COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta antimeridiana di marted́ 19 settembre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

La seduta comincia alle 9,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, sulle attività di controllo e di vigilanza in materia di conflitto di interessi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, sulle attività di controllo e di vigilanza in materia di conflitto di interessi.
Comunico ai colleghi che il presidente Catricalà ha chiesto di essere accompagnato, nella sua audizione, dal consigliere Fabio Cintioli, segretario generale, dal dottor Luigi Fiorentino, capo di Gabinetto, dai dottori Paolo Saba e Giovanni Napolitano, rispettivamente direttore e direttore aggiunto della direzione conflitto di interessi, dal dottor Roberto Sommella, direttore della direzione relazioni esterne, e dalla dottoressa Emanuela Goggiamani responsabile dell'ufficio stampa dell'Autorità. È possibile che l'Autorità audita venga accompagnata dai suoi più stretti collaboratori, che, nel caso di specie, hanno diretta competenza tecnica sulla materia in esame: ne autorizziamo, quindi, la presenza in Commissione
Ricordo che l'audizione del presidente Catricalà viene svolta in relazione all'attività della Commissione sulla riforma della legge sul conflitto di interessi. L'Autorità ha presentato la propria relazione semestrale, di cui abbiamo fornito sintetica informazione ai colleghi nella scorsa seduta. Ritengo sia interesse della Commissione (i colleghi porranno poi le eventuali domande) avere un quadro sintetico dell'attività svolta e confrontare le soluzioni proposte, in modo da avere una visione che sia la più ampia possibile.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Onorevole presidente, ringrazio lei e i deputati della Commissione per questo invito, e per avere consentito anche ai funzionari e ai dirigenti dell'Autorità di partecipare all'audizione.
In realtà, questi mesi di applicazione della vigente legge sul conflitto di interessi hanno evidenziato come, tra due modelli possibili di conflitto, uno statico e uno dinamico, il legislatore dell'epoca abbia preferito optare per un ibrido, rappresentato da un modello in grado di impedire il pericolo del conflitto di interessi tramite una forte disciplina sulle incompatibilità e una loro preventiva individuazione, con un successivo momento di verifica di possibili conflitti di interesse reali, dinamici, colti nel momento in cui un atto avvantaggia in maniera specifica il patrimonio dell'autorità di Governo, o i suoi familiari, con danno per il pubblico interesse.
Questa scelta probabilmente non è stata felice. Infatti, da un lato, abbiamo registrato una forte attività preventiva,


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spesso anche di carattere meramente burocratico e talvolta inutile, volta alla raccolta di carte rimaste sostanzialmente inutilizzate dai passati Governi, così come probabilmente anche dall'attuale, relative alle dichiarazioni patrimoniali sia dell'autorità di Governo sia dei suoi parenti più stretti, dall'altro abbiamo constatato un'attività poco efficace sull'effettivo verificarsi di casi che potessero in astratto costituire atti di conflitto di interesse. Quando si pensa, infatti, ad un conflitto di interessi verificatosi nel momento del compimento di un atto attribuibile ad una autorità di Governo - atto che deve avere un'incidenza specifica e preferenziale, ovvero avvantaggiare una azienda rispetto alle altre del mercato, e da cui deriva un danno per l'interesse pubblico - ci troviamo dinanzi a una condotta, un evento e un evento indiretto che devono essere del tutto provati. La prova di questi tre fattori costituenti l'illecito è estremamente difficile; soprattutto, prima che venga verificato il conflitto di interessi, il quale, in fondo, in tutte le legislazioni rappresenta solo uno dei pericoli, si sarebbero già verificati ben altri illeciti, specialmente di carattere penale. È per questo che l'attività dell'Autorità ha registrato con successo un folto numero di procedimenti per quanto attiene alle questioni di incompatibilità, e una grande collaborazione, anche da parte dell'autorità di Governo, ottenendo così dimissioni da alcuni incarichi o attività professionali, limitazioni, autosospensioni, ovvero tutto quello che l'Autorità ha richiesto sia tramite atti ufficiali sia in sede di moral suasion.
Per quanto concerne l'attività di accertamento del conflitto di interessi, però, non siamo riusciti ad accertarne nessuno, probabilmente perché nessuno, per la legge, era individuabile come tale, né riteniamo di avere interpretato in bonam partem le norme scritte. Una delle deficienze riscontrate consiste nella necessità che a compiere l'atto sia l'autorità di Governo, e la conseguente impossibilità di aprire una istruttoria quando l'atto che avvantaggia il patrimonio di un ministro venga compiuto da un altro ministro. D'altra parte, con la vigente separazione fra politica e amministrazione nei nostri pubblici apparati, ci troviamo spesso alla ricerca di atti difficilmente attribuibili al potere politico, in quanto atti dell'amministrazione. Se ipotizziamo che venga concesso un contributo all'azienda di un ministro o di un sottosegretario, la firma di quel contributo, sebbene rechi una specifica incidenza preferenziale e un eventuale danno per l'interesse pubblico, non rappresenterebbe, oggi, un atto perseguibile, in quanto non compiuto da una autorità di Governo, bensì da un dirigente nel corso della sua normale attività amministrativa. Anche questo, probabilmente, dovrebbe essere oggetto di una riflessione legislativa.
Per quanto riguarda le incompatibilità, abbiamo già segnalato nelle nostre relazioni che il regime può essere in qualche modo migliorato, ma certamente stride con la logica che importanti incarichi amministrativi - quali quelli di sindaco o assessore presso comuni e grandi città - possano essere condivisi con quelli di ministro o sottosegretario, in seguito al principio in base al quale le autorità di Governo devono dedicarsi esclusivamente al governo della cosa pubblica, relativamente all'incarico ricevuto.
Abbiamo inoltre nutrito qualche incertezza per quanto concerne le dichiarazioni che vengono richieste ai parenti, ritenendo, altresì, opportuno segnalare alla procura della Repubblica, nei passati Governi, l'inadempimento, da parte sia dei parenti delle autorità di Governo, sia delle autorità stesse che avevano tardato nel depositare le loro comunicazioni. Abbiamo anche scritto alla procura della Repubblica esprimendo le nostre perplessità circa l'applicabilità di norme sanzionatorie penali a questo proposito, e la procura della Repubblica ha effettivamente archiviato la denuncia, condividendo le nostre perplessità. Ciò significa che non c'è alcuna sanzione per il ritardo nell'adempimento da parte dell'autorità di Governo, e non c'è nessuna sanzione per l'inadempimento completo da parte dei parenti più


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stretti delle autorità di Governo medesime che omettano di lasciare le loro dichiarazioni patrimoniali.
Questa ultima circostanza, d'altra parte, può anche essere attribuibile alla difficoltà di concepire una sanzione a carico di un soggetto estraneo ai rapporti intercorrenti tra autorità di Governo, Stato, Parlamento.
Per quanto riguarda, inoltre, le sanzioni conseguenti le violazioni dei principi contenuti nella legge sul conflitto di interessi, abbiamo notato che spesso esse non esistono, e sono quindi sanzioni meramente politiche, che l'Autorità richiede, dichiarando che un incarico è rivestito con una sorta di conflitto di interessi, o che un atto è stato compiuto in base ad esso, segnalandolo al Parlamento e limitando l'ambito della questione in sede politica.
Qualora, invece, si avvantaggi un'azienda, la quale abbia operato per ottenere il vantaggio, la legge prevede una sanzione. Questa sanzione, però, può essere inflitta solo a seguito dell'inadempimento ad una diffida che l'Autorità deve fare all'azienda, mirata alla cessazione delle attività lucrative conseguenti all'atto del conflitto di interessi. Questa sanzione non può comunque essere superiore al reale guadagno economico ottenuto nell'approfittarsi della situazione di conflitto.
Per quanto riguarda la legge vigente, un'altra nostra segnalazione riguarda la pubblicità degli atti, che, in realtà, non sono pubblici. Se viene fatta una relazione al Parlamento, in essa l'Autorità cerca di essere il più dettagliata possibile, rispettando però, ovviamente, tutte le norme che impongono alcune cautele, soprattutto aziendali ma anche di riservatezza, che impediscono di rendere pubblici tutti gli atti del procedimento: servirebbe dunque una norma volta a consentirne la pubblicità.
Questo vale per la legge vigente. Sulla proposta di legge Franceschini, l'Autorità avrebbe qualche osservazione da formulare. Certamente, questo testo è più preciso per quanto concerne il regime di incompatibilità, che riguarda anche gli arbitrati, la professione e le consulenze: si sa quello che è consentito e quello che è vietato, ed è molto preciso anche nelle cariche sociali ritenute incompatibili con l'attività di governo, quali amministratore, sindaco, presidente. Abbiamo dunque un'indicazione specifica e questo è molto positivo.
Peraltro, l'impressione è che questa legge abbia alcuni difetti. Prima di tutto, dalla lettura ci sembra che le attività patrimoniali dei parenti non siano in grado di provare assolutamente nulla ai fini della legge, a meno che non si provi che tali attività siano poste in essere per interposta persona. Verificare questa interposizione fittizia di persona, tuttavia, diventa pressoché impossibile per una autorità centrale, che dovrebbe disporre di strumenti probatori, documentali e testimoniali, laddove, in genere, le interposizioni fittizie di persona non si riescono a provare neppure davanti ai giudici di pace.
Esiste poi un altro aspetto che ha lasciato dubbiosi gli uffici, nel momento in cui hanno studiato questo testo. Esso riguarda il caso in cui si debba procedere alla decadenza della concessione (articolo 11, comma 1, del testo della proposta di legge), per cui - come è giusto - è il titolare stesso della carica di governo a decadere dalla stessa. Qualora però la concessione fosse intestata ad una società, non esisterebbe alcuna soluzione normativa relativa ad una problematica di questo tipo. Tale aspetto non viene affrontato: non si dice né che sia grave né che non lo sia, ma non esiste una norma specifica da applicare direttamente.
Si rileva poi una grave lacuna nel mancato accenno all'incompatibilità post carica, che, al limite, potrebbe essere anche limitata solo a sei mesi, sebbene l'attuale limitazione ad un anno non mi sembra creare gravi problemi.
Segnalo anche che devono essere messi a punto tutti i termini procedimentali indicati nella proposta legislativa. A tal proposito, potrà essere consultato in dettaglio il documento da me depositato presso gli uffici della Commissione: in esso sono contenute tutte le mie osservazioni sul testo normativo, incluse le considerazioni


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sui termini (sempre di 30 giorni), in modo tale che siano meglio comprese le valutazioni attorno a queste technicalities.
Per quanto riguarda le scelte politiche di fondo della legge, il blind trust e la vendita, naturalmente non possiamo esprimere un giudizio perché la nostra è un'autorità tecnica. Vorrei sottolineare, però, che abbiamo lavorato in questo periodo - ringrazio dunque il presidente Violante, che nella relazione iniziale ha voluto dare atto di questo nostro impegno quotidiano - e il lavoro ha prodotto proficuamente tutto quello che la legge consentiva di produrre. Esiste un ufficio funzionante, testato, ormai attrezzato ad accogliere con sistemi informatici tutte le dichiarazioni patrimoniali, già collegato con il CERVED, quindi un'organizzazione della quale la nuova legge, qualora il Parlamento lo ritenesse opportuno, potrebbe avvalersi. In ogni caso, ove si preferisse costituire all'uopo una nuova e diversa autorità, bisognerebbe almeno concederle gli stessi poteri che attualmente ha questa Autorità, compresa la possibilità di esigere informazioni anche dai privati e non solo dagli enti pubblici, come mi sembra risulti dal testo Franceschini.
Rimango, infine, a disposizione del presidente Violante e dei signori commissari, per rispondere ad ogni loro eventuale quesito, avvalendomi del supporto dei miei collaboratori, pronti ad intervenire su tutte le questioni tecniche relative al passato, corredate, se del caso, delle opportune cifre di riferimento.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi che intendano intervenire, vorrei chiederle da quante persone è composto l'ufficio specializzato.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. È presente il nostro dirigente, che può fornire tutte le indicazioni necessarie.

PAOLO SABA, Direttore della direzione conflitto di interessi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. L'ufficio specializzato è composto da sei dipendenti della carriera direttiva e due operativi per la segreteria.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Più due dirigenti...

PAOLO SABA, Direttore della direzione conflitto di interessi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Incluso il direttore, cioè chi vi parla.

PRESIDENTE. Dunque, sei più due?

PAOLO SABA, Direttore della direzione conflitto di interessi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Sei funzionari, due dirigenti e due operativi.

PRESIDENTE. La ringrazio. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

GIANCLAUDIO BRESSA. Intanto, nel ringraziare il presidente per la relazione che ha svolto, vorrei segnalare la puntualità delle sue osservazioni. Cercherò di formulare una domanda per consentire di fornire una risposta di tipo non politico, ma tecnico, giacché, come lei ha giustamente ricordato, non è corretto che lei entri nel merito delle scelte politiche.
Poiché nell'ipotesi della proposta di legge Franceschini si configura un'autorità diversa e nuova - al di là delle sue osservazioni relativamente al fatto che essa dovrebbe avere gli stessi poteri dell'Antitrust -, lei ritiene che il meccanismo della legge Frattini, ossia il combinato disposto degli interventi delle due attuali Autorità (comunicazioni e antitrust), possa essere funzionale e possa, in qualche modo, surrogare le funzioni di questa nuova autorità? Oppure ritiene che quest'ultima -, sempre da un punto di vista operativo e tecnico -, possa risultare più puntuale, più precisa e più funzionale?

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. La ringrazio della domanda, onorevole


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Bressa. A dire il vero, non volevo entrare troppo nel merito di questa scelta, non intendendo fare difese di confine o di attribuzioni.
Per fare funzionare un'autorità non bastano trenta persone. Le sei persone - più i due dirigenti e i due operativi - che controllano oggi l'ufficio che si occupa del conflitto di interessi si avvalgono di un ufficio di coordinamento, dell'ausilio di un vicesegretario generale, della competenza di un segretario generale, che è anche un consigliere di Stato, dell'aiuto - per le questioni più rilevanti - di un gabinetto (che ha anche un ufficio studi), di un ufficio studi che dipende dal segretario generale, di un ufficio che si occupa solo degli aspetti giuridici e delle valutazioni di ordine tecnico che derivano dalle varie riunioni che si tengono prima della decisione dell'Autorità. In totale, siamo circa 200 persone.
Naturalmente, abbiamo potuto soddisfare queste esigenze perché esisteva già una struttura. È chiaro che, una volta che c'è già una struttura, si fanno economie di gestione. Diventa probabilmente più difficile immaginare che un'autorità di trenta persone, per come mi sembra oggi strutturata, possa nel breve periodo cominciare a funzionare a regime e assicurare il lavoro che noi oggi stiamo facendo.
D'altra parte, quale risultato hanno prodotto tutti i sistemi, provati in altri casi, di avvalimento di un altro istituto? Nella legge è scritto «si avvale dell'Autorità», ma cosa significa l'espressione «si avvale»? Le persone che lavorano presso l'Autorità e che oggi si occupano di conflitto di interessi non vorranno lavorare per un'altra autorità; preferiranno, semmai, essere colà trasferite. Comunque, non sarà un'operazione semplice. Lo dico pensando alla mia esperienza amministrativa: ogni volta che fra Autorità e Ministero c'è stato bisogno dell'avvalimento - il caso è quello dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - si sono create numerose difficoltà, delle quali si risente ancora in alcune autorità.

PRESIDENTE. Lo ha scritto anche l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in una sua relazione.

GIANCLAUDIO BRESSA. Vorrei fare solo un'ulteriore brevissima richiesta. Nell'attuale livello di collaborazione fra voi e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, lei ritiene che il testo della legge Frattini possa essere modificato, al fine di garantire una funzione prevalente di una delle due Autorità sull'altra? La legge, così com'è stata definita, garantisce questo tipo di funzionalità o sarebbe più opportuno cercare di trovare un assestamento, per consentire una migliore funzionalità della vostra attività?

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Anche questa è una giusta domanda. Personalmente, modificherei solo un punto: la possibilità di «violare» il segreto di ufficio, ossia di escludere il segreto di ufficio tra noi e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Questo consentirebbe a noi, che abbiamo la maggior parte delle informazioni e il maggior numero di documenti, di poterli estendere all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Ciò faciliterebbe indubbiamente i rapporti e, ne sono sicuro, aiuterebbe i colleghi dell'altra Autorità a lavorare meglio.

ANGELO PIAZZA. Anch'io vorrei ringraziare il presidente Catricalà per la sua relazione e le sue osservazioni molto puntuali, che saranno oggetto di riflessione. Intendo, altresì, associarmi alle positive valutazioni svolte dal presidente Violante sull'attività che l'Autorità ha svolto in questi anni, pure in presenza di una legge che, come il presidente Catricalà ha rilevato, presenta gravi carenze.
Vorrei un chiarimento, presidente Catricalà, su un punto della sua relazione. Mi pare che lei abbia rilevato come, nell'ipotesi di concessione e di sua decadenza, l'Autorità opererebbe soltanto quando titolare della concessione stessa fosse il soggetto che riveste l'incarico di Governo.


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A me pare, per la verità, che il testo - laddove richiama l'ipotesi in cui i titolari di cariche governative detengano partecipazioni a rilevanza nella società titolare della concessione - comporti un meccanismo volto a collegare comunque la concessione e la sua decadenza alla carica di Governo, attraverso lo strumento della partecipazione.
Poiché mi sembra che il presidente abbia espresso, dal punto di vista tecnico, una diversa opinione, cui vorrei un chiarimento sul punto.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ovviamente, tutte le interpretazioni sono legittime, in questa fase, perché non è stato effettuato un test sulla norma. Tuttavia, se fosse vera questa interpretazione, si arriverebbe alla contraddizione che anche una partecipazione di minoranza, poiché rilevante, darebbe luogo ad una sanzione. Una sanzione che, effettivamente, non merita l'azienda che non è condotta, nelle proprie scelte industriali, gestionali e commerciali, dall'autorità di Governo. Ecco perché, probabilmente, la norma significa che la decadenza della concessione interviene quando la concessione stessa è intestata al soggetto che è il titolare della carica di Governo. Diversamente, un altro soggetto pagherebbe per l'illecito o per il conflitto di interesse causato da un'autorità di Governo distinta.
Questa, a mio avviso, è la preoccupazione. La si potrebbe superare affermando che solo se c'è il controllo, e l'autorità di Governo controlla la società, quest'ultima si espone al rischio della revoca della concessione. Questo, tuttavia, dovrebbe essere messo per iscritto.

ROBERTO ZACCARIA. Presidente Catricalà, lei è stato molto elegante nel momento in cui ha detto che, delle due attività previste dalla legge Frattini, quella che riguarda le situazioni di incompatibilità, quindi gli interventi preventivi, è un'attività praticamente inutile. O meglio, io ho segnato il termine «inutile», ma forse lei non l'ha pronunciato.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. In alcuni casi è inutile...

ROBERTO ZACCARIA. In alcuni casi, potremmo definirla di «panna montata», per dire che si tratta di un'attività puramente descrittiva. L'attività relativa alla verifica del conflitto di interessi è, invece, «poco efficace»: così mi sembra che lei abbia detto. Quest'ultima, naturalmente, dovrebbe essere quella più interessante, sebbene il riscontro delle tre condizioni - attività specifica, preferenziale e danno per l'interesse pubblico - costituisca una sorta di prova «diabolica» che rende la legge sostanzialmente ingestibile. Così, se la prima attività è inutile, la seconda è difficilissima da svolgere, essendo la sussistenza del conflitto quasi impossibile da dimostrare.
A me non interessano tanto le osservazioni sulla proposta Franceschini: pur costituendo l'argomento del quale ci dovremmo occupare, come è stato dichiarato, essa fornisce solo una prima base di discussione, che, naturalmente, non potrà non tener conto delle importanti osservazioni svolte dal presidente Violante nella sua relazione introduttiva, contenente alcuni importanti spunti di approfondimento. Mi preme assai di più, invece, ottenere qualche elemento concreto derivante dalla vostra esperienza. È vero che la legge Frattini è stata approvata dopo la legge Gasparri: non credo di sbagliare se dico che si è aspettato che fosse approvata definitivamente la legge Gasparri, nel 2004, e subito dopo è stata approvata la legge Frattini.

PRESIDENTE. Ho l'impressione che ci fu una correzione, nella legge Gasparri, attraverso un decreto-legge...

ROBERTO ZACCARIA. Sono abbastanza sicuro che la legge Frattini è stata come un fiume carsico, in stand by per un certo periodo, in attesa che fosse approvata la legge Gasparri, che avrebbe potuto dare luogo, effettivamente, a situazioni particolari.


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La legge Gasparri, certamente, ha portato - forse casualmente - una serie di vantaggi. Il semplice fatto di aver innalzato il limite antitrust, evidentemente, ha assicurato situazioni vantaggiose all'impresa. Non si è potuto sperimentare sull'oggetto più significativo, invece, la legge Frattini, approvata successivamente. Diversamente, si sarebbe potuto verificare il vantaggio specifico, preferenziale, il danno per l'interesse pubblico, insomma, sarebbe stata una verifica interessante. Personalmente, avrei delle domande in proposito, ma non posso formularle proprio perché la legge Frattini è stata approvata in una fase successiva.
Porrò alcuni quesiti, ora, su alcuni elementi statistici. Ho dato un'occhiata - a dire il vero un po' frettolosa, vi chiedo scusa - alle relazioni che voi avete inviato al Parlamento. Sarebbe interessante - ad esempio per quanto riguarda l'attività da lei definita «poco efficace», con riferimento alle imprese - conoscere i numeri di riferimento. Vorrei comprendere, inoltre, cosa sia accaduto sulla vicenda dei decoder. I miei colleghi sono bene informati e ricordano tutto, io, invece, non rammento i particolari. Nel caso dei decoder hanno influito l'approvazione della legge finanziaria, il problema della fiducia e una serie di vicende. È chiaro che, anche in questo caso, il discorso va a cozzare contro la questione della «prova diabolica», del danno all'erario e, ancora peggio, della sanzione. Anche a tal proposito, lei è stato molto garbato, allorché ha affermato che le sanzioni per i politici non esistono (o meglio ne esistono di politiche, le quali, però, sono rimesse al sistema politico stesso e alle sue maggioranze); per quanto riguarda le imprese, invece, c'è una diffida, ma la sanzione non può essere superiore al danno che è stato causato.

PRESIDENTE. Al vantaggio che ha acquisito...

ROBERTO ZACCARIA. Sì, esatto. Comunque, è evidente che la tentazione di provarci esiste. Così avviene, del resto, nel caso della contravvenzione stradale: l'automobilista ci prova perché, al massimo, se lo beccano pagherà la contravvenzione.
Mi interesserebbe, dunque, conoscere maggiori elementi statistici e sapere quali problemi ha messo in luce la vicenda dei decoder.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Vorrei prima chiarire che tutta l'attività....

ROBERTO ZACCARIA. Probabilmente ho forzato i suoi giudizi...

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. L'attività di raccolta dei dati non è stata inutile. Noi abbiamo raccolto soprattutto le dichiarazioni sulle incompatibilità: si è trattato di un'attività molto utile, che ci ha portato a conseguire grandi risultati, nel senso che nessuna incompatibilità da noi rilevata si è poi effettivamente concretizzata. Infatti, abbiamo ottenuto immediatamente, senza contenzioso - salvo un caso, nel quale ci siamo rivolti al TAR, e in quella sede abbiamo vinto -, le dimissioni spontanee dall'incarico.
Ciò che ritengo eccessivo, come compito burocratico e come adempimento imposto ai terzi, è obbligare i parenti a dichiarazioni patrimoniali documentate, come devono essere. Stiamo parlando di obblighi che gravano non solo sul coniuge, ma anche sui figli e, addirittura, sui fratelli ed i nipoti del soggetto che deve rendere la dichiarazione. Francamente, dal livello molto alto di inadempimenti rilevato finora, possiamo dedurre che, tutto sommato, non si tratta di un'attività facile e, peraltro, alla fine non si rivela tanto utile. Poiché abbiamo a che fare con persone che si candidano a governare il paese, si potrebbe anche lasciare alla loro responsabile discrezionalità dichiarare quali delle attività dei parenti possono essere sensibili.
Per quanto riguarda i decoder, effettivamente, in un primo momento l'Autorità aveva archiviato la denuncia ricevuta, sulla base del fatto che, nel momento in cui era


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stato approvato l'emendamento, non era presente, nella sala del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio, al quale si attribuiva l'atto. Dopo questa nostra archiviazione, abbiamo ricevuto una seconda denuncia, da parte dell'onorevole Violante, nonché di tutti i capigruppo dell'allora opposizione, i quali affermavano che, probabilmente, all'epoca non era stata posta correttamente la questione di fiducia. Lo dimostra il fatto che il Presidente della Camera interruppe la riunione dell'Assemblea pretendendo che si tenesse una riunione ad hoc del Consiglio dei ministri, appunto perché la questione di fiducia non era stata posta a seguito di una vera e propria riunione del Consiglio stesso.

PRESIDENTE. In realtà, il Governo aveva posto la fiducia sul provvedimento, ma la questione dei decoder era stata inserita al Senato. In altre parole, la previsione sui decoder non faceva originariamente parte del testo sul quale la fiducia sarebbe stata richiesta.. La questione di fiducia fu posta successivamente...

ROBERTO ZACCARIA. Se fossimo in un sistema anglosassone, queste sofisticate distinzioni...

PRESIDENTE. Ma non lo siamo...

ROBERTO ZACCARIA. Ad ogni modo, è importante capire se stiamo valutando un conflitto di interessi effettivo. Il fatto che il Presidente del Consiglio non fosse presente nel momento della delibera, certamente pone altre questioni. Intendo dire che gli altri soggetti erano consapevoli di procurare un vantaggio ad un loro collega. È una vicenda curiosa, che trova una risposta formale ma che sostanzialmente resta difficile da risolvere.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Proprio questo disse l'Autorità che, riunitasi a seguito della seconda denuncia e verificato che c'era stata una delibera del Consiglio dei ministri, sia pure in assenza del Presidente - la seduta era stata presieduta dal vicepresidente -, ritenne che un atto importante come la fiducia dovesse essere in ogni caso riportato alla persona del Presidente stesso.
Se, oggi, fosse applicato il principio che suggerisco, ossia che nessun collega possa avvantaggiare un altro, avremmo già aperto la procedura (e ne avremmo aperto anche qualche altra, nel corso della legislatura passata). Che cosa ha indotto, peraltro, l'Autorità a non procedere? A dire il vero, abbiamo proceduto, dal momento che abbiamo svolto l'istruttoria. Insomma, all'«assoluzione» del Presidente del Consiglio hanno condotto due circostanze. In primo luogo, abbiamo verificato che mancava l'incidenza preferenziale sull'azienda di proprietà del fratello del Presidente, poiché l'azienda stessa produceva appena il 4 per cento del mercato nazionale. Mancava, inoltre, il danno per l'interesse pubblico, che era stato definito dall'Autorità - ancor prima della mia venuta, ma coerentemente con le proprie inclinazioni - come un danno che si arreca se c'è una gravissima violazione dei principi ordinamentali oppure se c'è una violazione dei principi sulla parità di concorrenza. In realtà, questo non accadeva perché il contributo era limitato ad una sola regione. Inoltre, esso si andava a spalmare su una serie di imprese, di cui era veramente minima la partecipazione. Ecco che cosa ha condotto all'assoluzione: la circostanza che non ci fosse l'incidenza preferenziale né il danno per l'interesse pubblico.
D'altra parte, era recente una sentenza della Corte costituzionale che, in tema di aiuti di Stato, affermava l'esistenza di un interesse pubblico nel lancio del digitale terrestre.

ROBERTO COTA. Presidente Catricalà, intervengo per soddisfare una piccola curiosità. Lei ha affermato che per l'Autorità lavorano complessivamente circa 200 persone. Non vorrei sbagliarmi - la memoria potrebbe tradirmi -, ma mi sembra che siano più di quelle che lavorano nell'ufficio


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brevetti, che ovviamente dovrebbe lavorare al servizio di tutto il sistema imprenditoriale del paese.
Le chiedo se, al riguardo, può fornirci qualche dato comparatistico: negli altri paesi del mondo sono necessarie tutte queste persone, tenuto anche conto che in Italia abbiamo diverse Autorità?

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Anche l'Autorità per la concorrenza ha competenza su tutto il territorio nazionale, non solo sui mercati, ma anche sulle professioni. Per la verità, l'Autorità non ha solo una competenza in tema di concentrazioni (più di 800 casi all'anno), non solo in tema di abusi e di intese, che pure ci impegnano moltissimo, ma anche sulla pubblicità ingannevole. A quest'ultimo riguardo, esaminiamo più di 20 casi ogni settimana.
Tra le autorità italiane, quella garante della concorrenza è l'ultima per numero di organico. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sebbene abbia un campo d'azione più ridotto, ha un maggior numero di impiegati. Se non erro - potrete confermarvelo voi - l'Autorità per l'energia ha il nostro stesso numero di impiegati.
Ad ogni modo, stiamo parlando di un numero limitatissimo di persone rispetto al volume di lavoro che svolgiamo. Per il conflitto di interessi impieghiamo solamente sette, otto, nove unità, ma possiamo farlo solo perché si tratta di una struttura che lavora in questo campo già da quindici anni e, quindi, riesce a sostenere il carico di lavoro. Per la verità, non ho mai chiesto aumenti di organico per l'Autorità, e non mi piace lamentare la mancanza di risorse. So bene quali sono i problemi dell'Erario e so anche che i problemi dell'Autorità devono trovare soluzione nell'ambito delle risorse che il Parlamento ritiene di poter mettere a sua disposizione. Credo, tuttavia, che il numero degli impiegati non sia assolutamente adeguato ai risultati che produciamo.

ROBERTO COTA. Con riferimento agli altri paesi, vorrei sapere...

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Faremo avere alla Commissione anche i dati degli altri paesi, ma noi abbiamo il numero più basso di impiegati.
L'Autorità americana, ovviamente, ha una struttura ben più complessa: in totale, compreso il personale della Federal Trade Commission, credo che si tratti di oltre un migliaio di persone. Americani a parte, ci superano nel numero di impiegati gli inglesi, così come i tedeschi.
Negli altri paesi, dove tra l'altro le autorità non hanno neanche i nostri poteri, il numero degli impiegati è indubbiamente maggiore del nostro. Non so quale sia la situazione in Spagna, dove tuttavia l'Autorità ha solo poteri consultivi, quindi non assume decisioni vere e proprie. Il Governo, in quel caso, può disattenderne i pareri.

PRESIDENTE. Nel ringraziare ancora il presidente Catricalà ed i suoi collaboratori per il prezioso contributo ai lavori della Commissione, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,25.