle giacenze esistenti al 31 dicembre».

Art. 15.

      1. L'articolo 66 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 66. (Trasmissione di notizie e dati trimestrali). - 1. Gli enti e le imprese autorizzati a fabbricare sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I, II, III, IV e V previste dall'articolo 14, devono trasmettere al Ministero della salute, entro trenta giorni dalla fine di ogni trimestre, un rapporto sulla natura e quantità delle materie prime ricevute e di quelle utilizzate per la lavorazione degli stupefacenti o sostanze psicotrope ricavati e di quelli venduti nel corso del trimestre precedente. In tale rapporto,

 

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per l'oppio grezzo, per le foglie e pasta di coca deve essere indicato il titolo in princìpi attivi ad azione stupefacente.
      2. Il Ministero della salute può, in qualsiasi momento, richiedere agli enti o alle imprese autorizzati alla fabbricazione, all'impiego e al commercio di sostanze stupefacenti o psicotrope, notizie e dati che devono essere forniti entro il termine stabilito.
      3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non ottemperi alle condizioni prescritte o non fornisca entro il termine stabilito le informazioni previste dal presente articolo e dall'articolo 65 ovvero fornisca dati inesatti o incompleti è punito con la sanzione amministrativa del pagamento della somma da 103 euro a 1.033 euro».

Art. 16.

      1. L'articolo 72 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 72. (Attività lecite). - 1. Nessuna sanzione, penale o amministrativa, può essere applicata nei confronti della persona che usa, o che detiene al solo fine dell'uso, sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle previste dall'articolo 13.
      2. È sempre consentito l'uso terapeutico di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, debitamente prescritti secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto».

Art. 17.

      1. L'articolo 73 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 73. (Vendita di sostanze stupefacenti). - 1. Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, detiene sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14 al fine di cederle a terzi e di ricavarne un

 

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profitto è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 2.500 euro a 25.000 euro.
      2. Chiunque, essendo munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 17, al fine di trarne profitto cede illecitamente le sostanze o le preparazioni indicate al comma 1 è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 5.000 euro a 50.000 euro.
      3. Le pene di cui ai commi 1 e 2 si applicano altresì a chiunque al fine di cederle a terzi e di ricavarne un profitto coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione.
      4. Se taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall'articolo 14, si applicano la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 1.000 euro a 10.000 euro.
      5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da 1.000 euro a 10.000 euro, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14, ovvero le pene della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 500 euro a 2.500 euro, se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV previste dal citato articolo 14.
      6. Se il responsabile dei fatti di cui ai commi 1 e 4 è tossicodipendente, come certificato da una struttura pubblica in base ad adeguata anamnesi, si applicano, comunque, le pene di cui al comma 5.
      7. Nei casi di cui al comma 6, quando i fatti sono di lieve entità ai sensi del comma 5, se si presume che l'ulteriore svolgimento del procedimento, nonché la successiva esecuzione delle pene detentive previste, pregiudicano lo sviluppo di interventi riabilitativi dalla tossicodipendenza nei confronti dell'interessato, il giudice, sentite le parti, pronuncia sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto.
 

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      8. Le pene previste dal presente articolo e dall'articolo 73-bis sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti ivi previsti».

      2. Dopo l'articolo 73 del testo unico, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:

      «Art. 73-bis. (Traffico di sostanze stupefacenti) - 1. Quando per i mezzi, per le modalità e per le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze i fatti previsti dall'articolo 73 sono di particolare gravità, si applicano le pene della reclusione da due a otto anni e della multa da 25.800 euro a 258.200 euro se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14 ovvero della reclusione da uno a quattro anni e della multa da 5.160 euro a 51.600 euro se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV previste dal citato articolo 14.

      Art. 73-ter. (Sospensione del processo e messa alla prova). - 1. Nei casi di cui al comma 6 dell'articolo 73, se il responsabile ha in corso o intende intraprendere un programma di recupero dalla tossicodipendenza concordato con un'azienda sanitaria locale o con uno degli enti previsti dall'articolo 115 o con privati, il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento nei confronti dell'interessato per verificare la positiva risposta al programma riabilitativo indicato. Il processo è sospeso, limitatamente all'interessato, per un periodo di prova di sei mesi o di un anno, secondo la gravità del fatto, che può essere prorogato, sentite le parti, di sei mesi. Con l'ordinanza che dispone la sospensione, il giudice:

          a) affida l'interessato all'ufficio locale di esecuzione penale esterna territorialmente competente;

 

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          b) stabilisce che il programma di recupero deve essere seguito dall'interessato secondo le indicazioni dei responsabili dell'uffico di cui alla lettera a);

          c) impartisce prescrizioni utili affinché l'interessato mantenga un regime di vita adeguato, al fine di evitare ricadute nella tossicodipendenza e nel reato.

      2. Contro l'ordinanza indicata al comma 1 possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore. L'impugnazione non sospende l'esecuzione della ordinanza.
      3. L'ufficio locale di esecuzione penale esterna aggiorna periodicamente il giudice sull'andamento della prova sia rispetto all'osservanza delle prescrizioni stabilite, sia sui progressi compiuti nella attuazione del programma terapeutico, trasmettendo, per quanto concerne i progressi, le comunicazioni dei responsabili del programma.
      4. La sospensione è revocata e il procedimento riprende in caso di ripetute e gravi trasgressioni del programma terapeutico e delle prescrizioni imposte.
      5. Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato e del suo percorso di recupero dalla tossicodipendenza, ritiene che la prova ha dato esito positivo. Altrimenti, riprende il corso del procedimento.

      Art. 73-quater. (Misura alternativa applicata in sentenza in luogo della pena detentiva nei casi di lieve entità). - 1. Nei casi di lieve entità di cui al comma 5 dell'articolo 73, particolarmente quando è ritenuta responsabile una persona che risulta coinvolta solo occasionalmente nella condotta criminosa, il giudice può sostituire la pena detentiva e pecuniaria che ritiene in concreto di infliggere con la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale per la stessa durata che avrebbe avuto la pena detentiva.
      2. Il pubblico ministero competente per la esecuzione trasmette il provvedimento di applicazione della misura alternativa al

 

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magistrato di sorveglianza del luogo di residenza del condannato.
      3. Il magistrato di sorveglianza, sentito il condannato, procede ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale, per la esecuzione del provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale di cui al comma 1 del presente articolo, detta le prescrizioni che il soggetto deve seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale e agli altri aspetti indicati nell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, previa verifica, da parte dello stesso servizio sociale, della situazione dell'interessato in ordine al suo inserimento sociale, familiare e lavorativo.
      4. Il provvedimento di affidamento in prova è trasmesso al centro di servizio sociale per adulti territorialmente competente per la redazione del verbale di sottoposizione alle prescrizioni.
      5. Si applicano i commi 8, 9 e 10 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
      6. Al termine della misura alternativa, l'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.
      7. Sempre al termine dell'affidamento in prova, se sono state segnalate violazioni delle prescrizioni, il magistrato di sorveglianza, in ordine alle stesse, valuta se, con riferimento alle restrizioni della libertà del soggetto, agli impegni da lui assunti e alla sua complessiva risposta alle prescrizioni, l'esito positivo della prova può considerarsi parimenti positivo; in tale caso, si applica il comma 6.
      8. Se la valutazione di cui al comma 7 è negativa, il magistrato di sorveglianza, ridetermina, con riferimento ai tempi e all'andamento della prova, il periodo di affidamento in prova che deve essere ancora eseguito, entro i limiti del periodo di affidamento in prova inizialmente applicato, stabilendo, inoltre, un appropriato rafforzamento del regime delle prescrizioni. Tale rideterminazione è disposta una sola volta e, al termine del nuovo periodo di prova, la pena si considera eseguita e si applica il comma 6.
 

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      9. Il magistrato di sorveglianza provvede analogamente a quanto stabilito dal presente articolo anche durante lo svolgimento della prova se le segnalazioni di violazioni delle prescrizioni, secondo la loro gravità, impongono un rafforzamento del regime delle prescrizioni o una nuova determinazione del periodo di prova residuo o entrambi. Al termine del periodo di prova, così determinato, si procede ai sensi dei commi 7 e 8.
      10. Nei casi di cui ai commi 7, 8 e 9 si procede ai sensi degli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale».

Art. 18.

      1. All'articolo 74 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Quando tre o più persone si associano, allo scopo di commettere più delitti previsti dall'articolo 73, in modo stabile e continuativo, organizzando i mezzi e le persone così da costituire il soggetto principale o uno dei soggetti principali del mercato illecito degli stupefacenti in un'area territoriale rilevante, rispondono del delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. Chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione è punito, per ciò solo, con la reclusione non inferiore a cinque anni»;

          b) al comma 2 le parole: «con la reclusione non inferiore a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione non inferiore a tre anni»;

          c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più»;

          d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. Se l'associazione è armata, la pena, nei casi indicati dal comma 1, non può

 

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essere inferiore a otto anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a cinque anni di reclusione. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito, purché la detenzione sia finalizzata alla commissione del delitto o per conseguirne, per sé o per altri, il profitto»;

          e) il comma 6 è sostituito dal seguente:

      «6. Se l'associazione è costituita per commettere i fatti descritti dai commi 5 e 6 dell'articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell'articolo 416 del codice penale».

Art. 19.

      1. L'articolo 75 del testo unico è abrogato.

Art. 20.

      1. L'articolo 75-bis del testo unico è abrogato.

Art. 21.

      1. L'articolo 78 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 78. (Quantificazione delle sostanze). - 1. Con decreto del Ministro della salute, previo parere dell'Istituto superiore di sanità, sono determinate le procedure diagnostiche e medico-legali per accertare l'uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope.
      2. Il decreto deve essere periodicamente aggiornato in relazione all'evoluzione delle conoscenze nel settore».

Art. 22.

      1. L'articolo 79 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 79. (Agevolazione dell'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope). - 1. Chiunque adibisce un locale pubblico o

 

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un circolo privato di qualsiasi specie finalizzato a luogo di convegno di persone che ivi si danno all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope è punito, per questo solo fatto, con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da 1.000 euro a 10.000 euro se l'uso riguarda le sostanze comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, o con la reclusione da otto mesi a tre anni e con la multa da 500 euro a 2.500 euro se l'uso riguarda le sostanze comprese nelle tabelle II e IV previste dal citato articolo 14.
      2. La pena è aumentata se al convegno partecipa persona di età minore.
      3. Qualora si tratti di pubblici esercizi, la condanna importa la chiusura dell'esercizio per un periodo da due a cinque anni.
      4. La chiusura del pubblico esercizio può essere disposta con provvedimento motivato dall'autorità giudiziaria procedente.
      5. La chiusura del pubblico esercizio può essere disposta con provvedimento cautelare dal prefetto territorialmente competente o dal Ministro della salute, quando l'esercizio è aperto o condotto in base a suo provvedimento, per un periodo non superiore a un anno, salve, in ogni caso, le disposizioni dell'autorità giudiziaria.
      6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi previsti dall'articolo 113-bis».

Art. 23.

      1. All'articolo 80 del testo unico, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, alinea, le parole: «per i delitti di cui all'articolo 73» sono sostituite dalle seguenti: «per i delitti di cui agli articoli 73 e 73-bis» e le parole: «da un terzo alla metà» sono soppresse;

          b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena è aumentata di un terzo; la pena è

 

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aumentata della metà quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 73 e dall'articolo 73-bis riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l'aggravante di cui alla lettera e) del comma 1 del presente articolo. Le quantità delle sostanze si considerano ingenti quando la introduzione delle stesse nel mercato illecito ne altera gli equilibri in atto».

Art. 24.

      1. All'articolo 83 del testo unico è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «1-bis. Ai fini di cui al presente articolo l'uso è considerato terapeutico anche quando è volto ad intervenire sulla tossicodipendenza».

      2. Al comma 1 dell'articolo 85 del testo unico, dopo le parole: «agli articoli 73,» sono inserite le seguenti: «73-bis,».

Art. 25.

      1. L'articolo 84 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 84. (Divieto di propaganda pubblicitaria). - 1. La propaganda pubblicitaria di sostanze o preparazioni comprese nelle tabelle previste dall'articolo 14, anche se effettuata in modo indiretto, è vietata. Non sono considerate propaganda le opere dell'ingegno non destinate alla pubblicità, tutelate dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, sul diritto d'autore».

Art. 26.

      1. L'articolo 86 del testo unico è sostituito dal seguente:

      «Art. 86. (Misura di sicurezza della espulsione dello straniero dallo Stato). - 1. Lo straniero condannato per uno dei delitti previsti dal presente testo unico, a pena espiata, è espulso dallo Stato, se risulta socialmente pericoloso.

 

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      2. La revoca della misura di sicurezza, disposta dal magistrato di sorveglianza in sede di accertamento della pericolosità sociale ai sensi dell'articolo 679 del codice di procedura penale, esclude o fa cessare gli effetti di altro provvedimento di espulsione di una autorità amministrativa».

Art. 27.

      1. L'articolo 89 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 89. (Provvedimenti restrittivi nei confronti dei tossicodipendenti o alcooldipendenti che hanno in corso programmi terapeutici). - 1. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che ha in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, ovvero nell'ambito di una struttura autorizzata, e l'interruzione del programma può pregiudicare la disintossicazione dell'imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegua il programma di recupero.
      2. Se una persona tossicodipendente o alcooldipendente, che è in custodia cautelare in carcere, intende sottoporsi ad un programma di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, ovvero una struttura autorizzata residenziale, la misura cautelare è revocata, sempre che non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. La revoca è concessa su istanza dell'interessato; all'istanza è allegata certificazione, rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze, attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, nonché la dichiarazione di disponibilità all'accoglimento rilasciata dalla struttura. Il servizio pubblico è comunque tenuto ad

 

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accogliere la richiesta dell'interessato di sottoporsi a programma terapeutico.
      3. Il giudice dispone la custodia cautelare in carcere o ne dispone il ripristino quando accerta che la persona ha interrotto l'esecuzione del programma, ovvero mantiene un comportamento incompatibile con la corretta esecuzione, o quando accerta che la persona non ha collaborato alla definizione del programma o ne ha rifiutato l'esecuzione.
      4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano quando si procede per uno dei delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale. Deve essere espressamente motivato il riconoscimento di esigenze cautelari di particolare rilevanza per l'adozione o il mantenimento della custodia cautelare. Si applica, comunque, il disposto del comma 3».

Art. 28.

      1. L'articolo 90 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 90. (Affidamento in prova al servizio sociale nei confronti di persona condannata per delitti commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza). - 1. L'affidamento in prova al servizio sociale previsto dall'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, può essere disposto nei confronti di persona che deve scontare una pena detentiva non superiore a quattro anni, anche quale parte residua di maggior pena, per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza qualora risulti che il condannato ha concluso positivamente un programma terapeutico e socioriabilitativo.
      2. Oltre alle prescrizioni previste dall'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, utili al mantenimento o al completamento del percorso di reinserimento sociale, può essere stabilito, compatibilmente con le prescrizioni predette, che, durante tutto o

 

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parte del periodo di affidamento in prova, il condannato presti una attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità».

Art. 29.

      1. L'articolo 91 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 91. (Istanza per affidamento in prova al servizio sociale). - 1. La misura alternativa alla detenzione di cui all'articolo 90 è concessa su istanza del condannato presentata al tribunale di sorveglianza del luogo in cui l'interessato risiede.
      2. Alla istanza di cui al comma 1 è allegata, a pena di inammissibilità, la certificazione rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze attestante il tipo di programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito, l'indicazione della struttura, anche privata, ove il programma è stato eseguito, le modalità di realizzazione e l'avvenuto completamento del programma stesso.
      3. Se l'ordine di carcerazione non è stato ancora emesso o eseguito, l'istanza è presentata al pubblico ministero il quale, se non osta il limite di pena di cui al comma 1 dell'articolo 90, sospende l'emissione o l'esecuzione fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, al quale trasmette immediatamente gli atti. Il tribunale decide entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell'istanza.
      4. Il disposto del comma 3 si applica anche quando l'istanza è presentata dopo che l'ordine di carcerazione è stato eseguito. In tale caso il pubblico ministero ordina la scarcerazione del condannato se non osta il limite di pena di cui al comma 1 dell'articolo 90».

Art. 30.

      1. L'articolo 92 del testo unico è sostituito dal seguente:

      «Art. 92. (Procedimento innanzi al tribunale di sorveglianza). - 1. Il procedimento

 

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si svolge ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale. Se non è possibile effettuare l'avviso al condannato nel domicilio indicato nella istanza e lo stesso non compare all'udienza, il tribunale di sorveglianza dichiara inammissibile l'istanza.
      2. Ai fini della richiesta, il tribunale di sorveglianza può acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico e socio-riabilitativo effettuato.
      3. L'ordinanza che conclude il procedimento è comunicata al pubblico ministero competente per la esecuzione, il quale, se l'istanza non è accolta, emette ordine di esecuzione della pena».

Art. 31.

      1. L'articolo 93 del testo unico, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 32.

      1. L'articolo 94 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 94. (Affidamento in prova in casi particolari). - 1. Se la pena detentiva, inflitta nel limite di quattro anni o ancora da scontare nella stessa misura, deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con una azienda sanitaria locale o con uno degli enti previsti dall'articolo 115 o privati. Alla domanda deve essere allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza e la idoneità, ai fini del recupero del condannato, del programma concordato.

 

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      2. I detenuti stranieri, apolidi o senza fissa dimora fruiscono dell'assistenza relativa alla condizione di tossicodipendenza a carico del Servizio sanitario nazionale nel cui territorio hanno dimora o nel quale comunque si trovano o nel territorio in cui ha sede l'istituto penitenziario di assegnazione. Tale servizio provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla corrispondente presa in carico dei soggetti.
      3. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 91, commi 3 e 4, e 92, commi 1 e 3.
      4. Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza può anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato; deve altresì accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l'esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio.
      5. Se il tribunale di sorveglianza dispone l'affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalità di esecuzione del programma. Sono altresì stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegue il programma di recupero. L'esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento.
      6. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni».

Art. 33.

      1. Dopo l'articolo 94 del testo unico, come da ultimo modificato dall'articolo 32 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 94-bis (Programma di reintegrazione sociale nell'ambito del programma terapeutico e riabilitativo). - 1. Se la pena detentiva inflitta, o ancora da scontare quale residuo di maggior pena, è superiore a quella prevista dall'articolo 94 e deve

 

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essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente, l'interessato può chiedere in ogni momento di essere ammesso, nel regime di esecuzione di cui al medesimo articolo 94, ad un programma di reintegrazione sociale per lo svolgimento di attività socialmente utili e non retribuite, da realizzare nell'ambito di un programma terapeutico e riabilitativo dalla tossicodipendenza, già in corso o da intraprendere presso una comunità terapeutica gestita dal servizio pubblico o da uno degli enti ausiliari di cui all'articolo 115. Alla domanda deve essere allegata, a pena di inammissibilità, la certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante: lo stato di tossicodipendenza, la idoneità del programma terapeutico e riabilitativo attuato dalla stessa, la disponibilità ad effettuarlo da parte del servizio pubblico o dell'ente ausiliario, nonché la disponibilità degli stessi o di altro ente alla attuazione del programma di reintegrazione sociale indicato. Si applica il comma 2 del citato articolo 94.
      2. Le spese di attuazione del programma di reintegrazione sociale sono a carico dell'ente che lo attua e che deve provvedere alla copertura assicurativa dell'interessato.
      3. Il tribunale di sorveglianza, se accoglie l'istanza di cui al comma 1, nel provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale definisce le modalità di attuazione della misura e, se il programma di reintegrazione sociale si svolge fuori della comunità in cui si attua il programma terapeutico e riabilitativo, i tempi di svolgimento del primo e le modalità connesse, seguendo le indicazioni dei responsabili dello stesso. Tali modalità possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente nel luogo in cui l'interessato permane per il programma terapeutico e riabilitativo.
      4. Gli enti presso cui si svolgono i programmi riferiscono periodicamente all'ufficio locale di esecuzione penale esterna, nei tempi concordati con questo, sull'andamento dei programmi stessi. L'ufficio riferisce al magistrato di sorveglianza.
 

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      5. Se l'interessato abbandona l'uno o l'altro programma di cui al comma 1 o entrambi o pone in essere violazioni rilevanti degli stessi, il magistrato di sorveglianza provvede ai sensi dell'articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Si applica, altresì, l'articolo 51-bis della citata legge n. 354 del 1975, e successive modificazioni.
      6. Si applica, per quanto non diversamente disposto dal presente articolo, la disciplina prevista dall'articolo 94.
      7. Quando la entità della pena residua, in relazione alla avvenuta esecuzione della misura prevista dal presente articolo, rientra nei limiti di cui all'articolo 94, l'interessato può avanzare istanza per l'applicazione di tale norma.
      8. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nel caso previsto dall'articolo 90 limitatamente all'applicazione del programma di reintegrazione sociale, realizzato, comunque, attraverso l'inserimento in una comunità. Si applica la disposizione di cui al comma 7».

Art. 34.

      1. I commi 6, 6-bis e 6-ter dell'articolo 96 del testo unico sono abrogati.

Art. 35.

      1. L'articolo 97 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 97. (Acquisto simulato di droga). - 1. Fermo il disposto dell'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità specializzate antidroga, i quali, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dal presente testo unico e in esecuzione di operazioni anticrimine specificatamente disposte dalla Direzione centrale per i servizi antidroga o d'intesa con questa, dal questore o dal comandante del gruppo dei Carabinieri o

 

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della Guardia di finanza o dal comandante del nucleo di polizia tributaria o dal direttore della Direzione investigativa antimafia di cui all'articolo 3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, procedono all'acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
      2. Dell'acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope effettuato ai sensi del comma 1 è data immediata e dettagliata comunicazione alla Direzione centrale per i servizi antidroga e all'autorità giudiziaria. Questa, se richiesta dalla polizia giudiziaria, può, con decreto motivato, differire il sequestro fino alla conclusione delle indagini».

Art. 36.

      1. L'articolo 113 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 113. (Funzioni di prevenzione, trattamento e riduzione del danno). - 1. Le funzioni di prevenzione, di intervento terapeutico e di riduzione del danno correlate all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope sono svolte dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, secondo princìpi e livelli essenziali di assistenza da definire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      2. Le funzioni di cui al comma 1 sono svolte nei confronti dei consumatori problematici di sostanze stupefacenti o psicotrope e di alcol dai servizi socio-sanitari pubblici e privati accreditati attraverso l'articolazione e l'integrazione degli interventi sociali e sanitari».

Art. 37.

      1. Dopo l'articolo 113 del testo unico, come ultimo sostituito dall'articolo 36 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 113-bis. (Sperimentazione di programmi e interventi sociosanitari). - 1. I

 

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Ministeri competenti promuovono e sostengono la sperimentazione di programmi e interventi innovativi circa il consumo di sostanze stupefacenti o psicotrope, da parte dei servizi sia pubblici che privati accreditati, con particolare riguardo:

          a) alle attività rivolte ai consumatori problematici in condizioni di grave marginalità, mirate a:

              1) l'ampliamento dei servizi di bassa soglia, tramite il rafforzamento delle unità di strada; dei centri diurni e notturni di prima accoglienza; l'istituzione di locali dove è possibile fare uso di sostanze stupefacenti o psicotrope in condizioni igieniche controllate;

              2) l'integrazione fra i servizi tossicodipendenze, sia pubblici che privati accreditati, a differenti soglie d'accesso; la sinergia tra i servizi tossicodipendenze e la rete complessiva dei servizi e delle prestazioni sociali e sanitarie;

              3) l'effettuazione di studi clinici controllati di valutazione sui trattamenti con sostanze psicotrope contenute nella tabella I di cui all'articolo 14;

          b) alle attività di prevenzione circa i rischi delle sostanze psicotrope di cui i consumatori non conoscono la composizione chimica e la concentrazione di princìpi attivi, mirate a:

              1) informare tramite un sistema di allerta rapido basato sull'effettuazione dell'analisi delle sostanze stupefacenti o psicotrope presso i luoghi di consumo;

              2) attivare un sistema di monitoraggio del mercato illegale con la collaborazione e la sinergia fra le forze dell'ordine e la rete dei servizi tossicodipendenze pubblici e privati accreditati.

      2. Il Ministero della salute promuove e sostiene altresì la raccolta di evidenze cliniche aneddotiche e lo svolgimento di studi medici controllati circa le applicazioni mediche della cannabis indica».

 

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Art. 38.

      1. Il comma 2 dell'articolo 114 del testo unico, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 39.

      1. L'articolo 116 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 116. (Albi regionali e provinciali). - 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia socio-assistenziale, istituiscono un albo degli enti di cui all'articolo 115 che gestiscono strutture per la riabilitazione e il reinserimento sociale dei tossicodipendenti.
      2. L'iscrizione all'albo è condizione necessaria per lo svolgimento delle attività indicate nell'articolo 115 ed è subordinata al possesso dei seguenti requisiti minimi:

          a) personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione riconosciuta o riconoscibile ai sensi degli articoli 1 e seguenti del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361;

          b) disponibilità di locali e di attrezzature adeguati al tipo di attività prescelta;

          c) personale sufficiente ed esperto in materia di tossicodipendenti.

      3. Il diniego di iscrizione agli albi deve essere motivato con espresso riferimento al possesso dei requisiti minimi di cui al comma 2, e al possesso degli eventuali requisiti specifici richiesti dalla legislazione regionale ai sensi del comma 4.
      4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano tenuto conto delle caratteristiche di autorizzazione di ciascuno degli enti di cui all'articolo 115, stabiliscono gli eventuali requisiti specifici, le modalità di accertamento e certificazione dei requisiti indicati alle lettere b) e

 

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c) del comma 2 e le cause che danno luogo alla cancellazione dagli albi.
      5. Gli enti e le associazioni iscritti a un albo che hanno più sedi operative, in Italia o all'estero, devono iscriverle separatamente ciascuna all'albo territorialmente competente; dette sedi devono possedere i requisiti indicati alle lettere b) e c) del comma 2. Per le sedi operative situate all'estero è territorialmente competente l'albo presso il quale è stata iscritta la sede centrale o, in subordine, l'albo presso il quale è stata effettuata la prima iscrizione.
      6. L'iscrizione all'albo è condizione necessaria oltre che per la stipula delle convenzioni di cui all'articolo 117, per:

          a) l'impiego degli enti per le finalità di cui all'articolo 94;

          b) l'utilizzazione delle sedi quali luoghi di abitazione o di privata dimora ai sensi dell'articolo 284 del codice di procedura penale, nonché dell'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;

          c) l'accesso ai contributi di cui agli articoli 131 e 132;

          d) l'istituzione di corsi statali sperimentali di cui all'articolo 105, comma 6, e le utilizzazioni di personale docente di cui al medesimo articolo 105, comma 7.

      7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono altresì speciali albi degli enti e delle persone che gestiscono con fini di strutture per la riabilitazione e il reinserimento sociale dei tossicodipendenti.
      8. Per le finalità indicate nel comma 1 dell'articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono abilitate a ricevere erogazioni liberali fatte ai sensi del comma 2, lettera a), del medesimo articolo 100. Le regioni e le province autonome ripartiscono le somme percepite tra gli enti di cui all'articolo 115, secondo i programmi da questi presentati ed i criteri prederminati dalle rispettive assemblee.

 

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      9. Nel caso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non provvedano ad istituire gli albi previsti dal presente articolo, gli enti di cui all'articolo 115 sono temporaneamente registrati dalle regioni e dalle province autonome, ai fini dei benefìci previsti dal presente testo unico sulla base di certificazione notarile attestante il possesso dei requisiti di cui al comma 2, lettera a), e di autocertificazione dei requisiti di cui al medesimo comma 2, lettere b) e c). I predetti enti, nel caso siano successivamente ammessi all'iscrizione agli albi, conservano come anzianità di iscrizione la data della suddetta registrazione».

Art. 40.

      1. L'articolo 117 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 117. (Convenzioni). - 1. L'esercizio delle funzioni di prevenzione, di riabilitazione, trattamento, riduzione del danno e di reinserimento indicate negli articoli 113, 113-bis e 114, nonché la realizzazione di ogni altra opportuna iniziativa della regione o degli enti locali possono essere attuati mediante apposite convenzioni da stipulare tra le aziende sanitarie locali, gli enti ed i centri di cui all'articolo 114 e gli enti, le cooperative di solidarietà sociale o le associazioni iscritti all'albo regionale o provinciale.
      2. Le convenzioni con gli enti, le cooperative di solidarietà sociale e le associazioni aventi sedi operative in territorio estero devono coprire per tali sedi anche gli oneri per le prestazioni di assistenza sanitaria. Le convenzioni devono prevedere l'obbligo di comunicare all'ente concedente il numero degli assistiti ed i risultati conseguiti nella attività di prevenzione e recupero.
      3. Le convenzioni devono essere conformi allo schema-tipo predisposto dal Ministro della salute ed a quello predisposto dal Ministro della giustizia ai fini di cui all'articolo 94.

 

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      4. L'attività di enti, cooperative di solidarietà sociale e associazioni in esecuzione delle convenzioni è svolta in collegamento con il servizio pubblico che ha indirizzato il tossicodipendente ed è sottoposta al controllo e agli indirizzi di programmazione della regione in materia».

Art. 41.

      1. L'articolo 120 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 120. (Terapia volontaria e anonimato). - 1. Chiunque fa uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope può chiedere al servizio pubblico per le tossicodipendenze di essere sottoposto ad accertamenti diagnostici e di definire un programma terapeutico e socio-riabilitativo.
      2. Qualora si tratti di persona minore di età o incapace di intendere e di volere la richiesta di intervento può essere fatta, oltre che personalmente dall'interessato, da coloro che esercitano su di lui la potestà parentale o la tutela.
      3. Gli interessati, a loro richiesta, possono beneficiare dell'anonimato nei rapporti con i servizi, i presìdi e le strutture delle aziende sanitarie locali, nonché con i medici, gli assistenti sociali e tutto il personale addetto o dipendente.
      4. Gli esercenti la professione medica che assistono persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope possono, in ogni tempo, avvalersi dell'ausilio del servizio pubblico per le tossicodipendenze.
      5. Coloro che hanno chiesto l'anonimato hanno diritto a che la loro scheda sanitaria non contenga le generalità né altri dati che valgano alla loro identificazione.
      6. I dipendenti del servizio pubblico per le tossicodipendenze non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione, né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Agli stessi si

 

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applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del medesimo codice in quanto applicabili. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche a coloro che operano presso gli enti, centri, associazioni o gruppi che hanno stipulato le convenzioni di cui all'articolo 117.
      7. Ogni regione o provincia autonoma provvede a elaborare un modello unico regionale di scheda sanitaria da distribuire, tramite l'ordine dei medici-chirurghi e degli odontoiatri di ogni provincia, ai singoli presìdi sanitari ospedalieri e ambulatoriali. Le regioni e le province autonome provvedono agli adempimenti di cui al presente comma.
      8. Il modello di scheda sanitaria deve prevedere un sistema di codifica atto a tutelare il diritto all'anonimato del paziente e ad evitare duplicazioni di carteggio».

Art. 42.

      1. L'articolo 122 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 122. (Definizione del programma terapeutico e socio-riabilitativo). - 1. Il servizio pubblico per le tossicodipendenze, compiuti i necessari accertamenti e sentito l'interessato, che può farsi assistere da un medico di fiducia autorizzato a presenziare anche gli accertamenti necessari, definisce un programma terapeutico e socio-riabilitativo personalizzato che può prevedere, ove le condizioni psicofisiche del tossicodipendente lo consentano, in collaborazione con i centri di cui all'articolo 114 e avvalendosi delle cooperative di solidarietà sociale e delle associazioni di cui all'articolo 115, iniziative volte ad un pieno inserimento sociale attraverso l'orientamento e la formazione professionale nonché attività di pubblica utilità o di solidarietà sociale. Nell'ambito del programma, in casi di riconosciute necessità ed urgenza, il servizio pubblico per le

 

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tossicodipendenze può disporre l'effettuazione di terapie di disintossicazione, nonché trattamenti psico-sociali e farmacologici adeguati. Il servizio pubblico per le tossicodipendenze controlla l'attuazione del programma da parte del tossicodipendente.
      2. Il programma deve essere formulato nel rispetto della dignità della persona, tenendo conto in ogni caso delle esigenze di lavoro e di studio nonché delle condizioni di vita familiare e sociale dell'assuntore.
      3. Il programma è attuato presso strutture riabilitative iscritte a un albo regionale o provinciale o, in alternativa, con l'assistenza del medico di fiducia.
      4. Quando l'interessato ritenga di attuare il programma presso strutture riabilitative iscritte a un albo regionale o provinciale, la scelta può cadere su qualsiasi struttura situata nel territorio nazionale, ovvero iscritta agli albi ai sensi dell'articolo 116, comma 5, secondo periodo, che dichiari di essere in condizioni di accoglierlo.
      5. Il servizio pubblico per le tossicodipendenze, destinatario delle segnalazioni previste dall'articolo 121 ovvero del provvedimento di cui all'articolo 75, comma 9, definisce, entro dieci giorni decorrenti dalla data di ricezione della segnalazione o del provvedimento suindicato, il programma terapeutico e socio-riabilitativo».

Art. 43.

      1. L'articolo 122-bis del testo unico è abrogato.

Art. 44.

      1. L'articolo 123 del testo unico, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 45.

      1. L'articolo 125 del testo unico, e successive modificazioni, è abrogato.

 

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Art. 46.

      1. All'articolo 127 del testo unico, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 7, lettera a), le parole: «purché finalizzati al recupero psico-fisico della persona» sono soppresse;

          b) il comma 8 è abrogato;

          c) al comma 11, le parole: «lire 200 milioni annue» sono sostituite dalle seguenti: «100.000 euro annui».

Art. 47.

      1. Il comma 12 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena, compresi la pena pecuniaria, le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna».


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