PDL 2459
XV LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
|
N. 2459
|
Pag. 1
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SANNA, ASTORE, ATTILI, BAIAMONTE, BARANI, BIANCHI, BURTONE, CANCRINI, CARTA, CICU, COGODI, COSSIGA, DI GIROLAMO, FADDA, GARDINI, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, LUCÀ, LUCCHESE, MANCUSO, MARRAS, MATTARELLA, MEREU, MURGIA, OLIVERIO, OPPI, PALOMBA, PELLEGRINO, ROCCO PIGNATARO, PILI, PINOTTI, PIRO, PORCU, PORETTI, RAMPI, ROTONDO, SATTA, SCHIRRU, SCOTTO, SORO, VACCA, ZANOTTI
Disposizioni per l'ammissione dei soggetti fabici all'impiego nelle Forze armate
Presentata il 28 marzo 2007
Onorevoli Colleghi! - Attualmente molte migliaia di cittadini italiani portatori sani di una condizione genetica assolutamente compatibile con un normale stato di salute e assolutamente non pregiudizievole della piena idoneità psichica e fisica per qualsiasi attività lavorativa sono esclusi dall'arruolamento e dalla progressione di carriera nelle Forze armate. La condizione genetica in questione è rappresentata da una carenza nei globuli rossi dell'enzima G6PDH (glucosio-6-fosfato-deidrogenasi), meglio conosciuta con il nome di «favismo». Questa carenza si trasmette ereditariamente attraverso i cromosomi sessuali, non rappresenta una condizione patologica, non è in alcun modo una malattia, non pregiudica né la durata della vita né la piena efficienza fisica.
L'enzimopenia di cui stiamo parlando non è un
handicap né, ancor meno, un'imperfezione o un'infermità, che sia causa di inidoneità al servizio militare, come purtroppo è stato irresponsabilmente riportato nell'elenco di cui al decreto del Ministro della difesa 26 marzo 1999, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 86 del 14 aprile 1999, e confermato con il regolamento di cui al decreto del Ministro della difesa 4 aprile 2000, n. 114. Che non sia una malattia o un fattore di disabilità è
Pag. 2
dimostrato in maniera incontrovertibile dal fatto che questa condizione genetica riguarda 400 milioni di esseri umani nel mondo e ben 400.000 cittadini del nostro Paese, cioè una moltitudine di donne e di uomini, di ogni età e di ogni condizione sociale, che sono perfettamente sani e inseriti nella vita sociale e produttiva anche nel nostro Paese.
Essa è diffusa soprattutto in Africa, ma anche nell'Asia meridionale e nel bacino del Mediterraneo. In Italia, l'incidenza più alta del favismo si registra in Sardegna, in Calabria, in Sicilia, nelle altre regioni meridionali nonché nelle ex zone paludose del Veneto e del delta del Po. La diagnosi di questa condizione si ottiene attraverso il dosaggio dell'enzima nei globuli rossi, tramite un banale esame ematologico.
Che tale condizione genetica non sia una malattia è dimostrato anche dal fatto che lungo il corso dei secoli e dei millenni (così dicono gli studiosi della materia, tra cui i più illustri ematologi italiani e della comunità scientifica internazionale) è stata persino un fattore protettivo verso alcune patologie infettive e diffusive che hanno decimato la popolazione mondiale, come ad esempio la malaria, che purtroppo continua ad essere ancora oggi una piaga in molte parti del mondo. Essa ha avuto una funzione selettiva positiva persino per la durata della vita degli esseri umani. Un recente e significativo studio della facoltà di medicina dell'università di Sassari ha dimostrato che tra gli ultracentenari che risiedono in Sardegna si registra un'alta incidenza di portatori sani di questa condizione genetica.
Purtroppo gli organi tecnici del Ministero della difesa, in difformità dai generali orientamenti della comunità scientifica e dai dati epidemiologici, continuano ostinatamente a equiparare la condizione genetica di enzimopenia con uno stato di malattia invalidante. La crisi emolitica acuta si manifesta in un numero limitatissimo di soggetti con carenza enzimatica solo a seguito d'ingestione di fave e ancora più eccezionalmente dopo l'assunzione di alcuni farmaci il cui elenco è assolutamente conosciuto sia dai fabici adulti sia dai genitori di ogni bambino italiano fabico appena nato. Lo
screening neonatale, infatti, prevede ormai l'accertamento di questa condizione per tutti i nuovi nati e in tutti i punti nascita presenti nel nostro Paese.
Sulla base di questi incontrovertibili dati clinici e scientifici appare assolutamente insostenibile una normativa che considera la carenza dell'enzima G6PDH causa di esclusione, di penalizzazione e di congedo forzoso e spesso crudele per quei cittadini italiani, in prevalenza giovani e meridionali, che vogliono arruolarsi e realizzarsi come lavoratori delle Forze armate del nostro Paese.
La refrattarietà della sanità militare rispetto a tutte le sollecitazioni della comunità scientifica e anche delle istituzioni, ripetutesi nel corso delle ultime legislature, appare assolutamente ingiustificata.
Ecco pertanto la necessità di una proposta di legge che vuole solo porre rimedio a una situazione di discriminazione nei confronti di tanti giovani che, pur essendo idonei alla prestazione del servizio militare, possono essere immotivatamente esclusi dai concorsi per accedere nelle Forze armate solo perché è stata loro riscontrata una condizione genetica largamente diffusa nella popolazione sana del nostro Paese.
Pag. 3
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La carenza accertata, parziale o totale, dell'enzima G6PDH (glucosio-6-fosfato-deidrogenasi) non può essere motivo di esclusione ai fini dell'arruolamento e dell'impiego operativo nelle Forze armate.
2. Il Ministro della difesa provvede, con proprio decreto, in conformità con quanto disposto dal comma 1 del presente articolo, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare il regolamento di cui al decreto del Ministro della difesa 4 aprile 2000, n. 114, nonché la direttiva tecnica di cui al decreto del direttore generale della sanità militare del Ministero della difesa 5 dicembre 2005, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2005, e ad adottare tutte le misure necessarie per dare attuazione alla presente legge.