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PDL 1832

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1832



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MELLANO, FRANCESCATO

Disposizioni per l'abolizione della caccia da appostamento fisso e dell'uso degli uccelli vivi come richiami

Presentata il 16 ottobre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - È ancora buio quando il cacciatore arriva. Scende dall'auto, fa pochi metri a piedi ed entra nel capanno. Accende il riscaldamento ed esce a prendere gli uccelli da richiamo. Quelli più bravi li ha portati a casa la sera prima e ora li rimette al loro posto, con le gabbiette appese agli alberi che circondano l'appostamento. Gli altri sono rimasti qui, nelle loro gabbie. Torna nel capanno, carica il fucile e si mette ad aspettare bevendosi un caffè. I richiami iniziano a cantare al primo chiarore. I tordi in migrazione, incuriositi dal canto dei loro simili, si avvicinano. Uno si posa su un bastone. Il cacciatore lo vede. Mira. Un solo colpo, secco, come un cecchino. Il tordo cade, morto. Ne segue un altro. Un altro colpo. Passano così le prime ore della mattina: seduto nel capanno con il fucile pronto a sparare a tutti gli uccelli che attirati dal canto, dalla vegetazione, dalle bacche mature si avvicinano. Quando il sole sale, gli uccelli si fermano. Si raccolgono i morti, si portano via le gabbiette, si torna a casa. Questo tipo di caccia, prevalentemente specializzato sugli uccelli migratori, fa sì che nelle giornate autunnali favorevoli si possano effettuare delle vere e proprie mattanze. Nel Delta del Po si stima che circa 400.000 anatre siano uccise ogni anno e nella sola provincia di Brescia sono quasi 2 milioni i tordi che vengono abbattuti ogni stagione venatoria. La caccia da appostamento con l'utilizzo come richiami di uccelli vivi rappresenta una delle forme più crudeli dell'attività venatoria. La legge autorizza, a certe condizioni, l'impiego di animali appartenenti alle specie cacciabili che vengono tenuti presso l'appostamento così da attirare con il proprio canto (per quanto riguarda, ad
 

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esempio, merli, tordi, cesene e allodole) o con la propria presenza (nel caso di anatre, pavoncelle e colombacci) i propri simili a portata di tiro. I primi vengono rinchiusi in gabbie di diversa forma e dimensione (da quelle sin troppo piccole e inadeguate a voliere di grandi dimensioni o tunnel di rete sul terreno), mentre i secondi sono tenuti esposti ma con le ali tarpate o legati a un fermo in modo da non potersi allontanare. Questi animali possono essere di allevamento (è il caso di tutti gli anatidi) o di cattura (limitatamente a sette specie: allodola, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, merlo, pavoncella e colombaccio). Il prelievo legale di questi animali avviene ad opera di impianti di cattura (detti «roccoli») autorizzati dalle province sulla base di quantitativi stabiliti ogni anno dalle regioni, e questo nonostante l'uso delle reti, strumenti per eccellenza non selettivi, sia vietato dalle norme internazionali già a partire dalla convenzione internazionale per la protezione degli uccelli, adottata a Parigi il 18 ottobre 1950, resa esecutiva dalla legge 24 novembre 1978, n. 812, nonché dalla convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979, resa esecutiva dalla legge 5 agosto 1981, n. 503, e dalla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, alla quale si è data, in parte, attuazione con la legge 11 febbraio 1992, n. 157. I richiami così catturati vengono poi distribuiti gratuitamente ai cacciatori che ne fanno richiesta. Esiste un quantitativo massimo di uccelli da richiamo proveniente da cattura che ogni cacciatore può detenere (10 per specie per un totale di 40), mentre non vi è alcun limite alla detenzione e all'utilizzo di quelli di allevamento.
      Sono soprattutto i richiami che devono cantare quelli sottoposti a maggiori vessazioni. La caccia infatti avviene in autunno, quando per gli uccelli non è affatto naturale cantare. Occorre quindi sottoporli a un trattamento che mira a sconvolgerne i ritmi vitali, così che all'inizio della stagione venatoria (settembre-ottobre) questi animali siano convinti di trovarsi in piena primavera e inizino a cantare a squarciagola. Non a caso l'espressione usata per definire questo trattamento è quella di «fargli fare la primavera». Diverse sono le metodologie utilizzate. Gli uccelli vengono segregati al buio all'inizio della primavera e gli vengono strappate un po' di penne così da indurre una muta forzata: solo a tarda estate rivedranno gradualmente la luce, equivocando la stagione con la primavera. Stesso effetto si ottiene tenendoli in una stanza senza finestre, ma con una luce artificiale comandata da un timer. Un'altra pratica tradizionale per migliorarne il canto è quella di accecare l'animale, benché questo sia vietato dalla legge. La «qualità» di questi richiami è fondamentale per la buona riuscita della caccia: con dei cattivi richiami non si spara a niente, mentre dei buoni richiami fanno riempire il carniere. Per questo motivo i migliori «cantanti» vengono quotati a cifre astronomiche, pari anche a diverse centinaia di euro, e non è infrequente che avvengano furti tra cacciatori che mirano a impossessarsi degli esemplari più dotati.
      È evidente che queste sono le condizioni ideali per far fiorire un mercato nero di richiami illegali, alimentato da bracconieri senza scrupoli che saccheggiano nidi (ogni anno sono decine i cacciatori veneti e lombardi colti a razziare nidi in Trentino-Alto Adige) o catturano con reti. Purtroppo, come una recente indagine del Corpo forestale dello Stato (CFS) in Veneto ha dimostrato, spesso sono gli stessi roccoli ufficiali a gestire una sorta di «mercato parallelo», dove una parte delle catture è consegnata alle province e un'altra è molto più lucrosamente venduta direttamente ai cacciatori.
      Un giro di affari illeciti di cui è difficile stimare la consistenza, ma certamente molto lucroso. Si pensi, ad esempio, che un fringuello da richiamo può costare 100 euro, che ogni appostamento necessita di almeno 5 richiami e che solo a Brescia gli appostamenti sono 8.000; da questo si desume che solo questa fetta di mercato vale circa 4 milioni di euro. Quando, nel corso di un'indagine, gli uomini del CFS
 

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hanno pedinato per un giorno un bracconiere impegnato nella consegna di uccelli da richiamo catturati illegalmente, alla sera lo hanno fermato con in tasca 30 milioni delle vecchie lire.
      Un cenno a parte merita il cosiddetto «zimbello», altro termine venatorio entrato nel linguaggio comune. Si tratta di un animale non ingabbiato ma imbragato o legato a una corda, così da poter svolazzare per qualche metro richiamando altri animali. Questa pratica è consentita dalla legge che vieta solo di legare l'animale per le ali, ma spessissimo sconfina in un vero e proprio maltrattamento, laddove l'animale viene strattonato per incitarlo o costringerlo al volo, e come tale deve essere perseguita a norma di legge.
      Un'ultima considerazione è da fare sui capanni fissi, i quali, quasi sempre costruiti in mattoni e in cemento armato, costituiscono strutture, per la loro stessa natura, realizzate in ambienti naturali spesso di grande valore naturalistico (laghi e aree umide, rotte di migrazione, valichi alpini, margini di radure dei boschi di montagna eccetera). Nella grande maggioranza dei casi sono realizzati in deroga o in violazione della cosiddetta «legge Galasso» (decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985) e del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Sono strutture che deturpano il paesaggio e stridono con le norme urbanistiche. Addirittura molti capanni hanno progressivamente assunto caratteristiche da casotto di montagna, arricchendosi di camera da letto, cucina, bagno e impianto elettrico.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Richiami vivi).

      1. Su tutto il territorio nazionale è vietato utilizzare per fini venatori richiami vivi e zimbelli vivi.
      2. Coloro che sono in possesso di richiami o di zimbelli vivi devono, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, consegnarli all'organo provinciale competente che provvede a liberarli, ove possibile, o ad affidarli ad apposite strutture di recupero.

Art. 2.
(Appostamenti fissi).

      1. La caccia da appostamento fisso è vietata su tutto il territorio nazionale.
      2. Per appostamento fisso si intende qualsiasi struttura permanente realizzata con qualsiasi materiale.
      3. Le strutture utilizzate come appostamento fisso devono essere demolite e rimosse, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a cura del proprietario.
      4. In caso di inadempienza al disposto di cui al comma 3, provvedono i comuni entro i due mesi successivi alla scadenza del termine stabilito dal medesimo comma 3 e, qualora sia individuato il proprietario, le spese per la demolizione e la rimozione sono a questi addebitate.
      5. I proprietari di appostamenti fissi inadempienti alle disposizioni del presente articolo sono altresì soggetti alla sanzione amministrativa di cui all'articolo 3, comma 2, lettera a).
      6. L'appostamento temporaneo di cui all'articolo 14, comma 13, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, deve essere smontato

 

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e rimosso dal cacciatore prima che questi si allontani dal posto.

Art. 3.
(Sanzioni).

      1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge si applicano le seguenti sanzioni penali:

          a) l'arresto da tre mesi a un anno e l'ammenda da 900 euro a 2.500 euro per chi detiene, trasporta o utilizza uccelli come richiami vivi o zimbelli vivi;

          b) l'ammenda da 900 euro a 2.500 euro per chi esercita la caccia da appostamento fisso.

      2. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge, salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni amministrative:

          a) la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 5.000 euro a 30.000 euro per i proprietari degli appostamenti fissi che non hanno ottemperato alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3;

          b) la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 500 euro a 3.000 euro per chi si allontana dall'appostamento temporaneo senza averlo smontato e rimosso.

      3. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

Art. 4.
(Vigilanza).

      1. La vigilanza sull'applicazione delle disposizioni della presente legge è affidata ai soggetti di cui all'articolo 27 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

 

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Art. 5.
(Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157).

      1. Sono abrogate le seguenti disposizioni della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni:

          a) i commi 3 e 4 dell'articolo 4;

          b) l'articolo 5;

          c) la lettera h) del comma 8 dell'articolo 10;

          d) la lettera b) del comma 5 dell'articolo 12;

          e) il comma 12 dell'articolo 14;

          f) il comma 6 dell'articolo 18;

          g) la lettera q) del comma 1 dell'articolo 21;

          h) la lettera h) del comma 1 dell'articolo 31.

      2. Ai commi 3 e 4 dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le parole: «, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso,» sono soppresse.
      3. Al comma 1 dell'articolo 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera p), le parole: «, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 5» sono soppresse;

          b) alla lettera r), le parole: «uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e» sono soppresse;

          c) alla lettera ee), le parole: «dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalità previste dalla presente legge e» sono soppresse.

      4. Al comma 5 dell'articolo 23 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le parole: «Gli appostamenti fissi», sono soppresse.

 

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      5. Al comma 2 dell'articolo 28 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le parole: «e dei richiami vivi autorizzati» sono soppresse.


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