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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 2547 |
La ratio della proposta di legge
La logica della nostra proposta di legge è la stessa che è sottesa ed esplicitata nel programma de L'Unione, il cui contributo innovativo si basa su un intreccio di nodi analitici e propositivi.
Da un lato, un assunto di fondo. Ci troviamo di fronte non ad una «emergenza», ma a processi strutturali di lungo periodo, determinati dalle disuguaglianze a livello planetario e dall'accresciuta mobilità delle persone. Parlare di migrazioni significa in quest'ottica parlare prima di tutto di donne e di uomini che stanno cercando di costruire propri percorsi di vita, non determinati dalla condizione che il destino ha dato in sorte a ciascuno. I diritti di queste persone devono essere criterio fondante delle politiche migratorie, in linea con quanto ci ricorda l'articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
A questo assunto di fondo se ne associa un altro più «empirico», che attiene al bilancio delle politiche sin qui seguite.
È noto come dal 1986 ad oggi siano intervenute cinque sanatorie (1986, 1990, 1995, 1998, 2002), che hanno regolarizzato un milione e mezzo di persone; al 2003 - anno in cui si sono registrati gli effetti dell'ultima regolarizzazione - oltre il 70 per cento degli stranieri regolari in Italia risultava beneficiario di un provvedimento di sanatoria. Nonostante gli investimenti massicci sul terreno della repressione - va ricordato che in questi anni lo Stato italiano ha speso l'80 per cento delle risorse per azioni di contrasto, espulsioni, detenzioni, rimpatri, e solo il 20 per cento per misure e progetti di inserimento sociale - la stragrande maggioranza degli immigrati sono entrati come clandestini, o comunque hanno vissuto un periodo più o meno lungo di irregolarità.
La vera politica sull'immigrazione è stata dunque un mix di proibizionismo - con i correlati proclami propagandistici per «tranquillizzare» l'opinione pubblica - e di periodiche sanatorie.
Il bilancio è quello di un meccanismo assolutamente ipocrita e inefficace rispetto agli obiettivi dichiarati, ma che ha viceversa prodotto e alimentato clandestinità e tragedie dai costi umani elevatissimi. Com'è noto, infatti, la percentuale di migranti che arrivano clandestinamente via mare è estremamente ridotta (minore del 10 per cento), ma le tragedie che si consumano sono enormi.
La proposta di legge in dettaglio
1. Rendere possibile e conveniente l'ingresso legale.
La programmazione degli ingressi per come è sin qui avvenuta ha significato di fatto l'impossibilità di entrare legalmente nel nostro Paese: quote irrisorie rispetto agli stessi fabbisogni del mercato del lavoro, e un meccanismo, come quello della chiamata nominativa su estero, per cui i datori di lavoro avrebbero dovuto assumere «a distanza» persone che non conoscevano.
È centrale, rispetto all'ingresso, la possibilità dell'incontro diretto fra domanda e offerta di lavoro.
Nella presente proposta di legge prevediamo anzitutto una programmazione dei flussi molto più ampia e realistica di quanto fin qui avvenuto. Le quote devono tenere conto delle dinamiche del mercato del lavoro, come anche dei processi migratori effettivi. Si tratta, tra l'altro, di due fattori oggi in equilibrio: si stima in circa 250.000-300.000 il numero di persone che ogni anno entrano - regolarmente o meno - in Italia, un numero corrispondente ai fabbisogni del mercato del lavoro e alle dinamiche demografiche.
Per altro verso è centrale la previsione di poter entrare per «cercare lavoro» anche senza avere, cioè, un datore italiano che abbia effettuato un'assunzione dall'estero. Anche in questo caso si tratta di far diventare norma quanto avviene nella realtà. Nella nostra proposta di legge, che segue fedelmente le indicazioni del programma de L'Unione, l'ingresso per ricerca di lavoro è legato alla dimostrazione di un certo livello di garanzie economiche.
È cosa nota che chi decide di emigrare organizza la propria scelta, costruisce un suo percorso.
Oggi, in particolare, per chi viene dall'altra sponda del Mediterraneo (che è solo il 10 per cento dell'immigrazione clandestina) non esiste altra possibilità che mettere
2. Rendere meno precaria la presenza dei migranti in Italia.
Attualmente, persino i migranti già arrivati in Italia, e che soggiornano in modo regolare, sono assoggettati a una condizione di precarietà intollerabile.
Se è pressoché impossibile, per un cittadino o una cittadina stranieri, entrare legalmente nel nostro Paese, o regolarizzare la loro posizione quando sono «clandestini», è invece molto facile perdere il permesso di soggiorno quando lo si è già ottenuto: le condizioni per il rinnovo sono spesso irrealistiche, o comunque molto difficili da soddisfare. Stranieri da lungo tempo residenti in Italia, e ormai stabilmente inseriti, vengono trattati come persone appena arrivate, e assoggettati a controlli continui e spesso vessatori. I permessi di soggiorno hanno tempi di validità molto brevi, e al momento del rinnovo non possono essere rilasciati con una durata superiore rispetto a quella del primo rilascio: così, i migranti sono costretti a presentarsi più volte in questura, incrementando file e tempi di attesa. Se si perde il lavoro o si viene licenziati - cosa che accade frequentemente, data la progressiva precarizzazione del mercato del lavoro - si finisce per perdere anche il permesso di soggiorno: oggi, con la legge «Bossi-Fini», si può rimanere in Italia per non più di sei mesi.
Noi vogliamo de-precarizzare la condizione di vita dei migranti. A un mercato del lavoro che offre opportunità quasi esclusivamente a tempo determinato non possono corrispondere permessi di soggiorno rigidamente ancorati a tali contratti. Proponiamo il rilascio di un permesso per un anno allo straniero che abbia contratti di lavoro a tempo determinato inferiori a sei mesi, e di permessi di durata biennale per contratti più lunghi. Chi è assunto a tempo indeterminato avrebbe, nella nostra proposta di legge, un permesso di soggiorno per tre anni (attualmente sono al massimo due). Chi rimane senza lavoro, o il soggetto a cui scade il contratto di lavoro a tempo determinato, avrebbe diritto a un permesso di durata annuale, per attesa di occupazione, prorogabile una sola volta in presenza di adeguati mezzi di sussistenza.
Dopo cinque anni di permanenza in Italia, il cittadino e la cittadina stranieri devono aver diritto alla «carta di soggiorno» (cioè ad un documento a tempo indeterminato). Accanto alla «carta di soggiorno europea»,
3. Regolarizzare chi lavora.
Con le norme attualmente in vigore nessun cittadino o cittadina stranieri irregolari può ottenere il permesso di soggiorno: nemmeno se ha un lavoro e se dimostra di possedere tutti i requisiti per poter rimanere in Italia. In questi anni, un simile «divieto generale di regolarizzazione» ha prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Sono ormai numerosissime, per esempio, le famiglie che affidano il lavoro domestico - ma anche la cura di anziani e di bambini - a migranti, spesso donne, costrette ad essere «clandestine», che rischiano di essere espulse, prive di ogni diritto, a cominciare da quello di poter tornare periodicamente e alla luce del sole alla propria famiglia e agli affetti del Paese di provenienza. Eppure a loro affidiamo la cura dei nostri parenti più stretti.
Ovviamente la modifica delle norme sugli ingressi ha l'obiettivo di diminuire considerevolmente l'area dell'immigrazione «clandestina»: tuttavia, non possiamo pensare che norme anche sensibilmente migliori possano eliminare del tutto l'irregolarità, e non esiste un motivo ragionevole per impedire che chi ha comunque costruito un proprio percorso di inserimento nella società italiana non possa accedere a meccanismi di regolarizzazione.
La nostra proposta di legge prevede sia la possibilità di regolarizzarsi consensualmente con il proprio datore di lavoro (senza penalizzazioni nel caso in cui questo sia una famiglia e non esista fine di lucro nell'assunzione irregolare del migrante); sia la regolarizzazione per denuncia o accertamento di lavoro nero; sia, infine, su valutazione di una commissione territoriale composta dal prefetto, dal questore, dalle organizzazioni sindacali e datoriali, dalle associazioni di tutela. Sono tutti strumenti presenti nel programma de L'Unione. Nel caso di denuncia di lavoro nero o di sfruttamento del lavoro dei migranti si tratta di fare un passo avanti rispetto alla modifica dell'articolo 18 del vigente testo unico, già proposta dal Governo, svincolandolo dal legame con la tratta e dunque dalla previsione che la regolarizzazione possa scattare solo in caso di «pericolo concreto e attuale per l'incolumità della persona».
Il programma dell'Unione, del resto, prevedeva che occorresse «concedere un permesso di soggiorno ad ogni immigrato che denunciasse la propria condizione di lavoro irregolare».
Il complesso di queste misure avrebbe come conseguenza non solo di tutelare i diritti dei lavoratori migranti, ma anche di rafforzare i diritti di tutti i lavoratori eliminando i meccanismi di concorrenza al ribasso. Lo svuotamento delle sacche di lavoro e di economia sommersa significa, inoltre, eliminare uno dei fattori principali di attrazione di flussi migratori irregolari, riportando a legalità il funzionamento del mercato del lavoro nel nostro Paese.
4. Allontanamento dal territorio.
Quando parliamo di immigrazione, l'associazione automatica è agli «sbarchi» di cittadini stranieri sulle coste italiane, in particolare nel sud del nostro Paese. Nonostante il risalto mediatico che viene attribuito a questo fenomeno, è noto che esso non rappresenta che il 10 per cento degli ingressi irregolari.
5. Trasferimento delle competenze sul rinnovo dei permessi di soggiorno agli enti locali.
Le competenze sul rinnovo dei permessi di soggiorno sono trasferite agli enti
6. Eliminare le discriminazioni sociali.
La proposta di legge che presentiamo tecnicamente prevede la riscrittura integrale di tutti gli articoli da 1 a 33 del vigente testo unico, e l'abrogazione delle modifiche introdotte dalla legge «Bossi-Fini» per quel che riguarda gli articoli da 34 a 46, ritornando in questo caso alla legislazione precedente.
Questa scelta è motivata da due ragioni di fondo. La prima è relativa al fatto che si è ritenuto urgente intervenire sulla parte che ha in questi anni causato maggiori iniquità e distorsioni (ossia quella relativa agli ingressi, ai permessi di soggiorno e alle espulsioni), mentre gli articoli da 34 a 46 in molte loro parti contengono indubbiamente norme avanzate, il cui limite è stato semmai lo scarso seguito che hanno avuto in termini di concreta attuazione.
La seconda motivazione risiede nel fatto che tuttavia proprio sugli articoli da 34 a 46 del testo unico, che riguardano il concreto accesso ai diritti di cittadinanza sociale (sanità, assistenza, formazione, politiche abitative), sono necessari interventi fortemente intrecciati con le politiche generali di welfare e che riordinino complessivamente il quadro normativo. Si tratta, in sostanza, una volta riscritti i princìpi generali relativi all'ingresso e al soggiorno, di aprire la grande e centrale partita della ridefinizione dello Stato sociale nel nostro Paese, come di ripensare, per fare un esempio, a una scuola che non sia aggiuntivamente attenta ai problemi posti dalla presenza di bambini stranieri, ma che si ridefinisca sul terreno della promozione dell'uguaglianza e, insieme, della valorizzazione e del dialogo fra culture. Un compito complesso che riguarda in realtà la vera posta in gioco in una situazione in cui sono ormai milioni i nuovi cittadini, destinati a crescere significativamente nei prossimi anni, e che non poteva essere svolto senza il necessario approfondimento.
Su due aspetti, relativi a questi temi, interveniamo tuttavia da subito nel corpo della proposta di legge.
Il primo aspetto sancisce il diritto delle cittadine e dei cittadini stranieri a partecipare ai concorsi e alle selezioni per l'accesso al pubblico impiego.
Il secondo aspetto prevede la possibilità già contenuta nella legge n. 40 del 1998, di restituzione dei contributi pensionistici versati, in caso di ritorno in patria prima dell'età pensionabile per quei Paesi con i quali non esistono accordi che consentono la totalizzazione dei contributi, ponendo fine a un evidente furto ai danni dei lavoratori immigrati e creando anche per questa via un incentivo alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro.
7. Diritto di voto e ratifica della Convenzione ONU.
In ultimo, la nostra proposta di legge riprende quella dell'Associazione nazionale dei comuni italiani in materia di diritto di voto attivo e passivo per le elezioni amministrative e regionali, che viene acquisito dopo cinque anni di soggiorno regolare in Italia. La proposta di legge, nei princìpi guida, indica anche la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata il 18 dicembre 1990. La Convenzione ONU non è stata ancora ratificata dall'Italia, ma rappresentava uno degli impegni del programma de L'Unione a cui crediamo si debba dare coerentemente seguito come richiesto da moltissimi soggetti associativi, a cominciare dalle organizzazioni sindacali.
1. Nel rispetto dei diritti fondamentali della persona e in conformità alla Costituzione, ai princìpi e alle convenzioni di diritto internazionale nonché alla normativa comunitaria, la Repubblica riconosce ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, di seguito denominati «cittadini e cittadine stranieri», condizioni di uguaglianza rispetto ai cittadini e alle cittadine italiani, attivandosi per rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione.
2. Le politiche migratorie sono finalizzate a:
a) promuovere un governo giusto ed efficace dei fenomeni migratori nel rispetto dei diritti fondamentali della persona;
b) valorizzare il contributo sociale, economico e culturale che i fenomeni migratori possono apportare ai cittadini e alle cittadine migranti, ai Paesi di provenienza e ai Paesi di arrivo;
c) garantire i diritti umani fondamentali ai cittadini e alle cittadine stranieri presenti a qualunque titolo sul territorio nazionale;
d) favorire i processi di stabilizzazione, di inserimento sociale e di acquisizione della cittadinanza italiana dei cittadini e delle cittadine stranieri;
e) promuovere la partecipazione alla vita pubblica;
f) rimuovere ogni forma di discriminazione;
g) rimuovere le situazioni di violenza e di sfruttamento lavorativo dei cittadini e delle cittadine stranieri;
h) favorire la comunicazione e il reciproco riconoscimento delle identità culturali, religiose e linguistiche;
i) garantire la tutela legale e, in particolare, l'effettività del diritto di difesa ai cittadini e alle cittadine stranieri presenti a qualunque titolo sul territorio nazionale.
1. La Repubblica attua e promuove i diritti fondamentali della persona umana previsti dall'ordinamento interno, dalle norme comunitarie, dai princìpi e dalle convenzioni del diritto internazionale e, in particolare, da:
a) la Costituzione;
b) la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 gennaio 1948;
c) la Convenzione internazionale relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722;
d) la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176;
e) la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro, adottata a Ginevra il 24 giugno 1975, resa esecutiva dalla legge 10 aprile 1981, n. 158, che garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio italiano e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani;
f) il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York
g) il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, adottato a New York il 16 dicembre 1966, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881;
h) la Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, adottata a New York il 21 dicembre 1965, resa esecutiva dalla legge 13 ottobre 1975, n. 654;
i) la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848;
l) la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale del Consiglio d'Europa, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992;
m) la Dichiarazione e il Programma d'azione adottati a Pechino dalla IV Conferenza mondiale sulle donne nel 1995;
n) la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio europeo e dalla Commissione delle Comunità europee a Nizza il 7 dicembre 2000;
o) la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990.
1. La presente legge si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini e alle cittadine stranieri.
2. La presente legge non si applica, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli ai:
a) cittadini e cittadine degli Stati membri dell'Unione europea;
b) cittadini e cittadine stranieri che richiedono o che hanno ottenuto l'asilo ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione;
c) cittadini e cittadine stranieri che richiedono o che hanno ottenuto il riconoscimento dello status di apolide;
d) cittadini e cittadine stranieri che richiedono o che hanno ottenuto lo status di rifugiati ai sensi della citata Convenzione internazionale relativo allo statuto dei rifugiati, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, o altre forme di protezione umanitaria o sussidiaria.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, i riferimenti contenuti nelle disposizioni vigenti a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana, devono intendersi fatti agli istituti previsti dalla presente legge. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.
4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le disposizioni della presente legge hanno valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito al cittadino e alla cittadina stranieri in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione e salvo che
1. Presso il Ministero degli affari esteri è istituito l'Archivio centrale informatizzato dei visti di ingresso (ACIVI). L'ACIVI raccoglie in forma telematica tutte le istanze per la concessione di visto di ingresso presentate alle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane da cittadini e cittadine stranieri.
2. Nell'ACIVI ciascuna istanza per la concessione di visto di ingresso è identificata da un codice numerico, di seguito denominato «codice ACIVI». A ogni codice ACIVI sono associati i dati anagrafici e gli estremi del passaporto del richiedente, la data di presentazione dell'istanza di visto di ingresso, l'indicazione della
1. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza del cittadino e della cittadina stranieri. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati.
2. Il visto di ingresso è richiesto dal cittadino e della cittadina stranieri per iscritto, anche a mezzo posta, alla rappresentanza diplomatica o consolare italiana, ed è trasmesso per conoscenza, a cura del cittadino e della cittadina stranieri, al Ministero degli affari esteri per l'attribuzione del codice ACIVI. Le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane hanno l'obbligo di ricevere l'istanza di richiesta del visto di ingresso e di avviare il relativo procedimento, anche nel caso di documentazione carente o incompleta. All'atto della richiesta del visto di ingresso, l'interessato indica il domicilio a cui la rappresentanza
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
1. Il visto di ingresso per ricerca di lavoro consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intenda soggiornare in Italia ai fini della ricerca di un lavoro, ovvero per partecipare a corsi di formazione professionale o a corsi di studio
1. Il visto di ingresso per lavoro subordinato su chiamata nominativa consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intendano soggiornare in Italia per svolgere attività di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, a seguito della chiamata di un datore di lavoro secondo le modalità di cui all'articolo 27.
2. Il visto di ingresso per garanzia di terzi, rilasciato a seguito della garanzia prestata da terzi secondo le modalità di cui all'articolo 29, consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intendano soggiornare in Italia ai fini della ricerca di un lavoro, ovvero per partecipare a corsi di formazione professionale o a corsi di studio o di ricerca secondo le modalità definite dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 53.
3. I visti di ingresso per lavoro subordinato su chiamata nominativa e per garanzia
1. Il visto di ingresso per lavoro autonomo consente l'ingresso al cittadino e alla cittadina stranieri che intendono soggiornare in Italia per svolgervi attività di lavoro autonomo, ovvero per esercitare un'attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitali o di persone o accedere a cariche societarie. Ai fini dell'ingresso per lavoro autonomo, il cittadino e la cittadina stranieri devono acquisire dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo dove l'attività lavorativa deve essere svolta, o presso il competente ordine professionale, l'attestazione dei parametri di riferimento riguardanti la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per l'esercizio dell'attività. Tali parametri si fondano sulla disponibilità, da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda di visto. Ove l'esercizio dell'attività richieda il possesso di un'autorizzazione o licenza, o l'iscrizione ad un apposito registro o albo, ovvero la presentazione di una dichiarazione o denuncia, il cittadino e la cittadina stranieri devono richiedere alla
a) l'effettiva condizione di religioso;
b) documentate garanzie circa il carattere religioso della manifestazione o delle attività addotte a motivo del soggiorno in Italia;
c) nei casi in cui le spese di soggiorno dello straniero non sono a carico di enti religiosi, le disponibilità da parte dell'interessato di mezzi di sussistenza non inferiori all'importo stabilito dal Ministero dell'interno con apposita direttiva.
1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato i cittadini e le cittadine stranieri che sono muniti di titolo di soggiorno in corso di validità.
2. Ai fini della presente legge, si considerano titoli di soggiorno:
a) il permesso di soggiorno;
b) il titolo equipollente al permesso di soggiorno, rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti e alle condizioni previsti da specifici accordi;
c) i documenti attestanti la richiesta, o la prenotazione della medesima, per il rilascio, il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno, secondo le modalità previste dalla presente legge;
d) la ricevuta di cui all'articolo 12, comma 2.
3. Il permesso di soggiorno e i titoli di soggiorno di cui al comma 2, lettere a), c) e d), sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai tipi approvati con apposito decreto del Ministro dell'interno, in attuazione delle disposizioni comunitarie riguardanti l'adozione di modelli uniformi per i permessi di soggiorno.
4. Il permesso di soggiorno e i titoli di soggiorno di cui al comma 2 autorizzano a svolgere tutte le attività consentite dai medesimi al cittadino e alla cittadina stranieri. Ove non diversamente specificato dalla presente legge, essi autorizzano anche allo svolgimento di attività diverse da quelle indicate nel motivo del soggiorno o del visto di ingresso.
1. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto unicamente per soggiorni superiori a tre mesi. Esso è richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione di cui all'articolo 53, al questore della provincia in cui il cittadino e la cittadina stranieri si trovano entro quindici giorni lavorativi dall'ingresso in Italia, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, ed è rilasciato sulla base delle motivazioni indicate nel visto di ingresso. Il citato regolamento di attuazione può prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto, nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze.
1. Salvi i casi espressamente previsti dalla presente legge, relativi a specifiche tipologie di permesso di soggiorno, il permesso di soggiorno può essere rinnovato, alla scadenza, se sussistono i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia.
2. Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto dal cittadino e dalla cittadina stranieri entro due mesi dalla data di scadenza, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, all'ufficiale di anagrafe del comune in cui il cittadino e la cittadina stranieri hanno stabile dimora.
3. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dal comma 6 del presente articolo, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio, che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili o che non sia possibile rilasciare un permesso di soggiorno diverso da quello richiesto, secondo le disposizioni di cui all'articolo 15, comma 6.
4. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, salvo che
1. Ai fini della presente legge, è definita conversione del permesso di soggiorno il rilascio, in favore di un cittadino e una cittadina stranieri muniti di un permesso di soggiorno, di un nuovo permesso recante un motivo diverso da quello precedente. La conversione può essere richiesta anche in caso di permesso scaduto, salvi i limiti temporali di cui al comma 2.
2. La conversione del permesso di soggiorno deve essere richiesta dal cittadino e dalla cittadina stranieri entro i tre mesi successivi alla scadenza del precedente titolo di soggiorno, salvi i casi di forza maggiore espressamente motivati, all'ufficiale di anagrafe del comune in cui il cittadino e la cittadina stranieri hanno stabile dimora.
3. Qualora ne sussistano i requisiti, il permesso di soggiorno è sempre convertibile.
4. La conversione del permesso di soggiorno è rifiutata quando mancano o vengono a mancare i requisiti previsti per il
1. I procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio, al rinnovo o alla conversione del permesso di soggiorno si conformano alle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e si ispirano a criteri di imparzialità, efficacia, pubblicità e trasparenza.
2. L'ufficio competente al rilascio, al rinnovo o alla conversione del permesso di soggiorno, all'atto di ricezione della relativa istanza, rilascia all'interessato apposita ricevuta stampata secondo le modalità di cui all'articolo 11, comma 3.
3. Unitamente alla ricevuta di cui al comma 2, l'ufficio competente consegna al cittadino e alla cittadina stranieri una comunicazione di avvio del procedimento amministrativo. Nella comunicazione, scritta in italiano e in una lingua comprensibile al destinatario, devono essere indicati:
a) l'amministrazione competente;
b) l'oggetto del procedimento promosso;
c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;
d) la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;
e) la data di presentazione della relativa istanza.
4. Qualora per esigenze organizzative si renda necessario procrastinare la ricezione dell'istanza, l'ufficio competente fissa con il cittadino e la cittadina stranieri un appuntamento, tramite il rilascio di un foglio di prenotazione per la consegna della domanda. La prenotazione è stampata secondo le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, e ha valore di titolo di soggiorno.
5. Il modello prestampato della ricevuta di cui al comma 2 e della prenotazione di cui al comma 4 deve recare una dicitura ben visibile, da cui risulta che tali documenti hanno il valore di titoli di soggiorno. La stessa dicitura deve precisare se il cittadino e la cittadina stranieri in possesso della ricevuta o della prenotazione sono autorizzati a svolgere attività lavorativa, secondo le disposizioni di cui all'articolo 28, comma 9.
6. Qualora il cittadino e la cittadina stranieri non abbiano i requisiti per il permesso di soggiorno richiesto, l'amministrazione competente provvede al rilascio di un altro permesso di soggiorno ove ne sussistano le condizioni, ai sensi della presente legge.
7. Qualora il cittadino e la cittadina stranieri non abbiano prodotto la documentazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dalla presente legge per il rilascio, il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno, l'ufficio competente notifica all'interessato una comunicazione con la quale viene invitato a produrre, entro un mese, la documentazione integrativa ritenuta necessaria. La comunicazione è redatta in italiano e in una lingua comprensibile al destinatario, e deve contenere l'indicazione della documentazione ritenuta necessaria, l'indicazione del responsabile del procedimento, nonché le modalità di accesso agli atti e di partecipazione al procedimento amministrativo.
8. Qualora il cittadino e la cittadina stranieri non abbiano prodotto la documentazione di cui al comma 7, ovvero qualora l'ufficio competente rilevi l'insussistenza dei requisiti previsti per il rilascio,
a) la motivazione per cui si intende rifiutare il permesso di soggiorno;
b) l'eventuale documentazione integrativa da produrre ai fini del rilascio, del rinnovo o della conversione del permesso di soggiorno;
c) l'indicazione del responsabile del procedimento;
d) le modalità di accesso agli atti e di partecipazione al procedimento amministrativo;
e) il termine di cui all'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il deposito di memorie e documenti.
9. Il cittadino e la cittadina stranieri ai quali sia stata notificata la comunicazione di cui al comma 7 o di cui al comma 8, possono inoltrare l'istanza di accesso agli atti del procedimento. In tale ipotesi il termine di cui ai commi 7 o 8 è sospeso fino a che l'accesso sia stato consentito. Il cittadino e la cittadina stranieri possano altresì chiedere che, in relazione a particolari e comprovate difficoltà di reperire la documentazione richiesta o ritenuta necessaria nei termini indicati dal periodo precedente, sia concesso un termine ulteriore, di norma non superiore a un mese. Il responsabile del procedimento consente la proroga dei termini con provvedimento scritto e comunicato all'interessato unitamente alla traduzione in una lingua a lui comprensibile.
10. Il cittadino e la cittadina stranieri hanno diritto di partecipazione nei procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio, al rinnovo, alla conversione o al rifiuto del proprio permesso di soggiorno, secondo le modalità ed entro i limiti definiti dalla normativa vigente in materia.
1. Il rifiuto del permesso di soggiorno è notificato all'interessato tramite comunicazione scritta in italiano e in una lingua a lui comprensibile. La comunicazione deve obbligatoriamente contenere:
a) la motivazione, a termini di legge, del rifiuto;
b) gli adempimenti che il cittadino e la cittadina stranieri devono espletare a seguito del rifiuto;
c) le modalità di impugnazione;
d) l'indicazione del responsabile del procedimento.
2. Contestualmente alla comunicazione di cui al comma 1 del presente articolo, l'ufficio competente propone all'interessato l'accesso a un programma di ritorno concordato nel Paese di origine di cui all'articolo 42.
3. Entro due mesi lavorativi dalla data di notifica del rifiuto, il cittadino e la cittadina stranieri sono tenuti ad allontanarsi dal territorio nazionale.
4. Qualora il rifiuto sia stato disposto dal comune, il responsabile del procedimento trasmette il fascicolo relativo allo straniero alla questura competente per territorio. La trasmissione del fascicolo può essere effettuata anche in forma elettronica.
5. Avverso il provvedimento di rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno è proponibile, entro due mesi lavorativi dalla data di notifica, ricorso al tribunale amministrativo regionale territorialmente competente. Avverso il provvedimento di rifiuto del rinnovo o della conversione del permesso di soggiorno è proponibile, entro due mesi lavorativi dalla data di notifica, ricorso al tribunale in composizione monocratica competente ai sensi dell'articolo
1. Il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro può essere rilasciato soltanto ai titolari di un visto per ricerca di lavoro. Salvi i casi espressamente previsti dalla presente legge, non è consentita la conversione di un altro titolo di soggiorno in permesso per ricerca di lavoro.
2. Il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro ha la durata di un anno e non è rinnovabile. Alla scadenza, esso può essere convertito in un altro permesso di soggiorno, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dalla presente legge per il permesso richiesto.
3. Le disponibilità finanziarie, relative a quattro mensilità dell'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda del visto, esibite dal cittadino e dalla cittadina stranieri ai fini del rilascio del visto per ricerca di lavoro sono fruibili dalla persona interessata nel periodo di ricerca di
1. La mancanza di lavoro per il periodo successivo alla scadenza del permesso di soggiorno per lavoro subordinato comporta il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
2. Il permesso di soggiorno per attesa occupazione è rinnovabile consecutivamente solo una volta previa dimostrazione della capacità di autosostentamento del cittadino e della cittadina stranieri. Se i mezzi per l'autosostentamento derivano dall'accesso al sistema di ammortizzatori sociali, il permesso è rinnovato per la durata dei medesimi. Il permesso di soggiorno per attesa occupazione può essere richiesto più volte, non consecutive, dal cittadino e dalla cittadina straniero che ne abbiano i requisiti e può essere convertito in permesso di soggiorno ad altro titolo qualora sussistono le condizioni previste dalla presente legge.
3. Il permesso di soggiorno per attesa occupazione è rilasciato anche al cittadino o alla cittadina stranieri, titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari o di convivenza, che divorzino o si separino dal coniuge e che alla scadenza del permesso di soggiorno non abbiano i requisiti per convertirlo in permesso di soggiorno ad altro titolo.
1. Il permesso di soggiorno per lavoro autonomo è rilasciato al cittadino e alla cittadina stranieri entrati in Italia con un visto di ingresso per lavoro autonomo.
1. Il cittadino e la cittadina stranieri in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostrano la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della richiesta di permesso, o nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 36, comma 4, e di una sistemazione alloggiativa, possono chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato ed è rilasciato entro tre mesi dalla relativa richiesta.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai cittadini e alle cittadine stranieri che:
a) soggiornano per motivi di studio o di formazione professionale;
b) soggiornano a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari ovvero hanno chiesto il permesso di soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione sulla richiesta;
c) soggiornano per asilo ovvero hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta;
d) sono titolari di un permesso di soggiorno di breve durata previsto dalla presente legge e dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 53;
e) godono di uno status giuridico previsto dalle convenzioni sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari, adottate a Vienna, rispettivamente il 18 aprile 1961 e il 24 aprile 1963, rese esecutive dalla legge 9 agosto 1967, n. 804, dalla convenzione sulle missioni speciali, adottata a New York l'8 dicembre 1969 o dalla convenzione di Vienna del 1975 sulla rappresentanza degli Stati nelle loro relazioni con organizzazioni internazionali di carattere universale.
3. Ai fini del calcolo del periodo di cui al comma 1, non si computano i periodi di soggiorno per i motivi indicati nelle lettere d) ed e) del comma 2. Le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompono la durata del periodo di cui al citato comma 1 e sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi nel quinquennio, salvo che tale interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi.
4. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato al cittadino e alla cittadina stranieri che siano considerati, sulla base di elementi di fatto, una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. La pericolosità è valutata anche in relazione ad eventuali condanne per i reati previsti dall'articolo
a) se è stato acquisito fraudolentemente;
b) in caso di espulsione prevista dal presente articolo;
c) quando mancano o vengono a mancare i requisiti per il rilascio;
d) in caso di conferimento di permesso di soggiorno di lungo periodo da parte di un altro Stato membro dell'Unione europea, previa comunicazione da parte di quest'ultimo;
e) in caso di assenza continuativa dal territorio dello Stato per un periodo superiore a sei anni.
6. Il cittadino e la cittadina stranieri ai quali è stato revocato il permesso di soggiorno ai sensi delle lettere d) ed e) del comma 5, possono riacquistarlo con le stesse modalità di cui al presente articolo; in tale caso, il periodo di cui al comma 1 è ridotto a tre anni.
7. Al cittadino e alla cittadina stranieri ai quali sia stato revocato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e nei confronti dei quali non debba essere disposta l'espulsione è rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo ai sensi della presente legge.
a) per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, secondo le modalità di cui all'articolo 47, comma 1;
b) nei casi di cui all'articolo 47, comma 2, solo quando il cittadino e la cittadina stranieri costituiscono una concreta minaccia anche in relazione alla sua eventuale appartenenza a una delle categorie indicate all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, ovvero all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni.
9. Nel valutare la pericolosità del cittadino e della cittadina stranieri, ai fini dell'adozione del provvedimento di espulsione, si tiene conto dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di vincoli con il suo Paese di origine.
10. Oltre a quanto previsto per il cittadino e la cittadina stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo può:
a) fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e circolare liberamente sul territorio nazionale;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lavorativa subordinata o autonoma salvo quelle che la legislazione vigente espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero;
c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative a erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative
d) partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa;
e) soggiornare e lavorare nel territorio dell'Unione europea, secondo le modalità ed entro i limiti stabiliti dalla direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, e dalla normativa comunitaria vigente.
11. Al cittadino e alla cittadina stranieri in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostrino di avere i requisiti per il rinnovo o per la conversione del permesso di soggiorno, è rilasciato un permesso di soggiorno nazionale per soggiornanti di lungo periodo.
12. Il permesso di soggiorno di cui al comma 11 ha una durata illimitata ed è revocabile solo dal giudice, a seguito della condanna definitiva dell'interessato per uno dei reati di cui all'articolo 380, comma 1, del codice di procedura penale.
13. Il permesso di soggiorno di cui al comma 11 consente di esercitare tutte le attività consentite al cittadino e alla cittadina stranieri, in particolare quelle previste per il titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di cui al comma 10, lettere a), b), c) e d). In ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 13 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, il cittadino e la cittadina stranieri titolari del permesso di soggiorno di cui al comma 11 non hanno il diritto di soggiornare in un altro Stato membro dell'Unione europea ai sensi del capo III della medesima direttiva.
1. Il permesso di soggiorno per motivi di studio è rilasciato di norma per un periodo di due anni. È rinnovato per un periodo corrispondente alla durata residua del corso di studi, se il cittadino e la cittadina stranieri dimostrino di avere superato la metà delle prove o degli esami previsti nei primi due anni del corso di studi medesimo.
2. Il cittadino e la cittadina stranieri che, alla scadenza della durata prevista del corso di studi, abbiano superato la metà delle prove o degli esami ma non abbiano terminato il corso di studi e intendano concluderlo, hanno diritto al rinnovo del permesso di soggiorno per una durata pari alla metà di quella prevista dal corso di studi medesimo. Sono consentite proroghe, sulla base di documentate esigenze e previo nulla osta rilasciato dalla scuola o dall'università cui il cittadino e la cittadina stranieri sono iscritti.
3. È compatibile con il permesso di soggiorno per motivi di studio lo svolgimento di attività lavorative.
1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo dei permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo di cui all'articolo 20, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:
a) al cittadino e alla cittadina stranieri che hanno fatto ingresso in Italia mediante il ricongiungimento familiare ai sensi dell'articolo 36;
b) ai cittadini e alle cittadine stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo che hanno contratto matrimonio con cittadini o cittadine italiani o di uno Stato
c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con un cittadino o una cittadina italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con un cittadino o una cittadina stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. In tale caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La richiesta di conversione può essere presentata entro l'anno successivo alla scadenza del permesso di soggiorno inizialmente posseduto o alla data della scadenza del termine indicato nella comunicazione di cui all'articolo 12, comma 2. Qualora il cittadino e la cittadina siano rifugiati, si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;
d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tale caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana.
2. Al cittadino e alla cittadina stranieri che effettuano il ricongiungimento con un cittadino o una cittadina italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con un cittadino o una cittadina stranieri titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, è rilasciato un permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo.
3. In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento familiare e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non può ottenere il permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso ad altro titolo, qualora ne sussistano i requisiti.
1. La cittadina e il cittadino stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari, che siano vittime all'interno del nucleo familiare, ovvero da parte della persona convivente, di violenza sessuale, fisica o psicologica, anche per motivi di genere, identità di genere od orientamento sessuale, hanno diritto a permanere sul territorio nazionale per motivi di protezione sociale, per un periodo non inferiore a due anni successivamente alla denuncia o alla segnalazione della situazione di violenza. Il comune di residenza rilascia entro il mese successivo alla denuncia o alla segnalazione della situazione di violenza, anche su proposta del questore, dei servizi sociali o dei centri antiviolenza o di associazioni di tutela operanti nel territorio, il permesso di soggiorno per protezione sociale di cui all'articolo 24, sostitutivo del permesso di soggiorno per motivi familiari. Il permesso di soggiorno è convertibile, alla scadenza, in permesso di soggiorno ad altro titolo secondo i requisiti previsti dalla presente legge.
1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e successive modificazioni, o dei reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, sono accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di un cittadino o di una cittadina stranieri ed emergano concreti pericoli per la loro incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi alla condizione di vittima di violenza o di sfruttamento, o ai condizionamenti di un'associazione dedita a uno dei predetti delitti, o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del procuratore della Repubblica o dei servizi sociali degli enti locali, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire al cittadino e alla cittadina stranieri di sottrarsi alla violenza, allo sfruttamento o ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare a un programma di assistenza e di integrazione sociale.
2. Con la proposta di cui al comma 1 sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento
1. Nei casi in cui la presenza del cittadino e della cittadina stranieri sul territorio nazionale è indispensabile in relazione a procedimenti penali in corso, l'autorità giudiziaria può disporre il rilascio, da parte della questura competente per territorio, di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Nel disporre il rilascio del permesso, l'autorità giudiziaria decide la durata del permesso medesimo, nonché la sua eventuale rinnovabilità o convertibilità.
2. La questura rilascia in ogni caso il permesso di soggiorno per motivi di giustizia al cittadino e alla cittadina stranieri che risultino persona offesa nell'ambito di un procedimento penale per uno dei reati di cui agli articoli 583-bis, 600, 601 e 602 del codice penale, o che siano inseriti in uno speciale programma di assistenza di cui all'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228. In tali casi, il permesso di soggiorno per motivi di giustizia ha di norma una durata di tre mesi ed è rinnovabile per il periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso consente l'esercizio di regolare attività di lavoro subordinato e autonomo ed è convertibile alla scadenza, ove ne ricorrano le condizioni previste dalla presente legge, in permesso di soggiorno ad altro titolo.
3. Salvo che non si debba disporre l'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione, di cui all'articolo 49, al cittadino e alla cittadina stranieri privo di titolo di soggiorno, che si trovino a scontare una pena detentiva nel
1. Fatti salvi i casi di cui al comma 2, quando il permesso di soggiorno scade nel periodo in cui nei confronti del cittadino e della cittadina stranieri è applicata una pena detentiva, la validità residua del permesso di soggiorno è sospesa. Alla persona interessata è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia della durata equivalente alla pena detentiva. Alla scadenza di quest'ultima, è rilasciato il permesso di soggiorno antecedentemente posseduto, per la durata residua del medesimo.
2. Il cittadino e la cittadina stranieri titolari di permesso di soggiorno a cui è stata comminata una condanna superiore a due anni di reclusione senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, il cui permesso scada durante il periodo di detenzione, possono chiedere il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno almeno due mesi prima della data del fine pena, tenuto conto di eventuali periodi di liberazione anticipata già concessi. L'istanza è trasmessa entro cinque giorni, a cura della direzione del carcere, al comune competente e al magistrato di sorveglianza. Al magistrato di sorveglianza è altresì inviata una relazione sul comportamento del cittadino e della cittadina stranieri durante la detenzione. Entro un mese dalla data di trasmissione dell'istanza, il magistrato di sorveglianza, sentiti il cittadino o la cittadina stranieri e il loro difensore, autorizza con ordinanza il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno, ovvero esprime parere negativo.
3. In conformità ai princìpi e alle finalità dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, l'autorizzazione di cui al comma 2 è comunque concessa quando il detenuto ha dato prova dell'effettiva partecipazione all'opera
1. Il datore di lavoro italiano, o straniero regolarmente soggiornante in Italia, che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con un cittadino o una cittadina stranieri residenti all'estero deve presentare, anche a mezzo posta, alla questura della provincia di residenza, ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa, una richiesta nominativa di nulla osta al lavoro. Alla richiesta devono essere allegate:
a) la proposta del contratto di lavoro con la specificazione delle relative condizioni economiche e normative;
b) la dichiarazione dell'impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro;
c) l'indicazione della sistemazione alloggiativa del cittadino o della cittadina stranieri.
2. La richiesta di chiamata nominativa di cui al comma 1 del presente articolo può essere presentata anche quanto sono esaurite le quote disponibili stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7.
3. All'atto di ricezione dell'istanza di cui al comma 1, ovvero, nel caso di invio dell'istanza a mezzo posta, entro due giorni dalla data di ricezione, la questura comunica al datore di lavoro l'avvio del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del nulla osta al lavoro. Nella comunicazione devono essere obbligatoriamente indicati:
a) l'ufficio competente e il responsabile del procedimento;
b) l'oggetto del procedimento promosso;
c) la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione;
d) la data di presentazione della relativa istanza.
4. La questura, ricevuta l'istanza di cui al comma 1, ne trasmette copia, entro due giorni lavorativi, alla direzione provinciale del lavoro, per gli adempimenti di competenza. La direzione provinciale del lavoro verifica che nella proposta del contratto di lavoro, di cui al citato comma 1, lettera a), siano rispettate le prescrizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile alla fattispecie e che la richiesta rientri nei limiti numerici delle quote annuali di ingresso stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7. La direzione provinciale del lavoro è tenuta a comunicare l'esito delle verifiche alla questura,
1. In caso di rimpatrio il lavoratore e la lavoratrice stranieri conservano i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e possono goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità. I lavoratori e le lavoratrici stranieri che hanno cessato l'attività lavorativa in Italia e che lasciano il territorio nazionale hanno comunque facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non è regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultano versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento annuo.
2. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, e successive modificazioni, sono estese ai lavoratori stranieri che prestano regolare attività di lavoro in Italia.
3. I lavoratori e le lavoratrici italiani e stranieri possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore e la lavoratrice stranieri possono inoltre partecipare, ai sensi della presente legge, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di
1. L'impresa, l'associazione legalmente riconosciuta, l'ente pubblico o il cittadino
1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati
nell'ambito delle quote stabilite dal decreto di cui all'articolo 7, comma 7, il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina particolari modalità e termini per il rilascio dei nulla osta al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori subordinati o autonomi stranieri:
a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che hanno la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell'Unione europea;
b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;
c) professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incarico
d) traduttori e interpreti;
e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all'estero, da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell'Unione europea residenti all'estero che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico;
f) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o di imprese operanti nel territorio italiano, che sono stati ammessi temporaneamente a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni sono terminati;
g) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione di cui all'articolo 53;
h) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali sono temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 1655 del codice civile e del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e delle norme internazionali e comunitarie;
i) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all'estero;
l) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;
m) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;
n) artisti da impiegare da parte di enti musicali teatrali o cinematografici o di imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o di enti pubblici, nell'ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;
o) cittadini e cittadine stranieri destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane, ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91, e successive modificazioni;
p) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;
q) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l'Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell'ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate alla pari;
r) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private.
2. I permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del comma 1 sono equiparati ai soggiorni per lavoro subordinato o autonomo corrispondenti.
3. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 reca altresì norme per l'attuazione delle convenzioni e degli accordi internazionali in vigore relativamente all'ingresso e al soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia.
4. L'ingresso e il soggiorno di lavoratori frontalieri di Paesi non appartenenti all'Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.
1. Presso la prefettura - ufficio territoriale del Governo è istituita la commissione territoriale per il soggiorno ad personam, di seguito denominata «commissione territoriale».
2. La commissione territoriale è costituita da:
a) il prefetto o un suo delegato;
b) il questore o un suo delegato;
c) un rappresentante designato dal sindaco del comune capoluogo di provincia;
d) un rappresentante designato dai sindaci dei comuni della provincia;
e) un rappresentante designato dal presidente della provincia;
f) tre rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello provinciale;
g) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello provinciale;
h) un rappresentante dell'organo di partecipazione dei cittadini e delle cittadine stranieri istituito dal comune capoluogo di provincia o, in mancanza, un rappresentante designato dalle associazioni di rappresentanza dei cittadini e delle cittadine stranieri legalmente costituite e operanti sul territorio del comune capoluogo di provincia;
i) un rappresentante dell'organo di partecipazione dei cittadini e delle cittadine stranieri istituito dalla provincia o, in mancanza, un rappresentante designato dalle associazioni di rappresentanza dei cittadini e delle cittadine stranieri legalmente costituite e operanti sul territorio provinciale;
l) due rappresentanti delle articolazioni provinciali delle associazioni di rilevanza nazionale, operanti in favore dei cittadini e delle cittadine stranieri;
m) un rappresentante delle associazioni di rilevanza provinciale, operanti in favore dei cittadini e delle cittadine stranieri.
3. La commissione territoriale è convocata dal prefetto, che la presiede e ne coordina i lavori.
4. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina le modalità di designazione dei componenti la commissione territoriale, nonché il funzionamento della stessa commissione.
1. Il cittadino e la cittadina stranieri non regolarmente soggiornanti in Italia, i quali ritengono di essere in possesso dei requisiti di cui al comma 4, possono chiedere al prefetto della provincia in cui hanno la dimora stabile il rilascio di un permesso di soggiorno ad personam, in deroga alle disposizioni della presente legge.
a) dell'inserimento sociale e lavorativo del cittadino e della cittadina stranieri, nonché delle possibilità di lavoro di cui potrebbero usufruire in caso di rilascio del permesso di soggiorno;
b) dei legami familiari o affettivi maturati dal cittadino e dalla cittadina stranieri sul territori della provincia;
c) dell'età e delle condizioni di salute del cittadino e della cittadina stranieri, anche in considerazione delle possibili conseguenze negative di un loro eventuale rimpatrio;
d) della durata temporale del domicilio di fatto del cittadino e della cittadina stranieri sul territorio, nonché dell'eventuale precedente titolarità di permessi di soggiorno;
e) della condotta generale del cittadino e della cittadina stranieri, con particolare riguardo alla loro pericolosità sociale, anche in considerazione di eventuali e recenti condanne penali;
f) di comportamenti del cittadino e della cittadina stranieri di straordinaria rilevanza sociale e umanitaria.
5. Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 1, la commissione territoriale ha l'obbligo di ascoltare in contraddittorio il cittadino e la cittadina stranieri, i quali possono farsi assistere da un legale o da una persona di loro fiducia. La commissione ha altresì l'obbligo di
1. Nei casi in cui un datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze cittadini e cittadine stranieri privi di idoneo titolo di soggiorno, decida di regolarizzare il rapporto di lavoro con il consenso del lavoratore, al cittadino e alla cittadina stranieri è rilasciato un regolare permesso di soggiorno per lavoro, ai sensi della presente legge.
2. Se la decisione di cui al comma 1 riguarda un imprenditore o un esercente
1. Quando, a seguito di operazioni ispettive e di controllo o a seguito della denuncia da parte del lavoratore straniero al giudice competente, sono accertati rapporti di lavoro irregolari con l'impiego di lavoratori stranieri privi di idoneo titolo di soggiorno, il datore di lavoro è punito con l'ammenda di 2.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Salve le ipotesi di cui al comma 2, se il fatto è commesso da un imprenditore o da un esercente un'attività commerciale o comunque a fini di lucro, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.
2. Nei casi in cui, a seguito di operazioni ispettive e di controllo o a seguito della denuncia da parte del lavoratore straniero al giudice competente, sono accertati rapporti di lavoro irregolari con grave sfruttamento del lavoratore, il datore di lavoro è punito con la pena della reclusione da tre a otto anni e con l'ammenda di 9.000 euro per ogni lavoratore e
a) retribuzione ridotta di oltre un terzo rispetto ai minimi contrattuali previsti dai contratti collettivi di categoria ovvero retribuzioni gravemente discontinue;
b) sistematiche e gravi violazioni delle disposizioni degli articoli 4, 5, 6, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, in materia di disciplina dell'orario di lavoro e dei riposi giornalieri e settimanali;
c) gravi violazioni della disciplina in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro con esposizione dei lavoratori a gravi pericoli per la loro salute, sicurezza o incolumità;
d) reclutamento e avviamento al lavoro secondo le modalità previste e punite dall'articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.
3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, al lavoratore straniero è rilasciato un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro secondo le modalità stabilite dall'articolo 17. Il datore di lavoro è tenuto, aggiuntivamente alle ammende previste dai citati commi 1 e 2, a corrispondere al lavoratore le cinque mensilità dell'assegno sociale richieste ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro.
1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità familiare nei confronti dei
1. Ai fini della presente legge, si intende per «ricongiungimento familiare» la procedura di rilascio di un visto di ingresso o di un permesso di soggiorno per motivi familiari a un cittadino o una cittadina stranieri residenti all'estero, o regolarmente soggiornanti in Italia ad altro titolo, per i quali sia stata presentata la relativa domanda da un proprio familiare, definito ai sensi del comma 2.
2. Il cittadino e la cittadina stranieri possono chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
a) il coniuge non legalmente separato o la persona con la quale sussisteva un accertato rapporto di convivenza prima della partenza dal Paese di provenienza;
b) i figli, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, da genitori non coniugati ovvero legalmente separati;
c) i genitori;
d) il fratello e la sorella, qualora siano l'unico componente del nucleo familiare rimasto nel Paese di origine.
3. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.
4. Salvo che si tratti di rifugiato, o di un cittadino o una cittadina stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di protezione umanitaria o sussidiaria, o che il ricongiungimento familiare riguardi un minore, il cittadino e la cittadina stranieri che richiedono il ricongiungimento devono dimostrare la disponibilità di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, come definito per l'anno in corso alla data di presentazione della domanda, se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
5. È consentito l'ingresso, al seguito del cittadino e della cittadina italiani o comunitari, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento.
6. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della documentazione di cui al comma 4, è presentata alla questura competente per il luogo di dimora del richiedente, ed è inviata, a cura del richiedente, al Ministero degli affari esteri, che provvede all'attribuzione dell'apposito codice ACIVI. La questura rilascia copia della domanda contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L'ufficio, verificata l'esistenza dei requisiti di cui al presente articolo, emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del nulla osta.
7. Decorsi due mesi dalla data della richiesta del nulla osta di cui al comma 6, in assenza di un provvedimento espresso da parte dell'amministrazione competente, il nulla osta si intende rilasciato, e il
1. Il figlio minore del cittadino o della cittadina stranieri con questi convivente e regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con i quali convive. Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è iscritto nel permesso di soggiorno del cittadino e della cittadina stranieri ai quali è affidato e segue la condizione giuridica di questi ultimi, se più favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.
2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno del genitore ovvero del cittadino e della cittadina stranieri affidatari è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero un permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo ai sensi dell'articolo 20.
1. Al compimento della maggiore età, al cittadino e alla cittadina stranieri nei confronti dei quali sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 37, commi 1 e 2, e ai minori stranieri comunque presenti
1. I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani, indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al soggiorno, e dalla condizione giuridica dei loro familiari. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico e all'obbligo formativo a parità di condizioni con i cittadini italiani, secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole e negli istituti di formazione italiani di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.
2. L'iscrizione con riserva ai sensi del comma 1 non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio. In mancanza di accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno, il titolo è rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione. I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico sono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che, per gravi e documentati motivi, il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:
a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno;
b) dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno;
c) del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza;
d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno.
3. L'effettività del diritto all'istruzione è garantita dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali. Al fine di consentire il pieno esplicarsi del diritto all'istruzione, le istituzioni nazionali e territoriali competenti mettono in atto, di concerto, misure volte ad accogliere e ad accompagnare il minore nel percorso di inserimento nelle classi. Particolare attenzione è data all'apprendimento della lingua italiana, in funzione comunicativa e di studio, da realizzare all'interno delle singole istituzioni scolastiche, attraverso la didattica di aula comune a tutti gli alunni, integrata, ma non sostituita, da attività di laboratorio o dagli interventi di cui al comma 4. A tale fine le istituzioni scolastiche, anche in rete, predispongono percorsi, strumenti e risorse, e le inseriscono organicamente nel piano dell'offerta formativa. Le istituzioni scolastiche territoriali agiscono anche in convenzione con le associazioni degli stranieri e con le organizzazioni di volontariato sociale. La stipula delle convenzioni avviene attraverso bandi pubblici.
4. Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento. Allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni, per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzato altresì mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa.
5. Il collegio dei docenti formula proposte in ordine ai criteri e alle modalità per la comunicazione tra la scuola e le famiglie degli alunni stranieri. Ove necessario,
a) affiancare il personale scolastico nelle attività di accoglienza degli alunni e dei genitori;
b) facilitare la comunicazione interculturale;
c) collaborare con il personale della scuola e con i genitori alla realizzazione
d) collaborare a progetti mirati a contrastare la dispersione scolastica degli alunni di cittadinanza non italiana.
9. I mediatori linguistici e culturali di cui al comma 8 partecipano ai consigli di classe e ai collegi dei docenti, con potere consultivo, e contribuiscono alle attività di formazione del personale della scuola promosse dalle istituzioni scolastiche. Essi hanno la loro rappresentanza negli organi collegiali.
10. Il Ministero della pubblica istruzione, sentite le organizzazioni sindacali e le associazioni dei cittadini e delle cittadine stranieri, definisce i percorsi di formazione, le modalità di reclutamento, il quadro delle specifiche mansioni e ogni aspetto relativo allo stato giuridico dei mediatori linguistici e culturali.
11. Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di apposite convenzioni con le regioni e con gli enti locali, promuovono:
a) la realizzazione di un'offerta culturale valida per i cittadini e le cittadine stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell'obbligo;
b) la predisposizione di percorsi integrativi, ove necessari, degli studi sostenuti nel Paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
c) la realizzazione e l'attuazione di corsi di lingua italiana;
d) la realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia.
12. È istituita presso il Ministero della pubblica istruzione la Commissione per
a) coordinare e monitorare le attività dell'amministrazione centrale e degli uffici regionali;
b) elaborare e programmare interventi per l'inserimento scolastico degli alunni di cittadinanza non italiana, con particolare riguardo alla formazione del personale scolastico, al monitoraggio e al contrasto della dispersione scolastica;
c) raccogliere e disseminare le buone pratiche per l'inserimento degli alunni di cittadinanza non italiana e di educazione interculturale, realizzate a livello territoriale; far conoscere le esperienze più significative prodotte a livello europeo;
d) valutare annualmente l'impatto delle attività svolte.
13. La composizione e il funzionamento della Commissione di cui al comma 12 del presente articolo sono disciplinati dal regolamento di attuazione di cui all'articolo 53.
1. I cittadini e le cittadine stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono accedere ai corsi di studio delle scuole, degli istituti professionali e delle università italiane alle stesse condizioni dei cittadini e delle cittadine italiani. Essi hanno diritto ad accedere, in condizioni di parità con i cittadini e le cittadine italiani, a borse di studio e ad altre provvidenze previste nell'ambito dei programmi di diritto allo studio.
2. L'iscrizione alle scuole, agli istituti di formazione e alle università italiane può essere effettuata anche dall'estero, ai fini dell'ingresso per motivi di studio di cui all'articolo 10, comma 3, per il tramite
1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui il cittadino e la cittadina stranieri possono essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale o di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possono rischiare di essere rinviati verso un altro Stato nel quale non sono protetti dalla persecuzione, ovvero verso un Paese in cui esiste una condizione di guerra o di violenze interne generalizzate, ovvero in cui possono subire, per i reati commessi, la pena di morte.
2. Non sono consentiti l'espulsione e il respingimento nei confronti:
a) dei cittadini e delle cittadine stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;
b) dei cittadini e delle cittadine stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE o nazionale per soggiornante di lungo periodo di cui all'articolo 20, salvi i casi di revoca previsti dal medesimo articolo 20, comma 5;
c) dei cittadini e delle cittadine stranieri parenti entro il quarto grado, o
d) delle donne in stato di gravidanza o nei dodici mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;
e) del marito o del convivente della donna in stato di gravidanza o, nei dodici mesi successivi alla nascita del figlio, del padre del bambino ovvero del marito o del convivente della madre;
f) dei cittadini e delle cittadine stranieri che sono affetti da infermità o da patologie e che, in considerazione della situazione del Paese di origine o di provenienza nonché della loro condizione sociale, in caso di rimpatrio, possono subire un peggioramento del loro stato di salute o non possono trovare nel Paese di destinazione adeguate cure;
g) dei cittadini e delle cittadine stranieri che, pur essendo privi di titolo di soggiorno in corso di validità, sono obbligati da norme vigenti a permanere sul territorio nazionale.
3. Al cittadino e alla cittadina stranieri che si trovino nelle condizioni di cui al comma 1 e di cui alle lettere d), e) e f) del comma 2 è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Nei casi di cui alle citate lettere d) ed e) del comma 2 il permesso di soggiorno ha durata annuale. Nei casi i cui al comma 1 e alla citata lettera f) del comma 2 il permesso di soggiorno per motivi umanitari ha durata di due anni ed è rinnovabile se persistono le condizioni che ne hanno giustificato il primo rilascio. Sono fatte salve le disposizioni più favorevoli previste dalla legislazione vigente in materia di asilo, di rifugio e di protezione umanitaria. Nei casi di cui alla lettera g) del citato comma 2 è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, con le modalità previste all'articolo 25, comma 3.
1. Con apposito decreto, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, definisce le tipologie generali dei programmi di ritorno concordato dei cittadini e delle cittadine stranieri al Paese di origine.
2. Il programma di ritorno concordato è misura sostitutiva dell'espulsione e non comporta divieto di reingresso nei casi in cui il cittadino e la cittadina stranieri che non abbiano titolo per rimanere sul territorio nazionale e che chiedano di aderire al programma abbiano avuto un pregresso titolo di soggiorno.
3. Il programma di ritorno concordato accompagna l'espulsione nei casi in cui il cittadino e la cittadina stranieri entrati irregolarmente nel territorio dello Stato non abbiano mai avuto titolo di soggiorno. Il periodo di divieto di reingresso in tale caso è fissato in un anno.
4. I programmi di ritorno concordato di cui ai commi 1, 2 e 3 prevedono:
a) opportune agevolazioni economiche atte a coprire interamente le spese del viaggio;
b) opportune iniziative di sostegno, anche economico, per la sussistenza degli interessati e delle loro famiglie, per il reinserimento lavorativo o per l'avvio di attività imprenditoriali nel Paese di origine, anche prevedendo la partecipazione di organizzazioni non governative attive nel campo della cooperazione allo sviluppo.
5. Il cittadino e la cittadina stranieri non possono accedere nel corso di cinque anni a più di un programma di ritorno concordato.
6. Con il decreto di cui al comma 1 sono altresì ripartite tra le singole province le risorse destinate ai programmi di ritorno concordato.
1. Presso i valichi di frontiera è istituito il servizio di frontiera.
2. Il servizio di frontiera è costituito dal responsabile dell'ufficio della polizia di frontiera, nonché da esperti designati dal Ministero dell'interno e, in misura paritetica, da organizzazioni non governative attive nel settore della tutela dei diritti umani. Il regolamento di attuazione di cui all'articolo 53 disciplina le modalità di costituzione del servizio di frontiera.
3. È consentito all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, o ad organizzazioni da esso accreditate, di inviare proprio personale qualificato presso i valichi di frontiera maggiormente sensibili e di verificare, con il personale della polizia di frontiera e del servizio di frontiera, le condizioni dei cittadini e delle cittadine stranieri maggiormente vulnerabili.
4. Per lo svolgimento delle medesime funzioni, l'accesso degli enti e degli organismi di cui al comma 3 è altresì consentito presso le aree di transito aeroportuali nonché a bordo delle unità navali attraccate o alla fonda nelle aree portuali.
1. Il cittadino e la cittadina stranieri privi dei requisiti stabiliti dalla presente
1. Il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri adottano, di intesa tra loro, il piano generale degli interventi per la gestione e il controllo dei valichi di frontiera, anche attraverso l'automazione delle procedure, nell'ambito delle compatibilità con i sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o dalle convenzioni internazionali in vigore e dalle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione.
2. Nell'ambito e in attuazione delle direttive adottate dal Ministero dell'interno, i prefetti delle province di confine terrestre e i prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, di intesa con i prefetti delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone di polizia di frontiera, nonché le autorità marittime e militari e i responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendono all'attuazione delle citate direttive.
3. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'interno promuovono le iniziative
1. Presso i valichi di frontiera nei quali si registra un maggiore numero di ingressi di cittadini e cittadine stranieri o comunque presso i valichi di frontiera particolarmente sensibili, il Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero della solidarietà sociale, attiva strutture finalizzate al soccorso e all'orientamento dei cittadini e delle cittadine stranieri in condizioni di bisogno, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni con i soggetti di cui all'articolo 43, commi 2 e 3. Le organizzazioni di cui al medesimo articolo 43, commi 2 e 3, possono altresì prendere autonomamente contatto con i cittadini e le cittadine stranieri.
2. In caso di particolare bisogno determinato da afflussi straordinari di cittadini stranieri, il Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero della solidarietà sociale, può disporre l'allestimento delle strutture di cui al comma 1 anche in località diverse dalle zone di frontiera, presso le quali disporre il trasferimento dei cittadini e delle cittadine stranieri ad opera della polizia di frontiera.
3. Le strutture di soccorso e di assistenza di cui al comma 1 del presente articolo erogano ai cittadini e alle cittadine
1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, desunti da elementi di fatto specificamente indicati, il Ministro dell'interno può proporre al tribunale in composizione monocratica l'espulsione del cittadino e della cittadina stranieri anche non residenti nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.
2. L'espulsione è proposta dal questore, con richiesta motivata, al giudice di cui al comma 8, quando:
a) il cittadino e la cittadina stranieri sono entrati nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o violando il divieto di reingresso o sono trovati nel territorio dello Stato senza valido titolo di soggiorno e non rientrano tra i casi di divieto di espulsione e di respingimento di cui all'articolo 41, o tra i casi per i quali è possibile il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia ai sensi dell'articolo 25, comma 2, o per protezione sociale ai sensi dell'articolo
b) il cittadino e la cittadina stranieri sono ritenuti, sulla base di elementi di fatto, appartenere a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.
3. La richiesta di espulsione deve essere contestualmente notificata all'interessato in lingua a lui comprensibile o al suo legale rappresentante, con l'indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di eleggere domicilio. La richiesta di espulsione è inoltre comunicata al difensore di fiducia nominato dal cittadino e dalla cittadina stranieri, ovvero nominato d'ufficio all'atto dell'emissione della richiesta; il difensore d'ufficio è designato nell'ambito dei soggetti iscritti negli elenchi previsti dall'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Al difensore è comunicato il domicilio o la residenza del cittadino e della cittadina stranieri. Nell'ipotesi di cui al comma 1 la notifica della proposta di espulsione è effettuata dal questore del luogo di residenza o di domicilio o di dimora del cittadino e della cittadina stranieri.
4. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il questore, individuato ai sensi delle disposizioni del comma 3, ultimo periodo, anche su proposta del Ministro dell'interno, quando ravvisa il concreto pericolo che il cittadino e la cittadina stranieri di cui è proposta l'espulsione si rendano irreperibili, può disporre in via provvisoria la misura del fermo di polizia.
5. Nell'ipotesi di cui al comma 2, lettera b), il questore, quando ravvisa il concreto pericolo che il cittadino e la cittadina stranieri di cui è proposta l'espulsione si rendano irreperibili, ovvero nel caso in cui non siano certe la loro identità e nazionalità,
a) di convalidare o meno l'eventuale misura provvisoria di cui ai commi 4, 5 e 6;
b) di adottare o meno il provvedimento di espulsione richiesto. Il giudice, nel caso in cui rilevi la necessità di acquisire ulteriore documentazione o svolgere ulteriori indagini, d'ufficio o su richiesta del cittadino e della cittadina stranieri, anche ai fini dell'accertamento della sussistenza di una delle ipotesi di cui ai commi 13 e 14, può disporre il rinvio della decisione di merito, che deve essere comunque adottata entro quindici giorni. In tale caso può disporre per lo stesso periodo l'applicazione della misura della sorveglianza speciale.
10. Nell'adottare il provvedimento ai sensi del comma 9, il giudice tiene conto della durata del soggiorno in Italia del cittadino e della cittadina stranieri, di eventuali legami familiari, della pendenza di procedimento penale nel quale il cittadino e la cittadina stranieri siano indagati o imputati o parti lese o parti civili, ovvero assumano la figura di persona informata sui fatti o di testimone.
1. Dell'ingresso nell'istituto di reclusione del cittadino e della cittadina stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale, a seguito di provvedimento di applicazione della custodia cautelare ovvero di ordine di esecuzione della pena detentiva, è data comunicazione, entro ventiquattro ore, a cura della direzione dell'istituto di reclusione, alla questura competente per territorio. Alla comunicazione sono allegate le informazioni utili all'identificazione del cittadino e della cittadina stranieri.
2. A seguito della ricezione della comunicazione di cui al comma 1, la questura avvia tempestivamente la procedura finalizzata all'identificazione del cittadino e della cittadina stranieri e all'ottenimento dei documenti di viaggio, anche mediante consultazione con l'autorità diplomatica o consolare italiana del Paese di origine.
3. All'atto dell'ingresso nell'istituto di reclusione il cittadino e la cittadina stranieri vengono informati dell'avvio delle procedure di cui al comma 2, nonché del
1. Nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il giudice, su istanza dell'imputato straniero, quando ritiene di dover irrogare la pena detentiva entro il limite di cinque anni e non ricorrono le condizioni per
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne ingiusto profitto, in violazione delle disposizioni della presente legge procura o favorisce
1. Gli articoli 235 e 312 del codice penale sono abrogati.
a) all'articolo 39, il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia o, se conseguito all'estero, equipollente»;
b) l'articolo 40 è sostituito dal seguente:
«Art. 40. - (Centri di accoglienza. Accesso all'abitazione). - 1. Le regioni, in collaborazione con le province, con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell'Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. Il sindaco, quando siano individuate situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull'allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni.
2. I centri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove
4. Il regolamento di cui al decreto del Presidente del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, è abrogato.
5. Gli articoli 2 e 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, sono abrogati.
6. La lettera d) del comma 1 dell'articolo 75 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è abrogata.
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno dei cittadini e delle cittadine stranieri in Italia, coordinando in esso le norme della presente legge e le altre norme legislative vigenti e apportando alle medesime le integrazioni, le modificazioni
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del testo unico adottato ai sensi dell'articolo 52, comma 1, il Governo adotta il regolamento di attuazione del medesimo testo unico.
1. La partecipazione alla vita politica e alle attività della pubblica amministrazione, comprensiva del diritto di accesso e di partecipazione al procedimento amministrativo, è assicurata a tutti, senza discriminazioni in base alla cittadinanza o alla nazionalità.
2. Il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali e provinciali e nelle elezioni concernenti le città metropolitane è garantito ai soggetti che non sono cittadini e cittadine italiani quando hanno maturato cinque anni di regolare soggiorno in Italia.
3. Gli statuti e i regolamenti comunali, provinciali e delle città metropolitane disciplinano altre forme di partecipazione dei cittadini e delle cittadine stranieri alla vita politica e amministrativa.
4. Le disposizioni del presente articolo costituiscono, oltre che princìpi fondamentali, princìpi dell'ordinamento giuridico
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