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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 502 |
a) il sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne (capo I);
b) la promozione dell'imprenditoria e dell'imprenditorialità femminili (capo II);
c) il sostegno al reddito delle madri lavoratrici, nonché interventi in materia di politiche per la famiglia (capo III);
d) l'attuazione dell'articolo 51 della Costituzione, in materia di pari opportunità nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive (capo IV).
Il capo I, dedicato alle norme a sostegno della partecipazione al lavoro delle donne, reca in apertura una misura destinata a incidere sul primo ordine di difficoltà incontrato dalle donne nell'accesso al mercato del lavoro: l'elemento anagrafico. A parità di formazione e di qualificazione, le giovani donne scontano una vistosa penalizzazione nell'accesso al lavoro a tempo indeterminato, cui corrisponde una prevalente utilizzazione delle stesse nell'ambito di forme parasubordinate di prestazione.
A tale fine, l'articolo 2 introduce, per il periodo 2007-2010, uno specifico incentivo fiscale all'assunzione di lavoratrici giovani, nella forma di un credito d'imposta pari a 500 euro per ciascuna nuova assunzione che incrementi il numero dei dipendenti a tempo indeterminato.
L'incentivo è riconosciuto ai datori di lavoro (con l'esclusione delle pubbliche amministrazioni) che assumono lavoratrici fino a 32 anni di età, che non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno 24 mesi e che siano residenti in un'area geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 10 per cento rispetto a quello maschile, ovvero in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 5 per cento quello maschile.
L'agevolazione è modellata sull'incentivo per l'occupazione di cui all'articolo 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) che nel corso della XIV legislatura è stato prima «congelato» e quindi ridimensionato, fino a svuotarne progressivamente l'effettività sia con una riduzione degli importi ammessi al credito d'imposta, sia attraverso l'eliminazione del carattere di automaticità dell'incentivo.
Un'agevolazione fiscale riconosciuta direttamente al nucleo familiare di appartenenza della lavoratrice è invece prevista dall'articolo 3 della presente proposta di legge, a titolo di incentivo alla ripresa dell'attività lavorativa dopo la maternità.
Con riferimento ai figli nati dopo il 31 dicembre 2006 da madri residenti che, inoccupate o disoccupate alla data del parto, intraprendano una nuova attività lavorativa, anche in forma autonoma, entro tre anni dalla stessa data, si prevede un significativo incremento della deduzione per carichi familiari già prevista dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 [articolo 12, comma 1, lettera b)], per i nuclei familiari in particolari condizioni economiche. Fermi restando i requisiti di reddito già previsti per l'accesso alla deduzione per carichi familiari, la norma ne indica l'importo in 15.000 euro, per i cinque anni successivi all'avvio o alla ripresa dell'attività lavorativa.
In caso di incapienza, la quota della deduzione non goduta è riconosciuta sotto forma di assegno alla lavoratrice.
Inoltre, nel quadro della generale revisione degli istituti di sostegno al reddito delle famiglie prevista dalla delega di cui all'articolo 11 della presente proposta di legge, si prevede la possibilità che lo stesso importo riconosciuto come deduzione d'imposta possa essere in alternativa accreditato, sotto forma di contribuzione diretta, sul «conto individuale del neonato» intestato al figlio per il quale si è avuto accesso al beneficio.
Al fine di incentivare l'assunzione di persone che avviano o riprendono l'attività lavorativa dopo periodi dedicati alla cura della famiglia, l'articolo 4 prevede, per i datori di lavoro che assumano tali soggetti con contratti a tempo indeterminato, l'integrale fiscalizzazione degli oneri contributivi per un periodo di tre anni dalla data dell'assunzione.
Una novella della disciplina vigente del lavoro part-time, finalizzata a promuovere il ricorso su base volontaria a tale modalità di prestazione, è invece prevista all'articolo 5. Le modifiche proposte al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61,
a) la trasformazione, reversibile e su base volontaria, del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, su richiesta delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, anche adottivi o affidatari, con figli fino ad otto anni di età ovvero fino a dodici anni in caso di affidamento o di adozione;
b) l'adozione di azioni positive per la flessibilità dell'orario di lavoro, orientate a consentire alla lavoratrice madre e al lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, anche attraverso il ricorso su base volontaria al telelavoro e al lavoro a domicilio;
c) la realizzazione di programmi di formazione per il reinserimento delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti dopo i periodi di congedo parentale, nonché di progetti che consentano la sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori autonomi che beneficino del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altra lavoratrice o lavoratore autonomo.
L'altro fronte di riforma sul quale intende incidere la presente proposta di legge è costituito dal potenziamento dell'istituto del congedo parentale. A tale fine, l'articolo 7 novella il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, introducendo una nuova disciplina del trattamento economico e normativo dei congedi parentali.
In particolare, si prevede che per i periodi di congedo parentale, alle lavoratrici e ai lavoratori che vi accedono avendo un reddito familiare inferiore a 20 mila euro annui, secondo l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), l'indennità dovuta sia elevata fino al 70 per cento della retribuzione, rispetto all'attuale 30 per cento oggi corrisposto indifferentemente per tutti i livelli di retribuzione.
Inoltre, si porta a nove mesi il periodo massimo complessivo di congedo che i due genitori possono richiedere per lo stesso figlio.
Un'innovazione assoluta rispetto all'ordinamento, e di grande rilevanza civile, è costituita dalla disciplina di cui all'articolo 8, orientata a riconoscere alla lavoratrici parasubordinate - trasformate in lavoratrici a progetto dalla legge 14 febbraio 2003, n. 30 - un pieno diritto alla tutela della maternità, della malattia e dell'infortunio, oggi gravemente conculcato. A questo scopo, si propone la sostituzione dell'articolo 66 del decreto legislativo n. 276 del 2003 con una nuova disciplina per la tutela della gravidanza, della malattia e dell'infortunio nei lavori a progetto.
In particolare, si prevede che la gravidanza, la malattia e l'infortunio della collaboratrice e del collaboratore a progetto non possano in nessun caso comportare l'anticipata conclusione del rapporto contrattuale: in caso di malattia e di infortunio
a) l'elaborazione di proposte di indirizzo e di linee-guida per l'implementazione di programmi di formazione professionale continua a favore delle donne che svolgono o intendano svolgere attività di lavoro autonomo;
b) la promozione di attività di studio e di ricerca e di campagne informative sull'imprenditorialità femminile;
c) il monitoraggio degli interventi legislativi e dei programmi governativi, locali e comunitari, rilevanti per la promozione delle pari opportunità in materia di imprenditoria, anche ai fini della misurazione degli effetti complessivi, dal punto di vista occupazionale, economico e della diffusione della cultura d'impresa;
d) l'adozione di programmi specifici aventi il fine di facilitare la diffusione sul territorio della conoscenza delle risorse disponibili e delle modalità di accesso agli strumenti nazionali e ai fondi comunitari, anche mediante l'organizzazione sul territorio di strutture specifiche per l'informazione, la promozione e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali femminili.
Le proposte d'indirizzo dell'Osservatorio sono inoltre trasmesse alle regioni ed alle province autonome territorialmente interessate affinché ne possano tenere conto nell'esercizio della potestà legislativa concorrente ed esclusiva ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia, rispettivamente, di sostegno all'innovazione per i settori produttivi e di formazione professionale.
Agli interventi in materia di politiche per la famiglia, sempre in chiave di incentivazione e di sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne, è dedicato il capo III della presente proposta di legge.
L'articolo 11 reca un'articolata disciplina di delega al Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, disposizioni finalizzate a potenziare e razionalizzare gli istituti di
a) al fine di limitare l'insorgenza di situazioni di incapienza nell'accesso alle agevolazioni fiscali per i carichi familiari, prevedere una ridefinizione della disciplina delle deduzioni dall'imposta sui redditi, orientata a ridurre progressivamente il ricorso a tale istituto e a potenziare corrispondentemente il ricorso alle forme di sostegno diretto;
b) sulla base di una complessiva ricognizione di tutti gli istituti e le forme di sostegno diretto e indiretto al reddito, a vario titolo riconosciuti ai nuclei familiari, con particolare riguardo alla composizione e all'estensione della platea dei beneficiari, alle condizioni di accesso a ciascun istituto e ai rispettivi costi, prevedere la progressiva sostituzione degli stessi con forme di sostegno diretto al reddito delle famiglie attivabili sulla base di nuovi e omogenei criteri di assegnazione, che tengano conto della condizione reddituale, dell'ampiezza e della composizione del nucleo familiare;
c) per la medesima finalità, disporre una complessiva revisione della disciplina dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), orientata a massimizzare l'efficienza, l'equità e la trasparenza nella valutazione delle condizioni sociali e reddituali rilevanti ai fini del riconoscimento dell'assegno per la famiglia, rendendo pienamente accessibile e agevole anche l'autovalutazione di tali condizioni da parte dei soggetti interessati;
d) nell'ambito della revisione della disciplina dell'ISEE, prevedere meccanismi di adeguamento automatico delle tabelle di equivalenza, orientati a recuperare la perdita del potere di acquisto delle famiglie;
e) prevedere delle adeguate forme di collegamento tra l'accesso all'assegno per la famiglia, da parte di nuclei familiari con figli minori, e la garanzia di ottemperanza alle disposizioni vigenti in materia di obbligo scolastico e di lavoro minorile;
f) prevedere che a ciascun nuovo nato sia riconosciuta la titolarità di un «conto personale del neonato», istituito presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e finalizzato al sostegno economico per la cura, l'assistenza e la formazione del nuovo nato, nonché alla promozione della sua autonomia;
g) prevedere che il «conto personale del neonato» possa essere alimentato, fino al compimento del venticinquesimo anno di età del titolare, attraverso le seguenti fonti di finanziamento segnalate con distinta evidenza contabile in sede di emissione del relativo estratto conto:
1) l'accreditamento degli assegni familiari e degli altri contributi pubblici riconosciuti alla famiglia a titolo di sostegno al reddito, in relazione alle esigenze di cura, assistenza e formazione del minore titolare del conto;
2) l'accreditamento delle borse o degli assegni di studio riconosciuti al titolare del conto da istituzioni pubbliche e private, nonché dei contributi pubblici a vario titolo erogati per la tutela del diritto allo studio;
3) i versamenti, occasionali o periodici, da parte di familiari, tutori o affidatari, nonché di altri soggetti privati a tale fine espressamente autorizzati dagli esercenti la potestà sul minore;
4) la contribuzione statale o regionale integrativa, in relazione a particolari condizioni sociali ed economiche del titolare del conto, ovvero per specifiche finalità di impiego del contributo;
5) l'accreditamento degli importi erogati dallo Stato a titolo di prestito a condizioni agevolate, rimborsabile con rateazione a lungo termine, per specifiche finalità di istruzione o di formazione professionale del titolare del conto;
h) prevedere che agli importi versati sul conto si applichi un tasso annuo di rivalutazione, annualmente individuato
i) prevedere che possano avere accesso al conto:
1) fino al raggiungimento della maggiore età del titolare, i genitori, tutori o affidatari del minore; in tale caso i prelievi eccedenti la quota di risorse derivante da contribuzione pubblica sono condizionati a documentate esigenze di concorso alle spese di sostentamento, cura, assistenza, istruzione e formazione del titolare del conto;
2) il titolare del conto, a decorrere dal raggiungimento della maggiore età e fino al compimento del venticinquesimo anno di età, per documentate esigenze di istruzione o di formazione professionale, ovvero per l'avvio di attività professionali e imprenditoriali.
Nuove e specifiche disposizioni in materia di asili nido sono contenute all'articolo 12 della proposta di legge. In particolare si prevede che, a decorrere dall'anno 2007, le spese di partecipazione, sostenute dai genitori, alla gestione dei micro-nidi e degli asili nido territoriali siano deducibili dal reddito complessivo ai fini dell'imposta sui redditi delle persone fisiche, per un importo non superiore a 2.000 euro per ogni figlio che fruisce di tali strutture.
Inoltre, al fine di promuovere e sostenere la realizzazione su tutto il territorio nazionale di almeno 3.000 nuovi asili nido entro l'anno 2009, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito «Fondo nazionale per gli asili nido», finalizzato al cofinanziamento degli investimenti promossi dalle amministrazioni locali per la costruzione ovvero per la riqualificazione di strutture destinate ad asili nido.
Infine, il capo IV della presente proposta di legge è dedicato alle misure per l'attuazione dell'articolo 51 della Costituzione, in materia di pari opportunità nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Tale disciplina nasce dall'esigenza di un rinnovamento delle istituzioni che si realizzi non solo nel rispetto dei princìpi democratici, ma anche con l'obiettivo di uno Stato più aperto, più vicino ai cittadini, capace di corrispondere meglio ai bisogni di una società in trasformazione, più esigente e ricca di elementi di partecipazione democratica.
A sessanta anni dal riconoscimento alle donne italiane del diritto di voto, attivo e passivo, si verifica un crescente paradosso: si moltiplicano la qualità e la quantità delle donne in tutti i campi sociali, culturali e professionali, seppure con le difficoltà legate soprattutto a una persistente delega nei loro confronti del lavoro di cura e dei compiti familiari, nonché a una permanente resistenza nel riconoscere loro pari condizioni di accesso ai ruoli dirigenziali. Questo impetuoso avanzamento, che qualcuno ha definito la rivoluzione più lunga del secolo, non trova che un marginale riconoscimento - nel nostro Paese, ma anche in altri Stati europei - nell'accesso delle donne alle assemblee elettive e ai centri decisionali, luoghi deputati a esprimere la garanzia effettiva del diritto di cittadinanza sociale e politica.
Eppure il principio di uguaglianza dei cittadini e della loro pari dignità sociale è costituzionalizzato fin dal 1948 nell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, e non soltanto come precetto formale bensì come concreta previsione per la Repubblica del dovere di rimuovere gli «ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
In questo articolo si è radicata e alimentata tutta quella produzione legislativa tesa a configurare condizioni di reali pari opportunità, identificando le situazioni di concreto svantaggio e disuguaglianza di
1. Nel perseguimento della finalità generale di sostegno e di incentivo al rafforzamento della partecipazione delle donne alla vita economica, sociale, politica e istituzionale del Paese, la presente legge reca norme per la realizzazione dei seguenti obiettivi:
a) il raggiungimento, entro l'anno 2010, del tasso di occupazione femminile individuato nell'ambito del documento conclusivo approvato dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000;
b) l'instaurazione di condizioni più favorevoli alla piena attuazione dell'articolo 51 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1, con riguardo alle pari opportunità nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
1. Ai datori di lavoro che, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2010, incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato mediante l'assunzione, alle condizioni di cui al comma 5, di giovani lavoratrici, è concesso il credito d'imposta di cui al comma 2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente articolo i soggetti previsti dall'articolo 74 del testo unico delle imposte
a) le lavoratrici assunte siano di età non superiore a 32 anni;
b) le lavoratrici assunte siano residenti in un'area geografica in cui il tasso di occupazione femminile, come determinato con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sia inferiore almeno del 10 per cento rispetto a quello maschile, ovvero in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 5 per cento quello maschile;
c) le lavoratrici assunte non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno ventiquattro mesi;
d) siano osservati i contratti collettivi nazionali anche con riferimento ai soggetti che non hanno dato diritto al credito d'imposta;
e) siano rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, nonché dai successivi decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie in materia di sicurezza ed igiene del lavoro.
6. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, il credito d'imposta spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell'impresa sostituita.
1. Con riferimento ai figli nati successivamente al 31 dicembre 2006 da madri residenti che, inoccupate o disoccupate alla data del parto, intraprendano una nuova
1. Al fine di incentivare l'assunzione di persone di età superiore a quaranta
a) figli di età inferiore a dodici anni, anche adottivi o in affidamento;
b) familiari disabili gravi, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni;
c) familiari non autosufficienti.
3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per le pari opportunità, emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di accesso al beneficio di cui al presente articolo.
1. Al fine di promuovere il ricorso al lavoro a tempo parziale su base volontaria, in funzione di sostegno alla compatibilità dei tempi di vita e di lavoro, all'articolo 3 del decreto legislativo 25 febbraio 2000,
a) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. Ferma restando l'indicazione nel contratto di lavoro della distribuzione dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno, i contratti collettivi, di cui all'articolo 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato possono prevedere clausole elastiche in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, determinando le condizioni e le modalità a fronte delle quali il datore di lavoro può variare tale collocazione, rispetto a quella inizialmente concordata con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2»;
b) al comma 8, le parole: «, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi» sono sostituite dalle seguenti: «di almeno dieci giorni lavorativi»;
c) al comma 9, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Nel patto è fatta espressa menzione della data di stipulazione e della possibilità di denuncia del patto ai sensi del comma 10-bis»;
d) dopo il comma 10 sono inseriti i seguenti:
«10-bis. Durante lo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale il lavoratore può denunciare il patto di cui al comma 9, accompagnando alla denuncia l'indicazione di una delle seguenti documentate ragioni:
a) esigenze di carattere familiare connesse alla cura di figli di età inferiore a dodici anni, anche adottivi o in affidamento;
b) esigenze di tutela della salute certificate dal competente organo del Servizio sanitario nazionale;
c) esigenze di assistenza a familiari disabili gravi, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, ovvero di familiari non autosufficienti;
d) per gravi motivi, ai sensi dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, e successive modificazioni.
10-ter. La denuncia del patto di cui al comma 9 in forma scritta può essere effettuata quando siano decorsi almeno cinque mesi dalla data di stipulazione del patto e deve essere altresì accompagnata da un preavviso di un mese in favore del datore di lavoro. Il datore di lavoro ha facoltà di rinunciare al preavviso.
10-quater. Il rifiuto da parte del lavoratore di stipulare il patto di cui al comma 9 e l'esercizio da parte dello stesso del diritto di ripensamento non possono integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
10-quinquies. A seguito della denuncia di cui al comma 10-bis viene meno la facoltà del datore di lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa inizialmente concordata ai sensi dell'articolo 2, comma 2. Successivamente alla denuncia, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro è fatta salva la possibilità di stipulare un nuovo patto scritto in materia di collocazione temporale elastica della prestazione lavorativa a tempo parziale, in conformità alle disposizioni del presente articolo».
1. L'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, è sostituito dal seguente:
«Art. 9. - (Incentivi alla flessibilità oraria e al part-time). - 1. Al fine di promuovere e incentivare il ricorso a forme di articolazione della prestazione lavorativa compatibili con le esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei lavoratori e delle lavoratrici, a decorrere dall'anno 2007, una quota annua non inferiore a 40 milioni di euro del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
a) la trasformazione, reversibile e su base volontaria, del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, su richiesta delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, anche adottivi o affidatari, con figli fino ad otto anni di età ovvero fino a dodici anni in caso di affidamento o di adozione;
b) l'adozione di azioni positive per la flessibilità dell'orario di lavoro, orientate a consentire alla lavoratrice madre e al lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, anche attraverso il ricorso su base volontaria al telelavoro e al lavoro a domicilio;
c) la realizzazione di programmi di formazione per il reinserimento delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti dopo i periodi di congedo parentale, nonché di progetti che consentano la sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori autonomi che beneficino del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altra lavoratrice o lavoratore autonomo».
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di accesso ai contributi previsti dall'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, nonché la modulazione degli stessi, sulla base dei seguenti criteri:
a) destinazione del 50 per cento delle risorse alle imprese che occupano fino a cinquanta dipendenti;
b) riconoscimento di importi maggiori alle aziende che adottano le misure
c) attribuzione dei contributi con priorità per le imprese ubicate nelle aree a più basso tasso di occupazione femminile.
1. L'articolo 34 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:
«Art. 34. - (Trattamento economico e normativo dei congedi parentali). - 1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32, alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di nove mesi. L'indennità è calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso articolo.
2. Nel caso in cui le risorse economiche del nucleo familiare di appartenenza del bambino risultino pari o inferiori ai valori dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) stabiliti dalla tabella 1 allegata al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni, e siano pari a 20.000 euro annui con riferimento a nuclei monoreddito con tre componenti, l'indennità di cui al comma 1 del presente articolo è pari al 70 per cento della retribuzione. Per nuclei familiari con diversa composizione, il requisito economico è riparametrato sulla base della scala di equivalenza di cui alla tabella 2 del medesimo decreto legislativo n. 109 del 1998, e successive modificazioni, tenendo conto delle maggiorazioni ivi previste.
3. L'indennità di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo è corrisposta per tutto il periodo di prolungamento del congedo per la cura di minori con handicap in situazione
1. L'articolo 66 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è sostituito dal seguente:
«Art. 66. - (Tutela della gravidanza, della malattia e dell'infortunio nei lavori a progetto). - 1. La gravidanza, la malattia e l'infortunio del collaboratore a progetto non possono in nessun caso comportare l'anticipata conclusione del rapporto contrattuale.
2. In caso di malattia o di infortunio comportanti un'astensione dall'attività lavorativa superiore a dieci giorni, la durata del contratto è prorogata per un periodo
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le aliquote di contribuzione per il finanziamento dei trattamenti economici di maternità corrisposti alle collaboratrici a progetto in attuazione dell'articolo 66 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, come sostituito dal comma 1 del presente articolo.
1. Al fine di incrementare e promuovere le azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro, l'articolo 3 della legge 10 aprile 1991, n. 125, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale). - 1. Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, approvati dal Fondo sociale europeo, è destinata una quota del Fondo di rotazione istituito dall'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, non inferiore al 25 per cento, determinata annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro per le pari opportunità.
2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, è accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere attuata, dalla commissione regionale permanente tripartita costituita ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469. Scaduto il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di cui all'articolo 5.
3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni con il seguente criterio:
a) per il 75 per cento tra tutte le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati;
b) per il 25 per cento tra le regioni in cui il tasso di occupazione femminile, come rilevato dall'Istituto nazionale di statistica, è inferiore alla media nazionale, in proporzione alla popolazione residente».
2. A decorrere dall'anno 2006, il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile, di cui all'articolo 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 215, è finanziato nella misura di 30 milioni di euro in ragione d'anno.
3. Nell'esercizio della potestà legislativa concorrente ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di sostegno all'innovazione per i settori produttivi, le regioni, anche a statuto speciale, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, attuano per le finalità coerenti con la legge 25 febbraio 1992, n. 215, e successive modificazioni, in accordo con le associazioni di categoria, programmi per la formazione continua e per la promozione dell'autoimpiego, di piani e progetti aziendali, territoriali, settoriali o individuali finalizzati alla formazione delle lavoratrici autonome.
1. Presso il Dipartimento per le pari opportunità - Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l'Osservatorio per la formazione continua e la valorizzazione della cultura d'impresa delle lavoratrici autonome, di seguito denominato «Osservatorio», con le seguenti funzioni:
a) l'elaborazione di proposte di indirizzo e di linee-guida per l'implementazione di programmi di formazione professionale continua a favore delle donne che svolgono o intendano svolgere attività di lavoro autonomo;
b) la promozione di attività di studio e di ricerca e di campagne informative sull'imprenditorialità femminile;
c) il monitoraggio degli interventi legislativi e dei programmi governativi, locali e comunitari, rilevanti per la promozione delle pari opportunità in materia di imprenditoria, anche ai fini della misurazione degli effetti complessivi, dal punto di vista occupazionale, economico e della diffusione della cultura d'impresa;
d) l'adozione di programmi specifici aventi il fine di facilitare la diffusione sul territorio della conoscenza delle risorse disponibili e delle modalità di accesso agli strumenti nazionali e ai fondi comunitari, anche mediante l'organizzazione sul territorio di strutture specifiche per l'informazione, la promozione e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali femminili.
2. L'Osservatorio è composto da venti membri, individuati tra persone aventi specifiche competenze professionali ed esperienze in materia di imprenditoria femminile e nominati con decreto del Ministro per le pari opportunità entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. I membri dell'Osservatorio restano in carica tre anni.
3. Le proposte d'indirizzo dell'Osservatorio sono trasmesse alle regioni e alle province autonome territorialmente interessate affinché ne possano tenere conto nell'esercizio della potestà legislativa concorrente ed esclusiva ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia, rispettivamente, di sostegno all'innovazione per i settori produttivi e di formazione professionale.
4. Per le finalità di cui al presente articolo l'Osservatorio stabilisce gli opportuni collegamenti con il Servizio centrale per la piccola industria e l'artigianato di cui all'articolo 39, comma 1, lettera a), della legge 5 ottobre 1991, n. 317.
5. Per lo svolgimento delle attività dell'Osservatorio è autorizzata la spesa annua di 250.000 euro, a decorrere dall'anno 2007, a valere sul Fondo nazionale per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile, di cui all'articolo 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 215.
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente disposizioni finalizzate a potenziare e a razionalizzare gli istituti di sostegno al reddito delle famiglie con figli, anche attraverso l'istituzione di strumenti di risparmio agevolato volti a promuovere l'autonomia dei giovani.
2. Il Governo, nell'esercizio della delega di cui al comma 1, si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere, al fine di limitare l'insorgenza di situazioni di incapienza nell'accesso alle agevolazioni fiscali per i carichi familiari, una ridefinizione della disciplina delle deduzioni per oneri di famiglia, prevista dall'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, orientata a ridurre progressivamente il ricorso a tale istituto e a potenziare corrispondentemente il ricorso alle forme previste dalla lettera b) del presente comma;
b) prevedere, sulla base di una complessiva ricognizione di tutti gli istituti e le forme di sostegno diretto e indiretto al reddito, a vario titolo riconosciuti ai nuclei familiari, con particolare riguardo alla composizione e all'estensione della platea dei beneficiari, nonché alle condizioni di accesso a ciascun istituto e ai rispettivi costi, la progressiva sostituzione degli stessi con forme di sostegno diretto al reddito delle famiglie attivabili sulla base di nuovi e omogenei criteri di assegnazione,
c) disporre, per la finalità prevista dalla lettera b), una complessiva revisione della disciplina dell'ISEE, orientata a massimizzare l'efficienza, l'equità e la trasparenza nella valutazione delle condizioni sociali e reddituali rilevanti ai fini del riconoscimento dell'assegno per la famiglia, rendendo pienamente accessibile e agevole anche l'autovalutazione di tali condizioni da parte dei soggetti interessati;
d) prevedere, nell'ambito della revisione della disciplina dell'ISEE di cui alla lettera c), meccanismi di adeguamento automatico delle tabelle di equivalenza, orientati a recuperare la perdita del potere di acquisto delle famiglie;
e) prevedere adeguate forme di collegamento tra l'accesso all'assegno per la famiglia, da parte di nuclei familiari con figli minori, e la garanzia di ottemperanza alle disposizioni vigenti in materia di obbligo scolastico e di lavoro minorile;
f) prevedere che a ciascun nuovo nato sia riconosciuta la titolarità di un «conto personale del neonato», di seguito denominato «conto», istituito presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e finalizzato al sostegno economico per la cura, l'assistenza e la formazione del nuovo nato, nonché alla promozione della sua autonomia;
g) prevedere che il conto possa essere alimentato, fino al compimento del venticinquesimo anno di età del titolare, attraverso le seguenti fonti di finanziamento, segnalate con distinta evidenza contabile in sede di emissione dell'estratto conto:
1) l'accreditamento degli assegni familiari e degli altri contributi pubblici riconosciuti alla famiglia a titolo di sostegno al reddito, in relazione alle esigenze di cura, assistenza e formazione del minore titolare del conto;
2) l'accreditamento delle borse o degli assegni di studio riconosciuti al titolare
3) i versamenti, occasionali o periodici, da parte di familiari, tutori o affidatari, nonché di altri soggetti privati a tale fine espressamente autorizzati dagli esercenti la potestà sul minore;
4) la contribuzione statale o regionale integrativa, in relazione a particolari condizioni sociali ed economiche del titolare del conto, ovvero per specifiche finalità di impiego del contributo;
5) l'accreditamento degli importi erogati dallo Stato a titolo di prestito a condizioni agevolate, rimborsabile con rateazione a lungo termine, per specifiche finalità di istruzione o formazione professionale del titolare del conto;
h) prevedere che agli importi versati sul conto si applichi un tasso annuo di rivalutazione, annualmente individuato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, almeno pari al rendimento annuo dei titoli di credito a medio-lungo termine emessi dal Tesoro;
i) prevedere che possano avere accesso al Conto:
1) fino al raggiungimento della maggiore età del titolare, i genitori, tutori o affidatari del minore; in tale caso i prelievi eccedenti la quota di risorse derivante da contribuzione pubblica sono condizionati a documentate esigenze di concorso alle spese di sostentamento, cura, assistenza, istruzione e formazione del titolare del conto;
2) il titolare del conto, a decorrere dal raggiungimento della maggiore età e fino al compimento del venticinquesimo anno di età, per documentate esigenze di istruzione o di formazione professionale, ovvero per l'avvio di attività professionali e imprenditoriali.
1. A decorrere dall'anno 2007, le spese di partecipazione, sostenute dai genitori, alla gestione dei micro-nidi e degli asili nido territoriali sono deducibili dal reddito complessivo ai fini dell'imposta sui redditi delle persone fisiche, per un importo non superiore a 2.000 euro per ogni figlio che fruisce delle medesime strutture.
2. Al fine di promuovere e di sostenere la realizzazione su tutto il territorio nazionale di almeno 3.000 nuovi asili nido entro l'anno 2009, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito Fondo nazionale per gli asili nido, di seguito denominato «Fondo», finalizzato al cofinanziamento degli investimenti promossi dalle amministrazioni locali per la costruzione ovvero per la riqualificazione di strutture destinate ad asili nido.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità di accesso al Fondo.
4. Ai fini del finanziamento del Fondo è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro in ragione d'anno per gli anni 2008, 2009 e 2010.
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e III si provvede, fino a concorrenza dei relativi importi, mediante le maggiori entrate derivanti dall'applicazione delle seguenti disposizioni:
a) a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aliquote di base di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, come da ultimo modificate
b) a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite nella misura del 23 per cento le aliquote, che risultino inferiori a tale misura, relative ai redditi di capitale di cui alle seguenti disposizioni:
1) articoli 26, 26-ter e 27 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;
2) articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni;
3) articolo 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, e successive modificazioni;
4) articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, e successive modificazioni;
5) articolo 2 del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni;
6) articoli 5 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
1. In attuazione dell'articolo 51 della Costituzione, il presente capo detta le
1. All'articolo 18-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo periodo del comma 3 è sostituito dal seguente: «A pena di inammissibilità ogni lista, all'atto della presentazione, è composta da un elenco di candidate e di candidati, in cui ciascun genere non può essere rappresentato in una successione superiore a due e in misura superiore ai due terzi delle candidature complessive; in caso di quoziente frazionario si procede all'arrotondamento all'unità prossima,»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«3-bis. Le liste sono formate elencando in ordine alternato candidati di sesso diverso, a partire dalla candidatura capolista».
2. Il primo periodo del comma 4 dell'articolo 9 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, è sostituito dai seguenti: «A pena di inammissibilità ogni lista, all'atto della presentazione, è composta da un elenco di candidate e di candidati, in cui ciascun genere non può essere rappresentato in una successione superiore a due e in misura superiore ai due terzi delle candidature complessive; in caso di quoziente frazionario si procede all'arrotondamento all'unità prossima. In ogni gruppo nessuno dei due sessi può essere
1. Dopo il comma 3 dell'articolo 71 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è inserito il seguente:
«3-bis. In ogni lista, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi del totale dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all'arrotondamento all'unità prossima. Le liste sono formate elencando in ordine alternato candidati di sesso diverso, a partire dalla candidatura capolista».
2. Dopo il comma 1 dell'articolo 73 del citato testo unico, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è inserito il seguente:
«1-bis. In ogni lista, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi del totale dei candidati; in caso di quoziente frazionario si procede all'arrotondamento all'unità prossima. Le liste sono formate elencando in ordine alternato candidati di sesso diverso, a partire dalla candidatura capolista».
1. Dopo il comma 2 dell'articolo 75 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è inserito il seguente:
«2-bis. In ogni gruppo, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura
1. Le liste o le candidature non conformi alle prescrizioni di cui agli articoli 15, 16 e 17 in materia di rappresentanza obbligatoria dei sessi nelle liste elettorali sono comunque inammissibili.
2. La mancata ottemperanza all'obbligo di alternanza tra candidati di sesso diverso, a partire dalla candidatura capolista, è sanzionata con la preclusione all'accesso ai rimborsi elettorali di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, come da ultimo modificata dall'articolo 19 della presente legge.
1. L'articolo 3 della legge 3 giugno 1999, n. 157, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Risorse finanziarie per incentivare la partecipazione attiva delle donne alla politica). - 1. Al fine di incentivare e sostenere la partecipazione delle donne agli organi di rappresentanza, una quota pari al 20 per cento dei fondi complessivamente destinati alle spese elettorali per il rinnovo di ciascuno degli organi di cui all'articolo 1, comma 1, è riservata ai partiti o movimenti politici che, nelle relative consultazioni elettorali, abbiano almeno il 30 per cento di donne tra i rispettivi candidati eletti.
2. La quota di cui al comma 1 è ripartita secondo i criteri stabiliti dagli articoli 9 e 16 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, e successive modificazioni.
1. Al fine di incentivare e sostenere la partecipazione delle donne agli organi di rappresentanza, una quota pari al 15 per cento del fondo previsto dall'articolo 3 della legge 10 aprile 1991, n. 125, è riservata ai partiti e movimenti politici, liste o gruppi di candidati che nelle consultazioni elettorali provinciali e comunali abbiano riportato almeno il 40 per cento di donne tra i rispettivi candidati eletti, a titolo di contributo totale o parziale delle spese sostenute per la campagna elettorale.
2. Con decreto del Ministro per le pari opportunità, adottato entro il 31 marzo, sono annualmente determinati i criteri di determinazione degli importi e le modalità di accesso ai contributi di cui al presente articolo, con riferimento alle consultazioni elettorali svolte nell'anno solare precedente.
1. Il comma 3 dell'articolo 6 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dai seguenti:
«3. In attuazione dell'articolo 51 della Costituzione, gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende e istituzioni da essi dipendenti.
3-bis. Per le finalità di cui al comma 3, gli statuti comunali e provinciali prevedono modalità di nomina dei componenti della giunta idonee a garantire l'equilibrata rappresentanza di entrambi i sessi. Al tal fine, gli statuti devono prevedere che al sesso meno rappresentato nel consiglio comunale o provinciale sia riservata una quota percentuale di assessori non inferiore alla rappresentanza percentuale dello stesso sesso nel consiglio».
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