Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 2800

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2800



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SINISCALCHI, LEONI, MATTARELLA, SPINI, VENIER, DE ZULUETA, LEOLUCA ORLANDO, MANCINI, MIGLIORE, MANTOVANI, KHALIL, RICARDO ANTONIO MERLO, MUNGO, ANDREA RICCI

Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 e aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003

Presentata il 19 giugno 2007


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riproduce il disegno di legge (atto Senato n. 1402) con primo firmatario Felice Casson. Lo Stato italiano ha sottoscritto una importante Convenzione adottata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) in materia di lotta alla corruzione. La delicatezza della materia e la vastità del fenomeno a livello mondiale avevano condotto un grandissimo numero di Paesi membri dell'ONU prima ad affrontare in modo approfondito tale tematica e poi cercare concretamente di dare una risposta, non soltanto politica, molto efficace. La presente proposta di legge vuole favorire un intervento parlamentare, ben sapendo che il disegno di legge presentato dal Governo il 13 giugno scorso (atto Camera n. 2783) non esaurisce l'insieme delle disposizioni contenuto nel testo della Convenzione.
      La Convenzione dell'ONU del 2003 muove dalla preoccupazione «per la gravità dei problemi posti dalla corruzione e della minaccia che essa costituisce per la stabilità e la sicurezza delle società, distruggendo dalla base le istituzioni e i valori democratici, i valori etici e la giustizia e compromettendo lo sviluppo sostenibile e lo stato di diritto».
      La Convenzione anti-corruzione dell'ONU ha per dichiarato oggetto, tra l'altro, la promozione e la facilitazione della cooperazione internazionale, nonché l'assistenza tecnica (sia amministrativa e di polizia che giudiziaria) ai fini della prevenzione, compresi la scoperta dei responsabili (pubblici e privati) di fatti di corruzione
 

Pag. 2

nonché il recupero (attraverso la confisca) dei proventi del reato.
      Non va neppure dimenticato il fatto che la corruzione, oltre a minare le basi di ogni comunità nazionale e internazionale, costituisce un sicuro danno da un punto di vista economico e finanziario, mettendo in discussione le regole comportamentali all'interno delle varie realtà e componenti sociali ed economiche.
      La corruzione per sua stessa natura tende sempre più a creare e a rafforzare una rete di connivenze e di omertà, che necessita del massimo di invisibilità e di opacità rispetto sia agli «esterni» sia soprattutto ad eventuali soggetti od organismi di controllo. Questo aspetto della segretezza è basilare per ogni sua dinamica di espansione, sia quantitativa sia qualitativa, sia verso l'alto sia verso il basso, ed è favorito dalla mancanza di trasparenza nell'attività di una pubblica amministrazione.
      Si può, in via generale, affermare che la corruzione tende ad inserirsi negli spazi di discrezionalità lasciati ai singoli individui, politici, amministratori o comunque pubblici ufficiali. La corruzione prolifera in modo particolare nei casi di maggiore concentrazione del potere politico o del potere economico e, specialmente, in assenza dei sistemi di controllo, nonostante le variegate caratteristiche e l'ampia gamma dei suoi canali di trasmissione.
      Per quanto concerne più specificamente il settore economico, nell'interesse comune di un mercato concorrenziale e per assicurarne efficienza e ottimizzazione, è prevista l'attività di organi di supervisione, garanti di quelle regole e aventi lo scopo di individuare e di prevenire comportamenti ed effetti dannosi, come prevaricazioni, fallimenti, operazioni anti-concorrenziali, conflitti di interessi. Se, come è successo in Italia, ad esempio con i vertici della Banca d'Italia l'organo di supervisione si rivela inadeguato (o peggio ancora connivente) rispetto ad abusi e conflitti di interesse, rischiano di verificarsi gravi distorsioni anche del mercato, con pesanti riflessi negativi su gruppi estesi di singoli cittadini o sull'attività stessa delle imprese.
      Studi recenti effettuati in Italia hanno individuato l'esistenza di una correlazione significativa tra il grado di corruzione di un Paese e la sua crescita economica, soprattutto per quanto concerne le medie e le piccole imprese. Queste infatti, oltre a non avere i mezzi strutturali e finanziari delle grandi imprese, risultano avere meno peso politico e minori disponibilità economiche per far fronte alla richiesta di tangenti.
      La corruzione finisce per rappresentare un costo fisso per le imprese ed è un onere che incide significativamente nelle decisioni di investimento. Sono costi, per le piccole e medie imprese, che possono essere determinanti per l'entrata nel mercato, così come possono causare l'uscita dal mercato stesso. E in ogni caso tali costi comportano per l'impresa una minore disponibilità finanziaria, con possibili pesanti ricadute su altri fronti (ricerche e innovazioni tecnologiche, manutenzioni, sicurezza personale, tutela ambientale, e così via).
      In questo senso la corruzione ha degli effetti pure sulla crescita economica nel suo complesso, perché un efficiente e ben regolamentato funzionamento dei mercati costituisce un elemento critico positivo fondamentale per le imprese (benché esse conoscano la complessità dei fattori interni agli Stati e alle amministrazioni pubbliche).
      Non è un caso che da uno studio del 2004 pubblicato dalla Banca Mondiale risultino dati che mostrano come nelle economie emergenti i fattori che impediscono maggiormente l'attività economica siano in primo luogo la corruzione e le pastoie della burocrazia, seguite dalla instabilità della politica e dei finanziamenti. La Dichiarazione di Johannesburg con cui si è conclusa la conferenza intergovernativa del 2002, considera la corruzione una minaccia allo sviluppo sostenibile. Nei Paesi in via di sviluppo, la corruzione danneggia le popolazioni povere perché si impossessa di risorse che possono essere destinate a investimenti nel capitale
 

Pag. 3

umano e a sostegno delle fasce sociali più deboli, come dimostrano gli studi di Transparency International e della Banca Mondiale: dove la corruzione è più alta, minori sono gli investimenti in settori vitali come la sanità e l'istruzione. Inoltre la corruzione scoraggia i donatori più corretti ed efficienti e gli investitori stranieri più capaci e onesti.
      In situazioni di emergenza, le responsabilità della corruzione sono ancora più gravi perché essa sottrae risorse destinate al soccorso di popolazioni colpite da calamità o vittime di conflitti. Questo ha due effetti egualmente intollerabili: popolazioni povere e inermi sono condannate alla morte e alla sofferenza, mentre, nel nord del mondo, cittadini generosi sono ingannati e privati della fiducia verso la cooperazione.
      L'esempio del continente africano, portato da Transparency International, ci dà un'idea delle dimensioni del fenomeno; ogni anno - a fronte di aiuti che non superano i 25 miliardi di dollari - 150 miliardi di dollari fuggono dall'Africa: denaro sottratto dalle casse degli Stati da politici e amministratori corrotti.
      Un esempio recente degli aspetti odiosi della corruzione è rappresentato dalla vicenda Oil for food: alti funzionari, diplomatici e imprese dei maggiori Paesi donatori hanno partecipato a questa vergognosa rapina ai danni della popolazione irachena, così bambini e donne sono stati privati di cibo e medicine e una feroce dittatura è stata mantenuta al potere.
      La Tracfin, l'agenzia francese sul riciclaggio, ha calcolato che nel solo 2003 la Total ha pagato fino a 5 milioni di dollari in commissioni illegali a funzionari iracheni attraverso un insieme di conti bancari in Svizzera.
      Anche la ricostruzione del dopo tsunami è stata rallentata e indebolita dalla corruzione, secondo un rapporto dal titolo «Human rights of vulnerable populations», redatto dal Centro diritti umani dell'Università di Berkeley: la maggioranza dei sopravvissuti, dopo un anno, viveva ancora in situazione precaria, senza casa o attività lavorativa. La colpa della loro condizione non è certo imputabile alla scarsità degli aiuti, che sono stati copiosi, ma all'incompetenza, alla corruzione e alla mancanza di controlli da parte dei cittadini.
      Anche nei Paesi ricchi e industrializzati la corruzione incide sui meccanismi di distribuzione delle risorse, attraverso interferenze sui percorsi decisionali, che sono indirizzati in un senso piuttosto che in un altro, il tutto finalizzato al conseguimento di vantaggi e di benefìci di tipo privatistico e personale. È un meccanismo ben noto, che riguarda anche le decisioni relative alle scelte di spesa pubblica e alla composizione della spesa stessa, così come l'offerta di servizi pubblici a volte fondamentali, come la sanità e l'istruzione.
      Ciò succede in sostanza perché, essendo limitate le risorse pubbliche, la corruzione determina la fissazione di un prezzo maggiore a fronte di una «quantità» (e spesso di una qualità) inferiore rispetto a ciò che si verificherebbe con un normale e corretto processo decisionale. Questo discorso vale sia quando è il cittadino che deve pagare direttamente una tangente (essendo costretto a pagare un più alto prezzo per un servizio), sia quando il costo della corruzione è sottratto dalle risorse pubbliche e così solo indirettamente dalle tasche del cittadino, che però pagherà prezzi più alti in cambio di servizi di qualità inferiore o comunque in cambio di incrementi del debito pubblico. Queste ultime considerazioni consentono di ricordare che a fenomeni estesi di corruzione corrisponde pure una diminuzione degli introiti fiscali, sia diretti che indiretti, essendo evidente che, aumentando il numero e il livello dei pubblici ufficiali corrotti, diminuisce il rischio di essere scoperti: elevandosi così la tendenza e il tasso di corruzione, si provoca una diminuzione delle entrate pubbliche e delle risorse da destinare a servizi fondamentali.
      Pur ritenendo non risolutivo nel lungo periodo il ricorso alla sola repressione, è certo che bassi livelli di legalità determinano la situazione ottimale per la nascita e lo sviluppo di comportamenti e poi di fenomeni corruttivi. Appare ovvio che la
 

Pag. 4

corruzione cresca proprio nei casi in cui il sistema delle regole e delle leggi può essere raggirato senza il rischio di gravi conseguenze. Se la probabilità di essere scoperti e di essere condannati è molto bassa o addirittura nulla, è evidente che ciò costituisce un fortissimo incitamento alla corruzione (come peraltro a qualsiasi altro comportamento criminale). Il primo livello di interventi deve allora riguardare l'immediatezza, la necessità di intervenire con urgenza, la parte repressiva, l'efficacia e l'efficienza del sistema di prevenzione sia giudiziario che di polizia. Altri livelli di intervento riguardano gli organismi di supervisione e di garanzia, nei confronti ad esempio dell'attività di borsa, di quella bancaria, del sistema delle comunicazioni, del mondo dell'editoria.
      In particolare, si deve ritenere che questi sistemi di verifica e di controllo, proprio perché devono poter agire nell'interesse più alto dello Stato e della collettività e nei confronti di chiunque, devono godere di un'ampia autonomia e di ampi poteri di intervento; sta poi ad ogni singolo Stato valutare e concretizzare una storica necessità: quis custodiet custodes?
      Il fenomeno però è talmente vasto e complesso che i sistemi e i mezzi repressivi da soli, se hanno risolto determinate situazioni contingenti, quasi mai sono tuttavia serviti a sradicare le cause e le condizioni della corruzione.
      È per questi motivi che deve essere considerata di fondamentale importanza l'adozione della Convenzione dell'ONU del 2003 contro la corruzione e soprattutto la sua ratifica da parte dei Paesi membri. Questa Convenzione si pone sia in un'ottica molto ampia, di tipo culturale, sociale, politico, sia sulla strada di predeterminare misure ed interventi specifici da parte dei singoli Stati, per una efficace ed efficiente lotta alla corruzione sia pubblica che privata, in un ambito di collaborazione internazionale.
      Sono però passati oltre tre anni da quel dicembre del 2003. Lo Stato italiano aveva pure sottoscritto la Convenzione. Ma da allora non sembra siano stati fatti passi concreti sulla strada della sua ratifica.
      Gli articoli 10 e 11 della nostra Carta costituzionale costituiscono ormai un insieme di princìpi e di regole entrati a far parte non soltanto del nostro corpus normativo, ma anche e soprattutto della nostra cultura e del nostro modo di considerare e di condurre rapporti internazionali. Sono pertanto plurimi i motivi che impongono una urgente ratifica della Convenzione contro la corruzione adottata dall'ONU.
      Stanti allora la delicatezza e l'importanza della materia, sulla scia di precedenti specifici relativi alla iniziativa parlamentare per la ratifica di convenzioni internazionali, è predisposta la presente proposta di legge, al fine di contribuire all'iter di ratifica della Convenzione dell'ONU contro la corruzione, sottoscritta dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003.
 

Pag. 5


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea Generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003.

Art. 2.

      1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 68 della Convenzione stessa.

Art. 3.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su