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PDL 1958

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1958



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato COLASIO

Istituzione dell'Istituto internazionale di ricerca per la pace e la risoluzione dei conflitti

Presentata il 16 novembre 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Nel 1992 l'allora Segretario generale delle Nazioni Unite Boutros Ghali, nel documento denominato «Un'agenda per la Pace» osservava che, dopo il crollo del muro di Berlino, siamo entrati in un'epoca caratterizzata da «tendenze contraddittorie».
      Da un lato, si assiste a livello planetario a un continuo progresso civile in molteplici campi, quali la democratizzazione, la collaborazione sovranazionale, il rispetto dei diritti umani, il progresso economico e sociale; dall'altro, si susseguono brutali conflitti etnici, religiosi, sociali, culturali.
      «Dall'inizio del 1990 alla fine del 1999 ci sono stati 118 conflitti armati a livello mondiale che hanno coinvolto 80 Stati e che hanno causato la morte di circa 6 milioni di persone» (Smith D., «Trends and causes of armed conflicts», in AA.VV., The Berghof Handbook for Conflict Transformation, Berghof Research Center for Constructive Conflict Management).
      E di fronte alla brutalità della guerra Boutros Ghali concludeva che «il più auspicabile ed efficace impegno della diplomazia è quello volto ad attenuare le tensioni prima che sfocino in un conflitto o, se scoppia il conflitto, l'agire rapidamente per contenerlo e per risolvere le cause che ne sono alla base» (Rapporto del Segretario Generale, «Un'agenda per la Pace», A/47/277 - S/24111 del 1992).
      Il ruolo fondamentale della prevenzione è stato ribadito anche dall'attuale Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, il quale rileva che «la più dispendiosa delle politiche di prevenzione è comunque più economica, in termini di vite e risorse, del meno costoso degli interventi», sottolineando che i conflitti avvenuti negli anni '90 sono costati alla comunità internazionale 230 miliardi di dollari e migliaia di vite umane (Kofi Annan, «Elogio della Prevenzione», The Economist traduzione in Internazionale n. 316-7 del 13 gennaio 2000).
 

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      Una politica di prevenzione richiede però «una conoscenza tempestiva e accurata dei fatti» e, dunque, è essenziale la costituzione di «un sistema di preallarme fondato sulla raccolta di informazioni e su richieste informali o formali» (Boutros Ghali, Rapporto citato).
      Anche quando le crisi sfociano in conflitti aperti esistono mezzi e strumenti di carattere giuridico, politico, economico e di intervento civile e militare che possono condurre a una soluzione pacifica del conflitto.
      L'individuazione e il dispiegamento di tali risorse richiedono tuttavia del tempo, che è proprio il fattore che manca in tali situazioni. Più, infatti, gli interventi sono tardivi e meno sono efficaci.
      Di qui l'importanza di avere a disposizione, in tali circostanze, analisi sulle aree di conflitto e proposte di intervento che, tenuto conto dei possibili scenari, permettano di bloccare l'escalation del conflitto e di risolverlo.
      Il «cessate il fuoco» non produce automaticamente situazioni di pace. Sono necessarie molteplici misure volte a ristabilire la fiducia e il dialogo e a permettere la ricostruzione del tessuto economico e sociale per evitare la riproposizione delle dispute (prevenzione post-conflitto).
      Prescindendo dalla forma più eclatante di violenza, ossia il conflitto armato, va riconosciuto che esistono forme di violenza strutturale che violano i diritti fondamentali delle persone e minacciano la sicurezza delle comunità umane. Una minaccia altrettanto pericolosa può provenire da forme di violenza diretta messe in atto da organizzazioni e gruppi terroristici o criminali.
      Risulta pertanto necessario lo studio delle «precondizioni per la pace», vale a dire di tutti quei processi e quelle politiche che favoriscono l'instaurazione di sistemi e modelli politici, sociali ed economici più giusti e pacifici e che possono prevenire lo scoppio di azioni di violenza diretta.
      Diversi Governi, sia nazionali sia locali, hanno già da alcuni decenni creato Istituti di ricerca per la pace, finanziati, pubblicamente, per indagare in modo scientifico e con continuità sulle complesse problematiche in precedenza menzionate.
      L'attività di tali Istituti ha consentito di ampliare notevolmente, sotto vari aspetti, la conoscenza dei meccanismi e dei fattori che permettono la costruzione di ordini di pace.
      Dan Smith, direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo (PRIO), uno dei più autorevoli Istituti fondato nel 1959, esprimendo le proprie valutazioni sull'attività svolta da tali Istituti afferma: «Credo che ora si abbia una migliore comprensione di come i conflitti evolvono, di come le loro diverse cause interagiscono l'una con l'altra, dei rapporti tra ingiustizia e conflitto violento [...] delle dinamiche della corsa agli armamenti e del funzionamento del complesso industriale militare. Ritengo che le ricerche per la pace abbiano reso anche notevoli contributi alla comprensione degli accordi che seguono ad un conflitto» (AA.VV., Gli Istituti e i Centri internazionali di ricerca per la pace, Movimento internazionale di riconciliazione - Beati i costruttori di pace, Padova, 1999).
      È dunque giunto il momento che anche l'Italia colmi il ritardo che in questo campo sconta rispetto a molti Paesi europei. La costituzione di un Istituto internazionale di ricerca per la pace consentirà di fornire, attraverso i risultati dell'attività di ricerca, importanti contributi per:

          la politica estera del nostro Paese;

          la definizione di una Politica estera di sicurezza comune (PESC) nell'ambito dell'Unione europea e in generale per il continente europeo;

          l'individuazione di risposte ai pressanti e drammatici problemi che la comunità internazionale deve affrontare.

      Con la creazione di un Istituto internazionale di ricerca per la pace l'Italia, inoltre, ottempera agli impegni di promozione della pace assunti in diverse sedi internazionali e in particolare in sede ONU.

 

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      Infatti, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, constatando la proliferazione di violenza e conflitti in varie parti del mondo, con la risoluzione 52/15 del 20 novembre 1997 ha proclamato l'anno 2000 come «Anno internazionale per la cultura di pace» e con la risoluzione 53/25 del 10 novembre 1998, il periodo 2001-2010 come la «Decade internazionale per una cultura di pace e non violenza per i bambini del mondo».
      Più recentemente, con la risoluzione 53/243 del 13 settembre 1999, ha adottato una Dichiarazione e un Programma di azione sulla cultura di pace.
      Inoltre l'ONU, al fine di creare un movimento internazionale di opinione per la pace e la non violenza, ha divulgato per il tramite dell'UNESCO il «Manifesto 2000 per una cultura della pace e della nonviolenza», sottoscritto da oltre 65 milioni di persone.
      Attraverso l'attività di tale Istituto potrà trovare, inoltre, concreta attuazione anche il dettato costituzionale, laddove sancisce il ripudio della guerra come mezzo per la risoluzione dei conflitti (articolo 11).
      Pur godendo di stabili finanziamenti pubblici, l'Istituto è creato con forma giuridica e struttura organizzativa tali da garantire la sua piena autonomia intellettuale e operativa, premessa indispensabile per una seria attività scientifica.
      Le sue finalità prevalenti, ma non esaustive, sono di due tipi:

          una ricerca di base sulle problematiche della guerra e della pace nonché di quelle relative ai conflitti interpersonali e fra gruppi umani;

          una ricerca finalizzata all'individuazione precoce e alla risoluzione non violenta dei conflitti.

      L'Istituto inoltre si caratterizza per:

          un permanente collegamento internazionale. Tale principio si traduce in una composizione multinazionale del suo comitato scientifico, degli altri organi operativi e dello staff dei ricercatori e in un'ampia e fattiva collaborazione con analoghi Istituti esteri;

          un impegno volto alla pubblicizzazione dei risultati dell'attività di ricerca e di studio, alla divulgazione della cultura di pace e di risoluzione non violenta dei conflitti, alla formazione di giovani ricercatori e del personale civile e militare impegnato in missioni di pace promosse dalle Nazioni Unite, alle quali il nostro Paese con sempre maggiore frequenza è chiamato a partecipare;

          una convinta apertura alla società civile per sviluppare, con le sue diverse componenti, progetti comuni di ricerca ed educativi.

      La città di Perugia, con una lunga tradizione di attenzione alla cultura di pace, grazie anche all'opera di figure storiche importantissime quali San Francesco e, in tempi più recenti, Aldo Capitini, e che ospita la tradizionale marcia per la pace, appare il luogo più adatto a divenire sede dell'Istituto.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione).

      1. La Repubblica italiana, in ottemperanza ai princìpi sanciti dall'articolo 11 della Costituzione, dallo Statuto delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, istituisce l'Istituto internazionale di ricerca per la pace e la risoluzione dei conflitti, di seguito denominato «Istituto».

Art. 2.
(Finalità).

      1. L'Istituto persegue le seguenti finalità:

          a) indaga i fondamenti politici, culturali, economici, giuridici e spirituali della guerra e della pace;

          b) studia i fattori e le cause strutturali di ostacolo alla costruzione di ordini e istituzioni di pace sia a livello mondiale, sia nelle singole regioni o Paesi e in particolare le cause e la natura dei conflitti;

          c) individua precocemente e analizza le aree e le situazioni di potenziale crisi e conflitto;

          d) propone soluzioni e interventi per la prevenzione e la gestione costruttiva dei conflitti, privilegiando le possibilità offerte dall'azione non armata e non violenta.

Art. 3.
(Compiti).

      1. L'Istituto:

          a) opera attraverso progetti di ricerca finalizzati, definiti dal consiglio direttivo

 

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di cui all'articolo 6, sulla base degli indirizzi approvati dal comitato scientifico di cui all'articolo 5;

          b) favorisce a livello nazionale il coordinamento della ricerca per la pace e sui conflitti anche attraverso l'interscambio e la collaborazione con le istituzioni accademiche e culturali e le organizzazioni non governative nonché i centri di ricerca afferenti all'Istituto di cui all'articolo 8 operanti nel settore. A tale fine promuove l'attivazione di un portale web quale strumento di collegamento e confronto tra i summenzionati soggetti;

          c) collabora con analoghi istituti operanti in altri Paesi e con le associazioni internazionali dei ricercatori per la pace;

          d) promuove corsi e stage rivolti a studenti e ricercatori, italiani e stranieri;

          e) concede borse di studio prioritariamente a favore di soggetti provenienti da Paesi nei quali sono in atto gravi situazioni di conflitto;

          f) promuove iniziative destinate alla formazione del personale militare e civile, anche volontario, impiegato o di cui si prevede l'impiego in operazioni di pace in ambito internazionale;

          g) diffonde i risultati delle proprie ricerche attraverso pubblicazioni, riviste, seminari, incontri e ogni altra forma giudicata opportuna;

          h) informa con rapporti periodici il Parlamento sui risultati delle sue ricerche;

          i) promuove la conoscenza, nelle scuole di ogni ordine e grado, degli studi e delle ricerche svolti e di altre iniziative volte alla diffusione di una cultura di pace.

Art. 4.
(Organi).

      1. Sono organi dell'Istituto:

          a) il comitato scientifico;

          b) il consiglio direttivo;

          c) il direttore.

 

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Art. 5.
(Comitato scientifico).

      1. Gli indirizzi dell'attività di ricerca sono definiti su base pluriennale dal comitato scientifico. Lo stesso elegge, fra i membri del consiglio direttivo, il direttore dell'Istituto, fatto salvo solo quanto previsto dall'articolo 7, relativamente alla prima attuazione della presente legge.
      2. Il comitato scientifico è composto da dieci esperti sul tema della pace, italiani e stranieri, compreso il direttore dell'Istituto, che è membro di diritto del comitato.
      3. I componenti del comitato scientifico, oltre al direttore, sono nominati dal Ministro dell'università e della ricerca, secondo i seguenti criteri:

          a) uno è scelto dallo stesso Ministro dell'università e della ricerca;

          b) uno è designato dal Ministro degli affari esteri, su proposta del direttore dell'Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo (UNIDIR) con sede a Ginevra;

          c) due sono designati dalla Conferenza dei rettori delle università italiane;

          d) quattro sono nominati su proposta delle associazioni nazionali aventi più lunga storia e caratterizzazione nell'impegno a favore della pace e della non violenza;

          e) uno è designato dall'assemblea dei direttori dei centri di ricerca afferenti all'Istituto di cui all'articolo 8.

      4. Il comitato scientifico, che assume le proprie funzioni quando sono nominati almeno due terzi dei propri componenti, dura in carica cinque anni. I suoi componenti possono essere nominati per un massimo di due mandati. I componenti rimangono in carica fino alla nomina del nuovo comitato. Con l'eccezione del direttore dell'Istituto, i componenti del comitato scientifico non possono far parte del consiglio direttivo.

 

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Art. 6.
(Consiglio direttivo).

      1. I progetti di ricerca sono definiti dal consiglio direttivo dell'Istituto sulla base degli indirizzi formulati dal comitato scientifico. Oltre al direttore, che lo presiede, fanno parte del consiglio direttivo sei membri.
      2. I componenti del consiglio direttivo, oltre al direttore, sono nominati dal Ministro dell'università e della ricerca secondo i seguenti criteri:

          a) tre sono scelti dallo stesso Ministro dell'università e della ricerca; due dei componenti di cui alla presente lettera devono essere di nazionalità estera;

          b) uno è designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

          c) uno è designato dalla Conferenza dei rettori delle università italiane;

          d) uno è designato dallo staff dei ricercatori dell'Istituto.

      3. Il consiglio direttivo dura in carica sei anni. I suoi membri possono essere nominati per un massimo di due mandati. I componenti rimangono in carica fino alla nomina del nuovo Consiglio.

Art. 7.
(Direttore).

      1. Il direttore dell'Istituto dura in carica sei anni. In sede di prima attuazione della presente legge, la nomina è effettuata dal Ministro dell'università e della ricerca. Successivamente, il direttore è eletto dal comitato scientifico ai sensi dell'articolo 5, comma 1.
      2. Il direttore è responsabile dell'attività dell'Istituto.
      3. In fase di prima attuazione della presente legge e fino alla nomina dei componenti del consiglio direttivo, le funzioni dello stesso sono assunte dal direttore dell'Istituto.

 

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Art. 8.
(Centri di ricerca afferenti all'Istituto).

      1. Le istituzioni di ricerca per la pace e sui conflitti promosse dalla società civile italiana e dal mondo accademico possono richiedere al comitato direttivo il riconoscimento della qualifica di «centro di ricerca afferente all'Istituto». A tale fine, il comitato direttivo stabilisce i requisiti che le istituzioni di ricerca devono possedere per il riconoscimento di cui al presente comma.
      2. In occasione della conferenza nazionale di cui all'articolo 9, ovvero per provvedere alla designazione del proprio rappresentante in seno al comitato scientifico, si riunisce l'assemblea dei direttori dei centri di ricerca afferenti all'Istituto.

Art. 9.
(Conferenza nazionale).

      1. Il consiglio direttivo, con cadenza biennale, convoca una conferenza nazionale sulla ricerca per la pace e sui conflitti quale occasione di incontro e di confronto di esperienze fra i diversi soggetti che a livello nazionale e internazionale operano in questo campo. La conferenza è presieduta da uno dei direttori dei centri di ricerca afferenti all'Istituto.

Art. 10.
(Natura giuridica).

      1. L'Istituto è ente di ricerca a carattere non strumentale, ha personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e si dota di ordinamento autonomo ai sensi dell'articolo 8 della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e successive modificazioni, mediante regolamenti di organizzazione e funzionamento e di amministrazione, contabilità e finanza.

 

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Art. 11.
(Finanziamento).

      1. L'Istituto è finanziato a valere sulle risorse del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziati dal Ministero dell'università e della ricerca, istituito nello stato di previsione del medesimo Ministero, ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204.
      2. L'Istituto si avvale altresì di risorse erogate da enti pubblici regionali e locali, e da associazioni, fondazioni ed altri soggetti privati, anche stranieri.

Art. 12.
(Sede).

      1. L'Istituto ha la propria sede centrale in Perugia. Le regioni possono istituire sezioni regionali dell'Istituto che, collegate a livello nazionale, perseguono nel proprio ambito territoriale le finalità della presente legge.

Art. 13.
(Regolamento di attuazione).

      1. Con decreto del Ministro dell'università e della ricerca è adottato il regolamento di attuazione della presente legge, entro tre mesi dalla data della sua entrata in vigore, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.


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