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PDL 1840

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1840



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato DEL BUE

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio

Presentata il 20 ottobre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - L'entrata in campo della televisione a pagamento (pay per view) ha profondamente mutato la natura del calcio professionistico, con profonde ricadute anche su quello dilettantistico. I diritti televisivi delle società professionistiche costituiscono ormai di gran lunga il maggior introito delle stesse, di gran lunga superiore a tutti gli altri (incassi per biglietti e abbonamenti, sponsor eccetera). L'intervento delle televisioni ha certamente reso un grande servizio alle società sportive, consentendo a molte di esse di formare bilanci in grado di assorbire le elevate spese per calciatori, gli ingaggi dei quali sono divenuti sempre più alti e onerosi. Questo ha d'altro canto determinato un'ancora più consistente frattura tra società grandi e medio-piccole della massima categoria, tra le società della massima categoria e quelle della serie cadetta e tra le due categorie suddette e le altre (C1, C2 e dilettanti).
      La prima frattura è certamente accentuata dalla vendita singola dei diritti televisivi, che ha fortemente avvantaggiato le grandi società, quelle che possono contare su un maggiore bacino di utenza, e punito le medio-piccole, quelle che possono contare su un bacino inferiore. Se dal punto di vista del mercato questa disparità rientra nelle regole del gioco, dal punto di vista sportivo essa non fa che accentuare ulteriormente le difficoltà di bilancio delle società medio-piccole, che già possono contare su voci di bilancio minori (minori incassi, minore budget per gli sponsor eccetera), mettendo oltretutto l'utente televisivo spesso in condizione di non riuscire a captare tutte le frequenze necessarie
 

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per vedere le gare calcistiche, se non al prezzo di una molteplicità di piattaforme e dunque di costi.
      Tra la massima serie e quella cadetta la disparità si è accentuata a causa della concorrenza delle grandi partite con quelle delle squadre di serie B, costrette, per evitarla, a scegliere lo spostamento delle partite al pomeriggio o alla sera del sabato, con gravi conseguenze sul piano degli incassi, se escludiamo quest'ultima stagione caratterizzata dalla presenza eccezionale in serie B, dopo le sentenze della giustizia sportiva, della squadra più amata dagli italiani.
      Tra le due serie e le serie minori la frattura è ancora più forte. Infatti i diritti televisivi del calcio delle due massime serie, coordinati dalla Lega di serie A e B e venduti dalle singole società, hanno profondamente turbato le categorie minori. Difficile non valutare la contemporaneità delle partite in diretta televisiva e le sue conseguenze sulla serie C e sul calcio dilettantistico che, senza nulla ottenere dalla vendita dei diritti televisivi delle partite di serie A e B, hanno visto di molto ridotta, com'era facilmente prevedibile, la partecipazione del pubblico, e dunque degli incassi, alle gare domenicali. Dette società hanno dunque pagato il prezzo più alto alla presenza della televisione a pagamento in Italia, senza ottenere alcun risarcimento. Sarebbe come se in un città dove esistono più cinema una parte di film venisse trasmessa contemporaneamente anche dalla televisione e una parte invece no e venisse contemporaneamente proiettata nella sala cinematografica. I cinema esclusi avrebbero tutti i diritti a pretendere una forma di risarcimento.
      Il passaggio dalla contrattazione individuale a quella collettiva e centralizzata basata sul principio della mutualità dei diritti televisivi non è più dunque rinviabile. La vigente legislazione, a cominciare dalla legge n. 91 del 1981, che ha attribuito alle società una valenza di tipo commerciale, e dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 78, che ha conferito la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B, è all'origine della attuale situazione e va corretta. In particolare, tale più recente legislazione si è scontrata con il monopolio dell'offerta televisiva via satellite, con un mercato complessivamente bloccato, mentre l'ingresso del digitale terrestre ha offerto all'utente un'opportunità di «soddisfazione» televisiva alternativa ma sempre misurata sul diritto individuale.
      La presente proposta di legge mira dunque ad un tempo a sancire la centralizzazione dei diritti televisivi in capo alla Federazione italiana giuoco calcio, la definizione dei criteri di suddivisione dei proventi tra le varie società e serie, la necessità di risarcimento per i soggetti danneggiati.
      Non si intende qui minimamente scalfire l'autonomia del governo sportivo che fa capo al CONI, ma, nello spirito della legge che attribuisce a Governo e Parlamento il potere di vigilanza e quello legislativo, definire criteri irrinunciabili, anche alla luce delle vicende che hanno colpito il mondo del calcio italiano e ne hanno messo in crisi il modello organizzativo. Il commissariamento della Federazione e la crisi del concetto di elezione di rappresentanza nel governo del calcio altro non sono che sintomi gravi di un'autosufficienza non più sostenibile e spesso coniugata con una dipendenza dal mondo della politica, il difetto più odioso, perché sotterraneo e non trasparente. Nell'attesa di una nuova legge quadro per l'autogoverno sportivo, che si rivendica nella sua attualità più impellente, la presente proposta di legge mira a costituire il primo, ma necessario passaggio verso criteri di governo delle risorse basato sull'equità, la solidarietà, il principio indifferibile della tutela dei diritti dell'utente, che devono restare prioritari nella proposta legislativa.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999 n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, è sostituito dai seguenti: «La Federazione italiana giuoco calcio (FIGC) è titolare dei diritti di trasmissione televisiva. Gli utili della vendita centralizzata dei diritti televisivi del calcio devono essere ripartiti nel rispetto dei seguenti criteri: una quota è ripartita tra le società con maggiore utenza televisiva; una quota è ripartita tra le altre società di serie A e B; una quota è destinata alle associazioni di cui fanno parte le società calcistiche di serie C e D anche a titolo di risarcimento per le negative conseguenze procurate dalla televisione a pagamento. Le quote sono fissate annualmente dalla FIGC, sentite le associazioni di cui fanno parte le società calcistiche di serie A e B, di serie C e di serie D».


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