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PDL 2355

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2355



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ALBERTO GIORGETTI

Disciplina della conciliazione nelle cause concernenti

illeciti lesivi di una pluralità di soggetti

Presentata il 13 marzo 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il tema delle azioni collettive, da tempo all'esame della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, impone la considerazione dell'impatto che tali procedure comportano sul rito e sulla tutela dei diritti.
      Se è vero che ci si deve sempre accostare senza pregiudizi alle innovazioni dell'ordinamento vigente che valgano ad assicurare una più ampia e sollecita tutela dei diritti, occorre sapere anche valutare le conseguenze dell'introduzione di queste nuove normative al fine di evitare che l'importazione di modelli estranei produca più danni che vantaggi.
      La presente proposta di legge si prefigge pertanto di valorizzare una soluzione che salvaguardi i princìpi del nostro ordinamento e della nostra storia giuridica, mirando alla sostanza.
      La «class action» è stata ideata come uno strumento di bilanciamento dello strapotere del mercato, situazione che non è certamente oggi esistente in Italia; bisogna, al riguardo, prendere atto che, peraltro, tale strumento è attualmente messo in discussione, per le sue conseguenze negative, negli stessi Paesi in cui è nato.
      È indubbio che l'azione di risarcimento collettivo potrebbe comportare rischi economici elevati e insostenibili per le imprese in caso di sentenze sbilanciate e che la «class action» non riduce il contenzioso.
      Ma quello che maggiormente preoccupa è che la «class action» pone rilevanti problemi applicativi e sistematici:

          a) la previsione dell'azione collettiva risarcitoria deve infatti salvaguardare l'articolo 24 della Costituzione, che sancisce l'irrinunciabile diritto di agire in giudizio riconoscendolo in capo a ciascun cittadino per la tutela dei propri diritti, così come deve essere salvaguardato il principio del giusto processo;

 

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          b) l'azione collettiva non deve entrare in conflitto con il principio di diritto sostanziale sancito dall'articolo 2909 del codice civile, il quale limita l'estensione degli effetti del giudicato alle sole parti del processo e con il principio della integrità del contraddittorio, enucleato nell'articolo 101 del codice di procedura civile;

          c) con la «class action» si espone, di fatto, il debitore nei confronti di un numero indeterminabile di soggetti con prolungamento dei termini di prescrizione e vanificando la trasparenza e la certezza dei bilanci;

          d) in tema di risarcimento del danno non si può poi generalizzare o stabilire regole di automatica applicazione, non potendosi prescindere da una valutazione concreta e specifica della controversia devoluta alla singola decisione del giudice; infatti i problemi del nesso causale e di quantificazione del danno concretamente risentito finiscono per richiedere necessariamente un trattamento individuale del processo;

          e) non si può prescindere dal prevedere adeguati mezzi di controllo sulla volontà di adesione alla conciliazione.

      Una cattiva legge creerebbe non pochi problemi applicativi, così come è successo in Portogallo, dove l'azione collettiva esiste dal 1981, ma dove, per oltre venticinque anni, non è stato possibile per le associazioni dei consumatori proporre una domanda perché non erano state regolate le condizioni dell'azione, o come è avvenuto nella vicina Francia, dove l'azione collettiva è stata introdotta nel 1992, ma le norme sono rimaste poco efficaci proprio per problemi procedurali. Nella stessa Spagna, dove la normativa è stata recentemente introdotta, si evidenziano - al pari dell'Olanda - problemi procedurali che ne ostacolano il funzionamento. Un esempio particolare può venire invece dalla Germania, dove, dal luglio 2005, è stata introdotta una particolare «azione di classe» per le cause nascenti dal mercato finanziario (Kapitalanleger-Musterverfahrensgesetz): la legge ha una durata limitata nel tempo, essendosi ripromesso il legislatore tedesco di riesaminare l'utilità e la bontà del modello nel 2010.
      Non possiamo poi non dire che in Svizzera non è stata introdotta la legge sulle azioni collettive, proposta dal Governo federale nel 2006, in quanto il Parlamento ha ritenuto che la loro previsione avrebbe causato numerosi problemi procedurali e si paventava la concreta possibilità di abusi con ripercussioni dannose sull'economia.
      Non possono, inoltre, costituire per noi un modello la «class action» americana e quella inglese, trattandosi di ordinamenti radicalmente diversi dal nostro, e comunque occorre ricordare che la Corte Suprema americana è intervenuta più volte per limitare gli effetti del cosiddetto «danno punitivo», quello liquidato in misura eccessiva rispetto a quanto accordato per il risarcimento del danno effettivo; nel frattempo, però, molte aziende erano già finite in bancarotta!
      L'esperienza americana ci insegna, ancora, che, nel corso degli anni, le «class action» si erano spesso trasformate in un lucrativo strumento e che verso le stesse il giudice americano ha finito per mostrare una sempre maggiore prudenza, tanto che recentemente il Senato americano ha operato alcuni correttivi al sistema delle «class action».
      Non possiamo pertanto trascurare il rischio che la «class action» determini nel lungo periodo svantaggi invece di vantaggi per i consumatori, né possiamo pensare ad una legge fatta ad hoc per limitati soggetti o che crei poi problemi procedurali tali da impedirne di fatto la concreta attuazione.
      Un ulteriore problema, facilmente riscontrabile, è rappresentato dalla difficile conciliabilità dei testi dei diversi progetti di legge presentati alle Camere, a cominciare dalla tecnica di inserimento del nuovo istituto (come norma integrativa del codice del consumo, di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, o come azione a sé stante, allo stato sconosciuta al nostro ordinamento) per finire con i rilevanti diversi profili riguardanti la legittimazione

 

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e con il danno punitivo (tanto per citare solo alcuni profili problematici).
      La presente proposta di legge si muove, pertanto, nella logica di aumentare la tutela dei consumatori e degli utenti senza risolversi in irragionevoli incentivi alla proliferazione delle cause e senza dare corso a conflitti procedimentali; per fare questo prevede una prima fase che consenta di verificare sul campo la necessità e, nel contempo, di favorire la preparazione alla soluzione di successive problematiche applicative. Da ciò la speranza di contribuire costruttivamente al dibattito formulando con questa proposta di legge una possibile alternativa.
      La soluzione che si prospetta, pertanto, è quella di procedere all'introduzione della nuova normativa gradualmente, prevedendo una prima fase legislativa che introduce un tentativo di conciliazione, ad istanza di parte o d'ufficio, nelle cause verso soggetti pubblici o privati finalizzate all'accertamento di responsabilità contrattuali o extracontrattuali e alla condanna al risarcimento del danno o alla restituzione di somme di denaro che possano interessare una pluralità di soggetti ovvero finalizzate all'accertamento di illeciti contrattuali o extracontrattuali che ledono un diritto soggettivo o un interesse meritevole di tutela giuridica di una pluralità di soggetti pubblici o privati o che è ripetuto, con modalità simili, nei confronti di una pluralità di soggetti.
      Nella presente proposta di legge si prevedono, inoltre, altri passaggi utili un domani per percorrere la strada verso un'azione collettiva:

          1) affermare per tali cause la competenza del tribunale e che il processo si svolge secondo il rito ordinario, nonché la prevalenza del tentativo di conciliazione rispetto ad ogni altro tentativo previsto avanti le Autorithy;

          2) stabilire che in tali cause possono spiegare intervento, al fine di supportare la domanda:

              a) le associazioni previste dall'articolo 139 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005;

              b) gli organismi pubblici indipendenti nazionali e le organizzazioni riconosciuti in altro Stato membro dell'Unione europea e inseriti nell'elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee;

              c) i comitati e le associazioni che tutelano gli interessi di una classe;

          3) stabilire che il giudice, a seguito dell'istanza di cui al numero 2), valuta:

              a) la non temerarietà dell'azione sulla base delle argomentazioni contenute nell'atto introduttivo;

              b) la meritevolezza dell'azione anche in relazione alla sussistenza di un interesse diffuso;

              c) la possibilità di determinare in modo oggettivo i componenti della classe a cui si possono riferire le medesime argomentazioni in fatto e in diritto sostenute nell'atto introduttivo, attraverso una verifica documentale o ricorrendo a presunzioni;

          4) ritenuta la sussistenza delle condizioni di cui al numero 3) o, se rilevata d'ufficio, ricevuto il consenso di almeno una delle parti, il giudice provvede ad inviare gli atti per la conciliazione innanzi ad uno degli organismi di conciliazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5;

          5) il provvedimento del giudice, di accoglimento o di rigetto, è ricorribile in Cassazione, la quale decide in camera di consiglio enunciando un principio di diritto;

          6) il provvedimento del magistrato produce gli effetti interruttivi della prescrizione, ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti convenuti identificabili sulla base dei criteri indicati nel provvedimento stesso;

 

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          7) al tentativo di conciliazione si applicano gli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo n. 5 del 2003, e successive modificazioni;

          8) se il tentativo di conciliazione ha esito positivo il relativo verbale di conciliazione, opportunamente pubblicizzato, rende improcedibile l'azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito nel verbale per l'esecuzione della prestazione dovuta;

          9) l'accordo transattivo, nella forma della conciliazione, deve indicare i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti e i modi e i termini di erogazione dell'importo stesso;

          10) l'accordo risultante dalla conciliazione della lite non ha efficacia nei confronti dei consumatori o utenti che non sono iscritti all'associazione o ad un'associazione che lo ha sottoscritto. In questo caso l'accordo transattivo può essere liberamente valutato dal giudice nei giudizi in cui è parte un singolo consumatore o utente non iscritto all'associazione che ha promosso l'accordo o ad una associazione che lo ha sottoscritto;

          11) il consumatore o l'utente che non è iscritto all'associazione che ha promosso l'accordo o ad una associazione che lo ha sottoscritto può negli altri giudizi dichiarare di volersene avvalere, così come i soggetti pubblici o privati convenuti; in questo caso l'altra parte deve dichiarare di fare obiezione. Se l'obiezione risulta infondata il giudice condanna - a titolo di danno non patrimoniale - oltre che al pagamento delle somme dovute anche ad un ulteriore risarcimento in favore dell'altra parte, pari almeno ad un terzo della somma liquidata in sede di condanna o della somma richiesta, e ad una sanzione da devolvere al Ministero dello sviluppo economico;

          12) in caso di inutile esperimento del tentativo conciliazione o di obiezione all'accordo risultante dalla conciliazione, l'azione giudiziaria prosegue e il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente al fine di chiedere il risarcimento dei danni e la restituzione di somme a lui dovute in virtù del medesimo rapporto per cui si è tentata la conciliazione. Nelle cause il giudice può utilizzare ai fini della decisione le dichiarazioni rese dalle parti ed eventuali consulenze tecniche svoltesi nell'ambito di quel procedimento e, comunque, valutare il comportamento tenuto dalle parti nel tentativo di conciliazione;

          13) la normativa ha efficacia per cinque anni, decorsi i quali si valuterà se introdurre o meno, e in quali termini, un'azione giudiziaria collettiva.

      Attraverso questo meccanismo si risolvono molti dei problemi prima rilevati, si giunge (attraverso l'elaborazione successiva e l'interpretazione della giurisprudenza) durante il quinquennio ad una compiuta definizione delle questioni giuridiche (esempio: definizione di classe, definizione di illecito «multioffensivo», individuazione dei criteri per stabilire la temerarietà dell'azione eccetera) da utilizzare nella successiva fase legislativa, si valorizza - anche con sanzioni - la fase della conciliazione stragiudiziale introducendo l'utilizzazione degli atti e della valutazione del comportamento tenuto dalle parti in quella sede, si verifica in concreto la reale esigenza di introdurre - e con quali spazi - una simile azione, si portano «medio tempore» a conoscenza delle maggiori associazioni di consumatori ed utenti tutte le istanze provenienti dalla base dei consumatori.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge disciplina lo strumento della conciliazione in ogni causa concernente la tutela dei diritti dei cittadini vittime di illeciti multioffensivi al fine di disincentivare la progettazione e il compimento degli stessi illeciti.

Art. 2.
(Definizione e competenza).

      1. Ai fini della presente legge si intende per «causa concernente la tutela dei diritti dei cittadini vittime di illeciti multioffensivi» l'azione giudiziaria verso soggetti pubblici o privati finalizzata all'accertamento di responsabilità contrattuali o extracontrattuali e alla condanna al risarcimento del danno o alla restituzione di somme di denaro che possa interessare una pluralità di soggetti, di seguito denominati «classe», ovvero finalizzata all'accertamento di illeciti contrattuali o extra-contrattuali che ledono un diritto soggettivo o un interesse meritevole di tutela giuridica di una pluralità di soggetti pubblici o privati o che è ripetuto, con modalità simili, nei confronti di una pluralità di soggetti, inclusi i diritti e gli interessi in materia di credito al consumo, rapporti bancari e assicurativi, strumenti finanziari, servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti.
      2. Per le cause di cui al comma 1 è competente il tribunale del luogo in cui ha sede la parte convenuta.

 

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Art. 3.
(Istanza delle parti).

      1. Nelle cause di cui all'articolo 2 l'attore, nell'atto di citazione, può rivolgere al giudice un'istanza in cui evidenzia le ragioni per le quali trattasi di azione avente ad oggetto la tutela dei diritti dei cittadini vittime di illeciti multioffensivi o che possa disincentivare la progettazione e il compimento degli stessi illeciti, indicando i criteri per identificare i soggetti facenti parte della classe a cui si riferiscono e chiedendo che il giudice disponga il tentativo di conciliazione previsto dalla presente legge.
      2. Istanza analoga a quella prevista dal comma 1 può essere proposta dal convenuto nella comparsa di risposta, se non è stata proposta dall'attore.
      3. Il giudice, qualora nessuna delle due parti abbia proposto l'istanza ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, può rilevare d'ufficio la sussistenza di una causa di cui all'articolo 2. In tale caso indica alle parti le argomentazioni per le quali ritiene trattarsi di un'azione concernente la tutela dei diritti dei cittadini vittime di illeciti multioffensivi o che possa disincentivare la progettazione e il compimento degli stessi illeciti ed i criteri per identificare i soggetti facenti parte della classe a cui si riferiscono e convoca le parti avanti a sé. Se entrambe le parti si dichiarano contrarie ad esperire il tentativo di conciliazione la causa prosegue; in caso contrario è sufficiente la manifestazione del consenso di una sola parte perché il giudice provveda ai sensi dell'articolo 5.

Art. 4.
(Legittimazione ad intervenire).

      1. Nelle cause di cui all'articolo 2 della presente legge possono spiegare intervento, al fine di supportare la domanda, ai sensi dell'articolo 105 del codice di procedura civile:

          a) le associazioni previste dall'articolo 139 del codice del consumo, di cui al

 

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decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;

          b) gli organismi pubblici indipendenti nazionali e le organizzazioni riconosciuti in altro Stato dell'Unione europea e inseriti nell'elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee;

          c) i comitati e le associazioni che tutelano gli interessi di una classe.

Art. 5.
(Provvedimento del giudice).

      1. Nelle cause di cui all'articolo 2 il giudice, a seguito dell'istanza proposta dalle parti o d'ufficio ai sensi dell'articolo 3, valuta:

          a) le ragioni per le quale trattasi di azione avente ad oggetto la tutela dei diritti dei cittadini vittime di illeciti multioffensivi o che possa disincentivare la progettazione e il compimento degli stessi illeciti;

          b) la non temerarietà dell'azione sulla base delle argomentazioni contenute negli atti;

          c) la meritevolezza dell'azione in relazione alla sussistenza di un interesse diffuso;

          d) la possibilità di determinare in modo oggettivo i componenti della classe a cui si possono riferire le medesime argomentazioni in fatto e in diritto sostenute nell'atto introduttivo, attraverso una verifica documentale o ricorrendo a presunzioni.

      2. Ritenuta la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 o, se rilevata d'ufficio, ricevuto il consenso di almeno una delle parti ai sensi dell'articolo 3, comma 3, il giudice provvede ad inviare gli

 

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atti per la conciliazione innanzi ad uno degli organismi di conciliazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, iscritto nel registro previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222, e sospende il giudizio. L'organismo è scelto dal giudice secondo criteri di competenza territoriale e la scelta è insindacabile.
      3. L'indennità spettante agli organismi di conciliazione ai sensi dell'articolo 39 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, è stabilita nella misura fissa di 1.500 euro oltre al rimborso delle spese sostenute; la somma deve essere anticipata dal convenuto secondo le modalità stabilite ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 223.
      4. Il provvedimento del giudice produce gli effetti interruttivi della prescrizione, ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti convenuti identificabili sulla base dei criteri indicati nell'istanza di cui all'articolo 3 della presente legge.
      5. Un estratto del provvedimento del giudice deve essere pubblicato, a cura della parte più diligente e a spese dello Stato, entro cinque giorni nella Gazzetta Ufficiale e ne deve essere data notizia al Ministero dello sviluppo economico affinché lo stesso provveda ad inserire la vertenza in un apposito sito internet.
      6. Il provvedimento di accoglimento o di rigetto del giudice è ricorribile avanti la Corte di cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione dell'ordinanza; la Corte di cassazione, assegnato un termine alle altre parti per deduzioni difensive, decide in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 363 del codice di procedura civile enunciando sul punto il solo principio di diritto.

Art. 6.
(Tentativo di conciliazione).

      1. Al tentativo di conciliazione si applicano gli articoli 39 e 40, ad esclusione

 

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del comma 3, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni.
      2. L'organismo di conciliazione designato convoca davanti a sé, oltre le parti, le associazioni previste dall'articolo 139 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, gli organismi pubblici indipendenti nazionali e le organizzazioni riconosciuti in altro Stato dell'Unione europea ed inseriti nell'elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, e ne dà notizia al Ministero dello sviluppo economico affinché lo stesso provveda ad inserire la vertenza in un apposito sito internet.
      3. Le associazioni previste dall'articolo 139 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, provvedono ad informare i propri iscritti della proposizione del tentativo di conciliazione invitandoli a segnalare la quantificazione del danno e ogni altro elemento utile.
      4. Il convenuto può richiedere che al
tentativo di conciliazione partecipi l'associazione di categoria degli imprenditori alla quale è iscritto.
      5. Nel corso del tentativo di conciliazione può essere esperita ad opera dell'organismo di conciliazione una consulenza tecnica.
      6. Se il tentativo di conciliazione ha esito positivo il relativo verbale di conciliazione, opportunamente pubblicizzato a spese della parte convenuta, rende improcedibile l'azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito nel verbale per l'esecuzione della prestazione dovuta.
      7. L'accordo transattivo, nella forma della conciliazione, deve indicare i criteri per identificare i soggetti facenti parte della classe cui si riferiscono, i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli danneggiati, consumatori o utenti e i modi e i termini di erogazione dell'importo stesso e deve prevedere la nomina
 

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del curatore amministrativo dell'azione collettiva.
      8. Il tribunale accerta la regolarità formale del processo verbale di conciliazione in composizione monocratica e ne dispone l'applicazione della formula esecutiva.

Art. 8.
(Efficacia dell'accordo transattivo).

      1. L'accordo risultante dalla conciliazione della lite non ha efficacia nei confronti dei soggetti danneggiati consumatori o utenti che non sono iscritti all'associazione che ha promosso l'accordo o ad un'associazione che lo ha sottoscritto.
      2. Nel caso di cui al comma 1 l'accordo transattivo può essere liberamente valutato dal giudice nei giudizi in cui è parte un singolo soggetto danneggiato consumatore o utente non iscritto all'associazione che ha promosso l'accordo o ad un'associazione che lo ha sottoscritto.
      3. Il consumatore o l'utente che non è iscritto ad un'associazione che ha promosso o sottoscritto l'accordo transattivo può negli altri giudizi dichiarare di volersene avvalere; in questo caso il convenuto deve dichiarare di fare obiezione allo stesso accordo. Se l'obiezione risulta infondata il giudice lo condanna, a titolo di danno non patrimoniale, oltre che al pagamento delle somme dovute, al pagamento di una sanzione da 500 a 1.000 euro da devolvere al Ministero dello sviluppo economico.
      4. Tutti coloro che intendono avvalersi dell'accordo transattivo possono presentare un'apposita istanza scritta al curatore amministrativo di cui all'articolo 7, secondo le modalità stabilite dallo stesso.

Art. 7.
(Curatore amministrativo).

      1. Il curatore amministrativo, nominato in base ai criteri previsti dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, deve:

          a) stabilire le condizioni, le modalità ed i tempi per la presentazione, da parte

 

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di altri soggetti danneggiati consumatori o utenti non iscritti all'associazione che ha promosso l'accordo transattivo o ad un'associazione che lo ha sottoscritto, della dichiarazione di volersi avvalere della conciliazione;

          b) tenere un elenco informatico di tutti i nominativi, messi a sua disposizione dalle associazioni e ad esso pervenuti ai sensi della lettera a), dei soggetti danneggiati consumatori o utenti e che partecipano alla classe;

          c) quantificare la somma complessiva necessaria per il risarcimento di tutti gli aventi diritto secondo i criteri concordati nell'accordo transattivo;

          d) procedere al riparto delle somme eventualmente ottenute dalla classe fra i partecipanti alla stessa, in proporzione al danno da ciascuno documentato.

      2. Entro un mese dal deposito della relazione concernente la quantificazione e il riparto delle somme di cui al comma 1, lettere c) e d), ciascuna parte che vi abbia interesse può proporre, a propria cura e spese, osservazioni.
      3. In caso di esclusione dalla classe o dal riparto delle somme di cui al comma 1, lettera d), il curatore amministrativo deve motivare tale decisione con atto che può essere impugnato davanti al giudice.
      4. Il curatore amministrativo, ai fini dell'esecuzione dell'accordo transattivo, ha il potere di rappresentare la classe degli aderenti davanti all'autorità giudiziaria.
      5. In caso di mancata esecuzione spontanea da parte del convenuto, il curatore amministrativo deve esperire tutti gli atti necessari per l'esecuzione dell'accordo transattivo. L'azione esecutiva è esente da oneri e da spese per bolli, contributo unificato e notifiche.
      6. Le associazioni che hanno promosso o sottoscritto l'accordo transattivo, e ciascun partecipante alla classe, possono nominare, a proprie spese, un consulente di parte che controlli lo svolgimento dei compiti del curatore amministrativo.

 

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      7. Il curatore amministrativo deve fornire tutte le informazioni utili ai partecipanti alla classe affinché siano informati sullo svolgimento del processo e sui propri diritti. Tali informazioni possono essere fornite anche attraverso dispositivi telematici.
      8. Il curatore amministrativo organizza e svolge i suoi compiti con le modalità previste dalla legislazione vigente per le procedure concorsuali, per quanto compatibili.

Art. 8.
(Inutile esperimento del tentativo di conciliazione).

      1. In caso di inutile esperimento del tentativo di conciliazione, l'azione sospesa deve essere riassunta e ogni singolo soggetto danneggiato consumatore o utente può agire giudizialmente al fine di chiedere il risarcimento dei danni e la restituzione di somme a lui dovute in virtù del medesimo rapporto per cui si è tentata la conciliazione.
      2. Le dichiarazioni rese dalle parti davanti gli organismi di conciliazione, i risultati degli accertamenti tecnici acquisiti dall'organismo nel corso della conciliazione nonché la mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte davanti al conciliatore sono valutati dal giudice nell'eventuale giudizio successivo e possono essere utilizzati ai fini della decisione.
      3. Il giudice della causa di cui all'articolo 2 della presente legge emette la sentenza ai sensi dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile. La sentenza che definisce il giudizio deve essere motivata in forma abbreviata mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e con la concisa esposizione delle ragioni di diritto, anche con riferimento a precedenti conformi.
      4. Con la sentenza emessa ai sensi del comma 3, il giudice può condannare la parte soccombente, che con il suo comportamento abbia reso impossibile il tentativo

 

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di conciliazione, a titolo di danno non patrimoniale, al pagamento, oltre che delle somme dovute, di un ulteriore risarcimento in favore dell'attore da liquidare in via equitativa e al pagamento di una sanzione da 500 a 1.000 euro da devolvere al Ministero dello sviluppo economico.

Art. 9.
(Inappellabilità delle sentenze).

      1. Le sentenze emesse ai sensi dell'articolo 8 sono inappellabili. Avverso le stesse sentenze può essere promosso solo ricorso in Cassazione.

Art. 10.
(Limite di applicazione).

      1. Il soggetto danneggiato consumatore o utente per conto del quale l'associazione che ha promosso o sottoscritto l'accordo transattivo agisce deve risiedere nel territorio dello Stato o essere cittadino italiano anche se domiciliato o residente all'estero.

Art. 11.
(Divieti per gli avvocati e compensi dei difensori).

      1. È fatto divieto agli avvocati di organizzare le azioni collettive di cui alla presente legge in qualsiasi forma, anche indirettamente o per interposta persona; agli avvocati è comunque riservata la consulenza, anche stragiudiziale, sulle stesse azioni.
      2. Per ogni incarico professionale riguardante le cause o la consulenza di cui alla presente legge, l'avvocato ha diritto ad una giusta retribuzione e al rimborso delle spese generali e particolari, ai sensi dell'articolo 2233 del codice civile.
      3. Sono nulli gli accordi che prevedono la cessione all'avvocato, in tutto o in parte, del bene oggetto della controversia o che

 

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attribuiscono all'avvocato una quota del risultato della controversia o che coinvolgono l'interesse personale dell'avvocato in misura tale da influire sulla sua indipendenza.

Art. 12.
(Ambito e durata di applicazione).

      1. La presente legge si applica a tutte le azioni di cui all'articolo 2 promosse con atto di citazione notificato a decorrere dal giorno della sua entrata in vigore.
      2. Le disposizioni della presente legge hanno efficacia per cinque anni a decorrere dalla data della sua entrata in vigore.

Art. 13.
(Regolamento di attuazione. Relazione al Parlamento.).

      1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della giustizia, provvede, con proprio decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad adottare il regolamento per l'attuazione della presente legge, entro sei mesi dalla data della sua entrata in vigore.
      2. Il Ministro dello sviluppo economico riferisce annualmente al Parlamento sull'attuazione della presente legge.

Art. 14.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore decorsi trenta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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