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PDL 1849

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1849


 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

ZACCARIA, ADENTI, ALLAM, AMICI, BELISARIO, BOATO, BRESSA, D'ANTONA, DATO, GIOVANELLI, GOZI, INCOSTANTE, LA FORGIA, NACCARATO, NICCHI

Modifica dell'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica

Presentata il 24 ottobre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge costituzionale è finalizzata ad inserire nella nostra Carta fondamentale il riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica, naturalmente nel rispetto delle garanzie che la Costituzione e le leggi costituzionali già riconoscono alle minoranze linguistiche.
      Un riferimento alla lingua era presente nell'articolo 62 dello Statuto albertino del 1848 («La lingua italiana è la lingua ufficiale delle Camere. È però facoltativo di servirsi della francese ai membri che appartengono ai paesi in cui questa è in uso e in risposta ai medesimi»), più che altro come principio di integrazione del Parlamento di una nazione nascente. Tuttavia, una simile disposizione non è stata presa in considerazione dai Padri costituenti, che hanno ritenuto pleonastico il riconoscimento di un dato di fatto che emergeva dalla semplice ma decisiva considerazione che la stessa Costituzione veniva redatta unicamente nella lingua italiana.
      Parallelamente, e con carattere innovativo rispetto all'ordinamento precedente, venivano poste le basi per la tutela delle minoranze linguistiche con la norma fondamentale contenuta nell'articolo 6 della Costituzione («La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»). La legge ordinaria n. 482 del 1999 ha dato attuazione proprio a quei fondamentali princìpi. La tutela delle lingue minoritarie ha trovato un ulteriore radicamento di rango costituzionale nell'approvazione degli statuti speciali delle regioni
 

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Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige e, recentemente, con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione nel 2001, attraverso l'inserimento nell'articolo 116, primo comma, della doppia denominazione delle stesse regioni (Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste).
      Nell'attuale contesto politico e istituzionale si presenta con forza all'attenzione generale il significativo consolidamento dell'Unione europea. Questo processo di intensità crescente, come dimostrano il progressivo allargamento, da un lato, e la definizione dei nuovi strumenti istituzionali, dall'altro, impone agli Stati calibrate misure di adeguamento. Tali misure sono diverse e toccano alcuni punti nevralgici degli apparati nazionali, decisionali e di governo, ma toccano anche i princìpi fondamentali della società. Tra queste misure riveste un carattere simbolico proprio quello della lingua. L'Europa e tutto il processo di integrazione europea si fondano sul principio del multiculturalismo e del multilinguismo. È proprio per questa ragione che diversi Paesi europei hanno sentito la necessità di inserire nelle proprie Costituzioni il riferimento alla lingua ufficiale fin dall'approvazione del Trattato di Maastricht.
      Ciò è accaduto, ad esempio, in Francia nel 1992, con la modifica dell'articolo 2 della Costituzione. Già in precedenza, numerosi altri Paesi europei avevano inserito nelle loro Carte fondamentali il riconoscimento della lingua ufficiale, sia quando ciò avveniva in contesti plurilinguistici (Irlanda, Finlandia, Spagna), sia in ambiti sostanzialmente omogenei (Portogallo, Austria). È interessante sottolineare che soprattutto le Costituzioni più recenti hanno inteso sottolineare il dato linguistico (Spagna, Portogallo, Belgio).
      Da ultimo, il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa affronta la questione linguistica sin dai suoi princìpi fondamentali (articolo I-3 recante gli obiettivi dell'Unione) e pone l'accento sul rispetto della ricchezza e della diversità culturali e linguistiche.
      Il riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica non può in alcun modo essere letto in un'ottica contraria ai princìpi dell'autonomia costituzionale delle minoranze linguistiche, già sancita e tutelata dalla Costituzione e dai loro statuti, approvate con legge costituzionale, né quale opposizione alla vivacità del patrimonio dialettale dei diversi contesti regionali e locali e neppure con più ampie accezioni negative, poiché divieto esplicito e tassativo ne è fatto dalla prima parte dell'articolo 3 della Costituzione («Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»).
      È anzi l'affermazione di un principio di identità comune e condivisa, che assume una rinnovata importanza in una società sempre più pluralista e diversificata, come quella che si sta affermando negli ultimi anni. Accanto alle minoranze linguistiche e culturali che il nostro Paese ha conosciuto nei decenni e nei secoli passati, infatti, si stanno diffondendo nel territorio comunità di diversa matrice e provenienza, circostanza che sottolinea la necessità di individuare elementi su cui basare l'integrazione in un tessuto comune.
      Da questo punto di vista, la lingua risulta essere il primo meccanismo di socializzazione e di integrazione e, insieme alle regole fondamentali della convivenza civile, costituisce il veicolo per la costruzione del diritto di cittadinanza dal punto di vista civile e politico, ancora prima che da quello giuridico.
      Il significato principale di questa nuova previsione si coglie nella prospettiva internazionale e nell'impegno a sostenere ulteriormente in Italia e nel mondo lo studio della lingua e della cultura italiane, anche attraverso un maggiore impegno dei mezzi di informazione e di quelli pubblici in particolare.
      Questo aspetto è emerso con forza e con particolare profondità nel corso delle recenti audizioni, promosse dalla I Commissione della Camera dei deputati, con
 

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alcuni autorevoli esponenti dell'università e dell'Accademia della Crusca.
      Il riconoscimento costituzionale dell'italiano quale lingua ufficiale è dunque anche un atto di attenzione che il Parlamento rivolge alla lingua stessa ed alla sua cura e manutenzione. Su questo versante ricordiamo l'impegno di Mario Luzi prima nel Paese e poi anche nell'Aula del Senato della Repubblica durante i suoi ultimi mesi di vita.
      Infine, con l'inserimento nella Norma fondamentale della Repubblica di un esplicito riconoscimento dell'italiano come lingua ufficiale, si apporterebbe un ulteriore tassello al progetto di rifondare un minimo comune denominatore dell'identità nazionale che, ben lontano da qualsiasi accento retorico, è stato uno dei fili conduttori del settennato di Presidenza della Repubblica di Carlo Azeglio Ciampi.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali».


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