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PDL 2547

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2547



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MIGLIORE, ACERBO, BURGIO, CACCIARI, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DEIANA, DE SIMONE, DIOGUARDI, DURANTI, FALOMI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, FRIAS, GIORDANO, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MANTOVANI, MASCIA, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, FRANCO RUSSO, SINISCALCHI, SMERIGLIO, SPERANDIO, ZIPPONI

Nuove norme in materia di ingresso e di soggiorno dei cittadini e delle cittadine stranieri in Italia e delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle disposizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno dei cittadini e delle cittadine stranieri in Italia

Presentata il 24 aprile 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Siamo a un passaggio di grande rilevanza per quel che riguarda la modifica della normativa vigente in tema di politiche migratorie. A partire dall'affermazione de L'Unione alle elezioni politiche scorse, infatti, si è aperto un dibattito pubblico segnato dalla necessità di realizzare un cambiamento strutturale delle politiche sull'immigrazione, mentre il Governo ha costruito un importante percorso di confronto con regioni, enti locali, attori sociali, associazioni e migranti.
      In questo quadro, ormai in prossimità della presentazione del disegno di legge delega del Governo, si colloca la nostra proposta di legge. Essa vuole rappresentare un contributo al dibattito parlamentare che si svilupperà sul testo del Governo. Al contempo, essa vuole contribuire
 

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anche alla discussione successiva: quando il disegno di legge delega sarà approvato, e l'esecutivo sarà chiamato a definire, a partire dagli indirizzi dati dalle Camere, una nuova legge in materia di immigrazione, sostitutiva del vigente testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, di seguito denominato «testo unico».
      Il testo che presentiamo rappresenta una proposta di legge organica, che sceglie di collocarsi sul terreno dell'attuazione puntuale del programma de L'Unione, nelle parti appositamente dedicate alle politiche migratorie, ma anche per quanto contenuto più complessivamente in altri passaggi, in materia di lavoro, scuola, giustizia, come dei più generali riferimenti alla necessità di costruire politiche di inclusione e di rimozione delle disuguaglianze.
      Non è dunque la proposta di legge che astrattamente avremmo presentato come Rifondazione Comunista se avessimo dovuto disegnare, fuori dal contesto dato, la politica a nostro avviso più giusta ed efficace in materia di immigrazione, ma è la declinazione normativa che proponiamo di quel compromesso avanzato e che tutta l'Unione ha sottoscritto presentandosi agli elettori.
      Ed è una proposta di legge organica che cerca di ridisegnare un quadro complessivo, anche oltre i temi che sono stati maggiormente affrontati nel dibattito di questi mesi. Partendo dalla riscrittura, dunque, delle finalità e dei princìpi generali, per affrontare via via tutti i nodi di una materia decisiva per il futuro della nostra società, sul terreno demografico, sociale ed economico, culturale e democratico.

La ratio della proposta di legge

      La logica della nostra proposta di legge è la stessa che è sottesa ed esplicitata nel programma de L'Unione, il cui contributo innovativo si basa su un intreccio di nodi analitici e propositivi.
      Da un lato, un assunto di fondo. Ci troviamo di fronte non ad una «emergenza», ma a processi strutturali di lungo periodo, determinati dalle disuguaglianze a livello planetario e dall'accresciuta mobilità delle persone. Parlare di migrazioni significa in quest'ottica parlare prima di tutto di donne e di uomini che stanno cercando di costruire propri percorsi di vita, non determinati dalla condizione che il destino ha dato in sorte a ciascuno. I diritti di queste persone devono essere criterio fondante delle politiche migratorie, in linea con quanto ci ricorda l'articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
      A questo assunto di fondo se ne associa un altro più «empirico», che attiene al bilancio delle politiche sin qui seguite.
      È noto come dal 1986 ad oggi siano intervenute cinque sanatorie (1986, 1990, 1995, 1998, 2002), che hanno regolarizzato un milione e mezzo di persone; al 2003 - anno in cui si sono registrati gli effetti dell'ultima regolarizzazione - oltre il 70 per cento degli stranieri regolari in Italia risultava beneficiario di un provvedimento di sanatoria. Nonostante gli investimenti massicci sul terreno della repressione - va ricordato che in questi anni lo Stato italiano ha speso l'80 per cento delle risorse per azioni di contrasto, espulsioni, detenzioni, rimpatri, e solo il 20 per cento per misure e progetti di inserimento sociale - la stragrande maggioranza degli immigrati sono entrati come clandestini, o comunque hanno vissuto un periodo più o meno lungo di irregolarità.
      La vera politica sull'immigrazione è stata dunque un mix di proibizionismo - con i correlati proclami propagandistici per «tranquillizzare» l'opinione pubblica - e di periodiche sanatorie.
      Il bilancio è quello di un meccanismo assolutamente ipocrita e inefficace rispetto agli obiettivi dichiarati, ma che ha viceversa prodotto e alimentato clandestinità e tragedie dai costi umani elevatissimi. Com'è noto, infatti, la percentuale di migranti che arrivano clandestinamente via mare è estremamente ridotta (minore del 10 per cento), ma le tragedie che si consumano sono enormi.

 

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      L'organizzazione United for International Action ha documentato, dal 1993 ad oggi, oltre 5.000 cittadini stranieri morti nel tentativo di entrare o di rimanere nell'Unione europea: e si tratta certamente di cifre approssimate per difetto.
      La grande quantità di risorse spese in azioni di contrasto e di repressione ha dunque avuto come solo esito quello di causare sofferenze, e di rendere le vite dei migranti sottoposte a ogni ricatto e precarietà. Non ha, viceversa, fermato in alcun modo i flussi migratori, alimentati dalle aspettative dei migranti, dalle dinamiche demografiche e dalle necessità del mercato del lavoro, tanto più per la presenza rilevantissima, in Italia, di un'ampia area di lavoro nero e di economia sommersa.
      Per costruire nuove politiche e una nuova legislazione in materia di immigrazione è necessario fare un bilancio veritiero di quanto fin qui accaduto, guardando alla realtà dei processi sociali.
      Le nostre società hanno bisogno dell'immigrazione. Vale per l'Europa e a maggior ragione per l'Italia. Secondo le stime dell'Organizzazione internazionale del lavoro, con la popolazione dei 15 «vecchi» Stati europei in costante e rapido invecchiamento c'è bisogno di circa 47 milioni di immigrati per mantenere fino all'anno 2050 l'attuale dimensione complessiva della popolazione europea e, addirittura, di 79 milioni di immigrati per mantenere costante la fascia compresa tra i 15 e i 64 anni di età, cioè la fascia attiva. Nella previsione di un costante aumento dell'occupazione femminile (+1 per cento annuo per i prossimi 25 anni), del mantenimento degli attuali livelli di crescita del prodotto interno lordo europeo, ipotizzando un aumento di produttività al 2,5 per cento annuo, l'Unione europea registrerà una carenza di lavoratori nell'anno 2050 di 38 milioni di unità, o di 88 milioni se la produttività aumenterà solo del 2 per cento.
      Per quel che riguarda l'Italia, senza l'immigrazione la popolazione della fascia di età più attiva (fra i 20 e i 40 anni) diminuirebbe di oltre 300.000 unità all'anno.

La proposta di legge in dettaglio

1.  Rendere possibile e conveniente l'ingresso legale.

      La programmazione degli ingressi per come è sin qui avvenuta ha significato di fatto l'impossibilità di entrare legalmente nel nostro Paese: quote irrisorie rispetto agli stessi fabbisogni del mercato del lavoro, e un meccanismo, come quello della chiamata nominativa su estero, per cui i datori di lavoro avrebbero dovuto assumere «a distanza» persone che non conoscevano.
      È centrale, rispetto all'ingresso, la possibilità dell'incontro diretto fra domanda e offerta di lavoro.
      Nella presente proposta di legge prevediamo anzitutto una programmazione dei flussi molto più ampia e realistica di quanto fin qui avvenuto. Le quote devono tenere conto delle dinamiche del mercato del lavoro, come anche dei processi migratori effettivi. Si tratta, tra l'altro, di due fattori oggi in equilibrio: si stima in circa 250.000-300.000 il numero di persone che ogni anno entrano - regolarmente o meno - in Italia, un numero corrispondente ai fabbisogni del mercato del lavoro e alle dinamiche demografiche.
      Per altro verso è centrale la previsione di poter entrare per «cercare lavoro» anche senza avere, cioè, un datore italiano che abbia effettuato un'assunzione dall'estero. Anche in questo caso si tratta di far diventare norma quanto avviene nella realtà. Nella nostra proposta di legge, che segue fedelmente le indicazioni del programma de L'Unione, l'ingresso per ricerca di lavoro è legato alla dimostrazione di un certo livello di garanzie economiche.
      È cosa nota che chi decide di emigrare organizza la propria scelta, costruisce un suo percorso.
      Oggi, in particolare, per chi viene dall'altra sponda del Mediterraneo (che è solo il 10 per cento dell'immigrazione clandestina) non esiste altra possibilità che mettere

 

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da parte risorse per pagare gli scafisti fino a Lampedusa, sperando di arrivare vivi. Domani dovrà essere possibile che quelle risorse servano a garantire la sopravvivenza dei migranti nel periodo di ricerca del lavoro, a prendere un traghetto di linea e a sbarcare in una qualsiasi parte del territorio nazionale. Il livello di garanzie economiche non deve essere una barriera insormontabile, ma corrispondente alle possibilità effettive dei migranti, essendo evidente che in caso contrario scafisti e trafficanti continuerebbero a lucrare sui bisogni delle persone.
      Per questo, nella nostra ipotesi, il migrante che voglia venire a cercare lavoro in Italia dovrà dimostrare la disponibilità di 5 mensilità dell'assegno sociale, corrispondenti a circa 2.000 euro. Tali risorse potranno essere depositate sia dal cittadino e della cittadina stranieri che si trovano ancora nel Paese di origine (e fruite nel periodo della ricerca di lavoro), sia da un «garante» in Italia: un cittadino o una cittadina stranieri regolarmente soggiornanti, un privato, un'associazione o un'impresa. Si tratta, in questo secondo caso, della reintroduzione del cosiddetto sponsor, abolito dalla «legge Bossi-Fini», ovvero la legge n. 189 del 2002.
      Una volta entrato in Italia, il migrante potrà rimanervi per un anno, per cercare lavoro.
      Occorre inoltre intervenire radicalmente su altri ostacoli che si frappongono all'effettiva possibilità di costruire percorsi legali di ingresso che sono toccati solo marginalmente dalla legge, primo fra tutti una riforma del sistema dei consolati, attualmente del tutto inadeguato. Nel testo della presente proposta di legge, si dà indicazione di procedere a tale riforma, e si introducono nei consolati dei Paesi di maggiore emigrazione associazioni di tutela dei diritti.

2.  Rendere meno precaria la presenza dei migranti in Italia.

      Attualmente, persino i migranti già arrivati in Italia, e che soggiornano in modo regolare, sono assoggettati a una condizione di precarietà intollerabile.
      Se è pressoché impossibile, per un cittadino o una cittadina stranieri, entrare legalmente nel nostro Paese, o regolarizzare la loro posizione quando sono «clandestini», è invece molto facile perdere il permesso di soggiorno quando lo si è già ottenuto: le condizioni per il rinnovo sono spesso irrealistiche, o comunque molto difficili da soddisfare. Stranieri da lungo tempo residenti in Italia, e ormai stabilmente inseriti, vengono trattati come persone appena arrivate, e assoggettati a controlli continui e spesso vessatori. I permessi di soggiorno hanno tempi di validità molto brevi, e al momento del rinnovo non possono essere rilasciati con una durata superiore rispetto a quella del primo rilascio: così, i migranti sono costretti a presentarsi più volte in questura, incrementando file e tempi di attesa. Se si perde il lavoro o si viene licenziati - cosa che accade frequentemente, data la progressiva precarizzazione del mercato del lavoro - si finisce per perdere anche il permesso di soggiorno: oggi, con la legge «Bossi-Fini», si può rimanere in Italia per non più di sei mesi.
      Noi vogliamo de-precarizzare la condizione di vita dei migranti. A un mercato del lavoro che offre opportunità quasi esclusivamente a tempo determinato non possono corrispondere permessi di soggiorno rigidamente ancorati a tali contratti. Proponiamo il rilascio di un permesso per un anno allo straniero che abbia contratti di lavoro a tempo determinato inferiori a sei mesi, e di permessi di durata biennale per contratti più lunghi. Chi è assunto a tempo indeterminato avrebbe, nella nostra proposta di legge, un permesso di soggiorno per tre anni (attualmente sono al massimo due). Chi rimane senza lavoro, o il soggetto a cui scade il contratto di lavoro a tempo determinato, avrebbe diritto a un permesso di durata annuale, per attesa di occupazione, prorogabile una sola volta in presenza di adeguati mezzi di sussistenza.
      Dopo cinque anni di permanenza in Italia, il cittadino e la cittadina stranieri devono aver diritto alla «carta di soggiorno» (cioè ad un documento a tempo indeterminato). Accanto alla «carta di soggiorno europea»,

 

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già introdotta dal nuovo Governo in attuazione di direttive comunitarie, abbiamo previsto una «carta di soggiorno nazionale», che - come scritto nel programma de L'Unione - non è vincolata a requisiti di reddito o abitativi.
      Vogliamo facilitare la possibilità di ricostruire in Italia il nucleo familiare. Attualmente il «ricongiungimento» è ostacolato da difficoltà burocratiche di ogni tipo. La nostra proposta è quella di semplificare le procedure e di ampliare le tipologie di parenti che possono entrare nel nostro Paese grazie al ricongiungimento: oltre al coniuge e ai figli minori, si prevedono figli maggiorenni e genitori (che già oggi possono entrare, ma solo se in possesso di requisiti troppo restrittivi).

3.  Regolarizzare chi lavora.

      Con le norme attualmente in vigore nessun cittadino o cittadina stranieri irregolari può ottenere il permesso di soggiorno: nemmeno se ha un lavoro e se dimostra di possedere tutti i requisiti per poter rimanere in Italia. In questi anni, un simile «divieto generale di regolarizzazione» ha prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
      Sono ormai numerosissime, per esempio, le famiglie che affidano il lavoro domestico - ma anche la cura di anziani e di bambini - a migranti, spesso donne, costrette ad essere «clandestine», che rischiano di essere espulse, prive di ogni diritto, a cominciare da quello di poter tornare periodicamente e alla luce del sole alla propria famiglia e agli affetti del Paese di provenienza. Eppure a loro affidiamo la cura dei nostri parenti più stretti.
      Ovviamente la modifica delle norme sugli ingressi ha l'obiettivo di diminuire considerevolmente l'area dell'immigrazione «clandestina»: tuttavia, non possiamo pensare che norme anche sensibilmente migliori possano eliminare del tutto l'irregolarità, e non esiste un motivo ragionevole per impedire che chi ha comunque costruito un proprio percorso di inserimento nella società italiana non possa accedere a meccanismi di regolarizzazione.
      La nostra proposta di legge prevede sia la possibilità di regolarizzarsi consensualmente con il proprio datore di lavoro (senza penalizzazioni nel caso in cui questo sia una famiglia e non esista fine di lucro nell'assunzione irregolare del migrante); sia la regolarizzazione per denuncia o accertamento di lavoro nero; sia, infine, su valutazione di una commissione territoriale composta dal prefetto, dal questore, dalle organizzazioni sindacali e datoriali, dalle associazioni di tutela. Sono tutti strumenti presenti nel programma de L'Unione. Nel caso di denuncia di lavoro nero o di sfruttamento del lavoro dei migranti si tratta di fare un passo avanti rispetto alla modifica dell'articolo 18 del vigente testo unico, già proposta dal Governo, svincolandolo dal legame con la tratta e dunque dalla previsione che la regolarizzazione possa scattare solo in caso di «pericolo concreto e attuale per l'incolumità della persona».
      Il programma dell'Unione, del resto, prevedeva che occorresse «concedere un permesso di soggiorno ad ogni immigrato che denunciasse la propria condizione di lavoro irregolare».
      Il complesso di queste misure avrebbe come conseguenza non solo di tutelare i diritti dei lavoratori migranti, ma anche di rafforzare i diritti di tutti i lavoratori eliminando i meccanismi di concorrenza al ribasso. Lo svuotamento delle sacche di lavoro e di economia sommersa significa, inoltre, eliminare uno dei fattori principali di attrazione di flussi migratori irregolari, riportando a legalità il funzionamento del mercato del lavoro nel nostro Paese.

4.  Allontanamento dal territorio.

      Quando parliamo di immigrazione, l'associazione automatica è agli «sbarchi» di cittadini stranieri sulle coste italiane, in particolare nel sud del nostro Paese. Nonostante il risalto mediatico che viene attribuito a questo fenomeno, è noto che esso non rappresenta che il 10 per cento degli ingressi irregolari.

 

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      La costruzione di possibilità di ingresso legale, attraverso una diversa programmazione dei flussi, l'introduzione dell'ingresso per ricerca di lavoro e su garanzia di terzi, hanno come esito la riduzione degli arrivi irregolari e la convenienza dei migranti a entrare con i propri documenti di identità. D'altra parte, la messa in campo di norme volte alla stabilizzazione della presenza dei cittadini stranieri e alla diminuzione della precarietà della loro condizione di vita e di lavoro sono destinate a ridurre l'area dell'«irregolarità di ritorno» (chi entra regolarmente ma poi perde il permesso di soggiorno). A tutto questo va aggiunta l'indispensabile approvazione di una normativa sull'asilo, in attuazione dell'articolo 10 della Costituzione, che darebbe finalmente a chi emigra non per motivi economici, ma per bisogno di protezione, la possibilità di vedere riconosciuti i propri diritti.
      L'insieme di queste misure riduce il problema delle espulsioni a una dimensione effettivamente residuale, che può e deve essere gestita nel pieno rispetto dei diritti delle persone e senza misure di «diritto speciale» come la detenzione amministrativa.
      Il migrante arrivato irregolarmente via mare (in numeri - ribadiamo - che sarebbero sensibilmente inferiori agli attuali) dovrebbe essere accolto in strutture aperte, in cui garantire la sua reperibilità: qui dovrebbero essere distinte le diverse situazioni soggettive. Chi ha diritto all'asilo, chi non può essere espulso per motivi umanitari deve poter avere un permesso di soggiorno; chi non possiede tali requisiti deve essere avviato a programmi di ritorno concordato al Paese d'origine, secondo il meccanismo indicato dal programma de L'Unione e sviluppato dalla stessa Commissione per le verifiche e le strategie dei centri per gli immigrati del Ministero dell'interno (cosiddetta «Commissione De Mistura»).
      Il ritorno concordato - che vale anche per chi sia divenuto irregolare - con il drastico abbattimento della durata del divieto di reingresso e il sostegno alla costruzione di percorsi di reinserimento nel Paese d'origine è un meccanismo che vuole ricostruire consensualmente la legalità degli ingressi e l'interesse del migrante ad accedere a tale percorso.
      Nei casi in cui è necessario procedere all'espulsione deve essere il giudice ordinario a prendere la decisione, e non più il prefetto come accade attualmente, con pieno rispetto delle norme costituzionali in materia di libertà della persona.
      Nel caso in cui il giudice ritenga che il migrante possa rendersi irreperibile, o per problemi legati all'identificazione, può disporre la misura della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno in una determinata località (il proprio domicilio o, qualora non abbia un domicilio, altre strutture) e con obbligo di dimora in determinate ore della giornata.
      Il migrante che si rende irreperibile, al rintraccio, è sottoposto alla misura del fermo di polizia e alla successiva espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera da parte della forza pubblica.
      I centri di permanenza temporanea, a cui da sempre ci opponiamo, per il loro rappresentare un'«eccezione» allo Stato di diritto, privando della libertà persone che non hanno commesso alcun reato, verrebbero in questo modo soppressi.
      La situazione attuale ha del resto evidenziato in maniera eclatante l'assoluto fallimento del sistema dei centri di permanenza temporanea rispetto agli obiettivi dichiarati.
      Come risulta dai dati forniti dalla Corte dei conti, dal Ministero dell'interno e dalla stessa Commissione De Mistura, i centri allontanano effettivamente appena il 2,5 per cento degli irregolari. Sono dunque luoghi di negazione dei diritti, di sperpero di risorse e, pertanto, inutili rispetto ai loro scopi dichiarati.

5.  Trasferimento delle competenze sul rinnovo dei permessi di soggiorno agli enti locali.

      Le competenze sul rinnovo dei permessi di soggiorno sono trasferite agli enti

 

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locali. Si deve porre fine a quel meccanismo discriminatorio per cui, mentre tutti i cittadini si recano all'anagrafe dei comuni, per gli immigrati è previsto un altro canale. La recente esperienza dell'accordo con le Poste italiane Spa sottoscritto dal precedente Governo, che deve essere revocato al più presto, è oltretutto la dimostrazione più eclatante della necessità di mettere in campo un meccanismo a regime non più emergenziale.

6.  Eliminare le discriminazioni sociali.

      La proposta di legge che presentiamo tecnicamente prevede la riscrittura integrale di tutti gli articoli da 1 a 33 del vigente testo unico, e l'abrogazione delle modifiche introdotte dalla legge «Bossi-Fini» per quel che riguarda gli articoli da 34 a 46, ritornando in questo caso alla legislazione precedente.
      Questa scelta è motivata da due ragioni di fondo. La prima è relativa al fatto che si è ritenuto urgente intervenire sulla parte che ha in questi anni causato maggiori iniquità e distorsioni (ossia quella relativa agli ingressi, ai permessi di soggiorno e alle espulsioni), mentre gli articoli da 34 a 46 in molte loro parti contengono indubbiamente norme avanzate, il cui limite è stato semmai lo scarso seguito che hanno avuto in termini di concreta attuazione.
      La seconda motivazione risiede nel fatto che tuttavia proprio sugli articoli da 34 a 46 del testo unico, che riguardano il concreto accesso ai diritti di cittadinanza sociale (sanità, assistenza, formazione, politiche abitative), sono necessari interventi fortemente intrecciati con le politiche generali di welfare e che riordinino complessivamente il quadro normativo. Si tratta, in sostanza, una volta riscritti i princìpi generali relativi all'ingresso e al soggiorno, di aprire la grande e centrale partita della ridefinizione dello Stato sociale nel nostro Paese, come di ripensare, per fare un esempio, a una scuola che non sia aggiuntivamente attenta ai problemi posti dalla presenza di bambini stranieri, ma che si ridefinisca sul terreno della promozione dell'uguaglianza e, insieme, della valorizzazione e del dialogo fra culture. Un compito complesso che riguarda in realtà la vera posta in gioco in una situazione in cui sono ormai milioni i nuovi cittadini, destinati a crescere significativamente nei prossimi anni, e che non poteva essere svolto senza il necessario approfondimento.
      Su due aspetti, relativi a questi temi, interveniamo tuttavia da subito nel corpo della proposta di legge.
      Il primo aspetto sancisce il diritto delle cittadine e dei cittadini stranieri a partecipare ai concorsi e alle selezioni per l'accesso al pubblico impiego.
      Il secondo aspetto prevede la possibilità già contenuta nella legge n. 40 del 1998, di restituzione dei contributi pensionistici versati, in caso di ritorno in patria prima dell'età pensionabile per quei Paesi con i quali non esistono accordi che consentono la totalizzazione dei contributi, ponendo fine a un evidente furto ai danni dei lavoratori immigrati e creando anche per questa via un incentivo alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro.

7.  Diritto di voto e ratifica della Convenzione ONU.

      In ultimo, la nostra proposta di legge riprende quella dell'Associazione nazionale dei comuni italiani in materia di diritto di voto attivo e passivo per le elezioni amministrative e regionali, che viene acquisito dopo cinque anni di soggiorno regolare in Italia. La proposta di legge, nei princìpi guida, indica anche la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata il 18 dicembre 1990. La Convenzione ONU non è stata ancora ratificata dall'Italia, ma rappresentava uno degli impegni del programma de L'Unione a cui crediamo si debba dare coerentemente seguito come richiesto da moltissimi soggetti associativi, a cominciare dalle organizzazioni sindacali.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.
(Finalità).

      1. Nel rispetto dei diritti fondamentali della persona e in conformità alla Costituzione, ai princìpi e alle convenzioni di diritto internazionale nonché alla normativa comunitaria, la Repubblica riconosce ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, di seguito denominati «cittadini e cittadine stranieri», condizioni di uguaglianza rispetto ai cittadini e alle cittadine italiani, attivandosi per rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione.
      2. Le politiche migratorie sono finalizzate a:

          a) promuovere un governo giusto ed efficace dei fenomeni migratori nel rispetto dei diritti fondamentali della persona;

          b) valorizzare il contributo sociale, economico e culturale che i fenomeni migratori possono apportare ai cittadini e alle cittadine migranti, ai Paesi di provenienza e ai Paesi di arrivo;

          c) garantire i diritti umani fondamentali ai cittadini e alle cittadine stranieri presenti a qualunque titolo sul territorio nazionale;

          d) favorire i processi di stabilizzazione, di inserimento sociale e di acquisizione della cittadinanza italiana dei cittadini e delle cittadine stranieri;

          e) promuovere la partecipazione alla vita pubblica;

          f) rimuovere ogni forma di discriminazione;

 

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          g) rimuovere le situazioni di violenza e di sfruttamento lavorativo dei cittadini e delle cittadine stranieri;

          h) favorire la comunicazione e il reciproco riconoscimento delle identità culturali, religiose e linguistiche;

          i) garantire la tutela legale e, in particolare, l'effettività del diritto di difesa ai cittadini e alle cittadine stranieri presenti a qualunque titolo sul territorio nazionale.

Art. 2.
(Princìpi generali).

      1. La Repubblica attua e promuove i diritti fondamentali della persona umana previsti dall'ordinamento interno, dalle norme comunitarie, dai princìpi e dalle convenzioni del diritto internazionale e, in particolare, da:

          a) la Costituzione;

          b) la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 gennaio 1948;

          c) la Convenzione internazionale relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722;

          d) la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176;

          e) la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro, adottata a Ginevra il 24 giugno 1975, resa esecutiva dalla legge 10 aprile 1981, n. 158, che garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio italiano e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani;

          f) il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York

 

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il 16 dicembre 1966, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881;

          g) il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, adottato a New York il 16 dicembre 1966, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881;

          h) la Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, adottata a New York il 21 dicembre 1965, resa esecutiva dalla legge 13 ottobre 1975, n. 654;

          i) la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848;

          l) la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale del Consiglio d'Europa, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992;

          m) la Dichiarazione e il Programma d'azione adottati a Pechino dalla IV Conferenza mondiale sulle donne nel 1995;

          n) la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio europeo e dalla Commissione delle Comunità europee a Nizza il 7 dicembre 2000;

          o) la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990.

Art. 3.
(Ambito di applicazione).

      1. La presente legge si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini e alle cittadine stranieri.
      2. La presente legge non si applica, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli ai:

          a) cittadini e cittadine degli Stati membri dell'Unione europea;

 

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          b) cittadini e cittadine stranieri che richiedono o che hanno ottenuto l'asilo ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione;

          c) cittadini e cittadine stranieri che richiedono o che hanno ottenuto il riconoscimento dello status di apolide;

          d) cittadini e cittadine stranieri che richiedono o che hanno ottenuto lo status di rifugiati ai sensi della citata Convenzione internazionale relativo allo statuto dei rifugiati, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, o altre forme di protezione umanitaria o sussidiaria.

      3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, i riferimenti contenuti nelle disposizioni vigenti a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana, devono intendersi fatti agli istituti previsti dalla presente legge. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.
      4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le disposizioni della presente legge hanno valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

Capo II
DISPOSIZIONI SULL'INGRESSO IN ITALIA

Art. 4.
(Ingresso nel territorio dello Stato.
Disposizioni generali).

      1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito al cittadino e alla cittadina stranieri in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione e salvo che

 

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lo straniero si trovi nelle condizioni previste dall'articolo 10, terzo comma, della Costituzione, ovvero che richieda il riconoscimento dello status di rifugiato, o che comunque rientri in una delle condizioni di divieto di espulsione e di respingimento previste dall'articolo 41 della presente legge, e può avvenire, ad eccezione dei casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.
      2. L'Italia consente l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostra di essere in possesso dei requisiti stabiliti dalla presente legge. Non sono ammessi nel territorio nazionale il cittadino e la cittadina stranieri che non soddisfano tali requisiti o che sono considerati, sulla base di elementi di fatto, una minaccia concreta ed attuale per la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia ha sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e per la libera circolazione delle persone.
      3. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti alla frontiera i cittadini e le cittadine stranieri espulsi per i quali non è trascorso il periodo di divieto di reingresso nel territorio italiano.

Art. 5.
(Archivio centrale informatizzato dei visti di ingresso).

      1. Presso il Ministero degli affari esteri è istituito l'Archivio centrale informatizzato dei visti di ingresso (ACIVI). L'ACIVI raccoglie in forma telematica tutte le istanze per la concessione di visto di ingresso presentate alle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane da cittadini e cittadine stranieri.
      2. Nell'ACIVI ciascuna istanza per la concessione di visto di ingresso è identificata da un codice numerico, di seguito denominato «codice ACIVI». A ogni codice ACIVI sono associati i dati anagrafici e gli estremi del passaporto del richiedente, la data di presentazione dell'istanza di visto di ingresso, l'indicazione della

 

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rappresentanza diplomatica o consolare competente al rilascio o al rifiuto, nonché gli estremi dell'eventuale provvedimento adottato dall'amministrazione degli affari esteri.
      3. Ai fini del rilascio del visto di ingresso entro i limiti numerici definiti dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7, fa fede l'ordine temporale di presentazione delle domande di visto.
      4. All'ACIVI accedono, per consultazione, gli uffici di polizia incaricati della sorveglianza dei valichi di frontiera e gli uffici delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane.
      5. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 definisce le modalità di funzionamento dell'ACIVI, nonché i relativi oneri finanziari a carico dell'amministrazione degli affari esteri.

Art. 6.
(Visto di ingresso).

      1. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza del cittadino e della cittadina stranieri. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati.
      2. Il visto di ingresso è richiesto dal cittadino e della cittadina stranieri per iscritto, anche a mezzo posta, alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana, ed è trasmesso per conoscenza, a cura del cittadino e della cittadina stranieri, al Ministero degli affari esteri per l'attribuzione del codice ACIVI. Le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane hanno l'obbligo di ricevere l'istanza di richiesta del visto di ingresso e di avviare il relativo procedimento, anche nel caso di documentazione carente o incompleta. All'atto della richiesta del visto di ingresso, l'interessato indica il domicilio a cui la rappresentanza

 

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diplomatica o consolare può inviare ogni comunicazione relativa al procedimento.
      3. La richiesta di visto di ingresso può essere presentata anche quando siano esaurite le quote disponibili stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7. Le domande di visto eccedenti il limite numerico fissato dal citato decreto mantengono la loro validità e hanno titolo di precedenza all'atto dell'emanazione del successivo decreto, salvo esplicita rinuncia da parte dell'interessato.
      4. Presso le ambasciate e i consolati presenti nei Paesi di maggiore emigrazione verso l'Italia sono istituiti appositi uffici di consulenza legale con la presenza di rappresentanti di associazioni nazionali di tutela e di promozione dei diritti dei migranti, anche al fine di monitorare l'effettiva possibilità di accesso alle strutture consolari medesime. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina le modalità di costituzione degli uffici di consulenza legale.
      5. Entro sette giorni lavorativi dalla data di ricezione dell'istanza di visto di ingresso, il Ministero degli affari esteri comunica alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana competente il codice ACIVI attribuito all'istanza.
      6. Entro quindici giorni dalla data di ricevimento dell'istanza di rilascio del visto di ingresso, salvi i casi di cui al comma 8, la rappresentanza diplomatica o consolare italiana comunica all'interessato l'avvio del procedimento finalizzato al rilascio del visto. Nella comunicazione devono essere obbligatoriamente indicati il responsabile del procedimento, il termine entro il quale il procedimento deve concludersi e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione, l'eventuale documentazione integrativa da produrre ai fini del rilascio del visto e il codice ACIVI attribuito all'istanza. La comunicazione è tradotta in lingua comprensibile al destinatario, ovvero nella lingua ufficiale del Paese in cui l'interessato ha stabile dimora.
      7. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana deve concludere il procedimento di rilascio o di rifiuto del visto
 

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di ingresso entro due mesi dalla data di ricezione dell'istanza ovvero, nel caso di ingressi di durata inferiore a tre mesi o per cure mediche, entro quindici giorni. Ove alla scadenza di tale termine il visto di ingresso non sia ancora stato rilasciato, in ragione di particolari esigenze istruttorie o di eventi di forza maggiore, la rappresentanza diplomatica o consolare italiana comunica tempestivamente all'interessato che il termine per il rilascio del visto è prorogato di quindici giorni, indicando i motivi del ritardo. Decorsi tali termini, in assenza di un provvedimento di rilascio o di rifiuto, la rappresentanza diplomatica o consolare italiana è comunque tenuta al rilascio del visto richiesto, salvo ricorrano gravi e fondate ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato. Il funzionario o il dipendente della rappresentanza diplomatica o consolare italiana, che non adempia a tale obbligo, è punito con l'ammenda fino a 1.032 euro.
      8. Nel caso di ingressi di durata inferiore a tre mesi o per cure mediche, ove emergano esigenze istruttorie ovvero la necessità di richiedere integrazione documentale, la rappresentanza diplomatica o consolare italiana inoltra entro quindici giorni dalla data di ricezione dell'istanza la comunicazione di cui al comma 6; il procedimento deve essere concluso entro quindici giorni dalla notifica di tale comunicazione.
      9. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso, l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna al cittadino e alla cittadina stranieri una comunicazione scritta in lingua ad essi comprensibile, che illustra i diritti e i doveri degli stranieri relativi all'ingresso e al soggiorno in Italia.
      10. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia per procedere al rilascio del visto di ingresso, l'autorità diplomatica o consolare italiana adotta il provvedimento di rifiuto del visto. Il provvedimento è adottato in forma scritta ed è motivato. Nel provvedimento sono indicati il nominativo del responsabile del procedimento nonché le modalità e i termini di impugnazione. Il provvedimento, redatto in lingua italiana, è notificato
 

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al cittadino e alla cittadina stranieri unitamente a una traduzione integrale in lingua ad essi comprensibile, ovvero nella lingua ufficiale del Paese ospite.
      11. La presentazione di documentazione comprovatamente falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto di ingresso comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della domanda.
      12. Per il cittadino e la cittadina stranieri in possesso di titolo di soggiorno ai sensi dell'articolo 11, comma 2, non è richiesto il visto di ingresso ai fini del reingresso nel territorio dello Stato. Il cittadino e la cittadina stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, che si trovino al di fuori del territorio dello Stato e che abbiano smarrito il proprio titolo di soggiorno, possono chiedere un visto di reingresso alla competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana. Il rilascio del visto di reingresso è subordinato unicamente alla verifica dell'effettiva titolarità di un titolo di soggiorno in corso di validità, ovvero scaduto da meno di due mesi.
      13. Il cittadino e la cittadina stranieri che hanno lasciato l'Italia prima della scadenza del titolo di soggiorno e che non hanno potuto rientrarvi nei due mesi successivi alla scadenza del medesimo titolo, possono inoltrare richiesta di rinnovo o di conversione del permesso di soggiorno all'autorità di cui all'articolo 13, comma 2, o all'articolo 14, comma 2, per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana, indicando i motivi del ritardo. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana trasmette l'istanza, corredata della documentazione prodotta, alla citata autorità entro dieci giorni dalla data di presentazione.
      14. Il funzionario o il dipendente della rappresentanza diplomatica o consolare italiana che non adempie agli obblighi di cui al comma 12 è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro.
      15. L'ingresso in Italia è consentito per soggiorni di breve durata, validi fino a tre mesi, e per soggiorni di lunga durata.
 

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      16. L'ingresso per soggiorno di breve durata è definito dalla normativa comunitaria in materia di ingresso nel territorio dell'Unione europea ed è subordinato alla dimostrazione della disponibilità di idonei mezzi di sussistenza, come definiti da apposita direttiva emanata dal Ministero dell'interno. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni opportuno provvedimento di revisione o di modifica dell'elenco dei Paesi i cui cittadini sono soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi derivanti da accordi internazionali e comunitari in vigore.
      17. L'ingresso per lunga durata è consentito con visti per ricerca di lavoro, per ingresso su garanzia di terzi, per lavoro subordinato con chiamata nominativa, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per studio, per cure mediche, per residenza elettiva o per motivi religiosi sulla base dei requisiti stabiliti dalla presente legge, ovvero per gli altri motivi indicati nel regolamento di attuazione di cui all'articolo 53, o previsti da accordi internazionali, anche bilaterali.
      18. Salva l'ipotesi di cui all'articolo 22, comma 4, avverso il provvedimento di diniego di rilascio del visto di ingresso è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, nel termine di quattro mesi dalla data di notifica del provvedimento. Nelle ipotesi di cui agli articoli 27, 29 e 30 il ricorso è proposto al tribunale amministrativo regionale del luogo ove ha sede il datore di lavoro o il soggetto garante ai sensi dell'articolo 29.

Art. 7.
(Politiche migratorie e documento programmatico).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

 

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autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, gli enti e le associazioni nazionali operanti per la tutela dei cittadini stranieri, la loro rappresentanza e la promozione dei diritti, predispone ogni tre anni, salvo la necessità di un termine più breve, il documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione.
      2. Il documento programmatico di cui al comma 1 è approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
      3. Il documento programmatico di cui al comma 1 definisce i flussi di ingresso e i tetti massimi di cittadini e cittadine stranieri da ammettere nel territorio nazionale per i motivi previsti dal comma 7 nel triennio e indica i criteri per la loro ripartizione su base annua.
      4. La determinazione dei flussi di ingresso di cui al comma 3 deve tenere conto delle indicazioni fornite dalle parti sociali, dalle regioni e dagli enti locali, anche in relazione agli andamenti dell'occupazione e del mercato del lavoro. I flussi di ingresso devono altresì essere predisposti in base all'effettività dei fenomeni migratori registrati nel triennio precedente.
      5. Il documento programmatico di cui al comma 1 indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli altri Stati membri dell'Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione. Esso prevede gli interventi volti a favorire l'inserimento sociale, le relazioni familiari, la rimozione di ogni discriminazione nei confronti dei cittadini e delle cittadine stranieri residenti in Italia.
      6. Il Governo presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione degli obiettivi definiti dal documento programmatico di cui al comma 1.
      7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
 

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modificazioni, e le competenti Commissioni parlamentari, è annualmente definito, entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento, sulla base dei criteri individuati nel documento programmatico di cui al comma 1 del presente articolo, il numero di cittadini e cittadine stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, per ingresso su garanzia di terzi, per ricerca di lavoro e per lavoro autonomo. Qualora se ne ravvisi l'opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l'anno. I visti di ingresso per lavoro subordinato, per ingresso su garanzia di terzi, per ricerca di lavoro e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro i limiti numerici definiti.
      8. Dai tetti numerici massimi di cittadini e cittadine stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, definiti dal decreto di cui al comma 7 del presente articolo, sono esclusi i ricongiungimenti familiari, i rinnovi dei permessi di soggiorno di cui all'articolo 13, le conversioni dei permessi di soggiorno di cui all'articolo 14, e le regolarizzazioni di cui al capo V e i provvedimenti di cui all'articolo 37, comma 3. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 33, comma 4.
      9. In considerazione di mutamenti considerevoli, registrati nel corso del triennio disciplinato dal documento programmatico di cui al comma 1, nelle condizioni occupazionali e del mercato del lavoro, ovvero nell'effettività dei fenomeni migratori, il Presidente del Consiglio dei ministri può autorizzare, con le modalità di cui al comma 7, ulteriori ingressi in deroga a quanto stabilito dal comma 3.

Art. 8.
(Ingresso per ricerca di lavoro).

      1. Il visto di ingresso per ricerca di lavoro consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intenda soggiornare in Italia ai fini della ricerca di un lavoro, ovvero per partecipare a corsi di formazione professionale o a corsi di studio

 

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o di ricerca secondo le modalità definite dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 53.
      2. Il visto di ingresso per ricerca di lavoro è richiesto dal cittadino e dalla cittadina stranieri interessati alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di origine o di stabile residenza, secondo le modalità stabilite dall'articolo 6, e può essere rilasciato nei limiti numerici annualmente definiti dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7.
      3. Ai fini del rilascio del visto di ingresso per ricerca di lavoro, il cittadino e la cittadina stranieri devono esibire il proprio passaporto valido o un documento equipollente, nonché la documentazione attestante la disponibilità finanziaria di una somma equivalente a cinque mensilità dell'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda del visto, anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa.

Art. 9.
(Ingresso per lavoro su chiamata
nominativa o per garanzia di terzi).

      1. Il visto di ingresso per lavoro subordinato su chiamata nominativa consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intendano soggiornare in Italia per svolgere attività di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, a seguito della chiamata di un datore di lavoro secondo le modalità di cui all'articolo 27.
      2. Il visto di ingresso per garanzia di terzi, rilasciato a seguito della garanzia prestata da terzi secondo le modalità di cui all'articolo 29, consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intendano soggiornare in Italia ai fini della ricerca di un lavoro, ovvero per partecipare a corsi di formazione professionale o a corsi di studio o di ricerca secondo le modalità definite dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 53.
      3. I visti di ingresso per lavoro subordinato su chiamata nominativa e per garanzia

 

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di terzi sono richiesti dal cittadino e dalla cittadina stranieri interessati alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di origine o di stabile residenza, secondo le modalità stabilite dall'articolo 6, e possono essere rilasciati nei limiti delle quote annuali di ingresso stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7.
      4. Ai fini del rilascio dei visti di ingresso di cui al presente articolo, il cittadino e la cittadina stranieri devono esibire il proprio passaporto valido o un documento equipollente, nonché la documentazione attestante la chiamata nominativa o la garanzia di terzi di cui agli articoli 27 e 29.

Art. 10.
(Altre tipologie di ingresso).

      1. Il visto di ingresso per lavoro autonomo consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intendono soggiornare in Italia per svolgervi attività di lavoro autonomo, ovvero per esercitare un'attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitali o di persone o accedere a cariche societarie. Ai fini dell'ingresso per lavoro autonomo, il cittadino e la cittadina stranieri devono acquisire dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo dove l'attività lavorativa deve essere svolta, o presso il competente ordine professionale, l'attestazione dei parametri di riferimento riguardanti la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per l'esercizio dell'attività. Tali parametri si fondano sulla disponibilità, da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda di visto. Ove l'esercizio dell'attività richieda il possesso di un'autorizzazione o licenza, o l'iscrizione ad un apposito registro o albo, ovvero la presentazione di una dichiarazione o denuncia, il cittadino e la cittadina stranieri devono richiedere alla

 

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competente autorità amministrativa una dichiarazione che attesta la sussistenza dei requisiti per il rilascio dell'autorizzazione o licenza, ovvero per l'iscrizione al registro o albo. I Ministeri competenti provvedono al riconoscimento dei titoli o degli attestati delle capacità professionali rilasciati da Stati esteri. Le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane provvedono a inoltrare, senza oneri per il cittadino e la cittadina stranieri, le richieste alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, agli ordini professionali o alle strutture decentrate dei Ministeri competenti.
      2. Il visto di ingresso per motivi familiari consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri chiamati in Italia a seguito della procedura di ricongiungimento familiare di cui all'articolo 36.
      3. Il visto di ingresso per motivi di studio consente l'ingresso nel territorio nazionale al fine di frequentare un corso di studi presso una scuola, un istituto di formazione o un'università italiani. Ai fini dell'ingresso per motivi di studio, il cittadino e la cittadina stranieri devono esibire il proprio passaporto valido o un documento equipollente, l'indicazione della sistemazione alloggiativa e la documentazione attestante la disponibilità finanziaria di una somma equivalente a cinque mensilità dell'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda del visto, anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa.
      4. Il visto per cure mediche consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intendano ricevere cure mediche in Italia, nonché al loro eventuale accompagnatore, ai sensi dell'articolo 36 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
      5. Il visto per residenza elettiva consente l'ingresso in Italia al cittadino e alla cittadina stranieri che intendano stabilirsi in Italia e che siano in grado di mantenersi autonomamente, senza esercitare attività lavorativa. A tale fine, il cittadino e la cittadina stranieri devono fornire adeguate e documentate garanzie circa la
 

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disponibilità di un'abitazione da eleggere a propria residenza e di risorse economiche autonome, di cui si possa ragionevolmente supporre la continuità nel futuro.
      6. Il visto per motivi religiosi consente l'ingresso, ai fini di un soggiorno di breve o di lunga durata, ai religiosi stranieri, intesi come coloro che hanno già ricevuto ordinazione sacerdotale o in una condizione equivalente, e ai ministri di culto che intendono partecipare a manifestazioni di culto o esercitare attività ecclesiastica, religiosa o pastorale. I requisiti e le condizioni per l'ottenimento del visto sono:

          a) l'effettiva condizione di religioso;

          b) documentate garanzie circa il carattere religioso della manifestazione o delle attività addotte a motivo del soggiorno in Italia;

          c) nei casi in cui le spese di soggiorno dello straniero non sono a carico di enti religiosi, le disponibilità da parte dell'interessato di mezzi di sussistenza non inferiori all'importo stabilito dal Ministero dell'interno con apposita direttiva.

Capo III
DISPOSIZIONI SUL SOGGIORNO DEGLI STRANIERI

Art. 11.
(Soggiorno in Italia. Disposizioni generali).

      1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato i cittadini e le cittadine stranieri che sono muniti di titolo di soggiorno in corso di validità.
      2. Ai fini della presente legge, si considerano titoli di soggiorno:

          a) il permesso di soggiorno;

          b) il titolo equipollente al permesso di soggiorno, rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti e alle condizioni previsti da specifici accordi;

 

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          c) i documenti attestanti la richiesta, o la prenotazione della medesima, per il rilascio, il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno, secondo le modalità previste dalla presente legge;

          d) la ricevuta di cui all'articolo 12, comma 2.

      3. Il permesso di soggiorno e i titoli di soggiorno di cui al comma 2, lettere a), c) e d), sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai tipi approvati con apposito decreto del Ministro dell'interno, in attuazione delle disposizioni comunitarie riguardanti l'adozione di modelli uniformi per i permessi di soggiorno.
      4. Il permesso di soggiorno e i titoli di soggiorno di cui al comma 2 autorizzano a svolgere tutte le attività consentite dai medesimi al cittadino e alla cittadina stranieri. Ove non diversamente specificato dalla presente legge, essi autorizzano anche allo svolgimento di attività diverse da quelle indicate nel motivo del soggiorno o del visto di ingresso.

Art. 12.
(Richiesta e primo rilascio del permesso di soggiorno).

      1. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto unicamente per soggiorni superiori a tre mesi. Esso è richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione di cui all'articolo 53, al questore della provincia in cui il cittadino e la cittadina stranieri si trovano entro quindici giorni lavorativi dall'ingresso in Italia, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, ed è rilasciato sulla base delle motivazioni indicate nel visto di ingresso. Il citato regolamento di attuazione può prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto, nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze.

 

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      2. Per soggiorni inferiori a tre mesi, il cittadino e la cittadina stranieri sono tenuti a comunicare per iscritto la loro presenza al questore della provincia in cui si trovano, entro quindici giorni lavorativi dall'ingresso in Italia, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati. La questura rilascia apposita ricevuta, nella quale devono essere indicati il motivo e la scadenza del soggiorno in Italia.
      3. Il permesso di soggiorno è rilasciato o rifiutato dalla questura competente entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la relativa domanda.
      4. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato per ricerca di lavoro, per lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato, o per lavoro autonomo, sulla base del visto di ingresso.
      5. Il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro ha durata annuale.
      6. Il permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato ha durata triennale.
      7. Nell'ipotesi di ingresso per lavoro su chiamata nominativa di cui all'articolo 27 il permesso di soggiorno è rilasciato per motivi di lavoro subordinato, previa stipula di un contratto di lavoro con il datore di lavoro che ha effettuato la chiamata. Sulla base di documentati motivi, non addebitabili a responsabilità del lavoratore, che abbiano determinato la mancata stipula, il permesso di soggiorno è rilasciato per motivi di lavoro ove il cittadino e la cittadina stranieri stipulano un contratto di lavoro con altro datore, ovvero per motivi di ricerca di lavoro.
      8. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato a tempo determinato, rilasciato al cittadino e alla cittadina stranieri a seguito del loro ingresso in Italia, ha una durata di almeno un anno per contratti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a sei mesi, e di due anni per contratti di lavoro a tempo determinato di durata pari o superiore a sei mesi.
      9. Il permesso di soggiorno per lavoro autonomo è rilasciato per la durata di due anni.
      10. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso
 

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di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento familiare di cui all'articolo 36 ed è rinnovabile insieme con quest'ultimo.
      11. Il permesso di soggiorno per residenza elettiva è rilasciato per la durata massima di tre anni.
      12. Il permesso di soggiorno per motivi religiosi è rilasciato in relazione alla durata prevista del soggiorno in Italia. Esso ha una durata minima di sei mesi e una massima di tre anni.
      13. Il permesso di soggiorno per motivi di studio è rilasciato per due anni, fatto salvo quanto previsto all'articolo 21.

Art. 13.
(Rinnovo del permesso di soggiorno).

      1. Salvi i casi espressamente previsti dalla presente legge, relativi a specifiche tipologie di permesso di soggiorno, il permesso di soggiorno può essere rinnovato, alla scadenza, se sussistono i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia.
      2. Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto dal cittadino e dalla cittadina stranieri entro due mesi dalla data di scadenza, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, all'ufficiale di anagrafe del comune in cui il cittadino e la cittadina stranieri hanno stabile dimora.
      3. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dal comma 6 del presente articolo, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio, che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili o che non sia possibile rilasciare un permesso di soggiorno diverso da quello richiesto, secondo le disposizioni di cui all'articolo 15, comma 6.
      4. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, salvo che

 

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ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
      5. Il permesso di soggiorno è rinnovato o rifiutato dal comune competente entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la relativa domanda.
      6. La fine del rapporto di lavoro, per perdita di lavoro o per scadenza dei termini contrattuali, non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore straniero e ai suoi familiari regolarmente soggiornanti. Il permesso di soggiorno del lavoratore straniero il quale perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, o a cui scade il contratto di lavoro, è convertito, alla scadenza del permesso medesimo, in permesso di soggiorno per attesa occupazione secondo le modalità di cui all'articolo 18.
      7. Il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata doppia rispetto a quella del primo rilascio, salvi i casi diversamente previsti dalla presente legge.

Art. 14.
(Conversione del permesso di soggiorno).

      1. Ai fini della presente legge, è definita conversione del permesso di soggiorno il rilascio, in favore di un cittadino e una cittadina stranieri muniti di un permesso di soggiorno, di un nuovo permesso recante un motivo diverso da quello precedente. La conversione può essere richiesta anche in caso di permesso scaduto, salvi i limiti temporali di cui al comma 2.
      2. La conversione del permesso di soggiorno deve essere richiesta dal cittadino e dalla cittadina stranieri entro i tre mesi successivi alla scadenza del precedente titolo di soggiorno, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, all'ufficiale di anagrafe del comune in cui il cittadino e la cittadina stranieri hanno stabile dimora.
      3. Qualora ne sussistano i requisiti, il permesso di soggiorno è sempre convertibile.
      4. La conversione del permesso di soggiorno è rifiutata quando mancano o vengono a mancare i requisiti previsti per il

 

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permesso richiesto, sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio, che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili o che non sia possibile rilasciare un permesso di soggiorno diverso da quello richiesto, secondo le disposizioni di cui all'articolo 15, comma 6.
      5. Il permesso di soggiorno è convertito o rifiutato entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la relativa domanda.
      6. Il decreto recante i flussi annuali di cui all'articolo 7, comma 7, può stabilire quote annue di conversioni di titoli di soggiorno di breve durata in permessi di soggiorno.

Art. 15.
(Procedure per il rilascio, il rinnovo e la conversione del permesso di soggiorno).

      1. I procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio, al rinnovo o alla conversione del permesso di soggiorno si conformano alle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e si ispirano a criteri di imparzialità, efficacia, pubblicità e trasparenza.
      2. L'ufficio competente al rilascio, al rinnovo o alla conversione del permesso di soggiorno, all'atto di ricezione della relativa istanza, rilascia all'interessato apposita ricevuta stampata secondo le modalità di cui all'articolo 11, comma 3.
      3. Unitamente alla ricevuta di cui al comma 2, l'ufficio competente consegna al cittadino e alla cittadina stranieri una comunicazione di avvio del procedimento amministrativo. Nella comunicazione, scritta in italiano e in una lingua comprensibile al destinatario, devono essere indicati:

          a) l'amministrazione competente;

          b) l'oggetto del procedimento promosso;

          c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;

          d) la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;

 

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          e) la data di presentazione della relativa istanza.

      4. Qualora per esigenze organizzative si renda necessario procrastinare la ricezione dell'istanza, l'ufficio competente fissa con il cittadino e la cittadina stranieri un appuntamento, tramite il rilascio di un foglio di prenotazione per la consegna della domanda. La prenotazione è stampata secondo le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, e ha valore di titolo di soggiorno.
      5. Il modello prestampato della ricevuta di cui al comma 2 e della prenotazione di cui al comma 4 deve recare una dicitura ben visibile, da cui risulta che tali documenti hanno il valore di titoli di soggiorno. La stessa dicitura deve precisare se il cittadino e la cittadina stranieri in possesso della ricevuta o della prenotazione sono autorizzati a svolgere attività lavorativa, secondo le disposizioni di cui all'articolo 28, comma 9.
      6. Qualora il cittadino e la cittadina stranieri non abbiano i requisiti per il permesso di soggiorno richiesto, l'amministrazione competente provvede al rilascio di un altro permesso di soggiorno ove ne sussistano le condizioni, ai sensi della presente legge.
      7. Qualora il cittadino e la cittadina stranieri non abbiano prodotto la documentazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dalla presente legge per il rilascio, il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno, l'ufficio competente notifica all'interessato una comunicazione con la quale viene invitato a produrre, entro un mese, la documentazione integrativa ritenuta necessaria. La comunicazione è redatta in italiano e in una lingua comprensibile al destinatario, e deve contenere l'indicazione della documentazione ritenuta necessaria, l'indicazione del responsabile del procedimento, nonché le modalità di accesso agli atti e di partecipazione al procedimento amministrativo.
      8. Qualora il cittadino e la cittadina stranieri non abbiano prodotto la documentazione di cui al comma 7, ovvero qualora l'ufficio competente rilevi l'insussistenza dei requisiti previsti per il rilascio,

 

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il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno, l'ufficio competente notifica al cittadino e alla cittadina stranieri la comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. La comunicazione è redatta in italiano e in una lingua comprensibile al destinatario, e deve obbligatoriamente contenere:

          a) la motivazione per cui si intende rifiutare il permesso di soggiorno;

          b) l'eventuale documentazione integrativa da produrre ai fini del rilascio, del rinnovo o della conversione del permesso di soggiorno;

          c) l'indicazione del responsabile del procedimento;

          d) le modalità di accesso agli atti e di partecipazione al procedimento amministrativo;

          e) il termine di cui all'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il deposito di memorie e documenti.

      9. Il cittadino e la cittadina stranieri ai quali sia stata notificata la comunicazione di cui al comma 7 o di cui al comma 8, possono inoltrare l'istanza di accesso agli atti del procedimento. In tale ipotesi il termine di cui ai commi 7 o 8 è sospeso fino a che l'accesso sia stato consentito. Il cittadino e la cittadina stranieri possano altresì chiedere che, in relazione a particolari e comprovate difficoltà di reperire la documentazione richiesta o ritenuta necessaria nei termini indicati dal periodo precedente, sia concesso un termine ulteriore, di norma non superiore a un mese. Il responsabile del procedimento consente la proroga dei termini con provvedimento scritto e comunicato all'interessato unitamente alla traduzione in una lingua a lui comprensibile.
      10. Il cittadino e la cittadina stranieri hanno diritto di partecipazione nei procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio, al rinnovo, alla conversione o al rifiuto del proprio permesso di soggiorno, secondo le modalità ed entro i limiti definiti dalla normativa vigente in materia.

 

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Essi possono farsi assistere, in tutti gli atti che implicano un rapporto con la pubblica amministrazione, da legali o da persone di propria fiducia.

Art. 16.
(Rifiuto del permesso di soggiorno).

      1. Il rifiuto del permesso di soggiorno è notificato all'interessato tramite comunicazione scritta in italiano e in una lingua a lui comprensibile. La comunicazione deve obbligatoriamente contenere:

          a) la motivazione, a termini di legge, del rifiuto;

          b) gli adempimenti che il cittadino e la cittadina stranieri devono espletare a seguito del rifiuto;

          c) le modalità di impugnazione;

          d) l'indicazione del responsabile del procedimento.

      2. Contestualmente alla comunicazione di cui al comma 1 del presente articolo, l'ufficio competente propone all'interessato l'accesso a un programma di ritorno concordato nel Paese di origine di cui all'articolo 42.
      3. Entro due mesi lavorativi dalla data di notifica del rifiuto, il cittadino e la cittadina stranieri sono tenuti ad allontanarsi dal territorio nazionale.
      4. Qualora il rifiuto sia stato disposto dal comune, il responsabile del procedimento trasmette il fascicolo relativo allo straniero alla questura competente per territorio. La trasmissione del fascicolo può essere effettuata anche in forma elettronica.
      5. Avverso il provvedimento di rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno è proponibile, entro due mesi lavorativi dalla data di notifica, ricorso al tribunale amministrativo regionale territorialmente competente. Avverso il provvedimento di rifiuto del rinnovo o della conversione del permesso di soggiorno è proponibile, entro due mesi lavorativi dalla data di notifica, ricorso al tribunale in composizione monocratica competente ai sensi dell'articolo

 

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25, primo periodo, del codice di procedura civile, che decide secondo le modalità di cui agli articoli 737 e seguenti del medesimo codice.
      6. Il ricorso avverso il provvedimento di rifiuto del permesso di soggiorno sospende l'efficacia del provvedimento fino alla decisione del tribunale di cui al comma 5, secondo periodo, che deve essere assunta entro tre mesi. In caso di particolari esigenze istruttorie specificamente motivate, il giudice può decidere oltre tale termine.
      7. L'esito negativo del ricorso di cui ai commi 5 e 6 non pregiudica l'accesso al programma di ritorno concordato nel Paese di origine di cui all'articolo 42.
      8. In caso di esito positivo del ricorso il giudice dispone il rilascio di un permesso di soggiorno da parte dell'autorità competente. Qualora ne ravvisi le condizioni il giudice dispone il rilascio di un permesso di soggiorno ad personam ai sensi dell'articolo 32.

Art. 17.
(Permesso di soggiorno per ricerca di lavoro).

      1. Il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro può essere rilasciato soltanto ai titolari di un visto per ricerca di lavoro. Salvi i casi espressamente previsti dalla presente legge, non è consentita la conversione di un altro titolo di soggiorno in permesso per ricerca di lavoro.
      2. Il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro ha la durata di un anno e non è rinnovabile. Alla scadenza, esso può essere convertito in un altro permesso di soggiorno, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dalla presente legge per il permesso richiesto.
      3. Le disponibilità finanziarie, relative a quattro mensilità dell'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda del visto, esibite dal cittadino e dalla cittadina stranieri ai fini del rilascio del visto per ricerca di lavoro sono fruibili dalla persona interessata nel periodo di ricerca di

 

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lavoro. La quinta mensilità è trattenuta a titolo di garanzia ed è restituita all'atto della conversione del permesso di soggiorno. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina le modalità per la fruizione delle quattro mensilità e per il deposito della quinta mensilità.

Art. 18.
(Permesso di soggiorno per attesa occupazione).

      1. La mancanza di lavoro per il periodo successivo alla scadenza del permesso di soggiorno per lavoro subordinato comporta il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
      2. Il permesso di soggiorno per attesa occupazione è rinnovabile consecutivamente solo una volta previa dimostrazione della capacità di autosostentamento del cittadino e della cittadina stranieri. Se i mezzi per l'autosostentamento derivano dall'accesso al sistema di ammortizzatori sociali, il permesso è rinnovato per la durata dei medesimi. Il permesso di soggiorno per attesa occupazione può essere richiesto più volte, non consecutive, dal cittadino e dalla cittadina straniero che ne abbiano i requisiti e può essere convertito in permesso di soggiorno ad altro titolo qualora sussistono le condizioni previste dalla presente legge.
      3. Il permesso di soggiorno per attesa occupazione è rilasciato anche al cittadino o alla cittadina stranieri, titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari o di convivenza, che divorzino o si separino dal coniuge e che alla scadenza del permesso di soggiorno non abbiano i requisiti per convertirlo in permesso di soggiorno ad altro titolo.

Art. 19.
(Permesso di soggiorno per lavoro autonomo).

      1. Il permesso di soggiorno per lavoro autonomo è rilasciato al cittadino e alla cittadina stranieri entrati in Italia con un visto di ingresso per lavoro autonomo.

 

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      2. Il cittadino e la cittadina stranieri muniti di permesso di soggiorno, per il quale la presente legge prevede la possibilità di conversione, possono chiedere la conversione in permesso di soggiorno per lavoro autonomo. In tale caso, il richiedente deve dimostrare la sussistenza dei requisiti necessari per l'ingresso per lavoro autonomo.
      3. Il cittadino e la cittadina stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro autonomo possono rinnovarlo, previa dimostrazione di aver percepito, nell'anno precedente la richiesta di rinnovo, un reddito equivalente a dodici mensilità dell'assegno sociale come definito per il medesimo anno. In caso di documentata assenza dal territorio nazionale il numero di mensilità è ridotto del periodo corrispondente. Sono fatte salve le norme sul rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione di cui all'articolo 18.

Art. 20.
(Permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo).

      1. Il cittadino e la cittadina stranieri in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostrano la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della richiesta di permesso, o nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 36, comma 4, e di una sistemazione alloggiativa, possono chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato ed è rilasciato entro tre mesi dalla relativa richiesta.
      2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai cittadini e alle cittadine stranieri che:

          a) soggiornano per motivi di studio o di formazione professionale;

 

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          b) soggiornano a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari ovvero hanno chiesto il permesso di soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione sulla richiesta;

          c) soggiornano per asilo ovvero hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta;

          d) sono titolari di un permesso di soggiorno di breve durata previsto dalla presente legge e dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 53;

          e) godono di uno status giuridico previsto dalle convenzioni sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari, adottate a Vienna, rispettivamente il 18 aprile 1961 e il 24 aprile 1963, rese esecutive dalla legge 9 agosto 1967, n. 804, dalla convenzione sulle missioni speciali, adottata a New York l'8 dicembre 1969 o dalla convenzione di Vienna del 1975 sulla rappresentanza degli Stati nelle loro relazioni con organizzazioni internazionali di carattere universale.

      3. Ai fini del calcolo del periodo di cui al comma 1, non si computano i periodi di soggiorno per i motivi indicati nelle lettere d) ed e) del comma 2. Le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompono la durata del periodo di cui al citato comma 1 e sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi nel quinquennio, salvo che tale interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi.
      4. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato al cittadino e alla cittadina stranieri che siano considerati, sulla base di elementi di fatto, una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. La pericolosità è valutata anche in relazione ad eventuali condanne per i reati previsti dall'articolo

 

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380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice, ovvero in relazione all'eventuale applicazione di misure di prevenzione personali. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego del rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma, il questore tiene conto anche della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo del cittadino e della cittadina stranieri. In ogni caso il diniego di cui al presente comma non può essere basato su considerazioni economiche.
      5. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 è revocato:

          a) se è stato acquisito fraudolentemente;

          b) in caso di espulsione prevista dal presente articolo;

          c) quando mancano o vengono a mancare i requisiti per il rilascio;

          d) in caso di conferimento di permesso di soggiorno di lungo periodo da parte di un altro Stato membro dell'Unione europea, previa comunicazione da parte di quest'ultimo;

          e) in caso di assenza continuativa dal territorio dello Stato per un periodo superiore a sei anni.

      6. Il cittadino e la cittadina stranieri ai quali è stato revocato il permesso di soggiorno ai sensi delle lettere d) ed e) del comma 5, possono riacquistarlo con le stesse modalità di cui al presente articolo; in tale caso, il periodo di cui al comma 1 è ridotto a tre anni.
      7. Al cittadino e alla cittadina stranieri ai quali sia stato revocato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e nei confronti dei quali non debba essere disposta l'espulsione è rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo ai sensi della presente legge.

 

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      8. Nei confronti del titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo l'espulsione può essere disposta soltanto:

          a) per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, secondo le modalità di cui all'articolo 47, comma 1;

          b) nei casi di cui all'articolo 47, comma 2, solo quando il cittadino e la cittadina stranieri costituiscono una concreta minaccia anche in relazione alla sua eventuale appartenenza a una delle categorie indicate all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, ovvero all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni.

      9. Nel valutare la pericolosità del cittadino e della cittadina stranieri, ai fini dell'adozione del provvedimento di espulsione, si tiene conto dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di vincoli con il suo Paese di origine.
      10. Oltre a quanto previsto per il cittadino e la cittadina stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo può:

          a) fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e circolare liberamente sul territorio nazionale;

          b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lavorativa subordinata o autonoma salvo quelle che la legislazione vigente espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero;

          c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative a erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative

 

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all'accesso a beni e a servizi a disposizione del pubblico, compreso l'accesso alla procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l'effettiva residenza del cittadino e della cittadina stranieri sul territorio nazionale;

          d) partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa;

          e) soggiornare e lavorare nel territorio dell'Unione europea, secondo le modalità ed entro i limiti stabiliti dalla direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, e dalla normativa comunitaria vigente.

      11. Al cittadino e alla cittadina stranieri in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostrino di avere i requisiti per il rinnovo o per la conversione del permesso di soggiorno, è rilasciato un permesso di soggiorno nazionale per soggiornanti di lungo periodo.
      12. Il permesso di soggiorno di cui al comma 11 ha una durata illimitata ed è revocabile solo dal giudice, a seguito della condanna definitiva dell'interessato per uno dei reati di cui all'articolo 380, comma 1, del codice di procedura penale.
      13. Il permesso di soggiorno di cui al comma 11 consente di esercitare tutte le attività consentite al cittadino e alla cittadina stranieri, in particolare quelle previste per il titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di cui al comma 10, lettere a), b), c) e d). In ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 13 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, il cittadino e la cittadina stranieri titolari del permesso di soggiorno di cui al comma 11 non hanno il diritto di soggiornare in un altro Stato membro dell'Unione europea ai sensi del capo III della medesima direttiva.

 

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Art. 21.
(Permesso di soggiorno per motivi di studio).

      1. Il permesso di soggiorno per motivi di studio è rilasciato di norma per un periodo di due anni. È rinnovato per un periodo corrispondente alla durata residua del corso di studi, se il cittadino e la cittadina stranieri dimostrino di avere superato la metà delle prove o degli esami previsti nei primi due anni del corso di studi medesimo.
      2. Il cittadino e la cittadina stranieri che, alla scadenza della durata prevista del corso di studi, abbiano superato la metà delle prove o degli esami ma non abbiano terminato il corso di studi e intendano concluderlo, hanno diritto al rinnovo del permesso di soggiorno per una durata pari alla metà di quella prevista dal corso di studi medesimo. Sono consentite proroghe, sulla base di documentate esigenze e previo nulla osta rilasciato dalla scuola o dall'università cui il cittadino e la cittadina stranieri sono iscritti.
      3. È compatibile con il permesso di soggiorno per motivi di studio lo svolgimento di attività lavorative.

Art. 22.
(Permesso di soggiorno per motivi familiari).

      1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo dei permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo di cui all'articolo 20, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:

          a) al cittadino e alla cittadina stranieri che hanno fatto ingresso in Italia mediante il ricongiungimento familiare ai sensi dell'articolo 36;

          b) ai cittadini e alle cittadine stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo che hanno contratto matrimonio con cittadini o cittadine italiani o di uno Stato

 

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membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini o cittadine stranieri regolarmente soggiornanti;

          c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con un cittadino o una cittadina italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con un cittadino o una cittadina stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. In tale caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La richiesta di conversione può essere presentata entro l'anno successivo alla scadenza del permesso di soggiorno inizialmente posseduto o alla data della scadenza del termine indicato nella comunicazione di cui all'articolo 12, comma 2. Qualora il cittadino e la cittadina siano rifugiati, si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;

          d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tale caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana.

      2. Al cittadino e alla cittadina stranieri che effettuano il ricongiungimento con un cittadino o una cittadina italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con un cittadino o una cittadina stranieri titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, è rilasciato un permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo.
      3. In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento familiare e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non può ottenere il permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso ad altro titolo, qualora ne sussistano i requisiti.

 

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      4. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare, l'interessato può presentare ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto o del permesso di soggiorno anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa.

Art. 23.
(Permesso di soggiorno per cittadine e cittadini stranieri vittime di violenza all'interno del nucleo familiare).

      1. La cittadina e il cittadino stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari, che siano vittime all'interno del nucleo familiare, ovvero da parte della persona convivente, di violenza sessuale, fisica o psicologica, anche per motivi di genere, identità di genere od orientamento sessuale, hanno diritto a permanere sul territorio nazionale per motivi di protezione sociale, per un periodo non inferiore a due anni successivamente alla denuncia o alla segnalazione della situazione di violenza. Il comune di residenza rilascia entro il mese successivo alla denuncia o alla segnalazione della situazione di violenza, anche su proposta del questore, dei servizi sociali o dei centri antiviolenza o di associazioni di tutela operanti nel territorio, il permesso di soggiorno per protezione sociale di cui all'articolo 24, sostitutivo del permesso di soggiorno per motivi familiari. Il permesso di soggiorno è convertibile, alla scadenza, in permesso di soggiorno ad altro titolo secondo i requisiti previsti dalla presente legge.

 

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      2. Alla cittadina e al cittadino straniero di cui al comma 1 sono assicurati tutti i benefìci sanitari, previdenziali e socio-assistenziali previsti dalla normativa vigente per le cittadine e i cittadini italiani.
      3. La cittadina e il cittadino straniero di cui al comma 1 accedono ai programmi di protezione sociale e di reinserimento, ivi inclusi quelli relativi al soddisfacimento delle esigenze alloggiative, al reinserimento professionale, alle esigenze di cura e al sostegno dei figli a carico della vittima, a parità di condizioni con le cittadine e i cittadini italiani.

Art. 24.
(Permesso di soggiorno per protezione sociale).

      1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e successive modificazioni, o dei reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, sono accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di un cittadino o di una cittadina stranieri ed emergano concreti pericoli per la loro incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi alla condizione di vittima di violenza o di sfruttamento, o ai condizionamenti di un'associazione dedita a uno dei predetti delitti, o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del procuratore della Repubblica o dei servizi sociali degli enti locali, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire al cittadino e alla cittadina stranieri di sottrarsi alla violenza, allo sfruttamento o ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare a un programma di assistenza e di integrazione sociale.
      2. Con la proposta di cui al comma 1 sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento

 

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alla gravità e attualità del pericolo e alla rilevanza del contributo offerto dal cittadino e dalla cittadina stranieri per l'individuazione o la cattura dei responsabili dei delitti indicati nel medesimo comma 1. Le modalità di partecipazione al programma di assistenza e di integrazione sociale sono comunicate al sindaco.
      3. Con il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 sono stabilite le disposizioni occorrenti per l'affidamento della realizzazione del programma di assistenza e di integrazione sociale a soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell'ente locale e per l'espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e la capacità di favorire l'assistenza e l'integrazione sociale, nonché la disponibilità di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.
      4. Il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del presente articolo ha la durata di un anno e può essere rinnovato per il periodo occorrente per motivi di giustizia ai sensi dell'articolo 25. Esso è revocato in caso di interruzione del programma di assistenza e di integrazione sociale o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell'ente locale, o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.
      5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l'iscrizione negli elenchi anagrafici dei servizi per l'impiego e lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fatti salvi i requisiti minimi di età. Alla scadenza del permesso di soggiorno, l'interessato può convertire il permesso di soggiorno, salvo che questo non sia stato revocato ai sensi del comma 4, e sempre che sussistano i requisiti previsti dalla presente legge.
      6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all'atto delle dimissioni dall'istituto di pena, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di
 

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sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, al cittadino e alla cittadina stranieri che abbiano terminato l'espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e che già abbiano dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e di integrazione sociale.

Art. 25.
(Permesso di soggiorno per motivi di giustizia).

      1. Nei casi in cui la presenza del cittadino e della cittadina stranieri sul territorio nazionale è indispensabile in relazione a procedimenti penali in corso, l'autorità giudiziaria può disporre il rilascio, da parte della questura competente per territorio, di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Nel disporre il rilascio del permesso, l'autorità giudiziaria decide la durata del permesso medesimo, nonché la sua eventuale rinnovabilità o convertibilità.
      2. La questura rilascia in ogni caso il permesso di soggiorno per motivi di giustizia al cittadino e alla cittadina stranieri che risultino persona offesa nell'ambito di un procedimento penale per uno dei reati di cui agli articoli 583-bis, 600, 601 e 602 del codice penale, o che siano inseriti in uno speciale programma di assistenza di cui all'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228. In tali casi, il permesso di soggiorno per motivi di giustizia ha di norma una durata di tre mesi ed è rinnovabile per il periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso consente l'esercizio di regolare attività di lavoro subordinato e autonomo ed è convertibile alla scadenza, ove ne ricorrano le condizioni previste dalla presente legge, in permesso di soggiorno ad altro titolo.
      3. Salvo che non si debba disporre l'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione, di cui all'articolo 49, al cittadino e alla cittadina stranieri privo di titolo di soggiorno, che si trovino a scontare una pena detentiva nel

 

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territorio nazionale, è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, della durata corrispondente alla pena. Il permesso di soggiorno di cui al presente comma non può essere convertito, alla scadenza, in permesso di soggiorno ad altro titolo.
      4. Anche al di fuori dei casi di cui al comma 1, quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento relativi a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico, vi è l'esigenza di garantire la permanenza nel territorio dello Stato dello straniero che ha offerto all'autorità giudiziaria o agli organi di polizia una collaborazione avente le caratteristiche di cui al comma 3 dell'articolo 9 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, il questore, autonomamente o su segnalazione dei responsabili di livello almeno provinciale delle Forze di polizia ovvero dei direttori dei Servizi informativi e di sicurezza, ovvero quando richiesto dal procuratore della Repubblica, rilascia allo straniero uno speciale permesso di soggiorno, di durata annuale e rinnovabile per eguali periodi.
      5. Con la segnalazione di cui al comma 4 sono comunicati al questore gli elementi da cui risulta la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero.
      6. Il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del comma 4 può essere rinnovato per motivi di giustizia o di sicurezza pubblica. Esso è revocato in caso di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica, dagli altri organi di cui al comma 1 o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.
      7. Quando la collaborazione offerta ha avuto straordinaria rilevanza per la prevenzione nel territorio dello Stato di attentati terroristici alla vita o all'incolumità delle persone o per la concreta riduzione delle conseguenze dannose o pericolose
 

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degli attentati stessi ovvero per identificare i responsabili di atti di terrorismo, allo straniero è concesso il permesso di soggiorno di cui all'articolo 20.

Art. 26.
(Permesso di soggiorno di cittadini stranieri in stato di detenzione).

      1. Fatti salvi i casi di cui al comma 2, quando il permesso di soggiorno scade nel periodo in cui nei confronti del cittadino e della cittadina stranieri è applicata una pena detentiva, la validità residua del permesso di soggiorno è sospesa. Alla persona interessata è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia della durata equivalente alla pena detentiva. Alla scadenza di quest'ultima, è rilasciato il permesso di soggiorno antecedentemente posseduto, per la durata residua del medesimo.
      2. Il cittadino e la cittadina stranieri titolari di permesso di soggiorno a cui è stata comminata una condanna superiore a due anni di reclusione senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, il cui permesso scada durante il periodo di detenzione, possono chiedere il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno almeno due mesi prima della data del fine pena, tenuto conto di eventuali periodi di liberazione anticipata già concessi. L'istanza è trasmessa entro cinque giorni, a cura della direzione del carcere, al comune competente e al magistrato di sorveglianza. Al magistrato di sorveglianza è altresì inviata una relazione sul comportamento del cittadino e della cittadina stranieri durante la detenzione. Entro un mese dalla data di trasmissione dell'istanza, il magistrato di sorveglianza, sentiti il cittadino o la cittadina stranieri e il loro difensore, autorizza con ordinanza il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno, ovvero esprime parere negativo.
      3. In conformità ai princìpi e alle finalità dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, l'autorizzazione di cui al comma 2 è comunque concessa quando il detenuto ha dato prova dell'effettiva partecipazione all'opera

 

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di rieducazione. Ai fini della decisione, il magistrato di sorveglianza tiene conto della gravità delle eventuali infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione, della condotta complessiva tenuta dal detenuto durante la carcerazione e di eventuali benefìci dei quali egli ha usufruito. Il magistrato tiene altresì conto di eventuali legami familiari o sociali del cittadino o della cittadina stranieri, della durata del suo soggiorno in Italia e di attività svolte durante il periodo di detenzione, con particolare riferimento ad attività lavorative o di istruzione. L'autorizzazione non può essere negata quando sussiste uno dei motivi di divieto di espulsione e di respingimento di cui all'articolo 41.
      4. Il parere negativo al rinnovo o alla conversione del permesso di soggiorno è notificato dal magistrato di sorveglianza al cittadino e alla cittadina stranieri e al loro difensore. Il diniego è altresì comunicato al comune del luogo di residenza e al questore per i provvedimenti di competenza. Avverso l'ordinanza con la quale è espresso parere negativo il cittadino e la cittadina stranieri possono proporre appello al tribunale di sorveglianza entro un mese dalla data di notifica. L'appello non ha effetti sospensivi salvo che il tribunale decida altrimenti.
      5. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 non si applicano al cittadino e alla cittadina stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi familiari. In tale caso si applicano le disposizioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla durata della pena detentiva.
      6. Il cittadino e la cittadina stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia di cui all'articolo 25, comma 3, a fine pena sono espulsi dal territorio nazionale, salvo che non ricorrano i motivi di divieto di espulsione e di respingimento di cui all'articolo 41. Almeno due mesi prima della data del fine pena, l'interessato può chiedere di accedere ad un programma di ritorno concordato. L'istanza è trasmessa entro cinque giorni, a cura della direzione del carcere, al comune competente e al magistrato di sorveglianza. Al magistrato di sorveglianza
 

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è altresì inviata una relazione sul comportamento del cittadino e della cittadina stranieri durante la detenzione. Entro un mese dalla data di trasmissione dell'istanza, il magistrato di sorveglianza, sentiti il cittadino e la cittadina stranieri e il loro difensore, autorizza con ordinanza l'accesso al programma di ritorno concordato. Ai fini della decisione il magistrato di sorveglianza tiene conto dell'effettiva partecipazione del cittadino straniero all'opera di rieducazione.
      7. Il parere negativo all'accesso al programma di ritorno concordato è notificato dal magistrato di sorveglianza al cittadino e alla cittadina stranieri e al loro difensore. Avverso l'ordinanza con la quale è espresso parere negativo il cittadino e la cittadina stranieri possono proporre appello al tribunale di sorveglianza, entro dieci giorni dalla data di notifica. L'appello non ha effetti sospensivi, salvo che il tribunale decida altrimenti.

Capo IV
ACCESSO AL LAVORO DEI CITTADINI E DELLE CITTADINE STRANIERI

Art. 27.
(Chiamata nominativa per lavoro subordinato).

      1. Il datore di lavoro italiano, o straniero regolarmente soggiornante in Italia, che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con un cittadino o una cittadina stranieri residenti all'estero deve presentare, anche a mezzo posta, alla questura della provincia di residenza, ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa, una richiesta nominativa di nulla osta al lavoro. Alla richiesta devono essere allegate:

          a) la proposta del contratto di lavoro con la specificazione delle relative condizioni economiche e normative;

 

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          b) la dichiarazione dell'impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro;

          c) l'indicazione della sistemazione alloggiativa del cittadino o della cittadina stranieri.

      2. La richiesta di chiamata nominativa di cui al comma 1 del presente articolo può essere presentata anche quanto sono esaurite le quote disponibili stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7.
      3. All'atto di ricezione dell'istanza di cui al comma 1, ovvero, nel caso di invio dell'istanza a mezzo posta, entro due giorni dalla data di ricezione, la questura comunica al datore di lavoro l'avvio del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del nulla osta al lavoro. Nella comunicazione devono essere obbligatoriamente indicati:

          a) l'ufficio competente e il responsabile del procedimento;

          b) l'oggetto del procedimento promosso;

          c) la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;

          d) la data di presentazione della relativa istanza.

      4. La questura, ricevuta l'istanza di cui al comma 1, ne trasmette copia, entro due giorni lavorativi, alla direzione provinciale del lavoro, per gli adempimenti di competenza. La direzione provinciale del lavoro verifica che nella proposta del contratto di lavoro, di cui al citato comma 1, lettera a), siano rispettate le prescrizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile alla fattispecie e che la richiesta rientri nei limiti numerici delle quote annuali di ingresso stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7. La direzione provinciale del lavoro è tenuta a comunicare l'esito delle verifiche alla questura,

 

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entro venti giorni lavorativi dalla data di ricezione.
      5. La questura verifica che a carico del lavoratore straniero, per il quale si richiede l'assunzione, non vi siano requisiti ostativi all'ingresso in Italia ai sensi della presente legge.
      6. Effettuate le verifiche di cui ai commi 4 e 5, la questura emana il provvedimento di rilascio o di rifiuto del nulla osta al lavoro, entro quaranta giorni lavorativi dalla data di presentazione dell'istanza. Il nulla osta è trasmesso, all'atto del suo rilascio, a cura della questura, al Ministero degli affari esteri.
      7. Decorsi i termini di cui al comma 6, in assenza di un provvedimento espresso da parte dell'amministrazione competente, il nulla osta si intende rilasciato, salvo che non siano esaurite le quote stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7.
      8. Entro quindici giorni lavorativi dall'ingresso, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, il cittadino e la cittadina stranieri che sono entrati in Italia a seguito di chiamata nominativa si recano presso la questura che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di lavoro, che resta ivi conservato e, a cura di quest'ultima, trasmesso in copia all'autorità consolare competente e al centro per l'impiego competente. Il contratto è stipulato con il datore che ha presentato istanza di nulla osta, salvi i casi di cui all'articolo 12, comma 7.
      9. Le questure forniscono all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori stranieri ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l'accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari; l'INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari, da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene sulla base di un'apposita convenzione tra le amministrazioni
 

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interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all'ufficio finanziario competente che provvede all'attribuzione del codice fiscale.
      10. La questura fornisce al Ministero del lavoro e della previdenza sociale il numero e il tipo di nulla osta rilasciati.

Art. 28.
(Lavoro dei cittadini stranieri in Italia. Disposizioni diverse).

      1. In caso di rimpatrio il lavoratore e la lavoratrice stranieri conservano i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e possono goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità. I lavoratori e le lavoratrici stranieri che hanno cessato l'attività lavorativa in Italia e che lasciano il territorio nazionale hanno comunque facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non è regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultano versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento annuo.
      2. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, e successive modificazioni, sono estese ai lavoratori stranieri che prestano regolare attività di lavoro in Italia.
      3. I lavoratori e le lavoratrici italiani e stranieri possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore e la lavoratrice stranieri possono inoltre partecipare, ai sensi della presente legge, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.
      4. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di

 

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Bolzano in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.
      5. Ai fini della presente legge, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono equiparati ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
      6. Ai fini della presente legge, i contratti di lavoro stipulati con soci lavoratori di cooperative sono equiparati ai contratti di lavoro subordinato.
      7. I cittadini e le cittadine stranieri muniti di titoli di soggiorno per motivi di turismo non possono esercitare attività lavorativa subordinata o autonoma. I cittadini e le cittadine stranieri muniti di titoli di soggiorno inferiori a tre mesi non possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, né contratti di lavoro subordinato a tempo determinato la cui durata eccede quella del titolo di soggiorno. Resta salva la possibilità di conversione di tali titoli di soggiorno in permessi di soggiorno di cui all'articolo 14, comma 6.
      8. I cittadini e le cittadine stranieri titolari di permesso di soggiorno per residenza elettiva non possono esercitare attività di lavoro subordinato o autonomo. Resta salva la possibilità di conversione di tali titoli di soggiorno in permessi di soggiorno ad altro titolo di cui all'articolo 14, comma 3.
      9. I cittadini e le cittadine stranieri che hanno richiesto il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno e che sono muniti della ricevuta di cui all'articolo 15, comma 2, o della prenotazione di cui al medesimo articolo 15, comma 4, possono esercitare tutte le attività consentite dal permesso di soggiorno antecedentemente posseduto, ivi inclusa l'attività di lavoro subordinato o autonomo qualora previsto dalla legislazione vigente in materia.

Art. 29.
(Garanzia di terzi per l'accesso al lavoro).

      1. L'impresa, l'associazione legalmente riconosciuta, l'ente pubblico o il cittadino

 

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e la cittadina italiani o stranieri regolarmente soggiornanti, che intendano farsi garanti dell'ingresso di un cittadino o una cittadina stranieri per consentire loro la ricerca di un lavoro, ovvero la partecipazione a corsi di studio o di ricerca o a corsi di formazione professionale, devono presentare apposita richiesta nominativa alla questura della provincia di residenza. La richiesta di garanzia di terzi di cui al presente comma può essere presentata anche quando sono esaurite le quote disponibili stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7.
      2. Il richiedente ai sensi del comma 1 deve produrre idonea documentazione attestante la disponibilità finanziaria di una somma equivalente a cinque mensilità dell'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della richiesta, anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa.
      3. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 può prevedere la formazione e le modalità di tenuta di un elenco degli enti e delle associazioni ammessi a prestare la garanzia ai sensi del comma 1 del presente articolo.
      4. La questura, ricevuta la richiesta di cui al comma 1, verifica che a carico del lavoratore straniero, per il quale si richiede l'ingresso, non vi sono requisiti ostativi all'ingresso in Italia ai sensi della presente legge.
      5. Effettuate le verifiche di cui al comma 4, le questura emana il provvedimento di rilascio o di rifiuto del nulla osta, entro quaranta giorni lavorativi dalla data di presentazione della richiesta.
      6. In caso di rilascio del nulla osta ai sensi del comma 5, la questura comunica il nominativo e i dati anagrafici del cittadino e della cittadina stranieri al Ministero degli affari esteri, ai fini dell'attribuzione del codice ACIVI.
      7. Il Ministero degli affari esteri, entro sette giorni lavorativi dalla ricezione del nulla osta ai sensi del comma 6, provvede ad attribuire al cittadino e alla cittadina stranieri il codice ACIVI.
 

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      8. Decorsi i termini di cui al comma 5, in assenza di un provvedimento espresso da parte dell'amministrazione competente, il nulla osta si intende rilasciato, sempre che non siano esaurite le quote massime stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7.
      9. Entro quindici giorni lavorativi dall'ingresso, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, il cittadino e la cittadina stranieri che siano entrati in Italia a seguito di garanzia di terzi devono recarsi presso la questura per il rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 10.
      10. Al cittadino e alla cittadina stranieri che abbiano fatto ingresso con la garanzia di cui al presente articolo è rilasciato un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro.

Art. 30.
(Ingresso per lavoro in casi particolari).

      1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati
nell'ambito delle quote stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7, il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina particolari modalità e termini per il rilascio dei nulla osta al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori subordinati o autonomi stranieri:

          a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che hanno la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell'Unione europea;

          b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;

          c) professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incarico

 

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accademico o un'attività retribuita di ricerca presso università o istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia;

          d) traduttori e interpreti;

          e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all'estero, da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell'Unione europea residenti all'estero che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico;

          f) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o di imprese operanti nel territorio italiano, che sono stati ammessi temporaneamente a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni sono terminati;

          g) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione di cui all'articolo 53;

          h) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali sono temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 1655 del codice civile e del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e delle norme internazionali e comunitarie;

          i) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all'estero;

          l) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;

 

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          m) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;

          n) artisti da impiegare da parte di enti musicali teatrali o cinematografici o di imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o di enti pubblici, nell'ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;

          o) cittadini e cittadine stranieri destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane, ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91, e successive modificazioni;

          p) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;

          q) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l'Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell'ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate alla pari;

          r) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private.

      2. I permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del comma 1 sono equiparati ai soggiorni per lavoro subordinato o autonomo corrispondenti.
      3. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 reca altresì norme per l'attuazione delle convenzioni e degli accordi internazionali in vigore relativamente all'ingresso e al soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia.
      4. L'ingresso e il soggiorno di lavoratori frontalieri di Paesi non appartenenti all'Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.

 

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      5. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sentiti i Ministri dell'interno e del lavoro e della previdenza sociale, è determinato il limite massimo annuale di ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all'approvazione del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione di tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili.

Capo V
REGOLARIZZAZIONI

Art. 31.
(Commissione territoriale per il soggiorno ad personam).

      1. Presso la prefettura - ufficio territoriale del Governo è istituita la commissione territoriale per il soggiorno ad personam, di seguito denominata «commissione territoriale».
      2. La commissione territoriale è costituita da:

          a) il prefetto o un suo delegato;

          b) il questore o un suo delegato;

          c) un rappresentante designato dal sindaco del comune capoluogo di provincia;

          d) un rappresentante designato dai sindaci dei comuni della provincia;

          e) un rappresentante designato dal presidente della provincia;

          f) tre rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello provinciale;

 

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          g) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello provinciale;

          h) un rappresentante dell'organo di partecipazione dei cittadini e delle cittadine stranieri istituito dal comune capoluogo di provincia o, in mancanza, un rappresentante designato dalle associazioni di rappresentanza dei cittadini e delle cittadine stranieri legalmente costituite e operanti sul territorio del comune capoluogo di provincia;

          i) un rappresentante dell'organo di partecipazione dei cittadini e delle cittadine stranieri istituito dalla provincia o, in mancanza, un rappresentante designato dalle associazioni di rappresentanza dei cittadini e delle cittadine stranieri legalmente costituite e operanti sul territorio provinciale;

          l) due rappresentanti delle articolazioni provinciali delle associazioni di rilevanza nazionale, operanti in favore dei cittadini e delle cittadine stranieri;

          m) un rappresentante delle associazioni di rilevanza provinciale, operanti in favore dei cittadini e delle cittadine stranieri.

      3. La commissione territoriale è convocata dal prefetto, che la presiede e ne coordina i lavori.
      4. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina le modalità di designazione dei componenti la commissione territoriale, nonché il funzionamento della stessa commissione.

Art. 32.
(Permesso di soggiorno ad personam).

      1. Il cittadino e la cittadina stranieri non regolarmente soggiornanti in Italia, i quali ritengono di essere in possesso dei requisiti di cui al comma 4, possono chiedere al prefetto della provincia in cui hanno la dimora stabile il rilascio di un permesso di soggiorno ad personam, in deroga alle disposizioni della presente legge.

 

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      2. La richiesta di cui al comma 1 è trasmessa dal prefetto alla commissione territoriale.
      3. La commissione territoriale deve essere convocata, per la valutazione della richiesta di cui al comma 1, entro un mese lavorativo dalla data di presentazione della richiesta stessa. Il cittadino e la cittadina stranieri interessati non possono essere espulsi fino alla conclusione del procedimento di valutazione della richiesta.
      4. Ai fini della valutazione sul rilascio del permesso di soggiorno ad personam di cui al comma 1, la commissione territoriale tiene conto:

          a) dell'inserimento sociale e lavorativo del cittadino e della cittadina stranieri, nonché delle possibilità di lavoro di cui potrebbero usufruire in caso di rilascio del permesso di soggiorno;

          b) dei legami familiari o affettivi maturati dal cittadino e dalla cittadina stranieri sul territori della provincia;

          c) dell'età e delle condizioni di salute del cittadino e della cittadina stranieri, anche in considerazione delle possibili conseguenze negative di un loro eventuale rimpatrio;

          d) della durata temporale del domicilio di fatto del cittadino e della cittadina stranieri sul territorio, nonché dell'eventuale precedente titolarità di permessi di soggiorno;

          e) della condotta generale del cittadino e della cittadina stranieri, con particolare riguardo alla loro pericolosità sociale, anche in considerazione di eventuali e recenti condanne penali;

          f) di comportamenti del cittadino e della cittadina stranieri di straordinaria rilevanza sociale e umanitaria.

      5. Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 1, la commissione territoriale ha l'obbligo di ascoltare in contraddittorio il cittadino e la cittadina stranieri, i quali possono farsi assistere da un legale o da una persona di loro fiducia. La commissione ha altresì l'obbligo di

 

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valutare eventuali memorie scritte prodotte dal cittadino o dalla cittadina stranieri o dai loro legali rappresentanti.
      6. Quando decide di concedere il permesso di soggiorno ad personam, la commissione territoriale definisce il motivo del permesso di soggiorno.
      7. Il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del comma 6 è equiparato al permesso di soggiorno avente lo stesso motivo. Esso può essere rinnovato o convertito se la motivazione del permesso lo consente e se ne sussistono i requisiti previsti dalla presente legge.
      8. La commissione territoriale rilascia comunque il permesso di soggiorno quando accerti che il cittadino e la cittadina stranieri sono presenti sul territorio nazionale da almeno cinque anni e non hanno riportato condanne per delitti.
      9. La decisione della commissione territoriale è trasmessa alla questura competente per territorio, la quale rilascia il permesso di soggiorno, con la motivazione e la scadenza indicate dalla stessa commissione, entro cinque giorni lavorativi.
      10. È istituito presso il Ministero dell'interno l'archivio centrale delle domande di regolarizzazione ad personam. All'archivio accedono le prefetture - uffici territoriali del Governo.
      11. Non è consentito presentare domanda di regolarizzazione a più di una commissione territoriale.

Art. 33.
(Permesso di soggiorno per emersione consensuale da lavoro irregolare).

      1. Nei casi in cui un datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze cittadini e cittadine stranieri privi di idoneo titolo di soggiorno, decida di regolarizzare il rapporto di lavoro con il consenso del lavoratore, al cittadino e alla cittadina stranieri è rilasciato un regolare permesso di soggiorno per lavoro, ai sensi della presente legge.
      2. Se la decisione di cui al comma 1 riguarda un imprenditore o un esercente

 

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un'attività commerciale o comunque a fini di lucro, il datore di lavoro è tenuto al pagamento di un'ammenda di 2.000 euro per ogni lavoratore regolarizzato, senza ulteriori oneri né conseguenze di natura penale. Gli introiti delle ammende sono utilizzati ai fini dell'istituzione di un fondo per il finanziamento dei programmi di ritorno concordato nel Paese di origine di cui all'articolo 42.
      3. Ai fini dell'acquisizione del permesso di soggiorno di lunga durata, viene conteggiato il periodo nel quale il lavoratore straniero è stato occupato alle dipendenze del datore di lavoro che ha effettuato l'emersione.
      4. Gli esiti delle regolarizzazioni attraverso emersione consensuale costituiscono elemento di valutazione ai fini della programmazione degli ingressi nell'ambito del documento triennale di cui all'articolo 7, comma 1.

Art. 34.
(Permesso di soggiorno per denuncia o per accertamento di lavoro irregolare).

      1. Quando, a seguito di operazioni ispettive e di controllo o a seguito della denuncia da parte del lavoratore straniero al giudice competente, sono accertati rapporti di lavoro irregolari con l'impiego di lavoratori stranieri privi di idoneo titolo di soggiorno, il datore di lavoro è punito con l'ammenda di 2.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Salve le ipotesi di cui al comma 2, se il fatto è commesso da un imprenditore o da un esercente un'attività commerciale o comunque a fini di lucro, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.
      2. Nei casi in cui, a seguito di operazioni ispettive e di controllo o a seguito della denuncia da parte del lavoratore straniero al giudice competente, sono accertati rapporti di lavoro irregolari con grave sfruttamento del lavoratore, il datore di lavoro è punito con la pena della reclusione da tre a otto anni e con l'ammenda di 9.000 euro per ogni lavoratore e

 

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lavoratrice impiegati. Ai fini del presente comma, si intende per grave sfruttamento un rapporto di lavoro irregolare connotato da una delle seguenti caratteristiche:

          a) retribuzione ridotta di oltre un terzo rispetto ai minimi contrattuali previsti dai contratti collettivi di categoria ovvero retribuzioni gravemente discontinue;

          b) sistematiche e gravi violazioni delle disposizioni degli articoli 4, 5, 6, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, in materia di disciplina dell'orario di lavoro e dei riposi giornalieri e settimanali;

          c) gravi violazioni della disciplina in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro con esposizione dei lavoratori a gravi pericoli per la loro salute, sicurezza o incolumità;

          d) reclutamento e avviamento al lavoro secondo le modalità previste e punite dall'articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.

      3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, al lavoratore straniero è rilasciato un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro secondo le modalità stabilite dall'articolo 17. Il datore di lavoro è tenuto, aggiuntivamente alle ammende previste dai citati commi 1 e 2, a corrispondere al lavoratore le cinque mensilità dell'assegno sociale richieste ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro.

Capo VI
DIRITTO ALL'UNITÀ FAMILIARE, TUTELA DEI MINORI STRANIERI E DIRITTO ALLO STUDIO

Art. 35.
(Diritto all'unità familiare).

      1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità familiare nei confronti dei

 

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familiari stranieri è riconosciuto, alle condizioni previste dalla presente legge, ai cittadini e alle cittadine stranieri titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno.
      2. Ai familiari stranieri di cittadini e cittadine italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea si applicano le disposizioni del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, fatte salve quelle più favorevoli della presente legge o del relativo regolamento di attuazione di cui all'articolo 53.
      3. In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i minori deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3, paragrafo 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176.

Art. 36.
(Ricongiungimento familiare).

      1. Ai fini della presente legge, si intende per «ricongiungimento familiare» la procedura di rilascio di un visto di ingresso o di un permesso di soggiorno per motivi familiari a un cittadino o una cittadina stranieri residenti all'estero, o regolarmente soggiornanti in Italia ad altro titolo, per i quali sia stata presentata la relativa domanda da un proprio familiare, definito ai sensi del comma 2.
      2. Il cittadino e la cittadina stranieri possono chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:

          a) il coniuge non legalmente separato o la persona con la quale sussisteva un accertato rapporto di convivenza prima della partenza dal Paese di provenienza;

          b) i figli, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, da genitori non coniugati ovvero legalmente separati;

          c) i genitori;

 

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          d) il fratello e la sorella, qualora siano l'unico componente del nucleo familiare rimasto nel Paese di origine.

      3. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.
      4. Salvo che si tratti di rifugiato, o di un cittadino o una cittadina stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di protezione umanitaria o sussidiaria, o che il ricongiungimento familiare riguardi un minore, il cittadino e la cittadina stranieri che richiedono il ricongiungimento devono dimostrare la disponibilità di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda, se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
      5. È consentito l'ingresso, al seguito del cittadino e della cittadina italiani o comunitari, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento.
      6. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della documentazione di cui al comma 4, è presentata alla questura competente per il luogo di dimora del richiedente, ed è inviata, a cura del richiedente, al Ministero degli affari esteri, che provvede all'attribuzione dell'apposito codice ACIVI. La questura rilascia copia della domanda contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L'ufficio, verificata l'esistenza dei requisiti di cui al presente articolo, emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del nulla osta.
      7. Decorsi due mesi dalla data della richiesta del nulla osta di cui al comma 6, in assenza di un provvedimento espresso da parte dell'amministrazione competente, il nulla osta si intende rilasciato, e il

 

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cittadino e la cittadina stranieri interessati possono richiedere il visto di ingresso alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di origine.
      8. Quando è stato rilasciato il nulla osta di cui al presente articolo, il cittadino e la cittadina stranieri per i quali è stato richiesto il ricongiungimento sono tenuti a richiedere il visto di ingresso alla rappresentanza diplomatica o consolare competente ai sensi del comma 7. Alla richiesta di visto di ingresso deve essere allegata idonea documentazione attestante i rapporti di parentela di cui al comma 2. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana provvede alla traduzione e alla legalizzazione di tali documenti, senza oneri per l'interessato.

Art. 37.
(Disposizioni a favore dei minori).

      1. Il figlio minore del cittadino o della cittadina stranieri con questi convivente e regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con i quali convive. Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è iscritto nel permesso di soggiorno del cittadino e della cittadina stranieri ai quali è affidato e segue la condizione giuridica di questi ultimi, se più favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.
      2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno del genitore ovvero del cittadino e della cittadina stranieri affidatari è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero un permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo ai sensi dell'articolo 20.

 

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      3. Il tribunale per i minorenni, per motivi connessi con il superiore interesse del minore straniero presente in Italia, tenuto conto del suo sviluppo psicofisico, della sua età, delle sue condizioni di salute e dei percorsi di inserimento e di scolarizzazione, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle disposizioni della presente legge. L'autorizzazione è revocata dal medesimo tribunale per i minorenni quando vengono a cessare i motivi che ne hanno giustificato il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. Nel provvedimento di cui al presente comma, il tribunale per i minorenni definisce il motivo e la scadenza del permesso di soggiorno da rilasciare in conseguenza dell'autorizzazione alla permanenza in Italia. Il permesso di soggiorno rilasciato a seguito del provvedimento del tribunale per i minorenni è equiparato al permesso di soggiorno avente lo stesso motivo. Esso può essere rinnovato o convertito se la motivazione del permesso lo consente e se ne sussistono i requisiti previsti dalla presente legge. La decisione del tribunale per i minorenni è trasmessa alla questura competente del territorio, la quale rilascia il permesso di soggiorno, con la motivazione e con la scadenza indicate dallo stesso tribunale, entro cinque giorni lavorativi. Il cittadino e la cittadina stranieri che abbiano presentato al tribunale per i minorenni istanza di autorizzazione alla permanenza in Italia ai sensi del presente comma, non possono essere espulsi fino alla decisione del medesimo tribunale.

Art. 38.
(Disposizioni concernenti minori al compimento della maggiore età).

      1. Al compimento della maggiore età, al cittadino e alla cittadina stranieri nei confronti dei quali sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 37, commi 1 e 2, e ai minori stranieri comunque presenti

 

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sul territorio nazionale, può essere rilasciato un permesso di soggiorno qualora ne abbiano i requisiti. Il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro rilasciato ai cittadini e alle cittadine stranieri secondo le procedure di cui al presente articolo prescinde dal possesso dei requisiti stabiliti dall'articolo 17.

Art. 39.
(Diritto allo studio dei minori stranieri).

      1. I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani, indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al soggiorno, e dalla condizione giuridica dei loro familiari. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico e all'obbligo formativo a parità di condizioni con i cittadini italiani, secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole e negli istituti di formazione italiani di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.
      2. L'iscrizione con riserva ai sensi del comma 1 non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio. In mancanza di accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno, il titolo è rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione. I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico sono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che, per gravi e documentati motivi, il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:

          a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno;

          b) dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno;

 

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          c) del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza;

          d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno.

      3. L'effettività del diritto all'istruzione è garantita dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali. Al fine di consentire il pieno esplicarsi del diritto all'istruzione, le istituzioni nazionali e territoriali competenti mettono in atto, di concerto, misure volte ad accogliere e ad accompagnare il minore nel percorso di inserimento nelle classi. Particolare attenzione è data all'apprendimento della lingua italiana, in funzione comunicativa e di studio, da realizzare all'interno delle singole istituzioni scolastiche, attraverso la didattica di aula comune a tutti gli alunni, integrata, ma non sostituita, da attività di laboratorio o dagli interventi di cui al comma 4. A tale fine le istituzioni scolastiche, anche in rete, predispongono percorsi, strumenti e risorse, e le inseriscono organicamente nel piano dell'offerta formativa. Le istituzioni scolastiche territoriali agiscono anche in convenzione con le associazioni degli stranieri e con le organizzazioni di volontariato sociale. La stipula delle convenzioni avviene attraverso bandi pubblici.
      4. Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento. Allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni, per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzato altresì mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa.
      5. Il collegio dei docenti formula proposte in ordine ai criteri e alle modalità per la comunicazione tra la scuola e le famiglie degli alunni stranieri. Ove necessario,

 

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anche attraverso intese con l'ente locale, l'istituzione scolastica si avvale dell'opera di mediatori linguistici e culturali qualificati.
      6. L'inserimento nelle classi scolastiche dei minori di cittadinanza non italiana è effettuato sulla base del principio della compresenza di alunni italiani e di provenienza straniera e della non concentrazione delle nazionalità all'interno della stessa classe. In nessun caso si formano classi in cui sia maggioritaria o esclusiva la componente degli alunni di provenienza straniera.
      7. La scuola assume l'incontro tra le culture come risorsa per la società che cambia e riconosce, attraverso l'esercizio del diritto all'istruzione, la piena cittadinanza di tutti i residenti. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della convivenza, e come risorsa per tutti. A tali fini, promuove e favorisce iniziative volte all'accoglienza, alla tutela e alla valorizzazione delle culture e delle lingue d'origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni, nella prospettiva dell'educazione interculturale e plurilingue per tutti gli alunni. Compatibilmente con le esigenze organizzative delle attività didattiche, l'edificio scolastico deve configurarsi come uno spazio comune idoneo alla realizzazione di iniziative culturali promosse a livello territoriale dai genitori italiani e stranieri, dalle associazioni dei migranti e dal volontariato sociale.
      8. Per la realizzazione degli obiettivi indicati nel presente articolo, le scuole possono avvalersi della collaborazione di mediatori linguistici e culturali qualificati, ai sensi del comma 5, con il compito di:

          a) affiancare il personale scolastico nelle attività di accoglienza degli alunni e dei genitori;

          b) facilitare la comunicazione interculturale;

          c) collaborare con il personale della scuola e con i genitori alla realizzazione

 

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di progetti interculturali, volti alla conoscenza dei Paesi di origine degli alunni, e all'organizzazione, all'interno della scuola, di corsi di lingue dei Paesi di provenienza;

          d) collaborare a progetti mirati a contrastare la dispersione scolastica degli alunni di cittadinanza non italiana.

      9. I mediatori linguistici e culturali di cui al comma 8 partecipano ai consigli di classe e ai collegi dei docenti, con potere consultivo, e contribuiscono alle attività di formazione del personale della scuola promosse dalle istituzioni scolastiche. Essi hanno la loro rappresentanza negli organi collegiali.
      10. Il Ministero della pubblica istruzione, sentite le organizzazioni sindacali e le associazioni dei cittadini e delle cittadine stranieri, definisce i percorsi di formazione, le modalità di reclutamento, il quadro delle specifiche mansioni e ogni aspetto relativo allo stato giuridico dei mediatori linguistici e culturali.
      11. Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di apposite convenzioni con le regioni e con gli enti locali, promuovono:

          a) la realizzazione di un'offerta culturale valida per i cittadini e le cittadine stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell'obbligo;

          b) la predisposizione di percorsi integrativi, ove necessari, degli studi sostenuti nel Paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;

          c) la realizzazione e l'attuazione di corsi di lingua italiana;

          d) la realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia.

      12. È istituita presso il Ministero della pubblica istruzione la Commissione per

 

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l'inserimento scolastico dei minori stranieri. La Commissione ha i seguenti compiti:

          a) coordinare e monitorare le attività dell'amministrazione centrale e degli uffici regionali;

          b) elaborare e programmare interventi per l'inserimento scolastico degli alunni di cittadinanza non italiana, con particolare riguardo alla formazione del personale scolastico, al monitoraggio e al contrasto della dispersione scolastica;

          c) raccogliere e disseminare le buone pratiche per l'inserimento degli alunni di cittadinanza non italiana e di educazione interculturale, realizzate a livello territoriale; far conoscere le esperienze più significative prodotte a livello europeo;

          d) valutare annualmente l'impatto delle attività svolte.

      13. La composizione e il funzionamento della Commissione di cui al comma 12 del presente articolo sono disciplinati dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 53.

Art. 40.
(Accesso dei cittadini e delle cittadine stranieri ai corsi di studio scolastici e universitari).

      1. I cittadini e le cittadine stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono accedere ai corsi di studio delle scuole, degli istituti professionali e delle università italiane alle stesse condizioni dei cittadini e delle cittadine italiani. Essi hanno diritto ad accedere, in condizioni di parità con i cittadini e le cittadine italiani, a borse di studio e ad altre provvidenze previste nell'ambito dei programmi di diritto allo studio.
      2. L'iscrizione alle scuole, agli istituti di formazione e alle università italiane può essere effettuata anche dall'estero, ai fini dell'ingresso per motivi di studio di cui all'articolo 10, comma 3, per il tramite

 

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delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane.
      3. Le università e gli istituti di istruzione, formazione e specializzazione italiani, predispongono adeguati strumenti di sostegno, anche linguistici, al fine di consentire un proficuo svolgimento dei corsi di studio da parte dei cittadini e delle cittadine stranieri.

Capo VII
GESTIONE DELLE FRONTIERE, ESPULSIONI E ALLONTANAMENTI

Art. 41.
(Divieti di espulsione e di respingimento).

      1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui il cittadino e la cittadina stranieri possono essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale o di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possono rischiare di essere rinviati verso un altro Stato nel quale non sono protetti dalla persecuzione, ovvero verso un Paese in cui esiste una condizione di guerra o di violenze interne generalizzate, ovvero in cui possono subire, per i reati commessi, la pena di morte.
      2. Non sono consentiti l'espulsione e il respingimento nei confronti:

          a) dei cittadini e delle cittadine stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;

          b) dei cittadini e delle cittadine stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE o nazionale per soggiornante di lungo periodo di cui all'articolo 20, salvi i casi di revoca previsti dal medesimo articolo 20, comma 5;

          c) dei cittadini e delle cittadine stranieri parenti entro il quarto grado, o

 

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coniugi, di cittadini e cittadine italiani o comunitari, ovvero dei cittadini e delle cittadine stranieri che possono dimostrare una stabile e continuativa convivenza con un cittadino o una cittadina italiani;

          d) delle donne in stato di gravidanza o nei dodici mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;

          e) del marito o del convivente della donna in stato di gravidanza o, nei dodici mesi successivi alla nascita del figlio, del padre del bambino ovvero del marito o del convivente della madre;

          f) dei cittadini e delle cittadine stranieri che sono affetti da infermità o da patologie e che, in considerazione della situazione del Paese di origine o di provenienza nonché della loro condizione sociale, in caso di rimpatrio, possono subire un peggioramento del loro stato di salute o non possono trovare nel Paese di destinazione adeguate cure;

          g) dei cittadini e delle cittadine stranieri che, pur essendo privi di titolo di soggiorno in corso di validità, sono obbligati da norme vigenti a permanere sul territorio nazionale.

      3. Al cittadino e alla cittadina stranieri che si trovino nelle condizioni di cui al comma 1 e di cui alle lettere d), e) e f) del comma 2 è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Nei casi di cui alle citate lettere d) ed e) del comma 2 il permesso di soggiorno ha durata annuale. Nei casi i cui al comma 1 e alla citata lettera f) del comma 2 il permesso di soggiorno per motivi umanitari ha durata di due anni ed è rinnovabile se persistono le condizioni che ne hanno giustificato il primo rilascio. Sono fatte salve le disposizioni più favorevoli previste dalla legislazione vigente in materia di asilo, di rifugio e di protezione umanitaria. Nei casi di cui alla lettera g) del citato comma 2 è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, con le modalità previste all'articolo 25, comma 3.

 

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Art. 42.
(Programmi di ritorno concordato nel Paese di origine).

      1. Con apposito decreto, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, definisce le tipologie generali dei programmi di ritorno concordato dei cittadini e delle cittadine stranieri al Paese di origine.
      2. Il programma di ritorno concordato è misura sostitutiva dell'espulsione e non comporta divieto di reingresso nei casi in cui il cittadino e la cittadina stranieri che non abbiano titolo per rimanere sul territorio nazionale e che chiedano di aderire al programma abbiano avuto un pregresso titolo di soggiorno.
      3. Il programma di ritorno concordato accompagna l'espulsione nei casi in cui il cittadino e la cittadina stranieri entrati irregolarmente nel territorio dello Stato non abbiano mai avuto titolo di soggiorno. Il periodo di divieto di reingresso in tale caso è fissato in un anno.
      4. I programmi di ritorno concordato di cui ai commi 1, 2 e 3 prevedono:

          a) opportune agevolazioni economiche atte a coprire interamente le spese del viaggio;

          b) opportune iniziative di sostegno, anche economico, per la sussistenza degli interessati e delle loro famiglie, per il reinserimento lavorativo o per l'avvio di attività imprenditoriali nel Paese di origine, anche prevedendo la partecipazione di organizzazioni non governative attive nel campo della cooperazione allo sviluppo.

      5. Il cittadino e la cittadina stranieri non possono accedere nel corso di cinque anni a più di un programma di ritorno concordato.
      6. Con il decreto di cui al comma 1 sono altresì ripartite tra le singole province le risorse destinate ai programmi di ritorno concordato.

 

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      7. Presso le questure, i valichi di frontiera e i luoghi di prima accoglienza degli stranieri sono previsti servizi informativi e gestionali sui programmi di ritorno concordato svolti da enti e da associazioni di tutela riconosciuti a livello nazionale o da associazioni locali titolate a svolgere tale funzione sulla base di apposite convenzioni.
      8. Gli enti e le associazioni di cui al comma 7 definiscono in accordo con la prefettura - ufficio territoriale del Governo competente i programmi individualizzati di ritorno concordato.

Art. 43.
(Servizio di frontiera).

      1. Presso i valichi di frontiera è istituito il servizio di frontiera.
      2. Il servizio di frontiera è costituito dal responsabile dell'ufficio della polizia di frontiera, nonché da esperti designati dal Ministero dell'interno e, in misura paritetica, da organizzazioni non governative attive nel settore della tutela dei diritti umani. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina le modalità di costituzione del servizio di frontiera.
      3. È consentito all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, o ad organizzazioni da esso accreditate, di inviare proprio personale qualificato presso i valichi di frontiera maggiormente sensibili e di verificare, con il personale della polizia di frontiera e del servizio di frontiera, le condizioni dei cittadini e delle cittadine stranieri maggiormente vulnerabili.
      4. Per lo svolgimento delle medesime funzioni, l'accesso degli enti e degli organismi di cui al comma 3 è altresì consentito presso le aree di transito aeroportuali nonché a bordo delle unità navali attraccate o alla fonda nelle aree portuali.

Art. 44.
(Respingimento alla frontiera).

      1. Il cittadino e la cittadina stranieri privi dei requisiti stabiliti dalla presente

 

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legge per l'ingresso in Italia, che vengono trovati dalle forze dell'ordine nell'atto di attraversare illegalmente la frontiera, sono rinviati al servizio di frontiera. Il servizio di frontiera verifica che il cittadino e la cittadina stranieri non si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 10, terzo comma, della Costituzione o di cui all'articolo 1 della citata Convenzione internazionale relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva della legge 24 luglio 1954, n. 722, e che non rientrino tra i casi di divieto di espulsione e di respingimento di cui all'articolo 41 della presente legge. Qualora tali accertamenti diano esito negativo, la polizia di frontiera dispone il respingimento del cittadino e della cittadina stranieri.
      2. Il respingimento di cui al comma 1 può essere disposto unicamente entro quarantotto ore dal ritrovamento del cittadino e della cittadina stranieri. Decorso tale termine senza che sia stato adottato il provvedimento, il questore territorialmente competente, se ne ricorrono i presupposti, propone al tribunale l'adozione del provvedimento di espulsione secondo le modalità di cui all'articolo 47.
      3. Avverso il provvedimento di respingimento disposto dal servizio di frontiera è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale territorialmente competente, anche dall'estero, entro due mesi. Il ricorso può contenere l'istanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento. In tale caso l'esecuzione dell'allontanamento non può avvenire sino alla decisione sull'istanza di sospensione, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato.
      4. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l'Archivio centrale dei respingimenti alla frontiera. Trimestralmente gli uffici di polizia di frontiera inviano all'Archivio i dati relativi alle operazioni effettuate nel trimestre precedente. Tali dati costituiscono uno degli elementi di valutazione del fenomeno migratorio ai
 

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fini della predisposizione del documento programmatico di cui all'articolo 7, comma 1.
      5. Il vettore che ha condotto alla frontiera un cittadino o una cittadina stranieri privi dei requisiti per l'ingresso in Italia di cui all'articolo 4, o che devono essere comunque respinti ai sensi del presente articolo, è tenuto a prenderli in carico e a ricondurli nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso del cittadino e della cittadina stranieri.

Art. 45.
(Gestione delle frontiere).

      1. Il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri adottano, di intesa tra loro, il piano generale degli interventi per la gestione e il controllo dei valichi di frontiera, anche attraverso l'automazione delle procedure, nell'ambito delle compatibilità con i sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o dalle convenzioni internazionali in vigore e dalle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione.
      2. Nell'ambito e in attuazione delle direttive adottate dal Ministero dell'interno, i prefetti delle province di confine terrestre e i prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, di intesa con i prefetti delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone di polizia di frontiera, nonché le autorità marittime e militari e i responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendono all'attuazione delle citate direttive.
      3. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'interno promuovono le iniziative

 

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occorrenti, di intesa con i Paesi interessati, al fine di garantire l'espletamento degli accertamenti e il rilascio dei documenti eventualmente necessari per i provvedimenti previsti dalla presente legge. Ogni intesa di collaborazione con i Paesi interessati deve essere sottoposta all'approvazione del Parlamento. Non possono essere stipulate intese ai sensi del presente comma con Paesi che non hanno ratificato la citata Convenzione internazionale relativa allo statuto dei rifugiati, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, o che non rispondono ai criteri indicati dall'articolo 10, terzo comma, della Costituzione.

Art. 46.
(Servizi di accoglienza ai valichi di frontiera).

      1. Presso i valichi di frontiera nei quali si registra un maggiore numero di ingressi di cittadini e cittadine stranieri o comunque presso i valichi di frontiera particolarmente sensibili, il Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero della solidarietà sociale, attiva strutture finalizzate al soccorso e all'orientamento dei cittadini e delle cittadine stranieri in condizioni di bisogno, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni con i soggetti di cui all'articolo 43, commi 2 e 3. Le organizzazioni di cui al medesimo articolo 43, commi 2 e 3, possono altresì prendere autonomamente contatto con i cittadini e le cittadine stranieri.
      2. In caso di particolare bisogno determinato da afflussi straordinari di cittadini stranieri, il Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero della solidarietà sociale, può disporre l'allestimento delle strutture di cui al comma 1 anche in località diverse dalle zone di frontiera, presso le quali disporre il trasferimento dei cittadini e delle cittadine stranieri ad opera della polizia di frontiera.
      3. Le strutture di soccorso e di assistenza di cui al comma 1 del presente articolo erogano ai cittadini e alle cittadine

 

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stranieri appositi servizi finalizzati a fornire informazioni e assistenza sulle modalità di ingresso legale in Italia, di presentazione della domanda di asilo e sull'accesso ai programmi di ritorno concordato di cui all'articolo 42. Tali servizi sono messi a disposizione, ove possibile, all'interno della zona di transito, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all'articolo 43, commi 2 e 3.
      4. L'erogazione delle prestazioni sanitarie e gli interventi di igiene pubblica e di profilassi, nonché la vigilanza sanitaria nelle strutture di soccorso e di assistenza di cui al comma 1 sono assicurati dall'azienda sanitaria locale territorialmente competente.
      5. I cittadini e le cittadine stranieri trovati ai valichi di frontiera privi dei requisiti richiesti dalla presente legge per l'ingresso e il soggiorno in Italia, per i quali non possono essere disposti l'espulsione o il respingimento, in ragione della necessità di fornire loro cure mediche, ovvero per l'esigenza di disporre ulteriori accertamenti sulla loro identità e nazionalità, ovvero per la verifica della sussistenza delle eventuali condizioni di divieto di espulsione e di respingimento di cui all'articolo 41, ovvero per garantire l'espletamento degli atti relativi all'accesso alla procedura di asilo o di rifugio o di protezione umanitaria o sussidiaria, sono ospitati per il tempo strettamente necessario, e comunque per un periodo non superiore a quindici giorni, presso le strutture di soccorso e di assistenza di cui al comma 1 del presente articolo.
      6. Il servizio di frontiera procede all'identificazione del cittadino e della cittadina stranieri e agli accertamenti relativi al loro status. Il cittadino e la cittadina stranieri possono allontanarsi dalla struttura di soccorso e di assistenza di cui al comma 1, ma sono tenuti all'obbligo di presenza nella struttura medesima in determinate ore della giornata, da stabilire anche in relazione alle specifiche esigenze del cittadino e della cittadina stranieri. Il cittadino e la cittadina stranieri possono aderire ai programmi di ritorno concordato di cui all'articolo 42, ovvero richiedere,
 

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sussistendone i requisiti, il rilascio di un permesso di soggiorno ad personam ai sensi dell'articolo 32.
      7. In caso di mancato rispetto, senza giustificato motivo, dell'obbligo di presenza di cui al comma 6, il servizio di frontiera propone l'espulsione del cittadino e della cittadina stranieri. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 47. Il questore può disporre l'applicazione della misura del fermo di polizia, ai sensi delle disposizioni del citato articolo 47, comma 18.
      8. Ai cittadini e alla cittadine stranieri ospitati nelle strutture di soccorso e di assistenza di cui al comma 1 sono garantite adeguate informazioni e assistenza legale, nonché la libertà di comunicazione anche telefonica con l'esterno e la possibilità di contattare legali, enti e associazioni di tutela.

Art. 47.
(Espulsione).

      1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, desunti da elementi di fatto specificamente indicati, il Ministro dell'interno può proporre al tribunale in composizione monocratica l'espulsione del cittadino e della cittadina stranieri anche non residenti nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.
      2. L'espulsione è proposta dal questore, con richiesta motivata, al giudice di cui al comma 8, quando:

          a) il cittadino e la cittadina stranieri sono entrati nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o violando il divieto di reingresso o sono trovati nel territorio dello Stato senza valido titolo di soggiorno e non rientrano tra i casi di divieto di espulsione e di respingimento di cui all'articolo 41, o tra i casi per i quali è possibile il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia ai sensi dell'articolo 25, comma 2, o per protezione sociale ai sensi dell'articolo

 

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24, o non rientrano nelle tipologie per le quali è possibile richiedere un permesso di soggiorno ad personam ai sensi dell'articolo 32;

          b) il cittadino e la cittadina stranieri sono ritenuti, sulla base di elementi di fatto, appartenere a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

      3. La richiesta di espulsione deve essere contestualmente notificata all'interessato in lingua a lui comprensibile o al suo legale rappresentante, con l'indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di eleggere domicilio. La richiesta di espulsione è inoltre comunicata al difensore di fiducia nominato dal cittadino e dalla cittadina stranieri, ovvero nominato d'ufficio all'atto dell'emissione della richiesta; il difensore d'ufficio è designato nell'ambito dei soggetti iscritti negli elenchi previsti dall'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Al difensore è comunicato il domicilio o la residenza del cittadino e della cittadina stranieri. Nell'ipotesi di cui al comma 1 la notifica della proposta di espulsione è effettuata dal questore del luogo di residenza o di domicilio o di dimora del cittadino e della cittadina stranieri.
      4. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il questore, individuato ai sensi delle disposizioni del comma 3, ultimo periodo, anche su proposta del Ministro dell'interno, quando ravvisa il concreto pericolo che il cittadino e la cittadina stranieri di cui è proposta l'espulsione si rendano irreperibili, può disporre in via provvisoria la misura del fermo di polizia.
      5. Nell'ipotesi di cui al comma 2, lettera b), il questore, quando ravvisa il concreto pericolo che il cittadino e la cittadina stranieri di cui è proposta l'espulsione si rendano irreperibili, ovvero nel caso in cui non siano certe la loro identità e nazionalità,

 

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può disporre in via provvisoria la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Il questore può altresì disporre in via provvisoria la misura del fermo di polizia, solo quando ravvisa, sulla base di elementi di fatto, che la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza non risulta idonea alla finalità di ovviare al pericolo che il cittadino e la cittadina stranieri si rendano irreperibili.
      6. Nelle ipotesi di cui al comma 2, lettera a), quando ravvisa il concreto pericolo che il cittadino e la cittadina stranieri di cui è proposta l'espulsione si rendano irreperibili, ovvero nel caso in cui non siano certe l'identità e la nazionalità del cittadino e della cittadina stranieri, il questore, all'atto dell'adozione della richiesta di espulsione, può disporre in via provvisoria la misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con l'obbligo di soggiorno in una determinata località e l'obbligo di dimora in determinate ore della giornata. Nel caso di cittadini e cittadine stranieri privi di dimora, agli stessi è data facoltà di indicare quale domicilio utile, strutture di accoglienza messe a disposizione da enti, associazioni di tutela, regioni, enti locali, ivi comprese le strutture di soccorso e di assistenza di cui all'articolo 46. Nei confronti del cittadino e della cittadina stranieri già espulsi con precedente provvedimento, che abbiano fatto illegalmente reingresso in Italia prima del termine del divieto di reingresso, il questore può disporre in via provvisoria la misura del fermo di polizia.
      7. I provvedimenti di cui ai commi 4, 5 e 6 sono notificati al difensore di cui al comma 3 unitamente alla richiesta di espulsione.
      8. L'autorità che ha emesso la richiesta di espulsione e il provvedimento di cui ai commi 4, 5 e 6 li comunica entro quarantotto ore al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l'autorità che ha emesso la richiesta, ovvero al tribunale in composizione monocratica competente sul luogo di domicilio nel caso in cui è stata adottata la misura della sorveglianza speciale. Unitamente alla richiesta e al provvedimento sono
 

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inviati a cura dell'autorità che li ha adottati gli atti e i documenti dell'attività istruttoria. Nell'ipotesi di cui al comma 1 è competente il giudice del luogo di residenza o domicilio del cittadino straniero, ovvero, in mancanza, del luogo ove è effettuata la notifica di cui al comma 3. Il giudice fissa l'udienza entro quarantotto ore dalla comunicazione di cui al presente comma, notificando avviso di fissazione al cittadino e alla cittadina stranieri, al difensore, all'autorità che ha emesso il provvedimento con l'avviso della facoltà di prendere visione e trarre copia degli atti e dei documenti inviati.
      9. Il giudice, sentiti il cittadino e la cittadina stranieri, il rappresentante dell'amministrazione della pubblica sicurezza e il difensore del cittadino e della cittadina stranieri, e svolte eventuali indagini, decide entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, con un'unica ordinanza, nell'ordine:

          a) di convalidare o meno l'eventuale misura provvisoria di cui ai commi 4, 5 e 6;

          b) di adottare o meno il provvedimento di espulsione richiesto. Il giudice, nel caso in cui rilevi la necessità di acquisire ulteriore documentazione o svolgere ulteriori indagini, d'ufficio o su richiesta del cittadino e della cittadina stranieri, anche ai fini dell'accertamento della sussistenza di una delle ipotesi di cui ai commi 13 e 14, può disporre il rinvio della decisione di merito, che deve essere comunque adottata entro quindici giorni. In tale caso può disporre per lo stesso periodo l'applicazione della misura della sorveglianza speciale.

      10. Nell'adottare il provvedimento ai sensi del comma 9, il giudice tiene conto della durata del soggiorno in Italia del cittadino e della cittadina stranieri, di eventuali legami familiari, della pendenza di procedimento penale nel quale il cittadino e la cittadina stranieri siano indagati o imputati o parti lese o parti civili, ovvero assumano la figura di persona informata sui fatti o di testimone.

 

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      11. Ove adotti l'espulsione, e il questore abbia prodotto elementi concreti dai quali risulta che occorre effettuare accertamenti in merito all'identità del cittadino e della cittadina stranieri, ovvero che occorre acquisire i documenti di viaggio, con l'ordinanza di cui al comma 9 il giudice può disporre un ulteriore periodo di sorveglianza speciale non superiore a cinque giorni, ovvero, nelle ipotesi previste dai commi 1 e 2, lettera b), e nelle ipotesi in cui è già stata disposta in via provvisoria, ai sensi del comma 6, terzo periodo, la misura del fermo di polizia, non superiore a quarantotto ore.
      12. Il giudice, nell'adozione del provvedimento di espulsione, fissa l'eventuale divieto di reingresso del cittadino e della cittadina stranieri espulsi nel territorio nazionale e la sua durata, che non deve essere comunque superiore a tre anni, o a cinque anni nei casi di cui al comma l.
      13. La proposta di espulsione di cui al comma 2 del presente articolo è comunque respinta quando il cittadino e la cittadina stranieri rientrino nei casi di divieto di espulsione e di respingimento di cui all'articolo 41, ovvero, nelle ipotesi di cui al citato comma 2, lettera a), possono usufruire di un permesso di soggiorno per protezione sociale ai sensi dell'articolo 24 o di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia ai sensi dell'articolo 25, comma 2, o di un permesso di soggiorno ad personam ai sensi dell'articolo 32. Nel caso di richiesta di espulsione ai sensi del citato comma 2, lettera a), ove il cittadino e la cittadina stranieri accedano a un programma di ritorno concordato di cui all'articolo 42, e siano già stati in possesso di titolo di soggiorno, il procedimento di espulsione è sospeso fino alla conclusione del procedimento di ritorno concordato. Acquisita la prova dell'effettivo ritorno nel Paese di origine, il giudice archivia il procedimento di espulsione. Nelle ipotesi di cui al medesimo comma 2, lettera b), ove il cittadino e la cittadina stranieri accedano al programma di ritorno concordato, il giudice può applicare l'espulsione, ma il divieto di reingresso di cui al
 

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comma 12 non può avere una durata superiore a un anno.
      14. La proposta di espulsione di cui al comma 1 del presente articolo è comunque respinta quando ricorre la fattispecie prevista dall'articolo 41, comma 1, ovvero quando a seguito dell'esecuzione dell'espulsione il cittadino e la cittadina stranieri possono essere esposti a torture o a pene o trattamenti inumani o degradanti, ovvero quando nei loro confronti può essere eseguita la pena capitale, ovvero quando il cittadino e la cittadina stranieri versano in gravi condizioni di salute e l'esecuzione dell'espulsione può comportare il rischio del decesso o comunque di un grave e immediato peggioramento.
      15. Il cittadino e la cittadina stranieri che, successivamente all'adozione dell'ordinanza con la quale il giudice dispone l'espulsione, collaborino alla propria identificazione e abbiano rispettato tutti gli obblighi derivanti dall'eventuale misura di sorveglianza, possono chiedere al giudice che ha adottato il provvedimento, anche per il tramite del proprio difensore, la riduzione del periodo di divieto di reingresso. La durata del divieto non può essere in tale caso superiore a due anni.
      16. L'espulsione è eseguita mediante accompagnamento alla frontiera da parte delle autorità di pubblica sicurezza.
      17. Avverso il provvedimento di espulsione può essere presentato ricorso alla corte d'appello competente per materia entro due mesi, anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di origine. Il ricorso può contenere l'istanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento. In tale caso l'esecuzione dell'allontanamento non può avvenire sino alla decisione sull'istanza di sospensione, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato.
      18. Nel caso in cui il cittadino e la cittadina stranieri per i quali è stata avanzata una richiesta di espulsione, anche accompagnata dalla misura di sorveglianza speciale, si rendano volontariamente
 

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irreperibili, all'atto del ritrovamento sono soggetti alla misura del fermo di polizia. Il questore richiede al tribunale la convalida della misura entro le quarantotto ore successive. Il tribunale convalida la misura, sentiti il cittadino e la cittadina stranieri, entro le successive quarantotto ore. L'allontanamento è eseguito dalle autorità di pubblica sicurezza entro le successive ventiquattro ore. Con l'ordinanza di convalida il giudice applica nei confronti del cittadino e della cittadina stranieri il divieto di reingresso per la durata di cinque anni. La durata del divieto è ridotta a tre anni nel solo caso in cui il cittadino e la cittadina stranieri collaborino alla propria identificazione e all'allontanamento. Sono fatte salve sopravvenute condizioni di inespellibilità.

Art. 48.
(Identificazione dei cittadini e delle cittadine stranieri non in regola con le disposizioni vigenti in materia di soggiorno dei detenuti).

      1. Dell'ingresso nell'istituto di reclusione del cittadino e della cittadina stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale, a seguito di provvedimento di applicazione della custodia cautelare ovvero di ordine di esecuzione della pena detentiva, è data comunicazione, entro ventiquattro ore, a cura della direzione dell'istituto di reclusione, alla questura competente per territorio. Alla comunicazione sono allegate le informazioni utili all'identificazione del cittadino e della cittadina stranieri.
      2. A seguito della ricezione della comunicazione di cui al comma 1, la questura avvia tempestivamente la procedura finalizzata all'identificazione del cittadino e della cittadina stranieri e all'ottenimento dei documenti di viaggio, anche mediante consultazione con l'autorità diplomatica o consolare italiana del Paese di origine.
      3. All'atto dell'ingresso nell'istituto di reclusione il cittadino e la cittadina stranieri vengono informati dell'avvio delle procedure di cui al comma 2, nonché del

 

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diritto di proporre l'istanza di cui al comma 4. La comunicazione deve essere effettuata in lingua comprensibile all'interessato.
      4. Il cittadino e la cittadina stranieri che si trovino nelle condizioni indicate al comma 1 possono chiedere, con istanza motivata trasmessa al questore a cura della direzione dell'istituto di reclusione, che non sia avviata la procedura di identificazione, quando sussista l'ipotesi di cui all'articolo 41, comma 1. In tale ipotesi al cittadino e alla cittadina stranieri è rilasciato, alla scarcerazione, un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
      5. Le richieste di espulsione di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 47, riguardanti un cittadino o una cittadina stranieri irregolari detenuti a seguito di ordine di esecuzione della pena detentiva, sono inoltrate almeno quindici giorni prima della data indicata per la scarcerazione, ai fini della procedura di espulsione.
      6. Nel caso in cui sia disposta l'espulsione del cittadino e della cittadina stranieri detenuti e il vettore da utilizzare per l'accompagnamento alla frontiera non sia disponibile alla data prevista per l'effettiva scarcerazione, la questura comunica al giudice che ha disposto l'espulsione la data antecedente di non oltre cinque giorni la data di scarcerazione, in cui sia disponibile l'idoneo vettore. Il giudice autorizza la scarcerazione nella data indicata, ai fini dell'immediato accompagnamento alla frontiera. In tal caso, la pena si intende scontata.

Art. 49.
(Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione).

      1. Nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il giudice, su istanza dell'imputato straniero, quando ritiene di dover irrogare la pena detentiva entro il limite di cinque anni e non ricorrono le condizioni per

 

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ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 del codice penale, può sostituire la pena detentiva con la misura dell'espulsione con divieto di reingresso per un periodo pari al doppio della pena da irrogare. Il termine del divieto di reingresso decorre dall'effettiva esecuzione dell'espulsione.
      2. Il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero e del condannato, può ordinare l'espulsione per un periodo pari al doppio della pena da scontare, nei confronti dello straniero detenuto che deve scontare una pena residua non superiore a cinque anni. Se durante tale periodo lo straniero fa ingresso nel territorio nazionale, la sospensione dell'esecuzione della pena è revocata.
      3. Nelle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 la pena è estinta alla scadenza del termine di divieto di reingresso, sempre che il cittadino e la cittadina stranieri non siano rientrati illegalmente nel territorio dello Stato. In tale caso, il giudice dell'esecuzione dispone l'applicazione della pena detentiva sostitutiva di cui al comma 1, ovvero, nell'ipotesi di cui al comma 2, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l'esecuzione della pena.
      4. Nell'ipotesi di cui al comma 2 lo stato di detenzione permane fino all'effettiva esecuzione dell'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a cura della forza pubblica. La misura di cui al citato comma 2 decade ove l'espulsione non sia eseguita nel termine di due mesi dalla richiesta.

Capo VIII
NORME PENALI

Art. 50.
(Disposizioni contro il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina).

      1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne ingiusto profitto, in violazione delle disposizioni della presente legge procura o favorisce

 

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l'ingresso nel territorio dello Stato di uno o più cittadini e cittadine stranieri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a 10.000 euro per ogni persona. La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto riguarda l'ingresso nel territorio dello Stato di cinque o più persone.
      2. Quando tre o più persone si associano allo scopo di procurare o favorire, al fine di trarne ingiusto profitto, l'ingresso nel territorio dello Stato di più cittadini e cittadine stranieri in violazione delle disposizioni della presente legge, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione, ovvero ne fanno parte con funzioni direttive, sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a dieci anni e alla multa di euro 15.000 per ogni cittadino e cittadina stranieri trasportati.
      3. Per il solo fatto di partecipare all'associazione di cui al comma 2, al fine di trarne ingiusto profitto, la pena è della reclusione da uno a sei anni.
      4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono aumentate da un terzo a due terzi se per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o incolumità, ovvero è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante, ovvero se i fatti sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento.
      5. Per i delitti previsti dai commi 1, 2 e 3 le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti, ovvero per il salvataggio delle persone trasportate.
      6. Nei casi previsti dai commi 2 e 3 è obbligatorio l'arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto
 

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utilizzato per i medesimi reati, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti.
      7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità del cittadino e della cittadina stranieri, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni della presente legge è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a 15.000 euro. La pena è aumentata quando il cittadino e la cittadina stranieri siano costretti in condizione di particolare degrado o sfruttamento.
      8. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso, di assistenza umanitaria e di accoglienza prestate in Italia nei confronti dei cittadini e delle cittadine stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato o alla frontiera, e le attività di soccorso in mare. È attività di accoglienza anche l'ospitalità temporanea, apprestata dal sindaco, da associazioni e organizzazioni umanitarie presso apposite strutture o da privati, di cittadini e cittadine stranieri anche sprovvisti di titolo di soggiorno.
      9. Non è punibile chi commette il reato di cui al comma 1 al fine di favorire l'ingresso dei familiari nei confronti dei quali potrebbe richiedere il ricongiungimento familiare.
      10. Il vettore aereo, marittimo o terrestre, è tenuto ad accertarsi che il cittadino e la cittadina stranieri trasportati siano in possesso dei documenti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, nonché a riferire all'organo di polizia di frontiera dell'eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di cittadini e cittadine stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 3.500 euro a 5.500 euro per ciascuno dei cittadini e delle cittadine stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della
 

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licenza, dell'autorizzazione o della concessione rilasciata dall'autorità amministrativa italiana inerente all'attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato.
      11. La sanzione di cui al comma 10 non si applica nei confronti del vettore che ha trasportato un cittadino o una cittadina stranieri sprovvisti dei documenti richiesti, quando questi hanno dichiarato al momento dell'imbarco che intendano presentare istanza di riconoscimento dello status di rifugiato e presentano l'istanza al momento dello sbarco.
      12. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e alla repressione dei reati previsti dal presente articolo sono affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile, di tutela ambientale o di integrazione dei cittadini e delle cittadine stranieri. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
      13. Nel caso in cui siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni dell'articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni. La distruzione può essere direttamente disposta dal Presidente del Consiglio dei ministri o dall'autorità da lui delegata, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria procedente. Con il provvedimento che dispone la distruzione sono altresì fissate le modalità di esecuzione.
 

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      14. I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all'amministrazione o trasferiti all'ente che ne ha avuto l'uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e di destinazione dei beni confiscati. Ai fini della determinazione dell'eventuale indennità, si applica il comma 5 dell'articolo 301-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni.
      15. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonché le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento degli interventi di accoglienza e assistenza umanitaria dei cittadini e delle cittadine stranieri, anche ai sensi del comma 8.
      16. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla a ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermano il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla e condurla in un porto dello Stato. Tali operazioni sono condotte avendo come obiettivo primario la massima tutela dell'incolumità delle persone trasportate.

Capo IX
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 51.
(Abrogazioni e modifiche di norme).

      1. Gli articoli 235 e 312 del codice penale sono abrogati.

 

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      2. Gli articoli da 1 a 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono abrogati.
      3. Al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 39, il comma 5 è sostituito dal seguente:

      «5. È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia o, se conseguito all'estero, equipollente»;

          b) l'articolo 40 è sostituito dal seguente:

      «Art. 40. - (Centri di accoglienza. Accesso all'abitazione). - 1. Le regioni, in collaborazione con le province, con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell'Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. Il sindaco, quando siano individuate situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull'allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni.
      2. I centri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove

 

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possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l'autonomia e l'inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri di accoglienza e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.
      3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze alloggiative e alimentari, nonché, ove possibile, all'offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana e all'assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'autonomia personale per le esigenze di vitto e di alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.
      4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell'ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte a cittadini italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell'attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.
      5. Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l'imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull'alloggio all'ospitabilità temporanea o alla
 

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locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L'assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale.
      6. Gli stranieri titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e gli stranieri regolarmente soggiornanti che siano iscritti negli elenchi anagrafici dei servizi per l'impiego o che esercitino una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione».

      4. Il regolamento di cui al decreto del Presidente del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, è abrogato.
      5. Gli articoli 2 e 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, sono abrogati.
      6. La lettera d) del comma 1 dell'articolo 75 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è abrogata.

Art. 52.
(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico e di norme per la regolamentazione dei cittadini stranieri).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno dei cittadini e delle cittadine stranieri in Italia, coordinando in esso le norme della presente legge e le altre norme legislative vigenti e apportando alle medesime le integrazioni, le modificazioni

 

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e le abrogazioni necessarie al loro coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione.
      2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, è trasmesso, almeno sessanta giorni prima della scadenza del termine indicato al comma 1, al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che devono esprimersi entro quarantacinque giorni; decorso tale termine il parere si intende acquisito.

Art. 53.
(Regolamento di attuazione).

      1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del testo unico adottato ai sensi dell'articolo 52, comma 1, il Governo adotta il regolamento di attuazione del medesimo testo unico.

Art. 54.
(Diritto di voto).

      1. La partecipazione alla vita politica e alle attività della pubblica amministrazione, comprensiva del diritto di accesso e di partecipazione al procedimento amministrativo, è assicurata a tutti, senza discriminazioni in base alla cittadinanza o alla nazionalità.
      2. Il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali e provinciali e nelle elezioni concernenti le città metropolitane è garantito ai soggetti che non sono cittadini e cittadine italiani quando hanno maturato cinque anni di regolare soggiorno in Italia.
      3. Gli statuti e i regolamenti comunali, provinciali e delle città metropolitane disciplinano altre forme di partecipazione dei cittadini e delle cittadine stranieri alla vita politica e amministrativa.
      4. Le disposizioni del presente articolo costituiscono, oltre che princìpi fondamentali, princìpi dell'ordinamento giuridico

 

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della Repubblica per le regioni ordinarie e per le regioni a statuto speciale, nonché per le province autonome di Trento e di Bolzano.
      5. Per l'esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo, i soggetti che non sono cittadini e cittadine italiani presentano al sindaco del comune di residenza domanda per l'iscrizione nelle liste elettorali. Per le modalità di iscrizione nelle liste elettorali si applica, in quanto compatibile, la disciplina concernente i cittadini dell'Unione europea.


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