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PDL 2109

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2109



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato POLETTI

Abrogazione dell'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, in materia di integrazione al trattamento minimo delle pensioni

Presentata il 22 dicembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, prevede l'integrazione al trattamento minimo delle pensioni liquidate con decorrenza 1o ottobre 1983 o successiva solo in caso di mancato superamento di un certo limite di reddito personale e, ai sensi delle modifiche successive apportate al medesimo articolo 6, da ultimo con la legge n. 35 del 1995, anche di mancato superamento di un determinato limite di reddito da parte del coniuge.
      In sostanza, l'integrazione al trattamento minimo spetta per le pensioni con decorrenza dal 1o gennaio 1994 in poi al ricorrere di due condizioni contemporaneamente:

          1) non possedere nell'anno considerato redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a due volte l'ammontare annuo della pensione minima dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) (euro 11.339,64);

          2) non possedere redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore al quadruplo della pensione minima dell'INPS (euro 22.679,28).

      Per le persone non coniugate, ovvero coniugate ma legalmente ed effettivamente separate, deve ricorrere solo la prima condizione.
      Il risultato è che ci sono migliaia di donne ex lavoratrici, che hanno lavorato e versato contributi per almeno quindici anni e che hanno lasciato il lavoro per dedicarsi alla famiglia e ai figli e magari hanno versato milioni di vecchie lire di versamenti volontari per avere, raggiunta l'età

 

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prevista dalla legge, il diritto alla corresponsione della pensione minima di vecchiaia, che oggi si trovano con una pensione decurtata di importo bassissimo!
      Va rilevato che tale normativa va statisticamente a svantaggio delle donne ex lavoratrici che hanno lasciato il lavoro per dedicarsi alla famiglia, in quanto le pensioni di vecchiaia sono concesse con il versamento del minimo di contributi (pari a quindici anni e, dopo l'entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, a venti anni).
      Non si capisce perché il reddito del coniuge debba incidere ai fini della misura e della decurtazione della pensione minima quando tale pensione è stata ottenuta con il versamento di almeno quindici anni di contributi obbligatori o volontari.
      Il paradosso è che in caso di separazione legale spetta la pensione intera, così che si rischia di favorire le separazioni legali a scapito della tutela della famiglia.
      La presente proposta di legge abroga l'articolo 6 del citato decreto-legge n. 463 del 1983, che prevede un limite di reddito per la concessione dell'integrazione al trattamento minimo sulle pensioni di vecchiaia cumulando, a tale fine, il reddito dell'interessato con quello del coniuge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni, è abrogato.


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