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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3435 |
a) «chiedere, benché l'agenzia di recupero dei crediti disponga di una autorizzazione rilasciata dal questore di una provincia, una nuova autorizzazione in ognuna delle altre province ove essa intenda svolgere le sue attività» (limitazione dell'attività in ambito provinciale);
b) obbligare l'agenzia a «disporre di locali nel territorio oggetto dell'autorizzazione ed affiggervi le prestazioni che possono essere effettuate per i clienti» (obbligo di munirsi di una sede, con il connesso obbligo di affissione delle prestazioni consentite);
c) obbligare l'agenzia a «disporre di un locale in ogni provincia in cui essa intenda svolgere la sua attività» (obbligo di munirsi di una sede in ogni provincia).
Essendo quindi opportuno provvedere tempestivamente all'adeguamento del diritto interno, è stata proposta la norma di cui all'articolo 4, che contiene anche procedure alternative di adempimento degli obblighi di informazione del cliente e di esibizione degli atti agli organi di controllo.
L'intervento normativo proposto non incide sulle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali e di prevenzione dei reati, con particolare riguardo alla prevenzione del riciclaggio di capitali di provenienza illecita, che non solo non sono state oggetto di censura da parte della Corte di giustizia, ma sono state adottate, come è noto, in esecuzione di specifiche direttive europee.
Articolo 4. Nell'ambito della procedura di infrazione n. 2005/2358 la Commissione europea, con parere reso in data 27 giugno 2007, ha ritenuto che l'Italia è venuta meno all'obbligo di recepire correttamente l'articolo 2, paragrafo 3, l'articolo 8, paragrafo 1, e l'articolo 9 della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
Il presente articolo contiene le norme necessarie per assicurare il pieno recepimento della direttiva, conformemente alle osservazioni formulate dalla Commissione europea nel citato parere, e per giungere così al superamento della relativa procedura di infrazione.
In particolare, la disposizione, redatta in forma di novella, reca modifiche al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, che ha recepito la direttiva 2000/43/CE.
La lettera a), novellando l'articolo 2, comma 3, del citato decreto legislativo, modifica la definizione di molestie, rendendo alternativo - e non più cumulativo - l'uso dei diversi aggettivi volti a qualificarle. In tale modo la definizione del decreto legislativo viene resa conforme a quella della direttiva, con conseguente facilitazione, per la vittima di molestie, a dimostrarne la sussistenza e a ottenere tutela.
La lettera b) modifica l'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo, in modo da precisare che, nei casi di discriminazione
a) al punto 5, il mancato recepimento dell'articolo 2 della direttiva, inadempimento al quale si intende ovviare con la modifica contenuta nel comma 1, lettera a), del presente articolo, che riproduce fedelmente l'articolo 2 della direttiva;
b) al punto 13, il non corretto recepimento dell'articolo 5 della direttiva, in quanto né l'articolo 2, né l'articolo 21 della legge n. 157 del 1992 prevedono espressamente il divieto di distruzione e danneggiamento deliberato dei nidi e delle uova e il divieto di disturbare deliberatamente le specie di uccelli protette. La modifica prevista al comma 1, lettera e), consentirà di superare tale censura;
c) al punto 15, il non corretto recepimento dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva, non essendo stato espressamente previsto nella normativa nazionale il divieto di trasporto per la vendita. La modifica introdotta al comma 1, lettera f), è volta a porre rimedio a tale inadempimento;
d) al punto 17, la non corretta trasposizione dell'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva, in quanto l'articolo 18 della legge n. 157 del 1992, che suddivide le specie cacciabili per periodi di attività venatoria, non prevede espressamente che tale suddivisione temporale, pur ispirata a queste finalità, rispetti il divieto di caccia durante il periodo della nidificazione o durante le fasi della riproduzione e della dipendenza, ovvero, per quanto concerne le specie migratrici, durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione. La modifica al comma 2 dell'articolo 18 della legge n. 157 del 1992, prevista al comma 1, lettera c), del presente articolo, recuperando formalmente tali concetti, consentirà di superare il rilievo della Commissione europea, in quanto prevede che i termini stabiliti al comma 1 dell'articolo 18, ai fini dell'esercizio venatorio, potranno essere modificati anche al fine di garantire la tutela delle specie nel periodo di nidificazione e durante le fasi di riproduzione e di dipendenza e, nei confronti delle specie migratrici, durante il periodo di riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione;
e) al punto 18, il mancato recepimento dell'articolo 10, paragrafo 2, della direttiva, che impone agli Stati membri l'obbligo di trasmettere alla Commissione
f) al punto 21, la non completa trasposizione dell'articolo 11 della direttiva, in quanto l'articolo 20 della legge n. 157 del 1992, che ne costituisce il recepimento, non prevede espressamente che la Commissione europea sia preventivamente consultata nel caso di introduzioni di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico. La modifica prevista al comma 1, lettera d), consentirà di superare la censura della Commissione.
Articolo 10. La disposizione ha lo scopo di conformare l'ordinamento italiano all'orientamento degli organi comunitari formatosi sull'interpretazione dell'articolo 39 del Trattato CE.
Considerato che anche recentemente nei confronti dello Stato italiano sono state pronunciate alcune decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee che hanno accertato l'inadempimento agli obblighi derivanti dal citato Trattato e dal regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, per il riconoscimento dell'esperienza professionale e dell'anzianità maturata presso altri Paesi membri dell'Unione europea (Corte di giustizia delle Comunità europee 26 ottobre 2006, causa C-371/04; Corte di giustizia delle Comunità europee 12 maggio 2005, causa C-278/03), si rende necessario introdurre una previsione normativa espressa che sancisca la parità di trattamento per i casi in cui un cittadino comunitario abbia svolto, al di fuori del nostro territorio nazionale, un'attività lavorativa analoga a quella considerata e valutata dalle pubbliche amministrazioni italiane. In sostanza, mediante la disposizione in oggetto si vuole dare attuazione - oltre che all'orientamento della giurisprudenza della Corte di giustizia - al contenuto della comunicazione della Commissione COM (2002) 694 «Libera circolazione dei lavoratori - realizzarne pienamente i vantaggi e le potenzialità». L'introduzione della disposizione in questione, infatti, determina che, laddove l'amministrazione italiana richieda, quale requisito per lo svolgimento di un determinato servizio o incarico, che siano possedute determinate esperienze professionali e anzianità, queste ultime sono riconosciute secondo condizioni di parità a prescindere dal Paese europeo ove le stesse sono state maturate, senza creare alcuna discriminazione. In attuazione del principio formulato dalla Corte di giustizia (ex multis, sentenza C-290/00, Duchon, 18 aprile 2002), viene altresì considerato valutabile il servizio prestato presso le amministrazioni pubbliche degli Stati membri in periodi antecedenti alla loro adesione all'Unione europea.
La disposizione introduce una norma di carattere generale che non comporta oneri poiché è ricognitiva di obblighi già esistenti per l'ordinamento italiano e quindi per le pubbliche amministrazioni, stante l'efficacia diretta delle disposizioni contenute nel Trattato CE e nel citato regolamento (CEE) n. 1612/68. Per completezza si segnala il generale obbligo di applicare il diritto comunitario anche da parte delle autorità amministrative con disapplicazione del diritto interno eventualmente contrastante, potere/dovere di disapplicazione ormai riconosciuto dall'orientamento consolidato della giurisprudenza (Corte costituzionale, n. 389 del 1989; Corte costituzionale n. 170 del 1984; Corte di giustizia delle Comunità europee causa C-106/77, sentenza 9 marzo 1978; Consiglio di Stato, IV, n. 5194; Consiglio di Stato, VI, n. 430 del 2001).
Viene fatto salvo l'articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale, in aderenza alla normativa comunitaria, già prevede l'accesso dei cittadini comunitari nelle pubbliche amministrazioni, con le limitazioni ivi previste.
Articolo 11. L'articolo 11 è volto a porre rimedio ad alcuni rilievi sollevati
a) la vessazione a danno del lavoratore. La Commissione europea ha segnalato che con il decreto legislativo de quo non è stata recepita la norma di cui all'articolo 11 della direttiva concernente la tutela dei lavoratori soggetti ad atti o comportamenti discriminatori da parte del datore di lavoro per aver effettuato un reclamo all'interno dell'azienda o avviato un'azione legale - ovvero per aver sostenuto la posizione di un collega che abbia agito per tale via - ritenendosi lesi dal datore di lavoro medesimo. Il rilievo è fondato. Con la nuova proposta, che introduce l'articolo 4-bis (Protezione delle vittime), si estende anche a tali ultimi comportamenti lo speciale procedimento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 216 del 2003. L'inserimento è parallelo a quello già visto sub articolo 4, con riferimento al decreto legislativo n. 215 del 2003;
b) i requisiti essenziali e determinanti per lo svolgimento dell'attività lavorativa. Sul punto si è ritenuto condivisibile quanto segnalato in relazione alla carenza di un riferimento al requisito del «legittimo obiettivo» nell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo in relazione al disposto di cui all'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva. Ciò posto, appare opportuno provvedere alla modifica della norma interna richiamata inserendo detto riferimento testuale accanto al rispetto dei princìpi di proporzionalità e ragionevolezza. Si è altresì ritenuto condivisibile quanto osservato dalla Commissione europea in merito alla mancata conformità del disposto di cui all'articolo 3, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo a quello di cui all'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva. Invero, detta norma comunitaria circoscrive il campo delle possibili discriminazioni, sotto il profilo soggettivo, ai soli fattori connessi all'età e alla sussistenza di eventuali handicap, sotto l'aspetto oggettivo, unicamente all'esercizio delle attività svolte dalle Forze armate. Una tale disposizione è peraltro già contemplata nell'articolo 3, comma 2, lettera e), del decreto legislativo, e dunque sembra necessario eliminare il citato ultimo periodo dell'articolo 3, comma 3, del decreto medesimo. Si è infine convenuto sull'opportunità di modificare l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo precisando esplicitamente, in ossequio a quanto previsto dall'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva, che le disposizioni che prevedono accertamenti di idoneità psicofisica ad uno specifico lavoro e quelle che prevedono la possibilità di trattamenti differenziati per adolescenti, giovani, anziani e lavoratori con persone a carico in relazione alla natura del rapporto di lavoro e alle legittime finalità di politica e mercato del lavoro e di formazione professionale possono essere adottate soltanto nel rispetto del principio per cui tali caratteristiche oggettive o soggettive costituiscano un «requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché la finalità sia legittima ed il requisito proporzionato»;
c) la giustificazione delle disparità di trattamento collegate all'età. È condivisibile sul punto quanto rilevato dalla Commissione europea in merito alla mancata conformità del citato articolo 3, comma 4, del decreto legislativo in raffronto al disposto di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva. Si ritiene in particolare necessario integrare ulteriormente tale disposizione esplicitando testualmente che eventuali disparità di trattamento connesse all'età possono non essere configurate come discriminazione soltanto «laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da una finalità legittima e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari»;
d) la legittimazione ad agire in nome e per conto del lavoratore discriminato. È fondato quanto segnalato dalla Commissione europea in relazione all'incompatibilità dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo con l'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva. Si ritiene conseguentemente necessario modificare anche la citata disposizione del decreto legislativo stabilendo che sono legittimate ad agire, in nome e per conto del lavoratore discriminato, nei confronti della persona fisica o giuridica cui è imputabile il comportamento o l'atto discriminatorio, tutte le organizzazioni sindacali, le associazioni e le organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso dal datore di lavoro, purché munite di delega rilasciata, a pena di nullità, per atto pubblico o scrittura privata autenticata. Tali soggetti saranno altresì legittimati ad agire nei casi di discriminazione collettiva, qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato i soggetti lesi dalla condotta discriminatoria;
e) l'onere della prova. È, inoltre, condivisibile il rilievo della Commissione europea concernente la mancata conformità tra la disposizione di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo e quanto stabilito dall'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva. L'onere a carico del lavoratore di dedurre in giudizio elementi di fatto in termini gravi, precisi e concordanti non appare infatti aderente alla distribuzione degli oneri probatori fissata dalla direttiva. Si ritiene, dunque, necessario sostituire la richiamata norma interna con altra norma alla cui stregua, quando il lavoratore ricorrente deduca in giudizio elementi di fatto dai quali si possa presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, spetti al datore di lavoro convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione.
Articolo 12. Le modifiche proposte sono finalizzate a porre rimedio ad alcune delle censure sollevate dalla Commissione europea per la mancata conformità del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, alla direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, come modificata dalla direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002. Gli ulteriori rilievi contenuti nella lettera di messa in mora che ha dato avvio alla procedura di infrazione n. 2006/2535, in ordine ai quali si è provveduto a fornire osservazioni alla Commissione europea, non si ritengono condivisibili. Le censure accolte ineriscono, in particolare, ai seguenti aspetti della direttiva medesima:
a) la legittimazione ad agire in nome e per conto del lavoratore discriminato. Si ritiene condivisibile quanto segnalato dalla Commissione europea in relazione all'incompatibilità dell'articolo 38 del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, con l'articolo 6, della citata direttiva 76/207/CEE. Si ritiene conseguentemente necessario modificare la citata disposizione del codice stabilendo che sono legittimate ad agire, in nome e per conto del lavoratore discriminato, nei confronti della persona fisica o giuridica cui è imputabile il comportamento o l'atto discriminatorio, tutte le organizzazioni sindacali, le associazioni e le organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso dal datore di lavoro, purché munite di delega rilasciata, a pena di nullità, per atto pubblico o scrittura privata autenticata. Tali soggetti saranno altresì legittimati ad agire nei casi di discriminazione collettiva, qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato i soggetti lesi dalla condotta discriminatoria;
b) la tutela contro l'ordine di discriminare. È fondata la censura della Commissione europea concernente la mancata conformità dell'articolo 25, comma 1, del citato codice al disposto di cui all'articolo 2 della direttiva 76/207/CEE. La modifica è dunque volta a integrare la predetta norma interna prevedendo espressamente che costituisce discriminazione diretta anche l'ordine di discriminare, ossia l'ordine di porre in essere un atto o un comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i
Articolo 13. Nell'ambito della procedura di infrazione n. 2006/2535 la Commissione europea, con parere reso in data 21 marzo 2007, ha ritenuto che l'Italia è venuta meno all'obbligo di recepire correttamente l'articolo 2 della citata direttiva 76/207/CEE, come sostituito dall'articolo 1, numero 2), della citata direttiva 2002/73/CE.
Tale disposizione prevede espressamente che per le lavoratrici, che rientrano dal congedo per maternità, e per i lavoratori e le lavoratrici, che rientrano dai congedi di paternità o di adozione, vi sia il diritto di beneficiare di qualsiasi miglioramento delle condizioni di lavoro di cui essi avrebbero beneficiato se fossero stati in funzione durante il periodo di assenza.
La norma in esame intende dare corretta attuazione alla citata disposizione comunitaria, adeguando il dettato dell'articolo 56, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, con la previsione che le lavoratrici, al rientro dal congedo di maternità, abbiano diritto di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro, previsti dai contratti collettivi ovvero in via legislativa o regolamentare, che sarebbero loro spettati durante l'assenza.
L'estensione di questa novella ai casi di congedo di paternità e ai casi di adozione e affidamento non richiede ulteriori interventi, stanti i rinvii contenuti rispettivamente ai commi 2 e 4 del medesimo articolo 56.
Si precisa che l'esclusione dall'ambito di operatività della norma dei miglioramenti che presuppongono un'effettiva prestazione lavorativa da parte dell'interessata ha lo scopo di evitare discriminazioni in danno delle lavoratrici che siano rimaste in servizio e che abbiano conseguito quei miglioramenti sulla base di una prestazione lavorativa effettiva.
Dalla norma non risultano discendere nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, in quanto fissa una norma di principio la cui attuazione è demandata alla fonte contrattuale, legislativa o regolamentare.
Articolo 10. La disposizione contenuta nel comma 1, sebbene ricognitiva di obblighi già esistenti per l'ordinamento italiano e quindi per le pubbliche amministrazioni (stante l'efficacia diretta delle disposizioni contenute nel Trattato CE e nel regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968), consente ai cittadini comunitari l'effettivo riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, delle esperienze professionali e delle anzianità acquisite nell'ambito dei Paesi e degli organismi dell'Unione europea.
Per talune categorie di personale pubblico il riconoscimento dei servizi prestati all'estero ha riflesso sul relativo trattamento economico, determinando così effetti finanziari a carico delle rispettive amministrazioni.
Per la quantificazione di tali effetti sono state individuate le categorie di personale potenzialmente interessate nei settori della scuola, del Servizio sanitario nazionale (SSN) e dell'università. Sulla base dei dati forniti dalla scuola e dal SSN è stata effettuata una stima di massima degli effetti finanziari in riferimento ai singoli settori.
Per il comparto della scuola, ai fini della quantificazione della maggiore spesa derivante dall'attuazione della suddetta norma, si è ipotizzato, sulla base del numero del personale già di ruolo, nonché di quello iscritto nelle graduatorie permanenti per le immissioni in ruolo, che il numero complessivo dei potenziali aventi diritto al riconoscimento dei benefìci in questione sia pari a circa 4.000 unità e che mediamente i periodi di servizio da riconoscere siano di circa 4 anni.
È stato considerato per il personale a tempo determinato il trattamento economico iniziale del docente di scuola secondaria di primo grado e, per il personale di ruolo, il trattamento economico corrispondente al docente di scuola secondaria di primo grado con anzianità media di 15-20 anni, sulla base dei tabellari del CCNL 2006-2009, biennio economico 2006-07.
Le unità di personale interessato risulterebbero così distribuite:
anno 2008 n. 2.500 unità (di cui n.1.800 già di ruolo);
anno 2009 n. 3.250 unità (2.500+750);
anno 2010 n. 4.000 unità (3.250+750).
Ciò premesso, ne consegue che per il comparto scuola la spesa stimata in ragione d'anno risulta la seguente:
COMPARTO DELLA SCUOLA | ||||
Unità | a.s. 2008/2009 | a.s. 2009/2010 | a.s. 2010/2011 | |
2.500 | 2.500 | 2.500 | ||
750 | 750 | |||
750 | ||||
2.500 | 3.250 | 4.000 | ||
a.s. 2008/2009 | a.s. 2009/2010 | a.s. 2010/2011 | ||
Spesa
per anno scolastico | €6.043.000 | €6.043.000 | €6.043.000 | |
€623.000 | €623.000 | |||
€623.000 | ||||
€6.043.000 | €6.666.000 | €7.289.000 |
Spesa
per anno finanziario | 2008 | 2009 | 2010 | 2011 |
€2.014.333 | €6.043.000 | €6.043.000 | €6.043.000 | |
€207.667 | €623.000 | €623.000 | ||
€207.667 | €623.000 | |||
€2.014.333 | €6.250.667 | €6.873.667 | €7.289.000 |
Per il comparto del SSN, sulla base delle vigenti disposizioni contrattuali, è potenzialmente destinatario di trattamenti collegati all'anzianità maturata solo il personale dirigente.
Per quanto riguarda le unità potenzialmente interessate, in assenza di dati a livello nazionale, sono stati presi a riferimento quelli della regione Emilia-Romagna dai quali si evince che il personale dirigente interessato è esclusivamente quello medico, sia per quanto riguarda i dipendenti del servizio sanitario regionale provenienti da altri Paesi comunitari, sia per quanto riguarda i riconoscimenti dei servizi prestati all'estero dai dipendenti del predetto servizio sanitario regionale. Sulla base di tali dati, che riguardano la situazione al momento attuale, si è provveduto, quindi, ad effettuare una proiezione su scala nazionale dei medici potenzialmente interessati considerando il numero complessivo del personale medico del SSN risultante dal conto annuale 2006 e ad ipotizzare un incremento, nel triennio, di 50 unità annue.
Per la quantificazione dell'onere sono stati considerati i trattamenti economici collegati all'anzianità riguardanti il predetto personale e cioè l'indennità di esclusività e la retribuzione di posizione. In particolare, sono stati presi a riferimento, in via prudenziale, come valori medi, per quanto concerne l'indennità di esclusività, il differenziale tra il valore previsto per i dirigenti medici con esperienza professionale fino a 5 anni e quello tra 5 e 15 anni; per la
COMPARTO SSN | |||
Unità | 2008 | 2009 | 2010 |
300 | 300 | 300 | |
50 | 50 | ||
50 | |||
300 | 350 | 400 |
Spesa
per anno finanziario | 2008 | 2009 | 2010 |
€4.103.400 | €4.103.400 | €4.103.400 | |
€683.900 | €683.900 | ||
€683.900 | |||
€4.103.400 | €4.787.300 | €5.471.200 |
Per l'università, le figure professionali individuate sono quelle di ricercatore confermato a tempo pieno e di docente ordinario a tempo pieno per le quali, sulla base delle disposizioni vigenti, è stato ipotizzato il riconoscimento di un'anzianità massima di 8 anni (4 classi biennali all'8 per cento) pari a 8.977 euro annui lordi per il ricercatore e a 16.337 euro annui lordi per il docente (comprensivi del rateo della tredicesima mensilità).
In assenza di dati effettivi sul numero dei destinatari, le unità di personale potenzialmente interessate sono state calcolate in via prudenziale, sulla base dei dati del conto annuale 2006, rapportando il numero totale dei ricercatori pari a 13.758 unità e dei docenti pari a 14.464 unità alla percentuale dello 0,25 per cento risultante dall'incidenza media dedotta dagli altri due comparti, incrementata ipoteticamente, nel triennio, di 11 unità annue.
UNIVERSITÀ | |||
Unità | 2008 | 2009 | 2010 |
71 | 71 | 71 | |
11 | 11 | ||
11 | |||
71 | 82 | 93 |
Spesa
per anno finanziario | 2008 | 2009 | 2010 |
€905.179 | €905.179 | €905.179 | |
€140.239 | €140.239 | ||
€140.239 | |||
€905.179 | €1.045.418 | €1.185.657 |
Si riporta nello schema seguente il riepilogo della spesa stimata per i comparti considerati:
Comparto | A.F. 2008 | A.F. 2009 | A.F. 2010 | A.F. 2011 |
Scuola | €2.014.333 | €6.250.667 | €6.873.667 | €7.289.000 |
SSN | €4.103.400 | €4.787.300 | €5.471.200 | €5.471.200 |
Università | €905.179 | €1.045.418 | €1.185.657 | €1.185.657 |
Spesa TOTALE | €7.022.912 | €12.083.385 | €13.530.524 | €13.945.857 |
Gli effetti finanziari stimati sono, quindi, pari ad euro 7.022.912 per l'anno 2008, ad euro 12.083.385 per l'anno 2009, ad euro 13.530.524 per l'anno 2010 e ad euro 13.945.857 a regime dall'anno 2011.
1. L'articolo 6 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 153, è sostituito dal seguente:
«Art. 6. - (Tutela di esemplari di specie ittiche al di sotto della taglia minima). - 1. Sono vietati lo sbarco, il trasbordo, il trasporto e la commercializzazione di esemplari di specie ittiche al di sotto della taglia minima prevista dai regolamenti comunitari e dalle norme nazionali applicabili.
2. Non è sanzionabile la cattura accidentale o accessoria degli esemplari di cui al comma 1, realizzata con attrezzi conformi alle norme comunitarie e nazionali, autorizzati dalla licenza di pesca. Gli esemplari di dimensioni inferiori alla taglia minima eventualmente catturati devono essere rigettati in mare.
3. La commercializzazione e la somministrazione di esemplari di specie ittiche di cui al comma 1 ovvero di specie di cui è vietata la cattura sono sanzionate con la sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni».
2. All'articolo 11 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«2-bis. L'imprenditore ittico che viola le disposizioni di cui al comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 1.500 euro».
1. All'articolo 15, comma 1, lettera b), della legge 14 luglio 1965, n. 963, e successive
«Art. 26. - (Sanzioni amministrative). - 1. Chiunque contravvenga ai divieti posti dall'articolo 15, comma 1, lettere a) e b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 6.000 euro.
2. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 3.000 euro chiunque eserciti la pesca marittima senza la preventiva iscrizione nel registro dei pescatori marittimi.
3. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 3.000 euro chiunque violi le norme del regolamento per l'esercizio della pesca sportiva e subacquea.
4. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 6.000 euro chiunque venda o commerci i prodotti della pesca esercitata a scopo ricreativo o sportivo.
5. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro chiunque ceda un fucile subacqueo o altro attrezzo simile a persona minore degli anni sedici; alla stessa sanzione soggiace chi affidi un fucile subacqueo o altro attrezzo similare a persona minore degli anni sedici, qualora questa ne faccia uso.
6. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 6.000 euro, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non consenta o impedisca l'ispezione da parte degli addetti alla vigilanza sulla pesca, prevista dall'articolo 23.
7. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 12.000 euro il comandante di una unità da pesca che navighi con l'apparecchiatura blue box, di cui al regolamento (CE) n. 2244/2003 della Commissione, del 18 dicembre 2003, manomessa o alterata. Alla medesima sanzione è soggetto chiunque ponga in essere atti diretti alla modifica o all'interruzione del segnale trasmesso dal sistema VMS o violi le norme che ne disciplinano
3. All'articolo 27, comma 1, lettera b), della legge 14 luglio 1965, n. 963, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli attrezzi confiscati non consentiti, non autorizzati o non conformi alla normativa vigente sono distrutti e le spese relative alla custodia e alla demolizione sono poste a carico del contravventore».
4. Al comma 1 dell'articolo 27 della legge 14 luglio 1965, n. 963, e successive modificazioni, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«c-bis) la sospensione della licenza di pesca, in caso di reiterazione della violazione, per un periodo non superiore a trenta giorni».
1. All'articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«Per le attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi non si applica il quarto comma e la licenza del questore abilita allo svolgimento delle attività di recupero senza limiti territoriali, osservate le prescrizioni di legge o di regolamento e quelle disposte dall'autorità.
Per le stesse attività di cui al quinto comma del presente articolo, l'onere di affissione previsto dall'articolo 120 può essere assolto mediante l'esibizione o la comunicazione al committente della licenza
1. Al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, comma 3, le parole: «umiliante e offensivo» sono sostituite dalle seguenti: «umiliante od offensivo»;
b) all'articolo 4, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, in quanto compatibili»;
c) all'articolo 4, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Quando il ricorrente deduce in giudizio elementi di fatto, dai quali si può presumere che vi sia stata discriminazione diretta o indiretta, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. In caso di discriminazione indiretta, gli elementi di fatto possono essere desunti anche da dati di carattere statistico»;
d) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:
«Art. 4-bis. - (Protezione delle vittime). - 1. La tutela giurisdizionale di cui all'articolo 4 si applica altresì nei casi di comportamenti, trattamenti o altre conseguenze pregiudizievoli posti in essere nei confronti della persona lesa da una discriminazione diretta o indiretta, o di qualunque altra persona, quale reazione ad una qualsiasi attività diretta ad ottenere la parità di trattamento»;
e) all'articolo 5, commi 1 e 3, dopo le parole: «dell'articolo 4» sono inserite le seguenti: «e dell'articolo 4-bis».
1. Al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, comma 2, le parole: «di cui all'articolo 5, commi 1 e 3,» sono sostituite dalle seguenti: «all'articolo 5, commi 1, 3 e 15,»;
b) all'articolo 5, comma 3, dopo le parole: «di cui al comma 2,» sono inserite le seguenti: «e, ove sia tecnicamente fattibile, i pezzi usati allo stato di rifiuto, derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelli per cui è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta,»;
c) all'articolo 5, comma 15, le parole: «ad un operatore autorizzato alla raccolta di cui all'articolo 3, comma 1, lettera u)» sono sostituite dalle seguenti: «ad un centro di raccolta di cui al comma 3»;
d) all'articolo 10, comma 1, le parole: «concordate con i gestori degli impianti» sono sostituite dalle seguenti: «richieste dai gestori degli impianti».
1. Dopo il comma 4 dell'articolo 17 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, sono inseriti i seguenti:
«4-bis. Il provvedimento con cui l'autorità competente approva i piani di adeguamento, presentati ai sensi del comma 3, per le discariche di rifiuti pericolosi e per quelle autorizzate dopo la data del 16 luglio 2001 e fino al 27 marzo 2003 deve fissare un termine per l'ultimazione dei lavori di adeguamento, che non può essere successivo al 1o ottobre 2008.
4-ter. Nel caso in cui, per le discariche di cui al comma 1, il provvedimento di approvazione del piano di adeguamento di cui al comma 4 stabilisca un termine finale per l'ultimazione dei lavori di adeguamento successivo al 1o ottobre 2008, tale termine si intende anticipato al 1o ottobre 2008».
1. I commi 6 e 7 dell'articolo 77 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dai seguenti:
«6. Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23 dicembre 2015 per poter conseguire gradualmente gli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici, purché non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei corpi idrici stessi e a condizione che i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono stato di qualità ambientale non possano
a) i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere conseguiti per motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;
b) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;
c) le condizioni naturali non consentono il miglioramento del corpo idrico nei tempi richiesti.
6-bis. Le proroghe dei termini disposte ai sensi del comma 6 e le relative motivazioni sono espressamente indicate nel piano di gestione del bacino idrografico e nel piano di tutela di cui, rispettivamente, agli articoli 117 e 121. Le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti dei suddetti piani, fatta eccezione per i casi in cui le condizioni naturali non consentano di conseguire gli obiettivi entro detto periodo. L'elenco delle misure, la necessità delle stesse per il miglioramento progressivo entro il termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale significativo ritardo nell'attuazione delle misure stesse nonché il calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei medesimi piani. Le informazioni devono essere aggiornate in occasione del riesame dei piani.
7. Le regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle ripercussioni dell'impatto antropico rilevato ai sensi dell'articolo 118 o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:
a) la situazione ambientale e socio-economica non consenta di prevedere altre opzioni significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;
b) sussista la garanzia che:
1) per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato ecologico e
2) per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al loro stato di qualità, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;
c) per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun ulteriore deterioramento.
7-bis. Gli obiettivi ambientali meno rigorosi, stabiliti a norma del comma 7, e le relative motivazioni sono espressamente indicati nel piano di gestione del bacino idrografico e nel piano di tutela di cui, rispettivamente, agli articoli 117 e 121. Tali obiettivi sono rivisti ogni sei mesi nell'ambito della revisione di detti piani».
2. All'articolo 77 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«10-bis. Le regioni non violano le disposizioni del presente decreto nei casi in cui:
a) il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacità di impedire il deterioramento del corpo idrico superficiale e sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;
b) l'incapacità di impedire il deterioramento di un corpo idrico superficiale da uno stato elevato ad un buono stato è dovuta a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,
purché sussistano le seguenti condizioni:
1) sia stata avviata l'esecuzione delle misure possibili per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
2) siano indicate puntualmente e illustrate nei piani di cui agli articoli 117 e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni;
3) le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni siano di prioritario interesse pubblico e i vantaggi per l'ambiente e per la società, risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 2, siano inferiori rispetto ai vantaggi per la salute umana, per il mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo sostenibile, derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni;
4) per motivi di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, non sia possibile conseguire i vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico con altri mezzi che garantiscano soluzioni ambientali migliori».
1. Al punto 9, lettere a) e b), dell'elenco A dell'allegato III alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto» sono soppresse.
1. Alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 2 dell'articolo 1 è inserito il seguente:
«2-bis. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano si
b) all'articolo 1 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«7-bis. Il Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri interessati, trasmette alla Commissione europea tutte le informazioni a questa utili al fine di coordinare le ricerche e i lavori riguardanti la protezione, la gestione e l'utilizzazione della fauna selvatica, nonché quelle sull'applicazione della presente legge»;
c) il primo periodo del comma 2 dell'articolo 18 è sostituito dal seguente: «I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali, anche al fine di garantire la tutela delle specie nel periodo di nidificazione e durante le fasi di riproduzione e di dipendenza e, nei confronti delle specie migratrici, durante il periodo di riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione»;
d) al comma 3 dell'articolo 20 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e previa consultazione della Commissione europea»;
e) alla lettera o) del comma 1 dell'articolo 21 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «distruggere o danneggiare deliberatamente nidi e uova, nonché disturbare deliberatamente le specie protette di uccelli;»;
f) alla lettera bb) del comma 1 dell'articolo 21, dopo le parole: «detenere per vendere,» sono inserite le seguenti: «trasportare per vendere,».
1. Le amministrazioni pubbliche tenute al rispetto del principio della libera circolazione
1. Al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:
«Art. 4-bis. - (Protezione delle vittime). - 1. La tutela giurisdizionale di cui all'articolo 4 si applica altresì avverso ogni comportamento pregiudizievole posto in essere nei confronti della persona lesa da una discriminazione diretta o indiretta, o di qualunque altra persona, quale reazione ad una qualsiasi attività diretta ad ottenere la parità di trattamento»;
b) all'articolo 3, comma 3, primo periodo, dopo le parole: «di proporzionalità e ragionevolezza» sono inserite le parole: «e purché la finalità sia legittima»;
c) all'articolo 3, comma 3, è soppresso il secondo periodo;
d) all'articolo 3, il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Sono fatte salve le disposizioni che prevedono accertamenti di idoneità al lavoro nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3»;
e) all'articolo 3, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Purché oggettivamente e ragionevolmente giustificate da finalità legittime, quali giustificati obiettivi della politica del lavoro, del mercato del lavoro e della formazione professionale, qualora i mezzi per il conseguimento di tali finalità siano appropriati e necessari, sono fatte salve le disposizioni che prevedono trattamenti differenziati in ragione dell'età dei lavoratori e in particolare quelle che disciplinano:
a) la definizione di condizioni speciali di accesso all'occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, al fine di favorire l'inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;
b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l'accesso all'occupazione o a taluni vantaggi connessi all'occupazione;
c) la fissazione di un'età massima per l'assunzione, fondata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o sulla necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento»;
f) all'articolo 4, il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Qualora il ricorrente deduca in giudizio elementi di fatto dai quali si possa presumere che sia stato posto in essere un comportamento discriminatorio, diretto o indiretto, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione»;
g) all'articolo 5, comma 1, le parole da: «Le rappresentanze locali» fino a: «a livello nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «Le organizzazioni sindacali, le associazioni e le organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso»;
h) all'articolo 5, comma 2, le parole da: «Le rappresentanze locali» fino a: «legittimate» sono sostituite dalle seguenti: «I soggetti di cui al comma 1 sono altresì legittimati».
1. Al codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 25, comma 1, dopo le parole: «atto, patto o comportamento» sono inserite le seguenti: «, nonché l'ordine di porre in essere un atto o un comportamento,»;
b) all'articolo 38:
1) al comma 1, dopo le parole: «organizzazioni sindacali» sono inserite le seguenti: «, delle associazioni e delle organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso»;
2) al comma 6, dopo le parole: «da un'organizzazione sindacale» sono inserite le seguenti: «, da un'associazione od organizzazione rappresentativa del diritto o dell'interesse leso».
1. All'articolo 56, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro, previsti dai contratti collettivi ovvero in via legislativa o regolamentare, che sarebbero loro spettati durante l'assenza, con esclusione di quelli che presuppongono un'effettiva prestazione lavorativa da parte dell'interessata».
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 10, valutato in euro 7.023.000 per l'anno 2008, euro 12.083.000 per l'anno 2009 ed euro 13.946.000 a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo utilizzando i seguenti accantonamenti:
Accantonamenti | 2008 | 2009 | 2010 |
in migliaia di euro | |||
Ministero della giustizia | 2.273 | 5.981 | 6.488 |
Ministero degli affari esteri | 1.136 | 3.427 | 3.145 |
Ministero della pubblica istruzione | 2.014 | - | - |
Ministero per i beni e le attività culturali | 314 | 1.021 | 2.458 |
Ministero dei trasporti | 70 | 654 | 855 |
Ministero dell'università e della ricerca | 1.000 | 1.000 | 1.000 |
Ministero della solidarietà sociale | 216 | - | - |
|