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PDL 1824

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1824



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

LEONI, FORLANI, SINISCALCHI, CASTAGNETTI, BOATO, BAFILE, DE SIMONE, D'ELIA, GALANTE, MURA, BIMBI, FOLENA, FORGIONE, META, LEOLUCA ORLANDO, PINOTTI, RANIERI, ACERBO, ATTILI, AZZOLINI, BANDOLI, BELISARIO, BELLANOVA, BELLILLO, BELTRANDI, BENVENUTO, BIANCHI, BOCCI, BRESSA, BUCCHINO, BUEMI, BUGLIO, BURCHIELLARO, BURGIO, CACCIARI, CANCRINI, CAPOTOSTI, CARDANO, CARTA, CASSOLA, CATONE, CHIAROMONTE, CIOFFI, GIULIO CONTI, D'ANTONA, DE ANGELIS, DE BRASI, DEIANA, DE LAURENTIIS, DELFINO, DE ZULUETA, DIOGUARDI, D'IPPOLITO VITALE, DI SALVO, DURANTI, FABRIS, FADDA, FALOMI, FARINONE, FEDI, FINCATO, CINZIA MARIA FONTANA, FRANCI, FRANZOSO, FRIAS, FRIGATO, GENTILI, GERMONTANI, GIOVANELLI, GIULIETTI, GRASSI, GRILLINI, IACOMINO, INCOSTANTE, KHALIL, LAGANÀ FORTUGNO, LENZI, LOCATELLI, LO MONTE, LONGHI, LOVELLI, LUCCHESE, LULLI, LUMIA, MADERLONI, MANTOVANI, MARAN, MARCHI, MARIANI, MARTINELLO, MASCIA, MELLANO, MIGLIORE, MORRONE, MOTTA, MUNGO, NARDUCCI, NICCHI, OLIVIERI, ANDREA ORLANDO, OTTONE, PALOMBA, PAOLETTI TANGHERONI, PELLEGRINO, PETTINARI, CAMILLO PIAZZA, PIRO, PORETTI, PROVERA, RAITI, RAMPI, RAO, REALACCI, ANDREA RICCI, RICEVUTO, ROCCHI, ROSSI GASPARRINI, ROTONDO, RUGGERI, FRANCO RUSSO, SAMPERI, SCHIETROMA, SERVODIO, SMERIGLIO, SUPPA, TRUPIA, TOCCI, TURCO, VELO, VENIER, VICO, VILLARI, VILLETTI, ZACCHERA, ZANELLA, ZANOTTI

Modifica all'articolo 2 della legge 29 ottobre 1997, n. 374, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona

Presentata il 12 ottobre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Le munizioni cluster sono armi di grandi dimensioni - lanciate da aerei o elicotteri oppure da sistemi di artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili - che si aprono a mezz'aria spargendo ad ampio raggio centinaia (o, nel caso di quelle di artiglieria, decine) di submunizioni più piccole. Dal punto di
 

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vista militare, le munizioni cluster sono molto apprezzate per la loro capacità di ampia disseminazione e per la versatilità delle submunizioni, che possono avere effetti antipersona o antiblindatura. Queste armi sono in grado di distruggere obiettivi ampi quali campi d'aviazione e postazioni missilistiche terra-aria e risultano efficaci contro bersagli in movimento o di cui non si conosce la posizione precisa, come truppe nemiche o veicoli. Le submunizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell'impatto al suolo, a differenza delle mine antipersona che sono progettate per essere attivate dal contatto con la vittima. Tuttavia, nei casi in cui le submunizioni non funzionano come previsto, sono estremamente pericolose e possono esplodere al minimo tocco o spostamento, diventando così di fatto delle mine antipersona.
      Il tasso di mancata esplosione dichiarato dalle case produttrici è del 5 per cento, ma in realtà i dati raccolti sul campo segnalano indici molto più alti, anche fino al 20-25 per cento. Questo tasso è influenzato da fattori tecnici ma anche dalle condizioni del terreno e dall'altezza da cui sono lanciate. Tutte le armi hanno un tasso di mancato funzionamento, ma le munizioni cluster sono particolarmente pericolose per una serie di motivi: 1) l'alto numero di submunizioni che rilasciano, moltiplicato per l'indice di mancata esplosione fa sì che ogni singola munizione cluster produrrà una quantità notevole di pericolosi ordigni inesplosi (un esempio: nella seconda guerra del Golfo, le forze USA hanno usato 10.728 munizioni cluster per un totale di circa 1.800.000 submunizioni; se anche quelle inesplose fossero in effetti solo il 5 per cento, si tratterebbe comunque di 90.000 ordigni letali disseminati sul terreno); 2) l'instabilità delle submunizioni le rende estremamente pericolose per chi le dovesse toccare e ancora più difficili da rimuovere e distruggere delle mine antipersona; 3) la potenza delle cariche con cui sono armate le rende ancora più letali delle mine antipersona: gli incidenti causati da submunizioni uccidono con più frequenza e in un raggio ben superiore rispetto alle mine antipersona.
      Per quanto il numero dei conflitti in cui si è fatto uso di munizioni cluster sia ancora relativamente limitato, il danno causato alle popolazioni civili sia durante gli attacchi che dopo (a causa delle submunizioni inesplose) è sempre enorme. L'impatto non si limita inoltre all'uccisione o al ferimento di civili: una pesante contaminazione da munizioni cluster può infatti avere profonde implicazioni socio-economiche, ostacolando la ricostruzione e lo sviluppo postbellici.
      L'Italia è uno degli almeno 57 Paesi al mondo che hanno nei propri arsenali munizioni cluster, definizione che comprende sia le bombe d'aereo che munizioni più piccole d'artiglieria. L'Italia ha inoltre partecipato a missioni internazionali nelle quali è stato fatto uso, da parte di forze alleate, di munizioni cluster (ad esempio in Kosovo), anche se non risulta averne mai fatto uso direttamente. Il nostro Paese risulta, però, anche Paese produttore. Un fatto grave, anche se lo stoccaggio, la produzione e la vendita di una simile arma si devono al fatto che queste armi micidiali, i cui effetti sono del tutto assimilabili a quelli delle mine antipersona (se non addirittura più gravi), sono completamente legali. Infatti, sia la legge n. 374 del 1997, che mette al bando le mine antipersona sul territorio italiano, sia la Convenzione firmata ad Ottawa il 3 dicembre 1997 e ratificata ai sensi della legge 26 marzo 1999, n. 106, danno una definizione di mina basata sul progetto dell'ordigno e non sugli effetti che questo produce (come avevano proposto alcuni al momento del negoziato internazionale culminato ad Ottawa).
      Se da un lato il successo del trattato si deve almeno in parte proprio alla specificità del suo oggetto (le mine antipersona), questo ha comportato che rimanessero escluse armi altrettanto indiscriminate e con effetti di fatto assimilabili a quelli delle mine antipersona: tra queste, le mine anticarro e, appunto, le munizioni cluster.
 

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      Il lancio da parte della Cluster Munition Coalition (CMC - una coalizione internazionale di più di 100 organizzazioni, nata nel novembre 2003) della campagna per una moratoria su produzione, uso e commercio delle cluster richiede dunque anche nel nostro Paese una verifica sulle quantità prodotte o eventualmente stoccate nei magazzini dell'Esercito italiano.
      La presenza in Italia di cluster è stata segnalata per la prima volta dall'organizzazione umanitaria e di ricerca Human Rights Watch in un memorandum distribuito ai delegati del gruppo di esperti sui residuati bellici esplosivi in seno alla Convenzione sulle armi convenzionali riunita a Ginevra tra il 10 e il 14 marzo 2003. Secondo il dossier, il nostro Paese è uno degli almeno 57 Paesi (tra i quali 13 dei 25 membri dell'Unione europea) al mondo che hanno nei propri arsenali munizioni cluster. La tabella allegata al memorandum elenca i tipi di munizioni cluster che sarebbero detenuti negli stock italiani. Non ci sono indicazioni sui quantitativi di questi stock, né sul ruolo che queste armi hanno nelle linee strategiche della difesa italiana.
      Tra le munizioni presenti negli arsenali italiani ve ne sono anche alcune del tipo Dual Purpose Improved Conventional Munitions (DPICM) lanciate con sistemi di artiglieria Multiple Launch Rocket System (MLRS). Queste munizioni presentano un alto rischio di impatto umanitario, dal momento che hanno un elevato tasso di mancato funzionamento: circa una submunizione su sei rimane inesplosa. L'aviazione militare italiana ha in dotazione un numero limitato di bombe cluster d'aereo tipo (MK2)BL755 (di produzione inglese) contenenti ciascuna 147 bombette tipo MK 1 HE (2,15 lbs). Queste bombe possono essere portate da velivoli di tipo G91Y e F104G. Per cause tecniche non sono state montate su altri aerei, ma sono state fatte delle prove nel centro sperimentale. Finora comunque l'aviazione militare non ha mai impiegato questo tipo di bombe, neanche nei poligoni di tiro.
      Il nostro Paese non sarebbe però solo uno dei tanti che stoccano questo tipo di munizioni. È anche uno dei 33 (tra i quali 11 membri dell'Unione europea) produttori di cluster. A quanto risulta alla campagna italiana, le ditte italiane che producono questo tipo di armi sono due: la Simmel Difesa di Colleferro (Roma) e la SNIA BDP. Su quest'ultima non ci sono informazioni relative a tipo e quantità di produzione, mentre la Simmel Difesa ha un catalogo su web dal quale risulta la produzione di almeno due tipi di munizioni cluster: il razzo aereo Medusa da 81 millimetri (caricato con 11 bomblets anti-persona e anti-materiale) e il munizionamento da artiglieria da 55 millimetri Howitzer Bomblets Cargo Round (caricato con 63 submunizioni anti-persona e anti-carro dotate di meccanismi di autodistruzione).
      Sul fronte dei trasferimenti, risulta che l'Italia ha importato proiettili dalla Germania e razzi e bombe dagli USA (oltre alle BL755 di produzione inglese). Nel 1999 risulta un'esportazione di 50 granate BCR IM303 e di 74 granate calibro 155 millimetri con submunizioni HEAT calibro 42 (armi anticarro ad effetto cluster). Non è però noto verso quali Paesi siano state trasferite.
      L'Italia ha avuto nel 1999 un «assaggio» degli effetti di questi ordigni quando aerei della NATO di ritorno alla base di Aviano dopo le missioni in Serbia e Kosovo hanno rilasciato nell'Adriatico, in manovre di emergenza, 235 bombe (comprese alcune bombe a grappolo contenenti a loro volta centinaia di submunizioni). In conseguenza di questo avvenimento si sono verificati alcuni incidenti, tra cui il ferimento di quattro membri dell'equipaggio del peschereccio «Il Profeta» nell'esplosione di una bomba (inizialmente ritenuta un residuato della seconda guerra mondiale, ipotesi poi smentita) rimasta impigliata nelle sue reti in Alto Adriatico il 10 maggio 1999, e il ripescaggio solo tre giorni dopo di centinaia di submunizioni di bombe a grappolo (ordigni delle dimensioni di lattine di birra di colore giallo sgargiante, recanti la stampigliatura June 1999) a 22 miglia a est di Venezia. La gravità di questi episodi e della minaccia
 

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rappresentata per gli equipaggi dagli ordigni sganciati nelle sei aree appositamente designate (ciascuna del diametro di 10 miglia e situate tutte lungo la linea mediana del Mar Adriatico, di cui due all'altezza di Ravenna e le altre all'altezza di Pesaro, Bari, Brindisi e Santa Maria di Leuca) ha spinto il Governo - che inizialmente dichiarò di non essere stato informato di questa pratica delle Forze alleate - a decretare il blocco della pesca mentre venivano avviate le operazioni di bonifica. Tramite il decreto-legge 31 maggio 1999, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1999, n. 249, è stata istituita una speciale unità di crisi interministeriale e sono stati stanziati 60 miliardi in indennizzi diretti ai pescatori colpiti, più altri 25 per risarcire i danni subiti da rivenditori e indotto.
      Le operazioni di bonifica, iniziate nel maggio 1999 da cacciamine della Marina italiana, hanno coinvolto dall'aprile 2000 anche unità della NATO. Ancora nel gennaio 2000, decine di submunizioni cluster sono state ripescate dal peschereccio «Vento dell'Est» e non è noto se tutti gli ordigni siano stati rimossi.
      Altri ordigni, tra cui almeno tre bombe cluster di modello CBU 87, erano stati inoltre scaricati nel lago di Garda nel mese di aprile 1999.
      Lo scopo, quindi, che si propone la presente proposta di legge è quello di includere tutte le munizioni cluster o submunizioni delle bombe a grappolo, che hanno effetti assimilabili a quelli delle mine antipersona, nella definizione di mine antipersona, di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 374 del 1997.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 2, comma 1, della legge 29 ottobre 1997, n. 374, dopo le parole: «dispositivo od ordigno» sono inserite le seguenti: «, incluse le submunizioni delle munizioni a grappolo,».

Art. 2.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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