PDL 1249
XV LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1249
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BIANCHI, SUPPA, BUCCHINO, BURTONE, CANCRINI, D'ANTONA, FINCATO, GHIZZONI, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, OTTONE, PELLEGRINO, SAMPERI, SERVODIO, SQUEGLIA
Nuove norme per il potenziamento della lotta contro la violenza sessuale
Presentata il 29 giugno 2006
Onorevoli Colleghi! - La violenza contro le donne è forse, tra le violazioni dei diritti umani, quella più vergognosa.
«Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace» (Kofi Annan, Segretario generale delle Nazioni Unite, 25 novembre 2000). Ancora oggi queste parole risultano più che mai attuali.
L'Italia, grazie a una lunga battaglia delle donne, si è dotata soltanto da pochi anni di una legislazione per il perseguimento dei reati di violenza sessuale. La legge 15 febbraio 1996, n. 66, ha rappresentato un passaggio fondamentale di questo percorso: riconoscendo che la sessualità è uno dei «veicoli» attraverso i quali si esprime la personalità umana, una modalità di «comunicazione» interpersonale, essa attribuisce alla violenza sessuale la gravità e la «dignità» di reato contro la persona.
Mentre, infatti, i «delitti sessuali» nell'originario codice Rocco rientravano tra i «delitti contro la moralità pubblica e il buon costume», è solo con la legge n. 66 del 1996 che essi ottengono l'attuale collocazione, all'interno del libro secondo del codice penale, nell'ambito del titolo XII dedicato ai «delitti contro la persona», al capo III recante «dei delitti contro la libertà individuale». La violenza sessuale
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non è più vista come una lesione ad «inafferrabili e vaghi interessi pubblici e sociali sovrastanti quelli delle persone offese dalle violenze sessuali» (Coppi F., «
I reati sessuali», Torino, 2000), ma come un'offesa diretta ed immediata a diritti fondamentali ed esclusivi dell'individuo. Non è la moralità pubblica ad essere offesa, ma la persona e ad essere violato è il diritto di ognuno di determinarsi con assoluta libertà in campo sessuale.
La legge n. 66 del 1996 ha costituito una grande conquista di civiltà per il nostro Paese permettendo di far emergere il fenomeno e, incoraggiando la denuncia da parte delle donne, ha reso possibile il diffondersi di centri e di case antiviolenza su gran parte del territorio nazionale, associazioni di donne che svolgono un'importante funzione di accoglienza, soccorso e assistenza delle vittime, anche durante i processi.
Tuttavia, nonostante i passi in avanti compiuti, continuano ad allarmare i fatti di cronaca, anche recenti, che evidenziano come la violenza sessuale sia tuttora diffusa, anche nelle odiose ed efferate forme del «branco».
«I reati sessuali costituiscono un problema molto serio nelle società occidentali (...) mentre vi sono difficoltà nello stimare la diffusione degli abusi sessuali, è dimostrato quanto sia grave l'incidenza di queste aggressioni sull'intera vita delle vittime e delle loro famiglie», così si esprimono Marshall e Anderson, medici canadesi fautori di un programma clinico per il trattamento degli aggressori sessuali in ambiente comunitario e carcerario (Marshall W.L.-Anderson D.-Fernandez Y., in «
Trattamento cognitivo comportamentale degli aggressori sessuali», Centro Scientifico, 2001).
Il reale livello di incidenza di tale tipologia di reati è a tutt'oggi difficile da stimare, perché frequentemente non vengono denunciati, soprattutto nei casi di molestia o violenza su minori e in quelli di stupro, dove si riscontra una «cifra nera» maggiore che non in altri settori.
Ciononostante, a decorrere dagli anni novanta, studi statistici rilevano un incremento del numero delle denunce di reati di violenza sessuale (dalle circa 1.000 unità annue degli anni settanta e ottanta, alle circa 1.500 unità degli anni novanta); «l'aumento delle denunce rappresenta il prezzo che la donna paga per il raggiungimento della libertà sessuale» (Traverso-Manna, «
Analisi statistica e considerazioni criminologiche sulle denunce di violenza carnale in Italia nel periodo 1982-1987», in «Rassegna italiana di criminologia», 1991).
Quando il reato sessuale viene perpetrato da un aggressore non conosciuto dalla vittima, studi statistico-criminologici descrivono il profilo del delinquente sessuale come quello del maschio celibe di età intorno ai trentacinque anni, spesso con basso livello di scolarizzazione. Il non esser mai stato sposato può essere un'importante variabile nella prognosi di recidiva, in quanto il soggetto ha spesso scarso interesse a sviluppare relazioni permanenti con una donna.
Nei reati sessuali, una forte causalità è spesso attribuibile anche a «fattori di stato» (e non «di tratti») quali la rabbia, la poca autostima e la scarsa empatia per la vittima, fattori purtroppo «pressoché invisibili alle abituali rilevazioni attuabili» (Ferracuti S., «
Il delinquente persistente», in «Rassegna italiana di criminologia», vol. XI-XII, 2000-2001).
Mentre la medicina si interessa di approfondire e scandagliare gli «impulsi» appartenenti alla sfera istintiva e difficilmente controllabili dalla funzione volitiva, la giurisprudenza è ferma all'esame delle funzioni superiori dell'intelletto: intelletto e volontà.
Approcci interdisciplinari evidenziano come «agire sulla prevenzione e/o riduzione della recidiva e sulla tutela della vittima non possa prescindere dall'approfondita conoscenza dei fattori che identificano situazioni di rischio favorevoli alla reiterazione del comportamento abusante» (De Leo G.-Cuzzocrea V.-Di Tullio D'Elisiis M.S.-Lepri G.L., «
L'abuso sessuale sui minori», in «Rassegna penitenziaria e criminologia», 2001).
Nella categoria criminale rientrano anche alcuni
serial killer che uccidono più
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persone in momenti successivi, individui nei quali si manifesta con particolare evidenza la pochezza del piacere sessuale nell'atto perverso, poiché a predominare è una violenza carica di odio e di rabbia, il ripetersi nell'individuo di una motivazione costruita da una sadica e distruttiva associazione di sesso e morte (Introna F., «Sexuals offenders:
spunti di criminologia e di psicopatologia forense», in «Rivista italiana di medicina legale», 2002).
In generale, rispetto ad autori di altri tipi di reato, in chi ha scontato la condanna per un reato sessuale si riscontra una minore percentuale di recidiva.
Tuttavia, quando la reiterazione avviene, essa riguarda un numero di individui non numerosi ma normalmente plurirecidivi e le violenze, in tali situazioni, avvengono per lo più in ambito domestico e nei rapporti di coniugio.
Incentrandosi la tutela penale attorno al concetto di libertà sessuale come diritto della persona, è evidente come tale diritto non venga degradato in presenza di un rapporto coniugale.
La gran parte della letteratura internazionale e alcuni recenti progetti europei in tema di maltrattamenti, abusi e violenza sessuale, mettono in luce come il fenomeno persista in determinate forme e tipologie: l'incremento riguarda in particolare i maltrattamenti domestici e in ambito familiare, ed è in crescita un aspetto «inedito» di vessazione, il cosiddetto «
stalking».
Da una ricerca curata dall'associazione Differenza Donna - effettuata su un campione di 68 donne della provincia e del comune di Roma che si sono rivolte ai centri antiviolenza nel periodo compreso fra giugno 1999 e dicembre 2000 - si evince che: con riferimento alle donne che hanno subìto violenza, per il 36,8 per cento dei casi l'autore della persecuzione è l'ex-convivente o fidanzato, negli altri 63,2 per cento dei casi l'ex-marito; quindi la persecuzione, fisica, verbale o psicologica, avviene nella maggior parte dei casi da parte dell'ex-
partner anche dopo la separazione.
Secondo una ricerca dell'Istituto nazionale di statistica presentata nel novembre 2005 da Laura Linda Sabbadini, sugli abusi sessuali sulle donne in Italia, solo un quarto degli stupri avviene per strada e solo nel 18 per cento dei casi il violentatore è sconosciuto alla vittima. La violenza sessuale sulle donne ha per complice le mura domestiche. A essere oggetto di uno stupro o un tentato stupro è il 2,6 per cento delle donne fra 14 e 59 anni di età. La strada è il luogo delle violenze nel 27 per cento dei casi. In tre casi su quattro l'abuso sessuale, tentato o realizzato, ha per protagonista un familiare, un amico, un parente. Il 3,1 per cento delle donne nel corso della vita lavorativa è stato sottoposto a ricatti sessuali sul posto di lavoro: l'1,8 per cento per essere assunto e l'1,8 per cento per mantenere il posto di lavoro o avanzare di carriera. Il 55,6 per cento ha finito con il cambiare lavoro volontariamente, solo il 4,4 per cento ha continuato a lavorare, il 3,5 per cento è stato licenziato. Sono per lo più le donne con titolo di studio elevato a essere vittime di ricatti sessuali nel corso della vita: le donne che presentano il tasso di vittimizzazione più basso hanno infatti al massimo la licenza elementare (1,3 per cento). Il nord-est e le isole presentano il minore numero di vittime, così come i comuni più piccoli e medio-piccoli. Inoltre, quando una donna subisce un ricatto sessuale, nel 77,1 per cento dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro.
Anche l'Osservatorio di Telefono rosa rivela, su un campione di segnalazioni del 2005, che la violenza sulle donne è soprattutto un fenomeno casalingo e che l'aumento della violenza tra le mura domestiche è legato anche all'aumento di uso di alcol (11,2 per cento) e di droghe (4,8 per cento). La donna risulta più esposta a situazioni a rischio, anche a causa delle difficoltà economiche che la vedono in svantaggio e della carenza dei servizi sociali. Quanto al profilo della vittima della violenza, il più tipico è quello della donna coniugata tra i 35 e i 54 anni di età, con figli, casalinga (24,7 per cento) o impiegata (20,7 per cento) o appunto disoccupata
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(14,9 per cento), e con un diploma di scuola media superiore.
In relazione a questo complesso fenomeno è utile avere a mente il quadro legislativo e l'evoluzione normativa in materia di maltrattamenti in Italia. Tra i reati, previsti dal codice penale, riconducibili a casi di maltrattamenti:
percosse (articolo 581 del codice penale), reato punibile con una pena fino a sei mesi di reclusione;
lesione personale (articolo 582 del codice penale), reato punibile da tre mesi a tre anni di reclusione e procedibile a querela di parte se la malattia ha una durata non superiore a venti giorni;
lesione personale grave (articolo 583, primo comma, del codice penale), reato procedibile d'ufficio e punito con la reclusione da tre a sette anni;
lesione personale gravissima (articolo 583, secondo comma, del codice penale), reato procedibile d'ufficio e punito fino a dodici anni di reclusione;
omicidio preterintenzionale (articolo 584 del codice penale), reato punibile con la reclusione da dieci a diciotto anni;
omicidio con dolo (articolo 575 del codice penale), reato punibile con anni di reclusione non inferiori a ventuno;
ingiuria (articolo 594 del codice penale), reato procedibile a querela di parte;
violenza privata (articolo 610 del codice penale), reato procedibile d'ufficio e punibile fino ad anni quattro di reclusione;
minaccia (articolo 612 del codice penale), reato a querela di parte o procedibile d'ufficio a seconda della modalità della minaccia (ad esempio con armi);
maltrattamenti in famiglia (articolo 572 del codice penale), reato sanzionato con la reclusione da uno a cinque anni. Il reato può manifestarsi con qualsiasi comportamento commissivo od omissivo tendente a infliggere sofferenze (Cassazione penale, sezione VI, 16 maggio 1996; Manente, 2002) ed è costituito da una molteplicità di comportamenti per ognuno dei quali sia presente nell'aggressore la volontà di maltrattare la vittima dal punto di vista fisico, psicologico, morale o sessuale.
Con l'approvazione della legge 4 aprile 2001, n. 154, recante «Misure contro la violenza nelle relazioni familiari», sono stati introdotti nel nostro ordinamento civile e penale strumenti innovativi volti a contrastare il problema della violenza familiare e garantire una rapida, anche se temporanea, tutela di chi subisce violenza all'interno delle mura domestiche. Tale legge prevede che sia l'autore della violenza a doversi allontanare dal domicilio familiare, evitando così che sia la vittima a doversi rifugiare in un luogo sicuro e protetto per sottrarsi alle condotte violente del partner e salvaguardare se stessa e i suoi eventuali figli. Prima dell'entrata in vigore della legge n. 154 del 2001, in ambito penale l'esigenza di tutela poteva essere garantita dall'applicazione di alcune misure cautelari come il divieto o l'obbligo di dimora (articolo 283 del codice di procedura penale) o la custodia cautelare in carcere (articolo 285 del codice di procedura penale), mentre in sede civile l'unico percorso per ottenere l'allontanamento del coniuge violento era quello della separazione. Ma in tale caso l'adozione da parte del giudice civile di provvedimenti provvisori e urgenti (fra cui l'assegnazione della casa e l'eventuale mantenimento) prevedeva tempi spesso troppo lunghi; rimanevano inoltre escluse dall'applicazione di tali provvedimenti tutte le coppie di fatto.
Sotto il profilo penale è stata introdotta una nuova misura cautelare (allontanamento dalla casa familiare, articolo 1 della citata legge n. 154 del 2001, che introduce l'articolo 282-bis del codice di procedura penale), consistente nell'obbligo di «lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza alcuna autorizzazione del giudice che procede». All'interno di queste disposizioni il giudice penale può poi impartire anche specifiche prescrizioni,
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«qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti» (comma 2 del citato articolo 282-
bis), come ad esempio il divieto di avvicinarsi a luoghi determinati ovvero «a luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti».
Sotto il profilo civile, invece, è stata istituita una nuova azione avente ad oggetto l'«ordine di protezione contro gli abusi familiari» (articolo 2 della citata legge n. 154 del 2001, che introduce gli articoli 342-
bis e 342-
ter del codice civile) nei casi in cui la condotta del coniuge o del convivente «è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente». Sulla base dell'articolo 3 della legge in oggetto, che introduce l'articolo 736-
bis del codice di procedura civile, possono essere impartiti diversi ordini di protezione, fra cui quello dell'allontanamento dalla casa familiare nei casi e nelle modalità previsti per l'azione penale, l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare o di altre associazioni che abbiano come forma statutaria il sostegno e l'accoglienza dei soggetti vittime di abusi e maltrattamenti, l'obbligo da parte della persona allontanata di versare un assegno periodico a favore delle persone conviventi che a seguito dell'allontanamento rimangono prive di mezzi adeguati (anche direttamente dal datore di lavoro, ove previsto dalla legge).
Tale legge costituisce una valida risposta per quelle donne che per sfuggire alla violenza sono costrette ad andare via di casa con i figli. Le associazioni non governative che gestiscono i centri antiviolenza e, in particolar modo, gli uffici legali dei centri fanno ampiamente ricorso a questa legge che viene recepita e applicata da giudici civili e penali con riscontri positivi di tutela, anche se temporanea, dei soggetti maltrattati.
Dal quadro esaminato emerge non tanto la mancanza di strumenti legislativi quanto la necessità, da un lato, di intervenire per dare effettiva attuazione alle leggi vigenti; dall'altro, appare opportuno introdurre alcune modifiche e disposizioni integrative alla legislazione in tema di violenza sessuale, al fine di rafforzare le strategie di contrasto, di riduzione e di prevenzione di un fenomeno in preoccupante crescita.
A tal fine, la presente proposta di legge mira a un potenziamento complessivo della lotta contro la violenza sessuale, mediante l'introduzione delle seguenti misure:
1) istituzione di un «pool» specializzato di magistrati per tutti i reati legati alla sfera delle violenze, degli abusi sessuali, del maltrattamento e tentato omicidio in ambito familiare, presso le procure della Repubblica, affinché tale attività sia effettuata e coordinata da personale altamente specializzato (articolo 2, comma 1);
2) potenziamento delle unità specializzate di polizia giudiziaria presso le questure, affinché il personale sia dotato di appropriata formazione e numericamente adeguato all'ambito territoriale in cui opera (articolo 2, comma 2);
3) predisposizione di sportelli, presso le questure, al servizio del cittadino. Tale previsione contempla l'accoglimento, da parte di psicologi ed assistenti sociali preparati ad hoc, delle vittime di abusi, maltrattamenti e violenze sessuali; ciò potrebbe facilitare la persona offesa dal reato a trovare il coraggio di raccontare la violenza subita - accantonando paure e vergogne che potrebbero sorgere dinanzi a personale delle Forze dell'ordine - e a decidere di denunciare il delitto perpetrato a suo danno (articolo 2, comma 3);
4) istituzione di un Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale, presso il Ministero dell'interno, con compiti di coordinamento delle attività di prevenzione e contrasto e di monitoraggio del fenomeno a livello nazionale (articolo 3);
5) previsione di modifica dell'attuale articolo 609-bis del codice penale, concernente
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il reato di violenza sessuale. Appare utile superare l'attuale formulazione che richiede il requisito della «costrizione» della vittima ai fini dell'imputazione, in favore di quella basata sulla «mera mancanza di consenso» all'atto sessuale, onde tutelare pienamente il diritto di libertà sessuale. La vigente disposizione richiede infatti una condotta coartativa della volontà della vittima, attuata attraverso «violenza o minaccia o mediante abuso di autorità» al compimento dell'atto: si richiede una sorta di «onere di resistenza» in capo alla vittima come presupposto dell'accesso alla tutela penale. Spesso, però, l'aggredito è persona che non reagisce, ad esempio perché terrorizzata, oppure perché ritiene così di evitare un male ancora peggiore, oppure in quanto la violenza è perpetrata in ambito familiare. La modifica proposta - di introduzione della mera mancanza di consenso ai fini dell'imputazione del reato - ci sembra un'opzione che, per quanto delicata, risponda a nuove esigenze di tutela, e che rispetti, al contempo, il principio costituzionale di sufficiente determinatezza della fattispecie penale, di cui all'articolo 25 della Costituzione (articolo 4);
6) introduzione tra le circostanze aggravanti dei reati di violenza sessuale - tassativamente indicate all'articolo 609-ter del codice penale - quella del fatto commesso su persona in stato di gravidanza. Tale previsione aggiuntiva, tra l'altro prevista in alcune legislazioni europee, tra cui quella francese, mira a sopperire a una grave dimenticanza del legislatore del 1996 (articolo 5);
7) introduzione della possibilità di concedere, in sede di condanna, la sospensione condizionale della pena, a condizione che il condannato decida di sottoporsi a un trattamento terapeutico o riabilitativo. L'aggiunta della suddetta ipotesi, mediante lettera aggiuntiva al comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale, concernente l'esecuzione delle pene detentive, si configura quale incentivo (non obbligo) nei confronti dei colpevoli di delitti sessuali, ad accettare la cura psichiatrica o il trattamento psicoterapeutico. La necessità di fornire l'occasione della cura accanto all'applicazione della sanzione appare utile proprio nei casi di delitti sessuali e in particolare in quelli di pedofilia, la cui commissione, pur in presenza di una piena imputabilità, normalmente dipende da cause patologiche o disturbi della personalità (articolo 6);
8) introduzione nel nostro codice penale di una nuova fattispecie di reato, l'articolo 609-ter.1, recante misure per contrastare in modo specifico il fenomeno delle «molestie assillanti», cosiddetto «stalking». In Italia non esiste ancora una fattispecie penale e ancora si conosce poco del fenomeno, anche se indagini effettuate dai centri antiviolenza indicano che le molestie assillanti possono avere conseguenze spesso letali. Numerosi studi internazionali indicano come oltre il 70 per cento delle donne che hanno subìto maltrattamenti da parte del proprio compagno continua a essere a rischio di subire violenza anche dopo la separazione. Le donne spesso, anche dopo essersi liberate dall'uomo violento separandosi, continuano a essere minacciate, riportando danni importanti a breve e a lungo termine che ledono la loro integrità psico-fisica, con costi individuali e sociali altissimi. Una legge contro lo «stalking» è stata introdotta per la prima volta negli Stati Uniti, in California nel 1990. Lo «stalking» si caratterizza per una serie di azioni lesive ripetute nel tempo e dirette verso una specifica persona; si attua con atteggiamenti come seguire, telefonare ostinatamente, lasciare messaggi in segreteria, inviare lettere, fare regali, andare sul posto di lavoro, danneggiare oggetti di proprietà della vittima, appostarsi, inseguire. Queste azioni possono o meno essere accompagnate da minacce credibili a cui può fare seguito una vera e propria aggressione o un omicidio. Per questi motivi è necessario introdurre nuove disposizioni che permettano di intervenire per contrastare il fenomeno dello «stalking», graduando
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l'intervento, dapprima con misure dissuasive, successivamente con misure cautelari e punitive nel caso di reiterazione della condotta, nei confronti degli autori della molestia assillante (articolo 7);
9) previsione del gratuito patrocinio in favore delle vittime dei reati di violenza sessuale, disposizione che, inquadrandosi nella logica solidaristica dello Stato moderno, predispone le condizioni sociali per un'effettiva tutela della persona (articolo 8);
10) previsione di risorse finanziarie aggiuntive per incentivare la creazione dei pool, potenziare l'organico degli addetti alle attività di investigazione e di contrasto del fenomeno e favorire programmi di aggiornamento e di formazione professionale adeguati agli scopi previsti dalla presente proposta di legge (articoli 9 e 10).
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità).
1. La presente legge reca norme finalizzate al potenziamento della lotta contro la violenza sessuale, nonché misure volte alla specializzazione delle Forze dell'ordine e della magistratura per il perseguimento dei reati inerenti le violenze e gli abusi sessuali, al coordinamento delle funzioni e delle azioni previste dalla legislazione vigente in materia, nonché disposizioni volte al rafforzamento della tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale, inclusi quelli di molestie assillanti disciplinati dall'articolo 609-ter.1 del codice penale, introdotto dall'articolo 7 della presente legge.
Art. 2.
(Istituzione di pool sui reati di violenza sessuale, presso le procure della Repubblica, istituzione di sportelli di sostegno al cittadino presso le questure e potenziamento delle unità specializzate di polizia giudiziaria).
1. Per le finalità di cui all'articolo 1 e allo scopo di consentire lo svolgimento coordinato delle funzioni previste dalla legislazione vigente in materia di violenza sessuale sono istituite, presso le procure della Repubblica, strutture specializzate sui reati inerenti la sfera della violenza sessuale, denominate «pool».
2. Al fine di potenziare le unità specializzate di polizia giudiziaria costituite presso le squadre mobili di ogni questura e di favorire il coordinamento con le attività dei pool di cui al comma 1, sono previsti corsi di formazione professionale e di aggiornamento in materia di abusi, maltrattamenti e violenze sessuali.
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3. Presso ogni questura è istituito uno sportello al fine di dare sostegno e assistenza ai cittadini, in relazione ai fenomeni di abusi, ai maltrattamenti e ai reati inerenti le violenze sessuali. A tale scopo, ogni sportello deve prevedere nella propria dotazione organica almeno uno psicologo e un assistente sociale.
Art. 3.
(Istituzione dell'Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale).
1. Per il coordinamento delle attività di prevenzione e contrasto dei reati inerenti le violenze sessuali e per il monitoraggio del fenomeno sul territorio nazionale è istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale, di seguito denominato «Osservatorio». La nomina dei componenti dell'Osservatorio è disposta con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale.
2. Il decreto di cui al comma 1, recante, altresì, disposizioni sull'organizzazione e sul funzionamento dell'Osservatorio, è emanato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e previa intesa acquisita in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata», entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Con successivo decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 7, i compensi spettanti ai componenti dell'Osservatorio.
4. L'Osservatorio è composto da:
a) un rappresentante della Polizia di Stato, proposto dal Capo della Polizia;
b) un rappresentante dell'Arma dei carabinieri, proposto dal Comandante generale dell'Arma;
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c) un rappresentante del Corpo della guardia di finanza, proposto dal Comandante generale del Corpo;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno e un rappresentante del Ministero della solidarietà sociale, indicati, rispettivamente, dal Ministro dell'interno e dal Ministro della solidarietà sociale;
e) tre membri delle regioni proposti dalla Conferenza unificata, rappresentanti rispettivamente le aree del nord, del centro e del sud del territorio nazionale;
f) due rappresentanti delle associazioni dei centri antiviolenza, designati dal Coordinamento nazionale dei centri antiviolenza.
5. L'Osservatorio svolge i seguenti compiti:
a) raccoglie, con cadenza mensile, dati sugli atti di violenza sessuale perpetrati nel territorio nazionale e li elabora al fine di predisporre una carta delle maggiori aree a rischio. Tale elaborazione è finalizzata al potenziamento degli interventi da parte delle Forze dell'ordine;
b) redige annualmente, entro il 31 dicembre, sulla base dei dati forniti dalla Polizia dello Stato, dall'Arma dei carabinieri, dal Corpo della guardia di finanza e dai pool sui reati di violenza sessuale di cui all'articolo 2, una relazione al Parlamento in cui delinea il quadro evolutivo delle fenomenologie criminali attinenti ai reati di violenza sessuale, presenta l'elenco delle aree del territorio nazionale ritenute più a rischio e propone nuovi strumenti di tutela delle vittime di reati a sfondo sessuale;
c) individua, sulla base degli elaborati e delle informazioni di cui alle lettere a) e b), gli interventi prioritari di prevenzione e di lotta ai reati di violenza sessuale;
d) individua nuove modalità di intervento, anche mediante l'utilizzazione di strumenti ad alta tecnologia;
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e) predispone e coordina campagne di educazione e di comunicazione sui reati di violenza sessuale dedicando particolare attenzione a specifiche campagne di comunicazione rivolte ai cittadini extracomunitari, anche al fine di promuovere la conoscenza della cultura e dei costumi nazionali nonché delle pene previste per i reati di violenza sessuale.
6. Gli interventi di cui al comma 5 confluiscono in un programma, approvato dal Ministro dell'interno di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, per la realizzazione del quale è autorizzata la spesa di 200 milioni di euro per l'anno 2006, di 300 milioni di euro per l'anno 2007 e di 700 milioni di euro per l'anno 2008.
7. Per il funzionamento dell'Osservatorio è autorizzata la spesa di 500 mila euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.
Art. 4.
(Modifica all'articolo 609-bis del codice penale, concernente il reato di violenza sessuale).
1. Il primo comma dell'articolo 609-bis del codice penale è sostituito dal seguente:
«Chiunque costringe taluno a compiere o subire atti sessuali senza il suo consenso, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni».
Art. 5.
(Modifica all'articolo 609-ter del codice penale, concernente le circostanze aggravanti il reato di violenza sessuale).
1. Al primo comma dell'articolo 609-ter del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente numero:
«5-bis) nei confronti di persona in stato di gravidanza».
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Art. 6.
(Modifica all'articolo 656 del codice di procedura penale, concernente l'esecuzione delle pene detentive).
1. Dopo la lettera c) del comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale è inserita la seguente:
«c-bis) nei confronti dei condannati per i delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, che non si sottopongano ad un trattamento terapeutico-riabilitativo».
Art. 7.
(Introduzione dell'articolo 609-ter.1 del codice penale, concernente il reato di molestie assillanti).
1. Dopo l'articolo 609-ter del codice penale è inserito il seguente:
«609-ter.1 - (Molestie assillanti) - Chiunque, con comportamenti intrusivi e reiterati di sorveglianza, controllo, ricerca di contatto e di momenti di intimità indesiderati, pone taluno in uno stato di soggezione, paura o disagio emotivo, tali da ledere la altrui libertà morale o personale o la salute psicofisica, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa di 20.000 euro.
Il delitto di cui al primo comma è perseguibile a querela della persona offesa.
La persona che si ritiene offesa dalle condotte di cui al primo comma può presentare all'autorità giudiziaria competente richiesta di diffida all'autore delle stesse. In presenza di specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato da parte delle persone denunciate, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del giudice che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia assillante.
Se nonostante la diffida formale l'indagato compie nuovi atti di molestia assillante il giudice può prescrivere all'indagato le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis,
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283 e 285 del codice di procedura penale, nonché ordinare le misure previste dagli articoli 342-
bis e 342-
ter del codice civile».
Art. 8.
(Gratuito patrocinio per le vittime
di reati di violenza sessuale).
1. Il patrocinio delle vittime di reati legati alla sfera delle violenze sessuali di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-ter.1, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale è a totale carico dello Stato.
Art. 9.
(Risorse finanziarie finalizzate al potenziamento dell'attività di prevenzione, vigilanza e repressione dei reati di violenza sessuale).
1. Per l'espletamento delle attività della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri di prevenzione, vigilanza e repressione dei reati di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-ter.1, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, nonché per il potenziamento delle attività dei pool e delle unità specializzate di polizia giudiziaria, per la formazione e l'aggiornamento professionali degli addetti di cui alla presente legge, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, la spesa di 200 milioni di euro.
Art. 10.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2 e dell'articolo 3, comma 7, valutato in 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente
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utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 6, valutato in 200 milioni di euro per l'anno 2006, in 300 milioni di euro per l'anno 2007 e in 700 milioni di euro per l'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 8, valutato in 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede, per gli anni 2006, 2007 e 2008, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
4. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 9, valutato in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 11.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.