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PDL 2470

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2470



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SATTA, LI CAUSI, FABRIS, ADENTI, AFFRONTI, CAPOTOSTI, CIOFFI, DEL MESE, D'ELPIDIO, FADDA, GIUDITTA, GOISIS, PALMIERI, PICANO, ROCCO PIGNATARO, ROSSI GASPARRINI

Modifica all'articolo 9 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di interventi di adeguamento liturgico aventi ad oggetto beni culturali appartenenti a istituzioni o enti ecclesiastici

Presentata il 28 marzo 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende colmare una lacuna nel sistema legislativo al fine di risolvere tutti i potenziali conflitti, che sono già insorti e tutt'ora insorgono, tra l'autorità ecclesiastica e l'autorità statale in ordine all'utilizzo dei beni culturali di interesse religioso, con particolare riguardo a quelli deputati ad uso di culto.
      Come è noto, il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il cosiddetto «codice Urbani», all'articolo 9, comma 1, prevede che «Per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero e, per quanto di competenza, le regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con le rispettive autorità». Corollario di tale disposizione è l'intesa del 26 gennaio 2005 tra il Ministro per i beni e le attività culturali e il Presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI), resa esecutiva dal decreto del Presidente della Repubblica n. 78 del 2005, relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche. Senza entrare, opportunamente, nell'insieme delle altre disposizioni di carattere ecclesiastico e civile che attengono, seppur in diversa misura, ai rapporti tra Stato e Chiesa, pare utile, per una maggiore comprensione del problema, rappresentare la questione attraverso un esempio concreto. Si pensi al caso in cui un vescovo decida, il linea con i dettami del concilio Vaticano II e delle disposizioni della CEI, di attivare, all'interno di un'antica chiesa cattedrale, un'operazione di
 

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adeguamento liturgico la quale, per forza di cose, comporti una diversa dislocazione dell'altare o di altri fuochi liturgici, per rendere effettivamente adeguata l'aula liturgica. Prima di iniziare qualsiasi intervento, l'ordinario diocesano deve, necessariamente, presentare al competente soprintendente dell'amministrazione statale le proposte per la programmazione di interventi di conservazione e le richieste di rilascio delle autorizzazioni, concernenti beni culturali di proprietà di enti soggetti alla sua giurisdizione. La citata intesa siglata il 26 gennaio 2005 dispone che, circa i progetti di adeguamento liturgico, il soprintendente competente per materia e territorio procede, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con il vescovo diocesano, in conformità alle disposizioni della legislazione statale vigente in materia di tutela.
      Così come previsto dalla normativa statale e canonica, il vescovo provvederà a porre in essere tutti quegli adempimenti e quelle garanzie richiesti dalla CEI e dagli organi ministeriali: «Gli interventi di conservazione dei beni culturali di cui al comma 1 sono eseguiti da personale qualificato. A tal fine, la C.E.I. collabora con il Ministero per assicurare il rispetto della legislazione statale vigente in materia di requisiti professionali dei soggetti esecutori, con particolare riferimento agli interventi sui beni culturali mobili e le superfici architettoniche decorate. Gli interventi di conservazione da effettuarsi in edifici aperti al culto rientranti fra i beni culturali di cui al comma 1 sono programmati ed eseguiti, nel rispetto della normativa statale vigente, previo accordo, relativamente alle esigenze di culto, tra gli organi ministeriali e quelli ecclesiastici territorialmente competenti» (intesa 26 gennaio 2005, articolo 2, comma 5).
      A questo punto, il soprintendente competente potrebbe ritenere inopportuno l'intervento impedendo, di fatto, il realizzarsi del progetto di adeguamento liturgico.
      La citata intesa pone un rimedio a tale possibilità stabilendo che, qualora l'accordo non sia raggiunto a livello locale o regionale e in presenza di rilevanti questioni di principio, il capo del dipartimento competente per materia, d'intesa con il Presidente della CEI o con un suo delegato, impartisce le direttive idonee a consentire una soluzione adeguata e condivisa.
      Il vero problema nasce allorquando l'accordo non sia raggiunto nemmeno a tale livello. Non è prevista, infatti, una soluzione al conflitto tra due interessi di rango costituzionale: quello alla libertà religiosa e quello alla tutela del patrimonio culturale.
      Lo stesso problema si pone, seppure in misura minore, circa lo spostamento dei beni culturali ecclesiastici, così come previsto dall'articolo 21 del «codice Urbani», il quale prescrive che sia subordinato ad autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali. Quindi, a rigor di legge, qualsiasi spostamento di un bene culturale deve essere preventivamente autorizzato dal Ministero. Per quanto riguarda, invece, i beni culturali di interesse religioso che, ovviamente, non hanno una valenza meramente storica e culturale, tale prescrizione è difficilmente attuabile per tutta una serie di attività di culto: vedi, ad esempio, l'utilizzo delle icone sacre o delle statue raffiguranti santi patroni, che vengono portate in processione fuori dalle chiese e dagli edifici di culto nei quali sono custodite.
      Occorre, poi, evidenziare che i beni culturali di interesse religioso rientrano nel concetto, espresso dalla Costituzione, di «patrimonio nazionale oggetto di salvaguardia». Tale garanzia costituzionale postula che le norme in tema di tutela e di salvaguardia siano applicate ai beni facenti parte del patrimonio culturale nazionale. D'altra parte, non va dimenticato che la libertà religiosa è oggetto di specifica garanzia costituzionale e che uno dei modi attraverso il quale si esercita tale libertà è, appunto, il culto, il quale necessita, nella pratica, dei manufatti che per esso sono stati creati nel corso del tempo.
      I due princìpi suddetti possono e devono convivere, ma è necessario fissare, in
 

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maniera chiara e precisa, le priorità qualora gli stessi entrino in conflitto. Ciò può avvenire mediante l'introduzione di correttivi e di strumenti atti a definire diverse responsabilità e una diversa considerazione dei beni, a seconda che essi siano o meno deputati al culto religioso.
      Per risolvere tali inconvenienti e superare, così, il conflitto di competenza, la presente proposta di legge si pone l'obiettivo di assegnare maggiore responsabilità e competenza al vescovo diocesano, attribuendogli il potere di decidere autonomamente circa lo spostamento dei beni culturali ecclesiastici nell'ambito delle attività di culto che si svolgono nella sua diocesi e provvedendo, per contro, a concertare, in via preventiva, con gli enti preposti al controllo, tutta una serie di attività ordinarie che non siano soggette, di volta in volta, a specifica autorizzazione. Ciò agevolerebbe, sicuramente, sia l'esercizio delle funzioni in sede diocesana sia in sede ministeriale.
      È evidente che tale soluzione risulta più complessa laddove si tratta di operazioni di adeguamento liturgico.
      In relazione a questa materia, e in considerazione della sua particolare natura, l'iniziativa legislativa che si propone tende a costruire uno strumento operativo per una piena comprensione del valore di «bene culturale». A tale fine, sono necessarie una grande maturità e una precisa assunzione di responsabilità da parte dei soggetti produttori, detentori e fruitori di questi particolari «beni».
      La maggiore responsabilità che si intende attribuire all'autorità ecclesiastica non è tesa, in alcun modo, a sostituire la dovuta procedura amministrativa, posta in essere dagli organi competenti, per la salvaguardia del patrimonio culturale, né a ricondurre interamente la gestione del bene culturale in oggetto nell'alveo delle attività di esclusiva spettanza dell'autorità ecclesiastica. La maggiore responsabilità si pone, piuttosto, come cerniera tra due esigenze contrapposte, ed entrambe egualmente sentite dalla stessa autorità religiosa: l'esercizio dell'azione di culto in una chiesa che possa definirsi viva, e non essere considerata alla stregua di un sito museale, e la salvaguardia liturgica ad uso di culto dei manufatti e delle suppellettili.
      Occorre, a tale fine, individuare le modalità operative attraverso le quali armonizzare l'azione dell'autorità ecclesiastica con quella degli organi ministeriali competenti.
      I progetti di adeguamento liturgico sono concordati nell'ambito di ciascuna diocesi sotto la direzione e il coordinamento del vescovo diocesano. Egli provvede alla definizione dei programmi e degli interventi progettuali di sistemazione dell'aula liturgica, secondo gli orientamenti provenienti dall'autorità ecclesiastica competente.
      La CEI, di intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, provvede alla nomina e alla composizione di una commissione di esperti per valutare la fattibilità dei progetti realizzati in sede diocesana. Il parere espresso in tale sede non può essere oggetto di alcun sindacato di merito da parte della soprintendenza competente che si limita, così, a valutare l'operato successivo all'approvazione e ad effettuare il controllo circa il rispetto delle norme di salvaguardia.
      Attraverso questa riforma, onorevoli colleghi, sono parimenti garantite la libertà religiosa e la salvaguardia del patrimonio culturale. Il nodo cruciale dei conflitti è risolto, infatti, attribuendo al vescovo diocesano e alla istituenda Commissione di esperti la decisione circa l'opportunità o meno dell'intervento, lasciando, invece, al Ministero per i beni e le attività culturali, attraverso gli organi della competente soprintendenza, la verifica del rispetto della normativa vigente di settore.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 9 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «2-bis. Qualora i progetti di interventi da realizzare negli edifici aperti al culto, aventi ad oggetto beni culturali mobili o immobili di interesse religioso appartenenti a istituzioni o enti ecclesiastici, siano presentati dall'ordinario diocesano, corredati di una relazione approvata dalla Conferenza episcopale italiana, che dichiari la necessità delle opere per l'adeguamento ad esigenze liturgiche e di culto, il soprintendente competente per materia e territorio rilascia l'autorizzazione, ove prescritta, verificando esclusivamente il rispetto delle disposizioni della legislazione statale in materia di tutela e di requisiti professionali dei soggetti esecutori».


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