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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1747-A
N. 1747-bis-A |
I COMMISSIONE PERMANENTE | Pag. 5 | ||||||||
II COMMISSIONE PERMANENTE | Pag. 5 | ||||||||
(Giustizia)
Tabella n. 2 (Economia e finanze, limitatamente alle parti di competenza)
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| Tabella n. 5 (Giustizia)
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| XI COMMISSIONE PERMANENTE
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| (Lavoro pubblico e privato)
| Tabella n. 4 (Lavoro e previdenza sociale)
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La II Commissione,
esaminata la tabella 2 relativa allo Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il 2007, con riferimento all'edilizia giudiziaria;
considerato che, nell'ambito dell'u.p.b. Edilizia giudiziaria (4.2.3.15) risultano stanziati soltanto 47 milioni di euro sia in termini di competenza che di cassa per il 2007;
evidenziato che la somma è assolutamente inidonea a fare fronte agli impegni assunti dal Governo in sede di approvazione dell'indulto allorché si impegnò a favorire una reale politica di investimenti cospicui per l'edilizia penitenziaria onde prevenire il riproporsi delle condizioni del sovraffollamento carcerario;
considerato, altresì, che, pur nella modesta entità della somma in questione, manca assolutamente l'indicazione dell'edilizia penitenziaria quale causale della previsione immaginandosi che la definizione «edilizia giudiziaria» ben possa essere intesa come edilizia non necessariamente penitenziaria.
La II Commissione,
esaminata la tabella 5 relativa allo Stato di previsione del Ministero della giustizia per il 2007 e le connesse parti del disegno di legge finanziaria;
considerato che rispetto ai 7.819 milioni di euro delle previsioni iniziali della legge di bilancio del 2006 le previsioni per il 2007 evidenziano un decremento del 5,1 per cento, mentre rispetto alle previsioni assestate il decremento è pari al 5,9 per cento;
accertato che dall'analisi dei bilanci statali per gli anni precedenti risulta che la percentuale delle spese del Ministero della giustizia sia sempre stata aumentata rispetto ai bilanci precedenti di almeno 4 o 5 punti percentuali arrivando nel 2004 ad un aumento di 19 punti percentuali;
valutando, altresì, che la media delle riduzioni sulle poste del bilancio dello Stato è pari al 2,2 per cento mentre per il Ministero della giustizia si arriva al 6 per cento;
ritenuto che non sembra essersi tenuto conto degli ordini del giorno approvati in sede di adozione dell'indulto in rapporto alla necessità di imprimere una poderosa iniziativa in tema di edilizia penitenziaria per prevenire il ripetersi di condizioni di sovraffollamento carcerario;
considerato, altresì che, da una parte vi è l'assoluta assenza di iniziative a favore dell'assunzione di personale di polizia penitenziaria al pari delle altre forze di polizia, e dall'altra sembra assolutamente inopportuna la sottoposizione dell'amministrazione giudiziaria alle regole di blocco, anche parziale, del turn over che incidono notevolmente anche sulla ragionevole durata dei processi;
vista l'assoluta assenza di investimenti nel settore informatico.
Esprime preoccupazione per la riduzione complessiva delle risorse destinate all'amministrazione della giustizia che, unitamente ai tagli della legge Bersani, disegnano scenari preoccupanti per il futuro del servizio in questione e per questo.
La XI Commissione,
esaminata la tabella 4, relativa allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il 2007 (limitatamente alle parti di competenza), e le connesse parti del disegno di legge finanziaria,
premesso che:
l'Italia da anni ha un problema di spesa pubblica eccessiva, come il Governo aveva riconosciuto nel DPEF. La Legge Finanziaria per il 2007 varata dal Consiglio dei Ministri appare più volta ad aumentare le entrate anziché tagliare le spese. La manovra, inoltre, ha un volume sproporzionato rispetto alle reali esigenze economiche del sistema paese ed appare per un terzo un intervento di finanza pubblica e per due terzi un'operazione politica volta a plasmare la società italiana secondo gli schemi sociali redistributivi e fiscalmente opprimenti, tanto graditi all'attuale maggioranza parlamentare. Gran parte delle norme previste rientrano nell'ottica di comprimere gli spazi di libero
le disposizioni di cui all'articolo 84 rischiano di diventare la pietra tombale sulla speranza di creare dei fondi pensione in Italia; si tratta di un'operazione che va a svantaggio dei lavoratori più giovani, quelli che hanno maggiormente bisogno di previdenza integrativa per garantirsi un reddito adeguato quando andranno in pensione. Si prevede, infatti, di utilizzare il 50 per cento dei flussi di Tfr «inoptati», cioè non espressamente destinati dai lavoratori ai fondi pensione, per alimentare un fondo per il finanziamento delle infrastrutture istituito presso la Tesoreria. Si prevede in questo modo di raccogliere 5,2 miliardi di euro. Il flusso annuale verso il Tfr è di circa 13,5 miliardi, dunque il flusso potenziale verso le casse dello Stato è di 6,75 miliardi (il 50 per cento di 13,5 miliardi), ciò significa che la Finanziaria «scommette» in modo preoccupante sul fatto che quasi l'80 per cento dei dipendenti non eserciteranno l'opzione di destinare parte del Tfr ai fondi pensione integrativi. Va aggiunto inoltre che lo stesso contestato articolo 84 toglie una risorsa vitale soprattutto alle piccole e medie imprese le quali saranno sempre più costrette ad indebitarsi, con conseguenze drammatiche sul sistema produttivo;
a questo problema, creato dalla previsione normativa formulata in Finanziaria dal Governo, il Governo stesso non sembra, ad oggi, aver trovato una soluzione credibile, al di là delle semplici intenzioni espresse in sede di question time in commissione, in ordine al finanziamento di fondi per sostenere il credito all'impresa;
vi sono poi diversi altri aspetti su cui il Governo sembra intervenire in maniera dirigista in tema di lavoro. L'indagine «Plus» condotta dall'Isfol su un campione di oltre 40 mila interviste a giovani tra i 15 e i 24 anni, i cui risultati sono stati resi noti proprio in questi giorni, ci dice che la mancanza di esperienza lavorativa è per uno su due il problema principale per avere una occupazione;
è evidente che in questo senso le disposizioni di aumento contributivo dell'apprendistato dal 6 al 10% non sembrano andare nella giusta direzione, giacché rendono questa formula di avviamento al sistema del lavoro più gravosa e meno conveniente per il datore, con particolari ripercussioni negative nel sud;
allo stesso modo può essere valutata la disposizione, anch'essa prevista dall'articolo 85, che stabilisce l'aumento dell'aliquota contributiva per i parasubordinati. Anche a questo proposito l'impostazione dirigista e distante dalle logiche di libero mercato che pervade il provvedimento non considera l'ipotesi che l'irrigidimento del lavoro flessibile possa nuocere all'occupabilità di quelle fasce sociali più contigue al sommerso;
la scelta di aumentare i contributi previdenziali ai lavoratori parasubordinati, una delle categorie più deboli del mercato del lavoro, equivale, infatti, a penalizzare i giovani sia in entrata che in uscita dal mercato del lavoro. I parasubordinati avendo un saldo attivo enorme stanno contribuendo a mantenere in piedi l'intero sistema previdenziale visto che dal 1996 ad oggi hanno 'regalato' oltre 33 miliardi di euro alle altre gestioni deficitarie;
il rischio concreto è che il Governo stia illudendo i giovani con la promessa di pensioni migliori, quando in realtà al momento dell'uscita dal lavoro le casse dell'Inps rischieranno di essere vuote. Un incremento dell'aliquota, poi, potrebbe avere effetti negativi sui livelli complessivi di occupazione senza agevolare quella stabile. Ma è soprattutto sul terreno dell'equità che l'incremento annunciato sembra discutibile e dettato dall'esigenza di fare cassa;
appare curioso poi, che nell'ambito di una Finanziaria incentrata sulle entrate e che almeno a parole si ponga l'obbiettivo del rigore, si creino nuove poltrone, come quelle della «cabina di regia nazionale di coordinamento» che dovrebbe concorrere allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e di promozione di occupazione regolare nonché alla valorizzazione dei CLES (articolo 166, comma 1);
inoltre dalla Finanziaria emerge la visione fiscalmente diffidente e punitiva verso i contribuenti. Nel combinato disposto degli articoli 168 e171, infatti, da un lato si dà vita ad una sorta di «grande fratello tributario» con l'incrocio dei dati delle utenze con quello dei registri delle imprese detenuti presso le Camere di Commercio, e dall'altro si prevede di quintuplicare le sanzioni amministrative per le violazioni in materia di lavoro, legislazione sociale e documentazione obbligatoria. A questo proposito è opportuno ricordare che ci sono state dichiarazioni di autorevoli esponenti del Governo, come quelle rese dal Ministro Ferrero in audizione presso la Commissione Lavoro, che facevano intendere provvedimenti in direzione completamente opposta;
l'intera Casa delle Libertà, come appare anche dal corpo degli emendamenti presentati sull'intero articolato di interesse della XI Commissione, è, dunque, contraria a provvedimenti che vadano nella direzione della riduzione dello spazio di manovra per l'impresa, che aumentino i costi indiretti sul sistema del lavoro attraverso l'aggravio in genere della pressione fiscale e contributiva;
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