COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 20 settembre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PINO PISICCHIO

La seduta comincia alle 15,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del ministro della giustizia, Clemente Mastella, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del ministro della giustizia, Clemente Mastella, sulle linee programmatiche del suo dicastero, iniziata il 28 giugno 2006 e continuata nelle sedute del 5 e del 13 luglio 2006.
Ringrazio il ministro, ed i sottosegretari Melchiorre e Scotti che lo accompagnano, per la loro presenza oggi in Commissione.
Proseguiamo dunque l'audizione del ministro della giustizia; ai numerosi deputati già intervenuti per porre questioni nelle scorse sedute, si aggiungono ora le nuove richieste di parola pervenute da undici colleghi. Dati i tempi stretti, sebbene, per non soffocare il dibattito, abbia sempre evitato di rivolgere alla Commissione una sollecitazione ad osservare una particolare concisione negli interventi, oggi devo condurmi diversamente. Peraltro, considerato che il ministro Mastella ha ormai assunto da tempo l'incarico, è osservabile e forse anche valutabile l'attività di governo già svolta. Vi invito, dunque, a contenere i singoli interventi in un tempo di tre o quattro minuti, adoperando il metro europeo. Vi ringrazio fin d'ora per la collaborazione.
Do quindi la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

GINO CAPOTOSTI. Desidero anzitutto salutare il ministro Mastella, gli illustri rappresentanti del Governo presenti e gli onorevoli colleghi. Sarà forse ultroneo osservare che la relazione del ministro è particolarmente ampia e ricognitiva, in quanto illustra oggettivamente tutti i punti di criticità e le tematiche scottanti che, ormai da diversi anni, si impongono nel dibattito politico sulla materia della giustizia.
Mi piace sottolineare come tale ricostruzione fatta dal ministro rispecchi anche una metodologia precisa, riportare la politica ed il metodo dialettico al centro, in modo da effettuare un'analisi oggettiva dei problemi. Un'analisi che, scevra da pregiudiziali di qualsivoglia natura, esalti - ponendola appunto al centro - la funzione del corpo legislativo (quindi, del Parlamento) e giunga così a delineare le criticità e le necessità di intervento immediato o diluito nel tempo.
Come osservava il presidente Pisicchio, un tale impegno è già evidente, dal momento che il Governo è in carica da alcuni mesi; infatti, abbiamo già attraversato diverse esperienze, da quella strettamente parlamentare - ma comunque influenzata dal Governo - dell'indulto alle questioni che riguardano le intercettazioni, ad altre iniziative.


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Quanto è opportuno sottolineare è la bontà di un metodo, quello di proposta; una proposta scevra da pregiudiziali, che diventa metodologia di programma, in modo da raggiungere il consenso più ampio possibile intorno ad una dinamica di problema e da risolvere le questioni relative teoricamente, auspicabilmente nel modo più efficace possibile. Insomma, non esaminare le questioni tanto per affrontarle, per creare il caso televisivo mediatico, ma trattarle in modo da esaurirle; si tratta di una considerazione che ritengo sia largamente condivisa dai colleghi e dalla pubblica opinione.
È molto positivo che, in tale attività, venga rispettato l'equilibrio dei poteri in modo che il ministro oggettivamente sia al centro dei poteri stabiliti dalla Costituzione e abbia quindi un rapporto equilibrato con tutte le associazioni esponenziali, dai magistrati fino agli avvocati, passando per tutti i corpi sociali interessati, senza farsi intimidire dalla particolare rilevanza di alcuni temi. Uno per tutti, le intercettazioni, questione che stiamo trattando in questa sede.
Concludo questo mio breve intervento ribadendo l'ampiezza della relazione e la bontà del metodo e della sua applicazione, che sono certo daranno risultati positivi e virtuosi, nell'interesse della nazione intera, in direzione non di una parte politica, ma dell'interesse generale.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Capotosti, anche per la sua capacità di sintesi. Auspico che anche l'onorevole Benedetti Valentini sia altrettanto bravo nel contenere i tempi dell'intervento.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Presidente, non mi sia tiranno dei secondi; altrimenti, si finirebbe per seguire il principio secondo il quale «chi tardi arriva malissimo alloggia», il che non è del tutto giusto. Tuttavia, non mi dilungherò inutilmente su ciò, anzi mi rivolgo direttamente al signor ministro, che spero cortesemente mi ascolti. Data la tirannia dei tempi, infatti, dobbiamo rendere preziosi anche i secondi.
Debbo, dunque, sottrarmi al piacere e alla tentazione di affrontare i molti e stimolanti temi che la relazione ci ha sottoposto e sono costretto - per obbligo anche di mandato assunto con molti colleghi - ad essere esclusivamente monotematico.
Sottolineo nuovamente, signor ministro, il tema dei cosiddetti uffici giudiziari «minori» o periferici o che hanno la sventura di non avere sede in capoluoghi. Ho visto che questo tema è stato da lei affrontato, anche con precisazioni del suo ministero, che io sono ben lungi dal non tenere in debita considerazione. Tuttavia, poiché il problema non è certo di recente data, le faccio presente che in questa legislatura, come nelle precedenti molte decine di parlamentari interessati a questo problema e favorevoli alla giustizia prossimale si riuniranno presso ambienti della Camera. Ci riuniremo, infatti, mercoledì prossimo, maggioranza e minoranza, per stabilire una linea di condotta coordinata, ragionevole, approfondita, ma non per questo meno determinata.
Le diciamo, signor ministro, che il problema è di antica data e vede contrapposti i fautori di un accentramento giudiziario - corredato più o meno di sezioni specializzate, ed altre, variazioni sul tema - in poche maggiori sedi giudiziarie, con mutilazione e soppressione delle sedi più distali, e i fautori della filosofia di una giustizia più prossimale, più decentrata.
Si tratta di una battaglia che viene spesso risolta in termini campanilistici, e, come è noto, ognuno liquida il campanilismo altrui, mai il proprio; la questione invece si incentra soprattutto su una filosofia, che non riguarda - non sfuggirà alla sua sensibilità non solo di governante di questo settore, ma più vastamente di interprete di sensibilità territoriali - solo la struttura giudiziaria in sé e per sé. Lei mi insegna che città che vengono da grande tradizione, una volta che siano private di un ufficio giudiziario, com'è un tribunale, o di altri servizi fondamentali (basterebbe citare, per tutti, un ospedale), non sono più delle città, ma diventano dei borghi periferici. Inoltre, se considera che spesso


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la loro povertà demografica è dovuta a ragioni storiche, antiche e più recenti, di spopolamento, deprimerle anche con l'abbattimento di un'istituzione culturale e di una presenza fondamentale dello Stato, com'è il tribunale - direi la presenza fondamentale dello Stato - significa agire con rapporto perverso di causa ed effetto, innescando ed accelerando la spirale del degrado di interi territori.
Si tratta, dunque, di vaste plaghe del territorio, non di ordini forensi soltanto, non di questo o quel, pur legittimo, interesse categoriale, che insiste sul tema. La questione, dunque, non attiene solo alle strutture giudiziarie.
Siccome il tema è antico, non avrò il cattivo gusto, di fronte alla Commissione, nella quale per tante volte, in passate legislature, ho trattato l'argomento, di ritoccare tutti gli aspetti della problematica. Con riferimento alle sue dichiarazioni di ingresso (che, in quanto vengono dal guardasigilli, sono tutt'altro che da sottovalutare), le diciamo soltanto - mi permetto di parlare al plurale, perché interpreto, e ne ho mandato, l'animo e l'intendimento di molti parlamentari, sia della maggioranza sia dell'opposizione - che siamo assolutamente contrari, ad ogni ipotesi di soppressione di quale che sia tribunale italiano o di declassamento a sezione distaccata, che equivale alla soppressione...

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Scusi, se consente una precisazione...

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Mi lasci proseguire, ministro; ho pochi minuti a disposizione e cerco di districarmi...

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Scusi, ma proprio con riferimento a quanto ha appena asserito, non si può confondere l'inchiesta di un giornale con l'idea del ministro. Peraltro, ho anche dichiarato che il Ministero non ha alcuna volontà di portare avanti l'azione che lei ha richiamato.
Condivido la sua impostazione, ma è la stessa che ho già espresso.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Io accolgo con apprezzamento e direi anche con sollievo e fiducia la sua dichiarazione.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Se, però, le mie smentite non vengono prese in considerazione e, sul piano locale, avvocati e magistrati, maggioranza ed opposizione, sono tutti pronti a ritenere che ci accingiamo alla soppressione di alcuni tribunali, non so che farci. Io ribadisco che non si intende sopprimere tali strutture. Ho un'idea diversa, che poi esprimerò.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole ministro, ci solleva da preoccupazioni questa sua dichiarazione, che apprezzo moltissimo e che registro con vivo compiacimento. Tuttavia, non posso ignorare che, in sede di audizione delle sue dichiarazioni programmatiche, per tabulas era stato esposto un intendimento, addirittura con un indice numerico più o meno indicativo, che riportava la mutilazione di non meno di 50-60 tribunali italiani, numero poi ridotto a 35-38.
Le sto semplicemente dicendo che vi è, da parte di queste molte decine di parlamentari interessati e direttamente coinvolti nel problema, tutta la disponibilità a studiare i problemi dell'organizzazione giudiziaria, sia sotto il profilo geografico sia sotto il profilo funzionale, delle normative, degli apporti economico-finanziari. Siamo disposti, naturalmente in via progettuale, ad esaminare tutti gli aspetti inerenti a questo problema centrale.
Siamo nettamente contrari a qualunque ipotesi di soppressione di qualsiasi sede circondariale. Su questo, ho il dovere di rappresentarle il mio personale pensiero e quello di molti altri colleghi. Siamo altresì nettamente contrari - è necessario, infatti, aggiungere tale corollario sulla base dell'esperienza fatta nelle passate legislature - a tutte le ipotesi di leggi di settore che agiscono surrettiziamente per lo svuotamento dei tribunali.


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In altre parole, se, per esemplificare, si presentano progetti di legge in materia di famiglia o di minori, di diritto societario, di diritto fallimentare o di altre materie, che prevedono strutturazioni per le quali le competenze relative si accentrano solo in alcune città e sedi di tribunali - con palese violazione, peraltro, della Costituzione, che non può concepire tribunali di serie A, B e C -, noi preannunciamo una netta opposizione anche a questo tipo di riforma surrettizia, che significa svuotare di competenza taluni tribunali, portandoli direttamente nell'anticamera della loro soppressione, per consunzione o per mancanza di materia.
Ora, mi sembrerebbe un po' superficiale trattare in poche battute tale argomento, quando in merito intervengono congressi, un'organizzazione nazionale di ordini forensi a lei forse già nota - che si riunisce in questi giorni e parteciperà, domani e dopodomani, al congresso nazionale forense -, un coordinamento dei parlamentari, deputati e senatori, che la settimana prossima, come accennato, si riunirà per sottoporle poi le proprie conclusioni, i suggerimenti e le istanze. Tuttavia, malgrado la tirannia del tempo, ho potuto farle presente - lei è persona accorta e capace di comprendere anche ciò che non è stato esplicitamente detto - questa posizione. Sono certo, per la sua comprovata sensibilità politica, che ciò non mancherà di trovare ascolto in lei e nei suoi collaboratori, sia per le questioni di organizzazione giudiziaria sia per affrontare quelle leggi di settore che già in passato, ahimé, ci hanno fatto trovare di fronte ad impicci consistenti (mi riferisco a leggi che svuotavano di competenze uffici che devono, invece, conservarle tutte intere).
La ringrazio dell'ascolto e confermo, peraltro, la disponibilità dei molti parlamentari, a nome dei quali mi sono permesso di parlare, ad esaminare i problemi che sussistono, per trovare le più felici e collaborative soluzioni, nel rispetto delle esigenze dei territori.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Benedetti Valentini. Devo dire che lei ha governato con molta «generosità» la tirannia del tempo.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor ministro, ho molto apprezzato le sue dichiarazioni rese in Commissione, sia per i profili di sistema che riguardano l'ordinamento giudiziario - anche specificati, negli aspetti di metodo e merito, nell'intervento di ieri al Senato -, sia per il profilo degli interventi sul sistema sostanziale e processuale penale e civile.
Mi soffermerò soprattutto sulla parte del suo intervento che ha riguardato più propriamente l'efficienza dell'organizzazione e la durata dei processi; in particolare, sui possibili interventi immediati da lei individuati per favorire una diminuzione di quel «carico», da tutti ritenuto insostenibile per l'efficienza del sistema paese, costituito dalla durata del processo, soprattutto civile (ma anche penale).
Individuare una politica giudiziaria per la ragionevole durata dei processi deve costituire una priorità per tutti noi determinando le condizioni del dialogo sul tema in tutti i momenti di confronto parlamentare.
Ho accennato prima all'organizzazione giudiziaria; per troppo tempo essa è stata negletta, per vari motivi e varie responsabilità che è inutile indagare in questa sede.
Lei la pone al primo punto del suo intervento, sotto il profilo della riorganizzazione dell'apparato; trovo corretta questa impostazione. Ma è anche corretto partire dalla constatazione che noi tutti, operatori della giustizia e politici, siamo chiamati a decidere alla cieca in materia di organizzazione giudiziaria (almeno ciò è quanto accaduto finora). In altre parole, noi abbiamo sempre assunto delle decisioni organizzative e legislative, su questo tema, senza conoscere la realtà delle situazioni. In sostanza, manca una statistica giudiziaria moderna ed efficiente.
Per questo motivo, ho particolarmente apprezzato il suo richiamo alla necessità di un nuovo sistema di acquisizione dei dati riferiti alla realtà degli uffici giudiziari,


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alla realtà dei carichi di lavoro e a quella della produttività degli uffici e dei singoli magistrati. Ciò è necessario non solo per esigenze organizzative, ma anche, in prospettiva, per stabilire delle produttività medie attingibili e quindi per meglio valutare le performance di ciascun ufficio giudiziario - più avanti tratterò, anche se velocemente, il problema sollevato dall'onorevole Benedetti Valentini - e per stabilire delle produttività medie ottenibili da ogni singolo magistrato.
Il punto sul quale la invito a riflettere è il seguente; le chiederei di rivedere il giudizio, parzialmente liquidatorio, che lei in questa relazione ha dato sullo studio portato avanti dal CSM (inizialmente anche in collaborazione con il Ministero) sulla moderna statistica giudiziaria. Infatti, per quanto riguarda il settore civile, tale studio è giunto ad un grado di elaborazione già utilizzabile in tante realtà giudiziarie. Certo, su questo punto servono investimenti di risorse finanziarie e di uomini; ma, con tale sistema, riusciremo già a valutare i dati e le caratteristiche del carico di lavoro di tanti uffici giudiziari nel settore civile.
Ritengo necessario, altresì, dare un impulso notevole all'organizzazione sotto il profilo della formazione e dell'utilizzazione della dirigenza amministrativa, che deve essere motivata, professionalmente attrezzata, nonché inserita in un progetto unico di organizzazione del singolo ufficio. Forse non tutti sanno come da uno studio effettuato risulti che, nel passato, quasi nessuno degli obiettivi assegnati dal Ministero ai dirigenti con riguardo all'attività giurisdizionale era poi veramente riferito all'attività giurisdizionale propriamente detta, ossia alla necessità di fornire i supporti necessari per le udienze, per la pubblicazione delle sentenze, e via dicendo; si trattava invece di obiettivi attinenti ad altri aspetti. Correttamente, dunque, lei richiama nel suo intervento la problematica degli obiettivi, ma l'aspetto testé rappresentato deve essere tenuto presente.
Vengo alla struttura dei tribunali. Sono d'accordo che in tema di giustizia non si può avere un approccio essenzialmente aziendalistico; non possiamo selezionare gli obiettivi, ma dobbiamo dare una risposta a tutte le domande senza poter intervenire sul flusso delle stesse. Si impone il rispetto del principio della competenza del giudice naturale; dobbiamo, quindi, tener conto che il reticolo giudiziario diffuso sul territorio è importante. Tuttavia, tale reticolo deve poter funzionare e perché ciò avvenga sono necessari strumenti e organici. È giusto sostenere al riguardo che l'attuazione del principio di specializzazione - che era alla base della considerazione sul numero di 14 magistrati come limite minimo di organico dei tribunali per consentire la specializzazione delle sezioni e degli uffici - è necessaria proprio con riferimento all'efficienza e alla durata del processo.

PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Tenaglia. Sono costretto a ricordarle che avevamo concordato quattro minuti ad intervento; lei ne ha già utilizzati otto.

LANFRANCO TENAGLIA. Concludo, presidente.
Valuti, signor ministro, la possibilità di prevedere l'organico doppio per più tribunali geograficamente vicini, perché le tabelle infradistrettuali sono fallite per le resistenze della magistratura ad applicarle sotto il profilo organizzativo. Se questo viene previsto per legge, la flessibilità diventa uno strumento di efficienza.
Valuti la possibilità di rendere obbligatoria, per certe tipologie di controversie, l'applicazione dell'articolo 48-quinquies dell'ordinamento giudiziario - senza resistenze corporative da parte dell'avvocatura -, perché troppe sezioni distaccate non sono utili e troppe sezioni distaccate di tribunali sono state previste per altre finalità.
Per quanto riguarda il settore civile, si valuti e si rifletta sulla necessità di armonizzare i riti, nonché sulla necessità di rivedere l'obbligo motivazionale.
Credo che questi siano interventi possibili nell'immediato, che aggiungeranno efficienza al sistema e porteranno qualche miglioramento nella durata dei processi.


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ROSA SUPPA. Onorevole ministro, dalla prima audizione è passato un lungo periodo di tempo e molti colleghi hanno già dato voce alle mie domande, anzi alle mie ansie. Tutti attendiamo la replica dell'onorevole ministro; quindi, rinuncio al mio intervento, ma mi attendo risposte esaurienti, in merito non solo ad una nuova disciplina che rilanci le libere professioni ma anche alle modalità per generalizzare - è ciò cui faceva riferimento il collega Tenaglia, del quale sottoscrivo l'intervento - le cosiddette prassi virtuose per una migliore efficienza della giustizia, che sia sempre però coniugata con le garanzie, nonché, magari, con dei piani di produttività.

PRESIDENTE. Vorrei segnalare il senso dei tempi e della politica della collega Suppa.

MARILENA SAMPERI. Signor ministro, abbiamo molto apprezzato la sua relazione, soprattutto concentrata sulla necessità di ridurre i tempi del processo: principio tanto ovvio quanto, a tutt'oggi, inapplicato. Vorrei alcuni chiarimenti su talune affermazioni contenute nella sua relazione che hanno destato molta preoccupazione in alcune zone d'Italia: alludo alla revisione della geografia giudiziaria.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Scusi, onorevole, ma questo non è scritto nella mia relazione.

MARILENA SAMPERI. Un passaggio in particolare ha allarmato molti piccoli tribunali, precisamente quello in cui si afferma che 38 tribunali, rispetto ai 64 che non raggiungono l'organico delle 14 unità, verranno soppressi.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Non questo censimento. È Il Sole 24 ore che ha fatto questa disamina.

MARILENA SAMPERI. Signor ministro, le chiediamo, su questo, un chiarimento che ci restituisca tranquillità. Francamente ci sembrava anomalo che, nel momento in cui si rimetteva il cittadino, con le sue esigenze ed i suoi bisogni, al centro del servizio giustizia si operasse poi anche la frattura del delicato equilibrio di tale settore. Tutto ciò riguarda la posizione geografica, la distanza, l'infrastrutturazione, i tempi di percorrenza, l'incidenza di forme ampie e diffuse di illegalità, l'effettivo carico di lavoro, le facilitazioni di accesso al servizio giustizia per i cittadini, una giurisdizione presente e vicina soprattutto in particolari aree a rischio criminalità. Su tutto questo vorremmo essere tranquillizzati dalla sua replica.
L'incongruità dei livelli di efficienza deriva anche dalla, attualmente inadeguata, autonomia dei burocrati, spesso sottoposti a persistenti vincoli gerarchici nella pratica quotidiana.
Vorrei sapere quali sono le iniziative legislative che il ministro Mastella intende assumere per pervenire a un rapido superamento di questa condizione anacronistica e realizzare, accanto alle misure già previste della formazione e della riqualificazione, un sistema di incentivi e di valorizzazione del personale interno, legato alla verifica e alla misurazione dei risultati, così come previsto dalla moderna scienza dell'organizzazione degli apparati pubblici, soprattutto in un ramo, come quello della giustizia, che non si può certo sottrarre a questi principi.

PAOLA BALDUCCI. Sarò breve. Nell'apprezzare il contenuto della comunicazione del ministro Mastella, intendo precisare solo tre punti, non tanto semplici per la verità.
Il primo punto riguarda la riforma del codice penale. Credo sia giunto il momento di occuparsene, visto che anche il codice di procedura penale risale ormai al 1989. Negli anni si sono succeduti i disegni di legge presentati dai vari ministri della giustizia e le proposte prodotte da commissioni ministeriali di particolare rilievo, formate da professori universitari. Mi chiedo francamente come mai, nonostante i ben quattro progetti presentati da dette commissioni - Pagliaro, Grosso, Nordio e,


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ora, Pisapia -, non si riesca, finalmente, a varare il nuovo codice penale, in sostituzione dell'attuale, che come sappiamo risale al 1930.
Probabilmente, se fosse stato varato un codice con la previsione di uno spazio maggiore per le misure sostitutive della detenzione, non avremmo dovuto affrontare i tanti problemi incontrati in tema di indulto o li avremmo risolti in maniera diversa.
Apprezzo molto quanto scritto nella relazione con riferimento all'articolo 112 della Costituzione; ebbene, a mio avviso, partendo dai tentativi operati sia con riferimento al codice dei minori sia nell'ambito dell'attività del giudice di pace, si dovrebbero adottare soluzioni - ad esempio, ricorrendo al concetto di rilevanza del fatto - idonee a costituire un filtro all'apertura del processo penale; si potrebbe così superare l'icona costituita, in Italia, dall'articolo 112 della Costituzione, vale a dire, appunto, l'icona dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Infine, richiamo il problema del sistema carcerario, che mi sta molto a cuore. È vero che di recente abbiamo approvato l'indulto, ma so anche che le interrogazioni presentate, anche ieri, da numerosi colleghi, fra cui l'onorevole Boato, fotografano una situazione - vedi, ad esempio, il carcere di Trento - assolutamente drammatica.
Signor ministro, la invito a risolvere tali questioni cui la so sensibile; mi riferisco a tutti i problemi, quelli a breve, a medio e a lungo termine. Oltre all'edilizia, che ovviamente richiederà determinati tempi, vi sono anche altre forme di intervento, che devono richiamare l'attenzione di un Governo che intende tutelare i diritti di tutti. Mi riferisco al sistema sanitario, all'istruzione nelle carceri, e via dicendo, per realizzare insomma effettivamente l'articolo 27 della Costituzione anche nel carcere.
Il carcere è privazione di libertà, ma non privazione di dignità.

FRANCESCO FORGIONE. Signor ministro, sebbene interveniamo a qualche mese dall'esposizione della sua relazione, i problemi, purtroppo, sono gli stessi. Probabilmente avremmo avuto bisogno di svolgere un incontro più approfondito, ma cercherò di essere davvero telegrafico.
Del resto, le posizioni di Rifondazione Comunista sull'ordinamento giudiziario le sono ampiamente note. Noi nutriamo una netta avversità nei confronti della gerarchizzazione e del concorso, così com'è stato definito. Riteniamo che, invece, sul sistema disciplinare si debba aprire un confronto, un dialogo; infatti, si tratta di una parte della riforma dell'ordinamento che è stata sollecitata storicamente anche dalle parti avanzate e democratiche della magistratura. Al riguardo, un intervento è possibile se non penalizza i diritti costituzionali dei magistrati escludendo solo tali figure dal loro godimento. Per il resto, noi riteniamo invece necessario mantenere la presenza di un sistema disciplinare anche per i magistrati.
Anche le posizioni che lei ha assunto sulle intercettazioni ci trovano in sintonia; del resto, un nostro disegno di legge depositato alla Camera andava nella stessa direzione. Si tratta, però, di capire come un eventuale intervento legislativo possa da un lato non intaccare la libertà di stampa ed il diritto all'informazione e, dall'altro, non violare la possibilità di investigazione. Come sappiamo - ad esempio per i reati di criminalità o di mafia -, mentre via via scompaiono le figure dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, le indagini più sofisticate, quelle che aggrediscono i livelli più alti della presenza mafiosa, si avvalgono tutte delle intercettazioni.
È necessario trovare un punto di equilibrio su tale argomento, ma riteniamo che una normativa forte, anche alla luce delle vicende di questi giorni, si possa ottenere con un consenso anche largo in Parlamento. Noi le chiediamo, signor ministro, di coordinare l'azione di Governo con quella del Parlamento.
Noi abbiamo un grande bisogno - chiedo al presidente della Commissione e al ministro di ascoltarmi - di questo coordinamento. Cito un esempio: sono


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state insediate le commissioni per la riforma dei codici, ed è già all'ordine del giorno la discussione sulla riforma del codice di procedura. Ora, come «intrecciamo» questo lavoro, che non può perdersi come è accaduto nelle altre legislature, con l'attività legislativa? Ho chiesto anche ai colleghi dell'opposizione, che ovviamente hanno diritto di iniziativa legislativa, di orientarsi verso tale comune sforzo di coordinamento; un impegno che per noi è fondamentale.
Ovviamente il ministro deve sapere che i tempi dell'azione di Governo devono tener conto anche di quelli del Parlamento. La nostra posizione sulla riforma complessiva è nota: noi siamo per un diritto mite, per un sistema di depenalizzazione, per misure alternative al carcere. Su questo, dunque, noi lavoreremo.
Vorremmo, altresì, che, per iniziativa del Governo, ma anche per iniziativa parlamentare - lei ne ha parlato, credo, anche in Sicilia -, in questa legislatura si approvasse un testo unico di norme antimafia, antiracket e antiusura. Anche in questo caso, si tratta di coordinare l'azione del Governo con l'azione della competente Commissione parlamentare.
Si tratta, insomma, di arrivare ad un sistema organico di riforma, che superi le storture, i guasti, la non applicabilità - ovviamente, secondo la nostra parte politica - della riforma complessiva operata dalla passata maggioranza, ma che abbia la capacità di aprire un dialogo in Parlamento. Un confronto dal quale ritengo che nemmeno i settori dell'opposizione possano sottrarsi.
Pertanto, signor ministro, pur tenendo ferma la barra dell'impostazione di Governo, la invito a tenere altrettanto fermo il dialogo, non solo fuori dal Parlamento, con l'avvocatura e con l'Associazione nazionale dei magistrati, ma anche, su alcuni punti cruciali, con la stessa opposizione, fermo restando che la nostra visione della giustizia è radicalmente diversa da quella che è alla base delle riforme che la maggioranza ha approvato nella passata legislatura.

LUIGI VITALI. Signor ministro, se fossi intervenuto nel mentre ella esponeva la sua relazione, avrei rappresentato una posizione alquanto diversa da quella che oggi mi vedo costretto a sostenere.
La sua relazione, infatti, condivisibile dal punto di vista dell'indicazione di alcuni problemi del pianeta giustizia, avrebbe necessitato di alcuni chiarimenti. Penso, ad esempio, alla riorganizzazione degli uffici. Se non la facciamo procedendo alla soppressione di alcune sedi, dobbiamo farla con l'integrazione del personale giudiziario e amministrativo: cosa facile a dirsi, ma credo molto difficile a praticarsi. Mi piacerebbe sapere, dunque, in che maniera il Governo intenda riorganizzare gli uffici giudiziari.
Quanto alla riqualificazione del personale, credo che il suo sia il quarto Governo - tra quelli di centrodestra e di centrosinistra - che si confronta con questo argomento, senza finora riuscire a risolverlo. La soluzione si rende necessaria non soltanto per il rispetto e la considerazione del personale - economicamente non perde alcunché, ma si vede penalizzato nelle aspettative giuridiche e di posizione -, ma anche per sbloccare una situazione ormai insostenibile di blocco dei trasferimenti. Molti dipendenti meridionali sono impiegati in uffici del nord e, poiché non vengono svolte le riqualificazioni, non possono aspirare ad avvicinarsi al proprio territorio di origine. Anche in questo caso, mi piacerebbe sapere come intenda muoversi il Governo.
A suo parere, signor ministro, l'ordinamento giudiziario andrebbe modificato sia nel senso di eliminare una serie di concorsi disseminati lungo la carriera dei magistrati, sia per quanto riguarda l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero.
Personalmente, ritengo che siano soltanto due i concorsi previsti dal nuovo ordinamento giudiziario: il concorso per il grado di appello e il concorso di legittimità. In una carriera, che dura dai trenta ai quaranta anni, due concorsi non mi sembrano assolutamente eccessivi, tanto


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più che, peraltro, non sono neanche obbligatori. Infatti, si può progredire per concorsi, ma anche per anzianità.
Per quanto riguarda la gerarchizzazione della procura, credo che questa sia necessaria nei grandi uffici - vedi Milano, Palermo, Napoli, Roma -, dove la presenza di moltissimi pubblici ministeri porta, probabilmente, ad esercitare l'azione penale non nella medesima maniera per tutti i cittadini. L'accentramento del coordinamento da parte del procuratore della Repubblica, probabilmente, comporterebbe una migliore organizzazione anche dell'esercizio dell'azione penale. Quanto a quest'ultima, signor ministro, mi piacerebbe sapere se per lei rappresenta un dogma o invece un argomento del quale si può parlare. La ragionevole durata dei processi, per quanto ci si possa impegnare, non può prescindere dalla ridefinizione di questo concetto, che a mio avviso è ormai arcaico ed ha bisogno di essere rivisto, come negli altri Stati occidentali ed evoluti. Anche su questo aspetto mi piacerebbe conoscere la sua posizione.
Tale sarebbe stato il mio intervento se lo avessi svolto nell'immediatezza della sua illustrazione. Tuttavia, in questi due mesi sono successe tante cose sicché devo rivolgerle talune domande supplementari. Lei ha detto che intende avere un rapporto stretto con il CSM. Per carità, questa è una sua prerogativa, un suo diritto, e credo che sia anche una scelta corretta. Ritengo, però, che lo stesso rapporto lei debba avere con le altre rappresentanze professionali. Non credo si possa ritenere che questo finora sia avvenuto. Noi ci stiamo arrovellando sulla sospensione o meno dell'ordinamento giudiziario, quando è passato quasi alla chetichella il famoso decreto Bersani, che ha inciso notevolmente su un settore di sua esclusiva competenza, quello delle libere professioni, senza che queste siano state non dico sentite, ma almeno contattate. Non è stato nemmeno comunicato loro - neanche un minuto prima che leggessero il decreto-legge sulla Gazzetta Ufficiale - quali modifiche sarebbero state apportate al sistema delle libere professioni. Ci deve essere, dunque, una sorta di par condicio nei rapporti.
Noi siamo assolutamente favorevoli al dialogo, al confronto, alla collaborazione, ma questa collaborazione non può pendere soltanto da una parte. Se il buongiorno si vede dal mattino, non credo che si possa dire che lo stesso trattamento è riservato alle libere professioni.
C'è un altro punto che ritengo importantissimo: il taglio dei fondi. Signor ministro, lei ha tenuto una conferenza stampa rilasciando dichiarazioni che quasi coincidevano con alcune mie prese di posizione, ma lei è il ministro della giustizia. Dunque, non credo che possa assistere immobile alla sottrazione, in tre anni, di 350 milioni di euro al suo settore. La giustizia non soltanto ha assolutamente bisogno di quell'ammontare di risorse per poter garantire l'ordinaria amministrazione, ma addirittura avrebbe bisogno di vedere rimpinguati i fondi.
Voi avete creato - dico «voi», ma questa è un'iniziativa del ministro Bersani e del viceministro Visco che lei ha subito - le condizioni per bloccare l'attività giudiziaria. Quello che sta succedendo a Milano, in questi giorni, è soltanto la punta dell'iceberg di quanto succederà in tutti gli uffici giudiziari, quando saranno ben note, perché in applicazione, le norme del decreto Bersani, che ha bloccato la possibilità delle anticipazioni attraverso il servizio postale.
Voglio proprio vedere quanti consulenti, periti e interpreti gli uffici dei pubblici ministeri troveranno disposti a collaborare con la giustizia per essere pagati dopo anni o mesi da quando avranno espletato la loro funzione.
Sono successi, dunque, fatti assolutamente gravi, rispetto ai quali - oltre a un grido di dolore che lei ha lanciato e a un monito che non mi è sembrato essere stato accolto nella giusta considerazione da parte del Presidente del Consiglio e del Governo - non vi è stata alcuna reazione. Anche su tali punti ci piacerebbe sapere qual è la posizione del guardasigilli.


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ERMINIA MAZZONI. Condivido con i colleghi che mi hanno preceduto la considerazione che il tempo trascorso ha cambiato sicuramente la predisposizione nei confronti della relazione del ministro Mastella, che ringrazio per la sua disponibilità. Tante cose sono accadute in questi tre mesi che ci portano, oggi, a dare una lettura diversa.
Indubbiamente, all'epoca della relazione avrei riempito il mio intervento di auspici e di speranze, dalle quali far conseguire degli impegni, come rappresentante dell'opposizione, ad un rapporto di collaborazione e di dialogo. Oggi le confesso, signor ministro, che molte di quelle speranze e molti di quegli auspici non trovano più spazio nelle mie riflessioni.
Parto dalla fine della sua relazione. Lei giustamente solleva la preoccupazione in merito alle necessità finanziarie del suo dicastero. Non condivido - mi permetta di dirglielo - la considerazione in ordine alla riduzione continua che, negli anni, i capitoli di bilancio relativi al Ministero della giustizia hanno subito. In verità, non vi è stata una riduzione, bensì un aumento, magari non sufficiente a rispondere alle reali esigenze del dicastero - questo sicuramente sì -, ma in linea con le politiche economiche di questi anni, che hanno dovuto tener conto di difficoltà generali e, quindi, hanno modulato gli interventi finanziari, anche in settori delicati come quello della giustizia, in maniera diversa da quanto ciascuno di noi avrebbe voluto.
Lei si sofferma, dunque, sulle necessità finanziarie, che sono certamente un elemento fondamentale; conclude la sua relazione proprio con una riflessione su tale argomento. Ebbene, solo poche ore dopo ci siamo imbattuti nel decreto Bersani, un provvedimento che, definito «decreto sulla competitività e lo sviluppo», dimostra chiaramente la totale indifferenza del Governo rispetto al naturale collegamento tra le vicende del mondo della giustizia ed un sistema economico capace di produrre e di andare avanti.
Il sistema giustizia è una leva fondamentale del sistema economico. Non possiamo pensare che non ci siano connessioni. Allora, non si può immaginare che ci si possa attendere un aumento, addirittura, delle provviste finanziarie per gli interventi nel settore della giustizia da un Governo che, come primo passo, compie questo intervento, cancellando ogni speranza.
Ciò nondimeno, mi sembra doveroso andare avanti nell'analisi delle sue comunicazioni. Sempre con riferimento al decreto Bersani - forse sono disorganica, non seguo tutti i punti della sua relazione, ma mi collego a questo intervento normativo importante adottato subito dopo la sua relazione - mi viene in mente un'altra speranza delusa, che riguarda l'attenzione, che lei pure aveva mostrato nella sua relazione, nei confronti dell'avvocatura e delle professioni.
Lei parla di una tendenza ad una riorganizzazione e cita correttamente - e chi più di me può essere d'accordo - la proposta cosiddetta Vietti, alla quale avrebbe voluto ispirare la sua politica futura. Parla, dunque, di un'attenzione nei confronti delle attività libero-professionali, che non porti allo scadimento della qualità del servizio offerto attraverso un livellamento. Ciò è esattamente il contrario di quanto si è realizzato con il decreto Bersani. Sappiamo bene che qui parliamo solo - come qualcuno ha voluto sottolineare - di tariffe, di revisione del rapporto fra cliente e professionista, ma sappiamo altrettanto bene che, dietro quelle previsioni, si cela (e neanche troppo bene) un completo azzeramento dell'attuale struttura degli ordini professionali. È un modo surrettizio per dire: «cancelliamo gli ordini». Ancora una volta, esattamente il contrario di quello che lei, signor ministro, ha sostenuto nella sua relazione.
È di ieri - vado avanti per flash, sulla base degli eventi successivi - il suo intervento sull'ordinamento giudiziario; anche a tale riguardo, avrei voluto fare molteplici considerazioni. Peraltro, l'UDC le ha fatte, fino a ieri pomeriggio, ed ha aperto per l'ennesima volta un dialogo con il Governo. Riteniamo, infatti, che il ruolo dell'opposizione sia importante quanto quello del Governo; dobbiamo comunque contribuire


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a risollevare le sorti del paese. Di certo con questo spirito ci siamo aperti al dialogo, anche rispetto all'ordinamento giudiziario, fin dall'inizio; ci siamo dichiarati pronti a parlarne, disponibili ad interventi correttivi. Certamente, signor ministro, non possiamo essere disponibili ad accogliere la sua proposta, che - al di là della sua enunciazione di ieri - è molto più di una controriforma, in quanto interviene su tutti i punti della nostra riforma.
Peraltro, credo che noi abbiamo avanzato una proposta abbastanza prudente e seria. Sospendere oggi i decreti attuativi, per attendere fiduciariamente che, sulla base dei suoi annunci di ieri, si intervenga con rapidità e in un clima di collaborazione, è veramente troppo. Signor ministro, tre mesi fa avrei detto che eravamo pronti e disponibili alla collaborazione, sulla base delle considerazioni da lei sviluppate in merito ai singoli punti dell'ordinamento giudiziario. Oggi, però, devo negarle tale disponibilità e confermarle la nostra contrarietà alla sospensione. Contrarietà legata anche - mi consenta, signor ministro - al grave rischio di paralisi che deriverebbe dall'approvazione del disegno di legge, così come ha dichiarato il vicepresidente Mancino.
A differenza di quanto è stato detto, nel documento del CSM, che io ho letto, il vicepresidente Mancino innanzitutto non parla di sospensione dei decreti ma sostiene che alcuni di essi andrebbero parzialmente modificati; inoltre, propone un intervento sulla disciplina transitoria, il che vuol dire mantenere in piedi la riforma, perché non si potrebbe diversamente lavorare su una disciplina transitoria. Aggiunge, altresì, che il rischio paralisi deriverebbe non dall'applicazione della riforma, ma dall'attesa che si preannuncia con queste strane sospensioni e, soprattutto, da una sospensione dell'attuazione dei decreti e non della riforma, nella quale è prevista l'abrogazione - per le parti riguardate - dell'attuale ordinamento. Questo significherebbe ritrovarsi in un periodo di gravissimo vuoto legislativo. Pertanto, nel regolare i rapporti tra Ministero e CSM, stiamo attenti ad interpretare, in maniera corretta e trasparente, le dichiarazioni che provengono dal CSM e dal suo vicepresidente.
Sulle strutture giudiziarie sottoscrivo quanto dichiarato dal collega Benedetti Valentini. Aggiungo solo che nella relazione è scritto esattamente che la soppressione e l'accorpamento che lei ipotizza per rendere più funzionale il sistema riguarderà 38 strutture. È scritto nella relazione; dunque, non solo sui giornali. Comunque, mi fa piacere apprendere che lei non ha questa intenzione o, comunque, ha modificato la sua posizione. Noi siamo, infatti, dell'idea che la giustizia, per essere più efficiente, deve essere anche più vicina al cittadino-utente.
Rispetto alla riorganizzazione dell'apparato, osservo che è sempre utile un supplemento di indagine, ma mi permetto di aggiungere che il lavoro complesso, saggio e intelligente di ricognizione - con nuovi metodi e nuovi strumenti - che lei propone non è sicuramente funzionale all'impellenza della domanda di giustizia.
Credo che la domanda di giustizia sia sufficientemente chiara per pretendere da un Governo sano e serio un intervento immediato. Un intervento immediato potrebbe già partire, proprio per la questione temporale, dal lavoro sviluppato nella precedente legislatura.
Come ha detto la collega Balducci, esistono già delle proposte di riforma del processo penale, del processo civile e del codice penale, che costituiscono lavori importanti, svolti in maniera trasversale da grandi «intelligenze» che credo non abbiano niente da invidiare alle «intelligenze» che oggi sono presenti nelle commissioni nuovamente insediate. Credo, quindi, che le prime risposte si potrebbero dare, in un clima di dialogo costruttivo, partendo dal lavoro compiuto nella precedente legislatura.

CAROLINA LUSSANA. Signor ministro, essendo passati alcuni mesi dalla sua relazione, ci interroghiamo se essa sia ancora attendibile in tutte le sue parti. Come è stato già detto dai colleghi, sebbene lei


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vantasse, in questa relazione, un programma di riorganizzazione degli uffici, un nuovo assetto, un potenziamento del personale amministrativo, i primi atti di governo, per quanto riguarda gli impegni di spesa, sembrano andare in una direzione completamente opposta.
È stato citato più volte il decreto Bersani, che ha provocato danni al Dicastero della giustizia. Ci attendiamo che la 'mannaia' cada, adesso, con la legge finanziaria. È chiaro che portare avanti i programmi, senza avere le risorse necessarie, diventa difficile.
L'onorevole Vitali citava il problema del divieto delle anticipazioni attraverso gli uffici postali, facendo riferimento alla difficoltà di trovare un consulente disponibile. A questo aggiungo il problema del gratuito patrocinio, anch'esso messo seriamente in discussione.
Pur accogliendo anch'io con favore il suo ripensamento in proposito, constato però che, nella sua relazione, lei fa espressamente riferimento alla soppressione o all'accorpamento di circoscrizioni limitrofe; in particolare, esprime l'intento di sopprimere 38 tribunali.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Scusi, onorevole, ma la questione riguarda un problema che si pone.

CAROLINA LUSSANA. Va bene. Vi è stato questo chiarimento. Noi però avevamo dato una lettura diversa. Resta comunque il problema della specializzazione della magistratura e di come conciliare la necessità di specializzarci, che ci viene imposta anche a livello europeo, con la necessità di mantenere una giustizia di prossimità, una giustizia vicina al cittadino.
Della revisione delle circoscrizioni giudiziarie si parla da tanto; è peraltro una richiesta dell'Associazione nazionale dei magistrati. Forse, lei non riuscirà ad esaudirla mentre per le altre richieste, sempre provenienti dall'ANM, vedo che sta profondendo un grande impegno. Trova, però, l'opposizione forte dell'avvocatura e anche di molte forze politiche, come quella che rappresento.
Vengo alla riforma dell'ordinamento giudiziario. Ieri, lei ha riferito al Senato; ebbene, la proposta di sospensione a noi sembra una proposta di azzeramento. È chiaro che il metodo nuovo di dialogo e di collaborazione del quale lei ci parla nelle sue linee programmatiche - magari in tono velatamente polemico con quanto sarebbe stato fatto dal precedente Governo nella passata legislatura - evidenzia, per così dire, due pesi e due misure. Effettivamente, con la magistratura, con il CSM si vuole instaurare una leale collaborazione, che, per quanto riguarda l'ordinamento giudiziario, ne prevede un azzeramento, con i rischi di paralisi di cui si è detto (condivido quanto è stato osservato dall'onorevole Mazzoni); altro metodo, invece, è stato utilizzato con le categorie professionali. Nonostante gli intenti espressi nella sua dichiarazione, abbiamo visto come il decreto Bersani abbia inciso su queste categorie, senza che in quel caso fosse avviato il doveroso percorso di dialogo e di confronto.
Ci preoccupa il fatto che si torni indietro circa la separazione delle funzioni. Non abbiamo ben capito il progetto che intende portare avanti. Lo spiegherà al Senato e, poi, anche a noi. È chiaro che noi avremmo voluto, invece, andare avanti nella direzione della separazione delle carriere, o comunque dare la possibilità a questa riforma di esplicare i suoi effetti, per poi eventualmente porre in essere dei correttivi.
Non si può parlare di terzietà del giudice, di imparzialità, di articolo 111 della Costituzione e di giusto processo, se non si va avanti nella separazione netta delle funzioni e, aggiungo, delle carriere fra pubblici ministeri e giudici. Questo è assolutamente doveroso.
Quanto all'azione disciplinare, è chiaro che la tipizzazione degli illeciti è stata un'importante innovazione recata dalla legge sull'ordinamento giudiziario per limitare la discrezionalità che inficia il sistema e che sottopone la stessa magistratura ad abusi di potere nell'esercizio dell'azione disciplinare. Ci preoccupano alcuni passi indietro dei quali ho notizia


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dalla stampa: i magistrati saranno sanzionati se si iscrivono ai partiti politici, ma non se partecipano a «centri» politici. Insomma, potranno ben fare i «girotondi» ma non iscriversi alla Lega. Ciò, sicuramente, non basta per non minare la credibilità e l'imparzialità dei magistrati.
Per quanto riguarda il codice penale, mi sembra che Pisapia si stia movendo sulle linee programmatiche di Nordio. Nulla da dire; lasciamo la reclusione come extrema ratio, ma vorrei capire la posizione del ministro sull'ergastolo. Personalmente ritengo che l'ergastolo debba rimanere nel nostro ordinamento penale e debba essere anche applicato, soprattutto nei casi di soggetti per i quali la riabilitazione è impossibile. Vorrei conoscere, su questo, la sua posizione.
Per quanto riguarda l'edilizia carceraria, mi sembra che si preveda ben poco. Vedremo in finanziaria, ma sicuramente non saranno destinate risorse a questo comparto. Si è voluto emanare questo provvedimento di indulto, che è anche un'amnistia mascherata, in quanto incide non solo sulle pene già comminate in via definitiva ma anche su quelle che saranno inflitte. Le chiederemo di riferire - in Assemblea o anche in sede di replica, se avrà già i dati - quanti detenuti scarcerati abbiano già commesso nuovi reati.
Infine, sulla giustizia minorile, il programma è estremamente scarno e mi sembra - mi permetto di dirlo - un programma di servizi sociali. Non solo non si rivede la soglia dell'età di imputabilità per i minori ma neanche si riconsidera l'applicazione dell'istituto della messa alla prova per i reati molto gravi. Nulla, neanche una parola sulle sezioni specializzate nel diritto di famiglia o sul tribunale di famiglia. Noi vogliamo che i nostri minori e le nostre famiglie abbiano una giustizia specializzata e che si elimini la discriminazione che ancora esiste. Mi riferisco all'esistenza di un tribunale speciale come quello dei minorenni, per cui i figli nati fuori dal matrimonio hanno quel tipo di giurisdizione, mentre tutti gli altri fanno riferimento ad una giurisdizione ordinaria, che purtroppo non è specializzata.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, considerata l'imminenza delle votazioni in Assemblea, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta, riservandomi di concordare con il ministro la data in cui sarà possibile ascoltare la sua replica agli interventi svolti.

La seduta termina alle 16,20.