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PDL 2676

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2676



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

NARDI, CATONE, FRANCESCO DE LUCA

Norme a tutela delle persone affette da obesità grave e per la realizzazione di programmi di ricerca e di informazione

Presentata il 17 maggio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - L'obesità è una malattia complessa dovuta a fattori genetici, ambientali e individuali con conseguente alterazione del bilancio energetico e accumulo eccessivo di tessuto adiposo nell'organismo.
      Diversi tipi di studio hanno dimostrato una chiara influenza genetica, responsabile dell'eccessivo accumulo di grasso in presenza di alta disponibilità di alimenti e di cronico sedentarismo. Esistono poi fattori individuali che possono contribuire all'eccessiva introduzione di cibo: si tratta solitamente di comportamenti impulsivi o compulsivi secondari a condizioni psicopatologiche. Anche alcuni farmaci possono, se utilizzati a lungo, facilitare l'insorgenza dell'obesità.
      In molti Paesi industrializzati la malattia colpisce fino a un terzo della popolazione adulta, con un'incidenza in aumento nell'età pediatrica. L'obesità, quindi, rappresenta l'epidemia del terzo millennio e, al contempo, la più comune patologia cronica del mondo occidentale.
      L'obesità costituisce un serio fattore di rischio per mortalità e per morbilità, sia di per sé (complicanze cardiovascolari e respiratorie) sia per le patologie ad essa frequentemente associate, quali diabete mellito, ipertensione arteriosa, iperlipidemia, calcolosi della colecisti, osteoartrosi. Negli Stati Uniti d'America (USA), nei primi tre mesi dell'anno in corso, le patologie associate all'obesità hanno provocato più decessi delle patologie neoplastiche.
      Accade, però, che l'obesità, anche se è stata riconosciuta come malattia cronica, nel nostro Paese rappresenta uno dei più
 

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trascurati problemi di salute pubblica, a partire dalla sua prevenzione primaria, secondaria e terziaria.
      Quasi un italiano su dieci è obeso e i più a rischio sono gli uomini, rispetto alle donne. È quanto emerge dall'indagine dell'Istituto nazionale di statistica multiscopo sulle famiglie. I dati relativi al 2002 evidenziano che il 9 per cento della popolazione italiana è obeso e che, all'opposto, appena il 3,9 per cento della popolazione adulta risulta sottopeso. Più si invecchia e più si tende a ingrassare. Nella fascia di età da 18 a 24 anni la percentuale di obesi è del 2 per cento, in quella da 45 a 54 anni sale al 12,4 per cento per raggiungere il massimo in quella da 55 a 64 anni, con il 14,4 per cento.
      In Italia ci sono circa 6 milioni di persone con obesità di vario grado, di cui circa un milione affette da forme gravi, definite tali quando si supera del 60 per cento l'indice di massa corporea normale. Ancora più allarmante è il dato della crescita costante in età pediatrica non solo del fenomeno obesità in sé, ma anche delle forme gravi o morbigene (cosiddetta «superobesità»), e in particolare, dell'obesità viscerale, che rappresenta anche in età pediatrica un fattore di rischio per la sindrome metabolica se associato a dislipidemia, ipertensione, iperglicemia e iperinsulinemia. La sindrome metabolica predispone a complicanze cardiovascolari precoci. Questi dati dimostrano che tale condizione è pari percentualmente a quella di Paesi con eguale livello di benessere, quali ad esempio gli USA.
      In questi Paesi, tuttavia, si è provveduto a creare le idonee condizioni sociali, lavorative e strutturali al fine di permettere un normale inserimento sociale dell'obeso, anche grave, mentre nel nostro Paese si può constatare un totale vuoto normativo.
      L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) recentemente ha fissato i nuovi criteri che permettono di classificare l'obesità in base al BMI (Body mass index o indice di massa corporea, ottenibile dal rapporto tra peso e altezza elevata al quadrato): come limite superiore di normalità è stato fissato un valore di BMI di 24,9, mentre sono state definite obesità di I, II e III grado i valori di BMI rispettivamente compresi tra 30 e 34,9 e tra 35 e 39,9 e da 40 in su.
      Una recente sentenza della Corte di cassazione (n. 16251 del 19 agosto 2004, della sezione lavoro) ha anzitutto definito l'obesità una malattia invalidante; in più ha stabilito che non sono più vincolanti le tabelle - fissate dalla tabella di cui al decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992 - usate per misurare il punteggio di invalidità, che attribuiscono una percentuale di handicap agli obesi che in nessun caso supera il 40 per cento (per avere l'assegno C di invalidità serve il 74 per cento). Ad avviso dei magistrati della Suprema Corte, invece, specie nelle forme gravi di accumulo adiposo, occorre valutare questa disfunzione in «maniera svincolata dai limiti specificati dalla richiamata tabella» e dare punti più elevati, superiori al 40 per cento, a chi ha un rapporto molto squilibrato tra altezza e peso corporeo.
      A questa decisione ha portato la vicenda di una donna, di un metro e mezzo di altezza per 130 chili, concentrati soprattutto sulle cosce. Proprio per le sue dimensioni, la signora aveva chiesto di essere dichiarata invalida al 74 per cento, ma l'allora Ministero del tesoro aveva bocciato la sua richiesta. Così la donna si era rivolta (senza successo) alla magistratura che per due volte - prima il tribunale e poi la corte di appello torinese - le aveva risposto che, nonostante la mole, non raggiungeva il punteggio necessario.

      Il successivo ricorso alla Cassazione ha fatto breccia tra i giudici che lo hanno accolto, nonostante il parere contrario espresso dalla procura che aveva, addirittura, chiesto l'«inammissibilità» del reclamo. In particolare, i supremi giudici hanno affermato che è vero che la tabella «include l'obesità nella fascia di invalidità dal 31 al 40 per cento», ma tale percentuale è calcolata in riferimento a persone che hanno un BMI compreso tra 35 e 40, che non tiene conto delle nuove forme di
 

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obesità o di quelle più gravi. La donna in questione, ad esempio, ha un BMI - ha calcolato la Suprema Corte - del 57,7 che, in base alle indicazioni ministeriali, «si ottiene dividendo il peso del soggetto per il quadrato della sua statura espressa in metri». Deve quindi concludersi - afferma la Cassazione - che una «situazione» come quella della ricorrente richiede un'indagine diretta ad acclarare il grado di invalidità, svincolata dai limiti specificati dalla citata tabella.
      In pratica, adesso, alle persone gravemente obese potrà essere riconosciuto un punteggio di handicap maggiore del 40 per cento dato che - per effetto di questa decisione della Suprema Corte - i periti chiamati a valutare il livello di obesità dovranno tenere presente non più solo la richiamata tabella, ormai inadeguata per misurare le nuove obesità, bensì la reale situazione «invalidante» di chi è afflitto da questa malattia.
      Alla luce di quanto esposto, quindi, il problema dell'obesità grave non può essere ignorato dall'amministrazione pubblica che deve tutelare comunque i cittadini che chiedono assistenza e tutela in una società che spesso non ne considera le esigenze e le effettive necessità. Non è possibile limitare il problema alla conflittualità medico-legale, ma occorre definire un quadro di tutela complessiva della patologia, dalla sua prevenzione primaria alla sua cura (prevenzione secondaria), alle sue conseguenze invalidanti (oggetto di interventi di prevenzione terziaria). L'obesità rappresenta una condizione di malattia sociale sommersa, con un impatto indiretto ma, in ogni modo, grave per la vita di relazione di quanti ne siano affetti, che non può essere ignorata dallo Stato.
      L'obeso vive, infatti, in uno stato di isolamento dovuto alla difficoltà di farsi accettare dagli altri e soprattutto all'impossibilità di fare quelle cose che rientrano nella quotidianità della vita, a causa della presenza indiscriminata di barriere architettoniche, funzionali e lavorative. In sintesi, egli vive in una condizione di diritti negati.
      Infatti di tali barriere si ignora persino l'esistenza fino a quando non ci si immedesima nelle problematiche della quotidianità di chi è gravemente obeso.
      Provate a immaginare i numerosi e gravi problemi concernenti l'abbigliamento, l'ambiente, gli arredi, lo spostamento, i trasporti o la socialità di chi pesa 150, 200 chili o ancora di più. Provate a immaginare di fare le scale, varcare porte strette, entrare in bagni impossibili, servirsi di ascensori, banche, metropolitane, autobus o aerei, salire in automobile o sui treni, sedersi al ristorante, in una mensa, al cinema o al teatro con tutte le poltrone larghe solo 40 centimetri. Provate a immaginare di dover essere trasportati in barella, di dover fare una risonanza magnetica e di non riuscire a entrare nella stessa o, semplicemente, di pesarsi quando tutte le bilance misurano al massimo 140 chilogrammi. Sino ad ora si è ignorato un insieme di disagi, anche gravissimi, che accompagnano e, spesso, discriminano gli obesi gravi. Anzi, queste persone sono trattate con scherno o compassione, quasi fossero essi stesse colpevoli dell'infermità occorsagli.
      È necessario, pertanto, prendere atto di ciò, anche se diventa difficile dare risposte in un Paese che non si è mai posto il problema e dove non esistono strutture globali o sociali che tutelano quanti sono affetti da obesità grave.
      La presente proposta di legge mira anzitutto a riconoscere l'obesità grave quale condizione oggettiva di handicap al fine di estendere la tutela prevista dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», anche agli obesi. La proposta di legge persegue, inoltre, gli obiettivi di incrementare lo studio delle cause di un eccessivo peso corporeo, di attivare meccanismi di verifica, specie nella scuola, per una corretta informazione e sulle metodiche preventive e di cura, di aiutare l'integrazione sociale e lavorativa dei soggetti che per il loro stato sono emarginati, di adeguare le strutture pubbliche o aperte al pubblico, con particolare riferimento alle
 

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strutture di diagnosi e cura generalmente non pronte a trattare pazienti obesi, in modo da permettere anche agli obesi gravi di sentirsi, come in realtà sono, persone normali.
      Si prevede, infine, in particolare la promozione, da parte del Ministero della salute, avvalendosi della collaborazione delle associazioni qualificate già operanti nel settore, di specifici programmi atti a migliorare le conoscenze di base e cliniche sull'obesità al fine di trovare soluzioni idonee preventive, di diagnosi precoce, di terapia e di riabilitazione per una corretta alimentazione e per l'igiene dei prodotti alimentari da parte dei consumatori.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge ha lo scopo di tutelare i soggetti obesi gravi, come definiti all'articolo 2, assicurando loro e alle rispettive famiglie il sostegno e l'assistenza necessari per favorirne i processi educativi, l'integrazione e la partecipazione alla vita sociale, in modo da garantire loro la piena fruizione di tali diritti.

Art. 2.
(Definizione dell'obesità grave).

      1. È considerato obeso grave il soggetto il cui indice di massa corporea (BMI) supera il valore di 40 ovvero il cui BMI supera di oltre il 60 per cento il cinquantesimo centile per età e per sesso, nel caso di soggetti di età inferiore a diciotto anni.
      2. La diagnosi di obesità grave deve essere effettuata da una struttura pubblica rivolta alla diagnosi e alla cura dell'obesità nell'adulto e nell'età pediatrica, o da analoga struttura privata, purché convenzionata con il Servizio sanitario nazionale e dal medesimo riconosciuta.

Art. 3.
(Riconoscimento dell'obesità come handicap).

      1. L'obesità grave è considerata condizione oggettiva di handicap ai sensi e per gli effetti della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, e, in particolare, dell'articolo 4, comma 3, della medesima legge, nonché delle altre norme vigenti in materia.

 

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      2. Ai fini della concessione delle provvidenze e dei benefìci previsti dalla legge 30 marzo 1971, n. 118, e successive modificazioni, il valore del parametro relativo al BMI è 40.

Art. 4.
(Diritto alla mobilità).

      1. Al fine di favorire l'integrazione sociale, lavorativa e nelle attività ludico-sportive sono intraprese apposite iniziative a vantaggio dei soggetti obesi gravi. In particolare, sono previste specifiche misure di sostegno socio-assistenziale alle famiglie nelle quali sono presenti soggetti affetti da obesità grave e agevolazioni fiscali per le iniziative volte alla prevenzione e alla cura della patologia.
      2. Al fine di garantire il diritto alla mobilità dei soggetti obesi gravi è prevista la realizzazione di interventi finalizzati all'eliminazione delle barriere architettoniche, in conformità alla legislazione vigente in materia, e, in particolare, alla modifica degli standard di progettazione relativi alle strutture degli uffici pubblici o aperti al pubblico, dei mezzi di locomozione e di ogni altro mezzo suscettibile di utilizzazione da parte dei soggetti medesimi.
      3. Gli ospedali pubblici e le strutture di ricovero e cura private provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a dotare i rispettivi reparti, inclusi i reparti di pediatria, di arredi e di strumenti diagnostico-terapeutici adeguati all'uso e all'accesso da parte dei soggetti obesi gravi, con particolare riferimento al trattamento in urgenza di tale categoria di pazienti.
      4. I medicinali per la terapia dell'obesità e delle sue complicanze prescritti agli obesi gravi sono inclusi nei medicinali classificati nella fascia A ai sensi dell'articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni. Il Ministero della salute provvede a definire una lista di prodotti dietetici o integratori alimentari finalizzati all'uso nei soggetti obesi a carico del Servizio sanitario

 

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nazionale. I controlli laboratoristici e diagnostici prescritti in relazione all'obesità grave sono erogati a titolo gratuito.

Art. 5.
(Diritto all'assicurazione).

      1. In nessun caso la presenza o l'insorgenza di obesità grave può essere considerata motivo di legittima decadenza di validità di una polizza assicurativa o sanitaria stipulata tra un soggetto e una compagnia di assicurazione, né motivo di esclusione della possibilità di stipulare una polizza assicurativa o sanitaria.

Art. 6.
(Programmi di ricerca e di informazione).

      1. Il Ministero della salute provvede, di concerto con il Ministero della pubblica istruzione, con il Ministero dell'università e della ricerca e con il Ministero delle comunicazioni, alla realizzazione di una campagna di informazione permanente per una corretta alimentazione tramite le strutture competenti.
      2. Il Ministero della salute promuove, altresì, specifici programmi di ricerca idonei a migliorare le conoscenze cliniche di base sull'obesità ai fini dell'aggiornamento delle misure e delle strategie di prevenzione, di diagnosi precoce, di terapia e di riabilitazione delle patologie abitualmente associate, avvalendosi della collaborazione delle associazioni qualificate e delle società scientifiche già operanti nel settore.
      3. Nell'ambito dei programmi di cui al comma 2 sono previsti specifici rilevamenti dei soggetti affetti da obesità, avvalendosi dei dati forniti dalle strutture specialistiche del Servizio sanitario nazionale e dalle strutture della medicina scolastica.
      4. Nei casi di obesità grave è prevista l'erogazione di prestazioni idonee ad agevolare l'assistenza medica e farmaceutica. In particolare, sono previsti l'istituzione di appositi centri multidisciplinari specializzati nella ricerca, nella prevenzione e nella cura

 

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e riabilitazione dei soggetti obesi gravi, nonché il supporto informativo, di ricerca e finanziario alle attività di tali centri qualora già istituiti o da istituire nell'ambito delle competenze delle singole regioni.
      5. Il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca prevedono, nei rispettivi piani di studio della scuola dell'obbligo e delle facoltà di medicina e chirurgia, l'insegnamento delle principali norme di igiene dietetica. In particolare, qualora si evidenzino situazioni di rischio legate ad eccesso ponderale, il Ministero della pubblica istruzione provvede, mediante le strutture della medicina scolastica e dei competenti organi istituzionali, alla tutela dei soggetti interessati.
      6. È istituito, presso il Ministero della salute, un Osservatorio nazionale sull'obesità che provvede alla raccolta e alla conservazione dei dati epidemiologici e diagnostico-terapeutici su tale patologia in collaborazione con le società scientifiche già operanti nel settore.


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