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PDL 1318-A

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1318-A



 

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RELAZIONE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI)

presentata alla Presidenza l'11 maggio 2007

(Relatore: VIOLANTE)

sulla

PROPOSTA DI LEGGE

n. 1318, d'iniziativa dei deputati

FRANCESCHINI, MIGLIORE, DONADI, VILLETTI, BONELLI, SGOBIO, FABRIS, BRUGGER, SERENI, BRESSA, ZACCARIA, MASCIA, BELISARIO, ANGELO PIAZZA, BOATO, LICANDRO, ADENTI, ZELLER

Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell'Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi

Presentata il 7 luglio 2006
 

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Onorevoli Colleghi!

1. Da quando si pone il problema in Italia e perché.

      L'esigenza di disciplinare anche in Italia il conflitto di interessi nasce nella XII legislatura (1994-1996), con proposte presentate dal Governo Berlusconi (A.S. 1082) e dai senatori Pasquino (A.S. 278), Passigli (A.S. 758), Tabladini (A.S. 1330).
      Non si tratta di una coincidenza casuale.
      Le elezioni politiche del 1994 sono le prime che si tengono dopo il crollo della cosiddetta Prima Repubblica. Sino a quel momento il personale politico accedeva alle più alte cariche dello Stato attraverso una selezione operata dai partiti, che privilegiavano coloro che si erano dedicati professionalmente alla politica.
      Ma nel 1994 vince le elezioni politiche e va a Palazzo Chigi una personalità che proviene dal mondo dell'impresa e non dal mondo dei partiti. Non era mai accaduto sino a quel momento che accedesse al vertice dell'Esecutivo un titolare di grandi aziende e di importanti imprese commerciali.
      Questo avvenimento va depurato dai suoi aspetti polemici e ricondotto al suo significato politico costituzionale.
      La crisi politica che ha colpito il nostro Paese nei primi anni Novanta, determinata dal crollo dei principali partiti di Governo, dalla trasformazione di altri, dalla nascita di nuove forze politiche, coincide con la fine dello Stato dei partiti e con la fine della netta separazione tra società politica e società civile, in particolare tra società politica e quella parte di società civile che opera nel mercato.
      Il mancato chiarimento dei caratteri di questa fase è all'origine di molti equivoci sulle finalità di una legge relativa al conflitto di interessi.
      Non è stato l'avvento al potere di uno specifico uomo d'impresa che ha posto la questione del conflitto di interessi. La questione si è posta per ciò che quell'avvento comportava nel sistema politico italiano.
      È significativo che successivamente, in altre responsabilità di governo, a livello nazionale, regionale e locale, il fenomeno si sia ripetuto con una certa frequenza.
      Ha così avuto fine il monopolio dei partiti sulle cariche pubbliche; personalità forti del mondo dell'impresa sono entrate nell'agone politico con proprie formazioni politiche o all'interno di formazioni politiche del tutto nuove. Conseguentemente si sono posti alla nostra democrazia problemi inediti.
      Tra questi problemi c'era e c'è quello del rapporto tra gli interessi privati di cui l'outsider sia titolare e gli interessi pubblici che deve tutelare nella sua attività di governo.
      È un difficile equilibrio tra il favore per l'accesso di nuovi soggetti alle più elevate responsabilità politiche e la necessità di prevenire processi di privatizzazione della politica che ledono il principio democratico classico come contrapposto al principio patrimonialista.
      Nel dibattito pubblico si confrontano due diverse culture politiche: quella che tende a privilegiare il ruolo dei partiti tradizionali nella vita pubblica e quella, invece, che tende a considerare come vera garanzia democratica il primato nella politica di quella parte della società che è estranea ai partiti. Corollario di questo

 

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scontro è la diatriba sul professionismo politico. Posto che il dilettantismo al governo non è augurabile a nessun Paese, l'esperienza ci dice che un buon livello di professionalità può essere acquisito anche da chi non viene dalle fila dei partiti.
      Tuttavia è innegabile il ruolo che nella nostra Repubblica e nella esperienza europea hanno avuto ed hanno i partiti politici come luogo di formazione e selezione della classe politica dirigente e di garanzia della continuità tra le generazioni.
      D'altra parte nella nostra recente esperienza anche quelle formazioni che sono nate in opposizione al tradizionale modello di partito politico hanno poi scelto di uniformarsi proprio a quel modello. Questo sembra il segno che persino i più acerrimi avversari del modello partito non hanno trovato nulla di meglio per organizzare la partecipazione alla vita politica.
      Nel suo lavoro la Commissione si è sforzata di individuare un punto di equilibrio lontano tanto da un clima inaccettabile di caccia alle streghe, che a volte questi problemi possono scatenare, quanto da una forma di cinico disinteresse che nasconde talora l'intento di consentire un uso privato e distorto dei pubblici poteri.
      Una buona normativa sul conflitto di interessi non deve avere lo scopo di dissuadere chi proviene da un'esperienza di mercato dalla partecipazione attiva alla vita politica, che è un fatto positivo perché allarga la platea di coloro che partecipano alle cariche politiche. Ma anche questa partecipazione deve essere ispirata ai criteri costituzionali della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione.
      D'altra parte una democrazia che pone regole per una migliore trasparenza e affidabilità dei propri governanti per ciò stesso si apre ad una maggiore partecipazione della società civile alle responsabilità di governo del Paese.
      Uno degli studiosi americani che ha più approfondito la materia ha scritto che «il regime ideale di conflitto di interessi consiste nel meno oneroso complesso di restrizioni che sia compatibile con la promozione di un contesto istituzionale eticamente efficace.» (E.J. Murdoch, Symposium Ethics in Government, «George Washington Law Review», 1990, p. 514)
      La democrazia classica, con riferimento alla netta distinzione tra società politica e società civile si era preoccupata di evitare il cumulo dei poteri nella società politica e di qui è derivato il principio della separazione dei poteri pubblici come fondamento della democrazia.
      Nel momento in cui quella distinzione viene meno, ed esponenti della società civile entrano a far parte della società politica, il principio classico della separazione dei poteri va integrato in relazione alla presenza, sulla scena politica, di nuovi poteri, di carattere privato, finanziario, mediatico, economico, imprenditoriale.
      Questa nuova separazione è il nucleo della soluzione del problema del conflitto di interessi.

2. I valori costituzionali in giuoco.

      La cultura politica dei costituenti si preoccupò di disegnare una fitta trama di doveri pubblici, tale da comportare una netta separazione tra funzioni pubbliche e interessi privati.
      In base all'articolo 51 della Costituzione tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
      Nel corso dell'indagine conoscitiva svolta davanti alla Commissione nella scorsa legislatura più di uno degli specialisti ascoltati tenne a precisare, correttamente, che il principio di eguaglianza vale sia verso il basso, per chi fosse sprovvisto di mezzi economici, sia verso l'alto, per chi ne fosse provvisto in misura sovrabbondante. Come sarebbe illegittimo impedire la partecipazione ad una competizione elettorale a chi è povero, per questa ragione, allo stesso modo, sarebbe illegittimo escludere chi sia particolarmente o esageratamente ricco.
      In ogni caso è possibile prevedere casi di ineleggibilità o di incompatibilità con

 

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l'ufficio di deputato o di senatore, come dispone l'articolo 65 della Costituzione.
      Le cause di ineleggibilità o riguardano persone ritenute non degne, come i condannati per delitti gravi, oppure perseguono lo scopo di evitare una indebita influenza sulla libera manifestazione di volontà dell'elettore, oppure ancora presumono una capacità di influenza sull'elettorato che altera quelle condizioni di eguaglianza di cui parla l'articolo 51.
      Le cause di incompatibilità sono invece specificamente volte ad impedire che l'esercizio delle funzioni parlamentari sia viziato dalla titolarità di altro incarico che si ritiene confliggente con alcune funzioni pubbliche specificamente indicate.
      Mentre l'ineleggibilità è una causa impeditiva dell'assunzione della carica, nel caso della incompatibilità l'eletto deve scegliere se conservare l'incarico parlamentare o optare per l'altro incarico.
      Si tratta di evitare la figura di parlamentari «double face», titolari di interessi che potrebbero prevalere su quelli istituzionali. L'incompatibilità, in definitiva è una misura che tende a prevenire i conflitti di interesse; è una misura preventiva e non sanzionatoria e dimostra l'attenzione dell'ordinamento costituzionale per la credibilità e l'affidabilità delle funzioni politiche.
      Quanto alla scelta tra ineleggibilità ed incompatibilità, l'orientamento del nostro sistema costituzionale è chiaro. In una sua celebre pronuncia (la n. 46 del 1969) la Corte costituzionale ebbe ad evidenziare che «per l'articolo 51 della Costituzione, l'eleggibilità è la regola, l'ineleggibilità l'eccezione», sottolineando come le cause di ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, debbano essere strettamente interpretate e non eccedere i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate.
      Successivamente la stessa Corte ha più volte ribadito l'esistenza di un favor costituzionale per l'eleggibilità, evidenziando come anche il legislatore si sia nel tempo ispirato a tale criterio, ampliando in larga misura l'esercizio dell'elettorato passivo mediante la trasformazione di numerose situazioni di ineleggibilità in quelle meno gravi di incompatibilità (sentenza n. 162 del 1985).
      È solo apparentemente singolare che la Costituzione preveda cause di incompatibilità per le funzioni parlamentari e non per le funzioni di governo. Quando il testo costituzionale venne redatto appariva evidente che solo parlamentari avrebbero potuto accedere a responsabilità di governo; era il portato del cosiddetto Parteienstaat, lo Stato che si regge sui partiti politici.
      Nel corso dell'esame del provvedimento molte parti politiche hanno proposto di introdurre in questo provvedimento ipotesi di ineleggibilità o di incandidabilità al Parlamento. Il tema è rilevante anche perché esistono interpretazioni contraddittorie che generano incertezza e norme desuete che non rispondono più alle attuali esigenze della trasparenza delle funzioni parlamentari. Tuttavia il relatore ha proposto che tutta la materia - proprio per la sua complessità e la sua estraneità a questo testo che affronta il tema degli incarichi di governo e non degli incarichi parlamentari - confluisse in un apposito progetto di legge, da esaminare con tempestività. Ha perciò chiesto ai numerosi presentatori di emendamenti su questo tema di ritirarli per ripresentarli in Aula al fine di sollecitare su questo tema un dibattito ampio e approfondito e di assumere dopo tale dibattito le più opportune decisioni. L'invito è stato accolto e quindi la questione sarà ripresa in Aula.
      Meno noto e meno richiamato è l'articolo 54 della Costituzione: stabilisce che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore. L'espressione è antica, ma non si presta ad equivoci. Rispecchia un'idea nobile delle funzioni pubbliche, frutto dello spirito repubblicano e del senso dello Stato.
      Questo principio si applica, naturalmente, anche a chi ha responsabilità di governo, essendo quella di governo la funzione pubblica per eccellenza. E quindi
 

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a chi governa prima che ad altri si richiede di adempiere le sue funzioni con disciplina, e cioè con il rispetto dei doveri che incombono su chi esercita una determinata funzione pubblica, e con onore, cioè in modo da meritare il rispetto dei cittadini.
      Strettamente connessi ai principi dell'articolo 54, infine, sono gli articoli 97 e 98.
      Il primo stabilisce che i pubblici uffici devono assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione; il secondo stabilisce che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
      Il complesso delle disposizioni richiamate disegna un profilo delle funzioni pubbliche che tiene nettamente separati gli interessi pubblici dagli interessi privati e che anzi prevede, attraverso l' incompatibilità, interventi preventivi al fine di evitare la lesione dell'affidabilità di cui deve costantemente godere chi adempie alle pubbliche funzioni.
      Il servizio esclusivo della Nazione e l'imparzialità dei pubblici uffici costituiscono i principi che meglio delineano i doveri dell'uomo di governo.
      Una legge sul conflitto di interessi pone inevitabilmente il problema delle garanzie e dei limiti della proprietà privata.
      Tanto il parere dei tre saggi nominati dall'on. Berlusconi nel 1994 quanto il parere pro veritate redatto dal professor Caianiello per la Commissione Affari costituzionali nella scorsa legislatura hanno escluso che potesse configurarsi un obbligo a vendere a carico del titolare della funzione di governo che si trovasse in potenziale o effettivo conflitto di interessi, proprio richiamandosi alle norme costituzionali in materia di proprietà privata.
      La proposta al nostro esame prevede all'articolo 12, comma 8, l'eventualità della vendita, ma solo quando essa sia l'unico strumento per evitare il conflitto di interessi. Preme rilevare che sia il diritto di proprietà sia l'iniziativa economica privata sono certamente valori costituzionali di primaria importanza in una società democratica, ma anche essi, come tutti valori in democrazia, non sono assoluti. Infatti il secondo comma dell'articolo 41 della Costituzione stabilisce che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, come accadrebbe se il titolare di una funzione di governo gestisse contemporaneamente la sua impresa e la funzione pubblica in modo da alterare le condizioni di libera concorrenza sul mercato.
      E, d'altra parte, valore costituzionale di rilievo primario è senza dubbio la correttezza e la trasparenza dell'esercizio delle funzioni parlamentari. Se ciascun parlamentare rappresenta la Nazione, come scrive l'articolo 67 della Costituzione, è evidente che le sue funzioni non devono essere esposte al rischio di un uso per finalità esclusivamente private.

3. Le linee di fondo di alcuni altri sistemi.

      Nel corso del dibattito pubblico più volte si è richiamato, e non sempre a proposito, il sistema americano.
      Il sistema di valori proprio della società americana è improntato al principio di responsabilità individuale, all'obbligo da parte di chiunque ricopra pubbliche funzioni di rendere conoscibili tutti i propri interessi economici, alla ferrea controllabilità di chi esercita le pubbliche funzioni da parte della pubblica opinione e dei mezzi di informazione. Si deve inoltre considerare l'importante ruolo svolto dal Senato degli Stati Uniti nel controllare preventivamente le nomine presidenziali, comprese quelle dei componenti del governo. Nella prassi questo controllo verifica con particolare attenzione l'eventuale sussistenza di un conflitto di interessi.
      Cerco di sintetizzare le linee essenziali del sistema statunitense, scusandomi per eventuali imprecisioni, certamente possibili non solo per i limiti, anche interpretativi, del relatore, ma anche per l'intersecarsi di diversi livelli normativi, provenienti da fonti assai diverse fra loro (solo le fonti federali sono più di dieci), e per una certa elasticità della normativa.
      La legislazione si applica a tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche, nel Legislativo,

 

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nel Giudiziario e nell'Esecutivo. Ciascun settore, peraltro, è assoggettato a specifiche ulteriori disposizioni in relazione alla specificità della funzione. Gli strumenti individuati dall'esperienza americana sono l'astensione, il qualified blind trust, il qualified diversified blind trust, l'obbligo di alienazione.
      Particolari previsioni, assai dettagliate, riguardano la gestione dei doni, che, se eccedenti un certo valore, vanno o restituiti, o pagati al donatore, o, se deperibili, versati a comunità o enti di assistenza.
      L'obbligo di alienazione può essere imposto soltanto ai membri dell'Esecutivo (non al presidente e al vice presidente) e soltanto come ultima ratio e sempre a condizione che intendano mantenere l'incarico pubblico. È peraltro vero che alcune Agenzie impongono a tutti i propri dipendenti di dismettere le partecipazioni finanziarie nei settori di competenza dell'ente. Ad esempio le persone designate dal presidente degli Stati Uniti a ricoprire responsabilità nel settore della difesa debbono dismettere le partecipazioni finanziarie nell'industria bellica. Ma non si tratta di una regola generale.
      Le due tipologie di trust hanno come caratteristica fondamentale la «cecità» del disponente rispetto al proprio patrimonio. Il trust è cieco, e il disponente può quindi ricoprire la carica pubblica, solo quando il trustee notifica che i beni sono stati ceduti o sostituiti con altri dei quali il disponente non conosce né la natura né l'ammontare. Un qualified blind trust deve rispondere a caratteristiche rigorosissime. Il pubblico ufficiale non deve aver avuto rapporti precedenti con il trustee e non potrà comunicare con lui durante il corso del trust. Il trustee può fornire solo informazioni specifiche relative alla vendita dei beni e le informazioni necessarie per motivi fiscali. Questi trusts sono supervisionati e disponibili al pubblico per controlli. Il qualified diversified trust consiste nel conferimento di un portafoglio di titoli ampiamente diversificati e rapidamente trasferibili, nessuno dei quali deve far riferimento a settori di primaria responsabilità del disponente.
      La linea di sbarramento è costituita dal capitolo 11 del titolo 18 del codice penale che disciplina, insieme, Bribery, Graft and Conflict of interests. La sect. 208 punisce ogni pubblico ufficiale federale che partecipa, nell'esercizio delle sue funzioni, ad una decisione che riguarda questioni nelle quali egli ha un qualsivoglia interesse finanziario.
      Obbligo generale è la disclosure, la pubblicizzazione delle risorse economiche dell'interessato, del coniuge convivente e dei figli a carico. Sono esclusi dalla pubblicizzazione i beni affidati ad un qualified blind trust o ad un qualified diversified trust. Il livello della pubblicizzazione è massimo per i gradi più alti dell'Esecutivo; scema per i livelli più bassi dell'amministrazione.
      Il presidente e il vice presidente degli Stati Uniti e tutte le cariche che hanno bisogno dell'approvazione del Senato per esercitare le loro funzioni (ministri, ambasciatori, giudici della Corte suprema, etc.) hanno l'obbligo di presentare all'Office of Government Ethics (OGE) una completa e dettagliata dichiarazione su tutti i propri redditi e su tutte le proprietà di cui dispongano. Le dichiarazioni sono rese pubbliche. Il presidente e il vice presidente non hanno altri oneri; però nella storia degli Stati Uniti è accaduto che di fronte a campagne di stampa o a pubbliche richieste di chiarimenti qualcuna di queste autorità abbia spontaneamente provveduto ad assumere decisioni dirette ad evitare il sia pur minimo sospetto di conflitto di interessi.
      L'OGE, ricevute le dichiarazioni, può chiedere ulteriori chiarimenti all'interessato e può proporre misure dirette a prevenire possibili conflitti di interessi o a scongiurare il protrarsi di un conflitto già verificatosi. Queste misure possono essere le più varie, inclusi il blind trust, l'alienazione o anche l'impegno ad astenersi dall'esercizio di determinate funzioni. Se le misure proposte non hanno seguito, l'OGE informa l'istituzione competente che decide discrezionalmente i provvedimenti da adottare.
 

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      L'OGE non è un organo paragiudiziario né un organo abilitato ad applicare sanzioni. È piuttosto un organo consultivo, di supervisione e di certificazione della correttezza del comportamento tenuto dal titolare di una funzione di governo in adempimento delle direttive consigliate dall'OGE.
      I maggiori Paesi europei, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna hanno specifiche norme dirette a prevenire il conflitto di interessi.
      In nessuno di questi Paesi è consentito al titolare di una responsabilità di governo di esercitare attività professionali, imprenditoriali o nella pubblica amministrazione.
      In Francia vige il principio della incompatibilità della carica di membro del Governo con molte attività pubbliche e private e con incarichi direttivi in società finanziarie o in società che hanno rapporti privilegiati con lo Stato o in società immobiliari o che hanno come finalità la costruzione di immobili destinati alla vendita. Ciascun membro del Governo è obbligato a presentare ad un'apposita commissione (Commission pour la transparence financière de la vie politique, costituita dal vice presidente del Consiglio di Stato, dal presidente della Corte di cassazione e dal presidente della Corte dei conti) una denuncia della propria situazione finanziaria e patrimoniale; questa denuncia però, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, non è resa pubblica e non può esserne accertata la veridicità. Il codice penale punisce con pene severe, sino a cinque anni di reclusione, chi prende un interesse privato in atti di ufficio.
      In Germania il Cancelliere ed i ministri federali non possono esercitare nessun altro ufficio, nessun altro incarico remunerato, nessun mestiere, nessuna professione. Non sono previste sanzioni specifiche per l'uomo di Governo che versi in conflitto di interessi, ma la dottrina ritiene che il Cancelliere debba non chiamare a far parte del Governo coloro che versino in potenziale conflitto di interessi e debba chiedere al Presidente della Repubblica di revocare l'incarico ministeriale a chi successivamente si sia trovato in conflitto di interessi.
      La Spagna si è dotata di una nuova legge nell'aprile 2006.
      Il Governo è tenuto a sottoporre al Congresso i nomi dei candidati alle più alte cariche dello Stato. Il Congresso costituisce una commissione ad hoc per acquisire ogni documentazione dai candidati e decidere se esiste per taluno di essi un conflitto di interessi. Per tutte queste cariche e per gli incarichi di governo è sancito il principio di esclusività: l'esercizio di funzioni pubbliche è incompatibile con qualsiasi altra funzione, pubblica o privata. È vietato avere una partecipazione superiore al 10 per cento in imprese che abbiano relazioni contrattuali con la pubblica amministrazione. I beni mobiliari dei titolari di cariche pubbliche sono gestiti attraverso un blind trust. È istituita una Oficina de Conflictos de Intereses, organo del Ministero delle pubbliche amministrazioni, ma del tutto autonoma, che è competente a controllare il regime delle incompatibilità. Chi viola le disposizioni sul conflitto di interessi è interdetto per dieci anni da qualsiasi incarico pubblico e quindi decade dalla carica; le imprese non potranno concludere contratti con le pubbliche amministrazioni per due anni.
      Un caso a parte è quello della Gran Bretagna. La normativa in materia di conflitto di interessi vigente nel Regno Unito non prevede alcuna specifica disciplina legislativa. Ci sono regole deontologiche e principi di autoregolamentazione. Ma i vincoli non sono per questo meno rigorosi, perchè in questa materia anche le regole informali e prive di sanzione giuridica sono considerate cogenti dall'opinione comune.
      I criteri ai quali attenersi sono contenuti in codici di condotta basati su alcune regole di portata generale individuate dalla Commissione sulle regole della vita pubblica (Committee on standards in public life).
      In genere, è prevista la «doverosa pubblicità degli interessi» (disclosure of interest) perseguita per i titolari di cariche di governo attraverso l'obbligatoria dichiarazione
 

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dei propri interessi privati (declaration and registration of interests).
      Il codice di condotta (Ministerial Code) applicabile ai titolari di cariche di governo prevede che non debbano insorgere conflitti tra le cariche pubbliche e gli interessi privati. Il codice prevede due principali modalità attraverso le quali si determina il conflitto: a) esercizio di poteri o di influenza che incida sul valore degli interessi privati; oppure b) impiego di particolari conoscenze, acquisite nel corso dell'attività istituzionale, che possa arrecare benefici agli interessi privati.
      È rimesso alla responsabilità individuale decidere quali azioni mettere in campo per evitare un conflitto (o la percezione di un conflitto), rispondendo della decisione assunta davanti al Parlamento. Presso il Cabinet Office è stato istituito un ufficio cui i vari soggetti possono rivolgersi per chiarimenti e consigli in merito, anche avvalendosi del supporto di professionisti esterni al Governo.
      Qualora sussistano dubbi sulla possibilità di porre un efficace rimedio al conflitto possono rendersi necessarie le dimissioni dalla carica politica.
      Gli atti compiuti in condizione di conflitto di interessi possono essere annullati dal giudice.
      Speciale attenzione nella disciplina britannica è posta, invece, nel campo dei media al problema dell'impiego dei mezzi di comunicazione per diffondere informazioni di carattere politico ed industriale.
      Il Broadcasting Act 1990, che rappresenta la disciplina generale di riferimento del settore dei media, prevede in particolare che la completezza e l'imparzialità dell'informazione radiotelevisiva siano posti come condizione di licenza delle emittenti.
      Per la loro tutela sono previste specifiche norme di comportamento declinate nel Broadcasting Code - approvato dall'Autorità di settore - applicabili sempre e a tutte le emittenti.
      Due princìpi ivi contenuti sono di notevole rilievo: assicurare che le emittenti non usino la propria piattaforma per scopi personali, con riferimento alle questioni politiche ed industriali, ed assicurare che non sia concesso sostegno privilegiato all'opinione di particolari individui o gruppi.

4. I suggerimenti dell'OCSE.

      L'OCSE ha presentato nel maggio 2004 un rapporto sul conflitto di interessi che ha due principali obbiettivi: a) identificare, prevenire ed affrontare i casi di conflitto di interessi; b) aumentare la trasparenza delle decisioni pubbliche quando queste potrebbero essere compromesse da casi di conflitto di interessi.
      Il rapporto è ampio (85 pagine) ed è utile perché ha un approccio molto concreto al tema.
      Indico qui di seguito i punti principali del rapporto:

          a) bisogna distinguere a seconda che il conflitto sia attuale, apparente, reale, potenziale;

          b) il conflitto di interessi esiste quando un pubblico ufficiale ha propri privati interessi che potrebbero impropriamente influenzare la sua attività, i suoi doveri pubblici, la sua responsabilità;

          c) i privati interessi devono essere rilevanti dal punto di vista quantitativo oppure dal punto di vista qualitativo;

          d) si ha una situazione di apparente conflitto di interessi quando la situazione è tale da danneggiare seriamente la pubblica fiducia nel pubblico ufficiale;

          e) si ha una situazione di potenziale conflitto di interessi quando il pubblico ufficiale ha interessi rilevanti, ma i suoi compiti attuali non hanno nulla a che vedere con quegli interessi;

          f) il conflitto è effettivo quando si traduce in un abuso di ufficio;

 

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          g) al fine di stabilire se i doni ricevuti possono dar vita ad un conflitto di interessi il rapporto suggerisce di porre quattro domande: il dono è stato in qualche modo sollecitato? l'accettazione del dono fa sì che una persona di buon senso possa ritenere che il pubblico ufficiale non potrà essere indipendente nel futuro? dopo aver accettato il dono, il pubblico ufficiale si potrà sentire totalmente libero nei confronti del donatore? il pubblico ufficiale è in grado di comunicare in modo trasparente alla sua organizzazione sindacale o politica, ai colleghi, ai media, al pubblico di aver ricevuto quel tipo di dono?

          h) è suggerito che i pubblici ufficiali presentino una pubblica dichiarazione in ordine ai propri interessi rilevanti;

          i) il pubblico ufficiale ha l'obbligo di astenersi quando può configurarsi una situazione di conflitto di interessi;

          l) in caso di conflitto è da prevedere il blind trust o anche la vendita dei beni in alternativa alle dimissioni.

5. I caratteri fondamentali della vigente legge sul conflitto di interessi (legge 20 luglio 2004, n. 215).

      a. Destinatari della legge.

      Sono destinatari della legge n. 215 del 2004 (cosiddetta legge Frattini) il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i sottosegretari di Stato, i commissari straordinari del Governo.
      Queste autorità devono dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e devono astenersi dal compimento di atti - inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali - «in situazione di conflitto di interessi».
      La legge non prevede tra i destinatari né gli amministratori regionali, né gli amministratori degli enti locali, ma rinvia alla legislazione regionale. Non mi pare che qualche regione abbia legiferato. Credo che bisognerà valutare, alla luce della interpretazione che dell'articolo 117 della Costituzione ha dato la Corte costituzionale, se non sia più coerente e corretto colmare questa lacuna con normativa statale, per preservare il valore dell'unità dell'ordinamento giuridico.

      b. Incompatibilità.

      Per la prima volta è prevista una disciplina delle incompatibilità per membri del Governo. L'incompatibilità riguarda:

          ogni carica o ufficio pubblico, con alcune eccezioni;

          cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;

          cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L'imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile;

          l'esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;

          l'esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato;

          l'esercizio di funzioni di amministratore regionale.

      Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche. Qualora non siano cessati, provvede l'Autorità antitrust.

      c. Incompatibilità successiva.

      Dopo il termine dell'incarico di Governo, l'incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d'impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa.

      d. Definizione di conflitto di interessi.

      La legge ha scelto il criterio del conflitto reale e non il criterio del conflitto

 

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potenziale. Nella logica della legge il conflitto potenziale è risolto con il criterio della incompatibilità. Pertanto il conflitto sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all'adozione di un atto - anche formulando la proposta - o omette un atto dovuto:

          se versa in situazione di incompatibilità;

          se l'atto o l'omissione ha avuto un'«incidenza specifica e preferenziale» sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o delle imprese o società da essi controllate, con danno per l'interesse pubblico. Si tratta di qualsiasi vantaggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo, si può determinare nel patrimonio dei soggetti interessati,anche quando l'azione di governo è formalmente destinata alla generalità dei cittadini. Può trattarsi anche del patrimonio di imprese o società controllate dai destinatari dell'obbligo. Violano il divieto anche gli atti che costituiscano o mantengano una posizione dominante sul mercato, anche con riferimento a imprese che operano nel settore delle comunicazioni.

      e. Obblighi di dichiarazione.

      Chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l'obbligo di comunicare all'Autorità Antitrust:

          l'eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;

          tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.

      Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.
      Le dichiarazioni sono rese anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza. Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato.
      Le due Autorità provvedono agli accertamenti di competenza.

      f. Previsioni specifiche per il sistema della comunicazione.

      La materia relativa alla comunicazione, stante il rilievo specifico che la comunicazione ha nel mondo contemporaneo e, stante la specifica posizione in questo campo di uno dei leader politici del Paese, è trattata con specifiche disposizioni. Le imprese che operano nel sistema integrato della comunicazione (SIC) e che «fanno capo» al titolare di cariche di governo, al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, ovvero sono da essi controllate, non devono fornire un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo.
      L'espressione «fanno capo» tende evidentemente a sottolineare il dato di fatto sostanziale, al di là delle cortine formali che il proprietario effettivo può sollevare per occultare la sua posizione.

      g. Competenze dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).

      L'AGCM è competente ad accertare la sussistenza di:

          situazioni d'incompatibilità;

          situazioni di conflitto d'interessi.

      Nel primo caso, l'Autorità promuove gli adempimenti volti a superare la situazione di incompatibilità, che vengono eseguiti dagli organi di volta in volta competenti, e ne dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere.
      Nel secondo caso, l'Autorità non ha poteri diretti nei confronti del titolare di cariche di Governo, ma comunica ai Presidenti delle Camere il risultato degli accertamenti svolti, indicando la situazione di privilegio. L'Antitrust può invece diffidare ed eventualmente infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che pongano in essere comportamenti volti ad avvantaggiarsi degli atti adottati in situazioni di conflitto d'interesse.
      A seguito degli accertamenti o dell'eventuale irrogazione di sanzioni pecuniarie alle imprese, l'Antitrust deve effettuare

 

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una comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
      Tale comunicazione deve indicare:

          i contenuti della situazione di privilegio;

          gli effetti distorsivi realizzatisi sul mercato;

          le conseguenze della situazione di privilegio;

          le eventuali sanzioni inflitte alle imprese.

      A questo punto i presidenti delle Camere dovrebbero informare le Assemblee; ciascun Gruppo e ciascun parlamentare può assumere le iniziative ritenute più congrue, dal silenzio alla mozione di sfiducia individuale.

      h. Competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

      L'AGCOM ha compiti di vigilanza, di accertamento e sanzionatori non nei confronti del titolare di cariche di governo, ma nei confronti delle imprese che facciano capo al titolare medesimo - ovvero al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, o che siano da essi controllate - qualora tali imprese operino nei settori del sistema integrato delle comunicazioni; si tratta del «settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni».
      Oggetto del controllo e di eventuale sanzione sono i comportamenti che:

          forniscano un «sostegno privilegiato» al titolare di cariche di governo;

          vìolino le disposizioni di ordine generale volte a disciplinare l'esercizio dell'attività radiotelevisiva, l'assetto complessivo del settore delle comunicazioni e la comunicazione politica attraverso i mezzi di informazione.

      Le sanzioni pecuniarie previste nella normativa sulle comunicazioni, possono essere aumentate sino a un terzo, in relazione alla gravità della violazione.
      L'Autorità informa il Parlamento degli accertamenti effettuati e delle eventuali sanzioni irrogate.

      i. Relazioni al Parlamento.

      Le due Autorità comunicano ogni sei mesi alle Camere, attraverso apposite relazioni, lo stato delle attività di controllo e vigilanza che sono ad esse attribuite. Le relazioni sono state puntualmente presentate e sono di particolare interesse per il nostro lavoro.

      

6. Le disposizioni emanate dalle due Autorità (AGCM e AGCOM) in attuazione della legge Frattini.

      Come previsto dalla legge n. 215 del 2004 le due autorità incaricate del controllo hanno emanato proprie disposizioni di carattere interpretativo e procedimentale. Naturalmente i due provvedimenti amministrativi si distinguono nettamente tra loro in relazione al fatto che una delle due autorità ha competenza generale e l'altra ha competenza soltanto per quanto attiene al sistema delle comunicazioni.
      Il regolamento approvato dall'AGCM nella interpretazione dei diversi concetti chiave (ufficio pubblico, compiti di gestione, impresa) segue correttamente un criterio sostanziale e prescinde dalle qualificazioni formali delle singole funzioni o delle singole attività. Nella competenza dell'Autorità rientrano anche le iniziative legislative del membro del Governo. L'interpretazione è interessante e sembra corretta data la lettera dell'articolo 3 della legge che richiede che l'atto abbia «un'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio [...] con danno per l'interesse pubblico». Poiché non si parla di vantaggio ma di incidenza, il concetto è certamente più elastico e tale da tollerare

 

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anche la mera eventualità del vantaggio concreto.
      Il concetto è ribadito nell'articolo 5 del regolamento, laddove si dice che l'Autorità prende in considerazione qualsiasi vantaggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo «si può determinare» nel patrimonio dei soggetti interessati.
      È altresì interessante l'interpretazione del concetto di danno per l'interesse pubblico. Sussisterebbe questo tipo di danno:

          a) quando l'atto o l'omissione del titolare della carica di governo è idoneo ad alterare il corretto funzionamento del mercato (si richiede che l'atto sia idoneo a produrre il danno, non si chiede che il danno sia stato effettivamente prodotto);

          b) quando l'incidenza specifica e preferenziale è «frutto di una scelta manifestamente ingiustificata in relazione ai fini istituzionali cui è preordinata l'azione di governo».

      L'interpretazione sub b) sembra particolarmente idonea a recuperare i valori costituzionali di affidabilità e credibilità dell'azione di governo.
      Il regolamento approvato dall'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni determina la propria competenza riferendosi alle imprese che fanno parte del SIC (sistema integrato della comunicazione) avuto riguardo, spiega l'articolo 1, ai principi fondamentali «del pluralismo, dell'obbiettività, della completezza , della lealtà e dell'imparzialità dell'informazione». Per sostegno privilegiato si intende anche «qualsiasi forma di vantaggio, diretto, indiretto, politico, economico, di immagine al titolare di cariche di governo».
      L'ambito di competenza dell'Autorità è fissato nella legge sul conflitto di interessi che richiama le quattro leggi fondamentali della materia (n. 223 del 1990, n. 249 del 1997, n. 28 del 2000, n. 112 del 2004).
      Sulla base di questo richiamo, il regolamento stabilisce che chi comunica all'Autorità dati o notizie non corrispondenti al vero è punito con le pene previste dall'articolo 2621 del codice civile (reclusione da uno a cinque anni); chi non provvede, nei termini e con le modalità richieste dall'Autorità, a fornire i dati richiesti è punito, in base all'articolo 1, commi 29 e 30, della legge n. 249 del 1997, istitutiva dell'Autorità, con la sanzione amministrativa pecuniaria da uno a duecento milioni di lire (pari rispettivamente a 516,46 e 103.291,38 euro).
      È utile rilevare che chi omette di fornire all'AGCM i dati da essa richiesti è punito a norma dell'articolo 328 del codice penale, con la reclusione da sei mesi a due anni.
      Forse è il caso che nel corso dei nostri lavori si valuti se questa differenza di sanzione sia giustificata dal particolare rilievo che ha il sistema radiotelevisivo per la formazione del consenso o se sia il caso di prevedere la parificazione delle sanzioni, o verso l'alto o verso il basso.

7. I rilievi delle due Autorità sulla legge.

      Le due Autorità hanno dovuto svolgere i loro controlli nei confronti di tre governi, il Berlusconi II, il Berlusconi III ed il Prodi II. Pur nel breve arco di tempo di applicazione della legge è stato possibile, proprio per il succedersi di ben tre diversi governi, compiere un'esperienza applicativa assai rilevante. Le relazioni presentate al Parlamento documentano in modo inappuntabile il lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le soluzioni adottate.
      Le Autorità si sono preoccupate nel corso delle diverse relazioni di segnalare al Parlamento i punti della legge che l'esperienza indicava come meritevoli di una correzione.
      Indico sinteticamente i suggerimenti avanzati dalle due Autorità nelle loro relazioni per rendere efficace la cosiddetta Legge Frattini.

          a) Art. 2, comma 1, lett. a): ha escluso dalle incompatibilità gli amministratori di enti locali, ma non i consiglieri regionali.

          b) Art. 2, comma 1, lett. d): «divieto di esercitare attività professionali o di lavoro autonomo connesse con la carica di governo». L'accertamento della connessione

 

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non è agevole e può dar luogo a conflitti interpretativi.

          c) Art. 2, comma 4: l'incompatibilità successiva riguarda società che operino «prevalentemente» in settori connessi con la carica ricoperta; è difficile dare un contenuto specifico al «prevalentemente». Manca l'obbligo di segnalare gli incarichi assunti successivamente alla cessazione della carica.

          d) Art. 3: è necessario un collegamento formale e funzionale tra l'atto, il titolare che l'ha adottato e il suo patrimonio; pertanto non sussiste conflitto di interessi quando un ministro compie un atto che produce un rilevante vantaggio patrimoniale ad un suo collega di governo. Una delle due Autorità ha segnalato un caso concreto.

          e) Art. 3: il danno per l'interesse pubblico è previsto come elemento ulteriore rispetto alla lesione dell'interesse al corretto esercizio dell'attività di governo. Dovrebbe essere sufficiente la lesione di quest'ultimo interesse.

          f) Art. 5, comma 1, prevede che i titolari della carica dichiarino le situazioni di incompatibilità all'atto dell'assunzione della carica. Quindi il titolare deve effettuare una propria preventiva valutazione che può dar adito a differenze e contrasti nei confronti di valutazioni che in situazioni analoghe abbiano compiuto suoi colleghi o abbia compiuto l'AGCM. Questa Autorità ha segnalato che il sistema appare «non del tutto coerente ed impedisce all'Autorità di accedere direttamente, tramite le dichiarazioni degli interessati, alle informazioni di base che rivelino tutte le situazioni suscettibili di essere valutate in relazione all'articolo 2 della legge» (Doc. CCXXII, n. 1, p. 21).

          g) Art. 6, comma 8: «L'Autorità procede a diffidare l'impresa, quando essa pone in essere comportamenti diretti a trarre vantaggio da atti adottati in conflitto di interessi e vi è la prova che chi ha agito conosceva tale situazione di conflitto.» Occorrerebbe verificare: 1) l'adozione di comportamenti diretti ad avvantaggiarsi da atti compiuti in conflitto di interessi; 2) la consapevolezza della sussistenza del conflitto di interessi da parte del soggetto che ha agito. In molti casi può essere assai difficile o addirittura impossibile provare questa consapevolezza.

          h) Il regime sanzionatorio per le imprese non è efficace: in caso di violazione della legge (e cioè in caso di mancata ottemperanza alla diffida adottata dall'Autorità), la sanzione pecuniaria è commisurata nel massimo al vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dall'impresa (articolo 6, comma 8).

          i) Mancano disposizioni in materia di pubblicità delle decisioni, a differenza di quanto accade per altri settori di competenza dell'AGCM (articolo 26 della legge 10 ottobre 1990, n. 287; articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 2003, n. 284).

          j) Il coniuge e i parenti dei destinatari delle norme sul conflitto di interessi non incorrono in alcuna sanzione se non presentano la dichiarazione sullo stato patrimoniale.

          k) Non è previsto per gli affini l'obbligo di presentare la dichiarazione sullo stato patrimoniale.

          l) Non è indicata la quota minima in partecipazioni azionarie che fa scattare il conflitto di interessi. L'AGCM ha fissato la soglia di 25.000 euro ovvero la misura del 2 per cento per le azioni aventi diritto di voto.

          m) Art. 7, comma 1: c'è un'incongruenza. L'AGCOM deve accertare se le imprese che operano nel SIC forniscano, violando le disposizioni delle quattro leggi pilastro (n. 223 del 1990, n. 249 del 1997, n. 28 del 2000, n. 112 del 2004), un sostegno privilegiato al titolare di cariche in potenziale conflitto di interessi. Ma nelle quattro leggi si rinvengono solo marginalmente precetti rivolti agli editori di quotidiani e periodici e mancano del tutto le direttive rivolte agli altri soggetti compresi nel SIC (cinema, sponsorizzazioni, etc).

 

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          n) I titolari della carica a norma dell'articolo 5, comma 3, devono dichiarare all'AGCOM situazioni di incompatibilità che riguardano editoria e settore radiotelevisivo, ma non situazioni di incompatibilità che riguardino gli altri settori del SIC.

          o) Ulteriori problemi solleva l'impianto sanzionatorio, per il quale la legge sul conflitto di interessi rinvia alle quattro leggi pilastro. Questo impianto è in sé particolarmente debole (l'AGCOM ha segnalato più volte questa debolezza) ed in più è particolarmente indeterminato in alcune prescrizioni: la legge n. 28 del 2000 sulla par condicio prevede solo il ripristino della parità di accesso ai media. L'AGCOM si rifà all'articolo 1, comma 3, della legge n. 249 del 1997 per il caso di violazione degli ordini e delle diffide emanati dall'Autorità.

          p) L'articolo 9, comma 1, della legge n. 28 del 2000 stabilisce che «Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni». Ne consegue, e così si è comportata l'AGCOM, che le emittenti radiotelevisive private non sono destinatarie di questa normativa e non sono perseguibili in caso di violazione.

8. I caratteri fondamentali del progetto all'attenzione dell'Aula.

      a) Il testo elaborato dalla Commissione, come tutte le leggi analoghe degli altri Paesi, ha carattere preventivo, ha lo scopo cioè di prevenire il conflitto di interessi; la legge attualmente in vigore, invece, si limita ad intervenire solo successivamente e con sanzioni scarsamente disincentivanti.

      b) È istituita una apposita Autorità (artt. 3, 4, 5, 6), che assorbe anche le competenze dell'attuale Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione (articolo 1 legge 6 gennaio 2003, n. 3). La Commissione ha discusso dell'opportunità di attribuire queste nuove competenze all'Autorità antitrust e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, come fa la legge attualmente in vigore. Ferme restando le competenze assolutamente specialistiche dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si è ritenuto opportuno istituire una nuova Autorità per evitare un' eccessiva concentrazione di poteri sull'Antitrust cui sarebbero attribuite le funzioni di «regolatore unico» del mercato e della politica con effetti discutibili per l'equilibrio dei poteri in una moderna democrazia. La creazione di una nuova Autorità risponde quindi all'idea di separare anche sul piano istituzionale i compiti di verifica del buon funzionamento del mercato da quelli di prevenzione di forme di scorretto esercizio degli incarichi di governo. Al fine di evitare la moltiplicazione delle Autorità si propone di sopprimere la figura del cosiddetto Alto Commissario anticorruzione, attribuendo le sue competenze alla nuova Autorità. I provvedimenti dell'Autorità sono impugnabili davanti ad un giudice specializzato. Le decisioni devono essere assunte entro venti giorni.

      c) Le misure sul conflitto di interessi si applicano tanto al governo nazionale quanto ai governi regionali e locali (articolo 2). La proposta prevede che si applichino ai comuni con più di 15.000 abitanti. A seguito di alcune considerazioni emerse nella Commissione, il relatore si riserva, ascoltato il dibattito d'Aula, di limitare l'applicazione delle regole sul conflitto di interessi alle regioni, alle città metropolitane e alle province che su queste città insistono.

      d) Il fulcro della proposta di legge è costituito da quattro doveri, ciascuno dei quali scatta in presenza di specifiche condizioni:

          1) dovere di informare l'Autorità sulla propria attività, sui vincoli professionali, sugli uffici ricoperti e sul proprio patrimonio; questo dovere grava anche sui

 

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familiari del titolare della carica di governo e sugli affini fino al secondo grado, nonché su coloro che convivono stabilmente con lui per ragioni diverse dal lavoro domestico (articolo 8);

          2) dovere di astenersi da specifici atti e comportamenti (articolo 1, commi 2 e 3, e articolo 9);

          3) dovere di optare tra posizioni incompatibili (artt. 10 e 11; e articolo 13);

          4) dovere di istituire un trust cieco (articolo 12).

      e) La violazione del dovere di informazione è sanzionato con il pagamento di una somma di danaro (da 20 mila a 35 mila euro); quando la violazione abbia arrecato un vantaggio economico al titolare della carica di governo o ad un suo parente o affine o convivente, a quella sanzione si aggiunge il pagamento di una somma di danaro dal doppio al quadruplo del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito. Una specifica sanzione è prevista per il componente titolare della carica di governo che avvantaggi economicamente un suo collega (caso verificatosi nella precedente legislatura e non sanzionato dalle disposizioni in vigore). Le sanzioni sono disciplinate dagli artt. 18, 19 e 20.

      f) Al mancato esercizio dell'opzione e alla violazione di istituire un trust cieco si connette uno specifico significato: si intende che l'interessato abbia deciso di lasciare la carica di governo (articolo 10, comma 10; 11, comma 5; e 12, comma 19). Si è discusso in Commissione dell'opportunità di far decadere ex lege il titolare della carica di governo che non abbia optato o non abbia costituito il blind trust. Su questo tema la letteratura costituzionale è divisa. Il relatore si riserva di presentare un apposito emendamento in esito al dibattito d'Aula.

      g) La disciplina del trust cieco è fissata negli articoli 14 e 15. Lo schermo del trust permette di realizzare una temporanea separazione tra la gestione del patrimonio conferito e la sua titolarità finale; la cecità del trust impedisce al titolare della carica di governo di poter verificare in corso di carica gli effetti di singoli atti o decisioni sulla propria sfera patrimoniale. Il trustee ha la più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni (può vendere e comprare), non può ricevere disposizioni dal titolare della carica di governo e lo informa ogni semestre dello stato quantitativo dei beni assegnati al trust. Il trust è scelto dal disponente, ma solo d'intesa con l'Autorità.

      h) Nel sistema così delineato il ricorso alla alienazione è previsto solo come extrema ratio, quando cioè rappresenti l'unica misura possibile per evitare il conflitto di interessi nella specifica situazione.

      i) La proposta prevede infine due ipotesi di sostegno privilegiato. L'articolo 23 disciplina la materia durante le campagne elettorali, l'articolo 24 al di fuori di tali periodi.

      L'apparato normativo della par condicio che è limitato alla campagna elettorale si è rivelato insufficiente, perchè il sostegno privilegiato estende la sua portata al di là del tempo limitato della campagna elettorale.
      Il TAR del Lazio in una recente sentenza relativa ad un provvedimento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (TAR Lazio, sez. III ter., n. 6832 del 2006) ha ribadito che l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche costituiscono principi fondanti dell'ordinamento radiotelevisivo e non possono operare solo nel periodo della propaganda elettorale. Tale sentenza ha riconosciuto la legittimità dell'Autorità - e quindi a maggior ragione del legislatore - di porre regole finalizzate a garantire l'osservanza di quei principi senza limitazioni di carattere temporale.
      A questi principi si ispirano le norme sopra richiamate.

 

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9. Illustrazione dell'articolato.

      Il provvedimento si compone di 29 articoli, suddivisi in sette capi.
      Il capo I reca i princìpi generali della legge.
      L'articolo 1 sancisce il principio che tutti i titolari di cariche pubbliche sono tenuti ad operare nell'esclusiva cura degli interessi pubblici loro affidati ed hanno conseguentemente l'obbligo di astenersi da qualunque decisione che possa produrre un vantaggio rilevante nel loro patrimonio personale ovvero in quello dei congiunti o di altri che siano con loro legati da rapporti di interesse. Per congiunti si intendono, qui, il coniuge non legalmente separato, i parenti o affini entro il secondo grado e le persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.
      Posto tale principio generale, il provvedimento definisce, all'articolo 2, il conflitto di interessi con riferimento alle cariche pubbliche di governo nazionale, regionale e locale: vale a dire il Presidente del Consiglio dei ministri e i vicepresidenti, i ministri e i viceministri, i sottosegretari di Stato, i commissari straordinari del Governo, i presidenti di regione e di provincia, i componenti delle giunte regionali e provinciali, nonché i sindaci e i componenti delle giunte comunali dei comuni con più di 15.000 abitanti.
      Sussiste conflitto di interessi, ai fini del provvedimento in esame, quando il titolare di una delle predette cariche sia altresì titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza; ovvero quando sia preposto, a vario titolo, alla cura di un tale interesse; ovvero quando ne sia titolare un suo congiunto.
      Nello specifico, il conflitto di interessi delle cariche di governo statali è oggetto del capo III; quello delle cariche di governo regionali e locali, del capo V.
      Il capo II ha ad oggetto l'Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione.
      L'articolo 3 istituisce l'Autorità in questione, la quale è organo collegiale composto da cinque membri: uno, il presidente, nominato dai Presidenti delle due Camere, d'intesa tra loro, e gli altri quattro eletti dalle Camere stesse. Più precisamente, ciascuna Camera elegge due membri, con voto limitato a uno, in modo da garantire la partecipazione paritaria di maggioranza e opposizione. I cinque membri sono scelti, sull'ispirazione dei requisiti soggettivi previsti per i giudici costituzionali, tra i professori ordinari di università in materie giuridiche ed economiche, i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie e amministrative e gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione. Il mandato dura sette anni, e non è rinnovabile.
      L'Autorità opera in piena autonomia, anche regolamentare, e con indipendenza di giudizio e di valutazione. A garanzia di ciò sono previste cause ostative all'elezione o alla nomina a membro dell'Autorità, incompatibilità con il mandato ed obblighi di astensione dalla decisione in determinati casi. Specifiche incompatibilità, inoltre, sono previste per i due anni successivi alla cessazione del mandato.
      Ai sensi dell'articolo 4, l'Autorità esercita le funzioni e i poteri previsti dalla proposta di legge in esame al fine di prevenire ed eventualmente sanzionare i conflitti di interessi delle cariche di governo statali, nonché (articolo 21, comma 2) di quelle regionali e locali. All'Autorità sono inoltre trasferite le funzioni attribuite dall'ordinamento all'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, che è contestualmente soppresso.
      L'Autorità è dotata di poteri per l'acquisizione di notizie e dati e si avvale, per le indagini, le verifiche e gli accertamenti che ritiene necessari, di un apposito nucleo della Guardia di finanza, nonché della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici, potendo altresì consultare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le altre autorità di settore.

 

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      L'Autorità riferisce semestralmente al Parlamento sulla propria attività.
      L'articolo 5 reca la disciplina in materia di personale dell'Autorità, ispirata anch'essa dall'esigenza di assicurare l'autonomia dell'organo, sulla scorta della disciplina prevista per altre autorità indipendenti.
      L'articolo 6 individua le tutele giurisdizionali avverso gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dall'Autorità. Questi possono essere impugnati in primo grado esclusivamente dinanzi alla Corte d'appello di Roma, avverso la cui decisione si può ricorrere alla Corte di cassazione. Le due Corti decidono in appositi collegi giudicanti, dei quali è specificata nella proposta di legge la composizione. Sia per le impugnazioni, sia per le decisioni sono stabiliti precisi termini, congrui con le esigenze di celerità del procedimento. Termini altrettanto brevi sono previsti per la decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione eventualmente sollevato dal Governo nei confronti della decisione dell'autorità giudiziaria.
      Il capo III reca le norme per la prevenzione del conflitto di interessi dei titolari delle cariche di governo statali specificate nell'articolo 7, vale a dire Presidente del Consiglio dei ministri e vicepresidenti, ministri e viceministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del Governo.
      In sintesi, l'articolo 8 prevede, in capo ai titolari delle cariche di governo e ai congiunti, obblighi di dichiarazione funzionali a far emergere le situazioni di conflitto di interessi. Queste sono di due specie fondamentali: a carattere «personale» (derivanti dalla titolarità di cariche o dallo svolgimento di attività) e a carattere patrimoniale (derivanti dal possesso di patrimoni significativi per ammontare o natura).
      Il conflitto di interessi a carattere «personale» è disciplinato dall'articolo 10, che prevede che determinati incarichi, cariche o attività siano incompatibili con la carica di governo. Il conflitto di interessi a carattere patrimoniale è, a sua volta, di due sottospecie particolari, che sono disciplinate dagli articoli 11 e 12.
      Fattispecie in qualche modo residuale è quella individuata dall'articolo 9: si tratta del conflitto di interessi che sussiste in relazione a specifici atti o decisioni che il titolare della carica di governo può prendere ovvero a specifiche deliberazioni cui può partecipare.
      Per la risoluzione dei conflitti di interessi il provvedimento prevede fondamentalmente tre tipi di rimedi: l'opzione tra le posizioni incompatibili, la separazione degli interessi e l'astensione.
      Al fine, dunque, di mettere l'Autorità in condizione di accertare l'eventuale esistenza di conflitti di interessi in capo ai titolari delle predette cariche di governo, questi hanno l'obbligo, ai sensi dell'articolo 8, di dichiarare all'Autorità stessa, entro venti giorni dall'assunzione della carica, gli incarichi ricoperti e le attività svolte in Italia e all'estero, nonché la composizione del proprio patrimonio (con riguardo a diritti reali su beni immobili o su beni mobili iscritti in pubblici registri; titolarità di imprese individuali; quote di partecipazione in società; partecipazioni in associazioni o società di professionisti; strumenti finanziari; reddito soggetto all'imposta sulle persone fisiche; e beni di valore superiore a 50 mila euro destinati alla fruizione propria o dei congiunti).
      I titolari delle predette cariche di governo hanno altresì l'obbligo di dichiarare gli eventuali trust di cui siano disponenti, beneficiari, trustee o guardiani, nonché ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dell'incarico pubblico, un impiego o un'attività di qualunque natura. Hanno infine l'obbligo di comunicare entro venti giorni tutte le variazioni che intervengano nella situazione inizialmente dichiarata, con riferimento a tutti i suoi elementi.
      Gli stessi obblighi di dichiarazione, salvo quelli relativi agli incarichi ricoperti e alle attività svolte, gravano sui congiunti con riferimento alle rispettive situazioni patrimoniali.
 

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      L'Autorità può, in ogni caso, compiere accertamenti sulla veridicità e completezza di tutte le dichiarazioni, attraverso l'apposito nucleo della Guardia di finanza di cui si è fatto cenno. Può inoltre acquisire d'ufficio tutti gli elementi che reputi utili per conoscere gli interessi economici e patrimoniali dei titolari delle cariche di governo e dei loro congiunti.
      È sancito, infine, il diritto, per tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l'elezione della Camera dei deputati, di conoscere le dichiarazioni rese dagli interessati, facendone richiesta scritta all'Autorità.
      Gli articoli 9, 10, 11 e 12 individuano le diverse fattispecie di conflitto di interessi di cui l'Autorità è chiamata ad accertare l'eventuale sussistenza e definiscono le misure per farvi fronte.
      Ai sensi dell'articolo 9, l'Autorità accerta i casi in cui il titolare della carica di governo può, nell'esercizio delle sue funzioni, prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni che, pur destinati alla generalità o ad intere categorie di soggetti, siano tali da produrre nel suo patrimonio o nel patrimonio dei suoi congiunti un vantaggio economicamente rilevante e differenziato, ancorché non esclusivo, rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento; ovvero i casi in cui può prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni destinate a ristrette categorie di soggetti nelle quali egli stesso rientri e tali da produrre nel suo patrimonio o in quello dei congiunti un vantaggio economicamente rilevante.
L'Autorità informa quindi il titolare della carica di governo del fatto che in tali casi egli ha l'obbligo di astenersi dalla decisione, dall'atto o dal partecipare alla deliberazione in questione. Ne dà inoltre comunicazione ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri affinché ne informi il Consiglio dei ministri.
      L'obbligo di astensione resta peraltro un obbligo generale, essendo sancito dall'articolo 1. Il titolare della carica di governo vi soggiace, pertanto, quando ne ricorrano i presupposti, anche in mancanza dell'informativa dell'Autorità. Per cui, qualora in un determinato caso specifico egli dubiti della sussistenza dell'obbligo di astensione o comunque ritenga di poter essere in conflitto di interessi, deve immediatamente investire della questione l'Autorità, la quale dovrà pronunciarsi entro cinque giorni, trascorsi inutilmente i quali l'interessato potrà ritenersi non soggetto all'obbligo di astensione. In pendenza del termine, è tenuto ad astenersi.
      Va precisato, in ogni caso, che l'obbligo di astensione non si applica per gli atti dovuti e che l'astensione non fa venir meno l'applicabilità delle misure previste dall'articolo 12 per la separazione degli interessi, ove ne ricorrano i presupposti.
      Ai sensi dell'articolo 10, l'Autorità accerta se il titolare della carica di governo ricopra cariche o svolga attività o prestazioni incompatibili con la carica di governo stessa in quanto tali da determinare un conflitto di interessi. A tal fine, la proposta di legge individua puntualmente (ai commi 1 e 2) le cariche, attività e prestazioni incompatibili con la carica di governo.
      Nel caso in cui il titolare della carica di governo versi in una situazione di incompatibilità di questo primo tipo, l'Autorità gliene dà comunicazione, invitandolo ad optare, entro trenta giorni, tra la carica di governo e la posizione incompatibile.
      Nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro il termine, salve comunque le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di governo. In altre parole, la proposta di legge attribuisce un significato giuridico al silenzio del titolare della carica di governo.
      Dell'esistenza di una situazione di incompatibilità e del conseguente invito ad optare, come anche dell'eventuale mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto, l'Autorità informa, se si tratta del Presidente del Consiglio o di un ministro, il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri; se si tratta delle altre cariche di cui all'articolo 7, i Presidenti delle
 

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Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. Del mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto viene informato altresì l'interessato, in quanto da tale mancato esercizio consegue per lui l'effetto giuridico che si è detto.
      In ogni caso, a decorrere dalla data della comunicazione e nelle more dell'esercizio dell'opzione, il titolare della carica di governo è tenuto ad astenersi, nell'esercizio delle sue funzioni, dalle decisioni, dagli atti dalle deliberazioni in conflitto di interessi, ai sensi dell'articolo 9, commi 1 e 2.
      Le incompatibilità generali indicate dai commi 1 e 2 dell'articolo 10 perdurano per i dodici mesi successivi alla cessazione della carica di governo con riferimento ad attività o incarichi in enti e società aventi fine di lucro che operino in settori connessi con la carica ricoperta.
      Va precisato che tra le posizioni incompatibili con la carica di governo c'è l'esercizio di attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie (comma 1, lettera d)). Una disciplina speciale e derogatoria è però dettata sia per il piccolo imprenditore, sia per l'imprenditore individuale. Per il piccolo imprenditore, infatti, è previsto che l'incompatibilità non operi; mentre per l'imprenditore individuale è previsto che non operi qualora questi, d'intesa con l'Autorità, costituisca un trust di diritto comune o nomini uno o più institori, con procura generale a gestire in piena autonomia sino alla cessazione della carica di governo.
      I dipendenti pubblici e privati che assumono una carica di governo sono collocati in aspettativa, senza pregiudizio per la posizione professionale e di carriera.
      Per quanto riguarda le incompatibilità di carattere patrimoniale, l'Autorità accerta, ai sensi dell'articolo 11, se il titolare della carica di governo abbia la proprietà di un patrimonio superiore ai quindici milioni di euro in beni (ad esclusione dei titoli di Stato) la cui natura, tenuto conto delle specifiche funzioni di governo dell'interessato, è tale da determinare un conflitto di interessi, ovvero abbia la proprietà o il controllo di un'impresa che svolge la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato.
      Va precisato che, se la proprietà o il controllo dell'impresa fanno capo ad un piccolo imprenditore, esse non rilevano ai fini della disciplina del presente articolo.
      Nel caso in cui il titolare della carica di Governo versi in una situazione di incompatibilità di questo tipo, l'Autorità gliene dà comunicazione, invitandolo ad optare, entro trenta giorni, tra il mantenimento della carica di governo o il mantenimento della posizione incompatibile ovvero la scelta per la risoluzione della condizione di incompatibilità. L'invito ad optare è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
      Se il titolare della carica di governo sceglie di eliminare la causa di incompatibilità, concorda con l'Autorità gli adempimenti necessari per conseguire l'obiettivo. In ogni caso, deve provvedere entro sessanta giorni dalla pubblicazione dell'invito ad optare.
      Se invece il titolare della carica di governo omette di optare entro il termine, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di governo, e quindi che abbia rinunziato a quest'ultima. Di ciò si pubblica notizia sulla Gazzetta Ufficiale e, a decorrere da tale momento, gli atti compiuti dal titolare della carica di governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
      Dell'esistenza di una situazione di incompatibilità e del conseguente invito ad optare, come anche dell'eventuale mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto, l'Autorità informa, se si tratta del Presidente del Consiglio o di un ministro, il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri; se si tratta delle altre cariche di cui all'articolo 7, i Presidenti delle Camere ed il Presidente del Consiglio dei ministri. Del mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto viene informato altresì l'interessato, in quanto ne consegue per lui l'effetto giuridico che si è detto.
 

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      In ogni caso, a decorrere dalla data della comunicazione e nelle more dell'esercizio dell'opzione, il titolare della carica di governo è tenuto ad astenersi, nell'esercizio delle sue funzioni, dalle decisioni, dagli atti e dalle deliberazioni che l'Autorità gli indicherà, ai sensi dell'articolo 9, commi 1 e 2.
      Sempre per quanto riguarda le incompatibilità di carattere patrimoniale, l'Autorità accerta, ai sensi dell'articolo 12, se il titolare della carica di Governo possieda, anche per interposta persona o per il tramite di società fiduciarie, partecipazioni rilevanti - nel senso specificato dalla proposta di legge - nei settori della difesa, dell'energia, del credito, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, delle comunicazioni di rilevanza nazionale, dei servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, nonché in imprese operanti nel settore pubblicitario; ovvero se la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di governo nel medesimo settore di mercato, superiore a dieci milioni di euro, sia tale da configurare il rischio evidente di turbative della concorrenza o di condizionamento dell'attività di governo.
      Ai fini dell'accertamento di tali casi di conflitto di interessi, l'Autorità chiede il parere della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle competenti autorità di settore. Queste si pronunciano, nel parere, anche sulle misure che ritengono necessarie per superare l'eventuale conflitto di interessi. Qualora ritengano che si debba procedere all'istituzione di un trust cieco, le Autorità si pronunciano altresì sulle misure che il trustee deve assumere per garantire l'effettiva rispondenza del trust istituito ai criteri dell'articolo 14 (che speficica la nozione di trust cieco), nonché ai requisiti di cui all'articolo 15 (che disciplina l'istituto). In ogni caso, all'alienazione dei beni del titolare della carica di governo si procede solo quando questa sia l'unica misura possibile per evitare, nella specifica situazione, il conflitto di interessi.
      Sempre ai fini dell'accertamento dei predetti casi di conflitto di interessi, l'Autorità instaura un breve contraddittorio con l'interessato.
      Qualora, all'esito di tale istruttoria, l'Autorità ritenga sussistente un conflitto di interessi, essa invita il titolare della carica di governo ad optare, entro quindici giorni, tra l'alienazione delle partecipazioni detenute, nella misura necessaria a riportarne la consistenza al di sotto della soglia di rilevanza, e l'istituzione di un trust cieco. In ogni caso, tale trust può avere ad oggetto solo valori mobiliari.
      Se il titolare della carica di Governo opta per l'alienazione, vi provvede d'accordo con l'Autorità, che dovrà tra l'altro precisare i limiti di reinvestimento del ricavato dell'alienazione, al fine di evitare che il conflitto di interessi persista o si riproduca in altra forma. Completate, entro al massimo sette mesi, le operazioni di alienazione, l'Autorità accerta che non sussista più conflitto di interessi e rilascia in questo caso al titolare della carica di governo una dichiarazione in tal senso, eventualmente notificandogli i casi in cui è comunque soggetto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 9.
      Se, invece, il titolare della carica di governo opta per l'istituzione di un trust cieco, nei successivi sessanta giorni ne sottopone all'Autorità per l'approvazione l'atto costitutivo. L'Autorità può richiedere che l'atto sia modificato.
      Se, infine, il titolare della carica di governo omette di optare entro il termine prescritto, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che abbia optato per la disponibilità dei beni il cui possesso è incompatibile con la carica di governo, e dunque che abbia rinunciato a quest'ultima.
      In tal caso, l'Autorità ne informa, se si tratta di Presidente del Consiglio dei ministri o ministro, il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri; se si tratta delle altre cariche di cui all'articolo 7, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. Ne informa inoltre l'interessato e ne pubblica notizia sulla Gazzetta Ufficiale. A decorrere da tale
 

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momento tutti gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
      Una disciplina speciale e derogatoria è dettata per l'imprenditore individuale, al quale è consentito, d'intesa con l'Autorità, di costituire un trust di diritto comune o di nominare uno o più institori, con procura generale a gestire in piena autonomia sino alla cessazione della carica di governo.
      L'articolo 13 detta norme per disciplinare la posizione del titolare di carica di governo in conflitto di interessi nel tempo che intercorre tra l'invito dell'Autorità ad optare e l'opzione (o la mancata opzione nel termine), nonché nel tempo che occorre per il completamento delle operazioni finanziarie di alienazione delle partecipazioni o di separazione patrimoniale.
      L'articolo 14 chiarisce che per trust cieco, ai sensi del provvedimento in esame, si intende quel trust nel quale il trustee ha la più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni in trust, mentre i beneficiari ne possono avere solo una conoscenza quantitativa.
      L'articolo 15 disciplina il trust cieco eventualmente istituito dal titolare della carica di governo per superare il conflitto di interessi di cui all'articolo 12. Ad esso si applica la legge straniera in materia da lui stesso scelta, d'intesa con l'Autorità e nei limiti della Convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento. Tale previsione è motivata naturalmente dal fatto che l'ordinamento italiano non reca una propria disciplina dell'istituto.
      In ogni caso, la legge straniera prescelta dal titolare della carica di governo deve essere compatibile con l'ordinamento italiano e con il provvedimento in esame; il trust non deve eludere le finalità del provvedimento in esame e deve essere riconosciuto dallo Stato italiano; l'atto istitutivo del trust deve recare alcuni elementi obbligatori, indicati al comma 5.
      Al fine di garantire l'invisibilità (o cecità) della gestione del trustee e la sua serietà ed affidabilità, sono puntualmente individuati requisiti, obblighi e facoltà del trustee. Tra l'altro, è previsto che le comunicazioni tra il titolare della carica di Governo e il trustee debbano avvenire necessariamente per iscritto e con l'autorizzazione e la mediazione dell'Autorità. È espressamente previsto che il trustee risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile, ferme restando ulteriori ipotesi di responsabilità accertate dall'autorità giudiziaria, e sono stabilite sanzioni specifiche, come la revoca o l'interdizione perpetua dall'attività di trustee ai sensi della presente proposta di legge.
      L'articolo 16 chiarisce che le disposizioni sul trust cieco non si applicano ai beni di fruizione che il titolare della carica di governo è tenuto a dichiarare ai sensi dell'articolo 8, comma 4: si tratta dei beni mobili iscritti in pubblici registri e dei beni immobili di valore superiore a 50 mila euro di cui fruiscono, senza esserne proprietari, il titolare della carica di governo o i congiunti.
      L'articolo 17 reca disposizioni volte a disciplinare sotto il profilo tributario e fiscale le operazioni di dismissione di strumenti finanziari o di conferimento di beni in un trust cieco compiute in attuazione di disposizioni del provvedimento in esame.
      Il capo IV (articoli 18, 19 e 20) reca sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni degli obblighi di dichiarazione e degli obblighi di astensione.
      Il capo V tratta del conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali e locali.
      L'articolo 21 delega il Governo a dettare, con propri decreti legislativi, una disciplina idonea a prevenire e sanzionare il conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali e locali.
      Per quanto riguarda lo specifico punto delle incompatibilità dei titolari di cariche di governo regionali, l'articolo 22 si limita a stabilire i principi fondamentali, demandando la disciplina di dettaglio alla legislazione regionale, nel rispetto dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione.
 

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      Il capo VI interviene in materia di sostegno privilegiato nel settore delle comunicazioni, delle telecomunicazioni, dell'editoria, anche a mezzo internet.
      L'articolo 23 demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di vigilare sulle campagne elettorali nazionali, regionali e locali.
      L'Autorità verifica che i candidati alle cariche di Presidente del Consiglio, di presidente di regione o di provincia e di sindaco di comuni con più di 15 mila abitanti non ricevano un sostegno privilegiato da imprese operanti nel settore della comunicazione, delle telecomunicazioni e dell'editoria anche a mezzo internet che facciano capo a loro, ai coniugi, ai parenti entro il secondo grado o a persone ad essi soggette ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 287 del 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
      L'Autorità verifica inoltre che le imprese operanti nei predetti settori assicurino la par condicio dei candidati alle cariche di governo e si astengano quindi da atti idonei a falsare la campagna elettorale incidendo sul risultato.
      Ove accerti comportamenti in violazione di tali precetti, l'Autorità diffida l'impresa dal persistere e le impone di adottare misure correttive. In caso di inottemperanza, irroga le sanzioni appositamente previste.
      L'Autorità sorveglia l'attività delle imprese in questione anche nel periodo successivo alla campagna elettorale, fino all'applicazione delle disposizioni in materia di trust cieco.
      L'articolo 24 demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di vigilare sull'attività delle imprese operanti nel settore radiotelevisivo nazionale anche al di fuori delle campagne elettorali per verificare che non forniscano un sostegno privilegiato ai titolari di cariche di governo, monitorando la programmazione per accertare eventuali squilibri di informazione a favore di questi ultimi. Nel qual caso dispone la diffusione di rettifiche o adotta altre misure di ripristino dell'equilibrio tra le parti politiche.
      Il capo VII provvede alla copertura finanziaria del provvedimento (articolo 25); individua la giurisdizione competente e la legislazione fiscale da applicarsi (articolo 26); detta disposizioni transitorie e finali (articolo 27); dispone le necessarie abrogazioni (articolo 28) e stabilisce la data di entrata in vigore delle norme (articolo 29).

Luciano VIOLANTE, Relatore.

 

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PARERE DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE

        Il Comitato per la legislazione,

            esaminata la proposta di legge n. 1318, come modificata nel corso dell'esame presso la Commissione di merito, e rilevato che:

              essa reca, all'articolo 21, una delega legislativa al Governo per l'adozione, entro il termine di due mesi dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, di una normativa in materia di conflitti di interessi applicabile agli organi di Governo delle autonomie territoriali;

              presenta un contenuto omogeneo, volto a disciplinare la complessiva materia del conflitto di interessi relativo a titolari di cariche di Governo, anche con riguardo all'attività dei mezzi di informazione ad essi afferenti, affidando i relativi poteri di vigilanza, di regolazione e di sanzione a due diverse autorità indipendenti (specificatamente, la costituenda Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione - in luogo del soppresso Alto Commissariato - e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni);

              contiene alcune espressioni dal significato incerto che andrebbero, ove possibile, riformulate in termini più chiari (ad esempio, l'articolo 9 esclude l'incompatibilità della carica di Governo con «l'esercizio di attività professionali, o di lavoro autonomo, anche in forma associata o societaria, di consulenza e arbitrali, anche se non retribuite (...) estranee alla carica di Governo ricoperta»; l'articolo 12 adotta l'espressione «concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di Governo nel medesimo settore di mercato, superiore a dieci milioni di euro»; l'articolo 14, comma 5, lettera c), richiama impropriamente «l'Albo dei gestori» senza specificare a quale albo si faccia riferimento; l'articolo 23 prende in esame l'attività di imprese operanti nel settore dell'informazione che «facciano capo» a candidati impegnati in campagne elettorali);

              reca, altresì, riferimenti normativi interni imprecisi o incompleti (ad esempio, l'articolo 12, comma 1, nel rinviare all'articolo 8, richiama il solo comma 7; l'articolo 20, comma 4, non indica con precisione a quale sanzione indicata nel medesimo articolo si intenda fare riferimento; il comma 1 dell'articolo 21 richiama il solo comma 2 e non anche il comma 3 del medesimo articolo);

              la tecnica della novellazione - all'articolo 7, comma 3 - non è utilizzata conformemente a quanto previsto dalla circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio

 

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del 20 aprile 2001, al punto 9), secondo cui l'unità minima di testo da sostituire con una novella dovrebbe essere il comma (o comunque un periodo o una lettera), anche nel caso in cui si modifichi una singola parola, per consentire una più agevole comprensione della modifica;

              ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni,

      sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

          all'articolo 21 - ove si delega il Governo ad emanare (rectius: adottare) una disciplina che estenda le regole in materia di conflitto di interessi anche agli organi di governo delle autonomie territoriali, «secondo i princìpi ed i criteri desumibili dalla presente legge» - si proceda ad esplicitare le linee essenziali alle quali il legislatore delegato è tenuto ad ispirarsi, eventualmente richiamando espressamente singoli articoli o istituti giuridici disciplinati dal provvedimento in esame, con particolare riguardo alla formulazione di meccanismi sanzionatori relativi agli organi di governo regionali di cui al comma 1, lettera b);

          si provveda inoltre a coordinare il termine di esercizio della delega («entro due mesi dalla pubblicazione»), peraltro estremamente ridotto, con il momento di entrata in vigore della legge fissato all'articolo 29 («decorsi centoventi giorni dalla sua pubblicazione»), al fine di evitare che il termine possa spirare prima ancora che la disposizione di delega acquisti efficacia.

      Il Comitato osserva altresì quanto segue:

      sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

          all'articolo 14, comma 2 - secondo cui «la legge regolatrice scelta deve essere compatibile con l'ordinamento italiano e con la presente legge» - dovrebbe valutarsi l'opportunità di sostituire il principio della compatibilità tra legge straniera e ordinamento italiano con il diverso criterio della prevalenza dell'ordinamento interno sulla singola disposizione estera, ove quest'ultima confligga con i princìpi dell'ordinamento interno;

          all'articolo 27, comma 3, ed all'articolo 28, comma 1, lettera a) - ove si interviene rispettivamente a sopprimere l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, nonché ad abrogare quasi integralmente la legge 20 luglio 2004, n. 215 - dovrebbe valutarsi l'opportunità di procedere ad una generale abrogazione delle disposizioni esistenti, coordinando i contenuti che si intende far sopravvivere con il provvedimento in esame;

 

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      sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

          all'articolo 3 - ove si definiscono i requisiti di elezione e nomina dei membri dell'Autorità - dovrebbe valutarsi l'opportunità di coordinare il comma 9, lettera d), con quanto previsto dalla lettera e) del comma 5: la prima disposizione impone infatti un obbligo di astensione per i membri dell'Autorità che abbiano avuto nei due anni precedenti rapporti di lavoro, anche come consulenti, con il titolare della carica di Governo o con società o imprese in cui lo stesso detenga partecipazioni rilevanti, mentre la seconda disposizione vieta per i medesimi soggetti la possibilità di essere nominati o eletti membri dell'Autorità medesima;

              all'articolo 9, comma 8, ultimo periodo - ove si determina il momento a partire dal quale opera l'obbligo di astensione del titolare di cariche di Governo che si trovi in una situazione di incompatibilità - dovrebbe chiarirsi se si intenda fare riferimento, alla comunicazione con cui l'Autorità comunica le situazioni di incompatibilità all'interessato ovvero, come sembra desumersi, allo spirare del termine indicato nella comunicazione medesima;

              al medesimo articolo, ai commi 10 e 11 - ove si disciplina l'ipotesi in cui non siano superate le condizioni di incompatibilità - dovrebbe riformularsi la disposizione al fine di estenderne l'applicazione anche agli altri destinatari della norma (ovvero Presidente, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e commissario straordinario del Governo), nonché di chiarire se la nullità e l'inefficacia riguardi i soli atti posti in essere successivamente ovvero tutti gli atti compiuti sino a quel momento dal titolare della carica di Governo; dovrebbe altresì valutarsi l'opportunità di uniformare le espressioni utilizzate in altre parti del testo per regolare analoghe situazioni (articolo 10, commi 6 e 7; articolo 12, commi 20 e 21), che sono attualmente disciplinate con espressioni simili ma non coincidenti: gli articoli 10 e 12 prevedono infatti anche la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della comunicazione dell'Autorità e il solo articolo 10 prevede che sia data notizia, mediante pubblicazione, anche «degli effetti giuridici che ne conseguono»;

              all'articolo 13, comma 1 - ove si dispone la sospensione del diritto di voto connesso a partecipazioni azionarie o quote di società - dovrebbe valutarsi l'opportunità di precisare se tale effetto consegua esclusivamente al possesso di «partecipazioni rilevanti», come definite dall'articolo 12;

              all'articolo 14 - ove si disciplina la figura del trustee - dovrebbe valutarsi l'opportunità di coordinare la previsione secondo cui esso è persona giuridica, costituita in forma di società (lettere a) e b) del comma 6), con le disposizioni che ipotizzano una responsabilità penale, cui consegue l'obbligo di dimissioni (lettera f) del comma 7) nonché una responsabilità patrimoniale modellata sull'articolo 2740 del codice civile (comma 10);

              all'articolo 26 - ove si dispone in materia di giurisdizione - dovrebbe verificarsi se la competenza esclusiva dell'autorità giudiziaria

 

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italiana, ivi prevista, sia coerente con il comma 10 dell'articolo 14, che richiama «in materia di attribuzione della giurisdizione», la disposizione di cui all'articolo 17, comma 3, della Convenzione firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968, ratificata ai sensi della legge 21 giugno 1971, n. 804.


PARERE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE
(Giustizia)

        La II Commissione,

            esaminato il nuovo testo in oggetto,

                rilevato che:

            a) all'articolo 8, al fine di tutelare la privacy di soggetti diversi dal titolare e non appartenenti alle categorie previste dal comma 2 dell'articolo 2, sarebbe opportuno prevedere che l'Autorità possa non rendere pubblici quei documenti depositati che riguardino posizioni beneficiarie spettanti a soggetti diversi da quelli previsti dai commi 1 e 2 dell'articolo 2, i quali risultino negli eventuali trust dei quali il titolare faccia parte, o abbia istituito, ai sensi di una legge diversa da quella che disciplina il conflitto di interessi;

            b) all'articolo 14, commi 6, lettera r), e 7, lettera f), è fatto riferimento ad ipotesi di responsabilità penali del trustee, nonostante che si tratti, ai sensi del comma 6, lettera a), di una persona giuridica, costituita in forma di società di capitali, che, quale ente giuridico, non è assoggettabile a responsabilità penale;

            c) ai sensi dell'articolo 14, comma 7, lettera f), il trustee ha l'obbligo di dimissioni nel caso di avvio di un procedimento penale (sul punto si rinvia alla precedente lettera b)) o civile, per cui, al fine di evitare il rischio di strumentalizzazioni della disposizione in esame, potrebbe essere opportuno sopprimere tale obbligo di dimissioni, considerato che comunque la finalità della disposizione sarebbe comunque conseguita per mezzo di provvedimenti giudiziari di natura cautelare;

            d) ai sensi dell'articolo 26, per le controversie nelle materie disciplinate dal provvedimento in esame, la competenza esclusiva è dell'autorità giudiziaria italiana anche quando il trustee ha sede o residenza al di fuori del territorio della Repubblica italiana, per cui occorre coordinare tale disposizione con l'articolo 14, comma 10, in base al quale alle controversie concernenti l'attività del gestore si

 

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applica, in materia di attribuzione della giurisdizione, la disposizione di cui all'articolo 17, comma 3, della Convenzione firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968, ratificata ai sensi della legge 21 giugno 1971, n. 804, secondo cui «se la clausola attributiva di competenza è stata stipulata a favore di una soltanto delle parti, questa conserva il diritto di adire qualsiasi altro giudice competente ai sensi della presente Convenzione»;

            e) all'articolo 20, comma 1, la sanzione amministrativa pecuniaria è sostanzialmente indeterminata essendo commisurata al vantaggio economico conseguito, in violazione del principio di legalità, la cui applicazione alle sanzioni amministrative è pacificamente riconosciuta;

            f) all'articolo 21, comma 1, lettera b), appaiono essere indeterminati i princìpi e criteri direttivi relativi all'apparato sanzionatorio della normativa delegata;

            per quanto attiene alle disposizioni di propria competenza

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        con le seguenti condizioni:

            1) all'articolo 14, commi 6, lettera r), e 7, lettera f), sia soppresso il riferimento ai procedimenti penali;

            2) le disposizioni in materia di competenza dell'autorità giudiziaria di cui agli articoli 14, comma 10, e 26, comma 1, siano tra loro coordinate;

            3) all'articolo 20, comma 1, sia specificata la sanzione amministrativa commisurata al vantaggio economico conseguito;

            4) all'articolo 21, comma 1, lettera b), siano precisati i princìpi e criteri direttivi relativi all'apparato sanzionatorio della normativa delegata ivi prevista;

        e con le seguenti osservazioni:

            a) all'articolo 8 la Commissione di merito valuti l'opportunità di inserire una disposizione volta a precisare che l'Autorità possa non rendere pubblici quei documenti che, depositati ai sensi del medesimo articolo, riguardino posizioni beneficiarie spettanti a soggetti diversi da quelli previsti dai commi 1 e 2 dell'articolo 2, che risultino negli eventuali trust dei quali il titolare faccia parte, o abbia istituito, ai sensi di una legge diversa da quella che disciplina il conflitto di interessi;

            b) all'articolo 14, comma 7, lettera f), la Commissione di merito valuti l'opportunità di sopprimere le parole «e quindi dimettersi dall'ufficio».

 

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PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(Bilancio, tesoro e programmazione)

        La V Commissione,

        sul nuovo testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito,

            preso atto dei chiarimenti del Governo secondo cui:

              il riferimento, di cui al comma 2 dell'articolo 4, al trattamento del personale della Banca d'Italia per quanto concerne il regime giuridico ed economico del personale dell'istituenda Autorità potrebbe non risultare congruo rispetto alla previsione di un limite di spesa determinato complessivamente in 1.700.000 euro annui;

              appare opportuno precisare, con riferimento al comma 4 dell'articolo 5, che la collaborazione delle amministrazioni e degli enti pubblici con l'Autorità avvenga senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

              dalle disposizioni in ordine al regime fiscale previste dall'articolo 17 non derivano effetti negativi in termini di minori entrate;

      considerato che:

              la previsione, di cui al comma 3 dell'articolo 4, della facoltà dell'Autorità di assumere direttamente dipendenti a contratto a tempo determinato, nonché quella relativa alla nomina del segretario generale, di cui al comma 6 del medesimo articolo, devono essere contenute entro il limite di spesa di cui al comma 4 dello stesso articolo;

              gli accantonamenti del Fondo speciale di parte corrente dei quali è previsto l'utilizzo per finalità di copertura recano le necessarie disponibilità;

      esprime

PARERE FAVOREVOLE

            nel presupposto che le risorse acquisite ai sensi dell'articolo 10, comma 7-bis, della legge n. 287 del 1990 risultino congrue sotto il profilo temporale e quantitativo, a far fronte agli oneri relativi al personale cui si fa riferimento alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 28;

      con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:

            all'articolo 4, comma 2, sopprimere le parole: «in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia»;

 

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            all'articolo 4, comma 3, premettere le seguenti parole: «Nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 4,»;

            all'articolo 4, comma 4, sostituire le parole: «commi 1, 2 e 3» con le seguenti: «commi 1, 2, 3 e 6»;

            all'articolo 4, comma 6, dopo le parole: «dal quale è nominato» inserire le seguenti: «, nel limite di spesa di cui al comma 4,»;

            all'articolo 5, comma 4, dopo le parole: «L'Autorità può chiedere» aggiungere le seguenti: «, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,»;

      con la seguente condizione:

            all'articolo 21, comma 1, dopo le parole: «sentite le Commissioni parlamentari competenti» inserire le seguenti: «per materia e per i profili di carattere finanziario»;

      e con la seguente osservazione:

            si valuti l'opportunità di precisare la destinazione delle risorse assegnate, a legislazione vigente, all'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione, di cui al comma 3 dell'articolo 27 si dispone la soppressione, e le cui competenze sono trasferite, in base al comma 2 dell'articolo 5, all'istituenda Autorità.


PARERE DELLA VI COMMISSIONE PERMANENTE
(Finanze)

        La VI Commissione,

            esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, il nuovo testo della proposta di legge n. 1318 Franceschini, recante norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito,

      esprime

PARERE FAVOREVOLE

      con le seguenti osservazioni:

            a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare la formulazione dell'articolo 3, comma 7, lettera e), dell'articolo 8, comma 1, lettera b), nonché dell'articolo 9, comma 1, lettera e), nel senso di aggiungere alle cariche contemplate nelle predette istituzioni, per le quali si prevedono obblighi di dichiarazione o incompatibilità,

 

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anche quelle di membro del Consiglio di gestione o di sorveglianza, al fine di tenere conto delle specificità delle nuove modalità di organizzazione degli organi societari introdotte dalla riforma del diritto societario;

            b) valuti la Commissione di merito, con riferimento alla formulazione dell'articolo 8, comma 2, lettera c), se la nozione di azione ivi contenuta non sia già compresa tra gli strumenti finanziari di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, richiamati dalla lettera e) del medesimo comma 2;

            c) valuti la Commissione di merito, con riferimento all'articolo 9, comma 3, l'opportunità di prevedere specifici strumenti volti a garantire l'autonomia degli institori, in considerazione del fatto che tali figure non risultano dotate, nell'attuale disciplina civilistica, della necessaria indipendenza rispetto all'imprenditore che li ha nominati;

            d) valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare, al comma 1 dell'articolo 14, la previsione secondo cui ai trust costituiti in ottemperanza alla legge si applica la sola legislazione straniera regolatrice del trust scelta dal disponente, onde evitare che tale esclusivo riferimento possa costituire un ostacolo alla eventuale, futura definizione di una disciplina nazionale in materia;

            e) con riferimento all'articolo 14, comma 5, lettera c), valuti la Commissione di merito l'opportunità di eliminare la previsione secondo cui il trustee deve essere individuato «fra gli iscritti all'Albo dei gestori», anche in considerazione del fatto che il comma 6, lettera b), del medesimo articolo 14 prevede che il trustee stesso deve essere una società fiduciaria autorizzata ai sensi della legge n. 1966 del 1939;

            f) con riferimento all'articolo 14, comma 5, lettera f), valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che il tentativo di conciliazione, in caso di controversie relative al trust, sia esperito dinanzi ad un conciliatore nominato dall'Autorità tra gli organismi di conciliazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.


PARERE DELLA VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)

        La VII Commissione,

            esaminato il nuovo testo della proposta di legge n. 1318, recante: «Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di governo. Delega al Governo per l'integrazione del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di conflitti di interessi degli amministratori locali. Princìpi in materia di conflitti di

 

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interessi dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali», come risultante dagli emendamenti;

            premesso che la copertura finanziaria del provvedimento in esame grava sui capitoli di bilancio dei Ministeri dell'università e della ricerca e per i beni e le attività culturali, dicasteri che risultano già avere limitate disposizioni finanziarie;

      esprime

PARERE FAVOREVOLE

      con la seguente condizione:

            appare necessario che la Commissione di merito individui una copertura finanziaria che non gravi sui bilanci dei Ministeri dell'università e della ricerca e per i beni e le attività culturali.


PARERE DELLA IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporto, poste e telecomunicazioni)

        La IX Commissione,

            esaminato il nuovo testo della proposta di legge n. 1318, in materia di conflitto di interessi

            esprime

PARERE FAVOREVOLE

      con la seguente osservazione:

            tenuto conto che l'articolo 2 del provvedimento in oggetto individua, in via generale, quali destinatari delle disposizioni relative al conflitto di interessi, oltre al titolare di una carica di Governo, anche altri soggetti investiti di cariche pubbliche a livello regionale, provinciale e comunale, valuti la Commissione di merito l'opportunità di verificare la congruità di quanto invece disposto dall'articolo 24, comma 1, che limita l'applicazione delle disposizioni relative al sostegno privilegiato da parte di imprese radiotelevisive e di comunicazione ai soli titolari di cariche di Governo.

 

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PARERE DELLA X COMMISSIONE PERMANENTE
(Attività produttive, commercio e turismo)

        La X Commissione,

            esaminato il testo della proposta di legge n. 1318 contenente norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo, delega al Governo per l'integrazione del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di conflitti di interessi degli amministratori locali, princìpi in materia di conflitti di interessi dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali;

            considerata l'importanza delle norme contenute nella proposta di legge, che intervengono in una materia delicata quale è quella delle possibili situazioni di conflitti di interesse in cui possono versare soggetti che rivestono cariche pubbliche;

            valutata positivamente l'istituzione dell'Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, prevista dall'articolo 3 del provvedimento nonché le disposizioni che tendono a far sì che l'Autorità stessa operi in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione;

            in considerazione della rilevanza delle disposizioni contenute negli articoli da 12 a 16, che perseguono - tra gli altri - l'obiettivo di evitare che si realizzino turbative della concorrenza e di tutelare il libero mercato;

            esprime

PARERE FAVOREVOLE


PARERE DELLA XI COMMISSIONE PERMANENTE
(Lavoro pubblico e privato)

PARERE FAVOREVOLE
 

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TESTO
della proposta di legge n. 1318
torna su
TESTO
della Commissione
Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell'Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi. Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo. Delega al Governo per l'emanazione di norme in materia di conflitti di interessi di amministratori locali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali.
 
Capo I
PRINCÌPI GENERALI
 
Art. 1.
(Esclusiva cura degli interessi pubblici).
        1. I titolari di cariche pubbliche, nell'esercizio delle loro funzioni, sono tenuti ad operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati.
        2. I titolari di cariche pubbliche hanno l'obbligo generale di astenersi dalla partecipazione a qualunque decisione che possa specificamente incidere sulla situazione patrimoniale propria o del coniuge non legalmente separato o dei propri parenti o affini entro il secondo grado, o di altri soggetti a loro legati da rapporti di interesse, recando ad essi un vantaggio economico rilevante e differenziato rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento.
      3. I titolari di cariche pubbliche hanno altresì l'obbligo di astenersi dalla partecipazione a qualunque decisione che possa specificamente incidere sulla situazione patrimoniale di persone con loro stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico, recando ad esse un vantaggio economico rilevante e differenziato rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento.

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Art. 2.
(Conflitto di interessi).
 

      1. Ai fini della presente legge, sussiste conflitto di interessi in tutti i casi in cui il titolare di una carica di Governo, ovvero il presidente di una regione, il componente di una giunta regionale, il presidente o il componente di una giunta provinciale, il sindaco o il componente della giunta di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti è titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.

        2. Sussiste altresì conflitto di interessi nei casi in cui il coniuge non legalmente separato o i parenti o affini entro il secondo grado del titolare di una carica di Governo, ovvero del presidente di una regione, del componente di una giunta regionale, del presidente o del componente di una giunta provinciale, del sindaco o del componente della giunta di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o la persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico siano titolari di interessi economici privati che possano condizionarlo nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o che possano alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.
        3. Sussiste altresì conflitto di interessi in tutti i casi in cui il titolare di una carica di Governo, ovvero il presidente di una regione, il componente di una giunta regionale, il presidente o il componente di una giunta provinciale, il sindaco o il componente della giunta di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti è preposto, in qualità di rappresentante, amministratore, curatore, gestore, procuratore, consulente, o in altra posizione analoga, comunque denominata, alla cura di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.

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Capo II
AUTORITÀ PER LA PREVENZIONE DEI CONFLITTI DI INTERESSI E DELLE FORME DI ILLECITO ALL'INTERNO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
      (V. articolo 5).
Art. 3.
(Istituzione dell'Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione).
 

      1. È istituita l'Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, di seguito denominata «Autorità», con sede in Roma.

        2. L'Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione; è organo collegiale composto da cinque membri, dei quali due sono eletti dal Senato della Repubblica, due dalla Camera dei deputati, uno, con funzione di presidente, è nominato dai Presidenti del Senato e della Camera, d'intesa tra loro.
        3. L'elezione da parte di ciascuna Camera ha luogo a scrutinio segreto, con voto limitato a uno. Sono eletti i due candidati che hanno riportato il maggior numero di voti.
        4. Possono far parte dell'Autorità i professori universitari ordinari in materie giuridiche ed economiche, i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie e amministrative e gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione.
        5. Non possono essere eletti o nominati membri dell'Autorità:
          a) coloro che ricoprano o abbiano ricoperto nei due anni precedenti una carica di Governo;
            b) coloro che ricoprano o abbiano ricoperto nei due anni precedenti una delle altre cariche di cui all'articolo 2, comma 1;

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            c) coloro che siano stati condannati per delitto non colposo con sentenza definitiva passata in giudicato;
            d) coloro che siano coniugi, parenti o affini fino al secondo grado di uno dei titolari di una delle cariche di cui all'articolo 7;
            e) coloro che abbiano ricoperto il ruolo di trustee, di consulenti di uno dei titolari delle cariche di Governo o del coniuge anche separato, di parenti o affini entro il secondo grado, delle persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico, o abbiano ricoperto ruoli negli enti controllati da uno dei titolari di cariche di Governo o da coniuge anche separato, da parenti o affini entro il secondo grado, dalle persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.
        6. Nel caso in cui una delle situazioni di cui alla lettera d) del comma 5 venga a realizzarsi nel corso dell'esercizio del mandato del membro dell'Autorità, qualora il medesimo non ritenga di rassegnare le dimissioni, si applica in ogni caso la disposizione di cui al comma 9.
        7. I membri dell'Autorità, durante il loro mandato, non possono, a pena di decadenza:
          a) ricoprire qualunque altra carica o ufficio pubblico;
            b) assumere qualunque impiego pubblico o privato;
            c) esercitare attività professionali, anche in forma associata o societaria, e di consulenza, nonché funzioni arbitrali, anche se non retribuite;
            d) esercitare attività imprenditoriali;
            e) assumere le funzioni di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o membro del consiglio di gestione o di sorveglianza, nonché analoghe funzioni comunque denominate, in imprese o società

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  pubbliche o private, in fondazioni o in enti di diritto pubblico, anche economici;
            f) ricoprire cariche all'interno di organismi di partiti o movimenti politici, o di associazioni sindacali o di categoria;
            g) candidarsi in elezioni o sostenere pubblicamente candidati in elezioni.
        8. I dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa, o nell'analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza e secondo le medesime norme, con decorrenza dal giorno dell'effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della propria posizione professionale e di carriera. Dopo l'elezione o la nomina a membro dell'Autorità possono essere percepiti compensi o indennità esclusivamente per attività prestate in precedenza, e comunque soltanto quando essi risultino determinati in misura fissa dalla legge o da un atto regolamentare o siano già stati esattamente fissati dall'accordo sottoscritto dalle parti, recante data certa precedente all'assunzione della carica.
        9. I membri dell'Autorità sono tenuti ad astenersi dal partecipare a qualunque decisione relativa ad uno dei soggetti di cui all'articolo 7 quando:
          a) siano con il medesimo in rapporti di coniugio, parentela o affinità fino al quarto grado, o siano suoi conviventi;
            b) abbiano, o siano coniuge, parente o affine di secondo grado o convivente di chi ha, una lite pendente con il medesimo;
            c) abbiano, o siano coniuge, parente o affine di secondo grado o convivente di chi ha, un rapporto di debito o credito con il medesimo;
            d) abbiano avuto nei due anni precedenti rapporti di lavoro, anche come liberi professionisti, con il medesimo o con società o imprese in cui lo stesso detenga partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
        10. Sull'astensione decide l'Autorità, in assenza del membro della cui astensione si

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  discute. La decisione è presa su richiesta di uno dei membri dell'Autorità o dell'interessato dalla decisione.
        11. Ciascun membro dell'Autorità dura in carica sette anni e il suo mandato non è rinnovabile. Il mandato è prorogato fino all'elezione del membro chiamato a sostituirlo. Nel caso in cui uno dei membri dell'Autorità cessi per qualunque motivo dall'esercizio delle sue funzioni è sostituito da un altro scelto con le stesse modalità con cui era stato scelto quello di cui si provvede alla sostituzione.
        12. Nei due anni successivi alla cessazione del mandato, i membri dell'Autorità non possono ricoprire le seguenti cariche o uffici pubblici:
          a) parlamentare italiano o europeo;
            b) titolare di una carica di Governo;
            c) giudice costituzionale;
            d) componente del Consiglio superiore della magistratura, salvo che ne faccia parte di diritto;
            e) componente di altra Autorità indipendente;
            f) Governatore o direttore generale della Banca d'Italia;
            g) capo di dipartimento di Ministero, segretario generale di Ministero, direttore generale di Ministero o Agenzia del Governo;
            h) componente del consiglio di amministrazione di aziende pubbliche o a partecipazione prevalentemente pubblica;
            i) presidente di regione o provincia autonoma, nonché componente dei relativi consigli o giunte;
            l) presidente di provincia o sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
 

      13. L'Autorità adotta il proprio regolamento di organizzazione entro trenta giorni dalla data della sua prima riunione, a maggioranza dei componenti. Le deliberazioni dell'Autorità non sono valide se non sono presenti almeno quattro componenti.


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  Esse sono adottate a maggioranza dei presenti, senza che, in ogni caso, risultino le eventuali opinioni in dissenso. In caso di parità di voto, prevale il voto del presidente.
        14. Il trattamento economico dei membri dell'Autorità è equiparato al trattamento complessivo annuo lordo dei magistrati con funzione di presidente di sezione della Corte di cassazione.
        15. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
 

Art. 4.
(Funzioni e poteri dell'Autorità).

      (V. articolo 6).

      1. L'Autorità esercita tutte le funzioni e i poteri previsti dalla presente legge, al fine di prevenire ed eventualmente sanzionare i conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo di cui all'articolo 7.

        2. L'Autorità svolge altresì le funzioni attribuite all'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, istituito dalla legge 16 gennaio 2003, n. 3, nel rispetto delle competenze regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con i poteri e i limiti dell'Alto Commissario, ferma l'indipendenza dal Presidente del Consiglio dei ministri.
      (V. articolo 12, comma 4).       3. Ogni provvedimento assunto nell'esercizio delle funzioni e dei poteri attribuiti all'Autorità dalla presente legge deve essere motivato.
      (V. articolo 12, comma 1).       4. L'Autorità può chiedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a qualunque organo della pubblica amministrazione, ad ogni ente pubblico, ad ogni società pubblica o privata, le notizie e i dati necessari per l'esercizio delle funzioni e dei poteri ad essa attribuiti dalla presente legge.
      (V. articolo 12, comma 2).       5. L'Autorità si avvale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un apposito nucleo del Corpo della guardia di finanza e della collaborazione di amministrazioni

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  ed enti pubblici, per l'espletamento delle indagini, delle verifiche e degli accertamenti che ritiene necessari ai fini dell'esercizio delle funzioni e dei poteri ad essa attribuiti dalla presente legge.
        6. L'Autorità può altresì consultare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le altre Autorità di settore, ai fini dell'esercizio delle funzioni e dei poteri ad essa attribuiti dalla presente legge.
      (V. articolo 12, comma 3).       7. Le procedure relative alle attività svolte dall'Autorità, idonee a garantire a tutti gli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione, sono stabilite con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata sulla base di uno schema predisposto dall'Autorità, e sentite le competenti Commissioni parlamentari che si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione dello schema.
        8. L'Autorità presenta al Parlamento una relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza di cui alla presente legge.
 

Art. 5.
(Personale dell'Autorità).

      (V. articolo 5, commi 4 e 5).

      1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, è istituito un apposito ruolo del personale dipendente dell'Autorità. Il numero dei posti previsti dalla pianta organica non può eccedere le cinquanta unità. L'assunzione del personale avviene per pubblico concorso.

        2. Il decreto di cui al comma 1 stabilisce, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 4, il trattamento giuridico ed economico del personale e l'ordinamento delle carriere, tenuto conto delle specifiche

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  esigenze funzionali e organizzative dell'Autorità.
        3. Nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 4, l'Autorità può assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, disciplinato dalle norme di diritto privato, in numero non superiore a venti unità.
        4. Per l'attuazione dei commi 1, 2, 3 e 6 è autorizzata la spesa di 1.700.000 euro per ciascuno degli anni 2007, 2008, 2009.
        5. L'Autorità può avvalersi, quando lo ritenga necessario, della consulenza di esperti, nel limite massimo di spesa di 300.000 euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
        6. Al funzionamento dei servizi e degli uffici dell'Autorità sovrintende il segretario generale, che ne risponde al presidente, dal quale è nominato, nei limiti di spesa di cui al comma 4, sentiti tutti i membri dell'Autorità stessa.
        7. Le spese di funzionamento dei servizi e degli uffici dell'Autorità sono poste a carico di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei conti. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
 

Art. 6.
(Giurisdizione competente e termini per le impugnazioni).

      (V. articolo 12, comma 5).

      1. Gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dall'Autorità sono impugnabili esclusivamente dinanzi alla corte d'appello di Roma. Il collegio giudicante è composto dal presidente della corte d'appello, che lo presiede, e da due giudici estratti a sorte ogni quattro anni tra i presidenti delle sezioni civili. La corte d'appello decide in camera di consiglio, entro venti giorni dal deposito dell'impugnazione.


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        2. La decisione della corte d'appello è impugnabile con ricorso alla Corte di cassazione. Il collegio giudicante è composto dal presidente della Corte di cassazione, che lo presiede, e da due giudici estratti a sorte ogni quattro anni tra i presidenti delle sezioni civili. Il ricorso è deciso entro venti giorni dal deposito dell'impugnazione.
        3. Avverso i provvedimenti dell'Autorità e le decisioni della corte d'appello, gli interessati possono proporre impugnazione entro venti giorni dalla data di notifica.
        4. Qualora il Governo abbia sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della decisione dell'autorità giudiziaria, la Corte costituzionale decide entro venti giorni.
 

Capo III
PREVENZIONE DELLE SITUAZIONI DI CONFLITTO DI INTERESSI DEI TITOLARI DI CARICHE DI GOVERNO

Art. 1.
(Ambito di applicazione).
Art. 7.
(Ambito soggettivo di applicazione).
 

      1. Le disposizioni del presente capo si applicano ai titolari di cariche di Governo.

      1. Agli effetti della presente legge per titolari delle cariche di Governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.       2. Agli effetti della presente legge, per titolari di cariche di Governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
        3. Al comma 3 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400, dopo le parole: «della nazione» sono aggiunte le seguenti: «, operando esclusivamente per la cura degli interessi pubblici».

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      (V. articolo 4).

Art. 8.
(Dichiarazioni).
 

      1. Entro venti giorni dall'assunzione di una delle cariche di cui all'articolo 7, il titolare della stessa dichiara all'Autorità:
          a) le cariche e gli uffici pubblici ricoperti;

            b) i propri impieghi pubblici o privati;
            c) la propria iscrizione in albi professionali;
            d) le cariche di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o membro del consiglio di gestione o di sorveglianza, nonché analoghe cariche comunque denominate, ricoperte in imprese o società pubbliche o private, in fondazioni ed in enti di diritto pubblico, anche economici. Nella dichiarazione si dovranno indicare le cariche in atto al momento dell'assunzione della carica di Governo e quelle cessate nei dodici mesi precedenti.
 

      2. Entro venti giorni dall'assunzione di una delle cariche di cui all'articolo 7, il titolare della stessa è tenuto a depositare all'Autorità una dichiarazione in cui sono indicati:
          a) i diritti reali su beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri;

            b) la titolarità di imprese individuali;
            c) le quote di partecipazione in società;
            d) le partecipazioni in associazioni o società di professionisti;
            e) gli strumenti finanziari di cui all'articolo 1, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni;
            f) i trust di cui sia disponente, beneficiario, trustee o guardiano;
            g) ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi, al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dell'incarico pubblico, un impiego o attività di qualunque natura.

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        3. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 si riferiscono anche agli incarichi e alle attività, ivi indicati, svolti all'estero.
        4. Alla dichiarazione indicata nel comma 2 è allegata una copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sulle persone fisiche, nonché un elenco dei beni mobili iscritti in pubblici registri o immobili di valore superiore a 50.000 euro che il titolare della carica dichiara essere destinati alla fruizione propria o del coniuge, dei parenti e degli affini entro il secondo grado, nonché delle persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.
        5. Entro venti giorni dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, i titolari delle cariche di cui all'articolo 7 sono tenuti a depositare presso l'Autorità una copia della dichiarazione stessa.
        6. Ogni variazione degli elementi della dichiarazione di cui al comma 2 dovrà essere comunicata, attraverso apposita dichiarazione integrativa, dal titolare di una delle cariche di cui all'articolo 7 all'Autorità entro venti giorni dalla sua realizzazione, salvo che si riferisca a beni conferiti ad un trust a norma della presente legge.
        7. Entro i venti giorni successivi alla cessazione della carica pubblica, i soggetti di cui all'articolo 7 sono tenuti a presentare all'Autorità una dichiarazione concernente ogni variazione degli elementi della dichiarazione di cui al comma 2 del presente articolo, intervenuta nel periodo compreso tra l'ultima dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 6 del presente articolo e la cessazione della carica pubblica, salvo che i predetti beni siano stati conferiti in un trust a norma della presente legge.
        8. Le dichiarazioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 devono essere presentate all'Autorità, entro i medesimi termini, anche dal coniuge, da parenti e affini entro il secondo grado del titolare della carica di Governo e dalle persone con esso stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.

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        9. Le dichiarazioni e comunicazioni indicate nei commi precedenti sono effettuate sulla base di modelli predisposti dall'Autorità.
        10. L'Autorità può compiere accertamenti sulla veridicità e sulla completezza delle dichiarazioni attraverso il nucleo del Corpo della guardia di finanza di cui all'articolo 4, comma 5.
        11. In qualsiasi momento l'Autorità può acquisire d'ufficio tutti gli elementi giudicati utili alla conoscenza degli interessi economici e patrimoniali dei soggetti di cui ai commi 1 e 8 avvalendosi del nucleo del Corpo della guardia di finanza di cui all'articolo 4, comma 5.
        12. Tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l'elezione della Camera dei deputati hanno diritto di conoscere le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 facendone richiesta scritta all'Autorità. Entro centoventi giorni dalla sua prima riunione, la medesima Autorità stabilisce le regole per facilitare l'accesso degli aventi diritto alla suddetta documentazione.
        13. L'Autorità può non rendere pubblici i documenti che, depositati ai sensi del presente articolo, riguardino posizioni beneficiarie spettanti a soggetti diversi dal titolare della carica di Governo che risultino negli eventuali trust dei quali il titolare faccia parte, o che abbia istituito, ai sensi di una legge diversa da quella che disciplina il conflitto di interessi.
 
Art. 9.
(Astensione).
        1. Esaminate le dichiarazioni di cui all'articolo 8, l'Autorità, se rileva che uno dei soggetti di cui all'articolo 7, nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite, può prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni, che, pur destinati alla generalità o ad intere categorie di soggetti, sono tali da produrre, nel patrimonio dello stesso o di uno dei soggetti di cui al comma 8 dell'articolo 8, un

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  vantaggio economicamente rilevante e differenziato, ancorché non esclusivo, rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento, informa il medesimo soggetto della rilevata ricorrenza, nei suoi confronti, dell'obbligo di astensione, fatta salva in ogni caso l'applicabilità delle misure di cui all'articolo 12.
       2. Fatta comunque salva la necessità dell'applicazione delle misure di cui all'articolo 12, l'Autorità procede ai sensi del comma 1 del presente articolo anche se rileva che uno dei soggetti di cui all'articolo 7, nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite, può prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni, destinati a ristrette categorie di soggetti nelle quali il medesimo rientra, tali da produrre, nel patrimonio dello stesso o di uno dei soggetti di cui al comma 8 dell'articolo 8, un vantaggio economicamente rilevante.
      3. Indipendentemente dalle comunicazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, il titolare della carica di Governo soggiace comunque al generale obbligo di astensione di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, ove ne ricorrano i presupposti.
        4. Quando il titolare di una delle cariche di cui all'articolo 7 dubiti della sussistenza dell'obbligo di astensione nel caso specifico, ovvero ritenga comunque di poter essere in conflitto di interessi nell'adozione di una decisione o nella partecipazione a una deliberazione, è tenuto a investire immediatamente della questione l'Autorità.
      5. L'Autorità deve pronunciarsi, con propria deliberazione, entro i cinque giorni successivi al ricevimento della richiesta, trascorsi i quali l'interessato può ritenersi esente da ogni obbligo di astensione. In pendenza del termine per la decisione, colui che ha investito l'Autorità della questione è in ogni caso tenuto ad astenersi.
        6. Le deliberazioni con cui l'Autorità stabilisce i casi in cui il titolare di una delle cariche di cui all'articolo 7 è tenuto ad astenersi sono comunicate dall'Autorità stessa ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri perché ne informi il Consiglio dei ministri.
        7. L'obbligo di astensione non opera, in ogni caso, nell'adozione di atti dovuti.

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Art. 2.
(Incompatibilità).

Art. 10.
(Incompatibilità generali).

      1. È incompatibile con le cariche di Governo ogni impiego pubblico e privato, nonché ogni carica o ufficio pubblico diversi dal mandato parlamentare e non inerenti alla funzione svolta. I dipendenti pubblici e privati che assumono cariche di Governo sono collocati in aspettativa con decorrenza dal giorno del giuramento, e comunque dall'effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della propria posizione professionale e di carriera. Si applicano le disposizioni concernenti l'aspettativa per mandato parlamentare vigenti nei rispettivi ordinamenti.
      2. I titolari delle cariche di Governo non possono esercitare, anche per interposta persona, attività imprenditoriali, né ricoprire in enti di diritto pubblico, anche economici, in imprese o società a prevalente partecipazione pubblica, in imprese che hanno rapporti di concessione con pubbliche amministrazioni, in enti soggetti al controllo pubblico nonché in imprese o enti privati, aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività imprenditoriali, funzioni di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o revisore, né analoghe funzioni di responsabilità comunque denominate, ovvero assumere, per tali enti e imprese, incarichi di consulenza e incarichi arbitrali di qualsiasi natura. Essi cessano dai predetti incarichi e funzioni a decorrere dal giorno del giuramento e non possono, per la durata della carica di Governo, percepire alcuna forma di retribuzione né fruire di alcun vantaggio relativi a tali incarichi o funzioni.
      3. I titolari delle cariche di Governo iscritti ad albi o elenchi professionali non possono esercitare attività professionali, nemmeno in forma associata, in Italia o all'estero; in ragione di tali attività essi possono percepire unicamente proventi per prestazioni svolte prima dell'assunzione della carica.

      1. Le cariche di cui all'articolo 7 sono incompatibili con:
          a) qualunque carica o ufficio pubblico non ricoperto in ragione della funzione svolta. È ammesso soltanto il cumulo tra il mandato parlamentare e l'esercizio di una funzione di Governo;
          b) qualunque impiego pubblico o privato;
          c) l'esercizio di attività professionali, o di lavoro autonomo, anche in forma associata o societaria, di consulenza e arbitrali, anche se non retribuite, ad eccezione di quelle estranee alla carica di Governo ricoperta;
          d) l'esercizio di attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie;
          e) le cariche di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o membro del consiglio di gestione o di sorveglianza, nonché analoghe cariche comunque denominate, in imprese o società pubbliche o private, in fondazioni o in enti di diritto pubblico, anche economici.

      2. Sussiste incompatibilità anche quando le prestazioni, le attività e le cariche di cui al comma 1 sono svolte o ricoperte all'estero.
      3. L'imprenditore individuale, per evitare la dichiarazione di incompatibilità, d'intesa con l'Autorità, istituisce un trust ovvero provvede a nominare uno o più institori a norma degli articoli da 2203 a 2207 del codice civile, conferendo procura generale a gestire in piena autonomia sino alla cessazione dalla carica di Governo.
      4. L'incompatibilità prevista alla lettera d) del comma 1 del presente articolo non opera nei confronti di coloro che risultano essere piccoli imprenditori a norma dell'articolo 2083 del codice civile.
      5. L'incompatibilità prevista nei commi 1 e 2 perdura per dodici mesi dalla


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  cessazione dalla carica di Governo con riferimento ad attività o incarichi in enti o società aventi fine di lucro che operino in settori connessi con la carica ricoperta.
        6. I dipendenti pubblici e privati che assumano una delle cariche di cui all'articolo 7 sono collocati in aspettativa, o nell'analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza e secondo le rispettive norme, con decorrenza dal giorno dell'effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della propria posizione professionale e di carriera.
        7. Dopo l'assunzione di una delle cariche di cui all'articolo 7, i titolari possono percepire compensi o indennità esclusivamente per attività prestate in precedenza, e comunque soltanto quando essi risultino determinati in misura fissa dalla legge o da un atto regolamentare o siano già stati esattamente fissati dall'accordo sottoscritto dalle parti, recante data certa precedente all'assunzione della carica pubblica.
        8. L'Autorità accerta, anche tramite proprie verifiche, entro trenta giorni dal ricevimento della dichiarazione di cui all'articolo 8, comma 1, le situazioni di incompatibilità di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo e ne dà comunicazione all'interessato, invitandolo a comunicare, entro i trenta giorni successivi, l'opzione tra il mantenimento della carica di Governo e il mantenimento della posizione incompatibile. A decorrere da tale data, il titolare della carica di Governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo è tenuto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 9.
        9. Della comunicazione e dell'invito ad optare tra la carica di Presidente del Consiglio dei ministri o di Ministro e quella incompatibile vengono informati dall'Autorità il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. Per le altre cariche indicate nell'articolo 7 vengono informati dall'Autorità i Presidenti

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  delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. La comunicazione dell'invito ad optare è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
        10. Nel caso di mancato esercizio dell'opzione di cui al comma 8 entro il termine prescritto, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di Governo.
        11. Nel caso di cui al comma 10, l'Autorità informa del mancato esercizio dell'opzione relativa alla carica di Presidente del Consiglio dei ministri o di Ministro il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri e l'interessato. Per le altre cariche indicate nell'articolo 7 vengono informati dall'Autorità i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri e l'interessato. Del mancato esercizio dell'opzione è pubblicata notizia nella Gazzetta Ufficiale. A decorrere dalla data di pubblicazione gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
 

Art. 11.
(Incompatibilità determinate dalla specifica natura del patrimonio del titolare della carica di Governo).
 

      1. Le cariche di cui all'articolo 7 sono incompatibili:
          a) con la proprietà di un patrimonio di valore superiore a 15 milioni di euro in beni, ad esclusione dei contratti concernenti titoli di Stato, la cui natura, in relazione alle specifiche funzioni di Governo attribuite, configura l'ipotesi di cui all'articolo 2 della presente legge;

            b) con la proprietà o il controllo di un'impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato, tranne che si versi nell'ipotesi di cui al comma 4 dell'articolo 10.

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        2. Il limite di 15 milioni di euro indicato nella lettera a) del comma 1 è incrementato ogni anno di un ammontare equivalente all'aumento dell'indice del deflatore dei prezzi del prodotto interno lordo.
        3. L'Autorità, anche tramite proprie verifiche, sentito il parere della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle altre Autorità di settore eventualmente interessate, accerta entro trenta giorni dal ricevimento della dichiarazione di cui all'articolo 8, comma 1, la situazione di incompatibilità di cui al comma 1 del presente articolo e ne dà comunicazione all'interessato. L'interessato è invitato con il medesimo atto a comunicare, entro i trenta giorni successivi, l'opzione tra il mantenimento della carica di Governo o il mantenimento della posizione incompatibile ovvero la scelta per la risoluzione della condizione di incompatibilità. A decorrere da tale data, il titolare della carica di Governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità di cui al comma 1 del presente articolo è tenuto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 9.
        4. Della comunicazione e dell'invito indicati nel comma 3 vengono informati dall'Autorità, per la carica di Presidente del Consiglio dei ministri o di Ministro, il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. Per le altre cariche indicate nell'articolo 7 vengono informati dall'Autorità i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei ministri. L'invito a esercitare l'opzione o a eliminare la causa di incompatibilità è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
        5. Nel caso di mancato esercizio dell'opzione o della scelta di cui al comma 3 entro il termine prescritto, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di Governo.
        6. Nel caso di cui al comma 5, l'Autorità informa del mancato esercizio dell'opzione relativa alle cariche di Presidente del Consiglio dei ministri o di Ministro il Presidente

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  della Repubblica, i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri e l'interessato. Per le altre cariche di cui all'articolo 7 vengono informati dall'Autorità i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri e l'interessato.
        7. Del mancato esercizio dell'opzione o della scelta entro il termine stabilito e degli effetti giuridici che ne conseguono è pubblicata notizia nella Gazzetta Ufficiale. A decorrere dalla data della pubblicazione gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
        8. Il titolare della carica di Governo, qualora abbia scelto di eliminare la causa di incompatibilità, concorda con l'Autorità gli adempimenti necessari per conseguire l'obiettivo. La causa di incompatibilità deve essere eliminata entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'invito a esercitare l'opzione o a eliminare la causa di incompatibilità.

Art. 3.
(Attività patrimoniali).

Art. 12.
(Separazione degli interessi).

      1. L'Autorità di cui all'articolo 5, esaminata la dichiarazione delle attività patrimoniali di cui all'articolo 4, comma 1, sentite per quanto di competenza l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali Autorità di settore, accerta caso per caso se i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di Governo sono suscettibili di determinare conflitti di interessi.
      2. I beni immobiliari posseduti, anche per interposta persona, da titolari di cariche di Governo ricadono nell'ambito di applicazione della presente legge solo se essi sono strumentali ad una attività di impresa.
      3. I valori mobiliari posseduti, anche per interposta persona, dai titolari di cariche di Governo ricadono nell'ambito di applicazione della presente legge solo se essi superano il valore complessivo di 10 milioni di euro.
      4. Il possesso, anche per interposta persona, di partecipazioni rilevanti in imprese

      1. Entro trenta giorni dal ricevimento delle dichiarazioni di cui all'articolo 8, l'Autorità accerta la consistenza del patrimonio detenuto anche per interposta persona dalle persone che ricoprono cariche di Governo. Nel caso in cui vi siano ritardi nel ricevimento delle dichiarazioni di cui all'articolo 8, comma 7, l'Autorità provvede comunque agli accertamenti, salvo procedere alla loro integrazione dopo il ricevimento delle dichiarazioni mancanti.
      2. L'Autorità procede a norma del presente articolo:
          a) quando il titolare della carica di Governo possieda, anche per interposta persona o tramite società fiduciarie, partecipazioni rilevanti nei settori della difesa, dell'energia, del credito, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, delle comunicazioni di rilevanza nazionale, dei servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, nonché in imprese operanti nel settore pubblicitario;


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operanti nei settori della difesa, energia, servizi erogati in concessione o autorizzazione, nonché concessionarie di pubblicità e imprese dell'informazione giornalistica e radio-televisiva editrici di testate a diffusione nazionale, è in ogni caso suscettibile di determinare conflitti di interessi, salvo che l'Autorità di cui all'articolo 5, sentite l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nonché le Autorità di settore eventualmente competenti, motivatamente attesti la posizione marginale dell'impresa nel relativo settore di attività o la sua non rilevanza in relazione alle specifiche funzioni e poteri inerenti all'incarico di Governo esercitato.
      5. Alle attività patrimoniali suscettibili di determinare conflitti di interessi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 7.
      6. Ai fini del presente articolo, si ha partecipazione rilevante in una impresa quando sussistono le condizioni di cui all'articolo 2359, primo o terzo comma, del codice civile e all'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
          b) quando la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di Governo nel medesimo settore di mercato, superiore a 10 milioni di euro, sia tale da configurare il rischio evidente di turbative della concorrenza o di condizionamento dell'attività di governo.

      3. Il limite di 10 milioni di euro indicato nella lettera b) del comma 2 è incrementato ogni anno di un ammontare equivalente all'aumento dell'indice del deflatore dei prezzi del prodotto interno lordo.
      4. Nei casi di impresa individuale, si applica il comma 3 dell'articolo 10.
      5. Ai fini della presente legge si intendono per rilevanti le partecipazioni di controllo o che partecipino al controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nonché le partecipazioni superiori al 4,99 per cento del capitale sociale nel caso di società quotate in mercati regolamentati e del 20 per cento negli altri casi. Sono altresì rilevanti gli accordi contrattuali ovvero i vincoli statutari che consentano di esercitare il controllo o la direzione e il coordinamento anche di enti non societari.
      6. Nei casi previsti dalla lettera b) del comma 2, l'Autorità valuta, in particolare, se il titolare della carica di Governo possa, direttamente o indirettamente, influenzare l'attività dell'impresa ovvero il settore di mercato nel quale l'impresa opera.

(V. articolo 7).       7. L'Autorità, qualora ritenga che possa configurarsi il conflitto di interessi di cui al comma 2, chiede il parere della CONSOB, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle competenti Autorità di settore, concordando un termine non superiore a quindici giorni entro il quale le Autorità sono tenute a esprimere il parere.
        8. Nel caso previsto dal comma 7, le Autorità interpellate si pronunciano nel loro parere anche sulle misure a loro avviso ritenute necessarie per prevenire il conflitto di interessi. Qualora si debba procedere all'istituzione di un trust cieco,

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  ai sensi degli articoli 14 e 15, le Autorità si pronunciano, altresì, sulle misure che il trustee deve assumere per garantire l'effettiva rispondenza del trust istituito alle caratteristiche previste dai medesimi articoli. All'alienazione si procede quando si tratta dell'unica misura possibile per evitare nella specifica situazione il conflitto di interessi. I pareri delle Autorità di cui al comma 7 sono comunicati immediatamente al titolare della carica di Governo; i pareri sono altresì allegati alle deliberazioni dell'Autorità.
        9. L'Autorità, acquisiti i pareri di cui ai commi 7 e 8, qualora ne esistano i presupposti, convoca l'interessato, gli comunica la configurabilità del conflitto di interessi e lo invita, qualora non condivida le valutazioni pervenutegli, a trasmettere le sue osservazioni entro l'ulteriore termine di quindici giorni.
        10. L'Autorità, valutate le osservazioni dell'interessato, se ritiene che si configuri il conflitto di interessi, delibera di invitarlo ad optare tra l'alienazione delle partecipazioni nella misura idonea a riportarne la consistenza al di sotto delle indicate soglie di rilevanza, indicando tale misura, ovvero l'istituzione di un trust a norma dell'articolo 15.
        11. Il trust istituito ai sensi dell'articolo 15 ha ad oggetto solo valori mobiliari.
        12. Il titolare della carica di Governo può anche scegliere di procedere all'alienazione di una parte dei propri beni e di istituire un trust con le caratteristiche di cui agli articoli 14 e 15 su un'altra parte dei propri beni, oppure di procedere all'alienazione dei beni e al conferimento del ricavato in un analogo trust.
        13. Le opzioni di cui ai commi 10 e 12 devono essere comunicate all'Autorità con atto scritto entro i quindici giorni successivi al ricevimento della deliberazione di cui al comma 10.
        14. Nel caso in cui il titolare della carica di Governo abbia optato per l'alienazione totale o parziale, alla stessa deve provvedersi secondo gli adempimenti necessari concordati con l'Autorità, tra i quali sono indicati i beni che è necessario dismettere e in quale quantità, nonché i

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  limiti di reinvestimento del ricavato dell'alienazione, necessari al fine di evitare che persistano o si determinino nuovamente situazioni di potenziale conflitto di interessi, salvo che il titolare della carica di Governo abbia scelto di conferire quanto ricavato dalle operazioni di dismissione in un trust con le caratteristiche di cui agli articoli 14 e 15.
        15. Il completamento delle operazioni di alienazione previste tra gli adempimenti di cui al comma 14 deve avvenire entro i successivi centoventi giorni, prorogabili dall'Autorità per non più di altri novanta giorni, nel caso in cui la quantità di beni sia particolarmente ingente o comunque la loro collocazione sul mercato risulti particolarmente difficile.
        16. Completati gli adempimenti di cui ai commi precedenti, una volta accertato che non sussistono più situazioni di potenziale conflitto di interessi rilevanti ai sensi del presente articolo, l'Autorità rilascia al titolare della carica di Governo una dichiarazione con cui attesta che il medesimo è in regola con le prescrizioni di cui alla presente legge, salvo prevedere, secondo quanto disposto dall'articolo 9, i casi in cui è tenuto comunque ad astenersi.
        17. Il titolare della carica di Governo, se opta per l'istituzione di un trust con le caratteristiche di cui agli articoli 14 e 15, nei successivi sessanta giorni sottopone l'atto costitutivo del medesimo all'Autorità per l'approvazione.
        18. Qualora l'Autorità indichi la necessità di procedere alla modificazione di clausole dell'atto istitutivo del trust ai fini del rispetto delle disposizioni della presente legge, il titolare della carica di Governo vi provvede entro i successivi dieci giorni.
        19. Nel caso di mancato esercizio delle opzioni di cui ai commi 10 e 12 entro il termine prescritto, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, si intende che l'interessato abbia optato per la disponibilità dei beni il cui possesso è incompatibile con la carica di Governo.

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        20. Nel caso di cui al comma 19, l'Autorità informa del mancato esercizio dell'opzione relativa alle cariche di Presidente del Consiglio dei ministri o di Ministro il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri e l'interessato. Per le altre cariche di cui all'articolo 7 vengono informati dall'Autorità i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri e l'interessato.
        21. Del mancato esercizio dell'opzione è pubblicata notizia nella Gazzetta Ufficiale. A decorrere dalla data della pubblicazione tutti gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
 

Art. 13.
(Effetti dell'invito all'opzione).
 

      1. Dalla data dell'invito all'opzione di cui al comma 10 dell'articolo 12, l'esercizio dei diritti di voto connessi alle partecipazioni, azioni o quote che, direttamente o indirettamente, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, fanno parte delle attività patrimoniali degli interessati è sospeso sino all'applicazione delle misure di cui al medesimo articolo 12.

        2. Nei sessanta giorni successivi le assemblee delle società nelle quali i titolari delle cariche di Governo possiedono partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 12, comma 5, sono convocate dagli organi statutariamente competenti per deliberare sulla conferma o sulla sostituzione dei relativi amministratori.
        3. Se l'assemblea non è convocata nel termine indicato nel comma 2, il tribunale nella cui circoscrizione ha sede legale la società, su ricorso dell'Autorità, dispone con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla.
        4. Con l'invito all'opzione l'Autorità stabilisce, con propria deliberazione scritta, che, in attesa del completamento delle operazioni finanziarie di alienazione

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  o separazione patrimoniale idonee a escludere la possibilità di azione in conflitto di interessi, il titolare della carica di Governo, che si trovi in una delle situazioni previste dai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 9, deve astenersi dal prendere decisioni, partecipare a deliberazioni o adottare provvedimenti in materie in cui possa configurarsi conflitto di interessi.
        5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai casi di incompatibilità.

Art. 4.
(Dichiarazione degli incarichi, delle attività e del patrimonio. Sanzioni).

      (V. articolo 8).

      1. Entro venti giorni dall'assunzione della carica di Governo, gli interessati dichiarano all'Autorità di cui all'articolo 5 di quali cariche o attività comprese nell'elenco di cui all'articolo 2 sono titolari; trasmettono altresì l'ultima dichiarazione dei redditi, nonché tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sono titolari, o sono stati titolari nei sei mesi precedenti, anche per interposta persona. Essi devono effettuare analoghe dichiarazioni per ogni successiva variazione dei dati in precedenza forniti, entro venti giorni dai fatti che l'hanno determinata.
      2. L'Autorità di cui all'articolo 5, entro i trenta giorni successivi alla scadenza dei termini di cui al comma 1, provvede agli accertamenti necessari e, qualora le dichiarazioni di cui al medesimo comma 1 non siano state effettuate ovvero risultino non veritiere o incomplete, ne informa immediatamente il titolare della carica di Governo interessato affinché provveda entro dieci giorni alla integrazione della propria dichiarazione. Decorso tale termine, laddove a giudizio dell'Autorità permanga una violazione, essa ne informa gli organi o i soggetti competenti affinché vengano disposte:

          a) la rimozione o la decadenza dalla carica o dall'ufficio da parte del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera dei deputati o del Senato della


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Repubblica, dell'amministrazione competente, dell'ente o dell'impresa;

          b) la risoluzione del rapporto di impiego pubblico o privato;

          c) la sospensione dall'abilitazione professionale da parte degli ordini o collegi professionali competenti;

          d) nel caso di attività imprenditoriale soggetta ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato o svolta in regime di concessione, la revoca del relativo provvedimento da parte dell'amministrazione pubblica competente.

Art. 5.
(Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi).

      (V. articolo 3).

      1. È istituita l'Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi, di seguito denominata «Autorità». L'Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.

      2. L'Autorità è organo collegiale costituito da cinque componenti nominati con decreto del Presidente della Repubblica. Due componenti sono designati dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica tra persone di notoria indipendenza, da individuare tra magistrati, professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche e personalità provenienti da settori economici dotate di alta esperienza e riconosciuta professionalità, con voto limitato a un solo nominativo. Il Presidente dell'Autorità è designato dai quattro componenti eletti dalle Camere entro venti giorni dalla pubblicazione del decreto di nomina. A tale fine essi sono convocati dal Presidente della Camera dei deputati. Qualora entro il termine di venti giorni essi non abbiano provveduto alla designazione del Presidente, questi viene designato mediante sorteggio tra i giudici costituzionali in carica.

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      3. I componenti dell'Autorità sono nominati per sette anni con incarico non rinnovabile, non possono esercitare attività professionale o di consulenza, né ricoprire altri uffici pubblici o privati. I componenti dell'Autorità non possono nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico assumere cariche pubbliche non elettive. Le indennità spettanti ai membri dell'Autorità e il loro status sono equiparati a quelli dei giudici costituzionali.
      4. L'Autorità è costituita entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro i successivi tre mesi essa delibera le norme riguardanti la propria organizzazione, il proprio funzionamento, il trattamento giuridico del personale, nonché la gestione delle spese, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato. In sede di prima applicazione della presente legge essa si avvale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché di un proprio ufficio composto da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando, in conformità ai rispettivi ordinamenti. Il relativo contingente è determinato, in misura non superiore a quindici unità, su proposta del Presidente dell'Autorità, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro un mese dalla nomina del Presidente dell'Autorità. L'ufficio è coordinato da un segretario generale, scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili o avvocati dello Stato, per il quale è disposto il collocamento in posizione di fuori ruolo, secondo le disposizioni dell'amministrazione di provenienza.       (V. articolo 5).
      5. I soggetti di cui al comma 4 conservano lo stato giuridico e il trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza con oneri a carico di quest'ultima. Il servizio prestato ai sensi del presente articolo è equiparato ad ogni effetto di legge a quello prestato nelle rispettive amministrazioni di appartenenza. Agli stessi è corrisposto, comunque, a carico dell'Autorità, il trattamento accessorio nelle misure previste per il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'Autorità si avvale, altresì, di un contingente

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di personale con contratto a tempo determinato in misura non superiore a quindici unità. L'Autorità stabilisce l'indennità da corrispondere al segretario generale.

Art. 6.
(Funzioni dell'Autorità).

      (V. articolo 4, commi 1 e 2).

      1. L'Autorità accerta le situazioni di incompatibilità di cui all'articolo 2, vigila sul rispetto dei divieti conseguenti e degli adempimenti di cui all'articolo 7 e promuove, nei casi di inosservanza di tali divieti e adempimenti, le sanzioni di cui all'articolo 4, comma 2. Sono fatte salve in ogni caso le conseguenze di carattere penale o disciplinare previste dalle normative vigenti.

      2. A richiesta del Governo l'Autorità esprime pareri sui disegni e sulle proposte di legge nonché sugli schemi di altri atti normativi.

Art. 7.
(Adempimenti dei titolari di cariche di Governo).

      (V. articolo 12, commi da 7 a 21).

      1. Al fine di prevenire i conflitti di interessi e di assicurare la non conoscenza da parte del titolare delle cariche di Governo della composizione del proprio patrimonio, i valori mobiliari di cui all'articolo 3 sono conferiti, entro il termine fissato dall'Autorità, a una gestione fiduciaria ai sensi dell'articolo 8.

      2. Per le attività patrimoniali di cui all'articolo 3, qualora suscettibili di determinare conflitti di interessi, i titolari di cariche di Governo propongono all'Autorità, nei termini di cui all'articolo 4, comma 1, misure idonee a prevenire il conflitto di interessi. Entro i termini di cui al medesimo articolo 4, comma 2, l'Autorità accetta le proposte dell'interessato o stabilisce, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ed eventualmente la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e le competenti

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Autorità di settore, modalità alternative. Qualora tali modalità comprendano la vendita, l'Autorità fissa il termine massimo entro il quale essa deve essere completata. Decorso tale termine l'Autorità provvede anche tramite un'offerta pubblica di vendita.
 

Art. 14.
(Nozione di trust cieco).
 

      1. A norma della presente legge per trust cieco si intende quella tipologia di trust ove il trustee ha la più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni in trust, mentre i beneficiari ne possono avere solo una conoscenza quantitativa.

Art. 8.
(Gestione del patrimonio trasferito).

Art. 15.
(Disciplina del trust cieco).

      1. Il trasferimento dei valori mobiliari di cui all'articolo 3 ha luogo mediante la conclusione di un contratto di gestione con un soggetto, di seguito denominato «gestore», scelto con determinazione adottata dal Presidente dell'Autorità, sentiti il titolare della carica di Governo nonché i Presidenti della CONSOB e delle Autorità di settore eventualmente competenti.
      

2. Al patrimonio trasferito al gestore si applica l'articolo 22 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni. In caso di cessazione dalla carica per qualsiasi ragione, il titolare della carica di Governo riacquista di diritto la titolarità del patrimonio.

      3. Il gestore persegue le finalità di cui all'articolo 7, comma 1, e l'interesse del patrimonio trasferito, e può a tali fini disporre in tutto o in parte dei beni che lo compongono. Il gestore non può comunicare al titolare della carica di Governo, neanche per interposta persona, la natura e l'entità degli investimenti e dei disinvestimenti né consultarlo in ordine alla gestione. I soggetti di cui all'articolo 1 non possono chiedere o ricevere dal gestore

      1. Ai trust istituiti in ottemperanza alle condizioni di cui all'articolo 12 si applicano le disposizioni della legge regolatrice straniera scelta dal disponente, d'intesa con l'Autorità, ai sensi della Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, ratificata e resa esecutiva con la legge 16 ottobre 1989, n. 364.
      2. La legge regolatrice scelta deve essere compatibile con l'ordinamento italiano e con la presente legge.
      3. In ogni caso, i suddetti trust, per ottenere l'approvazione dell'Autorità, devono conformarsi alle disposizioni di cui al presente articolo, non devono essere idonei a eludere le disposizioni della presente legge e devono fornire adeguate garanzie per il perseguimento dei suoi obiettivi e il rispetto delle sue disposizioni.
      4. Il trust istituito a norma del presente articolo deve esser riconosciuto dallo Stato italiano ai sensi della presente legge nonché ai sensi degli articoli 2, 11 e 13 della Convenzione di cui al comma 1.
      5. L'atto con cui il titolare di una carica di Governo istituisce un trust per i fini di cui alla presente legge deve in ogni caso:
          a) riconoscere il potere dell'Autorità di cambiare in qualsiasi momento, per


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informazioni concernenti la natura e l'entità delle attività di gestione. Essi hanno diritto di conoscere, per il tramite dell'Autorità, ogni tre mesi, il risultato economico complessivo dell'amministrazione, nonché di ricevere ogni semestre, su richiesta, il reddito derivante dalla gestione del loro patrimonio.
      4. Alla data di cessazione dalla carica, il gestore dà rendiconto contabile della gestione al titolare della carica di Governo.
      5. L'Autorità vigila sull'osservanza, nella gestione del patrimonio, dei princìpi e dei criteri stabiliti dalla presente legge, nonché sull'effettiva separazione della gestione.
giustificati motivi, la legge regolatrice del trust scelta dal disponente;
          b) prevedere il potere di trasformazione, gestione, disposizione e amministrazione dei beni conferiti, da parte del trustee;
          c) individuare un trustee con le caratteristiche di cui al comma 6, scelto all'interno di una lista predisposta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentita la CONSOB;
          d) individuare i beneficiari del trust; il beneficiario può coincidere anche con il disponente;
          e) nel caso in cui sia prevista dalla legge prescelta l'individuazione di un «guardiano», indicarlo nell'Autorità, la quale vigila, in ogni caso, sul corretto andamento del trust, secondo quanto previsto al comma 14; in tal caso l'atto istitutivo del trust deve prevedere l'esonero di responsabilità del «guardiano», salvo che sussista dolo o colpa grave;
            f) prevedere l'obbligo di un preventivo tentativo di conciliazione, da esperire, in caso di controversie, dinanzi a un conciliatore nominato dall'Autorità o da soggetto o ente dalla stessa individuato tra gli organismi di conciliazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni;
            g) prevedere meccanismi di successione nell'ufficio di trustee soggetti all'approvazione dell'Autorità.
        6. Il trustee del trust istituito dal titolare della carica di Governo per i fini di cui alla presente legge deve:
            a) essere una persona giuridica, costituita in forma di società di capitali;
            b) essere una società fiduciaria autorizzata ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966;
            c) avere nell'oggetto sociale lo svolgimento dell'attività di trustee;

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            d) avere una consolidata esperienza in materia di trust;
            e) avere componenti degli organi di gestione e di controllo muniti dei medesimi requisiti di onorabilità e di professionalità richiesti per chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso gli intermediari finanziari;
            f) non avere partecipazioni o quote del suo capitale sociale detenute per il tramite di intestazioni a società fiduciarie;
            g) non essere una società controllata o amministrata da persone fisiche che siano il coniuge, un convivente o un parente o un affine fino al quarto grado del titolare della carica di Governo;
            h) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che siano, o siano state nei due anni precedenti, dipendenti, consulenti, rappresentanti, procuratori, soci del titolare della carica di Governo, del coniuge, dei suoi parenti o affini fino al secondo grado, dei suoi conviventi, dei suoi soci in qualsiasi società o dei suoi associati in associazioni professionali, o dei beneficiari del trust;
            i) non essere una società detenuta o amministrata da persone giuridiche le quote o partecipazioni del cui capitale sociale siano, o siano state nei due anni precedenti, in qualunque modo detenute dal titolare della carica di Governo, dal coniuge, dai suoi parenti o affini fino al secondo grado, dai suoi conviventi, dai suoi soci in qualsiasi società o dai suoi associati in associazioni professionali, o dai beneficiari del trust;
            l) non avere concluso nei due anni precedenti contratti con il titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o con i beneficiari del trust;

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            m) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che abbiano concluso nei due anni precedenti contratti con il titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o con i beneficiari del trust;
            n) non avere, o non aver avuto nei due anni precedenti, rapporti di debito o di credito con il titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o con i beneficiari del trust;
            o) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che siano, o siano state nei due anni precedenti, debitori o creditori del titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o dei beneficiari del trust;
            p) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che siano state condannate con sentenza definitiva passata in giudicato per reati contro la pubblica amministrazione o contro il patrimonio;
            q) avere una copertura assicurativa, rilasciata esclusivamente per lo svolgimento dell'attività di trustee, congrua rispetto all'entità del patrimonio gestito;
            r) non essere una società amministrata o detenuta da persone fisiche che abbiano a proprio carico alcun procedimento civile per mala gestio o per violazione degli obblighi fiduciari assunti.
 

      7. Sul trustee gravano gli obblighi di:
          a) assicurare e mantenere la massima riservatezza circa la qualità dei beni


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  del trust istituito dal titolare della carica di Governo e circa i beneficiari;
            b) non comunicare in alcun modo al titolare della carica di Governo, o ai soggetti indicati nell'articolo 8, comma 8, neanche per interposta persona, la natura e l'entità dei singoli investimenti e disinvestimenti, né consultarli in ordine alla gestione;
            c) agire in buona fede e secondo le norme della deontologia, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e delle sue specifiche competenze;
            d) astenersi da qualsiasi operazione che possa risultare in conflitto di interessi con la sua attività di trustee del trust istituito dal titolare della carica di Governo, intendendosi con ciò qualsiasi operazione che coinvolga o interessi lo stesso trustee, o enti o società facenti parte del gruppo societario cui il trustee appartiene, ovvero un soggetto di cui ha la rappresentanza o che ha istituito un trust di cui è trustee;
            e) attenersi alle istruzioni impartite dall'Autorità;
            f) informare l'Autorità circa l'avvio di procedimenti civili nei confronti dei propri amministratori o detentori per mala gestio o violazione degli obblighi fiduciari a carico del trustee;
            g) informare l'Autorità circa eventuali tentativi di ingerenza nell'amministrazione dei beni in trust da parte del disponente o di suoi parenti o affini fino al secondo grado, o di suoi conviventi o comunque dei beneficiari del trust;
            h) fornire al disponente, agli eventuali beneficiari e all'Autorità il rendiconto esclusivamente quantitativo dei beni in trust, evidenziando l'andamento della gestione del patrimonio, i suoi eventuali incrementi o decrementi, unito ad una relazione scritta, anche se non prevista nell'atto istitutivo di trust, entro il 30 aprile e il 30 ottobre di ciascun anno;
            i) rispondere a qualsiasi richiesta dell'Autorità entro i termini indicati dalla stessa.

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        8. Il trustee ha facoltà di:
          a) chiedere prescrizioni e direttive all'Autorità tutte le volte in cui ne ravvisi la necessità;
            b) dimettersi dal proprio incarico, anche se ciò non è previsto nell'atto istitutivo del trust, con un preavviso scritto di novanta giorni comunicato all'Autorità, al disponente e ai diversi beneficiari. Dal ricevimento del preavviso, il disponente individua entro quaranta giorni un nuovo trustee da sottoporre all'approvazione dell'Autorità a norma dell'articolo 12.
 

      9. Qualsiasi comunicazione tra il titolare della carica di Governo, eventuali altri beneficiari e il trustee deve essere formulata per iscritto ed essere preventivamente autorizzata dall'Autorità. Non sono ammessi altri rapporti tra il trustee e il titolare della carica di Governo, altri eventuali beneficiari o le persone di cui all'articolo 8, comma 8.

        10. Il trustee, ferme restando ulteriori ipotesi di responsabilità accertate dall'autorità giudiziaria e salvo quanto previsto al comma 12, risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile. Alle controversie si applica, in materia di attribuzione della giurisdizione, la disposizione di cui all'articolo 17, comma 3, della Convenzione firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva con la legge 21 giugno 1971, n. 804.
        11. Non sono ammesse clausole di esclusione della responsabilità del trustee in caso di:
          a) divulgazione di informazioni relative al trust ed ai beni dello stesso, diverse da quelle consentite ai sensi del presente articolo, o autorizzate dall'Autorità;
            b) conflitto di interessi come inteso al comma 7, lettera d), anche laddove il comportamento che ha determinato tale conflitto di interessi non sia sanzionato o censurato dalla legge regolatrice del trust prescelta dal disponente.
 

      12. Il trustee che violi le prescrizioni della presente legge può essere revocato dall'Autorità o dal disponente previa autorizzazione


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  dell'Autorità. In ogni caso in cui si sia proceduto alla revoca del trustee, il titolare della carica di Governo che ha istituito il trust provvede alla sua sostituzione con le modalità e nel rispetto dei
  requisiti di cui alla presente legge. In caso di inadempimento nei termini previsti, alla medesima nomina provvede l'Autorità.
        13. Il trustee che incorre in una delle condotte di cui al comma 11 non può più rendersi in futuro trustee di trust istituiti ai sensi della presente legge.
        14. L'Autorità vigila sul corretto adempimento del trust sulla base di quanto previsto dalla presente legge e dall'atto istitutivo del medesimo.
 

Art. 16.
(Beni personali).
 

      1. Le disposizioni degli articoli 12 e 15 non si applicano, previa verifica dell'Autorità, ai beni indicati negli elenchi che, ai sensi del comma 4 dell'articolo 8, sono allegati alle dichiarazioni di cui al comma 2 del medesimo articolo 8.

Art. 9.
(Regime fiscale).

Art. 17.
(Disposizioni fiscali).

      1. Alle plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione dei valori mobiliari posseduti dai titolari di cariche di Governo eseguite dall'interessato o dal gestore in attuazione della presente legge si applicano in ogni caso le aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche.

      1. Alle plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione degli strumenti finanziari di cui all'articolo 1, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, posseduti dai soggetti di cui all'articolo 7 della presente legge, eseguite in attuazione della presente legge, si applicano in ogni caso le aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche.

      2. L'eventuale trasferimento in gestione fiduciaria di attività economiche ai sensi della presente legge e la loro successiva restituzione all'interessato non costituiscono realizzo di plusvalenze o di minusvalenze. Tutti gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento al gestore e della successiva restituzione all'interessato sono esenti da ogni imposta indiretta. I proventi derivanti dal patrimonio trasferito sono       2. L'eventuale trasferimento nel trust di cui all'articolo 15 di attività economiche ai sensi della presente legge e la loro successiva restituzione all'interessato non costituiscono realizzo di plusvalenze o di minusvalenze. Tutti gli atti e i contratti stipulati ai fini dell'istituzione del trust e della successiva restituzione all'interessato sono esenti da ogni imposta diretta o indiretta. Ove la legge regolatrice del trust o l'atto di

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imputati al titolare del patrimonio, secondo quanto previsto dalle norme relative alla categoria nella quale rientrano. Il gestore applica le ritenute e le imposte sostitutive dovute. istituzione prevedano che i proventi derivanti dal patrimonio trasferito siano in tutto in parte imputati al patrimonio stesso, questi ultimi sono regolati dalle norme fiscali relative alla categoria nella quale rientrano. Il trustee applica le ritenute e le imposte sostitutive dovute.

Art. 10.
(Cessioni patrimoniali a congiunti, a società collegate o a fini elusivi).

      Soppresso.

      1. La disciplina di cui alla presente legge si applica anche in caso di cessione a terzi dei cespiti e delle attività patrimoniali intervenuta dopo il conferimento della carica di Governo o nei tre mesi antecedenti, quando il destinatario della cessione si trova, riguardo al titolare della carica di Governo o ad impresa da questi controllata ai sensi dell'articolo 3, comma 6, in una delle seguenti condizioni:
          a) coniuge, parente o affine entro il quarto grado;

          b) società collegata ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;
          c) persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della stessa disciplina ovvero società o altro ente comunque costituito o utilizzato allo stesso fine.

Art. 11.
(Imprese in concessione).

      Soppresso.

      1. La violazione degli obblighi e dei divieti di cui alla presente legge comporta in ogni caso la decadenza dell'atto di concessione o di altro atto di assenso di amministrazioni pubbliche, comunque denominato, cui è subordinato l'esercizio della relativa attività economica.

      2. Le imprese in cui i titolari di cariche di Governo hanno partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 3, comma 6, non possono ottenere dalle amministrazioni pubbliche concessioni o altri atti di assenso, comunque denominati, cui è subordinato l'esercizio della relativa attività. Non possono, inoltre, stipulare contratti con le amministrazioni pubbliche, né instaurare

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con esse alcun altro rapporto giuridico inerente o connesso all'esercizio dell'attività propria o di società controllata, controllante o collegata.

Art. 12.
(Procedure istruttorie e tutela giurisdizionale per gli atti dell'Autorità).

      1. L'Autorità, per l'espletamento delle funzioni ad essa attribuite dalla presente legge, può chiedere a qualsiasi organo della pubblica amministrazione, e ad ogni altro soggetto pubblico o società privata, nei limiti di competenza consentiti dall'ordinamento, i dati e le notizie concernenti la materia disciplinata dalla legge stessa, avvalendosi dei poteri ad essa attribuiti dalla normativa vigente.

      (V. articolo 4, comma 4).

      2. Per l'espletamento delle indagini, delle verifiche e degli accertamenti che ritiene opportuni, l'Autorità può avvalersi della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici.       (V. articolo 4, comma 5).
      3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta dell'Autorità, sono stabilite le disposizioni che garantiscono ai titolari delle cariche di Governo e ai gestori di volta in volta interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e di applicazione di eventuali sanzioni.       (V. articolo 4, comma 7).
      4. Ogni provvedimento adottato dalla Autorità in applicazione della presente legge deve essere motivato.       (V. articolo 4, comma 3).
      5. Gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dall'Autorità ai sensi della presente legge sono impugnabili esclusivamente dinanzi a un collegio giudicante composto da tre giudici estratti a sorte all'inizio di ogni legislatura tra i magistrati di corte d'appello. Il collegio decide in camera di consiglio entro due mesi dall'impugnazione. La decisione del collegio è impugnabile con ricorso alla Corte di cassazione, che provvede entro un mese, in sezione composta dal primo presidente e da quattro giudici estratti a sorte tra i magistrati della Corte stessa.       (V. articolo 6).

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Capo IV
SANZIONI
 

Art. 18.
(Violazioni dell'obbligo di dichiarazione).
 

      1. In caso di accertato totale o parziale inadempimento, nei termini previsti, a ciascuno degli obblighi di dichiarazione imposti dall'articolo 8 al titolare della carica di Governo, l'Autorità lo diffida ad adempiere nei successivi dieci giorni.

        2. In caso di ulteriore inadempimento, la medesima Autorità applica, per gli inadempimenti relativi a ciascuna dichiarazione, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 ad euro 35.000.
        3. La sanzione prevista nel comma 2 si applica anche nel caso in cui siano presentate dichiarazioni risultate in tutto o in parte incomplete ovvero non veritiere.
        4. In caso di totale o parziale inadempimento di uno o più degli obblighi di dichiarazione imposti dal comma 8 dell'articolo 8 al coniuge, a parenti e affini entro il secondo grado nonché alle persone stabilmente conviventi con il titolare della carica di Governo non a scopo di lavoro domestico, l'Autorità diffida l'inadempiente ad adempiere nei successivi dieci giorni.
        5. In caso di ulteriore inadempimento da parte di uno dei soggetti indicati nel comma 4, l'Autorità applica, per gli inadempimenti relativi a ciascuna dichiarazione, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 ad euro 35.000. La stessa sanzione si applica nel caso in cui le dichiarazioni presentate risultino in tutto o in parte incomplete ovvero non veritiere.
        6. Di ogni caso di violazione, sotto qualsiasi forma, degli obblighi di dichiarazione di cui al presente articolo, il presidente dell'Autorità informa il Presidente del Consiglio dei ministri e i Presidenti delle Camere.

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Art. 19.
(Violazioni dell'obbligo di astensione).
 

      1. In caso di violazione dell'obbligo di astensione imposto dall'articolo 9, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 ad euro 150.000.

        2. In ogni caso, l'Autorità informa senza ritardo l'autorità giudiziaria.
 

Art. 20.
(Conflitto di interessi in violazione delle misure preventive).
 

      1. Se, in violazione delle misure dettate dall'Autorità per prevenire il conflitto di interessi o in pendenza dei termini per l'adozione delle stesse, il titolare di una delle cariche di cui all'articolo 7 prende una decisione, adotta un atto, partecipa ad una deliberazione o omette di adottare un atto dovuto, conseguendo per sé un vantaggio economicamente rilevante e differenziato rispetto a quello conseguito dalla generalità dei destinatari, ovvero un vantaggio economicamente rilevante e incidente su una categoria ristretta di destinatari della quale il medesimo fa parte, l'Autorità, oltre alle sanzioni previste dagli articoli precedenti per la violazione delle misure preventive, applica una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito.

        2. Si applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 20.000 euro a chi, rivestendo una delle cariche indicate nel comma 1 dell'articolo 2, partecipa ad una deliberazione o omette di adottare un atto dovuto, quando la partecipazione alla deliberazione o l'omissione è idonea ad arrecare ad altro componente dello stesso organo cui egli appartiene, al di lui coniuge, al parente o affine entro il secondo grado, o a persona con lui stabilmente convivente per ragioni diverse dal lavoro domestico, un vantaggio economicamente rilevante e differenziato rispetto a quello conseguito

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  dalla generalità dei destinatari, ovvero un vantaggio economicamente rilevante e incidente su una categoria ristretta di destinatari della quale fanno parte quel componente, il coniuge o le altre persone sopraindicate. Quando il vantaggio è conseguito si applica altresì la sanzione prevista nel comma 1.
        3. La decisione è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e per una sola volta su uno o più quotidiani a diffusione nazionale scelti dall'Autorità.
        4. La sanzione di cui al comma 1 del presente articolo è applicata al titolare di una delle cariche di cui all'articolo 7 che, in presenza delle stesse condizioni, arreca, consapevolmente, il medesimo vantaggio al coniuge, a un parente o affine entro il secondo grado, a una persona con esso stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico, o a imprese o società di cui il medesimo detenga il controllo ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, ovvero con le quali abbia intrattenuto rapporti di lavoro o di gestione o dalle quali abbia ottenuto finanziamenti o contributi per lo svolgimento di campagne elettorali per elezioni.
 

Capo V
DISPOSIZIONI CONCERNENTI GLI AMMINISTRATORI LOCALI, I PRESIDENTI DI REGIONE E I MEMBRI DELLE GIUNTE REGIONALI
 

Art. 21.
(Delega al Governo per l'integrazione del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di conflitti di interessi di amministratori locali, e per l'emanazione di norme in materia di conflitti di interesse dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali).
 

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per le riforme


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  istituzionali, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi secondo i princìpi e i criteri desumibili dalla presente legge e in particolare dagli articoli 1, 2, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, dal capo IV, dal comma 2 del presente articolo e dal capo VI, per:
          a) integrare il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, relativamente alla disciplina del conflitto di interessi;
            b) dettare disposizioni per assicurare il rispetto del principio di esclusivo perseguimento dell'interesse pubblico, di cui all'articolo 1, e per prevenire e sanzionare eventuali situazioni di conflitto di interessi come definite all'articolo 2, con riguardo ai presidenti delle regioni e dei membri delle giunte regionali.
 

      2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo attribuisce le funzioni di controllo e vigilanza in ambito regionale e locale all'Autorità, che vi provvede nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali ad essa attribuite dalla presente legge.

        3. Fatta salva la previsione di cui all'articolo 78 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti legislativi di cui al comma 1, lettera a), del presente articolo adattano, anche attraverso opportune esenzioni e integrazioni, alle situazioni locali le misure previste dalla presente legge per la prevenzione, la risoluzione e la sanzione dei conflitti di interessi alle tipologie e alle dimensioni dei diversi enti locali.
        4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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Art. 22.
(Princìpi in materia di incompatibilità dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali).
 

      1. All'articolo 3, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
          «a-bis) sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di possibile conflitto tra gli interessi pubblici da perseguire nell'esercizio delle funzioni di Presidente o di componente della Giunta regionale e gli interessi economici di cui i medesimi siano nella posizione di titolare, rappresentante, amministratore, curatore, gestore, procuratore o in altra posizione analoga o rispetto ai quali svolgano un'attività di consulenza».

 

Capo VI
SOSTEGNO PRIVILEGIATO NEL SETTORE DELLE COMUNICAZIONI, DELLE TELECOMUNICAZIONI E DELL'EDITORIA, ANCHE A MEZZO INTERNET
 

Art. 23.
(Funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di campagne elettorali e conflitto di interessi. Norme di principio).
 

      1. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali per le comunicazioni, su delega della predetta autorità, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, accertano che le imprese radiotelevisive e di comunicazione, le imprese operanti nell'ambito delle telecomunicazioni e le imprese operanti nell'ambito dell'editoria, anche a mezzo internet, che facciano capo rispettivamente ai candidati sindaci di comuni superiori ai 15.000 abitanti, ai candidati presidenti di provincia, ai candidati presidenti di regione e ai capi delle coalizioni di cui all'articolo 14-bis,


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  comma 3, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, nel corso delle campagne elettorali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, non pongano in essere comportamenti che forniscano ai soggetti sopraindicati un sostegno privilegiato.
        2. Le predette disposizioni si applicano anche alle imprese di cui al comma 1 del presente articolo che fanno capo al coniuge e ai parenti entro il secondo grado delle persone indicate nel medesimo comma 1 ovvero siano sottoposte al controllo dei medesimi soggetti, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
        3. Il sostegno privilegiato consiste in atti o comportamenti attuati dalle imprese predette che abbiano come scopo o come effetto qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, a favore delle persone indicate nel comma 1. La concessione di sostegno privilegiato deve essere accertata e resa nota, caso per caso, da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
        4. Durante tutto il periodo della campagna elettorale, così come definito dalla legge 10 febbraio 2000, n. 28, e successive modificazioni, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali per le comunicazioni sorvegliano costantemente e con il massimo di rigore che le imprese predette non adottino alcun genere di comportamento in violazione del principio della par condicio e comunque capace di incidere sul risultato elettorale, ai sensi della legge predetta, tra i candidati alle cariche sopraindicate.
        5. Nell'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta le procedure, si avvale dei poteri e applica le sanzioni previste dalle disposizioni previste dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, e successive modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, e successive modificazioni, e dal testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni.

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        6. In caso di accertamento di comportamenti posti in essere in violazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni diffida immediatamente e non oltre le ventiquattro ore l'impresa a desistere dal comportamento contestato e ad adottare, ove possibile, le necessarie misure correttive. In caso di inottemperanza entro il termine massimo di quarantotto ore, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni infligge all'impresa che ha offerto un sostegno privilegiato le sanzioni previste dalle disposizioni richiamate al comma 5.
        7. Le sanzioni pecuniarie ivi previste sono aumentate sino a tre volte, in relazione alla gravità della violazione e al livello istituzionale corrispondente. Per ogni singola infrazione e salve le possibilità di ripristino della par condicio violata, sono adottate comunque, in considerazione del livello istituzionale dei candidati e della gravità dell'infrazione commessa, sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese da euro 5.000 ad euro 50.000. In caso di violazioni ripetute, oltre alla terza volta, è disposta la sospensione del provvedimento autorizzatorio per un periodo di quindici giorni.
        8. Nel periodo successivo alla campagna elettorale, e fino all'applicazione delle disposizioni in materia di trust cieco di cui all'articolo 15, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali per le comunicazioni sorvegliano costantemente che le imprese predette non adottino alcun genere di comportamenti che possa configurare un sostegno privilegiato. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui ai commi precedenti.
        9. A seguito degli accertamenti di cui al comma 6 o della eventuale irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 6 e 7, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni riferisce al Parlamento con comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, quando l'impresa che agisce nel settore delle comunicazioni ha posto in essere i comportamenti di cui al comma 1.
        10. Nella comunicazione sono indicati i contenuti e le modalità di realizzazione del sostegno privilegiato al titolare di cariche di

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  Governo nell'esercizio delle sue funzioni, le misure correttive che si è intimato di porre in essere, le conseguenze della situazione di privilegio e le eventuali sanzioni inflitte.
        11. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni attribuisce le deleghe e delibera le procedure istruttorie e i criteri di accertamento per le attività ad essa demandate dalla presente legge, nonché le opportune modifiche organizzative interne.
        12. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presenta al Parlamento una relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza di cui al presente articolo.
 

Art. 24.
(Funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al di fuori dei periodi relativi alle campagne elettorali).
 

      1. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni accerta, anche al di fuori del periodo considerato dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, e successive modificazioni, che le imprese, che agiscono nel settore radiotelevisivo a livello nazionale, non pongano in essere comportamenti che forniscano un sostegno privilegiato al titolare di cariche di Governo.

        2. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, su istanza di parte o d'ufficio, procede ad accertare la sussistenza di comportamenti in violazione del comma 1 ed è comunque tenuta a svolgere un'attività di monitoraggio della programmazione delle imprese radiotelevisive nazionali, al fine di rilevare se nel corso di un periodo di quattro mesi si realizzano squilibri della complessiva informazione a favore di titolari di cariche di Governo.
        3. In caso di accertamento delle violazioni di cui al presente articolo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dispone la diffusione di comunicazioni di rettifica ovvero la messa a disposizione di spazi a favore delle parti politiche lese.
        4. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presenta al Parlamento una relazione

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  annuale sullo stato complessivo del settore dei media in relazione agli spazi offerti ai diversi soggetti politici. L'Autorità riferisce anche sui procedimenti sanzionatori in corso o conclusi nonché sulle misure correttive e ripristinatorie adottate.
 

Capo VII
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 13.
(Copertura finanziaria).

Art. 25.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando:
          a) per l'anno 2007, quanto a 2.350.000 di euro l'accantonamento relativo al medesimo Ministero; quanto a 1.580.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale; quanto a 641.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno; quanto a 30.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali; quanto a 399.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero dell'università e della ricerca;

            b) per l'anno 2008, quanto a 1.000.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali; quanto a 4.000.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale;
            c) per l'anno 2009, quanto a 900.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale; quanto a 2.000.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività

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  culturali; quanto a 2.100.000 euro l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale;
            d) per gli anni successivi al 2009 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 26.
(Disposizioni in materia di giurisdizione e di legislazione fiscale).
 

      1. Per le controversie nelle materie disciplinate dalla presente legge, la competenza esclusiva è dell'autorità giudiziaria italiana, salvo quanto disposto dall'articolo 15, comma 10, secondo periodo, anche quando il trustee ha sede o residenza al di fuori del territorio della Repubblica italiana.

        2. Per le materie disciplinate dalla presente legge si applica in ogni caso la legislazione fiscale italiana.
 

Art. 27.
(Disposizioni transitorie e finali).
 

      1. Quando la presente legge preveda il decorso di termini dall'assunzione della carica, i medesimi termini si intendono decorrere, per coloro che siano in carica al momento dell'entrata in vigore della legge stessa, da quest'ultimo momento.

        2. Salvo quanto previsto dall'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, relativamente al decorso dei termini processuali, il decorso degli altri termini previsti dalla presente legge è sospeso di diritto dal 1o al 31 agosto di ciascun anno e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.
        3. L'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, di cui all'articolo 1

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  della legge 16 gennaio 2003, n. 3, è soppresso.
        4. Le risorse umane, finanziarie e strumentali già attribuite all'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione sono trasferite all'Autorità.

Art. 14.
(Abrogazione. Entrata in vigore).

Art. 28.
(Abrogazioni).

      1. La legge 20 luglio 2004, n. 215, e successive modificazioni, è abrogata.

      1. Sono abrogati:
          a)
la legge 20 luglio 2004, n. 215, ad esclusione dell'articolo 9, limitatamente alla disciplina del contingente di personale attribuito all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ivi compreso il personale comandato, al cui onere finanziario si provvede sulla base delle risorse acquisite ai sensi dell'articolo 10, comma 7-bis, della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

            b) il numero 2 dell'articolo 1 della legge 5 luglio 1982, n. 441.
 

Art. 29.
(Entrata in vigore).

      2. La presente legge entra in vigore decorsi centottanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

      1. La presente legge entra in vigore decorsi centoventi giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ad eccezione degli articoli 3, 5 e 21, che entrano in vigore decorsi trenta giorni dalla medesima data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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