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PDL 2147

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2147


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PALOMBA, DONADI, ASTORE, BELISARIO, BORGHESI, COSTANTINI, D'ULIZIA, EVANGELISTI, MANTINI, MISITI, MURA, LEOLUCA ORLANDO, OSSORIO, PEDICA, PEDRINI, PORFIDIA, RAITI, RAZZI

Disposizioni relative ai procedimenti riguardanti reati con pene ricadenti nell'indulto, nonché alla prescrizione

Presentata il 19 gennaio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta a introdurre misure che permettano di fare fronte alla rilevante mole di fascicoli processuali pendenti, riguardanti reati per i quali può essere in concreto irrogabile una pena rientrante nei limiti previsti dalla legge 31 luglio 2006, n. 241, recante la concessione di indulto. Si tratta di un volume enorme di affari giudiziari non conclusi con sentenza definitiva, in fase di indagini o in attesa di definizione dopo il decreto che dispone il giudizio, la cui trattazione appesantisce l'attività giudiziaria concernendo procedimenti penali di cui già si conosce il prevedibile esito rappresentato, in caso di colpevolezza, da una condanna ad una pena che non potrà essere eseguita. Questo inconveniente è stato lamentato come gravissimo dalla magistratura associata e dal Consiglio superiore della magistratura, che addirittura ha quantificato nell'80 per cento dei processi pendenti il numero di quelli interessati dal condono.
      Tale situazione è la conseguenza dell'estensione dell'indulto ai reati commessi, e non solo a quelli decisi con sentenza definitiva, entro il 2 maggio 2006, contrariamente alle opinioni di quanti, come il gruppo dell'Italia dei Valori, avevano chiesto che esso coprisse solo i processi già definiti. La sua estensione, invece, a tutti i reati commessi entro quella data, indipendentemente dalla conclusione dei processi, dà una dimensione ancora maggiore alla sconfitta della giustizia, da una parte
 

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perché le pene irrogate a seguito di processi conclusi sono messe nel nulla da un indulto che copre tre anni di pena detentiva, dall'altra per la necessità di istruire fascicoli per reati compresi nel provvedimento di clemenza.
      Con la presente proposta di legge il gruppo dell'Italia dei Valori, che aveva denunciato questo serio rischio poi avveratosi, ha individuato delle misure per ridurre il danno, rappresentato dalla necessità di porre in essere attività processuali che possono apparire di scarsa utilità, oltre che talora presentare aspetti beffardi. Si pensi all'istruzione di processi in cui gli imputati ostentino la sicurezza che non espieranno alcuna pena e in cui le vittime e i testimoni, a cagione di ciò, saranno certo assai meno motivati a collaborare.
      Appare insufficiente la misura consistente nella rimessione in termini per chiedere l'applicazione della pena su richiesta delle parti. Si tratta di uno strumento che, già oggi scarsamente utilizzato, può presentare una ancora minore appetibilità nel caso di reati con pene coperte da indulto, perché l'imputato, nell'ipotesi più favorevole, spera nella prescrizione, altrimenti è comunque certo del condono. Perciò sembra utopistico pensare che lo stesso imputato, disponendo di un «bonus» di tre anni a futura memoria, possa farsi parte diligente e chiedere il patteggiamento in misura massiccia. In ogni caso, il rimedio non pare idoneo da solo a mettere i giudici nella condizione di trattare prioritariamente gli altri affari riguardanti reati non ricadenti nell'applicazione dell'indulto.
      La presente proposta di legge prevede la formazione di sezioni stralcio cui assegnare gli affari che si trovano nella fase delle indagini preliminari e che riguardano reati per i quali può essere in concreto irrogabile una pena rientrante nei limiti stabiliti dalla citata legge 31 luglio 2006, n. 241, che prevede la concessione di indulto, con un modesto impegno delle risorse di personale, soprattutto giudiziario, affinché il restante personale possa essere quasi esclusivamente impegnato nella trattazione di affari non attinti dal condono. Prevede, altresì, un procedimento semplificato in camera di consiglio, nei diversi stati e gradi del giudizio, con un impulso d'ufficio (per superare l'eventuale inerzia dell'imputato) e con l'applicazione di vantaggi e di limiti stabiliti per il patteggiamento. È previsto che solo l'esplicito dissenso possa precludere il procedimento semplificato previsto nella presente proposta di legge, per ovvie ragioni garantiste.
      Il contestuale ripristino dei previgenti termini di prescrizione, secondo quanto previsto dall'articolo 7 della presente proposta di legge, in luogo di quelli assai più favorevoli introdotti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, intende costituire disincentivo ad esplicitare il dissenso rispetto alla definizione semplificata del procedimento, atteso che l'imputato non potrà sperare nell'abbreviato decorso della prescrizione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e funzioni delle sezioni stralcio).

      1. Presso ogni tribunale sono istituite sezioni stralcio cui vengono assegnati, in misura non superiore ai due decimi del complessivo organico effettivamente coperto, e anche non esclusivamente qualora le condizioni dell'organico lo impongano, magistrati designati per ogni ufficio secondo le disposizioni dell'ordinamento vigente.
      2. Alle sezioni stralcio sono devoluti gli affari giudiziari che si trovano nella fase delle indagini preliminari e che concernono reati per i quali, da soli o nel loro complesso, per condizioni soggettive e oggettive, si ritiene che possa essere applicata una pena rientrante nei limiti previsti dalla legge 31 luglio 2006, n. 241, per la concessione dell'indulto.
      3. Nelle procure della Repubblica, a seconda dei criteri di ripartizione del lavoro predisposti dal capo dell'ufficio, è in facoltà dello stesso assegnare gli affari di cui al comma 2 a uno specifico gruppo di lavoro incaricato di seguire gli affari di competenza della sezione stralcio.

Art. 2.
(Definizione semplificata dei procedimenti).

      1. Il pubblico ministero, quando non ritiene di dover richiedere il decreto di archiviazione in relazione a taluno dei reati di cui all'articolo 1 e ritiene che possa farsi luogo alla definizione semplificata del procedimento, chiede la fissazione dell'udienza al giudice dell'udienza preliminare della sezione stralcio, che la dispone.
      2. Nel procedimento relativo all'udienza fissata ai sensi del comma 1 del presente articolo, si osservano le disposizioni dell'articolo 127 del codice di procedura penale.

 

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Art. 3.
(Procedimento e definizione).

      1. Se l'imputato manifesta direttamente e personalmente, o a mezzo di procuratore speciale, il proprio dissenso rispetto all'applicazione del procedimento di definizione semplificata, il giudice dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché si proceda con il rito ordinario. La mancata comparizione dell'imputato, regolarmente citato, senza che sia addotto un legittimo impedimento non equivale a espressione del dissenso.
      2. Se sussistono le condizioni di cui all'articolo 425 del codice di procedura penale, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere. In caso contrario, emette sentenza con la quale determina la quantità della pena che sarebbe irrogabile, la dichiara estinta per indulto e applica le pene accessorie.
      3. Le pene accessorie temporanee sono ridotte di un quarto, anche in deroga a quanto disposto dal quarto comma dell'articolo 28 del codice penale.
      4. La sentenza emessa ai sensi del presente articolo comporta i benefìci ed esplica gli effetti previsti dai commi 1 e 1-bis dell'articolo 445 del codice di procedura penale, compresa l'esenzione dalla condanna al pagamento delle spese processuali, fatta eccezione per l'applicazione delle pene accessorie.
      5. L'indulto è revocato nei casi previsti dalla legge 31 luglio 2006, n. 241.

Art. 4.
(Definizione semplificata in tutti
gli stati e gradi del giudizio).

      1. In qualunque stato e grado del giudizio, dopo l'emissione del decreto di cui all'articolo 429 del codice di procedura penale e fuori dell'ipotesi in cui sia in corso il dibattimento, il pubblico ministero,

 

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quando ritiene che possa essere applicata una pena rientrante nei limiti previsti dalla legge 31 luglio 2006, n. 241, chiede che il giudice competente per il giudizio fissi l'udienza in camera di consiglio per la definizione semplificata del procedimento. Si applica la disposizione di cui all'articolo 2, comma 2.
      2. Nel corso del dibattimento, il pubblico ministero, quando ritiene che possa essere applicata una pena rientrante nei limiti previsti dalla legge 31 luglio 2006, n. 241, chiede che il giudice pronunci sentenza ai sensi del comma 4 del presente articolo.
      3. Qualora sia manifestato il dissenso rispetto all'applicazione del procedimento di definizione semplificata ai sensi dell'articolo 3, si procede con il rito ordinario.
      4. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, qualora ne ricorrano le condizioni, il giudice pronuncia sentenza ai sensi del libro VII, titolo III, capo II, sezione I, del codice di procedura penale. In tutti gli altri casi il giudice pronuncia sentenza con la quale determina la quantità della pena che sarebbe irrogabile, la dichiara estinta per indulto e applica le pene accessorie.
      5. Nei casi di cui al comma 4, secondo periodo, del presente articolo, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 3, commi 3, 4 e 5.

Art. 5.
(Impugnazioni).

      1. La sentenza pronunciata ai sensi della presente legge è impugnabile solo mediante ricorso per cassazione ed esclusivamente per motivi attinenti al consenso e all'applicazione delle pene accessorie.

Art. 6.
(Azioni civili connesse con i reati).

      1. In seguito alle pronunce emesse ai sensi degli articoli 3, comma 2, secondo periodo, e 4, comma 4, secondo periodo, la costituzione di parte civile eventualmente

 

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già effettuata decade. In tale caso i termini di prescrizione per le azioni civili connesse al reato sono interrotti e riprendono a decorrere dalla data di deposito della sentenza definitiva.
      2. Nel caso di riproposizione dell'azione civile in un autonomo processo civile restano validi gli atti compiuti fino alla sentenza e le relative copie autentiche possono essere prodotte nel giudizio civile.

Art. 7.
(Termini di prescrizione).

      1. L'articolo 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, è abrogato.
      2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge riacquistano efficacia gli articoli 157, 158, 159, 160 e 161 del codice penale, nel testo in vigore il giorno antecedente la data di entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
      3. La prescrizione maturata prima della data di entrata in vigore della presente legge, computando i termini ridotti previsti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, è definitiva.
      4. Nel caso di proposizione di impugnazione i termini di prescrizione rimangono sospesi.


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