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PDL 2595

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2595



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GIANFRANCO CONTE, ARACU, CALIGIURI, CASERO, CROSETTO, FLORESTA, GIUDICE, LEONE, ROMANI, SANZA, STRADELLA, TORTOLI, VERRO, ZORZATO

Modifica al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, in materia di regole di comportamento nell'esecuzione dei servizi di polizia stradale, di limiti all'utilizzo di apparecchi per la rilevazione della velocità e di destinazione delle entrate derivanti dalle sanzioni per la violazione dei limiti di velocità

Presentata il 3 maggio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La recente inchiesta de Il Sole-24 Ore ha tradotto in cifre quanto i cittadini sapevano da tempo: ovvero che le infrazioni al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in particolare alle norme sui limiti di velocità, rilevate elettronicamente, hanno costituito e costituiscono tuttora un mezzo con il quale numerosi comuni risolvono i propri problemi di bilancio.
      L'inchiesta, effettuata sui bilanci dell'anno 2005 di 8.000 comuni, ha reso noto che le sanzioni così rilevate hanno determinato entrate pari a 1,2 miliardi l'anno, in media 35 euro per ogni italiano con patente, assai di più dei 201 milioni di euro raccolti con gli stessi mezzi da polizia stradale, carabinieri e guardia di finanza, che dovrebbero essere gli organi di polizia stradale naturalmente deputati a tali attività. Il caso limite è costituito dall'autovelox installato in un tratto di 800 metri di strada presso il comune di Santa Luce, in provincia di Pisa, che ha elevato multe per somme superiori a 1.000 euro per ogni cittadino del comune medesimo, per un totale di 1,7 milioni di euro.
      Per avere un'idea del peso delle multe sui bilanci comunali, basti pensare che il
 

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valore delle sanzioni equivale al 7 per cento delle imposte locali. In 23 città gli accertamenti superano addirittura i tributi e a Santa Luce le multe sono pari al 326 per cento di quanto incassato lo stesso anno in imposte. Per quel che riguarda le città, il primato assoluto delle entrate da multe spetta a Roma, con accertamenti per 207 milioni di euro.
      Per i presentatori di questa proposta di legge tale impostazione rappresenta una stortura, peraltro già evidenziata nel corso della discussione del non convertito decreto-legge n. 184 del 2005, sulla sicurezza stradale, durante la quale fu approvato un emendamento che vietava l'utilizzo di autovelox da parte di vigili urbani sulle strade extraurbane. Ma più interessante del testo, dell'emendamento è la discussione che avvenne presso l'Aula della Camera dei deputati; discussione dalla quale si evince che mentre i gruppi di centro-sinistra trovavano del tutto legittimo che i comuni si finanziassero in questo modo, i gruppi di centro-destra ne stigmatizzavano il comportamento qualora questo si fosse tradotto in «agguati» agli automobilisti, con installazione di limiti di velocità irragionevolmente bassi e di mezzi di rilevazione non segnalati.
      Quanto poi al fatto che città come Roma iscrivano a bilancio i proventi delle sanzioni per violazioni del codice della strada e che tali somme siano utilizzate per la copertura delle spese, esso è emblematico dell'atteggiamento mentale con cui l'amministrazione affronta il problema del traffico urbano. Iscrivere una somma nell'entrata di bilancio costituisce un obiettivo da raggiungere; ne consegue che i funzionari delegati, in questo caso i vigili urbani, sono impegnati a raggiungerlo più che a svolgere il proprio lavoro; ecco perché nella capitale li vediamo sempre con un blocchetto in mano, più che con fischietto e paletta!
      I cittadini peraltro sono assolutamente disarmati, poiché infatti fa sempre fede la parola del funzionario. Che peraltro, non dovendo più conciliare, né verbalizzare il parere del trasgressore, tende a trasformarsi in un mero repressore.
      A tale tendenza perversa se ne aggiungono altre due altrettanto perniciose: la progressiva digitalizzazione della rilevazione delle infrazioni (bande a terra, semafori intelligenti, rilevatori piazzati sulle vetture della polizia municipale eccetera) e la crescita esponenziale dell'importo delle sanzioni. Quando le sanzioni per un fatto classificato come delittuoso divengono abnormi, vuol dire che non si è in grado di reprimere niente se non i pochi sfortunati che vi incappano. Un po' come le «grida» manzoniane. Nel provvedimento di modifica del codice della strada in corso di discussione presso la Camera dei deputati (atto Camera n. 2480 del Governo), si arriva a prevedere sanzioni pari a 20.000 euro per il rifiuto di sottoporsi a test alcolometrico e di oltre 7.000 euro per il superamento dei limiti di velocità, senza aver commesso incidenti. Si pongono, è vero, dei limiti di potenza per le vetture destinate ai neopatentati, ma non di velocità: qualunque vettura di potenza pari a 60 kilowatt (kW) supera agevolmente i 140 chilometri orari (km/h) e i 140 km/h di una vettura di potenza pari a 60 kW sono molto più pericolosi di quelli di un'auto più potente. Quindi la nuova disposizione è anche controproducente, in quanto mette il neopatentato in una «scatoletta» inadeguata.
      Quanto alla digitalizzazione delle rilevazioni, sostituire l'elemento umano con la macchina significa irrigidire tutto il sistema, che invece dovrebbe essere fluido, scorrevole, modulare, adattato alle situazioni. In fondo, il codice della strada è composto da una serie di convenzioni che in quanto tali non dovrebbero mai scavalcare la realtà dei fatti; andare sulle corsie d'emergenza in Italia costa 10 punti di decurtazione e una cospicua multa, mentre in Inghilterra è un mezzo per snellire il traffico; superare di 60 km/h il limite di velocità in Italia costa 7.000 euro, in Germania non viene nemmeno considerato se il mezzo e il luogo sono adatti.
      Le regole sono diventate così tante, così immanenti e così retoriche, che a seguirle tutte si rischia la paralisi: lo sanno bene i
 

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cittadini che spesso si rendono conto che il traffico scorre meglio se non c'è nessun vigile a controllarlo, ma ci si affida al comune buonsenso, il cui utilizzo dovrebbe essere stimolato invece che represso.

      Follie di un pazzo o di un idealista ? Esattamente il contrario, secondo le ricerche di sociologi, ingegneri del traffico e studiosi dei frattali e della teoria del caos. La questione è analizzata partendo dalla più banale delle osservazioni: che l'uomo è un animale sociale e che tende ad accordarsi, anche nelle difficoltà. Ci si meraviglia che ci sono tanti incidenti! Ci si dovrebbe meravigliare del contrario, e cioè che ce ne sono così pochi, se consideriamo che rispetto agli anni '70 il traffico e il numero dei mezzi sono più che triplicati, che molte auto oggi superano tranquillamente i 200 km/h (e tutte superano i 150 km/h), rispetto ai 167 km/h di media dei modelli più veloci di venti anni fa, che la media della potenza dei motori è di 143 cavalli rispetto ai 96 cavalli di venti anni fa, che i veicoli sono sette volte più ingombranti di venti anni fa (dati Quattroruote, maggio 2006); e nonostante le grida di allarme va anche segnalato che sulle autostrade il tasso di mortalità è passato da 1,14 nel 1999 a 0,60 nel 2006 (dati della società Autostrade per l'Italia Spa) e che i tassi di incidentalità e il numero di vittime sono decrescenti.

      Questa forbice in base alla quale le auto possono andare sempre più veloci, ma gli automobilisti devono andare sempre più piano è un'autentica assurdità; per fare un paragone biblico è come se Dio autorizzasse il serpente a piazzare tutte le mele che vuole nel giardino dell'Eden e a fare per ogni mela la più suadente delle pubblicità e poi si meravigliasse che Adamo o Eva ogni tanto raccolgono qualche frutto!

      Per tornare ai nostri studi, l'ingegnere del traffico Hans Monderman ha realizzato nel villaggio olandese di Drachten un esperimento nel quale ha soppresso semafori e segnali. Le regole sono quelle di prima, ma non avendo alcuna indicazione «le auto stanno attente ai ciclisti e i ciclisti stanno attenti ai pedoni: senza semafori ognuno pensa agli altri. Le contrattazioni sul diritto di precedenza avvengono con un rapido scambio di occhiate». Nella cittadina danese di Christianfield hanno ridotto da 3 a 0 la media annuale di incidenti gravi togliendo tutti i segnali dagli incroci più importanti (Wired, Usa, traduzione in Internazionale, 4 marzo 2005, e annessa bibliografia). Lo slogan di questa teoria è «meno è meglio», altro che «semafori intelligenti»!

      Gli studiosi della teoria del caos, messi di fronte alla questione di come riempire il più rapidamente possibile di passeggeri un aeroplano (si sale solo davanti e il corridoio è stretto), si sono resi conto che il modo migliore è lasciar fare ai passeggeri stessi, desumendone la constatazione che regole «larghe» si adattano meglio alla natura sociale dell'uomo.

      Il codice della strada dovrebbe quindi stimolare buonsenso e collaborazione ed essere meno «poliziesco», dovrebbe commisurare ogni sanzione alla reale entità del fatto e non creare un'orda crescente di onnipotenti repressori. Dovrebbe reprimere i malintenzionati che invece tornano regolarmente in circolazione, e non penalizzare materialmente i malcapitati. Altrimenti si finisce con il multare il ciclista troppo energico che ha superato i 50 km/h, il vecchietto che porta le buste della spesa appese ai manubri del motorino, un motociclista che nello sfolgorante sole di Palermo ha dimenticato di accendere i fari, l'ignaro automobilista che guida a 46 km/h non sapendo che qualche operaio dell'ANAS ha dimenticato durante gli ultimi lavori un cartello con il limite di 40 km/h, un cartello che, però, «è legge»; si finisce, in sintesi e con metafora, come degli avvoltoi appostati dentro i portoni, che multano tutti quelli che guidano in quei dieci metri di corsia preferenziale.

      Nessuno si alza la mattina pensando di violare il codice della strada, ma poi si finisce con il violarlo a ogni riga scavalcata, a ogni parcheggio di due minuti in doppia fila per prendere il bambino a scuola, a ogni segnale posto in maniera insensata, che però «è legge», in città e in strade sempre più strette e affollate. Di fronte a questi fatti il cittadino prima si
 

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adegua, poi si lamenta, poi, infine, si ribella in tutti i modi possibili e anche in qualcuno «impossibile», esercitando il suo legittimo diritto di resistenza. Non ci sentiamo di dargli torto!

      Pertanto, la presente proposta di legge, in primo luogo, reca modifiche all'articolo 11 del codice della strada, sostituendo al concetto di repressione quello di collaborazione, e in caso di comportamento scorretto sostituisce, in prima battuta, l'immediata comminazione della sanzione con l'intimazione a cessare il comportamento.

      La normativa così modificata è sufficientemente potente da implicare una modifica «a cascata» delle restanti disposizioni del codice della strada e, conseguentemente, da portare a un significativo cambiamento nell'interpretazione della stessa normativa da parte delle competenti corti amministrative e giudiziarie.

      Nell'articolo 2 della proposta di legge si ripropone la disposizione già approvata nel corso dell'esame del decaduto decreto-legge n. 184 del 2005, relativa al divieto per i vigili urbani di elevare multe sulle strade statali e sulle autostrade al solo scopo di determinare nuove entrate per le casse comunali. Si prevede inoltre l'obbligo di segnalare la presenza di autovelox e quello di tararli annualmente.

      Nell'articolo 3, infine, si dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni per la violazione dei limiti di velocità siano destinate a investimenti per il miglioramento della sicurezza stradale, e attribuite per il 70 per cento allo Stato e per il 30 per cento agli enti proprietari delle strade.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Regole di comportamento nell'esecuzione dei servizi di polizia stradale).

      1. All'articolo 11 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Costituiscono servizi di polizia stradale:

              a) la predisposizione e l'esecuzione dei servizi diretti a regolare la circolazione e a rendere scorrevole il traffico;

              b) l'aiuto all'utenza stradale qualora sia richiesto dalla medesima utenza o se ne ravvisi la necessità, nonché la tutela e il controllo sull'uso della strada;

              c) la prevenzione e l'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale;

              d) la rilevazione degli incidenti stradali;

              e) la scorta per la sicurezza della circolazione»;

          b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. L'opera degli organi di polizia stradale è improntata a criteri che favoriscano la collaborazione con l'utenza stradale. In tale ambito, salvo che nei casi di necessità e urgenza, l'applicazione delle disposizioni sanzionatorie deve essere successiva all'intimazione a cessare il comportamento non consentito o all'utilizzazione degli altri strumenti di regolazione a disposizione dei predetti organi».

 

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Art. 2.
(Limiti all'utilizzo di apparecchiature per la rilevazione della velocità).

      1. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il comma 1 dell'articolo 12 è inserito il seguente:

      «1-bis. Sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali, ai Corpi e ai servizi di polizia municipale di cui al comma 1, lettera e), è precluso l'accertamento delle violazioni ai limiti massimi di velocità indicati all'articolo 142 attraverso l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocità, ovvero attraverso l'utilizzazione di dispositivi di controllo a distanza delle violazioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2002, n. l68»;

          b) al comma 6 dell'articolo 142, dopo le parole: «debitamente omologate,» sono inserite le seguenti: «adeguatamente segnalate all'utenza e con segnalatore a display della velocità puntuale,».

      2. Il primo periodo del comma 2 dell'articolo 345 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, è sostituito dal seguente: «Le singole apparecchiature devono essere omologate e approvate dal Ministero dei trasporti e sono soggette a taratura metrica annuale».

Art. 3.
(Destinazione delle entrate derivanti dalle sanzioni per la violazione dei limiti di velocità).

      1. Dopo il comma 4-bis dell'articolo 208 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è inserito il seguente:

      «4-ter. Le entrate derivanti dalle sanzioni per la violazione dei limiti di velocità

 

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accertate tramite le fonti di prova di cui all'articolo 142, comma 6, sono destinate a investimenti per il miglioramento della sicurezza stradale, ivi compresa la manutenzione, e per l'adeguamento della segnaletica stradale. A tale fine, è istituito nello stato di previsione del Ministero dei trasporti un apposito fondo cui affluisce il 70 per cento delle suddette risorse. La restante quota del 30 per cento è devoluta agli enti proprietari delle strade sulle quali sono state rilevate le infrazioni, per le medesime finalità. È fatto assoluto divieto di utilizzare le risorse derivanti dalle suddette sanzioni per la copertura di spese correnti. Le modalità di utilizzazione delle risorse di cui al presente comma sono disciplinate con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni».


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