COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 25 ottobre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PINO PISICCHIO

La seduta comincia alle ore 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del ministro della giustizia, Clemente Mastella, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del ministro della giustizia, Clemente Mastella, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
L'audizione odierna fa seguito ad altre che già si sono svolte, a partire dal mese di luglio, nelle quali il ministro ha illustrato il quadro di riferimento generale del programma di Governo e le linee programmatiche che si apprestava a sviluppare nel corso della sua esperienza ministeriale.
Per le ragioni più varie, è passato qualche tempo dacché è cominciato questo nostro colloquio. Sicuramente una parte del percorso programmatico ha avuto attuazione, mentre altre parti, con ogni probabilità, hanno dovuto essere rimodulate, con riferimento ad eventi che si andavano sviluppando in diversa direzione. Del resto, la realtà concreta si incarica sempre e comunque di imporre i suoi ritmi e il suo respiro alla politica.
Pertanto, i vari gruppi hanno manifestato il desiderio di aggiornare, con riferimento ad alcuni passaggi, qualche quesito, affinché il ministro della giustizia possa, nella sua replica, tener conto degli ulteriori elementi di novità.
Signor ministro, prima ancora di ascoltare il suo intervento, consentirei quindi, come deciso in ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, un intervento per gruppo, in considerazione del tempo trascorso dalla prima audizione, svoltasi il 28 giugno scorso e poi proseguita il 5 e il 13 luglio ed il 20 settembre. I colleghi potranno così aggiornare le loro domande.
Per questo giro di domande occorre però essere veloci e concisi, in modo da consentire il tempo indispensabile per risposte adeguate e soddisfacenti.

GIUSEPPE CONSOLO. Se le domande fossero flash, e così le risposte, potremmo non limitarci a dare la parola ad un solo rappresentante per Gruppo?

PRESIDENTE. Onorevole Consolo, le faccio notare che il ministro è venuto, con la disponibilità di sempre, a manifestare la sua attenzione anche rispetto alle ulteriori questioni emerse, sebbene avrebbe dovuto svolgere una relazione generale su tutto ciò che attiene all'insieme dei quesiti che sono stati posti nel corso dei confronti precedenti. È possibile, dunque, fare qualche domanda flash di aggiornamento, ma solo da parte di un rappresentante per gruppo. Altrimenti diventa un dialogo difficile da governare.

GIUSEPPE CONSOLO. Va bene.


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PRESIDENTE. Lei è molto gentile, grazie. Comincerei dall'opposizione, ricordando ai colleghi l'impegno alla stringatezza.

GAETANO PECORELLA. Intervenendo sull'ordine dei lavori, direi che forse è più utile ascoltare prima le risposte del ministro. Porre oggi delle domande, che magari hanno già delle risposte in ciò che dirà il ministro, potrebbe essere superfluo. Non so cosa ne pensano i colleghi, ma credo che, una volta ascoltate le risposte, può nascere l'esigenza di porre una domanda.

PRESIDENTE. Non ho problemi sulla modalità con la quale vogliamo affrontare questo incontro. Se il ministro ritiene che questo percorso possa essere più utile, da un punto di vista dialogico, per me va bene.
Immaginavo che, incamerando le domande e gli elementi di novità, rispetto ai quesiti già posti, si potesse consentire al ministro di dare una risposta aggiornata, con riferimento alle questioni stesse. Insomma, mi sembrava una questione di logica procedurale. Tuttavia, lo ripeto, non ho alcun problema al riguardo.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Per quanto mi riguarda, non ho alcuna difficoltà; si può procedere nel modo in cui ritengono i colleghi. Non vorrei, però, che si ponesse qualche difficoltà, legata all'ordine dei lavori di oggi al Senato, che interrompesse di nuovo la mia possibilità di replica, che peraltro non è avara. Sarò più generoso sul piano lessicale, anche perché abbiamo fatto un giro giudiziario a tappe, quindi tocca anche a me determinare la mia tappa. Se poi sarò vincitore o meno, questo non dipende da me, ma dai risultati. Perdente al Senato, in altre circostanze più vincente.
Quindi, scelgano il presidente e la Commissione la modalità. Non vorrei, tuttavia, dover interrompere il mio intervento, in considerazione della possibilità di voto al Senato. Non conosco, tra l'altro, i tempi dei lavori della Camera.

PRESIDENTE. Alle 15,30 chiuderemo la seduta, perché è convocata l'Aula. Su questo non si discute.

MARILENA SAMPERI. Abbiamo già posto ampiamente dei quesiti. Abbiamo impiegato quattro o cinque sedute per farlo.

PRESIDENTE. Collega, mi sono permesso di fare questa proposta, perché diversi colleghi hanno sollecitato questa modalità.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Laddove dopo il mio intervento emergessero quesiti nuovi rispetto a quelli posti in precedenza, non ho difficoltà a rispondere.

PRESIDENTE. Va bene. Do la parola al ministro per la replica.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Non mi pare fuori luogo esprimere il mio ringraziamento al presidente Pisicchio, sempre disponibile. Ringrazio anche i colleghi che, sulla vertenza che riguarda il mondo della giustizia italiana, hanno svolto le considerazioni più varie, con molta acutezza: convergenti o meno con la mia esposizione, ma comunque apprezzate.
Credo che, in maniera riassuntiva, quasi giornalistica, possano essere riassunti in tre filoni gli argomenti che esigono una risposta: le modalità organizzative del servizio giudiziario e la dinamica di una sua resa; le modifiche normative realizzabili; l'ordinamento giudiziario (peraltro, è stato approvato anche di recente, e per questo ringrazio sia la maggioranza, sia chi ne ha contestato la portata, ma in maniera comunque corretta, ossia l'opposizione).
Vari interventi hanno sottolineato l'esigenza di iniziative rivolte a potenziare la macchina della giustizia, soprattutto con il fine, benemerito e primario, di accelerare l'iter dei processi. Quello dell'emergenza della durata - mi riferisco anche all'ultimo rilievo emerso dalle considerazioni del Consiglio d'Europa - rimane, per me o per chiunque siede al mio posto, un po' biblicamente il principio da cui far discendere


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tutte le attività e tutto quello che deriva dall'azione che lo tocca più direttamente.
Ho tentato di far accogliere il protocollo di intesa fra magistrati e avvocati in vari tribunali, per la gestione delle udienze e le modalità di accelerazione, i cosiddetti circuiti virtuosi. C'è qualche esempio illustre al riguardo: parlo della procura di Bolzano, il cui il procuratore vedrò nei prossimi giorni per parlare di come si sia riusciti ad avere in quella realtà alcuni apprezzabili risultati.
Qual è stato l'intento? Quello di mettere a fuoco, in questa fase, programmi di resa - come ho detto, per singoli settori -, con conseguenti responsabilità per capi e dirigenti, anche attraverso l'opera preventiva dell'Ispettorato e un rapporto costante con il Consiglio superiore.
Ho ripreso la questione degli standard di produttività, tema spinoso per la difficoltà di misurazione ponderale di vari tipi di attività, ma che spero di risolvere al più presto per applicare in concreto i parametri e verificarli nella resa, ufficio per ufficio.
Inoltre, nel rimettere mano al sistema disciplinare, intenderei introdurre una valutazione di efficienza per i capi degli uffici, come elemento diagnostico, ai fini della conferma.
Ho anche sollecitato il Consiglio superiore a suggerire criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti, utilizzando l'articolo 227 della legge sul giudice unico, trattando ad esempio nel penale prima i processi ai quali non sia applicabile l'indulto. Anche su questo argomento, è stato fatto un richiamo, da parte di alcune associazioni, all'inconveniente che sarebbe derivato dall'applicazione dell'indulto.
A proposito dei processi - e qui rispondo a specifici rilievi che sono emersi anche nel dibattito in questa Commissione - debbo chiarire che soltanto il 10 per cento delle sentenze sono scritte a mano, perché l'uso dei computer, per grazia di Dio, è diffusissimo negli uffici giudiziari.
Quanto all'articolo 96 del codice di procedura civile, al quale i magistrati farebbero ricorso in misura minima, come è stato rilevato, la norma richiede la prova di un effettivo danno patrimoniale: cosa che spesso non è possibile, lasciando inalterato l'articolo, per cui una modifica legislativa, quanto mai opportuna, è già in programma.
In ordine ai vuoti di organico e alle tabelle chiarisco che la disponibilità infradistrettuale è prevista dalla legge, con magistrati destinati all'uopo presso le corti e destinabili in uffici del distretto dove si verifichi il vuoto. Tuttavia, il meccanismo non ha funzionato bene, perché l'applicato temporaneo è utile per costituire collegi con procedimenti dalla definizione rapida, ma non per tutto il resto.
In termini più generali, ho dato disposizioni affinché l'impegno e la produttività dei giudici sia sotto costante controllo. In proposito, vorrei chiarire ai parlamentari che hanno sollevato il problema, e sono stati diversi, che i magistrati non possono partecipare, come qualcuno ha detto, a collegi arbitrali, in esecuzione di un orientamento già stabilito da anni dal CSM, né possono più far parte della giustizia sportiva.
Quanto agli altri incarichi, si è ristretta la quota dei fuori ruolo, sia pure nell'ambito degli incarichi previsti dalla legislazione vigente.
Vari interventi, poi, hanno sottolineato l'esigenza di iniziative rivolte a potenziare strutture materiali, a coprire gli organici della magistratura e del personale amministrativo, nonché a realizzare quella riqualificazione che, già riconosciuta ad altri comparti, il nostro personale attende da tempo e che i miei uffici stanno approntando in un apposito disegno, dopo aver sentito, come abbiamo fatto in questi giorni, le organizzazioni sindacali. La situazione incredibile che ho trovato al Ministero della giustizia è che, tranne il DAP e la giustizia minorile, per il resto della riqualificazione non si sente parlare da anni. Questo lascia inalterata la situazione, con grave discapito per quanto riguarda la macchina di natura giudiziaria, e soprattutto di natura amministrativa.


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Purtroppo, il tema delle dotazioni finanziarie è uno dei più dolorosi, perché le risorse della gestione ordinaria del servizio giustizia, negli ultimi cinque anni, sono diminuite del 52 per cento, con conseguente aumento del debito del dicastero di circa 250 milioni di euro.
Ho segnalato al ministro dell'economia e alla Presidenza del Consiglio l'ineludibile necessità di un incremento almeno delle voci relative alle dotazioni strutturali e ai servizi penitenziari. So bene che è nostro compito realizzare la rieducazione e la risocializzazione dei detenuti, anche attraverso le possibilità di lavoro: al riguardo, ho già preso accordi per istituire un call center negli istituti di Roma e analoghe iniziative intendo realizzare a Poggioreale.
Molte altre novità che sono in programma hanno bisogno di finanziamenti adeguati, che allo stato purtroppo mancano; né bastano gli sforzi per razionalizzare la spesa e ridurre i costi, cosa che stiamo facendo a tutti i livelli, anche con qualche rimostranza, come vedete, sul piano più generale, di cui i media parlano abbastanza spesso.
Mi è stato anche chiesto della situazione dei trascrittori e della parte del decreto Bersani sulle anticipazioni in materia di spese. Per i primi, riferisco che è in corso un procedimento per l'appalto del servizio a livello unificato, proprio ai fini del risparmio della spesa. Quanto alle anticipazioni nel settore civile da parte della società Poste italiane, debbo dire che il relativo costo raggiungeva il 30 per cento degli importi: un differenziale incompatibile con i risparmi di spesa. Per gli emolumenti ai giudici onorari si sta studiando la possibilità di erogazione non più dagli uffici postali, bensì attraverso gli uffici provinciali del Tesoro, così da rendere certo, per cadenze fisse, il pagamento, cosa della quale si lamentano i giudici onorari. Insomma, poiché le risorse finanziarie sono condizionanti per ogni programma e ogni iniziativa di riforma, chiedo anche ai presenti un aiuto convergente ed un proficuo impegno in sede di approvazione della legge finanziaria, al fine di intrecciare e coordinare, come qualcuno ha detto, l'azione del Governo con quella del Parlamento.
Al servizio di giustizia è connesso il tema della geografia giudiziaria. Come è noto, il reticolo degli uffici è ancora, per gran parte, quello post-unitario, per cui per ottimizzare l'utilizzo delle insufficienti risorse esistenti occorrerebbe ridisegnarne distribuzione e struttura, secondo modelli organizzativi adeguati ai tempi, al sistema delle comunicazioni, alla varietà dei bacini di utenza e relativa domanda, agli indici di produttività.
Non è mia intenzione, però, procedere alla soppressione degli uffici giudiziari. È possibile, infatti, ipotizzare che, laddove è necessario, il mantenimento degli uffici sia assicurato mediante la partecipazione degli enti locali, con la concessione di strutture logistiche, servizi e personale amministrativo eventualmente distaccato.
Faccio un accenno al Consiglio superiore, poiché in qualche intervento si è richiamata l'esigenza di riportare a 30 unità la relativa composizione. Per quanto mi riguarda, condivido tale esigenza. Il CSM ha compiti notevoli, che nell'ultima consigliatura non hanno trovato un'adeguata dinamica, forse proprio a causa della riduzione del numero dei consiglieri, tanto più che la platea del corpo giudiziario è notevolmente aumentata negli ultimi anni con l'innesto degli onorari.
A proposito dei magistrati onorari, rispondo a numerose domande. È in corso l'esame delle esigenze esposte dalla rappresentanza dei giudici di pace in vari incontri al ministero, nella prospettiva di aumentarne la competenza in materia civile, di riorganizzare sul territorio la distribuzione, e soprattutto di assicurare loro una tendenziale stabilità sulla falsariga dei giudici tributari.
Ho incaricato poi gli uffici del dicastero di operare un censimento di tutte le norme che riguardano l'iter processuale, per incidere su quelle che, senza pregiudicare i diritti di difesa, possano essere modificate per accelerare il corso delle cause. Nel processo civile sono molteplici gli snodi che comportano il rinvio da


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un'udienza all'altra, mentre un leale confronto iniziale tra posizioni compiutamente esposte o ancora da precisare, ma in tempi brevi, nella dialettica tra domanda ed eccezioni, potrebbe riportare il nostro sistema a quel tempo ragionevole che l'Unione europea chiede e che l'articolo 111 della Costituzione impone sia ai giudici sia ai difensori delle parti.
Nel settore penale il procedimento è soprattutto mortificato da una troppo corposa serie di nullità che andrebbe sfrondata. Mi è stato chiesto, in proposito, perché ho ricostituito la commissione sulle riforme generali, quando c'è già il lavoro di commissioni precedenti. Potrei rispondere che c'è una differenza tecnico-ideologica, che posso anche condividere e quindi mi assumo il carico di questa responsabilità, a parte il fatto che c'è la parziale obsolescenza di talune proposte - alcune anche condivisibili - per i mutamenti sopravvenuti al contesto normativo.
La commissione Pisapia nel penale e la commissione Riccio nella procedura penale hanno sì il compito di prospettazioni codicistiche globali, ma anche e soprattutto quello di anticipare utili indicazioni: ad esempio, preparare efficaci misure alternative alla detenzione, la commissione Pisapia, predisporre l'adeguamento dei riti alternativi ai tempi ragionevoli, la Commissione Riccio.
Mi è stato chiesto cosa penso dell'ergastolo. Rispondo che, da cattolico, resto legato all'articolo 27 della Costituzione. Sono per l'emenda e per il recupero, entrambi incompatibili con l'ergastolo. Inoltre, una pena di una certa durata, purché effettiva nei tempi di applicazione ed effettivamente scontata, può costituire, a mio parere, un deterrente di maggiore efficacia rispetto a minacce più severe ma mai attuate, o in larga misura mai attuate.
Vengo ai problemi nati per il provvedimento di clemenza. Rispetto al quesito se l'indulto da poco varato abbia rimesso nel circuito criminale troppe persone, che hanno subito ripreso a delinquere, il riscontro statistico non ha dato risultati allarmanti: sempre che si operi una corretta analisi, fuori dal suggestivo effetto dello scippatore ricondotto a Poggioreale o dell'omicida ricondotto all'Ucciardone. So bene che la risposta più idonea deve riguardare gli aspetti strutturali della criminogenesi, ma non è certo irrilevante il dato di una popolazione carceraria passata, negli ultimi anni, da 42 mila a 63 mila unità, da ospitare negli stessi incapienti istituti e resa estremamente reattiva dalle promesse del beneficio fatte da quasi tutte le forze politiche.
Voglio ricordare che, secondo i dati emersi, che ho richiamato nel giorno della festa della polizia penitenziaria, dal periodo luglio-settembre dello scorso anno al periodo luglio-settembre di quest'anno c'è una diminuzione di reati, contro la maggiorazione dello scorso anno. Questo non significa che è un beneficio dell'indulto, ma certamente nessuno può ritenere che è colpa dell'indulto quello che si è verificato successivamente.
Comunque, sull'indulto mi carico delle mie responsabilità, anche se appare a volte che io sia l'unico ad aver messo nell'urna parlamentare il proprio riscontro. Eppure la Costituzione stabilisce che i problemi di questo genere hanno un'estensione parlamentare incredibile. Vedo che i due terzi sono venuti quasi meno, rimane la mia non soltanto opinione ma credenziale, giusta o sbagliata che sia, rispetto ad un provvedimento che carico sulle mie responsabilità. Altri, con un atteggiamento da coccodrillo, sembrano rimangiarsi quello che è stato deciso. Per quanto mi riguarda, resto cocciutamente legato a questa mia convinzione.
Qualche parola merita anche il tema delle intercettazioni. Si tratta, come ho avuto modo di dire a più riprese, di un mezzo molto invasivo ma utilissimo per indagini che riguardano la criminalità organizzata e l'eversione terroristica. Un mezzo di cui non è facile circoscrivere l'applicazione, perché illeciti minori sono talvolta reati spia di delitti ben più preoccupanti. Purtroppo, l'invasività tocca spesso persone estranee ai fatti per cui si


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indaga. Ed è qui che è stato necessario intervenire con il disegno di legge da me presentato.
Ben altra portata ha avuto, ed ha, il decreto-legge approvato venerdì scorso dal Senato. Esso riguarda intercettazioni e trascrizioni di conversazioni telefoniche realizzate al di fuori di un procedimento, e comunque non per ordine del giudice, ed è rivolto a mettere fine, con la distruzione del materiale e pene severe per chi lo detiene e lo pubblica, a quel terribile fenomeno dai connotati eversivi che è stato recentemente scoperto.
Dirò qualcosa in più sulle libere professioni. Ho ripetutamente espresso le mie idee sulle anticipazioni contenute nel decreto Bersani, ma poi sufficientemente corrette nella legge di conversione. Quanto agli ordini, il mio dicastero ha avviato un confronto con le rappresentanze delle professioni, nell'intento non di abolire gli ordini, ma di ammodernarne la funzione, soprattutto nell'interesse dell'utenza.
Il disegno di legge delega sarà definito nel giro di pochi giorni e terrà anche conto delle utilissime indicazioni contenute in disegni e proposte di iniziativa parlamentare già presentati. La delega riguarderà, per mio conto: il riordino di soggetti in cui si riconoscono professioni intellettuali caratterizzate da uno specifico sapere professionale; l'assicurazione di prestazioni qualitativamente elevate; la definizione e il rispetto delle regole deontologiche, al fine di tutelare l'utenza e gli interessi pubblici collegati all'erogazione del servizio professionale; la riorganizzazione degli ordini, con la possibilità di accorpamenti per attività analoghe, demandando loro sia l'adozione di codici deontologici che la garanzia della qualità dei servizi erogati ai propri iscritti, sia l'aiuto ai giovani per l'inserimento nell'attività professionale; la previsione della pubblicità relativa alle specializzazioni professionali, secondo principi di trasparenza e di rispetto del ruolo socio-economico del professionista; la registrazione di associazioni professionali presso il Ministero della giustizia, che possono rilasciare attestati di competenza concernenti la qualificazione professionale degli iscritti; la previsione delle società fra professionisti a cui possono partecipare gli iscritti agli albi o soggetti non professionisti, ma soltanto per le prestazioni tecniche.
Dopo l'approvazione del disegno di legge, rimane da disciplinare la cosiddetta progressione di carriera (parlo solo dell'ordinamento giudiziario). Per l'accesso in magistratura ritengo che si debba conservare quell'impronta di concorso di secondo grado verso cui già si orientava la riforma Castelli. Anzi, intendo caratterizzarla meglio nei presupposti di ammissibilità e rendere più rigorose le prove. Ai tre elaborati tematici intendo aggiungere la redazione di una sentenza che consenta di accertare la padronanza di tecniche argomentative, la sensibilità di una congrua ed equilibrata motivazione e la capacità di qualificare la situazione concreta da un'astratta fattispecie normativa, che i semplici elaborati a tema assai spesso non esprimono. Così la quarta prova diventa assorbente di quel riscontro psicoattitudinale, previsto dalla riforma Castelli, che ha suscitato tante perplessità anche in sede scientifica.
Alcune concrete considerazioni mi hanno indotto a proporre l'abolizione dell'obbligo dell'iniziale scelta tra giudicante e requirente. Chi intende partecipare al concorso non ha consapevolezza piena delle funzioni esercitabili, quindi non è in grado di operare un'opzione che potrebbe durare per l'intera carriera. Quanto alla scelta generalizzata prevista dalla riforma Castelli, essa non tiene conto dell'esigenza degli uffici e finisce per incidere notevolmente sulla distribuzione funzionale, perché le singole scelte rischiano di sottrarre l'intera politica del personale agli organi di governo, con un vero e proprio terremoto e gravi discrasie tra il settore giudicante e requirente, nonché lunghe scoperture di uffici.
Alla progressione in carriera per concorsi, che sottrae i magistrati all'ordinario esercizio della giurisdizione e stimola un carrierismo indifferente alle sorti della giustizia, intendo sostituire valutazioni periodiche a tempi ravvicinati. Tali valutazioni


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possono costituire non solo il presupposto per altre funzioni, ma anche importanti momenti di verifica suscettibili di concludersi - se di esito negativo - con il blocco della progressione economica o con la destinazione ad altra funzione di chi si riveli inidoneo, addirittura con la rimozione dei magistrati che non superino più queste valutazioni.
Le verifiche possono articolarsi sui rapporti dei capi degli uffici, sui riscontri di produttività, sui corsi di aggiornamento presso la Scuola della magistratura, sull'autorelazione esplicativa, su segnalazioni pervenute dall'ordine degli avvocati. Si tratta di acquisizioni a futura memoria, tutte informatizzate, da utilizzare quando si maturano i tempi per la progressione in carriera o il conferimento di altre funzioni. Insomma, una banca di dati valutativi, che ha il vantaggio di distanziarsi dall'occasione specifica e, quindi, da possibili interventi correntizi che, secondo alcuni deputati, costituiscono la vera anomalia del sistema previgente.
Quanto alle funzioni di legittimità, il CSM ben potrebbe avvalersi di un apposito gruppo di magistrati e di professori universitari, per una prima valutazione dei provvedimenti degli aspiranti, finalizzata al riscontro delle specifiche attitudini all'attività di monofilachia. Tutto questo può essere integrato con la partecipazione ad appositi stage presso la scuola, obbligatori per quanti aspirino a funzioni diverse, ma anche - sia pure limitatamente - per chi intende restare nella funzione di primo grado. Ovviamente la partecipazione dovrebbe avere un significato, una cifra finale che non si limiti a registrare la mera partecipazione.
Sulla questione del passaggio dal requirente al giudicante, e viceversa, intendo considerare il principio della distinzione delle funzioni affermato nella riforma Castelli. Il passaggio è consentito a seguito della frequenza di un corso di qualificazione professionale, è subordinato ad un giudizio di idoneità specifica, per il quale è possibile acquisire il parere del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati, e deve comunque riguardare un ufficio compreso in altro distretto.
Quanto alla scuola della magistratura, ritengo che se ne debba accentuare l'autonomia scientifica, didattica e gestionale, caratterizzando meglio i settori e intervenendo sulla preparazione dei magistrati di prima nomina, sulla formazione permanente attraverso stage periodici o di riqualificazione, sulla cultura manageriale degli aspiranti alla direzione di un ufficio.
Assicuro che la partecipazione del Consiglio e del ministero al direttivo della Scuola sarà su base paritetica, oltre al prezioso apporto dell'avvocatura e dell'università.
Scarse, e non di rilievo ideologico, sono le modifiche da portare al decreto n. 25, che concerne i consigli giudiziari, l'istituzione del consiglio direttivo della Cassazione. Si tratta di puntualizzazioni relative soprattutto al coordinamento di norme.
Spero e confido che anche su questo ulteriore aspetto dell'ordinamento giudiziario possa realizzarsi quel leale confronto e quella convergenza - che in modo particolare al Senato ha permesso un risultato proficuo, ma anche alla Camera, al di là del dibattito vivace che ho seguito un po' a distanza, e vi chiedo scusa per la mia assenza - necessaria affinché un settore così delicato, qual è lo statuto dei giudici, possa riacquistare la serenità istituzionale indispensabile per il massimo impegno nella resa di giustizia, ciò che in definitiva interessa la collettività degli utenti.
Questo è quanto mi è parso di poter dare come risposta in ordine ai rilievi emersi in questo lungo dibattito, che si è svolto all'interno della Commissione.
Per il resto, come ho detto precedentemente, sarò qui a rispondere, per la mia parte e per quello che sono in grado di fare, alle domande che riguardano argomenti aggiuntivi, di novità, che esulano dalla traccia che è stata conseguita in questi mesi. Per quanto mi riguarda, considero giusto dedicare un certo tempo per replicare a quanti vorranno intervenire in questo dibattito, per il quale ringrazio sia


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il presidente sia coloro i quali hanno contribuito con i loro interventi e anche magari con la loro presenza.

PRESIDENTE. Grazie, signor ministro, per la sua attenta replica e per la sua disponibilità ad ascoltarci ancora. Adesso possiamo passare a una serie di sintetiche domande, avendo peraltro cognizione del fatto che l'Aula comincerà i suoi lavori alle ore 16 e non alle ore 15,30. Questo può permetterci, se non di indugiare negli interventi, di dare loro una profondità diversa.
Do la parola ai deputati che intendano formulare ulteriori domande.

MANLIO CONTENTO. Grazie, signor ministro, per la risposta, indipendentemente dai punti di vista. Affronterò brevemente due questioni. La prima è relativa ad un'ANSA di oggi concernente la separazione delle funzioni e la riforma dell'ordinamento, che è stata sospesa. Ci siamo chiesti se ci fosse o meno l'intenzione di adottare un decreto-legge per evitare che il periodo della vacatio comportasse delle conseguenze negative su chi ha optato. Le chiediamo di conoscere la sua opinione - non è chiara - sull'argomento e anche sulle conseguenze eventuali di una mancata adozione di un provvedimento urgente.
La seconda questione, molto più delicata, riguarda il caso che ha dato lo spunto per l'adozione del decreto-legge: la vicenda delle intercettazioni illecite. La domanda che ci siamo posti è se sia stata disposta, stando alle informazioni del Governo, la distruzione di quel materiale, visto che c'è un decreto-legge che è operante, quindi cogente per il magistrato; oppure, qualora risulti al Governo che tale distruzione non c'è stata, quali iniziative abbia adottato o intenda adottare, posto che l'eventuale non adozione di quei provvedimenti configurerebbe una violazione aperta del provvedimento legislativo che è stato adottato dal Governo.

FEDERICO PALOMBA. Anch'io ringrazio il ministro per la sua risposta. Noto che uno degli impegni assunti, quello del rasserenamento del clima tra magistratura, politica e avvocatura, è stato già conseguito.
Vengo alle domande. L'Italia dei Valori, quando intervenne sulla fiducia al Governo, valutò assai positivamente l'intento del Governo stesso di ridurre entro cinque anni alla metà la pendenza giudiziaria. Ora siamo alla prima finanziaria, il ministro ha già lamentato la scarsezza delle risorse, che peraltro riguarda i diversi settori dell'amministrazione pubblica. Al ministro vorrei chiedere se, come penso, sono già previste delle linee - anche nella ristrettezza delle risorse - per avviare quel processo di razionalizzazione necessario per dare concreta ed immediata attuazione a quel disegno di dimezzamento delle pendenze. Cinque anni sono lunghi, ma possono anche passare presto.
La seconda domanda riguarda l'indulto, argomento sul quale anche l'onorevole ministro si è soffermato. L'Italia dei Valori non cambia affatto rotta disconoscendo la paternità di quel provvedimento, perché, come sapete, ad esso si è sempre opposta. Signor ministro, non voglio entrare nella questione politica, ma vorrei chiederle se ha una spiegazione - e certamente ce l'ha - sul fatto che le proiezioni iniziali sull'indulto stesso davano un'ipotesi di scarcerazione di circa 12.800 detenuti; concretamente, invece, mi pare che la cifra si sia più o meno raddoppiata.
Vorrei capire quali meccanismi possono avere indotto questa differenza. Grazie, signor ministro.

ENRICO BUEMI. In seguito alle precisazioni del ministro, vorrei chiedergli se la questione amnistia è completamente accantonata dal punto di vista del Governo. È evidente che ci troviamo di fronte ad una incongruenza che dobbiamo in qualche misura affrontare; è evidente, altresì, che c'è una problematica che deriva dall'applicazione di una misura di clemenza non accompagnata dall'altra, che di solito viene sempre realizzata. I casi segnalati, ad esempio quello del tribunale di Milano, che sostiene l'inutilità di affrontare prioritariamente


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alcuni processi, perché sono sottoposti al provvedimento di indulto, lo dimostrano. Questo fatto intanto mette in discussione il principio fondamentale dell'obbligatorietà dell'azione penale e realizza una disparità di trattamento, che certamente rappresenta un fatto grave in materia di giustizia.
La seconda questione è relativa al debito del ministero verso i fornitori. Parlo di prestazioni già effettuate relative a contratti di fornitura di servizi e di beni, che non vengono onorati dallo Stato. Il ministero non agisce autonomamente, ma lo fa in nome e per conto dello Stato.
Questa situazione di particolare gravità nei giorni scorsi, a Torino, ha provocato una tragedia: un fornitore di servizi, un custode giudiziario di automobili, che vantava un credito di parecchi miliardi di vecchie lire da parte del ministero, non riuscendo a riscuotere quanto dovuto, si è suicidato proprio davanti al tribunale di Torino. Speriamo che gli episodi di questo genere non siano molti; questo rappresenta un fatto tragicamente irrecuperabile. Dal punto di vista della messa in discussione non delle vite umane, ma delle imprese, certamente il fenomeno è più ampio del singolo episodio. Di fronte ad una insolvenza temporaneamente indefinibile da parte dello Stato, è evidente che le imprese che hanno fornito prestazioni, fidandosi del fatto che lo Stato è comunque ente pagante di fronte alla incontestata fornitura, si trovano in difficoltà.
Questa non è solo una questione di giustizia, ma anche di credibilità dell'istituzione. Al riguardo, comunque, ho presentato un'interrogazione.

PRESIDENTE. Invito i colleghi a riflettere sulla circostanza che alcune questioni possono essere oggetto di interrogazione.

ENRICO BUEMI. Ho posto la questione affinché il ministro ci dica cosa possiamo fare noi.

PRESIDENTE. Il riferimento è assolutamente emblematico. Teniamo conto del fatto che esistono strumenti diversi dalla domanda rivolta al ministro, che possono essere utilizzati con una valenza di carattere generale. Dopo l'intervento dell'onorevole Pecorella il ministro potrà rispondere a questo primo blocco di domande, poi passeremo al secondo blocco.

GAETANO PECORELLA. Voglio subito rassicurare il ministro che porrò domande assai meno critiche di quelle della sua maggioranza, quindi potrà essere più sereno.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Sono sempre sereno.

GAETANO PECORELLA. Lo so, si vede. Uno degli aspetti dell'amministrazione della giustizia che ci stanno particolarmente a cuore è quello relativo alle carceri. Tra i molti problemi che hanno oggi le carceri sembra profilarsene un altro, su cui vorremmo richiamare l'attenzione del ministro e avere da lui delle conferme o delle assicurazioni. Secondo notizie oramai diffuse anche attraverso la stampa, sarebbe candidato - addirittura candidato vincente - al ruolo di direttore generale del DAP Paolo Mancuso, che noi tutti conosciamo.
Noi crediamo che sarebbe un problema molto serio, se fosse vera la notizia; chiederemmo prima di tutto di poter conoscere più approfonditamente lo sviluppo e le ragioni per cui Paolo Mancuso è stato assolto, in sede disciplinare, da imputazione molto gravi, come quella di andare a caccia assieme a mafiosi, e sempre, se questa notizia è vera, se non ritiene di assicurare, proprio davanti al Parlamento, che di questo ruolo così delicato possa essere incaricato un soggetto che crea meno perplessità di chi, comunque, rappresenta una personalità molto discussa.
Chiediamo di essere informati e rassicurati su questo punto.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Dico subito all'onorevole Contento che da parte mia non c'è nessuna ipotesi di messa a ruolo di un decreto-legge per quanto riguarda i termini in coda. L'incidente c'è stato e non è recuperabile


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con il decreto-legge. Ognuno si assume le proprie responsabilità ed anche la mia maggioranza è giusto che si assuma le sue.
Quanto alle intercettazioni, a me non consta che ci siano procedure tali da creare un conflitto con la legge. Sulle vicende di Milano, in question time alla Camera ho già avuto modo di precisare alcuni aspetti. A me non risultano elementi che siano confliggenti con la legge o con il decreto-legge. Laddove questi emergessero, evidentemente ci sarebbero gli strumenti di risposta necessari, come un'azione ispettiva o altro.

MANLIO CONTENTO. Non vi risulta significa che non risulta o che nessuno si è preoccupato di saperlo?

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Nel senso che non ci sono. Ho una relazione del procuratore Minale di Milano, di circa due settimane fa, nella quale il procuratore riferisce che non ci sarebbero intercettazioni nei termini che presuppongono la cancellazione e la distruzione di quanto era stato precedentemente assunto.
Ho già risposto in question time. Tra l'altro, non ho risposto con mie parole, ma ho fatto il traduttore di parole altrui: a seguito di una domanda che mi era stata rivolta ho chiesto a Milano e Milano ha risposto in questo modo.

GIUSEPPE CONSOLO. Non è così, signor ministro, lei lo sa.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Io non lo so.

GIUSEPPE CONSOLO. Sui giornali sono state pubblicate. Lei è un ministro della Repubblica. (Commenti del deputato Contento).

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Io rispondo per l'obbligo istituzionale che ho. A parte il fatto che la legge può riguardare anche quello che succede in futuro. Le leggi valgono tanto per il presente, quanto per il futuro. Del resto, si sono verificati fatti di questo genere che sono ascrivibili anche al recente passato.
Il provvedimento, secondo me, è un fatto di grande democrazia. Voglio ringraziare tutte le forze politiche che hanno concorso a realizzarlo.
Quanto alle proiezioni sull'indulto cui ha fatto cenno l'onorevole Palomba, come accade anche per le proiezioni in campo economico, spesso i fatti dimostrano che erano sbagliate.
Quando si fa una proiezione, si sviluppa un'incognita. In questo caso, l'incognita si è rivelata molto più forte di quello che si immaginava precedentemente.

ENRICO BUEMI. Meglio!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Buemi dice meglio, qualcun altro può dire peggio. Io prendo atto che è così.

GAETANO PECORELLA. Ci consenta di dare una spiegazione. Il calcolo dei 12 mila e passa detenuti riguardava quelli che sarebbero stati scarcerati immediatamente. I numeri di cui disponiamo oggi, invece, indicano i detenuti scarcerati ad oggi.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. A domanda, ho dato l'indicazione della proiezione. C'è stato un aumento rispetto alla previsione, e ne prendo atto.
Quanto alla razionalizzazione dei processi, è certo che si tratta di un cammino che dobbiamo fare, ma questo non tocca soltanto me, tocca ognuno di noi. Dobbiamo determinare una durata dei processi inferiore ai tempi biblici e «tartarugheschi» che caratterizzano il sistema giudiziario nel nostro paese.
Debbo dire che questo determina apprensione e problemi non solo nella giustizia penale, ma soprattutto in quella civile, in quanto si creano danni non soltanto a quelli che patrocinano le cause sul piano civile, ma anche all'economia.
Tanti soggetti, a volte, finiscono per essere in ritardo rispetto alle proprie attività di produzione, perché le attese sono talmente lunghe da indurre quasi a «ravvedersi»


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chi investe nel nostro paese e chi svolge in generale un'attività produttiva. Questo è l'elemento costante che abbiamo davanti, che chiama in causa la capacità del Governo di determinare tutte le condizioni - da quelle amministrative, che mi riguardano, a quelle normative, che riguardano il rapporto tra Governo e Parlamento - per raggiungere il risultato auspicato.
Le commissioni che ho istituito non sono l'occasione per mettere insieme alcuni accademici italiani, ma rispondono all'idea di arrivare all'esito auspicato. Devo dire, peraltro, che si tratta di commissioni «arcobaleno», non solo legate alla maggioranza, in quanto ritengo importante l'apporto di varie scuole di pensiero giuridico del nostro paese.
Sull'amnistia devo dire che il Parlamento, competente nella materia, può decidere autonomamente. Prendo atto dei rilievi emersi, ed ho anche tentato di farlo presente al CSM. Forse si poteva fare come ho visto ha fatto il presidente della Corte di Milano. Evidentemente è una cosa piuttosto complessa. Certo, se l'amnistia evitasse tutto questo sarebbe un fatto positivo, ma non mi azzardo a muovere alcun passo, visti i rilievi che sono stati mossi alla mia persona e gli addebiti alla mia maggioranza. Sembrerebbe quasi che sia colpa dell'indulto se siamo stati oggetto di qualche considerazione non benevola. Non vorrei far precipitare del tutto la situazione, per cui mi astengo completamente.
Vengo al tema dei debiti verso i fornitori. È evidente che, come per l'indulto, non bisogna generalizzare. L'atteggiamento spietato contro l'indulto, ad esempio, ha fatto dire che sarebbe stato scarcerato il mostro di Foligno, che invece sarà scarcerato nel 2020. Una spietatezza mediatica francamente incredibile. Tutte le culture, senza distinzioni, si sono impegnate per far emergere notizie che, in realtà, non erano vere. Mai c'è stato un atteggiamento non dico di riguardo, ma di imparzialità. I dati in mio possesso dicono che ci sono 3 mila esercizi di reati prodotti in meno quest'anno rispetto allo scorso anno. Non voglio dire che è merito dell'indulto, ma perché addebitare tutti i problemi all'indulto? Capisco la voglia di sicurezza, che è indubitabile. Capisco il problema degli anziani, in modo particolare, il problema della sopportabilità della sicurezza, in tante aree metropolitane del nostro paese. La sicurezza è un bene che il Governo ha il dovere di garantire.
Peraltro, il numero di coloro che, dopo aver beneficiato dell'indulto, sono rientrati in carcere è esiguo, e volesse il cielo che rimanesse tale: stiamo parlando del 4 per cento. Non tutti si sono dati a spoliazioni, rapine, stupri e quant'altro. Questi sono reati che avvengono normalmente. Magari potessimo ritenere che il mostro è l'indulto. Non è così. Stiamo parlando di episodi, naturalmente censurabili, censiti dal punto di vista della radiografia e della disamina giudiziaria. In altre circostanze, volesse il cielo che la scopertura dell'indulto realizzasse una maggiore comprensione, una maggiore continuità rispetto all'idea morale che ogni cittadino probo dovrebbe avere. Non è così.
Debbo dire che a questa povera giustizia - povera in tutti i sensi, in questo caso in senso economico - viene finanche ascritto, e l'ha rilevato anche l'onorevole Buemi, l'episodio del suicidio davanti al tribunale di Torino. I giornali hanno scritto: «La giustizia non paga». A parte il fatto che, per quanto mi riguarda, posso essere responsabile per gli ultimi quattro mesi, dunque a un credito di miliardi posso aver partecipato per poche lire, eventualmente, ma c'è altro. Mi sono documentato ed ho scoperto che il poveretto lavorava non soltanto per il Ministero della giustizia, ma anche per il Ministero dell'interno. Di quest'ultimo, però - guarda caso - nessuno si interessa. Non voglio chiamare in causa anche la responsabilità del mio collega dell'interno, dico questo solo per far notare il pregiudizio ideologico che interviene quando si parla di giustizia. Quella persona faceva il curatore giudiziario delle macchine del Ministero della giustizia, ma anche del Ministero dell'interno, ma pare quasi che la responsabilità di quel suicidio sia mia. Francamente, mi sembra esagerato.


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Che noi abbiamo difficoltà a pagare i fornitori è vero, ma è una difficoltà che io ho trovato, non creato. Certo, abbiamo il dovere di fare tutto quello che è possibile, anche per evitare le congiunture economico-finanziarie che possono portare qualcuno addirittura a compiere gesti drammatici come quelli che sono stati ricordati.
Ci sono segni di malessere, i magistrati che addirittura si pagano da sé. Vorrei tanto aiutarli personalmente, ma il mio stipendio è più o meno uguale a quello dei magistrati, quindi più di tanto non posso fare. Purtroppo, questa è la situazione, e per quest'anno rimarrà più o meno la stessa, a meno che, come ho riportato nella mia relazione, non ci saranno convergenze parlamentari atte a smorzare l'inconveniente lamentato: mi riferisco al 52 per cento di declino delle risorse assegnate al Ministero della giustizia.
Quanto alla scelta dei dirigenti, potrei dire che i criteri sono quelli che sono stati utilizzati anche precedentemente per la scelta del direttore del DAP. Starei per dire che, a volte, qualcuno prima sceglie il nome e poi indica i criteri. È sempre un po' così. Mi rendo conto che, invece, la scelta deve essere sempre compiuta in maniera avveduta, tanto più che si tratta di scegliere il capo di una forza di polizia, e non soltanto.
La scelta, peraltro, non è ancora avvenuta. Debbo anche dire, però, che Paolo Mancuso è un magistrato eccellente, per cui sarebbe anche ingiusto effettuare un volume di fuoco nei suoi confronti. Prendo atto che recentemente è stato depurato dalle colpe o da quanto poteva essere fatto ricadere nei suoi confronti e che ha già maturato una certa esperienza nel mondo delle carceri, essendo stato vicedirettore del DAP precedentemente.
Ribadisco, dunque, che non c'è nessuna scelta già determinata. Peraltro, si tratta di una scelta di natura collegiale, che viene espressa dalla collegialità del Consiglio dei ministri, non soltanto dalla mia persona, che si limita a proporre il nome. Il nome proposto può anche essere messo da parte, come è capitato in tante altre circostanze per dirigenti di alto rango, che magari partivano candidati a papa e sono rimasti semplici cardinali.
A me interessa salvaguardare il criterio che, chiunque venga nominato - Mancuso o altri -, faccia bene, tenendo conto che non si tratta di limitare l'azione al contrasto dell'emergenza, che oggi non c'è più. Si tratta di determinare condizioni di agibilità nel mondo carcerario, di attuare misure un po' diverse da quelle che a volte abbiamo registrato attraverso gli inconvenienti che si sono verificati nel mondo carcerario. Insomma, si tratta di collaborare con il Governo e con il Parlamento in maniera autenticamente democratica e molto civile.
Questo posso dire a conforto della scelta che il Governo andrà a fare, peraltro tra non molto. Dal momento che l'attuale direttore del DAP, Giovanni Tinebra, prenderà possesso della procura generale di Catania, a breve, si impone la scelta da parte mia e da parte del Governo. Il fine è quello di evitare che si determinino nuovamente le condizioni che ci hanno portato a decidere l'indulto: un evento certamente straordinario, ma che secondo me era giusto realizzare.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Mastella.
Passiamo al secondo ed ultimo blocco di quesiti e osservazioni.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Gradirei avere dal ministro Mastella una precisazione circa il presumibile taglio al patrocinio gratuito nei processi penali e civili.

GINO CAPOTOSTI. Signor presidente, intervenendo sull'ordine dei lavori, devo dire che trovo abbastanza disagevole, essendo io una persona che ha bisogno di molto tempo per studiare e concentrarsi, partecipare ad una seduta come questa con uno scarso preavviso. Allora, chiedo se sia possibile concentrare il giro di domande in modo esaustivo, cosicché si possa fare un approfondimento ed avere una replica esaustiva del ministro Mastella.


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PRESIDENTE. Onorevole Capotosti, quello che stiamo facendo attiene alla dialettica parlamentare, che ben conosce il ministro Mastella, avendo alle spalle una lunga militanza parlamentare. Oggi, con la collaborazione del ministro Mastella, stiamo completando la sua audizione. Considerando peraltro che essa è cominciata nel mese di luglio e che come sappiamo nel frattempo sono accadute molte cose, oggi, nel dare una risposta complessiva e generale ai quesiti posti nel mese di luglio, con grande disponibilità e con grande senso di rispetto nei confronti dell'istituzione parlamentare, il ministro sta rispondendo anche alle nuove domande che gli sono state poste.
Tutto ciò premesso, come lei sta vedendo si tratta di quesiti molto brevi e molto sintetici, che continueranno ad essere tali anche con la sua collaborazione, considerato che lei è iscritto a parlare.

GINO CAPOTOSTI. Mi scusi, io non mi riferivo ai colleghi, facevo...

PRESIDENTE. Naturalmente. Credo che per lei questa sia una risposta degna di una qualche considerazione e riflessione.

DANIELE FARINA. Le due domande che intendevo porre sono già state poste, in realtà, da altri colleghi, dunque formulerò una domanda di riserva, salvo citarle esattamente quella posta dall'onorevole Pecorella relativamente alle perplessità sulla nomina del dottor Mancuso al vertice dell'amministrazione penitenziaria. Da quello che capisco e da quello che so, non è soltanto un problema del partito che rappresenta; anche da questa parte, infatti, c'è qualche elemento di perplessità. La sorte del gratuito patrocinio, richiamata nella domanda posta dall'onorevole Crapolicchio, è una preoccupazione comune.
La domanda di riserva riguarda un argomento che lei in parte ha citato nella relazione e che in parte abbiamo già discusso, per casi specifici, con il sottosegretario Li Gotti, ossia la riorganizzazione degli uffici giudiziari. Al riguardo, i segnali di allarme dal territorio continuano a pervenire, si arriva ad ipotizzare la chiusura di 38 sedi. Il sottosegretario Li Gotti ha già risposto - in occasione di un caso specifico, che riguardava il tribunale di Rovereto - relativamente ai criteri generali con cui il ministero intende affrontare questa partita. Se entrassimo un po' nel dettaglio, per quanto lei in parte lo abbia già fatto, le sarei grato.

CAROLINA LUSSANA. Brevemente, chiedo un'ulteriore precisazione al ministro Mastella sull'indulto. Non voglio unirmi al coro - l'ho già fatto - delle critiche, né soffermarmi sulle scarcerazioni o sul tasso di recidiva. Quello che le avevo già chiesto in question time, senza avere risposta, è l'impatto sui processi in corso. Avendo ascoltato la sua replica, credo che alla domanda posta dal collega Buemi lei abbia dato una risposta che merita una sua ulteriore riflessione.
Si dice che non ci sono le condizioni per realizzare l'amnistia, viste le lacrime di coccodrillo di qualcuno anche sull'indulto. Tuttavia, c'è effettivamente un problema, perché ci sono dei processi che stanno andando avanti con delle pene che risulteranno virtuali. Non posso essere d'accordo sul fatto che, a suo dire, saranno le procure eventualmente a dare delle linee di azione, tenendo magari nel cassetto alcuni processi.
Qui si parla di prescrizione di processi che riguardano magari omicidi colposi. Vorrei capire cosa succederebbe per quanto riguarda il risarcimento. Un conto è la prescrizione, altra cosa è un processo che, invece, si conclude sia pure con una pena condonata. Penso che questo tema, che riguarda tanti cittadini, debba essere affrontato con serietà.
Ancora, cosa pensa dell'autoreferenzialità della magistratura, per quanto riguarda soprattutto le sanzioni disciplinari? Inoltre - è presente l'onorevole sottosegretario, alla quale avevo già posto alcune questioni - vorrei affrontare il tema della giustizia minorile. Si è insediata una commissione, ma siamo abituati a commissioni che magari lavorano per


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anni e non producono niente. Vorrei sapere cosa ne pensa di sezioni specializzate per i minori e per il diritto di famiglia, che pongano fine alla ripartizione fra giudici diversi, con le discriminazioni fra figli legittimi e figli naturali che attualmente caratterizzano il nostro sistema.

PAOLA BALDUCCI. Signor ministro, la ringrazio per l'attenzione e per la presenza - anche a distanza -, quando si tratta di momenti delicati come quelli che abbiamo vissuto in questi giorni.
Partirò con una premessa. I colleghi della Commissione sono intervenuti con toni anche aspri per quello che riguarda l'ordinamento giudiziario, utilizzando dei discorsi che erano, a mio modesto avviso, un po' fuori tema. Si è parlato di ordinamento giudiziario, quindi della sospensione dei tre decreti delegati, ma si finiva sempre per parlare di indulto. Effettivamente - qui condivido le parole del ministro - l'indulto per essere approvato prevede la maggioranza dei due terzi, dunque mi suona davvero strana questa protesta, spesso anche generalizzata, da parte dell'opposizione.
Tutto ciò premesso, vorrei esprimere alcune brevi considerazioni, che credo possano essere utili. Ho presentato una proposta di legge - vedremo quando sarà calendarizzata - proprio per evitare lo spreco di tempi nel caso di processi che dovrebbero, comunque, concludersi con l'indulto.
Allora, chiedo al ministro Mastella se sia possibile prevedere un'ipotesi, chiamiamola di patteggiamento, che consenta di non arrivare con l'accordo con il pubblico ministero per i reati per i quali è possibile, in via prognostica, che vi sia una sentenza che poi godrà dell'indulto, per evitare l'irragionevole durata del processo (pensiamo ad un processo che abbia necessità di consulenze costosissime e quant'altro, che è destinato a finire).
Apprezzo il fatto, signor ministro, che lei ci riferisca del lavoro della commissione per la riforma del codice penale, ma le chiedo se non sarebbe il caso, quantomeno per il problema delle spese, di stralciare la parte che riguarda le pene accessorie e le misure alternative alla detenzione e cercare di far passare avanti questa parte, che porterebbe comunque ad un minore dispendio di energie e di denaro, visto che il bilancio è sempre in rosso.

MARILENA SAMPERI. Signor ministro, intervengo brevemente, dal momento che a molti dei quesiti è stata data risposta. Vorrei soltanto chiederle se le spese di giustizia anticipate dagli enti locali potrebbero in qualche modo essere evitate. I tagli non hanno riguardato solo il Ministero della giustizia ma anche gli enti locali. Il fatto di anticipare somme il cui rimborso non avviene per intero, ma soltanto parzialmente, rende particolarmente difficoltosa la gestione delle spese di giustizia per gli enti locali.

PAOLO GAMBESCIA. Signor presidente, mi scusi, so che è previsto un intervento per gruppo. Siccome stiamo discutendo anche delle intercettazioni, approfitto per dire che non ho ben compreso una risposta del ministro Mastella.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Gambescia. È vero che, approfittando della disponibilità del ministro Mastella, abbiamo reso molto elastico questo nostro incontro. Tuttavia, questo è un incontro che ha anche un carattere formale. Allora, nella lieve informalità che sta forzando questa cornice formale, cerchiamo comunque di mantenere un registro.
Adesso darei la parola all'onorevole Capotosti, capogruppo dell'Udeur, poi eccezionalmente - considerato che hanno già parlato altri colleghi dei rispettivi gruppi di appartenenza - darò la parola, per un «telegramma», all'onorevole Consolo, capogruppo di AN, e all'onorevole Vitali, vicepresidente del gruppo di Forza Italia (sebbene abbia già parlato il capogruppo Pecorella). Siamo, comunque, nell'ambito dei «telegrammi», non più di questo.

GINO CAPOTOSTI. La ringrazio, signor presidente. Mi scuso per il fraintendimento,


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ma avevo chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori, e lei mi ha relegato al merito...

PRESIDENTE. Se vuole, può rinunciare all'intervento.

GINO CAPOTOSTI. A questo punto - ubi maior - non posso che seguire le indicazioni del presidente. Sarò breve, anche perché so bene che al Senato saranno presto in corso le votazioni.
Una brevissima considerazione, peraltro già svolta dai colleghi, riguarda l'indulto. Non si tratta di uno strumento partorito da uno solo, ma è un'iniziativa parlamentare che abbiamo assunto in molti e che, evidentemente, oggi è oggetto di un ripensamento: ripensamento diretto, da parte di chi non l'ha voluto e non accetta un processo democratico; ripensamento indiretto, da parte di chi l'ha voluto, ma lo nega.
Fermo restando che i tagli al Ministero della giustizia sono moltissimi, seppur torneremo sull'argomento dello strumento tipico, che è un atto di sindacato ispettivo, credo che varrebbe la pena avere da parte del ministro Mastella, se è disponibile, qualche ulteriore spunto soprattutto sulla proiezione degli ordini professionali.
Ho trovato molto interessante la parte riguardante le società di professionisti. Se è possibile, vorrei qualche aggiornamento sul punto.

GIUSEPPE CONSOLO. Vorrei conoscere dal Guardasigilli l'atteggiamento del Governo su quelle che vengono chiamate intercettazioni inutili. Vorrei una risposta ufficiale, anche perché la risposta ufficiosa credo di conoscerla. Vorrei sapere dal Guardasigilli se intende perseguire, come mi auguro, anche la pubblicazione di intercettazioni inutili.
Inoltre, informo che esiste un disegno di legge sulla diminuzione dell'età dell'imputabilità, da quattordici a dodici anni e da diciotto a sedici anni. Vorrei sapere cosa ne pensa il ministro Mastella.

LUIGI VITALI. Parlo come correo dell'indulto, non pentito. Questo, però, non mi esime dal porre alcune domande critiche, tralasciando il giudizio sulla replica, che sarebbe un po' più lungo.
Signor ministro, lei ha parlato di una gara che si sta preparando per il servizio centralizzato di stenotipia. Ecco, vorrei sapere qualcosa anche su quello relativo alle intercettazioni telefoniche. So che c'erano proposte e possibilità di arrivare ad una definizione di questo tipo.
Inoltre, mi sembra strano che si possa fare la riorganizzazione degli uffici giudiziari puntando sugli enti locali, che sono afflitti dagli stessi tagli delle risorse dello Stato.
Infine, vorremmo sapere quali iniziative intende mettere in atto per far ritornare un po' di risorse al Ministero della giustizia, che è stato rapinato di 350 milioni di euro dal ministro Bersani e dal viceministro Visco, e di altri 400 milioni di euro nella finanziaria. Se non arrivano queste risorse, che fa, liquida la giustizia? Assume la carica di liquidatore della giustizia? Facciamo una protesta insieme?

ROSA SUPPA. Ci sembra di aver capito che non ci sarebbero, al momento, delle intercettazioni cosiddette illecite, quelle per le quali stiamo esaminando il decreto. Se è così, sono venuti meno i presupposti del decreto-legge.

BRUNO CESARIO. Il nostro gruppo...

PRESIDENTE. La prego, onorevole Cesario.

BRUNO CESARIO. Il nostro gruppo non si è espresso, o almeno ha parlato solo per un attimo. Anche per la rappresentanza che abbiamo, crediamo di avere il diritto di parlare.
Volevo porre solo una domanda, o meglio fare una segnalazione, che peraltro ho già rivolto al ministro.
In relazione alle intercettazioni e a tutti i servizi inerenti al mondo informatico del Ministero della giustizia, come ci comportiamo verso quei dipendenti che continuamente vengono sostituiti, per la scadenza degli appalti, e che lavorano in servizi delicati?


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Nei settori più delicati, dove c'è l'obbligo della riservatezza, si verifica un continuo ricambio di personale. Inutile dire che questo può influire sulla sicurezza.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti, in particolare il ministro. Prima di passargli la parola, voglio solo dire che abbiamo consumato questo momento a beneficio, naturalmente, di tutta la Commissione, ma - permettetemi - soprattutto dell'opposizione, affinché potesse rivolgere una serie di quesiti al rappresentante del Governo.

GIUSEPPE CONSOLO. Anche se nell'indulto i problemi non venivano dall'opposizione...

PRESIDENTE. La parola al ministro.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Onorevole Consolo, provengo da una tradizione di una certa staticità. Si diceva che la DC faceva opposizione a sé stessa. Ogni tanto ritrovo oppositori anche all'interno della mia maggioranza. Tuttavia, questo non è un problema, può darsi che si tratti di un fraintendimento da parte mia.
Vorrei dire qualcosa a proposito delle intercettazioni. È ben strano - lo dico a chi è stato direttore di un importante giornale - il fatto che tutti gridiamo allo scandalo di fronte alle esagerazioni mediatiche, ma quando si fa un decreto (ed io lo faccio chiedendo la cortesia all'opposizione e alla mia maggioranza), applicando un criterio di una certa rigorosità, non si capiscono più le ragioni dell'urgenza.
In una democrazia si scrivono le regole perché possano valere per tutti. La conformità vale per chi oggi le può vivere in contraddittorietà, eliminando le contraddizioni che ci sono, per evitare quello che, a futura memoria, può capitare successivamente. Al momento, ho riferito quello che mi ha detto la procura di Milano, ma può darsi che, andando avanti, la procura stessa scopra cose che hanno già scoperto i giornalisti. Non voglio dire altro.
È inutile raccontare di una giustizia che ha porosità che si aprono senza sapere chi sono i responsabili di quanto è accaduto. Personalmente prendo atto di quanto mi è stato riferito, e mi è sembrato corretto. È importante salvaguardare un primo principio di dignità costituzionale, quello della libertà della persona, che va tutelata e garantita. Tutto il resto, non è «noia», come recita la canzone, ma appartiene a una categoria distante da queste questioni. Il primo elemento, dunque, è quello del dato di natura costituzionale che riguarda la salvaguardia della libertà.
Quanto al gratuito patrocinio, onorevole Crapolicchio, io faccio parte di un Governo, e non sempre decisioni assunte in modo collegiale sono condivise da tutti. Si possono esprimere riserve negli ambiti collegiali in cui ci si ritrova, ma non opporsi. Pertanto, ho espresso parere sfavorevole all'idea del gratuito patrocinio, ma in base a criteri e canoni che non sono i miei: evidentemente il dato di natura finanziaria non attiene a me.
Per quanto mi riguarda, infatti, rispondo per i tratti che mi toccano più direttamente. Tuttavia, se c'è questa scopertura sul piano economico e se si ritiene che ci debba essere un bilanciamento, per recuperare qualche risorsa in termini di economia dello Stato, francamente questo non può ascriverlo a mio merito, né a mio demerito. Purtroppo è così. Ho espresso, dunque, una riserva, ma evidentemente non posso fare altro, a meno che non esca dal Governo; e francamente uscire per il gratuito patrocinio mi sembrerebbe strano.
Ad ogni modo, questo non significa che non abbia fatto, o che non faccia, le mie rimostranze in ordine a questa scelta.

EDMONDO CIRIELLI. È un fatto solo contabile o politico?

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Contabile. L'onorevole Farina faceva riferimento alla riorganizzazione giudiziaria. Capisco che ci sono alcuni politici, e magari sono tra questi avendo maggiore esperienza, che possono non essere capiti. Una volta spiegai ad una persona che allontanai da me - non aveva una gran dimestichezza con i criteri morali -


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che normalmente si ritiene, nell'assunto generale, che chi ruba è il politico, salvo poi scoprire che a rubare sono altri. Capisco che un politico, quando dice una cosa, può non essere creduto. Ho già detto che lascerò le cose così come sono, pur ritenendo che sia un problema per la nostra comunità nazionale che a determinare la geografia giudiziaria nel nostro paese sia un criterio post-unitario. Non possiamo parlare di modernità e poi far finta di nulla.
La verità è che quando si è all'opposizione si afferma che non si cambia assumendo che i criteri del Governo sono lesivi dell'opposizione, dei criteri global-local, quindi più local che global. Quando si è maggioranza, si sostengono i criteri opposti, dunque non si tocca nulla.
Da questo punto di vista, la conservazione è un criterio sempre salvo. Mi pare che Andreotti abbia detto che è più facile eliminare il Governo che le preture. Considerato che già il Governo ha una vita travagliata, immaginate se mi applico non dico per eliminare le preture, ma per riorganizzare gli uffici giudiziari.
La collega Samperi ha posto l'attenzione sulla difficoltà degli enti locali. Il mio professore di filosofia diceva: «tu hai ragione, ma io non ho torto». Intendo dire che certamente hanno ragione gli enti locali, ma non ho torto io a sottolineare che, giacché tutti fate ammissione di fede che i soldi non ci sono, dobbiamo individuare un criterio. Forse dobbiamo collaborare, noi e gli enti locali, sapendo che l'ente locale, se vuole il tribunale a Rovereto, troverà i modi - insieme alla provincia o alla regione - di portarlo avanti. Questo mi pare l'unico modo. Altrimenti, il tribunale sarà privo di addetti giudiziari e di tutto il resto, della logistica, dell'informatizzazione. Avremo il tribunale, ma questo darà dimostrazione di inefficienza quotidiana, che verrà ascritta soltanto al Ministero o al ministro della giustizia in carica. Questa è la verità.
Forse questo è un criterio al quale ci potremmo ispirare, per trovare una soluzione. Del resto, agli enti locali già si attinge. Allora, a mio avviso, se gli enti locali pagano insieme, il comune di Rovereto pagherà di meno. Si tratta di ragionare. Io ho indicato una via, che è una via terza rispetto a quella della demolizione degli uffici giudiziari e a quella di chi ritiene di lasciarli comunque in piedi, a prescindere dall'efficienza, dalla la produttività. Se la Commissione riterrà che si possa ragionare su questo, c'è la mia disponibilità.
Onorevole Lussana, lungi da me l'idea di fare l'impertinente sulla prescrizione o sull'indulto. Si tratta di variabili non dipendenti, ma molto indipendenti. Non ho detto - e mi dispiace se è stato inteso questo - che le procure possono decidere a piacimento, nel senso di attivare strumenti per quanto riguarda l'azione penale, tenendo conto di quanto si è verificato a seguito dell'indulto.
Ho soltanto mandato una lettera al CSM per verificare se, ragionevolmente, esistono compatibilità costituzionali per vedere se è possibile fare questo, attivando gli strumenti a livello di Consiglio superiore. Al di là di questo, ho soltanto detto che a Milano il presidente della Corte aveva dato alcune indicazioni, ma non ho detto che erano le mie. Ne ho solo preso atto. Se poi, verosimilmente, si dovesse arrivare ad una forma di amnistia, oppure di riscontro di natura normativa, come ha accennato la collega Balducci, ben venga.
Vista la sorte odierna dei decreti-legge al Senato, non mi azzardo a fare decreti-legge che non abbiano il consenso, anche in questo caso, dell'opposizione. Mi parrebbe un riscontro positivo se il tavolo istituzionale della maggioranza e dell'opposizione rilevasse questo. Nulla di male, anche per una ragione molto semplice: l'esito meccanico che deriva da un indulto fatto con i due terzi sarebbe questo. Avendo disciplinato, assieme ai due terzi, quelli che hanno concorso a fare una cosa di questo genere, e registrando delle incertezze dal punto di vista della smagliatura che si è verificata, perché non realizzare una condizione di questo genere? Se mi viene chiesto dalle forze politiche, vado dal Capo dello Stato e dal presidente del Consiglio a comunicare l'intenzione del


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decreto, altrimenti ben vengano la collega Balducci o quanti altri intendano portare avanti questa iniziativa parlamentare. Per quanto mi riguarda, come Governo darei la mia adesione convinta.
Non mi pare di dover aggiungere altro, a meno che i colleghi non abbiano ulteriori quesiti..

GIUSEPPE CONSOLO. Avevo chiesto qual è la posizione ufficiale del Governo sulle intercettazioni inutili, ossia quelle lecite fatte...

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Al mio vecchio amico avvocato e onorevole Consolo devo dire che, dal mio punto di vista, tutto ciò che è lecito e non riguarda l'attività investigativa di natura penale non andrebbe mai fatto rilevare, in nessuna circostanza. Valgono, al riguardo, le legge vigenti. In più, c'è un disegno di legge, attivatelo, portatelo avanti. La legge esiste, se non viene attuata potrò intervenire, come ho fatto in alcune circostanze, utilizzando gli strumenti ispettivi a disposizione del ministro. Ma più di tanto non posso fare.
A dire il vero, quando incontro i parlamentari singolarmente mi dicono una cosa, quando ci ritroviamo insieme ognuno porta avanti argomentazioni diverse. Francamente, tra il dire e il fare ci sono di mezzo tante cose. Ho preso alcune decisioni con una certa risolutezza, nel bene e nel male. Ringrazio quanti, tra di voi, hanno concorso a questa risolutezza, che poteva anche partire da me, ma senza il riscontro del Parlamento non sarebbe andata lontana.
La questione delle intercettazioni è ancora da definire. Anche su questo, c'è stato un momento in cui la res publica era messa in discussione, ma oggi le cose sembrano essere diverse, e anche le posizioni sono cambiate. Eppure, può sempre esserci un Bruto che attenta alla res pubblica. Prevenire un attentato di questo tipo, in una democrazia, è sempre meglio che essere costretti a definire una norma all'indomani. Per quanto mi riguarda, la scelta deve essere iniziale. Poi, in privato, le dirò alcune cose sulle quali rifletto tra me e me...

GIUSEPPE CONSOLO. Sono d'accordo anche in pubblico!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Non posso parlare a ruota libera, cosa che mi capita spesso anche da ministro. Devo farlo il meno possibile, per evitare che ci sia la censura da parte dei miei contraddittori. Ad ogni modo, il Parlamento non ha la banale funzione di sottoscrivere le leggi presentate dal Governo, ma ha la funzione fondamentale di legiferare e di emendare i testi proposti dal Governo. Soprattutto in questa fase in cui non c'è una grande differenza, in termini numerici, tra maggioranza e opposizione, si può lavorare con maggiore serenità, se non si ha la voglia pregiudiziale di avere un conflitto permanente.
Credo che il lavoro svolto sia al Senato, in modo particolare, ma anche alla Camera, e quello che sta svolgendo questa Commissione - ve ne sono grato - può portare a migliorare la situazione, perché è con questo mondo, sia sul piano professionale sia su quello dei cittadini, che ognuno ha a che fare. Quindi, fare le cose nel modo migliore possibile, velocizzare i tempi della giustizia e venire incontro alle esigenze dei cittadini che hanno sete di giustizia credo che sia una buona causa da spendere da parte di ogni singolo parlamentare. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie ministro, anche per la chiusa evangelica.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.