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PDL 1936

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1936



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

VIOLANTE, MARCENARO

Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché al codice penale e al codice di procedura penale

Presentata il 12 novembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - 1) Tutte le grandi immigrazioni, compresa quella italiana negli Stati Uniti, in Canada o in Australia, sono state accompagnate dallo spostamento di soggetti dediti professionalmente ad attività criminali, dall'utilizzazione da parte di questi soggetti di altri immigrati privi di mezzi di sussistenza nel nuovo Paese o disadattati perché non integrati con i nuovi stili di vita. Tutto ciò si è sempre tradotto in un gravissimo danno per la parte, di gran lunga maggioritaria, degli immigrati che nulla hanno da spartire con la criminalità.
      Ostilità, diffidenza o rifiuto dello straniero trovano le loro radici anche nella attribuzione indiscriminata, nell'immaginario collettivo, a tutti gli immigrati delle responsabilità derivanti dalle condotte illecite di alcuni di essi. Si tratta di sentimenti e atteggiamenti che si diffondono sempre più tra i cittadini italiani e che hanno, indubbiamente, molteplici spiegazioni, ma che si rafforzano anche con la diffusa convinzione della sostanziale impunità di cui godono molti criminali di importazione.
      Per affermare e difendere una cultura dell'accoglienza occorre difendere una cultura della responsabilità. Tollerare tutto e ad ogni costo, senza differenziare le posizioni e senza valorizzare la capacità di
 

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decidere sulle proprie condotte, cancella il principio di responsabilità, che deve accompagnare ogni forma di civile e democratica convivenza.
      In un contesto normativo realmente inadeguato a rendere impossibile la permanenza in Italia di chi vi giunge solo per delinquere, la cosiddetta «legge Bossi-Fini» (legge n. 189 del 2002) per alcuni aspetti è inutilmente oppressiva, mentre trascura alcuni nodi fondamentali per rendere incisiva la lotta alla criminalità.

      2) Innanzitutto non è predisposto alcuno strumento per neutralizzare la diffusa prassi dell'utilizzo delle false generalità da parte dello straniero che delinque.
      Sul fronte delle indagini, è, infatti, spesso impossibile ricostruire la reale identità di un soggetto e, quindi, individuarlo.
      Conseguentemente è possibile l'uso di plurime e false generalità, tecnica che ha, di fatto, consentito a delinquenti incalliti di ottenere molteplici sospensioni condizionali della pena, patteggiamenti e scarcerazioni fondati sulla formale incensuratezza dell'indagato che, con altri nomi, ha, in realtà, già commesso numerosi reati e, in molti casi, è anche titolare di un regolare permesso di soggiorno. Questo perché la concessione del permesso avviene senza alcuna concreta possibilità di una preventiva verifica dell'eventuale passato criminale dello straniero che, se pregiudicato, può continuare a delinquere utilizzando false generalità e, contemporaneamente, apparire come un onesto cittadino, esibendo, quando necessario, il permesso di soggiorno contenente le uniche generalità con le quali non ha mai fatto ingresso in un procedimento penale.
      Ne deriva un diffuso senso di impunità, un pessimo esempio per chi è in dubbio se scegliere la via criminale o tenere la propria vita nella legalità, la crescita di sentimenti razzisti.

      3) Nell'attuale impianto normativo, la possibilità di ottenere, o di rinnovare, il permesso di soggiorno è subordinata alla presenza di tre presupposti generali: l'esistenza di una motivazione per l'ingresso in Italia (lavorativa, religiosa, collegata allo studio, per consentire il ricongiungimento familiare); la disponibilità in capo al richiedente di adeguati mezzi di sostentamento; l'assenza di accertata pericolosità.
      In realtà, il sistema è di fatto vanificato da molteplici fattori, tra i quali la materiale impossibilità di una costante verifica della permanenza, nel tempo, dei presupposti legittimanti la concessione del permesso, le carenze di personale ed i notevoli problemi organizzativi degli uffici immigrazione delle questure, accompagnati dal mancato raccordo tra tali uffici e l'autorità giudiziaria.
      Pertanto le sentenze a carico di stranieri muniti del permesso di soggiorno sono spesso relative a soggetti condannati con nominativi diversi da quello utilizzato per ottenere il permesso. A volte si tratta di nomi di persone del tutto innocenti e assolutamente estranea al mondo criminale.
      L'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che attualmente disciplina il rilascio del permesso di soggiorno, deve, quindi, essere armonizzato a queste elementari esigenze.
      Si impone l'esigenza di rendere effettiva una scelta di fondo propria di tutti i Paesi di immigrazione: il permesso di soggiorno non può essere riconosciuto a chi commette crimini di una certa gravità e a chi si occulta sotto false generalità.
      La normativa sugli stranieri non rende obbligatoria, ai fini dell'ottenimento del permesso di soggiorno, la sottoposizione del richiedente ai rilievi fotodattiloscopici (fotografie e impronte digitali), attraverso i quali è possibile ricostruire se, con diverse generalità, un individuo ha commesso in precedenza reati o è stato oggetto di un provvedimento di espulsione.
      Può quindi accadere, e in realtà è spesso accaduto, che venga concesso il permesso a chi, in realtà, a causa dei suoi precedenti, mai accertati, non sarebbe meritevole del beneficio. Per converso, può accadere che il permesso venga negato a chi non ha commesso alcun delitto quando il suo nome è stato utilizzato dal vero

 

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criminale. Naturalmente nulla esclude che le norme qui proposte, relative alle impronte digitali possano essere estese ai cittadini italiani. Se questa esigenza emergerà nel corso del dibattito parlamentare, la normativa potrà certamente estendersi anche a loro.
      Per tali ragioni, si propone che il comma 2-bis dell'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sia sostituito dal seguente:

      «2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici».

      Il comma 4-bis dell'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è invece sostituito dal seguente:

      «4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici qualora i rilievi non siano stati effettuati all'atto del rilascio del permesso».

      E all'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazione, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «9-bis. Il permesso di soggiorno non può essere concesso o rinnovato allo straniero che nei cinque anni precedenti la richiesta sia stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
      9-ter. Allo straniero, titolare di permesso di soggiorno, che sia condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, il permesso di soggiorno è revocato per la durata di cinque anni dall'esecuzione della pena».

      Inoltre, deve essere introdotto un trattamento sanzionatorio adeguato nei confronti dei soggetti che, in varia misura, concorrono alla realizzazione di documenti ideologicamente falsi impiegati per l'ottenimento di permessi di soggiorno.
      L'esperienza quotidiana ha dimostrato che, grazie alle segnalate lacune, questo tipo di criminalità ha un estremo bisogno del permesso di soggiorno - con il quale può rimpatriare senza particolari controlli e può circolare liberamente nel nostro territorio.
      Perciò il comma 5 dell'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «5. Chiunque, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero, agevola, favorisce o consente la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa di 5.160 euro per ogni straniero di cui ha agevolato, consentito o favorito la permanenza nel territorio dello Stato. Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà».

      4) Il ricorso a nomi di fantasia, è, forse, il reato più diffuso tra gli stranieri che hanno scelto la strada del crimine.
      Molti provengono da Paesi che non hanno un'anagrafe e che non forniscono alcuna reale collaborazione per l'identificazione dei propri cittadini.
      Al fine di disincentivare realmente la pratica del ricorso ai nominativi di fantasia, è, dunque, necessario ridefinire, anche sotto il profilo sanzionatorio, il reato di cui all'articolo 495 del codice penale, ovvero la falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su generalità personali proprie o altrui.
      La norma, introdotta in un contesto nel quale non vi era alcuna questione connessa a questo tipo di criminalità, prevede una sanzione mite, proprio perché era assai rara l'utilizzazione di nomi falsi da parte di persone dedite al crimine
      Un incremento dei limiti edittali della pena prevista per il reato di cui all'articolo

 

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495 del codice penale, che consenta l'arresto facoltativo in flagranza e l'applicazione della custodia in carcere nei confronti di chi fornisce false generalità, potrebbe costituire un concreto strumento dissuasivo e un intervento adeguato alla gravità del fenomeno nei confronti di chiunque, italiano o straniero, per delinquere e per sfuggire all'individuazione, faccia costantemente uso di nominativi di fantasia.
      In alcuni Paesi, negli Stati Uniti ad esempio, fornire false generalità non solo comporta una pena elevata, ma comporta anche la custodia in carcere senza limiti temporali sino a quando non è accertata la reale identità della persona. L'introduzione di un meccanismo di controllo preventivo e successivo delle generalità all'atto della concessione o del rinnovo del permesso di soggiorno - garantito dal fotosegnalamento - e la concreta repressione dell'utilizzo di nominativi di fantasia consentirebbero di ridurre drasticamente il ricorso a nomi falsi da parte di questo tipo di criminalità organizzata.
      In questo contesto, l'attuale sanzione penale prevista dall'articolo 6, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, e successive modificazioni, norma oggetto di contrastanti interpretazioni da parte della stessa Corte di cassazione, potrebbe essere tranquillamente abrogata.
      Attualmente la legge prevede una blanda sanzione per lo straniero che, controllato, non esibisca documenti, ma, soprattutto, non prevede in questi casi l'obbligo di sottoporlo a rilievi fotodattiloscopici, fissando in ventiquattro ore la durata massima del fermo per identificazione.
      Di fatto, lo straniero che, nel corso di un controllo, viene trovato sprovvisto di documenti subisce una denuncia a piede libero per un reato che in concreto non è punito e che, per come è formulato, non ha senso ed è di dubbia configurabilità (non è, infatti, reato la clandestinità ma solo il fatto di non esibire i documenti), ma, soprattutto, in queste occasioni non viene neppure fotosegnalato e, quindi, realmente identificato.
      Si deve, invece, porre le Forze di polizia nelle condizioni di svolgere un immediato ed effettivo controllo in tutte le occasioni in cui lo straniero o il cittadino sia sprovvisto di documenti, al fine di consentire un concreto accertamento della sua identità.
      Introducendo in questi casi l'obbligo del fotosegnalamento, si scoraggerebbe l'uso delle false generalità in occasione dei controlli, consentendo una reale individuazione di chi ha la consuetudine di non esibire i documenti in queste circostanze.

      5) È, dunque, necessario creare un sistema circolare nel quale è sempre possibile il controllo dell'identità dello straniero o del cittadino mediante uno strumento (i rilievi fotodattiloscopici) che, senza essere invasivo o lesivo della dignità della persona, riproduce esclusivamente una caratteristica fisica della persona e che, rispetto ad una semplice fotografia, è certo e non suscettibile di contraffazioni.
      Conseguentemente si propone di sostituire il comma 3 dell'articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con il seguente:

      «3. Chiunque, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno, deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici. Gli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza possono accompagnare la persona nei propri uffici e trattenervela per il tempo necessario per l'identificazione e comunque non oltre le quarantotto ore».

      Il comma 4 del citato articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni, verrebbe quindi abrogato e l'articolo 495 del codice penale verrebbe sostituito dal seguente:

      «Art. 495. - (Falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale o all'autorità giudiziaria sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque,

 

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a seguito di espressa richiesta, dichiara o attesta falsamente ad un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni o del servizio, ovvero in un atto pubblico, la propria identità o stato o altre qualità della propria o della altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
      Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, ovvero se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'autorità giudiziaria o all'autorità da essa delegata, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome».

      L'articolo 496 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 496. - (False dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, fuori dai casi indicati dagli articoli precedenti, interrogato sull'identità, sullo stato o su altre qualità della propria o della altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione fino a due anni».

      Per consentire l'arresto in flagranza, all'articolo 381, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «m-ter) falsa attestazione sull'identità o su qualità personali proprie o di altri prevista dall'articolo 495 del codice penale».

      Deve anche essere previsto il rito direttissimo per il reato di cui all'articolo 495 del codice penale quando risulta commesso unitamente ad altri reati per i quali l'imputato è in stato di arresto o di custodia cautelare.
      All'articolo 449 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano qualora il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulti connesso con il reato di cui all'articolo 495 o con quello di cui all'articolo 495-bis del codice penale. Se la riunione è indispensabile prevale in ogni caso il rito direttissimo».

      6) Corollario delle procedure di identificazione è evitare che la persona adotti tecniche che gli consentano di sfuggire. Da un anno a questa parte sta diffondendosi in modo veramente sorprendente una prassi volta ad impedire, a volte in modo irreversibile, la possibilità concreta di una identificazione mediante la sottoposizione dell'interessato ai rilievi dattiloscopici.
      Immergendo i polpastrelli delle dita nell'acido si ottiene, infatti, l'abrasione delle creste papillari che consentono la comparazione dell'impronta. E se l'operazione è svolta in modo particolarmente approfondito le creste papillari, che in caso di un più blando intervento ricrescono nel giro di un mese, non si riformeranno mai più, consentendo all'interessato di sfuggire per sempre a questi controlli.
      In altri termini, i soggetti che ricorrono a questo artificio non possono più utilmente essere sottoposti ai rilievi dattiloscopici, perché l'operatore non è in condizione di effettuare le comparazioni o comunque di rilevare l'impronta in modo utile.
      Ed ecco che tutti gli sforzi volti a rendere utile il sistema di identificazione sono vanificati e chi cancella le impronte dei propri polpastrelli può sfuggire all'attribuzione di identità certa.
      La conseguenza, ad esempio, è che la persona in discorso potrà godere di un numero indefinito di sospensioni condizionali della pena, purché si presenti ogni volta con una identità diversa.
      Sarà poi impossibile la sua espulsione dal territorio nazionale perché, non avendo un'identità certa, nessuno Stato estero si dichiarerà disponibile a riceverlo.
      Di fronte a questa nuova frontiera occorre introdurre una nuova figura di

 

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reato che preveda pene edittali congrue e la custodia in carcere.
      Proponiamo pertanto che dopo l'articolo 495 del codice penale sia inserito il seguente:

      «Art. 495-bis. - (Alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri). - Chiunque altera, oblitera o, comunque, mutila, anche solo in parte, le creste papillari dei polpastrelli delle dita delle proprie o delle altrui mani o altre parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento della propria o dell'altrui identità o dello stato o di altre qualità della propria o della altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni».

      All'articolo 381, comma 2, del codice di procedura penale, dopo la lettera m-ter), proponiamo sia aggiunta la seguente:

          «m-quater) alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri prevista dall'articolo 495-bis del codice penale».

      Deve anche essere previsto il rito direttissimo per il reato di cui all'articolo 495-bis del codice penale, quando risulta commesso unitamente ad altri reati per i quali l'imputato è in stato di arresto o di custodia cautelare. A questo provvede la modifica, già riportata nella presente relazione, all'articolo 449 del codice di procedura penale, che reca l'introduzione del comma 6-bis.
      Va anche evitato che nei confronti di chi ha impedito volontariamente la propria identificazione non possa celebrarsi il processo.
      Il comma 2 dell'articolo 66 del codice di procedura penale, è pertanto sostituito dal seguente:

      «2. L'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell'autorità procedente, quando sia assolutamente certa l'identità fisica della persona».

      7) Attraverso l'introduzione dei correttivi descritti si potrebbe garantire un reale equilibrio tra gli interessi, meritevoli di tutela, dello straniero che, nel rispetto delle regole, si inserisce stabilmente nel nostro Paese e quelli, altrettanto fondamentali per uno Stato democratico, di garantire per tutti il rispetto delle regole, sanzionando le loro violazioni da parte di cittadini stranieri che, delinquendo, sottraggono spazi e risorse ad altri immigrati che, del tutto lecitamente, intendono migliorare le loro condizioni di vita, inserendosi stabilmente in Italia.
      Si tratta, quindi, di fare delle scelte, che si traducano in atti concreti, per consentire di riportare la situazione dall'attuale emergenza a un reale equilibrio.
      Questa proposta di legge nasce dall'esperienza concreta della procura della Repubblica presso il tribunale di Torino e da una serie di incontri indetti dal sindaco della città di Torino, Sergio Chiamparino, sul tema della tutela della sicurezza dei cittadini.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
MODIFICHE AL TESTO UNICO DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 25 LUGLIO 1998, N. 286

Art. 1.

      1. Il comma 2-bis dell'articolo 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici».

Art. 2.

      1. Il comma 4-bis dell'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici qualora i rilievi non siano stati effettuati all'atto del rilascio del permesso».

Art. 3.

      1. All'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «9-bis. Il permesso di soggiorno non può essere concesso o rinnovato allo straniero che nei cinque anni precedenti la richiesta sia stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale

 

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della pena, per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
      9-ter. Allo straniero, titolare di permesso di soggiorno, che sia condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, il permesso di soggiorno è revocato per la durata di cinque anni dall'esecuzione della pena».

Art. 4.

      1. Il comma 5 dell'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «5. Chiunque, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero, agevola, favorisce o consente la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa di 5.160 euro per ogni straniero di cui ha agevolato, consentito o favorito la permanenza nel territorio dello Stato. Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà».

Art. 5.

      1. Il comma 3 dell'articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituito dal seguente:

      «3. Chiunque, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno, deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici. Gli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza possono accompagnare la persona nei propri uffici e trattenervela per il tempo necessario per

 

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l'identificazione e comunque non oltre le quarantotto ore».

      2. Il comma 4 dell'articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è abrogato.

Capo II
MODIFICHE AL CODICE PENALE

Art. 6.

      1. L'articolo 495 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 495. - (Falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale o all'autorità giudiziaria sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, a seguito di espressa richiesta, dichiara o attesta falsamente ad un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni o del servizio, ovvero in un atto pubblico, la propria identità o stato o altre qualità della propria o della altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
      Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, ovvero se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'autorità giudiziaria o ad autorità da essa delegata, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome».

Art. 7.

      1. Dopo l'articolo 495 del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 495-bis. - (Alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie

 

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o di altri). - Chiunque altera, oblitera o, comunque, mutila, anche solo in parte, le creste papillari dei polpastrelli delle dita delle proprie o delle altrui mani o altre parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento della propria o dell'altrui identità o dello stato o di altre qualità della propria o della altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni».

Art. 8.

      1. L'articolo 496 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 496. - (False dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, fuori dai casi indicati dagli articoli precedenti, interrogato sull'identità, sullo stato o su altre qualità della propria o della altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione fino a due anni».

Capo III
MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE

Art. 9.

      1. All'articolo 381, comma 2, del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «m-ter) falsa attestazione sull'identità o su qualità personali proprie o di altri prevista dall'articolo 495 del codice penale;

          m-quater) alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri prevista dall'articolo 495-bis del codice penale».

 

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Art. 10.

      1. All'articolo 449 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano qualora il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulti connesso con il reato di cui all'articolo 495 o con quello di cui all'articolo 495-bis del codice penale. Se la riunione è indispensabile prevale in ogni caso il rito direttissimo».

Art. 11.

      1. Il comma 2 dell'articolo 66 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «2. L'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell'autorità procedente, quando sia certa l'identità fisica della persona».


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